aprile

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aprile
“...incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...”
VOLGARITÀ E CAOS
Volontari
alla Salvini
di Guido Cenini
Erano trent’anni che non entravo in
Questura a Brescia. Accompagnavo un
parente argentino quando ancora non si
parlava di immigrazione, ma solamente
di guerra alle Malvinas. Essendo nipote
di italiani doveva ritirare il nuovo passaporto da cittadino italiano. Breve attesa,
niente file, uno sportello e via.
Ci sono ritornato con una badante ucraina, solo per aiutarla in caso di linguaggio burocratico nella presentazione del
suo carteggio. Preciso che è in Italia da
più di quindici anni e doveva solamente
consegnare il carteggio del rinnovo del
permesso di soggiorno, già illimitato, e
bisognoso dopo cinque anni delle nuove impronte digitali.
Appuntamento da parte della Acli per
le 10.30. Arriviamo una mezz’ora prima,
per sicurezza. Entriamo in uno stanzone
pieno zeppo di oltre duecento persone.
Ci consegnano il numero 114. Non capisco quindi perché ci hanno dato una
prenotazione con orario definito.
Ad attenderci, dietro il bancone, quattro
o cinque volontari, ritengo pensionati
vista l’età e visto che non portano nessun segno distintivo. Urlano e sbraitano
come se davanti avessero delle bestie al
pascolo. Parlano solo italiano e spesso
dialetto bresciano. Pretendono che si
parli in italiano anche da chi è appena
sbarcato in Italia e chiede asilo politico.
Distribuiscono biglietti bianchi per le
impronte, verdi per l’asilo politico, rossi
per il soggiorno e via dicendo. Chiamano i numeri, da uno a duecento e
si incazzano ancora di più se qualcuno
non è in grado di capire a quale cifra
si riferisce. Insultano pesantemente chi
è seduto fuori posto, persino un bambino di due anni che mangia, dopo ore
di attesa, una piccola merenda. «Qui
segue a pagina 9
Restiamo umani
Confronto interculturale: racconti diSABATO
viaggio 27
e buone
pratiche
FEBBRAIO
2016
di Simona Figaroli e Alessio Domenighini (pag. 5)
Dentro il carcere, oltre il carcere
A cena con Graffiti
Non perdere l’ottava edizione della cena annuale
di Margherita Moles, Andrea Bonadei e Mery Sedani
e 7)
dei(pagg.
lettori 6e simpatizzanti
del nostro mensile.
Iscrizioni: 346.1819077
La scuola fa la differenza, non le differenze
di Paola Abondio (pag. 8)
Scopri il menu a pag. 12
Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, Vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Direttore editoriale: Michele Cotti Cottini
Autorizz. Tribunale di Brescia n° 3/92 del 10.01.1992. Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Stampa: Tipografia Valgrigna, Esine
DARFO BOARIO TERME: LA PROTESTA DI ADRIANA GALLI: «SARÀ UN ECOMOSTRO»
Castellino: la rotonda della discordia
a cura di Tullio Clementi
L’accordo per la “rotonda” del Castellino in
quel di Darfo Boario Terme (dovrebbe armonizzare le rampe di connessione alla superstrada con la viabilità urbana della cittadina)
è stato firmato lo scorso 16 febbraio in Broletto, a Brescia, dal presidente della... risorta
Provincia, Pierluigi Mottinelli e dal sindaco
del “capoluogo” valligiano, Ezio Mondini,
ma la ciliegina sulla torta gliel’ha messa il
vicesindaco Attilio Cristini. Come riporta il
Giornale di Brescia di mercoledì 17 febbraio,
infatti, «per quanto riguarda i dubbi sollevati
da alcuni proprietari delle aree che saranno
sacrificate per la rotatoria, il vicesindaco Attilio Cristini ha ricordato che le osservazioni
presentate sono state accolte tutte di fatto
e nell’ultimo incontro, avvenuto proprio ieri,
“gli interpellati hanno constatato l’impegno
dell’Amministrazione nella direzione che si
aspettavano”». Chapeau, verrebbe da dire,
sennonché per alcuni di questi “interpellati” l’affermazione cade come un fulmine
a ciel sereno. Adriana Galli ci ha contattato, particolarmente contrariata.
Cos’è che non va, signora Galli? «Sono
andata alle 8 di mattina alla consueta
udienza del martedì del vicesindaco per
saperne qualcosa di più sul progetto, e
lui mi dice che stanno cercando di apportare delle modifiche alla bozza iniziale
del progetto, per venire incontro alle
esigenze dei proprietari... Torno a casa e
tranquillizzo la mamma la signora Albina
Comensoli, proprietaria del terreno in
località “Capedenardo”: “mi ha detto che
cercheranno di venirci incontro, stanno
ancora stendendo il progetto e ne riparleremo nei prossimi giorni, appena il tutto
è completato”. Oggi pomeriggio prendo il
giornale e mi ritrovo con una dichiarazione di questo genere...», e mi mette sotto
gli occhi il ritaglio del Giornale di Brescia:
«Il vicesindaco Cristini ha ricordato che
le osservazioni presentate sono state accolte tutte di fatto e nell’ultimo incontro,
avvenuto proprio ieri, “gli interpellati hanno constatato l’impegno dell’Amministrazione nella direzione che si aspettavano”».
E cos’è che vi aspettavate? «Beh, mi
aspetto che venga ridotto il più possibile
l’impatto ambientale, cosa che sarebbe
possibile evitando il doppio senso di marcia sugli svincoli...».
ABBONAMENTO 2016
ordinario: 20 euro; sostenitore:
30 euro. Gli abbonati sostenitori riceveranno in omaggio
un libro sulla Valcamonica.
Versare sul c.c.p. 44667335
(intestato all’Associazione culturale Graffiti), tramite l’allegato bollettino, oppure
tramite Banca (IT89O 03599
01899 050188527063. Tanti
piccoli sforzi personali possono
trasformarsi in una grande risorsa per le
prospettive di Graffiti!
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| aprile 2016
«Da piccola andavo su con il nonno a raccogliere i gamberi, lì fuori
casa, perché c’era un bel fosso
dove l’acqua scorreva limpida.
Era una zona splendida!»
In funzione di cosa (e di chi), un’opera
di tali dimensioni? «Questo bisognerebbe chiederlo a loro...».
Sulla “rotonda” del Castellino, c’è anche l’approvazione dell’Otd, seppure
“con riserva. Quali sono secondo lei le
riserve dell’Osservatorio? «Non lo so.
Ho avuto un incontro anche con loro, ma
sono venuta via molto delusa: non mi
sono sembrate poi così decise a salvaguardare, o forse non sono consapevoli
di quale rovina questo nuovo progetto
determina all’ambito naturalistico... Ci
si rende conto che questo e l’unico angolo verde di Boario? E poi le incisioni
rupestri... Mi ricordo quando da piccola
andavo su con il nonno a raccogliere i
gamberi, lì fuori casa, perché c’era un bel
fosso dove l’acqua scorreva limpida [una
derivazione dell’Ogliolo, probabilmente,
alla cui scomparsa potrebbe aver contribuito anche la “lunga alluvione” del
1960]... Era una zona splendida! Con la
superstrada si è data una botta tremenda
a tutto l’ambiente. Ma ci si rende conto
che i nostri figli dovranno convivere con
un ecomostro?».
Stava parlando delle incisioni rupestri... [il marito di Adriana] «Ma lo sa che
dovranno tagliare anche un pezzo di roccia
del Monticolo? E lì, tra i due monti, il Monticolo e il Castellino, la gente stava sopra,
ovviamente, perché sotto erano acquitrini...
e ovviamente avevano tutto il tempo di...
scrivere sulle pietre. Solo che qui la roccia,
la pietra simona, è molto più fragile che su
a Capodiponte... e quindi è più facile che le
incisioni vadano a perdersi...».
Si dice che lì abbiano già fatto delle ricerche archeologiche e che non sia stato trovato nulla... [Adriana] «Chi è che le ha fatte?
Glielo chiedo perché noi non abbiamo mai
visto nessuno... E lì mio fratello c’ha abitato
fino a pochi anni fa...».
[Albina Comensoli] «Fino a sei anni fa. C’ha
abitato trent’anni! E lì non mi pare che abbiano mai fatto ricerche».
Albina Comensoli si concede poi una battuta anche sulla vicina stazione ferroviaria di
Boario: «Quei soldi lì [il preventivo di spesa
supera il milione di euro] dovrebbero essere
spesi per la stazione di Boario, oltre che fare
un passaggio alto per la scuola, dove i ragazzi sono costretti a saltare la recinzione... Ha
visto cosa han fatto alla stazione di Edolo?».
E chissà che non ci sia anche un po’ di nostalgia
in quest’ultima battuta, visto che la signora
Albina Comensoli è originaria di Edolo?
RESIO: CITTADINI E ISTITUZIONI INSIEME. E LA PROVINCIA?
Quando la Valle si mobilita
di Alessio Domenighini e Margherita Moles
Finalmente un approdo sociale e pubblico
che ha legato le comunità di Esine, Gianico
e Darfo, e non solo. Sabato 2 aprile il centro
sud della Valle si è pubblicamente mobilitato per rendere visivamente nota la posizione
di molti cittadini contro l'ennesimo assalto
all'ambiente che si vorrebbe realizzare nella
Valle dell'Inferno.
Così due cortei – 600 persone in totale – si
sono radunati a Gianico ed Esine e attraverso
una camminata hanno raggiunto la Sacca. È
stata un’iniziativa non di arrabbiati (anche se
le ragioni ci sono), ma piuttosto caratterizzata da una dimensione di festa, di riflessione,
quasi di meditazione.
Pensiamo alla performance artistica di Patrizia Tigossi in piazza Roma a Gianico, poi
l’ascolto di testi e versi sull’acqua e sul bosco, lette da cinque donne. E poi la musica
di accompagnamento, i suoni della natura, i
versi degli animali, le soste rituali sul Grigna
e sul Resio, la presenza di giovani, bambini
e genitori che sventolavano delle strisce colorate di azzurro: simboli di un'acqua di cui
sono legittimamente proprietari. Significativa la presenza delle decine di associazioni
che si sono mobilitate e degli amministratori di Esine, Gianico, Artogne, Braone, Malegno: un impegno istituzionale in linea con
la posizione finalmente assunta anche dalla
Comunità Montana e, vogliamo sperarlo,
anche dalla Provincia.
I contenuti segnalati dai cartelli e dagli interventi hanno fatto emergere tre aspetti. La riaffermazione dell'acqua come bene comune
che ancora una volta si vorrebbe privatizzare.
La volontà di difendere un territorio naturale
di grande valore, che verrebbe snaturato nonostante i copiosi investimenti di salvaguardia
realizzati da molte istituzioni. Da ultimo, molti
hanno smascherato il vero intento di chi vuole
questo scempio, la società IN.BRE di Breno, che,
nonostante i suoi valori di riferimento sbandierati, nei fatti lavora per una sola prospettiva:
il profitto economico. Vogliamo sperare che
i molti sordi e i grandi interessi di qualcuno,
ancora una volta, non possano cantare vittoria.
GRAZIOSO PEDERSOLI: L’OPERA ERA AL PRIMO PUNTO DEL NOSTRO PROGRAMMA
«Solo così si può togliere traffico dal centro»
a cura di Michele Cotti Cottini
Schivo e pacato di natura, Grazioso Pedersoli,
assessore ai Lavori Pubblici e all’Urbanistica,
smorza i toni della polemica.
Lo incontro all’Ufficio Tecnico del Comune di
Darfo Boario Terme. Sulla scrivania, cartine e
planimetrie, il testo del ricorso al TAR presentato dalla signora Comensoli, il programma
elettorale della Civica. Eh sì, perché non si tratta di un’opera improvvisata (lo racconta Guido
Cenini nella sua rubrica). Pagina 2 del programma con cui Ezio Mondini si presentò e vinse nel
2012, primo obiettivo del paragrafo intitolato
“Una città sostenibile”: «Rapida realizzazione
del ponte di collegamento Boario-Isola con i
relativi raccordi viari (rotonda Castellino)».
