Bollettino numero 10 1995

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Bollettino numero 10 1995
EDITORIALE
Malgrado il gran parlare che si fa di bambini maltrattati e dei loro problemi ecco che giunge da Berna, da coloro che
dovrebbero avere a cuore il benessere della popolazione e sempre davanti agli occhi il futuro del Paese, un messaggio
di segno contrario.
Un messaggio che la stampa (leggi: Ats), o per ignoranza del problema o per mancanza di approfondimento o per di
segno politico ha lanciato dai giornali come se fosse arrivato
"il regalo di Natale" sognato da anni, magari titolando:
Dalla parte dei bimbi (la regione 8.7.95) oppure:
Infanzia maltrattata: Berna corre ai ripari
(Corriere del Ticino 8.7.1995).
Ma che "ripari", Berna non corre da nessuna parte, se mai corre a nascondere la testa sotto la sabbia, come d'altra
parte ha sempre fatto sino ad ora.
Infatti per farsi una opinione più reale bisogna leggere quello che il Consiglio Federale ha sottoscritto per la
Commissione Giuridica del Parlamento
(25 membri; 20 svizzeri tedeschi e 5 romandi).
Sono 49 pagine che servono al Consiglio Federale per distruggere le 133 raccomandazioni che il gruppo di lavoro
aveva, nel 1992, proposto nel rapporto "infanzia maltrattata in Svizzera"
per poter realisticamente lottare contro i maltrattamenti ai minori.
Le uniche cose che si salvano e che i giornali enfatizzano sono i progetti che da anni e anni sono oggetto di discussione
tra i politici, come l'assicurazione maternità, gli assegni familiari, le modifiche della rendita AVS alle donne, gli anticipi
alle donne divorziate e poco altro.
Ma una decisa presa in carico responsabile del problema da parte della Confederazione non si vede, anzi la
Confederazione ribadisce che non può (o non vuole?) dotarsi di altre competenze, che sono i cantoni che devono
meglio organizzarsi.
Nemmeno la ghiotta occasione del progetto di modifica della Costituzione Federale, ora in fase di consultazione, viene
sfruttata dal nostro Consiglio Federale per dare al Paese un segno che il problema dei maltrattamenti gli sta
veramente a cuore, proponendo l'inserimento di un articolo sulla protezione dei minori.
Anzi tale raccomandazione fatta del Gruppo di lavoro viene liquidata in quest'ultimo rapporto con poche righe e con
poche ed insulse argomentazioni.
Veramente una delusione su tutta la linea per tutti coloro che da anni lavorano con questi bambini e con i loro
problemi.
Vorrei veramente che finalmente giornalisti coscienziosi e che operano per il bene del Paese possono muovere
l'opinione politica nazionale in modo tale che il politico debba assumersi fino in fondo tutte le sue responsabilità e che i
bei principi troppo spesso sventagliati come bandiere e …alibi, vengano finalmente a comportare decisioni e radiazioni
che non si devono più rimandare nel tempo.
Non è vero che la Confederazione non ha disponibilità finanziaria e non può dotarsi di altre competenze, infatti: o
l'ufficio federale della salute pubblica spende milioni, magari come con il progetto ora in corso, per campagne contro i
danni del tabagismo ma neanche una briciola per il problema che ci interessa. o l'onorevole R. Dreifuss in luglio di
quest'anno si è fatta fotografare per la posa della prima pietra del magazzino sotterraneo della biblioteca nazionale di
Berna, costo preventivo 27, 6 milioni di franchi!
Un bel investimento per custodire la memoria, ma quanto vogliamo investire per migliorare il futuro della nostra
Nazione?
In avanti, lontano nel futuro devono guardare i nostri politici.
•
e poi… è bastata una grigliata di giovani con simpatie di destra organizzata nel Canton Argovia per dotare,
dopo pochissimi giorni, la Confederazione di una commissione federale di 19 membri che ha il compito di
proporre misure concrete per la lotta contro le discriminazioni razziali e di fungere da organo consultivo per il
governo in questo campo.
La velocità può essere anche una dote bernese…. quando si vuole!
Care lettrici e cari lettori aiutateci a uscire da questo ottuso modo di pensare ed agire, i bambini che soffrono sono
sempre più soli!
