La disciplina dei licenziamenti e delle dimissioni dopo la Riforma

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La disciplina dei licenziamenti e delle dimissioni dopo la Riforma
La disciplina dei licenziamenti e
delle dimissioni dopo la Riforma
del Lavoro
A cura di
Luca Caratti
Consulente del Lavoro in Vercelli
Il recesso
ll recesso può essere definito come la
manifestazione di volontà con cui una delle
parti produce lo scioglimento totale o
parziale del rapporto giuridico di origine
contrattuale.
dimissioni
“Giustifi
cato
motivo”
Giusta
causa
Contrasto dimissioni in bianco
Dimissioni in bianco
• Viene esteso il periodo durante il
quale le dimissioni o la risoluzione
consensuale della lavoratrice o del
lavoratore, in seguito a nascita di un
figlio o accoglienza, devono essere
convalidate dal servizio ispettivo del
Min.Lav (da uno a tre anni)
Dimissioni in bianco
• Al di fuori dei casi previsti da art.55 c.4
dlgs 151/01, previste due modalità di
convalida di dimissioni o risoluzione
consensuale (la risoluzione è sospesa):
• Convalida presso serv.isp.Min.Lav.
• Sottoscrizione dichiarazione in calce alla
ricevuta telematica di trasmissione della
comunicazione di cessazione del rapporto di
lavoro che il datore è già tenuto ad inviare al
Centro per l’Impiego
Decreto non regolamentare MLPS entro 30 giorni
Dimissioni in bianco
Nel caso in cui il datore di lavoro non
provveda a trasmettere alla lavoratrice
o al lavoratore la comunicazione
contenente l’invito entro il termine di
trenta giorni dalla data di dimissioni e
della risoluzione consensuale le
dimissioni si considerano
definitivamente prive di effetto.
Dimissioni in bianco
•Nel caso in cui il lavoratore non proceda alla convalida e non
aderisca all’invito del datore di lavoro di recarsi presso MLPS entro
sette giorni le dimissioni si considerano efficaci a meno che
lav.contesti efficacia nei medesimi 7 giorni.
la
comunicazione contenente l’invito, cui deve essere allegata
della ricevuta di trasmissione dell’unilav, è recapitata al
copia
domicilio del lavoratore o consegnata a mano.
•In mancanza di convalida o sottoscrizione dichiarazione:
dimissioni prive di effetto
Dimissioni in bianco
•Nel caso in cui venisse accertato l’abuso delle c.d. dimissioni in
bianco: sanzione amministrativa da 5000 a 30000€
Criticità: l’estensione a tutte le tipologie di dimissioni o risoluzione consensuale
rischia di creare un elevato contenzioso in ordine alla certezza dell’interruzione
del rapporto di lavoro
Problema…..
l lavoratore che si dimette durante il primo anno di vita del
bambino e che non ha usufruito del congedo di paternità, non
può invocare l’invalidità delle dimissioni stesse, adducendo
che non vi era stata la convalida parte della competente DPL,
a norma dell’art. 55, comma 4°, del d. Igs. 151/2001.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza 11 luglio
2012, n. 11676.
E’, per principio ermeneutico, applicabile anche post 18
luglio 2012????
I licenziamenti
Il
licenziamento
• individuale
• collettivo
Il licenziamento individuale. Evoluzione storica dell'istituto.
•
•
•
La disciplina del recesso riflette i profondi cambiamenti intervenuti nella
considerazione sociale del lavoro e, più in generale, nei concetti di libertà e
uguaglianza.
In origine la materia era affrontata nel quadro di una filosofia puramente
liberale : le parti del rapporto così come avevano piena liberà di costituire il
rapporto, disponevano in piena autonomia della sua cessazione.
IL principio della libera recedibilità (sancito dall'art. 1628 del c.c. del 1865)
considerato per molto tempo una conquista di civiltà giuridica;
rappresentava l’emancipazione del lavoratore - considerato nella condizione
astratta di libero contraente - dai vincoli feudali tendenzialmente perpetui.
Il recesso ad nutum
• art. 2118 c.c.
– “ Ciascuno dei contraenti può recedere dal
contratto di lavoro a tempo indeterminato,
dando il preavviso nel termine e nei modi
stabiliti…”
•
L’istituto del recesso ispirato alla ideologia del pari significato
giuridico dell'atto di dimissioni e del licenziamento.
• Il recesso come strumento per estinguere il rapporto di durata
indefinita, in omaggio al principio della temporaneità dei rapporti
obbligatori).
L’indennità di recesso (il 2° comma dell’art. 2118 cc)
• La ratio dell’istituto: rendere morbida, se non indolore,
l’interruzione del rapporto.
• La prassi e poi la legge hanno introdotto l'uso di corrispondere una
indennità sostitutiva del preavviso lavorato; tale indennità può
essere considerata l'equivalente monetario che ogni datore di lavoro
paga per ottenere l'estinzione del rapporto di lavoro senza dover
attendere il decorso del periodo di preavviso.
• una sorta di arrotondamento economico delle
spettanze del lavoratore allorché il rapporto si
estingue
•
In sintesi: il recesso ad nutum concede al datore di lavoro il potere di porre in esser un atto
negoziale che pone fine al rapporto di lavoro, senza che il recedente debba dar conto dei
motivi della decisione che pertanto rimangono e insindacabili.
La tendenza comune però…….
l'evoluzione della disciplina del
licenziamento è andata nel senso della
riduzione della libera recedibilità da rango
di principio generale pervasivo, ad
eccezione limitata ad numero infimo e
poco rilevante di rapporti di lavoro.
L’ ordinamento italiano:
• La legge 604 del 66 (modificata dalla L.n.108/90) e
poi l'art. 18 dello statuto modificano la disciplina
costitutiva del licenziamento fissando i requisiti di
liceità e/o di validità allo scopo:
– di selezionare le ipotesi di estinzione legittima del
rapporto per iniziativa del datore
– sottoporre il giudizio di legittimità al controllo
della giurisdizione ordinaria.
Conseguenze della “correzione” del principio
del recesso ad nutum
•
Il licenziamento entra a far parte della categoria del
recesso vincolato: la legge del 1966 generalizza il
principio già contenuto nell'art. 2119 c.c. della
giustificatezza e quindi dell'obbligo di motivazione,
previsto in quella norma non per tutelare l'interesse
del lavoratore alla conservazione del rapporto di
lavoro, bensì al godimento del preavviso.
La disciplina del licenziamento oggi: due tipologie di normative
I LIMITI
SOSTANZIALI
(quando si può legittimamente
licenziare?)
Giusta causa e
giustificato
motivo
I RIMEDI
(quali sono le conseguenze
del licenziamento illegittimo?)
Risarcimento o
reintegra nel
posto di lavoro
Obbligo motivazionale
L’inizio del percorso del licenziamento
individuale parte inevitabilmente da:
Comunicazione del licenziamento già
comprensiva dei motivi.
Art. 1 L.n. 604/1966
Obiettivo:
Le ragioni poste a base del
provvedimento
La Riforma del Lavoro (L. n. 92/2012) pone
particolare attenzione alle originarie e reali
motivazioni del licenziamento per cui impone di
prevedere nella comunicazione del licenziamento
anche la motivazione anche al fine di rendere più
tempestiva e celere l’eventuale azione del
lavoratore.
Sullo stesso piano si pone l’accorciamento dei termini
di decadenza per dare inizio al processo o al giudizio
arbitrale da 270 a 180.
Quando si può legittimamente licenziare?
Ai sensi di quanto previsto dall'art. 1, della legge 604/1966[1] e salvi i pochi casi di
libera recedibilità il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore se non in presenza
di una giusta causa o di un giustificato motivo o di giustificatezza (nel caso di
dirigente).