Il ricorso al TAR – mi confessa Grazioso – non è
stato una sorpresa: «Era prevedibile; nei panni
della signora Comensoli l’avrei fatto anch’io. È
uno strumento contrattuale, una cautela comprensibile». Il rischio di un allungamento dei
tempi c’è, ma nella mancata richiesta di sospensiva da parte dei promotori del ricorso la
Giunta vede una volontà negoziale che fa ben
sperare, tanto da continuare a ritenere realistico dare il via ai lavori entro la fine dell’anno.
Grazioso mantiene il suo aplomb anche quando gli chiedo di commentare le voci maligne
che vorrebbero la nuova rotatoria legata ad un
nuovo centro commerciale nell’area Ex Tenda.
«Non so nemmeno chi siano ora i proprietari
di quell’area. Lo scopo dell’opera è tutt’altro e
cioè migliorare la viabilità interna.
L’idea di questa rotonda viene da lontano. Periodicamente ci si chiede come si può pedonalizzare Boario, anche solo occasionalmente.
Per questo quand’eravamo all’opposizione
avevamo insistito molto sul ponte nuovo a
Montecchio e avevamo chiesto questa rotonda sulla superstrada. Il ponte nuovo ha tolto
un sacco di traffico da Boario; nonostante si
debbano fare un po’ di gimcane per raggiun-
LEGENDA
• Il colore grigio chiaro indica l’area occupata dalla
rotatoria prevista dal P.G.T. vigente, m² 13.306 circa.
• Il colore grigio scuro indica l’area occupata dalla
rotatoria prevista dalla Variante al P.G.T. vigente, m²
6.544 circa.
• Il colore bianco indica le aree occupate dalle scarpate
necessarie alla nuova rotatoria, m² 1.241 circa.
«La gente si sta abituando ad usare il ponte nuovo di Montecchio: il
traffico va direzionato lì. Ricorso
al Tar prevedibile, ma puntiamo
a iniziare i lavori nel 2016. La
minoranza di centrodestra? Sta
cercando la rissa»
gerlo, la gente si è abituata ad usarlo. Davanti alle Terme il passaggio delle auto ora
è più fluido anche grazie ad un semaforo
intelligente attivo da un mesetto». Le auto
vanno sempre più direzionate sul ponte nuovo: questo è il ragionamento di fondo. All’incrocio tra Via De Gasperi e via Manifattura si
creano code per il passaggio a livello che è
impossibile rimuovere. Ecco allora la necessità di portare le automobili dalla rotonda dei
Vigili del Fuoco verso il ponte nuovo, evitando il passaggio di fronte all’autostazione.
1,2 milioni di euro è l’ipotesi di spesa, di cui il
37,5% a carico del Comune, il 12,5% finanziato dai sovraccanoni Bim e il restante 50% di
competenza della Provincia. Proprio lo zampino degli ingegneri del Broletto ha per certi
versi complicato la progettazione dell’opera:
per rispettare gli standard delle strade provinciali, le dimensioni della rotatoria sono
lievitate. Da qui un confronto – costruttivo
– tra Provincia e Comune, con quest’ultimo
impegnato a ridurre il più possibile la taglia
e l’impatto dell’opera: «Ci stanno venendo
incontro». Il raggio, nel progetto attuale, è
diminuito a 52 metri. Il Parco del Monticolo
sarà toccato nel perimetro, in modo del tutto
marginale. «Rispetto al progetto precedente,
abbiamo risparmiato una grossa fetta della
proprietà Comensoli. Certo un sacrificio c’è
ma la cosa è ancora in evoluzione».
Una volta realizzata la “rotatoria della discordia”, il passo successivo dovrebbe essere
una modifica della viabilità su Via Valeriana,
la strada che costeggia la ferrovia: obiettivo
cancellare lo stop attuale e favorire il percorso ciclabile in un tratto che è già molto battuto dalle bici.
Approfitto per chiedere a Grazioso come ha
vissuto il recente Aventino della minoranza
di centrodestra, che in occasione dell’ultimo
Consiglio Comunale ha lasciato polemicamente l’aula per i troppi temi all’ordine del
giorno: «Stanno cercando la rissa. Poi certo un
tema vero c’è, legato a come sono cambiati i
ruoli dopo la Riforma Bassanini».
La Giunta Mondini ha davanti ancora un
anno di lavoro prima delle Elezioni Comunali che nel 2017 vedranno per la prima volta
Darfo contesa con il sistema elettorale delle
città sopra i 15mila abitanti, con tanto di ballottaggio qualora nessun candidato sindaco
superi il 50%. Per ora Grazioso manifesta
una «soddisfazione moderata»: «Fino a ieri
abbiamo dovuto mettere insieme i pezzi che
abbiamo trovato ed amministrare ingabbiati
nel patto di stabilità. Solo nell’ultimo anno
abbiamo respirato un po’ con l’allentamento del patto e i soldi una tantum dal sovraccanone per l’imbottigliamento Ferrarelle.
Abbiamo comunque la presunzione di aver
cambiato la prospettiva, più rivolta al lungo periodo che all’incasso immediato (vedi
il caso della farmacia comunale). Le manutenzioni sono più regolari. E Darfo ha ripreso
centralità nei processi comprensoriali».
AMBIENTE & DINTORNI di Guido Cenini
Rotonda: farla più in là?
Sulla costruzione delle rotonde in Valle Camonica si è sempre vista la contrapposizione tra sostenitori e contrari, ma stavolta sembra che la questione sia molto più accentuata. La rotonda
prevista all’ingresso di Boario, nei pressi del Castellino, sta veramente creando grosse polemiche. La strada è di proprietà della Provincia, il progetto sarà finanziato principalmente da
questo ente. L’idea, passata da un’amministrazione comunale all’altra, servirebbe a togliere il
traffico dal centro termale. È necessaria e utile? Per il Comune certamente, per i proprietari terrieri e dei caseggiati limitrofi assolutamente no. Quest’ultimi si sono presi la briga di far ricorso
al TAR per diverse e giustificate ragioni, tra le quali l’incremento dell’inquinamento acustico ed
atmosferico, la scarpata di cinque metri a ridosso delle abitazioni, il sovradimensionamento
dei raggi di curvatura, l’impoverimento del valore economico dei terreni e delle abitazioni e la
vicinanza al Parco del Monticolo, facente parte del PLIS con il Lago Moro e Luine.
Anche l’Osservatorio Territoriale Darfense aveva già espresso perplessità sull’utilità della
rotonda, in particolare per il consumo di suolo, le necessarie opere di mitigazione per la tutela
di flora e fauna della Rete Ecologica, la continua aggressione alle aree agricole e protette. Oltre
al dubbio che serva a nuovi insediamenti commerciali in contiguità al Parco del Monticolo.
Pure dalla Sinistra di opposizione si sono levate chiare affermazioni di contrarietà. Ma la cosa
più sorprendente resta l’attacco da parte della minoranza di destra che effettivamente l’aveva
inserita nel PGT durante la propria amministrazione.
Le scelte dell’amministrazione Mondini non sono del tutto chiare: mentre il centro storico resta
sempre più vuoto si propongono nuove aree edificabili, mentre le botteghe chiudono si pensa
a nuovi centri commerciali, mentre il flusso turistico cala si pensa a nuove circonvallazioni per
deviare un traffico che certamente non aumenta.
Personalmente ritengo che una piccola rotonda, se necessitava, andava proposta, senza recar
danno ad alcuno, all’incrocio tra l’uscita per il Palacongressi attuale e la strada che arriva dalla
zona industriale. Ci stanno solo prati, ex parcheggi inselvatichiti e prati di accesso all’ex Tenda.
Consumo di suolo ridotto al minimo, aree oggi inutilizzate, nessuna scarpata, nessuna preoccupazione per le famiglie che nei paraggi hanno abitazioni e terreni agricoli, oltre a non recare
danno al Parco del Monticolo. Vale sempre e comunque la pena di sentire più voci e posizioni
in merito. Ne sono una dimostrazione queste due pagine di Graffiti.
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NO AL CANTONE, SÌ ALL’AUTONOMIA CAMUNA IN UN “ENTE BRESCIANO DI AREA VASTA”
Per i trasporti pubblici ve la vedete con Sondrio?
di Claudio Bragaglio (vicepresidente dell’Agenzia del Trasporto pubblico Locale di Brescia)
Ho letto vari interventi su Graffiti e rilevo contrapposizioni sull’aggregazione o meno della
Valcamonica alla Valtellina. Ma lo stato di confusione è del “Quartier generale”, che sovrintende alle riforme degli Enti Locali, e non già
della sola Valcamonica.
Riformare, a mio parere, significa: de-costituzionalizzare le Province, valorizzare le Città
metropolitane e gli Enti di Area Vasta, intesi come enti di secondo grado. Confermare
questi punti – già previsti dalla Delrio – vuol
dire non “abolire” le Province, ma trasformarle
in Enti rappresentativi dei Comuni.
In Regioni grandi come la Lombardia le nuove Province sono un’intelaiatura istituzionale
indispensabile per i Comuni stessi, con riferimento ai loro problemi sovra comunali.
In quanto poi all’idea d’un Comune della Valcamonica, come proposto anni fa dall’amico avv.
Milani, penso che, almeno per ora, rimanga
una suggestione. Infatti pensare che 41 Comuni di quasi 100 mila persone possano sentirsi
rappresentati a Darfo da 24 consiglieri mi pare
poco convincente. Più concreta la trasformazione di tale suggestione in una Unione dei Comuni. Nell’ambito d’una Area omogenea, già
prevista anche dallo Statuto della Provincia. Ma
non è indifferente, come taluni ritengono, che
la Valle stia con la Valtellina o con Brescia.
L’aggregazione con Sondrio è la coda amputata d’una proposta iniziale di Maroni. Assurda, e non a caso già finita nel cestino. Prevedeva la divisione della Lombardia in tre aree:
Milano, la zona Montana e quella Padana.
Con Regione e Provincia di Brescia tagliate a
metà. Sono rimasto meravigliato del silenzio
del Pd e dei Sindaci camuni, a fronte dello stolido spostamento della Valle con la Valtellina
in campo sanitario con la nuova ATS.
Su Graffiti si confrontano opposte visioni. C’è
chi ritiene (Giancarlo Maculotti e, in parte, Ludovico Scolari) che i possibili vantaggi economici, sovrastino tutti gli altri problemi. Persino
il fatto che la Valcamonica non abbia nulla
da spartire (un dettaglio?!) con la Valtellina,
come sostiene Scolari. Dall’altra la posizione
di Enzo Raco, che personalmente condivido.
Sapendo peraltro che in base ai nuovi Enti di
Area Vasta si riorganizzeranno anche i vari livelli pubblici (Tribunale, Sovrintendenza, Università, Camere di Commercio…), quelli sociali, economici e sindacali. Nonché servizi come
la gestione dell’acqua, del territorio, dei rifiuti,
dell’edilizia popolare con l’Aler… E la stessa
Agenzia del Trasporto Pubblico Locale (TPL).
Certo, non muraglie cinesi. Ma neppure miti vetero-letterari od anacronismi leghisti del tipo: la
montagna ai montanari! Esser parte d’un sistema economico territoriale o d’un altro cambia
molto. In particolare, segnalo due importanti
aspetti che si giocano in questa fase.
Il primo. L’Agenzia del TPL sta predisponendo
il “Programma di Bacino provinciale” per poi
indire una gara per il gestore unico del TPL
(più o meno 500 milioni di euro, per una durata di circa 9 anni), e che per ora comprende
la Valcamonica. Ma a che titolo la Provincia
di Brescia (socio dell’Agenzia TPL) si sobbarca tali oneri finanziari, anche per la Valle? Ora
che si fa con il Programma di Bacino? Si arriva
al Lago d’Iseo e la Valle per il TPL se la vede
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| aprile 2016
«La montagna ai montanari?