E ora permettetemi di presentarvi questo numero del Bollettino.
Marinella Malacrea, la neuropediatra del Cbm di Milano ha tenuto durante il corso di sensibilizzazione sui
maltrattamenti ai minori della scorsa primavera a Mendrisio due delle otto mattinate.
Ho sintetizzato ed ordinato in questo articolo gli appunti che avevo preso allora.
L'intervento in caso nei casi di abuso sessuale non è semplice e chi opera in questo campo dovrebbe riconoscerlo e di
conseguenza cercare ogni occasione per migliorare il suo sapere.
Un suggerimento, il prossimo 5 otto bre e il 30 novembre la Malacrea riproporrà, sempre a Mendrisio, nell'ambito del
secondo corso di sensibilizzare (vedere le "date da ricordare" alla fine di questo Bollettino) le sue due lezioni, vale la
pena di sentirle!
Il 7 giugno u.s. sul canale France 2 è passato il documento Bas les masques sulle sette.
Picchiano alla vostra porta per portarvi la buona parola, si presentano come organizzazioni umanitarie, vi propongono
insistentemente per strada un test della personalità così potrete farne la conoscenza.
Ma attenzione se cadete nella loro rete non vi lasceranno così facilmente, vi prenderanno tutto, tutto quello che avete
dentro e fuori di voi!
Indottrinamento, fanatismo, lavaggio del cervello questi i risultati che vi faranno rompere ogni legame con la famiglia,
i vostri amici e il mondo reale.
Ho perciò ripescato un articolo che tempo fa mi aveva dato un giornalista della TSI su scietologia e oggi ve lo
propongo ricordandovi due cose: o durante il passato anno scolastico questa setta ha potuto introfularsi nelle scuole
del nostro cantone grazie all'esposizione nelle biblioteche e del libro apologetico che descrive principi e storia del
movimento a partire dalla fondazione da parte di Ron Hubbard.
•
la decisione del Tribunale federale di quest'anno che ha confermato il rifiuto opposto dalle autorità di Argovia
al progetto di apertura di una scuola fondata sui principi di Hubbard.
La Regione del 21.2.1995 commentando questa decisione termina l'articolo scrivendo.
Lo Stato, hanno sottolineato a Losanna, non deve permettere l'apertura di una scuola privata ad una
organizzazione "non degna di fiducia".
Non chiudete gli occhi, state all'erta, anche da noi si danno da fare!
I due articoli sul bambino e lo sport firmati da Bernardi e Bizzini sono le relazioni delle conferenze tenute al Centro
sportivo nazionale della gioventù di Tenero lo scorso autunno.
Ringrazio i responsabili della Rivista della scuola federale dello sport di Macolin che mi hanno concesso di pubblicarli.
La rubrica "Tribuna del pubblico" continua con la pubblicazione di un secondo testo di Paola Häring, spero che la sua
assiduità possa stimolare altri a dare il loro contributo.
Tutti i "comunicati importanti" sono veramente importanti…non posso evidenziarne uno in particolare, leggeteli tutti,
dalla novità concernente l'abbonamento al nostro Bollettino all'operazione "Arturo" e.. non dimenticate gli
appuntamenti proposti, in modo particolare quello del 20 novembre 1995 alle 20 e 30 presso il ristorante Casa del
Popolo di Bellinzona per la nostra Assemblea generale!
Arrivederci a quella data… e numerosi!
Il Bollettino chiude con la segnalazione di tre libri.
Tutti validi e da leggere, spesso le notti sono lunghe!
Vi ringrazio per l'attenzione che prestate al Bollettino, il sostegno che non ci fate mancare e la diffusione di tutto quello
che potrà portare allo sviluppo di una "nuova cultura dell'infanzia".
Amilcare Tonella
L'INTERVENTO NEI CASI D'INCESTO
(1 Appunti della VI mattinata del "Corso di sensibilizzazzione sul maltrattamento di minori" tenuto il 30 maggio del
1995 alla scuola cantonale degli operatori sociali di Mendrisio.
Corso organizzato dalla Commissione cantonale aiuto alle vittime di reati in collaborazione con il Centro per il bambino
maltrattato e la cura delle crisi famigliari (Cbm) di Milano.)