Quindi il licenziamento è possibile in caso di
1) giusta causa
2) giustificato motivo
2.1. soggettivo
2.2. oggettivo
4) libera recedibilità (laddove permessa), ovvero “giustificatezza”, per i
dirigenti
[1] L’art. 1 della legge n. 604/1966 statuisce che “nel rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, intercorrente con datori di lavoro privati o con enti pubblici, ove la
stabilità non sia assicurata da norma di legge, di regolamento o di contratto collettivo o
individuale, il licenziamento del prestatore di lavoro non può che avvenire per giusta
causa ai sensi dell’art. 2119 c.c. o per giustificato motivo"
Il principio della causalità del recesso
• Giusta causa – gravissimo inadempimento delle obbligazioni
contrattuali oppure comportamenti che fanno
venir meno il rapporto fiduciario : non
consente la continuazione neppure
provvisoria del rapporto
• Giustificato motivo
–
Soggettivo (notevole inadempimento degli obblighi contrattuali: preavviso o
indennità sostitutiva) differenza quantitativa con la giusta causa
– Oggettivo (ragioni attinenti alla attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al
regolare funzionamento di essa)
PREAVVISO
focus!
PREAVVISO
Il datore di lavoro all'atto del licenziamento per
giustificato motivo ha l'obbligo - a norma dell'art.
2118, cod. civ. - di dare un periodo di preavviso,
mentre ciò non è previsto per i casi di
licenziamento per giusta causa .
RINUNCIA AL PREAVVISO
•
•
La prevalente giurisprudenza ha ritenuto legittime le norme collettive che
consentono alla parte non recedente (lavoratore in caso di licenziamento,
datore di lavoro in caso di dimissioni) di rinunciare allo svolgimento del
periodo di preavviso senza, con ciò, essere tenuta a corrispondere alla
controparte la relativa indennità sostitutiva[1].
Rispetto invece alla potestà a favore di chi recede di scegliere unilateralmente
la monetizzazione del mancato preavviso attraverso la prevista indennità
sostitutiva esiste un fronte di giurisprudenza teso a negare tale potere
esigendo l’accettazione della parte non recedente (c.d. efficacia reale del
preavviso) [1] Va da sé, in ogni caso, che il lavoratore e il datore di lavoro possono sempre,
stipulando apposito accordo individuale, derogare alle disposizioni collettive e
stabilire che la parte non recedente che rinuncia allo svolgimento del periodo di
preavviso debba corrispondere alla parte recedente la relativa indennità
sostitutiva.
Cass. sent. 19/12/2013, n. 28429
La facoltà di recedere con effetto
immediato da un contratto a tempo
indeterminato, comporta la risoluzione
immediata del rapporto di lavoro, con
l’unico obbligo della parte recedente di
corrispondere l’indennità sostitutiva del
preavviso.
Efficacia obbligatoria e non reale del
preavviso!!
SOSPENSIONE DEL PREAVVISO
La decorrenza del periodo di preavviso è
sospesa qualora intervenga, durante il
periodo stesso, una causa di sospensione
del rapporto di lavoro, come ad esempio
malattia e infortunio.
MOMENTO ESTINTIVO
Il rapporto di lavoro si estingue allo spirare del termine
del preavviso.
Secondo un orientamento della giurisprudenza di merito,
ove il rapporto di lavoro prosegua oltre la scadenza del
periodo di preavviso, l'atto di recesso diviene inefficace.
Ne discende che ai fini dell'estinzione del rapporto di
lavoro occorre un nuovo atto di recesso - intimabile
ovviamente semprechè permangano i presupposti
legittimanti ed il decorso di un nuovo periodo di
preavviso.
Il
licenziamento
• disciplinare
• economico
Il licenziamento disciplinare
Premessa:
Ferma restando l’applicabilità, per il
licenziamento per giusta causa e per
giustificato motivo soggettivo, dell’art. 7
della Legge 300/1970
LA GIUSTA CAUSA
Licenziamento per giusta causa
Ai sensi di quanto previsto dall’art. 2119, cod. civ., il datore di lavoro
può recedere dal contratto di lavoro senza preavviso nel momento in
cui si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione anche solo
provvisoria del rapporto.
Nozione di giusta causa
Secondo la nozione elaborata dalla giurisprudenza costituisce giusta
causa di licenziamento ogni fatto o comportamento - anche diverso
dall'inadempimento contrattuale - obiettivamente idoneo a far venir
meno il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore che
costituisce il presupposto essenziale della collaborazione e, quindi, della
sussistenza del rapporto di lavoro subordinato.
Analisi del caso concreto per accertare la
giusta causa
Ai fini dell'accertamento della sussistenza di una giusta causa di
licenziamento, la giurisprudenza ha escluso la possibilità di un
giudizio in astratto circa l'idoneità del fatto contestato al lavoratore
ad incidere sul vincolo fiduciario del rapporto di lavoro.
•
La Cassazione ha infatti stabilito che occorre valutare, caso per caso, la
qualità del rapporto intercorso tra le parti (a seconda dell'inquadramento e
delle mansioni affidate al lavoratore) e lo specifico comportamento posto in
essere dal dipendente (a seconda della sua gravità e della sussistenza
dell'elemento doloso o colposo dell'agente).
•
•
In effetti un fatto può incidere irreparabilmente sul vincolo fiduciario se
imputabile ad un impiegato con funzioni direttive, può risultare meno grave
se commesso da un addetto alle pulizie, per il quale tale vincolo non è di
regola altrettanto intenso.
Rilevanza di fatti estranei all'attività
lavorativa
•
Sempre secondo la giurisprudenza i comportamenti del lavoratore estranei
all'attività lavorativa possono costituire giusta causa di licenziamento solo se
- per la loro natura e gravità - evidenziano obiettivamente l'inaffidabilità
professionale del lavoratore a svolgere le specifiche mansioni alle quali è
stato assegnato. (Cass. 27/12/1999, n. 14567; Cass. 22/05/1995, n. 5742;
Cass. 22/03/1994, n. 2715).
•
In altri termini, può riscontrarsi una giusta causa di licenziamento anche in
un evento extra – lavorativo, laddove quest’ultimo – in relazione alla natura e
alla qualità del rapporto, al livello di affidamento che esso richiede e al tipo
di mansioni – sia in grado di riflettersi negativamente sulle attitudini
professionali del lavoratore (Cass. 27/01/2004 n. 1475; Cass. 10/12/2002, n.
17562; Cass. 27/08/2002, n. 12577; Cass. 26/05/2001, n. 7192).
Esempio
• Nella fattispecie, un assistente di volo è stato trovato, al ritorno da un
volo internazionale, in possesso di modica quantità di stupefacente, e i
giudici di merito avevano ritenuto non sussistere una giusta
causa di risoluzione del rapporto. La Corte ha cassato la sentenza
di merito poiché non aveva tenuto conto: della delicatezza delle funzioni
affidate al soggetto; dei profili di grave pericolo per la incolumità dei
passeggeri; dell'esigenza di continua attenzione da prestarsi
nell'esercizio delle mansioni; della responsabilità aggravata dell'azienda
per eventuali accadimenti negativi conseguenti a tale situazione; della
immanente lesività dell'immagine della società e anche del danno in
concreto alla stessa cagionato dal dipendente, posto che a costui, in
conseguenza del fatto, fu ritirato il tesserino di accesso ai locali doganali
ed aeroportuali; della strumentalizzazione del rapporto di dipendenza e
del servizio per l'approvvigionamento della droga
•
Cass. civ., sez. lav., 27 marzo 1998, n. 3270
GIUSTA CAUSA (2119 c.c.)
Rilievo di fatti estranei
al rapporto…
…se, con riferimento alla
specifica prestazione,
sono in grado di alterare il vincolo fiduciario…
…senza considerare
l’entità
del danno patrimoniale…
…e a prescindere da ogni rilievo
del parallelo giudizio penale
Sulla tenuità o meno del danno provocato
dal lavoratore
•
Ai fini della concreta individuazione delle fattispecie che possono dar
luogo a giusta causa di licenziamento, stante l’assenza di una
elencazione specifica e tipologica contenuta nell’art.2119 cod.civ.,
ha sopperito la contrattazione collettiva la quale ha
proceduto ad una tipizzazione di tali ipotesi.