Anacronismo leghista. La
Valcamonica è un’area
strategica nell’operazione
della Lombardia Orientale:
anziché ripiegarsi in una
ridotta valtellinese, può
essere protagonista di
un sistema integrato»
con la Valtellina? Un pasticcio. Anzi, pensando
a chi apprezza lo scrittore Gadda, mi vien da
dire: quer pasticciaccio brutto de via Valeriana.
Alludendo all’antica strada della Valle.
Molte ragioni mi fan condividere le posizioni
del presidente Mottinelli. Ovvero: valorizzare
l’autonomia dell’Area omogenea della Valle,
nell’ambito d’un Ente di area vasta bresciano.
Il secondo aspetto. La Valcamonica è un’area
strategica dell’operazione della Lombardia
Orientale. Un’area non ripiegata quindi in una
ridotta valtellinese, ma protagonista d’un sistema integrato di sviluppo economico, turistico e territoriale che si pone come un nuovo
attrattore su scala europea, facendo leva su
molteplici fattori. Tra cui l’anello delle quattro
città d’arte (Brescia, Bergamo, Mantova, Cremona), i siti Unesco (tra cui la Valle, Brescia…),
le montagne e i nostri laghi: dall’Iseo (si pensi
all’operazione di Christo) al Garda, che è già
il terzo polo turistico nazionale. Si consideri
l’impegnativo Programma di Bresciatourism,
promosso dalla presidente Eleonora Rigotti.
Insomma una Lombardia dell’Est anche come
un Brand europeo di cui far parte.
E il nodo si scioglie ora, con i pareri espressi
sul Documento regionale di Maroni, quello
dei “Cantoni”, e che vien sopposto le prossime settimane alla consultazione dei Comuni.
LA PROPOSTA DI MARONI SQUINTERNA LA LEGA CAMUNA
Di Cantoni e... cantonate
di Bruno Bonafini
Un momentaccio per la Lega Nord camuna.
La proposta Maroni fa soffrire: un Cantone
della montagna, centrato sulla Valtellina, con
la Valle Camonica periferica e sacrificale appendice per dare corpo e numeri più presentabili al nuovo Ente con capoluogo Sondrio.
La proposta brucia aspettative storiche nel
Carroccio di casa nostra, strapazza l’identità
di una militanza nata e cresciuta col mito
dell’autonomia dei popoli celtici (da sempre
il segretario della Lega camuna è indicato
come “segretario “provinciale” della Valle).
Un cazzotto di quelli da finire al tappeto. Ma
la Lega camuna, che con Bossi, figli e cerchio
magico si è fatta la scorza dura ed è diventata un buon incassatore, ha retto. Non s’è
sentito nemmeno un “ahi”, in casa leghista,
non una protesta o un abbandono, non un
lamento. Solo un comprensibile annebbiamento, da pugile suonato, ben rappresentato
dal segretario e dalle sue uscite pubbliche
all’indomani della proposta Maroni.
Due le uscite pubbliche, ravvicinate e di segno opposto, e perfino con tratti di contraddizione interna. Con un comunicato stampa
la prima, l’8 marzo, con cui si presenta come
una “grande occasione” la proposta del
“Cantone della Valle Camonica allargato alla
vicina Valtellina e all’Alto Lario” (sic!!! ma cosa
hanno capito?!).
L’inchino a Maroni, pur attraverso una illusa
interpretazione addolcita del nuovo Ente,
non impedisce di presentare qualche riga più
sotto un’altra (e più sincera) proposta della
Lega Camuna: “la Valle Camonica deve correre da sola, senza allargamenti”, perché solo
così può salvaguardare la sua identità. Firmato Giuseppe Donina, segretario provinciale
Lega Nord Valle Camonica. Ma il Segretario
era ancora sotto choc, evidentemente: il comunicato infatti ricalca parola per parola, per
tutta l’intera pagina, quello dato alla stampa
il giorno prima dal segretario leghista della
Valtellina Christian Borromini. Uniche variazioni la sostituzione della Valle camonica al
nome della Valtellina nelle due frasi sopra
citate. Non c’era testa, né animo, a quanto
pare, per stendere un testo proprio.
Ma la lucidità non sembra raggiunta del tutto
nemmeno nella successiva intervista del Nostro a PiùValliTV, di un paio di giorni dopo. Il
Donina accetta totalmente stavolta la proposta di una Valle Camonica aggregata a Sondrio nel Cantone della Montagna, visto che
“abbiamo poco a che vedere noi con la realtà
bresciana sia sotto l’aspetto lavorativo, agricolo, industriale”. E naturalmente respinge, a
domanda dell’intervistatrice, la proposta di
un autonomo Ente valligiano, perché “quelli
che ora la fanno sono quelli che un tempo
avversavano la provincia camuna”.
Una logica stringente, come si vede, e una
coerenza di lunga tenuta. Piccola storia di
cantoni e cantonate, ha commentato un amico. Battuta che vale anche oltre la vicenda
locale di cui sopra. E ben si attaglia anche
alla riforma degli Enti del Presidente Maroni.
I cantoni sono quelli svizzeri, che lui vuole
scimmiottare, in ben altro contesto e con ben
altra configurazione; le cantonate covano nel
suo spericolato disegno istituzionale.
BEZZI CI RICASCA ANCORA
IL CICLO “STRANI E STRANIERI” PROMOSSO DA ESSERCI
Nel momento in cui Graffiti si avvia alla stampa, ecco l’ultima “novità” sul tema: il Pd camuno vuole per la Valle la “Vasta Area” autonoma, che sia provincia insomma. Ciò che in
passate stagioni politiche ha giudicato scelta
inopportuna e fuorviante, che ha rimproverato alla Lega come tratto di localismo controproducente e proposta irrealizzabile, quindi
obbiettivo velleitario che distoglie energie
politiche e lavoro sui temi più veri e realistici
dello sviluppo della Valle.
La proposta è avanzata con toni decisi, corredata da propositi di lotta, dall’immancabile
comitato, dalla sollecitazione di alleanze (alla
Lega, naturalmente) e di adesioni “patriottiche” diffuse.
La notizia, data con stupore dai mass media
locali, è meno clamorosa di quanto sembri.
È l’ennesima trovata di amministratori, ora
divenuti dirigenti del Pd locale, da tempo su
posizioni di un localismo di stampo leghista.
Da ricordare la costituzione, a suo tempo, del
Movimento dei popoli alpini camuni, creazione tanto celebrata nel nascere quanto inconcludente negli esiti, da cui dovevano immancabilmente discendere le “sorti magnifiche e
progressive” della Valle.
Ora altre fascinazioni sopraggiungono, come
la “Vasta Area Camuna”. Che vi si possa dar
credito, in tempi di razionalizzazione come
gli attuali, e pensare che quella della Valle sia
la dimensione di servizi che un tempo erano
provinciali, è un segno di debolezza e disorientamento, piuttosto che di grintosa scelta
politico-amministrativa. Il cui primo effetto è
quello di lasciar senza alcun sostegno valligiano l’unica realistica proposta di autonomia della Valle, quella di “area omogenea”
- con decentramento e deleghe- all’interno
della vasta area di Brescia. Sondrio capoluogo ringrazia. (b.b.)
Due docenti universitari, giovedì 31 marzo
a Costa Volpino, hanno animato il dibattito su convivenza e confronto interculturale.
Ospiti la Prof.ssa Paola Gandolfi, ricercatrice
in pedagogia ed esperta di antropologia del
mondo arabo e dei contesti migratori all’Università di Bergamo, e il Prof. Khalid Rhazzali,
ricercatore in sociologia ed esperto di diversità culturale e comunicazione interculturale
all’Università di Padova.
Allo stato attuale, operare nella sfera pubblica richiede l’adozione di una prospettiva comunicativa interculturale che, oltre a riconoscere le differenze, consenta la pratica della
mediazione per valorizzare le molte realtà di
una società sempre più plurale.
Ma quanto ha investito lo Stato italiano in
programmi e progetti di qualità tangibile sul
tema immigrazione e accoglienza? Abbiamo
a disposizione ciò che serve per far fronte ai
problemi generati dalla necessità di convivenza con i “diversi”, sia nello spazio istituzionale che in quello informale?
Curiose le testimonianze di quelle “sperimentazioni culturali” pensate e realizzate proprio
dai due ricercatori nel padovano: laboratori
in lingua araba per bambini delle scuole elementari; studio del lavoro di rete ospedaleterritorio-associazioni religiose di migranti
nell’accompagnamento del paziente nel fine
vita; accoglienza omoculturale dei minori
stranieri non accompagnati presso famiglie
di migranti e modelli di affido omoculturale.
Progetti ambiziosi e ben riusciti di intercultu-
Sondrio ringrazia (il Pd)
COSA CI INSEGNA LA STORIA
Unioni “mostruose”?
In uno dei documenti della Raccolta Putelli di
Breno si trova una nota, redatta nei primi anni
dell’800, che biasima l’unione della Valle Camonica al«mostruoso dipartimento Adda ed
Oglio» (b.1, fasc. 46). Al posto di “mostruoso”,
in prima stesura si trovava “assurdo”.
Questo dipartimento proprio non piaceva ai Camuni: ma cos’era? Negli anni delle
guerre napoleoniche gli stati italiani e le
loro suddivisioni amministrative hanno subito innumerevoli e vorticosi cambiamenti
(per un breve periodo il corso dell’Oglio
divenne addirittura confine di stato): il Dipartimento dell’Adda e Oglio univa la Valle
Camonica con… la Valtellina. Orpo! «Parve
strana alla Valcamonica l’unione con la Valtellina, poiché oltre che doveasi solcare una
montagna, il carattere di quegli abitanti è
completamente opposto al nostro», scriveva il notaio di Vione Gian Antonio Guarneri
qualche anno dopo.
La storia ci può aiutare a riflettere sui criteri
con cui le suddivisioni amministrative sono
fatte: se imposte dall’alto, astrattamente, sono
rigettate dalla popolazione e durano poco.
Hanno successo quando le popolazioni e le
classi politiche sono disposte a rinunciare ad
una parte della loro autonomia per costruire
un progetto comune. Sono pronti i Valtellinesi? E sono pronti i Camuni? (i.f.)
Accogliere, convivere, mediare
di Simona Figaroli
ralità, frutto dell’intraprendenza di studiosi,
associazioni, enti locali, che hanno visto in
queste esperienze delle chiavi di volta nel difficile lavoro dell’accoglienza dei cittadini stranieri, che si fronteggia spesso con carenza di
risorse, strutture e indicazioni.
Il prof. Rhazzali, lui stesso figlio di immigrati
marocchini, cittadino italiano residente in Germania, ha portato poi all’attenzione dei presenti l’importante questione dell’adattamento
culturale: le culture e le religioni minoritarie si
plasmano su quelle del paese di migrazione
fino a generare nuove identità, non più riconducibili alle culture d’origine, generando una
costruzione dell’altro secondo stereotipi, percezioni e pregiudizi della comunità ospitante,
a cui gli stranieri sanno di dover somigliare.
Lo scambio di opinioni con la platea ha permesso di riprendere alcuni degli argomenti
affrontati nelle serate precedenti, approfondendoli con un approccio accademico, grazie al quale si è percepito quanto siano apprezzabili anche le esperienze portate avanti
sul territorio sebino e camuno.
Per chi si occupa di immigrazione, serate
come questa rappresentano vortici di ossigeno, da respirare a pieni polmoni. Il messaggio della prof.ssa Gandolfi ha risuonato
forte e chiaro: la mancanza di progettualità
da parte delle istituzioni non ci deve scoraggiare. Ben vengano esperienze innovative,
anche se circoscritte, e momenti di confronto e dialogo come lo sono state le tre serate
promosse dall’Associazione EsserCi.
