Antonio Allegri “il Correggio” A cura di Pizzirani Vittorio e Vago

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Antonio Allegri “il Correggio” A cura di Pizzirani Vittorio e Vago
Antonio Allegri “il Correggio”
A cura di Pizzirani Vittorio e Vago Alessandro
Biografia:
Le notizie sulla vita di Antonio Allegri, detto il "Correggio" dal
nome del paese della sua nascita, sono scarse e spesso incerte;
molte provengono da documenti relativi allʼattività del pittore emiliano,
quali stipule di contratti o accettazione di incarichi.Gli storici
presumono che la data di nascita sia da collocare nell'Agosto 1489 a
Correggio, piccola cittadina della provincia di Reggio Emilia, ma pur
essendo solo un borgo, non paragonabile alle grandi città, centri di
cultura nel Rinascimento, Antonio Allegri si formò in un ambiente ricco
di spunti culturali.
Il Borgo di Correggio da secoli era feudo dei nobili Correggio, capitale
del piccolo stato di Parma e sede di una corte che nel Quattrocento e
nel Cinquecento ebbe una sua importanza culturale, è nota nel
mondo letterario la poetessa Veronica Gambara, la celebre studiosa
del Petrarca, ammirata dai letterati contemporanei Ludovico Ariosto e
Torquato Tasso.
Per studiare pittura è quasi certo che Correggio si spostò a Mantova
dove fu allievo, in giovanissima età, di maestri che gli inculcarono
l'amore per il mito e la classicità facendogli nel contempo assimilare i
caratteri di dolcezza della pittura emiliana del pittore Lorenzo Costa.
Dal 1503 al 1505 qualche storico lo pone a bottega da Francesco
Bianchi Ferrara di Modena, altri lo pongono, almeno fino alla morte di
Mantegna avvenuta nel 1506 nella sua bottega del grande pittore.
Dopo la morte del Mantegna, dopo aver lavorato alla sua Cappella
funebre, sembra si sia spostato a Ferrara (questo è presunto dagli
storici che hanno rilevato, nei lavori di Antonio Allegri, l'influenza sul
pittore del maestro ferrarese Lorenzo Costa e di e Francesco Francia
da dove attinge il classicismo proprio delle sue prime opere.Nel 1514,
un contratto che lo incarica di dipingere la Pala di San Francesco, fa
presumere che Correggio doveva essere maggiorenne, e cioè
venticinquenne, non avendo fatto ricorso ad un tutore per la firma di
accettazione.La critica ha a lungo discusso sull'ipotesi del suo viaggio
a Roma che oggi si crede, quasi unanimemente, avvenuto nel 1518,
avendo rilevato, nei lavori di Antonio Allegri,dopo tale
data,dell'influenza sul pittore di Giorgione e di Leonardo.E' probabile
che il Correggio si sia recato a Roma per vedere gli affreschi delle
Stanze Vaticane e della Cappella Sistina, la cui fama era arrivata
anche al nord.
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Nel 1519 si sposa con Girolama Merlini, dalla quale ha un figlio
maschio, Pomponio, che proseguirà il lavoro del padre, senza
eccellere, e tre figlie femmine: Francesca Letizia, Caterina Lucrezia,
Anna Geria ed a Parma, realizza gli affreschi della "Camera della
Badessa". Dal 1520 al 1524 affresca per la Congregazione
Benedettina la Chiesa di San Giovanni, a Parma.
Ormai Correggio è un pittore affermato, con uno stile riconoscibile e
originale, legato alla luce alla quale attribuisce il ruolo principale
all'interno della composizione. Il Pittore riesce ad evidenziare, con le
sue pennellate, la differenza fra luce terrena e la luce divina che
avvolge i Santi che pone nelle belle pale d'altare e nei molti dipinti.Tra
il 1526 e il 1530 Antonio Allegri di Caravaggio si dedica totalmente
all'imponente opera di affrescare l'abside del Duomo di Parma, un
affresco di ben 650 metri quadri con la magistrale della Assunzione
della Vergine nella cupola.Nel 1529 alla morte della moglie, il
Caravaggio rimasto solo con due figli piccoli, ritorna a Correggio dove
realizza opere, oggi perdute.Antonio Allegri da Correggio, muore
improvvisamente, nel marzo del 1534 a soli 45 anni, lasciando
straordinarie opere in molti musei come altre come la "Madonna di
San Gerolamo" (1527, Galleria Nazionale - Parma), la "Adorazione
dei pastori" (1530, Gemäldegalerie - Dresda), una scena notturna che
è un raffinato esercizio di chiaroscuro e la serie di quadri, con scene
mitologiche di raffinato erotismo, commissionati dal duca di Mantova
come dono per Carlo V: "Giove e Io" (1532, Kunsthistorisches
Museum - Vienna) e "Giove e Antiope" (1532, Musée Louvre - Parigi).