•
Resta il dubbio però se il giudice, qualora chiamato a valutare la
legittimità del licenziamento, debba limitarsi a recepire le disposizioni
del CCNL oppure se possa verificare la corrispondenza tra le ipotesi
tipizzate contrattualmente e la definizione legale di giusta causa.
…il giudice….tiene conto!
IL PRINCIPIO
Nel caso di licenziamento per giusta causa, viene in considerazione
non l'assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale (rilevanti
in sede penale), ma la ripercussione sul rapporto di una condotta
suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza
dell'adempimento - in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi
del lavoratore rispetto agli obblighi assunti
Non si considera giusta causa:
1) Imperizia tecnica
2) Incapacità del lavoratore
3) Fallimento dell’imprenditore
Si considera giusta causa:
1) Simulazione di malattia
2) Minacce rivolte dal lavoratore ai superiori o datore di lavoro
3) Impedire ad un dirigente uscita dallo stabilimento
4) Abbandono del posto di lavoro da cui possa derivare pregiudizio
all’incolumità delle persone/sicurezza impianti
5) Sottrazione di documenti aziendali riservati
Onere della prova
Ovviamente, l’'onere della prova della
sussistenza della giusta causa o del
giustificato motivo di licenziamento spetta
al datore di lavoro.
(art. 5, Legge n. 604/1966).
La valutazione “in concreto”
• Nel caso di giusta causa o giustificato motivo soggettivo di
licenziamento, i fatti addebitati devono rivestire il
carattere di grave negazione degli elementi del
rapporto di lavoro, ed in particolare dell'elemento della
fiducia, che deve continuamente sussistere tra le parti;
la valutazione relativa alla sussistenza del conseguente
impedimento della prosecuzione del rapporto deve essere
operata con riferimento non già ai fatti astrattamente
considerati, bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura ed
alla qualità del singolo rapporto, al grado di affidamento
richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonché
alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del
suo verificarsi, e ad ogni altro aspetto correlato alla specifica
connotazione del rapporto che su di esso possa incidere
negativamente.
Il licenziamento disciplinare
• Oggi il licenziamento per g.c. viene
considerato dalla giurisprudenza
ontologicamente disciplinare:
Vengono pertanto applicate le garanzie
procedurali ex art. 7 L. n. 300/1970
Il problema del licenziamento disciplinare
L’art. 7 dello Statuto
•
•Le norme disciplinari relative alle infrazioni
e alle relative sanzioni devono essere
portate a conoscenza dei lavoratori
mediante affissione in luogo accessibile a
tutti
Queste disposizioni
si applicano al
licenziamento
Disciplinare
•Il datore non può irrogare sanzioni senza
aver preventivamente contestato l’addebito
al lavoratore e averlo sentito a sua difesa
•Il lavoratore può farsi assistere da un
rappresentante sindacale
ovvero
Il licenziamento
è una
sanzione disciplinare
Esempi:
• L'aperta contestazione di direttive aziendali specialmente se accompagnata da modalità
comportamentali dirette a contestare
pubblicamente il potere direttivo del datore di
lavoro - configura una violazione del disposto
dell'art. 2104, secondo comma, cod. civ.
suscettibile di legittimare il licenziamento del
lavoratore.
• Cass. n. 1752/2000
Esempi:
•
Eccesso di critica. Cass. n. 10511/98 Le opinioni espresse dal lavoratore
dipendente, anche se vivacemente critiche nei confronti del proprio datore di
lavoro, specie nell'esercizio dei diritti sindacali, non possono costituire giusta
causa di licenziamento, in quanto espressione di diritti costituzionalmente
garantiti o, quanto meno, di una libertà di critica. Peraltro, qualora il
comportamento si traduca in un atto illecito, quale l'ingiuria o la
diffamazione, o comunque in una condotta manifestamente riprovevole può
riscontrarsi, sotto il profilo sia soggettivo che oggettivo, quella gravità
necessaria e sufficiente a compromettere in modo irreparabile il vincolo
fiduciario, così da non consentire la prosecuzione anche provvisoria del
rapporto (nel caso di specie la S.C. ha ritenuto incensurabile la decisione del
giudice di merito in ordine alla sussistenza della giusta causa di
licenziamento, con riferimento alla diffusione ad organi di stampa di notizie
lesive dell'onore e della reputazione del datore di lavoro risultate prive di
fondamento).
Esempi:
Cassazione ha stabilito (n. 29008/08) che :
L'esercizio da parte del lavoratore del diritto di critica nei confronti del datore di
lavoro, con modalità tali che, superando i limiti del rispetto della verità
oggettiva, si traducono in una condotta lesiva del decoro dell'impresa datoriale,
suscettibile di provocare con la caduta della sua immagine anche un danno
economico in termini di perdita di commesse e di occasioni di lavoro, è
comportamento idoneo a ledere definitivamente la fiducia che sta alla base del
rapporto di lavoro, integrando la violazione del dovere scaturente dall'art. 2105
cod. civ., e può costituire giusta causa di licenziamento. (Nella specie, la S.C. ha
confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto la legittimità del
licenziamento irrogato ad un proprio dipendente da una impresa che svolgeva
servizio di smaltimento rifiuti, per aver costui reso affermazioni - come privato
cittadino in tre distinte assemblee pubbliche, con successiva ampia eco sulla
stampa locale - ritenute gravemente lesive dell'immagine e del prestigio
dell'azienda datrice di lavoro, in quanto si assumeva che questa non aveva
inviato del materiale derivante dalla raccolta differenziata al recupero, al
riciclaggio e allo smaltimento differenziato, ma l'aveva destinato all'inceneritore).
Esempi:
•
In una sentenza il Tribunale di Roma (sentenza del 14.6.2007) ha
ritenuto legittimo il licenziamento irrogato ad un lavoratore
per aver inviato al dirigente della società datrice di lavoro una lettera
anonima contenente minacce del tipo ““adesso so dove abiti, visto
che ti piace rovinare le persone per i tuoi interessi…non avendo più
niente da perdere, sappi che la prossima è per te”. Alla lettera era
allegata una pallottola calibro 12. Nel caso di specie il Tribunale ha
analizzato anche la problematica della possibilità o meno per
l’imprenditore di effettuare indagini e perizie grafologiche
prima di elevare la contestazione e senza incorrere nella
violazione del diritto di difesa.
…segue….:
• Sul punto il Tribunale ha sottolineato come la
Suprema Corte (v. sent. n. 12027/03), in materia
di licenziamenti disciplinari, abbia
costantemente affermato la legittimità delle
indagini preliminari del datore di lavoro - volte
ad acquisire elementi di giudizio necessari per
verificare la configurabilità (o meno) di un illecito
disciplinare e per identificarne il responsabile purché all'esito delle stesse il datore proceda (ai
sensi dell'art. 7, secondo e terzo comma, della legge
n. 300 del 1970) alla rituale contestazione
dell'addebito, con possibilità per il lavoratore di
difendersi.
Esempi
Con sentenza del 26.6.2008 il Tribunale di Aosta ha respinto il ricorso
presentato da un lavoratore avverso il licenziamento per GC
irrogatogli per aver “offeso gravemente un collega di lavoro,
indirizzandogli epiteti discriminatori e razzisti”. Invero, era risultato
pacifico che il ricorrente al termine del turno di lavoro notturno,
compilando il consueto rapporto sulla produzione, aveva apposto –
nello spazio riservato ai nominativi dei lavoratori presenti nel turno –
oltre all’abbreviazione del proprio nome (“MIC”), il termine
“NEGER” (successivamente cancellato con tratti di penna, ma tuttora
leggibile) ad indicare il collega di nazionalità marocchina.
• Ritenuta sussistente l’evidente offensività del termine usato appartenente ad un linguaggio discriminatorio e razzista-, il Giudice
ha confermato la legittimità del licenziamento per GC.
•
IL GIUSTIFICATO MOTIVO
LEGGE 15 LUGLIO 1966 N. 604 ART. 3
•Il licenziamento per giustificato motivo con
preavviso è determinato da un notevole
inadempimento degli obblighi contrattuali del
prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti
all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e
al regolare funzionamento di essa.