IN TAPIOCA FOTO E PAROLE PER CONDIVIDERE UN VIAGGIO
Capire l’Islam: il “mio” Iran
di Alessio Domenighini
Vivo interesse ha suscitato la presentazione
in Tapioca del viaggio in Iran che abbiamo
compiuto recentemente: una serata all’interno
di un ciclo di incontri che offrono opportunità
con immagini e parole di conoscere angoli del
mondo direttamente vissuti da viaggiatori camuni. È un modo interessante di entrare dentro storie e culture, superare barriere mentali,
provare curiosità verso mondi ancora poco
raccontati. L’Iran è certamente uno di questi.
Considerato Paese canaglia, oggetto di un embargo che è durato quasi quattro decenni, grazie agli accordi sul nucleare siglati l’estate scorsa si è inaugurata una fase di distensione con
l’Occidente che dovrebbe aprire le porte ad
una nuova stagione economica ed al turismo.
Ho avuto modo di constatare la complessità di
questa realtà, la bellezza e la raffinatezza della
sua cultura. Molti gli aspetti attrattivi. Anzitutto
la natura. Due terzi di questo territorio, grande
quasi sei volte l’Italia, sono costituiti da deserto,
affascinante per la diversità, la conformazione
del paesaggio, i piccoli villaggi, i caravanserragli
costruiti sulla via della seta, le rovine dei villaggi
abbandonati, le conformazioni rocciose chiamate “castelli di sabbia”.
Sorprendenti i luoghi archeologici come Pasargade, dove abbiamo trovato anche incisioni rupestri simili a quelle valligiane, o Persepoli con
superbe rovine di palazzi della dinastia persiana, raffigurazioni di sfilate di popoli, varie tribù,
etnie, per non parlare delle tombe rupestri che
ci hanno ricordato installazioni egiziane.
Nelle città i palazzi signorili, le moschee, le
grandi piazze riescono a stupire per la raffinatezza e la diversità, pur nella ripetitività degli
schemi di base. E poi i bazar, dove un artigianato molto raffinato ostenta grandi produzioni a
partire dai tappeti.
Il rapporto con le persone ha stupito. Abbiamo incontrato un popolo accogliente,
disponibile, cordiale oltre ogni forma di ritualità. Certo la diversità è balzata subito agli
occhi. È chiaro che la forma sociale evidenzia
modelli autoritari. In particolare la condizione
della donna parla di una evidente sottomissione: già le bambine piccole iniziano a
portare il velo destinato a diventare una presenza che durerà per tutta la vita. Altri aspetti
simili ci sono stati raccontati anche dalla
nostra guida. Aspetti imposti a partire dalla
dimensione religiosa: la norme coraniche
dopo la rivoluzione Komeinista sono diventate legge dello Stato e perciò ogni violazione
viene considerata reato perseguibile.
Un viaggio affascinante, quindi, che aiuta a
capire un mondo che davvero non può rinchiudersi in stereotipi precostituiti.
aprile 2016 |
|5
A GIANICO PER CONOSCERE CANTON MOMBELLO, DOVE IL 70% DEI DETENUTI È STRANIERO
Dentro il carcere, oltre il carcere
di Margherita Moles
Il mondo delle carceri è il mondo dei dimenticati: nessuno ne vuole parlare, ci si dimentica
persino della sua esistenza, come se non facesse parte della società. Non è mai come lo si
immagina. È con la curiosità di conoscere che
si è realizzata qualche settimana fa a Gianico
la serata Oltre la colpa, promossa dalla Parrocchia di Gianico e dalle biblioteche di Artogne,
Gianico, Pian Camuno. Al tavolo dei relatori il
cappellano del carcere di Canton Mombello,
don Adriano Santus, e i due volontari della
Caritas Gianni e Bruna Carancini di Erbanno.
Il taglio del discorso del cappellano è stato
orientato dal suo ruolo, quindi hanno avuto
spazio la pastorale della Chiesa nei confronti
dei detenuti e delle loro famiglie e gli spazi
per la catechesi e i sacramenti garantiti settimanalmente nel carcere. Spazi per l’elevazione spirituale che presuppongono tuttavia
una relazione. Gli incontri infatti possono diventare l’ascolto di bisogni umani concreti:
telefonare alla moglie, chiamare l’avvocato,
recuperare dei francobolli.
Anche lo spazio per ripensare la propria esistenza in un percorso di riflessione che aiuti a conoscere e sperimentare nuovi valori
per la propria esistenza. E qualcuno ce la fa,
come dice in una lettera un detenuto che è
ora agli arresti domiciliari: «Senza avere fatto il carcere avrei continuato a vivere la vita
senza capirne il vero senso. Io ho cominciato
ad essere libero proprio in carcere. Il bello è
che una volta capito tutto ciò, non è un punto di arrivo, ma bensì un punto di partenza.
Ognuno di noi ha un compito nella vita, ha
il dovere di portare l’amore al primo posto.
Immaginate se tutti i popoli della Terra si
amassero fra di loro?».
Ci sono stati forniti alcuni dati di conoscenza del carcere di Brescia. Con capienza di
230 posti, fino a due anni fa la presenza era
di 480/500 detenuti, ora di 330. Il 70% di detenuti sono stranieri. C’è una pericolosa promiscuità tra detenuti incalliti, avvezzi ad ogni
tipo di reato, e giovani diciottenni beccati per
la prima volta. I recidivi sono il 70%, cioè chi
esce ha molte probabilità di ritornare in carcere una seconda, una terza volta.
Proprio per interrompere questa catena di
«… è venuta fuori una nuova ingegneria
del controllo e un modello di penitenziario
che, negli anni ’90, hanno dimostrato una
grande efficacia nella gestione della deriva
autoritaria delle politiche sociali neoliberiste, emblematicamente rappresentate dalle
violente ondate di criminalizzazione della
miseria che da tempo stanno disegnando
un nuovo spazio della penalità.
“La pietà e la forca”, l’assistenza e la
repressione, l’aiuto e la punizione, l’accoglienza e l’esclusione, la politica sociale e
quella criminale, il volontariato e il controllo, il carcere e i centri di accoglienza,
il crimine e il disagio, la sofferenza e la
violenza. Ecco un piccolo estratto del
vocabolario col quale viene declinata la
crisi sociale contemporanea».
(Salvatore Verde, Massima sicurezza. Dal
carcere speciale allo Stato penale)
6|
| aprile 2016
230 posti, 330 detenuti.
Gianni e Bruna di Erbanno
fanno volontariato in carcere
con la Caritas: «Ascoltiamo
i detenuti, li stimoliamo ad
iscriversi a scuola, li invitiamo a
non passare il tempo a dormire
e guardare la tv»
reiterazione e abitudine al reato, veramente
importante è l’azione dei volontari che visitano i carcerati. Così ci hanno parlato Gianni e
Bruna durante l’incontro. «All’inizio vedevamo
quasi esclusivamente i detenuti della Valle, ma
adesso sono più gli esterni, anche tantissimi
stranieri. Il colloquio è individuale, noi siamo in
coppia, non facciamo mai alcuna domanda sul
reato, a volte sono loro che ci raccontano poi la
loro vita, che cosa hanno combinato. Cerchiamo di avviare un rapporto.
A volte inizia perché desiderano che sollecitiamo l’avvocato, a volte chiedono di contattare
i parenti, a volte hanno richieste materiali,
come indumenti o kit per l’igiene personale.
Seguiamo anche le persone che sono agli arresti domiciliari qui in Valle Camonica a Darfo o
nei dintorni. Abbiamo continuato a seguire dei
giovani che sono stati trasferiti in altre carceri.
Lo facciamo volentieri soprattutto con i giovani
con cui siamo riusciti a creare un rapporto di
crescita, anche se di piccola crescita; riteniamo
bene non abbandonarli, se loro lo chiedono. In
carcere nei colloqui, noi li ascoltiamo, li stimoliamo ad iscriversi alla scuola, ad occupare la
giornata in modo positivo, li invitiamo a non
passare solo il tempo a dormire e guardare la
tv. Se cominciano a riflettere, pian pianino il
cambiamento avviene. Alcuni quando escono
sono maturati, hanno un atteggiamento diverso nei confronti del mondo».
Una testimonianza di grande forza e serenità.
Per concludere, la grande domanda. Si può
immaginare un luogo diverso dal carcere, aprire alle misure alternative, proporre percorsi di
riabilitazione, di fiducia, di prospettive nel futuro? Don Adriano Santus ha caldeggiato queste soluzioni, facendo riferimento alla recente
presenza pubblica a Castenedolo di ex brigatisti degli anni di piombo, vittime illustri, quale
Agnese Moro, magistrati, sociologi. Insieme,
come risultato di incontri segretissimi tra vittime e autori di reati, in cui si è parlato del dolore
e dei ricordi, del sangue versato e di come ritrovarsi. Sì, oltre la sicurezza dei cittadini, oltre
la certezza della pena, è oggi necessaria una
prospettiva di speranza che si chiama giustizia
riparativa, perchè il dolore attraversato non resti congelato, ma ritorni ad essere vita.
BRENO: SODDISFAZIONI E OSTACOLI NELLA VITA DELLA CASA-FAM
Una alternativa per minori in cerc
di Mary Sedani
La Comunità Educativa per Minori “La Mano”
è nata sedici anni fa all’interno del “Progetto
Accoglienza” della Parrocchia SS. Salvatore, a
Breno, nel cuore della Valle Camonica, per offrire accoglienza a bambini e adolescenti che
per vari motivi non potevano risiedere presso
la famiglia d’origine. Ben presto si rese urgente
la scelta di accogliere soprattutto adolescenti:
i più difficili da collocare. La nostra esperienza
subì uno sviluppo significativo quanto fummo
interpellati dal Centro di Giustizia Minorile di
Milano, che si occupa di ragazzi con provvedimenti penali in corso, perché potessimo accogliere e seguire alcuni adolescenti per esperienza alternative al carcere minorile.
Abbiamo così iniziato ad ospitare ragazzi adolescenti, italiani e stranieri, che si trovavano in
regime di detenzione per aver commesso dei
reati. La nostra Comunità, in tutti questi anni,
si sta impegnando nel dare accoglienza a questi ragazzi, offrendo una proposta educativa
alternativa al carcere, ma soprattutto per fare
un tratto di strada con loro e per scommettere
su di loro così come sono! È un’avventura faticosa e affascinante toccare le frontiere dell’educazione e del mettersi in gioco con loro.
Il nostro sogno è da tempo quello di trovare
una casa maggiormente capiente e soprattutto che possa permettere ai ragazzi di svolgere
alcune attività in sede, senza la necessità di
muoversi. Il tutto sia per ragioni di sicurezza
sia per dare continuità al loro recupero.
Due sono gli elementi fondanti un completo
recupero del ragazzo: il recupero socio-psicologico e la riappropriazione di una capacita
lavorativa.
Il primo aspetto avviene nella quotidianità,
dando esempi di stile di vita diverso da quello
che loro hanno sperimentato fino al momento
dell’arresto, facendogli gustare quelle soddisfazioni legate alle piccole esperienze giornaliere e alla rielaborazione dell’agito, attraverso
un costante rapporto relazionale con gli educatori e fra di loro. Ad un certo punto del percorso, il ragazzo viene accompagnato a vivere
delle esperienze anche al di fuori della struttura che gli permettono di rivalutarsi e mettersi
in gioco in un contesto sociale “sano”.
Ovviamente non mancano incontri costanti con
lo psicologo e con i Servizi Sociali che hanno lo
scopo di monitorare il percorso e valutare man
mano gli obiettivi raggiunti e da raggiungere.