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Le opere:
Assunzione della Vergine, Parma, cupola del Duomo, 1526-1528,
affresco, cm. 1093 x 1195)
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Formatosi in ambito emiliano e poi a Mantova presso lʼormai anziano
Mantegna, Correggio nel Duomo di Parma coniuga la meditazione sullo
sfumato leonardesco con il morbido senso del color giocando al contempo
con un virtuosismo prospettico che verrà amato, successivamente, dalla
pittura barocca.
LʼAssunzione, per il Correggio, é una vicenda corale e grandiosa, dove le
figure degli angeli, spogliate della loro individualità, hanno la funzione di
accompagnare lʼAssunzione in un tripudio di movimenti festosi, dai colori
delicati e accoglienti tipici dellʼautore, atti stavolta ad evocare lʼidea del
Paradiso, in cui il riferimento alla musica degli Angeli viene utilizzata come
espressione dellʼarmonia divina.
Da ottobre 2008 a gennaio 2009, in occasione delle celebrazioni del
Correggio nella città di Parma, è stata data la possibilità di ammirare da
vicino lʼaffresco salendo, attraverso delle scale metalliche costruite ad hoc,
fino ad una piattaforma posta ad otto metri dalla cupola. Da quella posizione
si può apprezzare tutta lʼintensa carica suggestiva del capolavoro . Un
«tripudio corale»: così gli storici definiscono la cupola, caratterizzata da
scorci arditi e da una complessa individuazione emotiva nel ritrarre i
molteplici personaggi. Secondo Giorgio Vasari, Correggio fu “pittore
singularissimo. Il quale attese alla maniera moderna tanto perfettamente, che
in pochi anni dotato dalla natura et esercitato dallʼarte divenne raro e
meraviglioso artefice (…) Era nellʼarte molto malinconico e suggetto alle
fatiche di quella e grandissimo ritrovatore di qualsivoglia difficultà delle cose,
come ne fanno fede nel Duomo di Parma una moltitudine di grandissime
figure, lavorate in fresco, e ben finite, che sono locate nella tribuna grande di
detta chiesa: nelle quali scorta le vedute al di sotto in su con stupendissima
meraviglia.”
Da vicino i personaggi sono enormi, d'altronde è normale: la scena è fatta per
essere comprensibile dai fedeli a terra. La prospettiva e la luce hanno un
qualcosa di unico. Il modo con il quale Correggio sa usare i chiaroscuri è
considerato un "punto di non ritorno", cioè la tecnica del Correggio
rappresentava l'apice, dal punto di vista artistico, per la pittura rinascimentale.
A pochi centimetri di distanza si possono osservare i dettagli dei dipinti:
l'erbetta che cresce accanto ai giganteschi apostoli, le fiaccole accese, la
ritrattistica dei volti nel vortice di angeli, insomma, un Correggio non solo
legato alla iconologia religiosa ma radicato nella verità, alla natura umana. Si
noti lʼespressione corrucciata dellʼangelo che sostiene la Vergine tra le sue
vesti e che sembrerebbe stonata in questo tripudio di festa e di gioia, ma che
denota il realismo ed il naturalismo del pittore nel far sentire, attraverso lo
sforzo dellʼangelo, il peso del corpo della Vergine Maria,
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non solo creatura astratta ma reale, anche nella sua sensibilità per i
sentimenti e la fatica
umana. Nella coralità della scena il pittore non dimentica infatti i sentimenti
dellʼindividuo.