LICENZIAMENTO PER
GIUSTIFICATO MOTIVO
SOGGETTIVO
CONDIZIONI
• INADEMPIMENTO COSTITUITO DA FATTI ATTINENTI IL
RAPPORTO CONTRATTUALE.
• INDADEMPIMENTO NOTEVOLE.
• INADEMPIMENTO DOVUTO A COLPA DEL
LAVORATORE.
•La condotta del lavoratore deve essere valutata nel suo contenuto obbiettivo,
con specifico riferimento alla natura e alla qualita’ del rapporto, al particolare
vincolo di fiducia , al grado di affidamento richiesto per le mansioni ricoperte,
nonchè alla sua pretesa soggettiva in relazione alle circostanze del suo
verificarsi, ai motivi che l’hanno determinato
E all’intensita’ dell’elemento volitivo, che deve essere riferito anche nell’ambito
della relazione lavorativa E non ai soli profili meramente interiori.
(Corte di cassazione 12 aprile 2010 n. 8641)
•La previsione da parte delle contrattazione collettiva
della recidiva in successive mancanze disciplinari come
ipotesi di giustificato motivo di licenziamento non
esclude il potere del giudice di valutare la gravità in
concreto dei singoli fatti addebitati, ancorché connotati
dalla recidiva, ai fini dell'accertamento della
proporzionalità della sanzione espulsiva.
•
(Corte di Cassazione 2 luglio 1992 n. 8098)
IPOTESI DI LICENZIAMENTO PER
GIUSTIFICATO MOTIVO SOGGETTIVO
LICENZIAMENTO PER MOTIVI ATTINENTI LE
MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DELLA
PRESTAZIONE
Nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato, la
dipendenza da alcol non è di per sé motivo sufficiente a
far venir meno la fiducia del datore di lavoro, essendo
necessario accertare di volta in volta la condotta del
dipendente, nella concretezza dello svolgimento del
rapporto.
(Corte di Cassazione 17 giugno 2010 n. 36)
SCARSO RENDIMENTO DEL
LAVORATORE
•Nel licenziamento per scarso rendimento del lavoratore,
rientrante nel tipo del licenziamento per giustificato
motivo soggettivo, il datore di lavoro-cui spetta l’onere
della prova- non può limitarsi a provare solo il mancato
raggiungimento del risultato atteso o l’oggettiva sua
esigibilità, ma deve anche provare che la causa di esso
derivi da colpevole negligente inadempimento degli
obbl ighi c ont ratt ual i da part e del lavorat ore
nell’espletamento della sua normale posizione.
(Corte di Cassazione 17 settembre 2009 n. 20050)
La Cassazione, nel pronunciarsi in ordine al licenziamento intimato
per scarso rendimento, ha ripetutamente affermato che lo stesso
deve ritenersi legittimo quando risulti provato, sulla scorta della
valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso ed in
base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, “una evidente
violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente, ed a
lui imputabile, in conseguenza dell’enorme sproporzione tra gli
obiettivi fissati e quanto effettivamente realizzato nel periodo di
riferimento, avuto riguardo al confronto dei risultanti dati globali
riferito ad una media di attività tra i vari dipendenti ed
indipendentemente da una soglia minima di produzione”
(v. Cass., 22.2.2006 n. 3876)
•E’ illegittimo il licenziamento intimato al lavoratore per scarso
rendimento qualora sia risultato provato, sulla scorta della
valutazione complessiva dell’attività resa dal lavoratore stesso ed in
base agli elementi dimostrati dal datore di lavoro, una evidente
violazione della diligente collaborazione dovuta dal dipendente - ed
a lui imputabile - in conseguenza all’enorme sproporzione tra gli
obbiettivi fissati dai programmi di produzione per il lavoratore e
quanto effettivamente realizzato nel periodo di riferimento, avuto
riguardi al confronto dei risultati globali tra i vari lavoratori ed
indipendentemente dal conseguimento di una soglia minima di
produzione.
•
(Corte di Cassazione 22 gennaio 2009 n. 1632)
•Anche nel caso di inserimento nel contratto, di una
clausola di rendimento minimo, il datore ha l’onere di
dimostrare oltre all’effettivo rendimento inferiore anche
che lo stesso derivi da comportamento negligente del
lavoratore stesso.
•
(Corte di Cassazione 27 marzo 1987)
•Clausola di rendimento minimo:
Benché il lavoratore subordinato non sia tenuto a a garantire al datore
di lavoro un determinato risultato, essendo invece obbligato ad
effettuare la prestazione lavorativa usando la diligenza richiesta dalla
natura dell’attività assegnatagli e osservando le disposizione
impartitegli, tuttavia può assumere rilevanza anche il risultato della
prestazione stessa mediante l’inserimento nel contratto di lavoro di tale
clausola, la quale conferisce importanza alla valutazione in concreto
della giusta causa ma, non è autonomo meccanismo di risoluzione del
rapporto.
INCIDENZA DEI FATTI INERENTI
ALLA VITA PRIVATA
In tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo
soggettivo, il giudizio di proporzionalità o adeguatezza delle sanzioni
all’illecito commesso-rimesso al giudice di merito- si sostanzia nella
valutazione della gravità dell’inadempimento imputato al lavoratore in
relazione al concreto rapporto.
L’irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata
solo in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi
contrattuali, tale da non consentire la prosecuzione del rapporto.
(Corte di Cassazione 22 marzo 2010 n. 6848)
•E’ illegittimo, in quanto privo di motivazione, il
licenziamento intimato per il timore che la presenza in
organico di un lavoratore possa comportare, a causa di
rapporti privati fuori dall’ambiente di lavoro, possa
comportare un danno all’immagine della società presso la
quale lo stesso svolge diligentemente la propria attività
lavorativa.
•
(Tribunale di Locri 21 dicembre 2002)
•Qualora il comportamento posto in essere dal lavoratore
integri un’ipotesi di reato, la valutazione della gravità di
tale comportamento, ai fini della sussistenza della giusta
causa che giustifica il licenziamento, ha carattere del
tutto autonomo rispetto a quella concernente la gravità
del reato, poiché la valutazione sulla sussistenza o meno
della giusta causa va compiuta esclusivamente in base
all’art. 2119 c.c.
•
(Corte di Cassazione 17 giugno 2010 n. 43)
Le conseguenze del licenziamento
illegittimo
LICENZIAMENTI DISCRIMINATORI
(Art. 18 c. 1)
Sono discriminatori i licenziamenti:
▪ determinati da ragioni di credo politico o fede religiosa, dall'appartenenza a un
sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali (art. 4, L. 604/66);
▪ diretti a fini di discriminazione sindacale, politica, religiosa, razziale, di lingua, di
sesso, di handicap, di età o basata sull’orientamento sessuale o sulle convinzioni
personali (art. 15, L. n. 300/70, come modificato dal D. Lgs. n. 216/2003).
Sono equiparati ai licenziamenti discriminatori – quanto al regime
sanzionatorio – i licenziamenti:
▪ intimati dal momento della richiesta di pubblicazioni del matrimonio sino a un
anno dopo la celebrazione del medesimo (art. 35, D. Lgs. n. 198/2006);
▪ intimati dall’inizio della gravidanza della lavoratrice fino al compimento di un anno
di età del bambino, o causati dalla domanda o dalla fruizione del congedo
parentale e per malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore
(art. 54, commi 1, 6, 9, D. Lgs. n. 151/2001);
▪ determinati da un motivo illecito ai sensi dell’art. 1345 c.c.
LICENZIAMENTI DISCRIMINATORI
(Sanzioni - art. 18 c. 1 e 2)
NULLITÀ DEL LICENZIAMENTO
Il Giudice condanna il datore di lavoro:
➢ alla reintegrazione del lavoratore (anche dirigente) nel posto di lavoro,
indipendentemente dalla motivazione adottata e dal numero di dipendenti occupati in
azienda.
➢ al risarcimento del danno a favore del lavoratore pari a un’indennità commisurata
all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dalla data del licenziamento fino a
quella di effettiva reintegra, dedotto l’aliunde perceptum. Tale indennità non potrà
comunque essere inferiore alle 5 mensilità.