Fino ad oggi il secondo aspetto è stato perseguito attraverso lo svolgimento di piccole e saltuarie
attività lavorative, a titolo di volontariato, presso
alcune piccole aziende della zona. Il tutto però
non ha avuto il requisito della continuità e pertanto di una vera efficacia, da qui la necessità di
individuare modalità maggiormente strutturate e
caratterizzate da continuità di impiego.
Ci siamo, pertanto, messi alla ricerca di un immobile che avesse come pertinenza terreno dove poter svolgere alcune attività agricole, che già oggi
alcuni ragazzi praticano, a titolo di volontariato,
presso un agriturismo e un maneggio nella zona.
Stiamo attualmente valutando la possibilità di ac-
LO SCHIAVO ONESIMO INCONTRÒ IN CARCERE SAN PAOLO. SI CONVERTÌ E DIVENNE SUO DISCEPOLO
Per reintegrare chi ha scontato la pena
di Andrea Bonadei
Come è nata la vostra realtà e cosa vi ha
spinto a questo impegno? Potrebbe capitare
a tutti di trovarsi dall’altra parte, da quella dei
“cattivi”. Avremmo voglia di riscatto e speranze, ma scarse risorse per ripartire. Conta molto
la comunità locale, a quel punto. Ecco cosa ha
ispirato alcuni volontari alla costituzione della
nostra Associazione, di ispirazione cattolica,
il 4 maggio 1998. Raccolsero la proposta del
compianto Angelo Zanzottera, per l’ascolto di
persone detenute e che avevano vissuto l’esperienza della detenzione, al fine di creare un
riferimento territoriale. A fondamento di tutto
sta il rispetto dei diritti della persona, dando
voce ai bisogni e alle necessità delle persone
in misure restrittive della libertà personale.
Nella stragrande maggioranza essi sono senza una casa, senza lavoro e senza soldi e per di
più la gente li evita. Spesso hanno anche rotto
tutti i legami con la famiglia. Sono degli emarginati, con una grande voglia di non tornare
in carcere, ma nello stesso tempo costrette a
vivere senza risorse. Se tu non li accogli e li
rifiuti cosa pretendi da loro?
Si capisce come sia vitale per voi collegare
l’istituzione carcere con le agenzie del territorio, costruendo una fitta rete di rapporti
con enti, istituzioni e associazioni. Come si
articola il vostro radicamento territoriale? I
soci fondatori degli Amici di Onesimo hanno
MIGLIA “LA MANO”
ca di riscatto
quistare un terreno edificabile e costruire la nostra
casa, anche se l’impegno economico è davvero
alto per noi... L’idea è poi quella di coltivare fuori
casa, per quanto possibile, ciò di cui necessitiamo.
In questi anni abbiamo raccolto molte soddisfazioni legate alla buona riuscita del percorso
di molti nostri ragazzi i quali, a distanza di anni,
mantengono comunque un rapporto con noi e
sono riusciti a mantenersi in modo autonomo e
lontani da condotte devianti.
Le maggiori difficoltà sono legate alla mancanza di denaro per realizzare dei laboratori di vario
genere, che permetterebbero ai nostri ragazzi di
imparare un lavoro; inoltre vorremmo avere la
possibilità di fare un lavoro “educativo” con
le famiglie dei nostri ragazzi con la finalità di
saperli riaccogliere con maggiori strumenti;
infine, dobbiamo spesso fare i conti con un sistema giudiziario che funziona male in quanto
manca di chiarezza e coerenza (troppo blando
in alcuni casi e troppo rigido in altri).
Sicuramente crediamo si dovrebbe investire
molto sulla prevenzione offrendo a genitori,
bambini e adolescenti la possibilità di vivere
esperienze aggregative positive che permettano loro di crescere con dei valori, primo fra
tutti il rispetto di sé e degli altri.
«Solo gli imbecilli credono che sia meglio
vivere in un clima di svalutazione e di timore della punizione, anziché circondati
dall’amore, dalla fiducia e dalla stima».
(Bruna Franceschini, La scuola difficile)
«È più facile disintegrare un
atomo che un pregiudizio», disse
Einstein. Lo sa bene Bruno Bettoni,
referente dell’associazione
“Gli amici di Onesimo”
di Costa Volpino. Qui ci racconta
l’impegno quotidiano per reinserire
chi intende tornare alla vita.
avuto in comodato d’uso dalla parrocchia di
Corti di Costa Volpino un piccolo appartamento inutilizzato che è stato a loro spese ristrutturato e arredato, aiutati in parte da un contributo della Caritas diocesana di Bergamo. Da
allora sono state ospitate oltre 30 persone, e
ancora oggi una coppia di nostri soci, accreditati dal Ministero della Giustizia entra in carcere
per incontrare i detenuti. Ciò in collaborazione
con diversi livelli dell’amministrazione penitenziaria, quali la direzione, l’area educativa, la polizia penitenziaria, ecc. Siamo in contatto con
l’associazione Carcere e Territorio di Brescia ed
i cappellani del carcere di Via Gleno a Bergamo, quello dei penitenziari maschile di Canton
Mombello e femminile di Verziano.
Capita spesso che dei detenuti del nostro territorio siano carcerati in altre province o regioni, per questo siamo soci della Conferenza
Regionale Volontariato e Giustizia della Lombardia, che ci permette di essere in rete con
tutte le associazioni che si occupano di carcere e problemi di giustizia a livello lombardo
e nazionale, con continui incontri, scambio di
esperienze e iniziative coordinate dalla Caritas
Ambrosiana di Milano.
In quanto a progetti recenti e concreti, cosa
sta impegnando voi volontari in questa fase?
Oltre che all’interno del carcere, per una fondamentale attività di ascolto e di costruzione di
relazioni personali, ci muoviamo sul territorio
dell’alto Sebino bresciano e bergamasco, mediante l’attivazione di percorsi di inserimento al
lavoro, in particolare con la Cooperativa Trapezio di Darfo ed alcune aziende private. Sosteniamo importanti iniziative scolastiche, culturali,
teatrali ed artistiche (es. “pensieri ed emozioni” e “Laboratorio Crisalide d’argilla”), a tal fine
stiamo promuovendo nelle scuole il progetto
“A scuola di libertà” che evidenzia come si può
arrivare a commettere un reato senza neanche
rendersene conto e come la nostra società è intrisa di pregiudizi. Come dice Benedetta Tobagi,
figlia di Walter, giornalista ucciso da un commando di terroristi nel 1980, non c’è pace senza
giustizia, non c’è giustizia senza perdono, ed è
lei che indica agli studenti una idea di giustizia
più mite e più umana.
Puoi raccontare qualche vicenda positiva, da
cui avete tratto soddisfazione? La nostra attività è stata intensa e molto spesso ricompensata da piccoli successi. Ricordiamo il momento
dell’indulto, quando a seguito dell’affollamento delle carceri e del forte richiamo del Papa,
S. Giovanni Paolo II, il Parlamento con un voto
quasi unanime (75%), nel giro di una settimana,
ha messo in libertà 22.000 persone. Essenziale
in quel momento è stato il contributo del volontariato, che coordinato dalle Caritas diocesane,
dai “cappellani carcere” e altre associazioni del
mondo cattolico ha accolto questi fratelli. Nella
nostra struttura hanno trovato una prima accoglienza quattro concittadini e tre di loro hanno
fatto un percorso di riscatto sociale.
Un’altra storia è quella di un ragazzo di
trent’anni, che dopo oltre dieci anni di detenzione, ha avuto la possibilità di entrare in un
programma di pene alternative. È stato nostro
ospite durante il giorno, mentre lavorava come
manovale in un’impresa edile; alla sera ritornava in carcere a Bergamo. Questo per un anno
intero con un motorino, sotto l’acqua, la neve o
il sole. Per i dodici mesi seguenti gli sono stati
concessi gli arresti domiciliari presso di noi fino
a fine pena. Oggi ha messo su famiglia e lavora in un’azienda, come un cittadino comune.
Questa esperienza ci ha insegnato che non è
sufficiente accogliere, ma è molto importante
abbinare alla casa anche il lavoro.
IL GRAFFIO
Orgoglio camuno: citati nel nuovo singolo
degli Elio e le Storie Tese, Il mistero dei bulli.
«Il bullo è / presente in ogni antica civiltà
/ ad esempio i camuni / che furono i bulli
dell’antichità / tamarri del neolitico / chissà
chi vessavate voi / nessuno l’ha saputo mai, /
non ci sono i reperti / o non li hanno trovati».
Le vignette di Altan, Staino, Ellekappa, Cinzia Poli, Vauro, Biani, Fogliazza ed altri,
sono tratte dai quotidiani: Corriere della
Sera, il Manifesto, Repubblica, Caterpillar
AM., oltre che da vari siti Internet.
aprile 2016 |
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GRAZIE A EQUANIME E ISTITUTO DARFO2, UN CONFRONTO SERIO PER GENITORI E INSEGNANTI
La scuola fa la differenza, non le differenze
di Paola Abondio (Dirigente Scolastico Istituto comprensivo Darfo 2)
Negli ultimi anni avevo letto, con superficialità probabilmente, alcuni articoli pro e contro
una cosa definita teoria gender, ma non mi
ero lasciata coinvolgere, né come persona né
come dirigente scolastico considerando quello che avevo letto punte di estremismi, avulsi dalla realtà e dal quotidiano delle persone
comuni e reali. A giugno 2015 l’intervento a
Darfo di un avvocato, decisamente aggressivo e schierato, mi ha spinto ad approfondire
l’argomento teoria gender e in seguito agli
approfondimenti a scegliere di aderire e collaborare con l’associazione equAnime, di segno
diametralmente opposto.
Credo che compito della scuola sia accompagnare ogni studente ad esprimere al meglio le
proprie potenzialità, sollecitandolo all’apertura verso il mondo, sviluppando un sano senso
critico e il senso di libertà del proprio agire.
Per questo nella scuola si lavora su molti fronti, non solo sull’acquisizione di competenze
specifiche (il vecchio “scrivere leggere e far
di conto”) ma anche sugli aspetti educativi, di
relazione e di comprensione della complessità
in cui si cresce. Altro impegno, reso ancora più
esplicito dalla L. 107/15, è quello di promozione culturale e sociale.
È stato un passaggio naturale, avendo letto
lo statuto dell’associazione equAnime che
promuove attività contro le discriminazioni di
genere e orientamento sessuale, pensare ad
occasioni comuni di riflessione per i genitori
e gli educatori, mentre le attività interne alla
scuola non sono state toccate, in quanto il
lavoro che da anni si propone relativamente
all’educazione all’affettività, alla relazionalità e
al rispetto delle diversità ci sembra adeguato
e ben strutturato. Sono stati pensati, quindi,
due interventi di approfondimento e di riflessione aperti a genitori, insegnanti ed educatori non con intenti polemici o di contrapposizione ma proprio di apertura al confronto.
Il primo, con il dottor Pellai, ci ha permesso di
ragionare sull’educazione all’affettività e alla
sessualità, azione educativa che scuola e famiglia devono portare avanti in sinergia, nel
rispetto del bambino aiutandolo a fare chia-
GRAFFITI
via Silone, 8 (c/o Tullio Clementi)
25040 Darfo Boario Terme
[email protected]
www.graffitivalcamonica.it
«... Erano in tanti allora a pensare che la
questione morale si riducesse a ciò che le
persone fanno con i loro genitali. Tentai di
sostenere che nel sesso in sé non c’è nulla
di male a meno che non manchi di rispetto o danneggi qualcuno, e che quindi lo
scopo dell’educazione sessuale avrebbe
dovuto essere quello di far capire che siamo anche un corpo e che non ci si deve
vergognare della capacità di trarne e dare
benessere, piacere...»
Bruna Franceschini, La scuola difficile
8|
| aprile 2016
«A scuola non si insegna solo a
leggere scrivere e far di conto.