Ma quello che si riesce a cogliere forse meglio è l ʻarmonica e coinvolgente
commistione di sacro e profano, di mondo spirituale e carnale che è forse
uno dei tratti principali del pittore di Correggio. In particolare la carnalità trova
lʼesaltazione negli incarnati , nella dolcezza degli sguardi e rotondità delle
forme, soprattutto degli angeli,che perdono la loro individualità,in questa festa
gioiosa. Addirittura un angelo è girato in modo che non si vede neppure il
volto ma solo il corpo, con la sua nudità evidenziata in modo così
“scandaloso”, almeno per quei tempi, al punto tale che la figura è stata
posizionata in un punto che non poteva essere visto dal popolo durante le
funzioni ma solo dai celebranti.
Il soggetto religioso diventa quasi un pretesto per mischiare lʼesaltazione
della spiritualità, attraverso un vortice di luce che trascina verso un cielo
luminoso lʼumanità guidata dalla figura della Vergine Maria verso cui il figlio
quasi si precipita per abbracciarla e lʼesplosione della carnalità attraverso un
trionfo degli incarnati rosa che si avviluppano uno allʼaltro in un miscuglio di
figure maschili e femminili, nude e vestite, tra cui spiccano unʼEva tentatrice
ed un Adamo dubbioso.
La scena principale rappresenta lʼAssunzione di Maria Vergine attirata,
assieme allʼumanità, dal vortice di luce che promana da Gesù nel cielo, ma
nello stesso tempo irresistibile forza attratrice del Figlio che quasi precipita
verso di Lei .Questo duplice movimento, armonico e corale verso lʼalto
dellʼumanità guidata da Maria Vergine e quasi scomposto del figlio che si
precipita verso la Madre, potrebbe essere visto come una sintesi dello spirito
religioso di questʼumanità salvata e lʼirresistibile forza della natura che spinge
il Figlio che si è incarnato, verso la madre.
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Decorazione della cupola di San Giovanni evangelista
1520-1524 circa,affresco, 940 x 870 Parma
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La decorazione ad affresco della cupola di San Giovanni Evangelista a Parma fu la
prima commissione pubblica di elevato impegno e di indubbio prestigio che il
Correggio riuscì ad ottenere.I pagamenti registrati nei Libri del monastero della
chiesa parmense si snodano dal 6 luglio 1520 al 23 gennaio 1524. In origine gli
affreschi si dispiegavano, oltre che sulla superficie della cupola,sui pennacchi,al di
sopra della porta, collocata nel braccio sinistro della crociera, dove è rappresentato
San Giovanni Evangelista in atto di scrivere, e sulla superficie concava dell’abside
che ospitava l’Incoronazione della Vergine. Quest’ultimo affresco, tuttavia, fu
distrutto nel 1587. La decorazione di San Giovanni tradisce suggestioni provenienti
dagli affreschi di Michelangelo della Cappella Sistina e, in maniera ancor più
limpida, una riflessione su alcune opere di Raffaello, quali la Visione di Ezechiele,
allora conservata a Bologna presso i conti Ercolani, o la cappella Chigi, in Santa
Maria del Popolo a Roma. Pertanto essa ha indotto a pensare, ancor più della
decorazione della Camera del Monastero di San Paolo, un soggiorno di studio del
Correggio a Roma.Ma il dato più rilevante è senz’altro da ricercarsi nell’innovativo
impianto prospettico immaginato dal Correggio. A differenza della tradizione
cinquecentesca, la decorazione appare libera da partiture architettoniche e
organizzata per essere guardata da due distinti punti di vista. Quello che avevano i
frati benedettini, riuniti nel coro, i soli a cui era dato di vedere la figura di San
Giovanni, e quello dei fedeli nella navata. In questo, l’opera si impone come uno dei
più originali e riusciti esperimenti illusionistici della pittura del Cinquecento. L’abilità
a gestire le figure in scorcio, quella che era allora considerata una delle più ardite
difficoltà dell’arte e che il Correggio aveva già indagato negli ovati della Camera di
San Paolo, trova nell’architettura di nuvole degli affreschi di San Giovanni la sua
prima compiuta espressione. La lezione dell’illusionismo di Mantegna, già
valorizzata nella decorazione della Camera di San Paolo, è adesso portata a un
vertice altissimo che solo la successiva decorazione per la cupola del Duomo potrà
superare ma che resterà unico per tutto il corso della produzione artistica del
Cinquecento. Esiste un buon numero di disegni preparatori per le figure degli
apostoli e del Cristo che dimostrano l’accuratezza con cui ogni singolo dettaglio fu
studiato dal Correggio.Il soggetto rappresentato è la Parousia, cioè la visione del
secondo avvento di Cristo,avuta da San Giovanni sull’isola di Patmos.Non abbiamo
testimonianze di quale fu la reazione della committenza e del pubblico a questa
innovativa opera del Correggio, ma a giudicare dal fatto che l’artista ottenne, negli
anni in cui vi attendeva, il compito di affrescare la cupola del vicino Duomo di
Parma si può credere che, sebbene ancora in fieri,il lavoro riscuotesse un elevato
successo.Fu probabilmente la decorazione della cupola di San Giovanni a sancire
l’affermazione della fama del Correggio a Parma. Nella prima metà degli anni venti
egli ottenne un gran numero di importanti commissioni e il 26 agosto 1525, il suo
nome è registrato in una lista di periti e artisti (tra cui Alessandro Araldi e
Michelangelo Anselmi) chiamati a giudicare la stabilità della chiesa di Santa Maria
della Steccata a Parma. Da qui in avanti le commissioni che l’artista riceverà
saranno sempre più importanti.