➢ al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per tutto il periodo
d’illegittima estromissione dall’azienda.
REINTEGRAZIONE
“FORTE”
LICENZIAMENTI DISCRIMINATORI
Art. 18 c. 1
A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto
quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro 30 giorni dall’invito del
datore di lavoro, salvo che non abbia richiesto il pagamento dell’indennità
sostitutiva della reintegra.
LICENZIAMENTI DISCRIMINATORI
(art. 18 c. 3)
FACOLTÀ DI OPZIONE DEL LAVORATORE
INDENNITÀ
pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto
in luogo della
➢
➢
➢
REINTEGRAZIONE
FERMO RESTANDO IL DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL
DANNO
L’ESERCIZIO DA PARTE DEL LAVORATORE DELL’OPZIONE DETERMINA LA
RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO;
LA RICHIESTA DEVE ESSERE EFFETTUATA ENTRO 30 GIORNI DALLA
COMUNICAZIONE DEL DEPOSITO DELLA SENTENZA O DALL’INVITO DEL
DATORE DI LAVORO DI RIPRENDERE SERVIZIO SE ANTERIORE ALLA PREDETTA
COMUNICAZIONE.
SULL’INDENNITÀ IL DATORE DI LAVORO NON DEVE VERSARE I CONTRIBUTI
PREVIDENZIALI E ASSISTENZIALI.
LICENZIAMENTO ORALE
(art. 18, c. 1)
Licenziamento intimato oralmente
è inefficace
Si applica il regime sanzionatorio previsto per
i licenziamenti discriminatori
REINTEGRAZIONE
“FORTE”
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
(art. 18, c. 4)
Licenziamento comminato per giusta causa o per
giustificato motivo soggettivo.
IN CASO DI SUA ILLEGITTIMITA’
DUE REGIMI SANZIONATORI DIFFERENTI
A
reintegrazione
e
indennità
REINTEGRAZIONE
“ATTENUATA”
Solo
indennità
B
b. 1 in caso di vizio
sostanziale del
licenziamento
b. 2 in caso di vizio
formale
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Regime sanzionatorio A - art. 18, c. 4
Reintegra “attenuata” Se, in corso di giudizio, il Giudice del Lavoro accerta che:
➢
il fatto contestato non sussiste;
➢ il fatto contestato al lavoratore si è verificato ma rientra tra
le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base
delle tipizzazioni di giustificato motivo soggettivo e di giusta
causa previste dai contratti collettivi applicabili,
annulla il licenziamento e applica il regime sanzionatorio che,
per comodità, sarà di seguito definito di reintegrazione
“attenuata” e consiste
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Regime sanzionatorio A – art. 18, c. 4 Reintegra “attenuata”
▪ nella reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro;
▪ nel pagamento, a favore del dipendente, di un’indennità risarcitoria commisurata
all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello di
effettiva reintegra, dedotto: (i) l’aliunde perceptum, (ii) nonché – secondo
l’apprezzamento del giudice – quanto avrebbe potuto percepire il lavoratore
dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. L’indennità non
potrà comunque eccedere le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di
fatto (per questo parliamo di reintegra “attenuata”).
▪ nel versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, maggiorati degli interessi
nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata
contribuzione, per un importo pari al differenziale contributivo esistente tra la
contribuzione che sarebbe stata maturata nel rapporto di lavoro illegittimamente
risolto e quella accreditata al lavoratore in conseguenza dello svolgimento di altre
attività lavorative. In quest’ultimo caso, qualora i contributi afferiscano ad altra
gestione previdenziale, essi sono imputati d’ufficio alla gestione corrispondente
all’attività lavorativa svolta dal dipendente licenziato, con addebito dei relativi costi al
datore di lavoro.
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Regime sanzionatorio A - art. 18, c. 4
A seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto
quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito
del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità sostitutiva
della reintegrazione nel posto di lavoro.
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Regime sanzionatorio A - art. 18, c. 4 Opzione in luogo della reintegra
IL LAVORATORE POTRÀ SEMPRE SCEGLIERE, IN LUOGO ALLA
REINTEGRAZIONE, LA CORRESPONSIONE DI UN’INDENNITÀ PARI
A 15 MENSILITÀ DELL’ULTIMA RETRIBUZIONE GLOBALE DI
FATTO, FERMO RESTANDO IL DIRITTO AL RISARCIMENTO DEL
DANNO.
➢
➢
L’ESERCIZIO DA PARTE DEL LAVORATORE DELL’OPZIONE DETERMINA LA
RISOLUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO;
SULL’INDENNITÀ IL DATORE DI LAVORO NON DEVE VERSARE I CONTRIBUTI
PREVIDENZIALI E ASSISTENZIALI.
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Regime sanzionatorio B.1 – art. 18 c. 5
Sola indennità
Nelle altre ipotesi in cui si accerta che non ricorrono gli
estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa
addotti dal datore di lavoro
1.
2.
il Giudice
dichiara RISOLTO il rapporto di lavoro con effetto dalla data del
licenziamento;
condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria
omnicomprensiva compresa tra un minimo di 12 e un massimo di
24 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione
all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti
occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e
delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale
riguardo.
LICENZIAMENTO DISCIPLINARE
Vizi procedurali nell’irrogazione del licenziamento
Regime sanzionatorio B.2 – art. 18, c. 6
Sola indennità
Licenziamento dichiarato inefficace per violazione dei requisiti di
motivazione di cui all’art. 2, c. 2, della L. n. 604/66 o della procedura
disciplinare di cui all’art. 7 L. n. 300/70, il giudice:
➢ dichiara risolto il rapporto alla data del licenziamento;
➢ condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria
omnicomprensiva compresa tra un minimo di 6 e un massimo di
12 mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, a meno che il Giudice,
sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto
di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica le tutele di cui ai
regimi sanzionatori A (reintegrazione “attenuata”) o B.1 (sola indennità).
➢ la quantificazione dell’indennità risarcitoria è determinata dal Giudice
tenendo conto della gravità della condotta del lavoratore ed alla gravità
della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro.
LICENZIAMENTO PER
GIUSTIFICATO MOTIVO
OGGETTIVO
CONDIZIONI
• L E G AT O A R A G I O N I I N E R E N T I L’ATT I V I TA’
PRODUTTIVA, L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E IL
REGOLARE FUNZIONAMENTO DI ESSA.
• LIBERA SCELTA DEL DATORE FINALIZZATA AD UN
NUOVO E DIVERSO ASSETTO DELL’ORGANIZZAZIONE
O DEL PROCESSO PRODUTTIVO.
Licenziamento per GMO
Soppressione
della posizione
Licenziamento per motivi
oggettivi inerenti
all’azienda
Cessazione
dell’attività
imprenditoriale ed
attività residuali
Obbligo di
répéchage
Prova della
soppressione e
dell’impossibilità di
répéchage
Liquidazione
Fallimento
Licenziamento per GMO
Eccessiva
morbilità
Licenziamento per motivi
oggettivi inerenti al
dipendente
Sopravvenuta
infermità
Impossibilità
sopravvenuta
Revoca
d’autorizzazioni
amministrative
(porto d‘armi,
patente)
Carcerazione
Sentenza d’assoluzione
Pena detentiva
Ergastolo
Il giustificato motivo oggettivo deve identificarsi nelle vicende e/o
negli eventi che, per l'incidenza immediata sulla realtà aziendale in cui
il lavoratore è inserito, cagionano l'effettiva esigenza del datore di
porre fine al rapporto di lavoro; rientrano nel suddetto ambito sia i
licenziamenti intimati in relazione all'insorgenza di specifiche esigenze
aziendali che impongono la soppressione del posto di lavoro, sia i
licenziamenti che traggono origine da comportamenti o situazioni
facenti capo al prestatore di lavoro, purché non costituiscano una
forma di inadempimento.