Non spingiamo i nostri studenti
verso la “liquidità del sesso”, ma
aiutiamo ognuno a capire
che ha valore a prescindere
dall’orientamento sessuale».
rezza su quanto sente e prova quando è in
relazione con un altro essere umano. Questo
per chiarire che il lavoro proposto a scuola
non ha l’obiettivo di spingere tutti verso la
“liquidità del sesso, l’insignificanza della genetica”, ma di aiutare ognuno a capire che ha
valore a prescindere dall’orientamento sessuale (così come si prescinde dal colore della
pelle, dalla religione, dalla provenienza...) accompagnandolo con serenità e delicatezza sia
a comprendere cosa gli succede dentro sia ad
accogliere la diversità che vede intorno a sé.
Il secondo, con Domenighini e Comini, legato
alla lettura, poco partecipato sfortunatamente,
è stata un’interessante riflessione sul valore del
leggere da soli o con i genitori, sull’impatto
che la lettura ha sui ragazzi, sul significato della
scelta di mettere all’indice alcuni libri considerati dai sostenitori della teoria gender molto
negativi. Abbiamo ascoltato interessanti riflessioni e apprezzato la lettura di alcuni di questi
libri che ci hanno ancor più convinto dell’importanza della libertà di pensiero e dell’impegno a favore del libero senso critico.
La scuola, anche in passato, ha collaborato
con enti ed associazioni del territorio per sviluppare progetti rivolti ai ragazzi o ai genitori
seguendo la logica del rispetto e dell’attenzione alla sensibilità di ognuno. Quanto è proposto a scuola non nasce da un’idea estemporanea ed avulsa dalle scelte educative che
sono espresse nel Piano dell’offerta formativa
e che sono condivise dagli insegnanti in seguito a confronti successivi, a rielaborazioni e
valutazioni approfondite. A fronte di proposte
di ogni genere che vengono sostenute dagli
enti più diversi o da personaggi più o meno
connessi con il mondo della scuola, gli insegnanti, per tutelare i ragazzi, applicano un
sano senso critico, valutano la connessione
con quanto si sta facendo, l’adeguatezza della
proposta all’età dello studente, la consistenza/valore dell’idea in sé e si confrontano con
i genitori; rispetto poi a tematiche delicate legate alla sessualità e ai valori questa attenzione è ancora maggiore.
La scelta quindi di collaborare con l’associazione equAnime non significa un’adesione
acritica ad ogni proposta, ma la scelta di accogliere quanto permette a tutti di crescere
nello spirito di accoglienza della diversità e di
aprire porte al confronto, di avere strumenti
seri per leggere la realtà.
IL CIELO DI CARTA di Andrea Curnis
Little boy
«Sapevamo che il mondo non sarebbe stato più lo stesso. Alcuni risero, altri piansero, i più
rimasero in silenzio […] “sono diventato Morte, il distruttore dei mondi”, suppongo lo pensammo
tutti, in un modo o nell’altro.»
Hiroshima: 6 agosto 1945, ore 8:45. La bomba chiamata “Little Boy” cade dal cielo, precipita e
annichilisce, sancisce la fine di una guerra che gli stoici Giapponesi stanno combattendo fino
all’ultimo uomo. Nel suo studio, è in preda ai sensi chi ha coniugato scienza e distruzione.
Sulla figura enigmatica e per nulla scontata di una delle più grandi menti del ‘900, J. R. Oppenheimer, è basato “OPPIE”: spettacolo che il 19 marzo tiene banco al San Filippo di Darfo. Scorrevole e mai banale, ideato per far riflettere, il monologo è interpretato da Michele Mariniello
con l’abile Regia di Michele Segreto.
Anni dopo il progetto Manhattan che creò la bomba atomica, J. R. O. si rifiuta di partecipare al
concepimento della bomba all’idrogeno e per questo è sotto processo (la bomba H si ipotizzava dovesse avere un potenziale distruttore di mille “Little Boy”). La deposizione in tribunale,
avvalorata dai ricordi di ciò che successe, si fa flusso di coscienza a 360 gradi svelando i dubbi
che paralizzano lo scienziato. Può la scienza partecipare al male se concepita per il bene?
Più volte citato, “Vita di Galileo” di Brecht costruisce un ponte immaginario tra uomini di scienza
piegati alla strumentalizzazione politica e militare: il cannocchiale galileiano fu utilizzato d’altronde dai veneziani per scrutare i nemici piuttosto che le stelle; l’eliocentrismo fu assunto a eresia e
l’abiura gli evitò il rogo. In bilico tra il desiderio di scoprire e la paura delle conseguenze, Galileo
e “Oppie” sono casus belli nel difficile rapporto tra scienza e potere: confliggenti dove l’interesse
del genere umano si fa interesse di una sola parte.
UN LUNGO VIAGGIO VOGLIO FARE: DALLO STUDIO DEL LATINO L’AMORE PER IL NOSTRO PAESE
Bill, brenese del Missouri: «Io voto Sanders»
di Federica Nember
Mentre la primavera entra prepotentemente
nella nostra vita con la sua aria di cambiamento e novità, continuano le mie interviste a
giovani che hanno deciso, in un determinato
momento della loro vita, di intraprendere un
viaggio e quindi hanno vissuto un cambiamento. Questo mese ho avuto la fortuna di
chiacchierare con Bill Costello, ventiseienne di
Saint Louis (Missouri) che si è trasferito, finita
l’università, in Italia.
Perché l’Italia? Il mio amore per l’Italia e per il
mondo classico inizia già al liceo quando studio il latino e il greco, all’università studio poi
antropologia e tra le materie di studio ci sono
anche due esami di lingua italiana, ho così la
possibilità di fare tre mesi a Firenze e questo
per me è stato il primo vero viaggio. Finita l’università, tramite la mia professoressa di lingua
italiana, che è di Cremona, vengo a conoscenza di un progetto che si chiama “Site” e che
seleziona 50 giovani statunitensi e li manda
in Lombardia negli istituti superiori come assistenti madrelingua. In realtà io invio la mia
COOPERATIVA SOCIALE
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dalla prima pagina
non si viene per mangiare». «Se non capisci l’italiano devi restare al tuo paese». «Se
chiamo ottantotto vuol dire ottantotto, vuoi
capirlo?!». «Siete qui solo a chiedere favori,
ma non sapete neanche lavorare e neanche
l’italiano». «Certificato, serve il certificato
[senza mai mostrare un modello o una copia
in loro possesso], vai via e non farti più vedere». Anche se non ha capito niente e nessuno
ha provato un minimo di traduzione.
Nessun mediatore culturale, nessuno che
parli qualcosa oltre al dialetto bresciano.
E questo di fronte a centinaia di immigrati
di decine di nazionalità diverse. Senza un
controllo, un’organizzazione per domande
specifiche, senza un ordine, senza una prenotazione utilizzabile. Solo caos e tanta maleducazione e volgarità.
Sembrava un campo di concentramento,
non la sala d’attesa di un’istituzione pubblica
italiana. Ammucchiati ed insultati, urla e spintoni. Nessuna attenzione a vecchi, bambini,
neonati, donne, ragazze gravide. Tutti trattati
come bestie. Quale sconforto.
Finalmente negli uffici la fila funziona ed i
funzionari sono tanti, gentili e rapidi. Dopo
ore e ore di follia.
richiesta di adesione in ritardo, ma sono stato
fortunato, un ragazzo si è ritirato e io sono potuto partire al suo posto. Sono arrivato così, a
fine settembre, a Breno. Qui mi sono trovato
subito bene, sia a scuola che in Valle Camonica,
così ho deciso di rimanere per due anni, il tempo massimo previsto dal progetto.
Ora il progetto è finito? Cosa pensi di fare?
Sì il progetto è finito, ho lavorato ancora con
le scuole ma in futuro vorrei fare nuove esperienze, magari in altri ambiti. Al momento
sono abbastanza indeciso ma mi piacerebbe
tornare all’università, vorrei trovare un corso
di studi che si occupi della “Cyber-anthropology”, ossia si concentri sul rapporto che c’è,
o meglio dovrebbe esserci tra la tecnologia e
la filosofia, come influiscono l’una sull’altra.
Credo che al momento l’intelligenza artificiale
sia fredda, o forse è solo concepita così, ma di
sicuro manca una componente intellettuale e
credo si debba creare un ponte tra le due. Sono
come sempre in ritardo, mi piacerebbe comunque restare in Italia o in Europa, è anche vero
che qui mi sono creato una rete di amicizie, mi
trovo bene, conosco la cultura e la lingua. Una
cosa che non mi aspettavo, quando sono partito, è che qui mi sarei creato una vita.
Che differenza trovi tra l’Italia e gli Stati Uniti? I giovani, ma anche gli adulti, le persone che
conosco qui insomma, sono molto più interessati alla politica rispetto a Saint Louis o anche
a Madison, la città dove ho fatto l’università.
A Madison, che è una città progressista e libe-
rale, ho partecipato ad una manifestazione in
un anno, qui conosco persone che ogni mese
si organizzano per partecipare a eventi politici,
magari andando anche nelle città vicine.
Ma anche ora che negli Stati Uniti c’è il fermento delle elezioni?
Di sicuro ora c’è più interesse, anche io sto seguendo le campagne elettorali e le votazioni
per le primarie, il mio voto è per Sanders e continuo a seguire cosa accade, fiducioso che Donald Trump non riesca a divenire il candidato
repubblicano! Dopotutto si devono esprimere
ancora venti stati…
Speranza comune!
FUOCO FATUO di Stefano Malosso
Le tante voci di “Sul palco”
“Felicità è partecipazione”, recita la campagna tesseramenti 2016 del circuito nazionale dei
circoli Arci. Un manifesto di pensiero e d’azione che sembra essere stato sposato appieno dal
circolo Arci “Sul Palco” creato poco più di un anno fa da un gruppo di amici a Malegno: un
salotto intimo e familiare, prima ancora di essere un luogo d’incontro e di scambio culturale,
che accoglie il proprio pubblico come si accoglie un amico in casa propria.
Una casa con un calendario di eventi e iniziative piuttosto vivace, quella di “Sul Palco”: solo
negli ultimi mesi sono stati una miriade gli incontri realizzati, in un connubio fra libri, teatro,
impegno civile, cinema, promozione del territorio. Recentemente è stato il concerto degli Staggerman ad animare la serata di Malegno con un set a tutto rock, mentre poco prima era stato
il turno del cantautore Alessandro Sipolo e delle sue “Eresie”, album di recente uscita prodotto
da Giorgio Cordini, già musicista di De André, della cantautrice Laura Lalla Domenighini con le
sue atmosfere in chiaroscuro e degli apericena vintage con i djset di Ando Bang. Ma il circolo
non è solo musica. Fra le ultime iniziative volte alla valorizzazione del territorio e di una nuova
vivibilità sostenibile, la presentazione dei vini a km zero di Valle Camonica in collaborazione
con l’azienda agricola Ligabue, il laboratorio per la produzione casalinga di saponi e detersivi,
la degustazione delle birre locali targate Balanders’, l’approfondimento delle pratiche shiatsu
alla ricerca di un equilibrio interiore.
Ricco è stato poi l’incontro con Franco Michieli, geografo, esploratore di montagne e giornalista-scrittore, che ha presentato “La vocazione di perdersi - Piccolo saggio su come le vie
trovano i viandanti”. Ma forte è anche l’impegno sociale del circolo verso i temi più attuali del
nostro paese: di grande importanza in questo senso è stata la serata dell’8 marzo dedicata alle
donne, con un aperitivo speciale e la proiezione del film tutto al femminile “In Grazia di Dio”
di Edoardo Winspeare. Altro esempio di questa sensibilità è l’organizzazione della camminata
al buio in occasione di “M’illumino di Meno – Giornata Mondiale del risparmio energetico”, e
la serata del 18 febbraio che ha visto la presentazione al pubblico dell’associazione valligiana
“EquAnime”, che si batte per sensibilizzare l’opinione pubblica contro le discriminazioni di
genere e dell’orientamento sessuale in un territorio difficile come il nostro.