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Danae 1531-32 circa,olio su tela, 161 x 193,Roma,Galleria Borghese
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Raccontiamo brevemente il mito: la bellissima Danae era stata rinchiusa dal padre
Acrisio, re di Argo, nella stanza più alta di una torre d’oro. Questa decisione il re
l'aveva presa per scongiurare l’evenienza che sua figlia desse alla luce un eroe che
lo avrebbe spodestato, secondo la predizione di un oracolo. Giove (ma dovremmo
dire Zeus) ne fu informato nelle sue perlustrazioni e pensò di visitarla in forma
incorporea, nubilosa. Dapprima si aprì certamente un colloquio, e Amore stesso
favorì le comunicazioni del gran dio. All'apice del trasporto affettuoso il nume
giunse nella stanza, superando ariosamente ogni ostacolo. Nascerà Perseo, l'eroe
uccisore della Medusa.La tela rappresenta Danae, dal sorriso commosso, mentre
riceve la visita di Zeus che si congiunge a lei sotto forma di pioggia d’oro. Cupido,
ossia Amore in persona, ha preparato la fanciulla trepidante ed ora è pronubo al
vaporoso amplesso: egli rimuove il candido lenzuolo che svela l'eburneo corpo della
fanciulla, timidamente aiutato da questa. I piccoli eroti hanno già giocato con la
giovane principessa e idealmente ne hanno riscaldato il cuore con le loro freccette
inducenti. Danae distende il corpo adolescente trattenendosi nel pensiero del
momento amoroso, che avviene nel silenzio di un cielo aurorale. Essa porta nella
capigliatura il messaggio del suo donarsi: la mirabile treccia sopra alla sua tempia
sinistra significa "dedizione alla divinità", ossia il voto di legame al dio, e la
stupenda ciocca disciolta sulla spalla destra esclama la vocazione di sposa, il
richiamo nuziale.Nell'arte italiana è una delle prime raffigurazioni di questo
soggetto. Vasari nel 1568 ricordava il dipinto come una Venere con “alcuni amori
che delle saette facevano prova su una pietra, quella dell’oro e del piombo, lavorati
con bello artificio”. La maggior luce nella stanza torrigiana proviene da destra ed è
ampia e forte; questa illuminazione nitida e vibrante produce tuttavia ombre
morbide ed effetti di sfumato. Non manca un'effusione argentina dalla finestra
aperta: così il paesaggio è l’altro campo vivido, che contrasta con il tono tenero e
profondo della stanza. L'osservazione attenta dei putti indica peraltro uno scendere
dolce di luce anche da un opercolo superiore, ora occupato dalla nube, come indizio
indispensabile all'entrata della pioggia divina. Il variare meraviglioso della
carezzante illuminazione fa pensare che le figure siano state studiate con attente
prove da modelli viventi, ricolmi di venustà.
Il Cupido - splendidamente giovane e dotato di grandi ali - è a lato di Danae, ed
agisce avendo un rapporto preordinato con Giove: egli accenna al dio e scosta il
velo nuziale per il palpitante connubio. Di questa figura nei testi antichi non vi si fa
menzione, pertanto l’invenzione del Correggio ne risulta straordinaria. L’equilibrio
compositivo e la suprema armonia del dipinto furono rilevati in ogni tempo, sino
all’ammirazione sconfinata di Gustave Moreau - gran pittore francese del secondo
ottocento - che copiò più volte la tela esclamando:“quanto lavoro, per tanta
semplicità!”