(Corte di cassazione 11 agosto 1998 n. 7904)
In caso di riorganizzazione o ristrutturazione aziendale, ferma la
necessità della prova della effettività del relativo processo, è
legittima ogni ragione, in senso economico, che lo abbia
determinato, non escluse le esigenze di mercato o il perseguimento
di un incremento dei profitti attraverso modifiche organizzative,
mentre al giudice è demandato di controllare che all’origine della
decisione imprenditoriale vi sia una ragione economica seria e non
pretestuosa, senza che possa distinguersi tra quelle determinate da
fattori esterni all’impresa o di mercato, e quelle inerenti alla
gestione dell’impresa, o volte ad un’organizzazione più conveniente
per un incremento del profitto.
(Corte di cassazione 14 aprile 2003 n. 5777)
Onere di repechage
• A carico del datore di lavoro opera, però, il
cosiddetto onere di repechage, per cui – prima
di procedere al recesso - egli deve verificare
l’esistenza in seno all’azienda di posti di lavoro
o attività a cui il prestatore possa essere ancora
effettivamente addetto, in coerenza con le
professionalità di cui dispone
•
(cfr. Cass. 2/4/87 n. 3198 in Mass. Foro It. 1987, pag. 545; Cass. 14/9/95 n. 9715 in Il
Lav. nella Giur. 1996, pag. 424, Trib. Milano 30/10/2000 in Or. Giur. Lav. 2000, pag.
1051).
Onere di repechage
•
A tal riguardo, in particolare per soppressione del reparto cui sono addetti i
lavoratori licenziati, fino a qualche mese fa la Corte di Cassazione aveva
sancito che la verifica della possibilità di "repechage" va fatta con
riferimento a mansioni equivalenti; ove i lavoratori abbiano accettato
mansioni inferiori onde evitare il licenziamento, la prova dell'impossibilità di
"repechage" va fornita anche con riferimento a tali mansioni, ma occorre, in
quest'ultimo caso, che il patto di demansionamento sia anteriore o coevo al
licenziamento, mentre esso non può scaturire da una dichiarazione del
lavoratore espressa in epoca successiva al licenziamento e non accettata dal
datore di lavoro, specie se il lavoratore abbia in precedenza agito in giudizio
deducendo l'illegittimità del licenziamento. (Cass. civ., Sez. lavoro,
18/03/2009, n. 6552). Recentemente, sullo stesso punto la Cassazione ha
ritenuto che la verifica, ai fini del repechage, vada assolta anche valutando
se vi sono mansioni inferiori, nel senso che deve avere prospettato al
lavoratore licenziato, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un suo
impiego in mansioni inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale, purché
tali mansioni inferiori siano compatibili con l’assetto organizzativo aziendale
insindacabilmente stabilito dall’imprenditore (Cass. 13.08.2009 n.21579)
Ma prima di procedere al
licenziamento……..
La Legge n. 92/2012 introduce una specifica
procedura con esplicito riguardo a
“licenziamento per giustificato motivo
oggettivo di cui all’art. 3, seconda parte della
L. n.604/1966”
Una sorta di micro-procedimento sulla scorta
di quanto in essere per i licenziamenti
collettivi
La novità nell’art. 7 L. 604/66
.
• Ambito
applicazion
e art. 18 L.
300/70
.
• Comunicazi
one
dell’intenz
ione (!?!)
E poi….il licenziamento!!
.
• Tentativo
obbligatori
o di
conciliazio
ne
Procedura art. 7 L. n. 604/66
Art. 7 DL n. 76/2013:
La procedura non trova applicazione nei licenziamenti per:
◇ Superamento periodo di comporto;
◇ In conseguenza di cambi di appalto ai quali siano
succeduti assunzioni presso altri datori di lavoro;
◇ Interruzione di rapporti a T.IND. nel settore delle
costruzioni edili, per completamento delle attività e
chiusura del cantiere.
In vigore dal 28/06/2013
Procedura art. 7 L. n. 604/66
Art. 7 DL n. 76/2013, chiarimento:
Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque,
decorso il periodo di 7 giorni per la trasmissione, a cura
della DTL, della convocazione al datore di lavoro e al
lavoratore il datore può comunicare il licenziamento al
lavoratore.
La mancata presentazione di una o entrambe le parti sarà
valutata da AG ai sensi dell’art. 116 cpc
Ambito di applicazione
Aziende che ricadono nell’ambito di
applicazione dell’art. 18 L. n. 300/70
ovvero più di 15 dipendenti.
La comunicazione dell’”intenzione”
Il datore di lavoro preventivamente comunica l’intenzione di
procedere ad un licenziamento per GMO
Comunica a
DTL/DPL
Lavoratore
La comunicazione contiene i motivi del licenziamento, le
eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del
lavoratore
Il ruolo della DTL…della commissione di
conciliazione ex art. 410 cpc
• Convoca delle parti entro 7 giorni
• Partecipazione attiva della commissione ad esaminare
anche soluzioni alternative al recesso
• Conclusione con risoluzione consensuale (con diritto
ad ASpI) o senza accordo
• Redazione del verbale di conciliazione (ATT.NE!!!... Il
giudice terrà conto del comportamento delle parti…..)
• Procedura che si conclude entro 20 giorni
Il ruolo del datore di lavoro
• Comunica l’intenzione di recedere per GMO al
domicilio del lavoratore
• Partecipa al tentativo obbligatorio di conciliazione
facendosi assistere da oo.di rappresentanza, da
avvocato o consulente del lavoro
• Al termine della procedura comunica il recesso al
lavoratore
Il licenziamento intimato produce effetti
dal giorno della comunicazione di avvio del
procedimento salvo il diritto al preavviso o
all’indennità sostitutiva (eventualmente
dovuti).
Il ruolo del lavoratore
• Partecipa alla conciliazione potendosi
avvalere dell’assistenza di un sindacato o
della rappresentanza sindacale dei
lavoratori
• In caso di illegittimo e documentato
impedimento la procedura può essere
sospesa per un massimo di 15 giorni.
Il recesso in caso di eventi sospensivi
• Il licenziamento rimane sospeso nel caso
di:
– Tutela della maternità/paternità
– Infortunio occorso sul lavoro
– Il lavoro svolto in costanza di procedura si
considera preavviso
Il passo successivo alla conciliazione…..
• Eventuale ricorso giudiziale del lavoratore contro
licenziamento intimato in “violazione del requisito di
motivazione di cui all’art. 2 c. 2 L. n. 604/66” o della
procedura ex art. 7.
conseguenza
• Licenziamento INEFFICACE (?? Anche il lic. Orale è inefficace
ma con altre conseguenze…) con sanzione prevista da art. 18
c. 6 L. n.300/70: indennità risarcitoria min. 6 max 12
mensilità.
• Ma se “manifesta insussistenza” di motivi: reintegra + max 12
mensilità o in alternativa 15 mensilità indennità risarcitoria.
Transazione in sede protetta
In pratica è inoppugnabile ai sensi art. 2113 c.c.
quando è intervenuta:
➢ Art 185 cpc (conciliazione in sede giudiziale)
➢ Art. 410 cpc (conciliazione facoltativa DTL)
➢ Art. 411 cpc (sede sindacale)
➢ Art. 412 ter cpc (conciliazione e arbitrato
prevista da Contr.coll)
➢ Art. 412 quater (altre modalità di
conciliazione e arbitrato)
IPOTESI DI LICENZIAMENTO PER
GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO
ECCESSIVA MORBILITA’
Procedura art. 7 L 604/66 l’intervento
della prassi
Procedura art. 7 L. n. 604/66
Art. 7 DL n. 76/2013:
La procedura non trova applicazione nei licenziamenti per:
◇ Superamento periodo di comporto;
◇ In conseguenza di cambi di appalto ai quali siano
succeduti assunzioni presso altri datori di lavoro;
◇ Interruzione di rapporti a T.IND. nel settore delle
costruzioni edili, per completamento delle attività e
chiusura del cantiere.
In vigore dal 28/06/2013
Procedura art. 7 L. n. 604/66
Art. 7 DL n. 76/2013, chiarimento:
Se fallisce il tentativo di conciliazione e, comunque,
decorso il periodo di 7 giorni per la trasmissione, a cura
della DTL, della convocazione al datore di lavoro e al
lavoratore il datore può comunicare il licenziamento al
lavoratore.