Territorio che viene valorizzato anche attraverso serate di autofinanziamento di alcune realtà
formatesi dal basso, come il Concorso Letterario Zero a Zero che nel circolo ha trovato l’occasione per presentarsi lanciando il bando del nuovo anno. Un anno ricco di iniziative e di
occasioni, dunque, per la Media Valle Camonica, sempre Sul Palco con uno sguardo curioso e
vivace verso le narrazioni del nostro tempo.
aprile 2016 |
|9
LA RAVA & LA FAVA
BRAONE: UNIONI CIVILI
CEDEGOLO E LA BOSNIA
Come tutti i Sindaci d’Italia, anche Gabriele
Prandini nei giorni scorsi ha ricevuto nella casella di posta elettronica una petizione dell’Associazione ProVita: obiettivo chiedere al Parlamento di prevedere la possibilità per i Primi
Cittadini di rifiutarsi di celebrare le unioni civili,
«in ragione dei loro più profondi convincimenti
morali o religiosi» e «in base agli art. 2, 19, 21 e
29 della Costituzione». Obiezione di coscienza,
dunque, contro quello che viene definito il «simil matrimonio omosessuale».
Il Sindaco di Braone non si è limitato a dirottare l’email nella casella spam, ma è intervenuto sul suo blog spiegando perché, proprio
per rispetto della nostra Carta fondamentale,
la richiesta di ProVita è da rigettare e anzi al
Parlamento andrebbe chiesto ben altro.
«Io voglio poter rispettare la Costituzione italiana. Voglio poter trattare tutti i cittadini con
pari dignità», scrive Prandini. Immaginandosi
di fronte ad una coppia omosessuale che gli
chiede di celebrare la loro unione, aggiunge: «Io
voglio sposarli, (...) ritengo che la nostra Costituzione sarebbe pienamente rispettata unicamente dall’introduzione nel nostro ordinamento dal
matrimonio completamente egualitario».
Ribalta dunque il ragionamento il Sindaco di
Braone: «Dite che ho il diritto di chiedere allo
Stato di autorizzarmi a parlare di “matrimonio” e non di “unione civile tra due persone
dello stesso sesso” quando dovrò celebrarne
una?». Prandini chiude esplicitando il proprio
«rammarico nel sapere che esistono associazioni che si battono per le ingiustizie sociali».
Prandini ha poi provato in prima persona che
per le ingiustizie sociali si batte pure qualche
politico: è il caso del tristemente noto Oscar
Lancini, vicesindaco di Adro. Per intenderci quello della mensa negata e della scuola pubblica
con il Sole delle Alpi. Ultimamente l’esponente leghista sforna almeno un post Facebook a
settimana contro la minaccia gender, in genere
opponendo la sua maschia virilità a fotomontaggi di esponenti del Pd con ortaggi vari. Finissimo humour inglese, insomma. È toccato pure
a Prandini: «Ma bravone il Sindaco di Braone.
Vorrà dire che tutti i gay e le lesbiche li manderemo da te. Io sto con ProVita». Fortunatamente
la reazione su Facebook è stata immediata, al
grido di #iostoconilsindacodiBraone. (m.c.c.)
«Commercianti, banditi e garibaldini». Così
venivano presentati i Panzerini di Cedegolo
lo scorso ottobre, durante la visita guidata
nell’ambito dell’11a edizione di “Del Bene e
del Bello” alla “Casa Panzerini”. Si tratta di
un seicentesco palazzo che il Comune di
Cedegolo – beneficiario della recente donazione da parte degli eredi – ha restaurato adeguatamente e, quindi, col supporto
dell’associazione culturale omonima sta
promuovendo come luogo di cultura, di
aggregazione e di incontri (è la nuova sede
anche della Biblioteca comunale, oltre che
di varie altre associazioni locali).
La sera di mercoledì 30 marzo, tuttavia, il suo
ampio salone – una settantina di posti a sedere – non è stato in grado di accogliere tutti
i partecipanti all’incontro promosso dall’Associazione “Casa Panzerini”, in collaborazione con l’Unione Comuni della Valsaviore
e l’Associazione della comunità bosniaca in
Valcamonica, “Ljiljan” per “tenere viva la memoria di un conflitto che ha segnato la fine
del Novecento”.
Apprezzato il ruolo... istigatore di Paola Cominelli, che ha saputo provocare nella giusta
misura i tre protagonisti della serata: Elvira Mujčić, giovane autrice di diversi libri sul
dramma bosniaco (fra cui l’autobiografico Al
di là del caos. Cosa rimane dopo Srebrenica);
il presidente della comunità bosniaca di Valcamonica, Ramo Kadric ed il referente della
Caritas valligiana, don Danilo Vezzoli, che ha
ricordato il tenace impegno della gente camuna nel portare aiuti in Bosnia e nel dare
ospitalità alle famiglie costrette alla diaspora.
Molto applauditi anche gli interventi del sin-
#VoglioSposarli:
Prandini vs ProVita
MOBILITÀ SOSTENIBILE
Cevo elettrizzante
A Cevo hanno provveduto concretamente a
dare una mano alla mobilità sostenibile: lo
hanno fatto installando (forse è il primo comune in Valcamonica) una colonnina per la
ricarica gratuita dei veicoli elettrici. Ora speriamo che a Cevo si acquistino sempre più
auto a motore elettrico, visto l’incentivo della
ricarica gratuita. (g.c.)
«... un amico che non sia tormentato
dall’ambizione o dall’interesse; che
preferisca l’ombra di un albero alla
pompa di una corte! Felice chi possiede un amico!». (Xavier de Maistre,
Viaggio intorno alla mia camera)
10 |
| aprile 2016
Casa Panzerini
onora la sua storia
RITRATTO
daco di Artogne, Giampietro Cesari, che ha
ringraziato i bosniaci – presenti in misura significativa anche nel “suo” Comune – per il
loro buon esempio nel saper fare comunità, e
del presidente del Museo della Resistenza di
Valsaviore, Guerino Ramponi, pure lui sorpreso favorevolmente dalla volontà di inserimento dei bosniaci... valligiani. (t.c.)
EDUCARE I BAMBINI ALLA LETTURA
Camuni nati per leggere!
Nel corso del 2015 è nato in valle il gruppo
di volontari Nati per Leggere in Valle Camonica. Nati per Leggere (NPL) è un programma
nazionale promosso da bibliotecari, pediatri e
associazioni, che promuove la lettura ai bambini dagli 0 ai 6 anni da parte degli adulti. Studi scientifici dimostrano che questo semplice
gesto aiuta a sviluppare le abilità cognitive,
aumenta le probabilità di integrazione sociale
e l’emancipazione (termine ahimé desueto!)
dei bambini di oggi ed adulti del futuro.
NPL in Valle Camonica è formato da una ventina di ragazze e signore (un solo uomo in organico… vergogna per noi maschi!) che fanno
attività di lettura per i più piccoli, spiegando i
benefici agli adulti interessati.
Che libri si leggono ai più piccoli? Per averne un’idea, si può visitare la mostra “50 anni
di… versi”, dedicata alle onomatopee (i versi,
appunto), che è in transito per diverse biblioteche della valle da febbraio a dicembre 2016.
Per il calendario della mostra e le attività dei
volontari, ecco il sito: http://nplvallecamonica.
blogspot.it. (i.f.)
di Mario Salvetti
Sergio Turetti
Nessuno si è stupito più di tanto quando l’anno scorso
– dopo dieci anni da vicesindaco factotum – ha accettato di buon grado di diventare presidente dell’Agenzia
del Turismo capontino. In fondo lui, da ottimo braccio
destro del sindaco Manella, è sempre stato abituato a
sgobbare dietro le quinte e darsi da fare senza apparire
o cercare riconoscimenti. Una nuova sfida certamente,
ma una continuità assoluta con il lavoro che ha sempre
fatto. Con la sua capacità di organizzare, fare e brigare
(quindi di essere concreto portando a casa il risultato al
di là delle parole o dei buoni propositi) si sta adoperando al massimo per cercare di mettere ordine nelle attività culturali e turistiche di Capo di Ponte, da
sempre terreno impervio per chiunque: il futuro del (finora) fallito Parco tematico; i tentennamenti
della Comunità Montana (e di Anati e dintorni) sulla Cittàdella Cultura; i sofismi ed i ritardi della Soprintendenza nella gestione di Naquane, Massi di Cemmo e Mupre; il pressapochismo della locale
Pro loco; il parco di Seradina e Bedolina da curare e salvaguardare e la spropositata intelligenza del
suo direttore Alberto Marretta da tenere a bada.
Dalla sua il carattere riservato, la propensione all’ascolto, la passione per l’ambiente e l’arte
rupestre e quella sana cultura che la mattina gli consente di vendere con professionalità e competenza i quotidiani ed i libri della sua edicola del centro, una delle più fornite, curate e ricche
dell’intera Valcamonica. Un lavoro duro, sette giorni su sette, fatto di levatacce (e di consegne a
domicilio quando ancora tutti i compaesani dormono), ma che gli consente (e gli ha consentito)
di conoscere bene il territorio e la sua gente. Al suo fianco sempre la Savina, che ha sposato
recentemente dopo decenni di convivenza. E gli amati – e pestiferi – nipoti Pietro e Simone.
Qualcosa da rimproverargli? Certamente il voto dato al Movimento 5 Stelle alle ultime politiche,
poiché è complice anche lui (come molta sinistra radicale) della non vittoria del centrosinistra.
Ma, purtroppo, nessuno è perfetto in questo mondo…
In Redazione:
Andrea Bonadei, Andrea Curnis, Bruno Bonafini,
Guido Cenini, Alessio Domenighini, Ivan Faiferri,
Stefano Malosso, Valerio Moncini, Federica Nember, Gabriele Scalvinoni.
Hanno collaborato:
Paola Abondio, Bruno Bettoni, Claudio Bragaglio, Albina Comensoli, Bill Costello, Simona
Figaroli, Igor Gabusi, Adriana Galli, Giancarlo
Maculotti, Margherita Moles, Grazioso Pedersoli,
Mario Salvetti, Mery Sedani.
Impaginazione grafica:
Tullio Clementi e Gabriele Scalvinoni.
Disegni: Sabrina Valentini.
Direttore editoriale: Michele Cotti Cottini.
Direttore responsabile: Tullio Clementi.
CONSULENZA PROGETTAZIONE
E VENDITA DI SISTEMI INFORMATICI
ANALISI E SVILUPPO
SOFTWARE PERSONALIZZATO
ASSISTENZA TECNICA
Via Quarteroni, 16
25047 - Darfo Boario Terme
Tel. 0364.535523 - Fax 0364.534788
Internet: www.ecenter.it
e-mail: [email protected]
RECENSIONI di Ivan Faiferri
La Valle Camonica frontiera di guerra nel 600
Titolo: I cannoni di Guspessa. I comuni di Edolo, Cortenedolo e Mu alle soglie della
guerra de trent’anni (1624-1625)
Autore: Simone Signaroli e Giulio Ongaro
Editore: Servizio archivistico comprensoriale di Valle Camonica
Gli effetti della tecnologia sulla guerra, l’arrivo di profughi in un territorio di confine, gli
scontri di religione alimentati dalle potenze
estere, i mutamenti economici causati dai
conflitti, l’importanza della propaganda per
creare consenso e influenzare la diplomazia:
questi aspetti, decisivi per capire la crisi siriana o quella ucraina, si trovano analizzati in
relazione alla Valle Camonica ed alla Guerra
dei Trent’anni, in uno snello volume (89 pp.)
edito dal Servizio archivistico comprensoriale
di Valle Camonica.