Ai piedi del talamo - splendida ricreazione classica sotto l'incomparabile sinfonia dei
bianchi e degli ori - gli amorini realizzano quel controcanto giocoso che tante volte
si registra nelle scene sacre e profane del Correggio. Essi, felicemente estranei al
sospiro e all’emozione di Danae, si dedicano a valutare sulla pietra di paragone
l’efficacia delle punte delle rispettive frecce. Uno, alato, è considerato l'allegoria
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dell'Amore sacro (o celeste), e l'altro dell'Amor profano: stanno disputando sugli
esiti rispettivamente di una freccia d'oro (la perfezione sentimentale), oppure di
semplice metallo (la forza reale dell'eros). Il Correggio - olimpico arbitro imparziale
- ci trasmette un tono e un'ambientazione sereni, che rendono ancora più amabile
la sontuosa stesura pittorica, trapassante con felicità dal cielo ai tessuti, ai corpi, e
che - dopo il recente restauro - ricrea vivissima la gemma della Galleria Borghese.
Volto di Cristo Olio su tavola, cent. 24 x 18. (1518
c.)Correggio, Museo Civico
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Sgarbi smonta l'analisi sul falso e rivela
"C'è un altro Correggio dimenticato"
Un altro capitolo della querelle su "Il volto di Cristo". Dopo l'analisi tecnica
che ne avrebbe dimostrato l'autenticità, Vittorio Sgarbi replica: "La scienza ha
dimostrato una sola cosa: la bravura del falsario, che ha utilizzato materiali
cinquecenteschi. E' un caso simile alle teste di Modigliani". Poi il critico
rivela: "La mostra ha snobbato un capolavoro autografo dell'Allegri,
attualmente in esposizione a Correggio"
“Per fare un falso, la prima cosa è farlo sembrare autentico. Altrimenti il falsario non
sarebbe un falsario, sarebbe un fesso. Le analisi dimostrano una sola cosa: che
l'artista è stato diabolicamente bravo”. Chi pensava che davanti alla scienza
avrebbe deposto le armi, si ricreda. Più convincente di una perizia sui materiali che
piuttosto che certificare “non esclude”, Vittorio Sgarbi rinfocola il dibattito sul
presunto falso esposto alla mostra parmigiana del Correggio, “Il volto di Cristo”, e
annuncia con tempistica (durante la presentazione del suo ultimo libro) un altro
autografo dimenticato: un Cristo trionfante della collezione dei musei vaticani, parte
di un trittico smembrato e attualmente esposto nella piccola mostra “Il Correggio a
Correggio” nel paese reggiano. Il germe del dubbio su “Il volto di Cristo” instillato
dal critico all'inaugurazione della mostra ha fatto il suo corso: prima facendo
comparire un punto interrogativo sulla scheda di attribuzione, poi spingendo il
proprietario, il gallerista inglese Clovis Whitfield, a commissionare un'analisi
diagnostica sul dipinto alla ditta romana MIDA. I risultati delle perizie radiografiche
e sul supporto in legno (pigmenti e fissanti non sono stati prelevati) sono stati
presentati con rullio di tamburi nel corso di un convegno internazionale sull'Allegri
tenutosi a Parma nei giorni scorsi: il “ Volto di Cristo” è autentico. O, meglio, “non
emergono elementi materiali e di tecnica esecutivain contrasto con un
inquadramento cronologico cinquecentesco del dipinto”. Giallo risolto, la
soprintendente Fornari Schianchi può brindare alla vittoria? Dopo quanto affermato
da Sgarbi in tutta risposta, il calice le andrebbe di traverso: “Chi vuole realizzare un
falso si procura materiali antichi, dell'epoca dell'artista che vuole imitare. Per il
supporto, basta una crosta cinquecentesca come se ne trovano tante alle aste, ad
esempio. Per la stesura del dipinto, si usano pigmenti naturali. Vi pare che si possa
imitare un quadro del Cinquecento usando dei colori acrilici? La scienza determina
che i materiali sono antichi, d'accordo, ma si ferma lì. Non può sostituire l'occhio del
critico”. E porta ad esempio la più celebre beffa alla critica d'arte di tutti i tempi: le
teste di Modigliani. “Fior fior di critici gridarono al miracolo. Ma non perché non