La mancata presentazione di una o entrambe le parti sarà
valutata da AG ai sensi dell’art. 116 cpc
INIDONEITA’ FISICA SOPRAVVENUTA
•Sopravvenuta inidoneità fisica
La sopravvenuta inidoneità fisica del dipendente allo svolgimento delle mansioni
alle quali è addetto non integra una causa di risoluzione per sopravvenuta
impossibilità della prestazione ai sensi degli artt. 1463 e 1464 c.c., se non nei
limiti della configurabilità del giustificato motivo ex art. 3, L. 15/7/66 n. 604, e
quindi a fronte dell’onere gravante sul datore di lavoro di allegare e dimostrare
l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altra attività riconducibile alle mansioni
già svolte o ad altre equivalenti o, se ciò è impossibile, ad altre inferiori,
compatibilmente con l’assetto organizzativo dell’impresa (Cass. 7/8/98 n. 7755,
pres. La Torre, est. Roselli, in D&L 1998, 1029).
In caso di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del
dipendente allo svolgimento delle mansioni lavorative, il datore è
tenuto a dimostrare l’impossibilità di assegnare al lavoratore
mansioni anche non equivalenti, a condizione che il lavoratore
abbia, anche senza forme rituali, manifestato la propria disponibilità
ad accettarle.
(Corte di Cassazione 6 marzo 2007 n. 5112)
Nel caso di sopravvenuta inidoneità psico-fisica del
lavoratore, il datore di lavoro può legittimamente
procedere al licenziamento del dipendente per
giustificato motivo oggettivo, soltanto ove dimostri
l’assoluta impossibilità di utilizzare il medesimo in altra
posizione.
( Corte di Cassazione 24 maggio 2005 n. 10914)
Sopravvenuta inidoneità fisica
Nell'ipotesi di licenziamento per sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore, il giustificato
motivo oggettivo consiste non soltanto nella fisica inidoneità del lavoratore all'attività
attuale, ma anche nell'inesistenza in azienda di altre attività (anche diverse, ed
eventualmente inferiori) compatibili con lo stato di salute del lavoratore ed a quest'ultimo
attribuibili senza alterare l'organizzazione produttiva, onde spetta al datore di lavoro
convenuto in giudizio dal lavoratore in sede in impugnativa del licenziamento fornire la
prova delle attività svolte in azienda, e della relativa inidoneità fisica del lavoratore o
dell'impossibilità di adibirlo ad esse per ragioni di organizzazione tecnico–produttiva.
(Corte di Cassazione 5 marzo 2000 n. 3245)
Focus: lavoratore in malattia
MALATTIA: NOZIONE GIURIDICA
Il concetto di malattia giuridicamente rilevante nel rapporto di
lavoro non coincide con quello elaborato dalla scienza medica
(alterazione o deviazione funzionale in senso dannoso
dell’integrità fisiopsichica).
questo è per certi versi più ristretto e per altri più ampio del
concetto di malattia cui fa riferimento la scienza medica.
MALATTIA: NOZIONE GIURIDICA
Ci sono malattie che possono essere prive di rilievo giuridico nel rapporto di
lavoro perché non costituiscono impedimento alla normale prestazione di
lavoro (es.: disturbi cardiaci meno gravi, le forme più comuni di
menomazione della vista, carie dentaria);
Ci sono casi che giustificano l’astensione dal lavoro per malattia anche se il
lavoratore non è clinicamente affetto da malattia (es.: lavoratore
clinicamente guarito da precedente malattia ma in convalescenza,
lavoratore che deve sottoporsi a una vaccinazione o a controlli medici e
non può farlo se non durante l’orario di lavoro).
SINDACABILITA’ DEI REFERTI MEDICI
• Sia in caso di contrasto fra certificato del medico curante, che in
caso di concordanza tra di essi, il lavoratore e il datore di lavoro
che vi abbiano interesse possono contestarne il contenuto.
• Spetta al giudice valutare l’attendibilità dei certificati sulla base di
tutte le circostanze concrete.
LA POSSIBILE EVIDENZA DELL’INATTENDIBILITÁ DEL CERTIFICATO
•
Incongruenza tra diagnosi, prognosi, terapie praticate, o anche
accertamenti necessari e non effettuati:
•
il caso della lombalgia persistente, senza accertamenti diagnostici
•
la sindrome ansioso-depressiva e i relativi protocolli terapeutici (differenza
tra “depressione del tono dell’umore” e “depressione maggiore”)
•
una radarterapia (10 minuti di applicazione) non giustifica l’assenza per
l’intera giornata
IL PROBLEMA DELLA NON CONOSCIBILITÀ DELLA DIAGNOSI E
DELLA TERAPIA
•
sovente il lavoratore comunica spontaneamente la diagnosi
•
con la contestazione disciplinare il datore di lavoro può comunque
invitarlo a presentare la documentazione medica completa, anche
in plico sigillato, che verrà sottoposto al controllo ispettivo (N.B.: T.A.R.
Piemonte 16 gennaio 2008 n. 51 nega al d.d.l. l’accesso ai dati Inps)
•
è onere (se non vero e proprio obbligo di correttezza) del lavoratore
esibire una relazione del medico curante in risposta alla contestazione
disciplinare, al datore di lavoro o al servizio ispettivo
PERDITA DEL TITOLO ABILITATIVO
• Alcuni provvedimenti dell’autorità pubblica possono determinare
l’impossibilità temporale o parziale della prestazione lavorativa.
In tal caso il datore di lavoro è legittimato a recedere dal
rapporto se viene meno l’interesse alle future prestazioni
lavorative. La sussistenza di tale interesse deve essere verificata
con riguardo alle ragioni inerenti l’attività produttiva,
l’organizzazione del lavoro ed il regolare funzionamento di essa.
• E legittimo il licenziamento per sopravvenuta impossibilità
temporanea della prestazione da parte di un lavoratore,
dipendente di una società aeroportuale e svolgente il suo lavoro
negli spazi doganali, al quale sia stato temporaneamente ritirato
il tesserino d’accesso per denuncia penale seguita da assoluzione
•
(Corte di Cassazione 19 settembre 2002 n. 13732)
•Il datore di lavoro è autorizzato al licenziamento del
lavoro ove dimostri, che la prestazione è divenuta
totalmente impossibile, alla stregua delle ragioni inerenti
all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al
regolare funzionamento di essa.
•
(Corte di Cassazione 24 ottobre 2010 n.13986)
Esempio di tipizzazione giustificato
motivo: Art. 219 codice della strada
art. 219 C.d.S. mod. art. 43 L 120/2010
• PREVISIONE: revoca della patente, se disposta
come sanzione accessoria al reato di guida in
stato di ubriachezza o dopo aver assunto droghe,
costituisce giusta causa di licenziamento
art. 219 C.d.S. mod. art. 43 L 120/2010: ambito
applicazione
La legge specifica che il licenziamento per giusta causa può essere comminato
ai conducenti di cui all'articolo 186bis, comma 1, lettere b), c) e d); mediante il
rinvio a tali commi, si individuano come destinatari della nuova disciplina i
seguenti soggetti:
- i conducenti che esercitano l'attività di trasporto di persone (articoli 85, 86 e
87 C.d.S.);
- i conducenti che esercitano l'attività di trasporto di cose (articoli 88, 89 e 90
C.d.S.);
- i conducenti di autoveicoli di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5
tonnellate, di autoveicoli trainanti un rimorchio che comporti una massa
complessiva totale a pieno carico dei due veicoli superiore a 3,5 tonnellate, di
autobus e di altri autoveicoli destinati al trasporto di persone il cui numero di
posti a sedere, escluso quello del conducente, è superiore a otto, nonché di
autoarticolati e di autosnodati.
art. 219 C.d.S. mod. art. 43 L 120/2010: ambito
applicazione
La norma individua due presupposti oggettivi per l'applicabilità del
licenziamento per giusta causa (art. 219, comma 3quater):
- la patente deve essere oggetto di un provvedimento di "revoca";
- la revoca deve essere stata disposta come sanzione accessoria
all'accertamento di uno dei reati di cui agli articoli 186, comma 2, lettere
b) e c), e 187 C.d.S.