La pubblicazione, divisa in tre saggi ed alcune appendici, racconta gli effetti del conflitto
sul nostro territorio, partendo da un episodio
circoscritto: il trasporto di una batteria di
artiglieria da Lovere al passo di Guspessa,
nell’inverno del 1624-1625.
L’evento viene inserito nel contesto politico
e sociale del Seicento europeo; attraverso le
parole dei testimoni del periodo si ricostruisce la volontà di potenza dei grandi dell’epoca, la scaltrezza dell’azione dei diplomatici di
Venezia, le difficoltà tecniche di un’impresa
per l’epoca colossale.
Gli effetti bellici vengono osservati dal punto
di vista della storia economica: si assiste al
travaso di ricchezze dalle comunità, indebitate per il passaggio degli eserciti, alle
famiglie più importanti ed a singoli privati.
Ne emergono figure uniche, come quella di
una donna, Liberata Parri, che costruisce la
sua fortuna trasformandosi in una imprenditrice di guerra.
Una menzione particolare per il saggio “Il
cannone come arma immateriale”, illuminante analisi dell’utilizzo della parola e
della propaganda nei rapporti di forza della
politica internazionale.
Il lavoro si fonda sullo studio dell’archivio del
cessato Comune di Mu (conservati nell’archivio comunale di Edolo): messi in relazione
con carte contenute negli archivi locali e
nazionali, questi documenti sono capaci di
raccontare una storia avvincente e complessa
testimoniando quanto ancora c’è da scoprire
tra le carte dei nostri comuni.
VALCAMONICA EXPRESS di Igor Gabusi
La barba del Conte (da Pezzo a Pontedilegno)
Sono tante le strade che si possono percorrere da un paese all’altro a mezza costa della
montagna; sono strade strette e sterrate, solo
a tratti carrabili, che ci danno una dimensione diversa dello spostamento, del viaggio.
Ci salvano dal rombo dei motori, dalle lingue
tristi di asfalto, dalle selve di rotonde, cartelli
e pali, ci portano nel nostro camminare più
vicini ai prati, al paese, agli uomini. È questo
quello a cui ho pensato quando ho deciso
di raggiungere Case di Viso fermandomi a
Pezzo, attraversando il paese, e poi proseguendo a piedi per il sentiero che, nei pressi
del cimitero, risale lentamente la stretta valle.
Lo si vede da lontano il cabianco e slanciato
circondato da case strette e alti fienili di legno. La piazza è un piccolo slargo in discesa,
teatro naturale verso le cime dell’Adamello. Il
Salimmo in fondo alla valle, spicca innevato
sotto i grandi boschi di abeti. È come se
questo paese guardasse dall’alto tutti gli altri
paesi della valle, perché più a nord di paesi,
non ce ne sono. Ci sono voluto venire in
questa piazza perché qui trent’anni fa forse
più, in una sera d’estate, andava in scena la
Barba del Conte, fiaba popolare delle Langhe,
riscritta da Italo Calvino. Non c’ero allora,
perché non ero ancora nato, ma come ogni
buona storia, lo so perché chi c’era me l’ha
raccontato, e mi ha letto anche la fiaba.
Pocapaglia era un paese così erto, in cima
ad una collina dai fianchi così ripidi che gli
abitanti del paese per non perdere le uova, che
appena fatte sarebbero rotolate giù nei boschi,
appendevano un sacchetto sotto la coda delle
galline… La fiaba è incentrata sulla figura incombente della maschera Micillina che, mentre
i contadini vegliano il bestiame alla luce di
grandi falò, ruba i buoi dalla cascina/ti guarda
con l’occhio storto/e ti stende come morto.
È una storia di abigeato, furto di bestiame
ai danni degli abitanti del paese. I contadini
chiedono aiuto a Masino, un loro compaesano che è emigrato all’estero, ha fatto la guerra, ha conosciuto il mondo, ed è il più astuto
di tutti loro. Riuscirà a scoprire insieme ai
contadini di Pocapaglia il vero autore dei
furti; il Conte, e non una misteriosa Masca.
La storia si fa moderna perché i prepotenti,
paese per paese sono sempre in azione;
magari non gireranno nei boschi di notte a
rubar bestiame, ma il senso di ciò che fanno
i furbi e i prepotenti, non cambia, è sempre
quello. Tocca a noi smascherare i prepotenti,
fagli gettar la maschera, non permettere che
per l’interesse di qualcuno i paesi e boschi e
le montagne siano roba per far soldi, e non
un bene comune di tutti noi.
La Barba del Conte fa parte di Fiabe Italiane, raccolte
e trascritte da Italo Calvino.
aprile 2016 |
| 11
ROSSO DI SERA di Giancarlo Maculotti
Aree interne: di nuovo penalizzati
Aperto il confronto in valle sulle cosiddette “aree interne”. Di che si tratta? Si tratta di cospicui
finanziamenti (milioni di euro) per aree disagiate di tutto il Paese che subiscono continuo spopolamento e hanno tassi di sviluppo decisamente inferiori alle medie nazionali. Entrano a pieno
titolo in tale insieme i paesi e le valli montane.
La Regione Lombardia ha già distribuito finanziamenti per le aree interne e, guarda caso, senza
alcun bando, ha scelto Valtellina e Valchiavenna.
Ulteriori finanziamenti saranno stanziati tramite gara. Scrive a tal proposito il portavoce del Pd
camuno Mario Bezzi: «A seguito della Pubblicazione del Bando per l’individuazione delle aree
interne mi sono permesso, unitamente al consigliere reCorrado Tomasi, di effettuare alcune verifiche in
La Regione ha stabilito, gionale
ordine alle regole di selezione individuate dalla Regiosenza bando, che Valtellina ne. In particolare abbiamo simulato il punteggio relativo
e Valchiavenna sono aree al criterio “caratteristiche dell’area”, che non ha nulla di
disagiate meritevoli di discrezionale, e che è anche quello preponderante sul
totale (fino a 40 punti su 100). La simulazione è stata
finanziamenti. Poi ha effettuata sia con riferimento alle diverse aggregazioni
aperto un bando per ipotizzabili in Valle, sia con riferimento ad altre potenindividuare ulteriori ziali “aree interne” che intendono candidarsi. Con viva
sorpresa, ne è emerso un quadro davvero preoccupante
beneficiari, così la Valle è con almeno tre aree di altre Province che partiranno con
penalizzata due volte. un maggior punteggio rispetto a quello su cui potranno
contare tutte le aggregazioni “camune” possibili».
A complicare il quadro vi è da aggiungere che il bando ammette solo aree che hanno tra i 10.000
e i 40.000 abitanti. Tenere unita tutta la valle i cui Comuni sono classificati come periferici o
ultraperiferici (condizione indispensabile per partecipare alla gara) diventa quindi impossibile.
Partecipare con due progetti pone grossi problemi di aggregazione e di scelta. Escludere ad
esempio i Comuni che usufruiscono dei fondi Odi (comuni di confine?). Può essere un criterio,
ma non porta nessun vantaggio dal punto di vista del punteggio ed in più disaggrega aree sostanzialmente omogenee come quella della media valle.
Continua Bezzi, con la consueta lucidità, in una lettera rivolta agli amministratori: «Il [nostro]
nemico ancora una volta si annida in Regione, la quale si è inventata un Bando con criteri diversi
da quelli delle cartine del Ministero; lo ha fatto appositamente per escluderci?(a proposito perché Alta Valtellina e Val Chiavenna sono state individuate senza Bando??). Spero che la Politica
(quella con la P maiuscola) possa prevalere sull’invidia».
Se la Regione avesse utilizzato gli stessi criteri anche per l’individuazione delle prime due aree
interne, Valtellina e Valchiavenna molto difficilmente potevano essere finanziate. Se avesse
continuato sulla strada intrapresa la Valcamonica doveva obbligatoriamente essere inserita
per dati oggettivi. Così la nostra valle, che ha ben 15 Comuni classificati come ultraperiferici,
partirà con un punteggio più basso rispetto ad aree che di Comuni ultraperiferici non ne
hanno nemmeno uno.
Ora i tempi stringono. I progetti vanno presentati entro il prossimo 20 maggio. E non si è ancora
cominciato a discutere di contenuti: dove e come investire il gruzzolo che potrebbe arrivare. A
meno che la Regione ci tolga ancora una volta dall’imbarazzo e, dopo le prediche maroniane
sulla montagna, concluda con un vade retro camunia vallis.
POST-IT
«Improcedibile ed infondata»:
la Regione ha rigettato la richiesta della
Comunità Montana di
riperimetrare il Parco dell’Adamello.
Anche il Cypripedium Calceolus ringrazia.
RICETTARIO a cura del cuoco
ZUCCHERO Il sindaco di Capo di Ponte
Manella ha lanciato per primo, tra gli amministratori, la campagna per pulire i bordi
della superstrada dalla montagna di rifiuti che
cittadini barbari continuano a gettare fuori dai
finestrini delle loro auto.
PEPE L’onnipresente Bezzi (SIT, PD, semafori
di Malonno, ecc.) stavolta è stato messo
sulla graticola dalla Corte dei Conti. Colpa
dei funzionari. Sembra comunque la stessa
accusa della Lega ai tempi di Tomasi in Comunità Montana. Una bolla di sapone?
SALE Presidente Mottinelli, Lei che percorre
tutti i giorni le gallerie del lago, si è accorto che
le lampadine sono accese due su dieci e il buio
non favorisce la sicurezza? Delrio ha (quasi)
abolito la Provincia, mica la strada provinciale?
IN AGENDA
lunedì
25
aprile
ore 8,30
Cerveno, Lozio, Malegno
Festa di Liberazione
lungo i sentieri della
Concarena con i Luf
Dal Municipio di Cerveno, così come dalla
Piazza Casari di Malegno si partirà alle 8.30. Dal
Municipio di Lozio invece alle 9. Destinazione
comune il ristoro dei Monti di Cerveno, dove
alle 14 interverrà l’avv. Pier Luigi Milani prima
del concerto dei Luf, con la partecipazione della
corale L’eco della Concarena. Ad organizzare
questo originale 25 aprile i tre Comuni, Anpi,
Fiamme Verdi, la Pro Loco Valle di Lozio
per tutto Iseo, fondaz. “Arsenale”
(vicolo Malinconia)
aprile
da martedì Partigiani e fumetto:
a domenica settant’anni di
ore 10 - 12
Resistenza
40 pannelli nei quali si narra il mutare delle visioni e interpretazioni sulla Resistenza attraverso
le storie a fumetti e i cartoons di alcuni tra i più
noti disegnatori italiani (Mario Uggeri, Alfredo
Castelli, Guido Crepax, Hugo Pratt…). A ingresso
libero, la mostra “Partigiani e fumetto” è aperta
tutti i giorni di aprile (tranne il lunedì), dalle 10
alle 12; i weekend anche dalle 16 alle 18.
domenica Artogne, Acquebone
14
maggio
ore
14,30
(Località Roncasello)
OltreConfine:
passeggiata letteraria
tra i castagneti
Gianico, Artogne, Pian Camuno: le tre biblioteche dell’Unione dei Comuni della Bassa
Valle, per il secondo anno, hanno promosso
gli «appuntamenti culturali di primavera»,
tutti sotto il titolo OltreConfine. Una rassegna molto varia: le storie dei disertori durante la Seconda Guerra Mondiale raccolte
da Mimmo Franzinelli (lunedì 26 aprile alle
20.30, a Gianico), gli affreschi del Romanino,
il mondo creativo dei deejay, la lotta contro
la violenza sulle donne, la Valcamonica delle
miniere, la disabilità oltre gli stereotipi...
Fino ad una passeggiata da Acquebone al
Dosso Superiore, dove «letture di brani di
autori diversi, in cui si respira l’anima degli
spazi aperti, accompagneranno il passo del
camminatore cercando un dialogo di volta
in volta serio o giocoso con la natura che ci
accoglie, ci ospita, ci guarda e ci ascolta».
12 |
| aprile 2016