avessero dubbi sulla tecnica e sulle forme delle sculture, ma perché uno scienziato
disse loro che le teste erano rimaste nell'acqua per più di novant'anni. Cedettero di
fronte alla scienza. Invece, i falsari spesso vengono smascherati non dalle analisi
scientifiche sui materiali, ma per mancanza di mano, perché non sono riusciti a
immedesimarsi nella forma dell'autore che vogliono imitare. Questa apparente
vittoria in realtà è solo una vittoria del falsario, un giovane pittore che avuto
un'ottima capacità di interpretazione del Correggio”.Sgarbi lo ribadisce: l'avrebbe
personalmente visto dipingere il “ Volto di Cristo”. Ma il nome del pittore rimane
segreto: “Non vuole uscire allo scoperto per paura di essere implicato in
un'inchiesta per falsificazione – dice il critico –
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in realtà non ci sono pericoli, l'ho chiesto al procuratore capo di Parma, che ho
incontrato a Zibello alla festa “November Porc”. Gerardo Laguardia mi ha detto che
non c'è nessuna notizia criminis finché il quadro rimane esposto. Solo se viene
venduto e c'è una denuncia può scattare un'indagine. E andrebbe comunque
dimostrato il dolo”. A sostegno della sua tesi (e in polemica con la soprintendente
Fornari Schianchi) Sgarbi porta un altro argomento: “Prima del 1994 non c'è notizia
del “Volto di Cristo”. Non compare nella letteratura, nessuno sa quale sia la sua
storia. Ma come si può mettere in una mostra un quadro che potrebbe essere stato
comprato al Mercante in Fiera? Poi, come è successo, un critico lo vede a casa del
privato, lo attribuisce e il suo valore schizza alle stelle. Questa è l'avventura di
questo quadro. Pensate che un mercante aveva chiesto a me di convincere il
presidente di una banca a comprarlo per tre milioni di euro. Ho rifiutato, perché
sapevo che era un falso”. A risolvere il giallo, se non si farà avanti questo presunto
genio della falsificazione, sarà il destino del dipinto: “Aspettiamo che lo vendano – è
la sfida di Sgarbi – un Correggio autografo può essere battuto a quattro milioni di
euro. Adesso che il “Volto di Cristo” è appestato dal germe del dubbio, vedremo se
supererà i 200mila euro. Se sono così convinti di avere in mano un quadro
autentico, perché la soprintendente non lo compra per la pinacoteca di Parma? Il
vero danno è per il proprietario, tra l'altro un mio amico. Ma nessun museo
rischierebbe di mettere nella collezione un falso. Sfido la Fornari Schianchi a
metterci la faccia: lo compri per Parma”.Infine, un'ultima stoccata del critico.
Un'altra rivelazione, un altro capolavoro dimenticato dal comitato scientifico
dell'esposizione correggesca, “che nell'inseguimento di questi falsi e dubbie
attribuzioni all'estero si fanno sfuggire autografi certi in Italia”. Il dipinto del Cristo
trionfante proveniente dai musei vaticani ed esposto oggi a Correggio sarebbe da
sempre stato attribuito all'Allegri. “Solo agli inizi del '900 qualcuno suppose che
fosse una copia secentesca – spiega Sgarbi – non è vero, perché il dipinto
presenta dei pentimenti che non esisterebbero in una copia. E' un sottile elemento
di attribuzione di un capolavoro che certamente merita di essere studiato, invece
non è stato preso in considerazione e adesso si trova a Correggio, tra tante croste.
Succede, quando si ha la mente ottenebrata”. Poi, il sindaco di Salemi passa alla
presentazione della sua ultima opera “Clausura a Milano e non solo”. Su questa
manche, può brindare lui.
12
Indice:
pagine 1 e 2 biografia
pagine 3-4-5 “Assunzione della Vergine”
pagine 6-7 Decorazione della cupola di San Giovanni Evangelista
pagine 8-9 “Danae”
pagine 10-11-12 “Volto di Cristo”
Sitografia:
www.settemuse.it/pittori_scultori_italiani/correggio.htm‎ per la biografia
voxnova.altervista.org/correggio. & www.correggioarthome.it per le opere
parma.repubblica.it/dettaglio/il-volto-di-cristo-e...correggio per il volto di Cristo

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