Licenziamento
• Con riferimento al secondo presupposto di applicabilità
della norma (accertamento della guida sotto l'influenza di
alcol o droghe), il dipendente può essere licenziato solo
se viene condannato per uno dei reati di cui agli articoli
186, comma 2, lettere b) e c), e 187.
Licenziamento: guida in stato di ebbrezza
Il licenziamento per giusta causa per guida in stato di ebbrezza in conseguenza
dell'uso di bevande alcoliche (art. 186), potrà essere comminato se sussistono
tutte le seguenti condizioni:
- accertamento di un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a
0,8 grammi per litro;
- applicazione della relativa condanna penale (ammenda da euro 800 a euro
3.200 e arresto fino a sei mesi, se la quantità non supera 1,5 grammi per litro;
ammenda da euro 1.500 a euro 6.000, e arresto da sei mesi a un anno, qualora
sia stato accertato un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a
1,5 grammi per litro);
- revoca della patente: la revoca non può essere disposta per qualsiasi illecito,
ma solo quando il guidatore è recidivo (in tal caso la sanzione scatta
automaticamente) oppure quando il conducente provoca un incidente stradale e
sia stato accertato un valore corrispondente a un tasso alcolemico superiore a
1,5 grammi per litro.
Licenziamento: guida in stato di alterazione
psicofisica
Guida in stato di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti (art.
187), è possibile irrogare il licenziamento per giusta causa solo in presenza
delle seguenti condizioni:
-
condanna penale (ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e arresto da sei
mesi a un anno) per guida in stato di alterazione psicofisica dopo aver
assunto sostanze stupefacenti o psicotrope;
- revoca della patente, che può essere disposta in caso di recidiva nel triennio,
oppure quando il conducente dopo aver assunto sostanze stupefacenti o
psicotrope provoca un incidente stradale.
IMPOSSIBILITÀ SOPRAVVENUTA
ALLA PRESTAZIONE
•Se l’impossibilità della prestazione è sopravvenuta a
causa di un provvedimento di un terzo, il datore di
lavoro deve provare l’impossibilità di ricollocare il
lavoratore in altra posizione a pena di illegittimità del
licenziamento.
•
(Corte di Cassazione 17 marzo 2010 n. 6517)
•
L’azienda però, non è tenuta a modificare la sua
organizzazione per utilizzare la prestazione che il
lavoratore è in grado di offrire.
IMPOSSIBILITA’ SOPRAVVENUTA DELLA
PRESTAZIONE A PER CARCERAZIONE DEL
LAVORATORE
•Lo stato di detenzione del lavoratore per fatti estranei al
rapporto di lavoro non costituisce inadempimento degli
obblighi contrattuali, ma integra gli estremi della
sopravvenuta temporanea impossibilità della prestazione.
•
(Corte di Cassazione 1 giugno 2009 n. 12721)
Il licenziamento è giustificato solo ove, in base ad un giudizio
ex-ante, in relazione:
• all’organizzazione tecnico-produttiva
• mansioni svolte dal lavoratore detenuto
• periodo di assenza già maturato
• prevedibile durata carcerazione
• possibilità di affidare ad altri lavoratori le sue mansioni senza
dover effettuare nuove assunzioni.
COSTO DEL LICENZIAMENTO
Il costo del licenziamento
A decorrere dal 1 gennaio 2013, in tutti i casi di
interruzione di un rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, è dovuto un contributo a carico del datore
di lavoro pari al 50% del trattamento iniziale di ASpI per
ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre
anni, con un massimo di 1,5 mensilità di ASpI per i
lavoratori con almeno 36 mesi di anzianità aziendale.
Il costo del licenziamento
Inoltre il contributo non è dovuto, fino al 31 dicembre
2016, nel caso in cui il datore di lavoro, nel corso della
procedura di mobilità, provveda a versare il contributo di
mobilità previsto dall’art. 5 comma 4 della L. n. 223/1991.
Per gli anni dal 2013 al 2015, il contributo non è dovuto nel
caso di: licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di
appalto; nel settore delle costruzioni edili, per
completamento delle attività e chiusure del cantiere
Le conseguenze del
licenziamento illegittimo
Il nuovo art. 18 L.n.300/70
Nuova disciplina licenziamenti
n
it
ull
Reintegra
+
Indennità risarcitoria
(min.5 mes di contribuzione)
Aliunde
perceptum
à
Licenziamento
discriminatorio
In sostituzione della
Reintegra 15 mens
Non sogg. a contribuzione.
Licenziamento
orale
Qualunque sia la dimensione aziendale
Nuova disciplina dei licenziamenti
In sintesi:
La reintegrazione è automatica per
lic.discriminatorio o orale (risarcimento medio
tempore integrale – aliunde perceptum o indennità
15 mensilità)
Se il motivo è radicalmente insussistente o
sproporzione: reintegrazione + max 12 mensilità
(ma contribuzione piena) o 15 mensilità
Se motivo insufficiente: indennizzo (6- 12M)
Se vizi formali: solo indennizzo (12-24M)
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO (art. 18, c. 7)
Licenziamento comminato per soppressione del posto di lavoro,
contrazione organico .
IN CASO DI SUA ILLEGITTIMITA’
DUE REGIMI SANZIONATORI DIFFERENTI
A
reintegrazione
e
indennità
REINTEGRAZIONE
“ATTENUATA”
Solo
indennità
B
b. 1 in caso di vizio
sostanziale del
licenziamento
b. 2 in caso di vizio
formale
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO
Regime sanzionatorio A – art. 18, c. 7
Reintegra “attenuata”
Nel caso in cui si accerti la
manifesta insussistenza
del fatto posto a base del
licenziamento
Il Giudice
annulla il licenziamento e applica il
più rigido regime sanzionatorio
previsto per i licenziamenti
disciplinari (v. regime A, cartella)
REINTEGRAZIONE
“ATTENUATA”
Reintegra (o 15 mensilità)
+
indennità comunque non
superiore a 12 mensilità
+
Copertura contributiva
(non sulle 15 mensilità)
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO
Regime sanzionatorio B.1 – art. 18, c. 7 Sola indennità
Nelle altre ipotesi in cui si accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato
motivo oggettivo, il Giudice:
➢ dichiara risolto il rapporto alla data del licenziamento;
➢ condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria
omnicomprensiva compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24
mensilità dell’ultima retribuzione di fatto.
➢ ai fini della determinazione dell’indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene
conto della gravità della condotta del lavoratore ed della gravità della violazione
formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, oltre che delle iniziative
assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del
comportamento delle parti nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della
legge 15 luglio 1966, n. 604.
SE IL GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO DISSIMULA UN
MOTIVO DISCIPLINARE O DISCRIMINATORIO?
Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della
domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento
risulti determinato da ragioni discriminatorie o
disciplinari, trovano applicazione le relative tutele
esaminate.
Se discriminatorio
REINTEGRA FORTE
Se disciplinare
o
REINTEGRA ATTENUATA
o
SOLA INDENNITA’
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO
Vizi procedurali nell’irrogazione del licenziamento
Regime sanzionatorio B.2 – art. 18, c. 6
Licenziamento dichiarato inefficace per violazione della procedura prevista dal
novellato art. 7, L. n. 604/66, il giudice:
➢ dichiara risolto il rapporto alla data del licenziamento;
➢ condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria
omnicomprensiva compresa tra un minimo di 6 e un massimo di 12
mensilità dell’ultima retribuzione di fatto, a meno che il Giudice, sulla base
della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del
licenziamento, nel qual caso applica le tutele di cui ai regimi sanzionatori A
(reintegrazione “attenuata”) o B.1 (sola indennità).
➢ la quantificazione dell’indennità risarcitoria è determinata dal Giudice tenendo conto
della gravità della condotta del lavoratore ed alla gravità della violazione formale o
procedurale commessa dal datore di lavoro.