Marinella Malacrea
(2 La dottoressa Malacrea è stata una delle fondatrici della cooperativa sociale Cbm di Milano ed è tuttora impegnata
in questa struttura.
è diventata nel corso degli anni particolarmente versata nel campo dell' abuso sessuale sui minori e ha pubblicato
articoli e saggi sull'argomento.
Il suo libro "Segreti di famiglie" pubblicato nel 1990 con Alessandro Vassalli casa editrice Cortina, tratta in modo
esaustivo il problema dell' incesto.)
Bambine ma anche bambini, spesso anche molto piccoli, sono vittime oggi di situazioni di abuso sessuale che per anni
si consumano nel silenzio della famiglia.
Nella realtà sociale attuale spesso si tratta di famiglie ricostituite.
La dott. essa Malacrea, dal 1990 ad oggi, ha seguito direttamente circa 40 situazioni di abuso sessuale mentre ha
offerto la sua consulenza per la supervisione di circa altri 50 casi.
Queste situazioni nascono e si sviluppano, come già per altro conosciuto da molti anni, in ogni strato sociale, gli autori
sono spesso persone, uomini, insospettabili che trovano schiere di individui pronti a giurare sulla loro onorabilità.
Da un punto di vista psicologico sono delle persone che funzionano attraverso la negazione e la scissione, anche se
non inquadrabili in una vera patologia psichiatrica.
Dietro ad una facciata di normalità, magari anche di impegno pubblico e sociale, si nasconde la patologia che si
consuma nell'omertà delle mura domestiche.
Attenzione al "fiuto clinico"!
La dottoressa Malacrea rende attenti coloro che lavorano con le vittime in fase diagnostica: spesso il conoscere per
primo il presunto autore può effettivamente essere negativo per l'operatore.
Infatti il padre si presenta in genere molto bene, sembra equilibrato emotivamente e accudente mentre per contro la
madre può sembrare molto più fragile, patologica e poco accudente nei confronti della vittima.
Che cosa rende l'abuso sessuale così grave nelle sue conseguenze?
In queste situazioni vi è un legame di dipendenza fisica e affettiva tra vittima e autore, ma il rapporto nelle sue varie
sfumature e improntato alla violenza.
Ne consegue una soggezione psicologica tra vittima e autore che dà a questi ogni arma per forzare anche gli ultimi
balauardi di difesa che la vittima potrebbe escogitare.
Il contatto di accudimento tra genitori e figli è normale e dovuto, per contro il contatto sessuale è invece nascosto
sotto le pieghe di tanti ricatti affettivi
("Ti proteggo dalla paura del buio" oppure
"ti faccio tante coccole" oppure "Ti regalo…"ecc.) o ricatti violenti
(minacce di morte o di separazione ecc.).
Spesso il messaggio che l'autore indirettamente passa alla sua piccola vittima è il seguente:
"Ogni cosa che io ti do per proteggerti, tu me la devi pagare con "prestazioni sessuali"!
La vittima di abuso sessuale vive di conseguenze questi stati psicologici:
1- Impotenza.
La vittima deve subire senza poter reagire situazioni che la fanno soffrire, ha l'impressione di non poter più controllare
la propria vita, pensa di non valere niente, che nessuno mai si preoccuperà di aiutarla appunto perché "vale poco" e
crederà che solo la morte la potrà liberare dalla sua situazione. Sentimenti questi che segnano per sempre la
personalità di una bambina o di bambino.
2- Tradimento.
Si sente tradita nelle sue aspettative, le persone dalle quali si aspetta ogni bene le fanno "ogni male".
Questo sentimento è ancora più importante verso coloro che dovrebbero essere protettivi nei suoi confronti, in questi
casi si tratta sovente della madre, piuttosto che del padre autore dell'abuso.
In una famiglia "normale" è la madre che impedisce l'insorgere di un abuso sessuale.
L'esperienza fa dire alla dottoressa Malacrea che le madri delle vittime di abusi sessuali sono sempre immerse in
problematiche complesse che impediscono loro di vedere e sentire.
La vittima interpreterà il silenzio materno come un "silenzio assente" se non già un "silenzio assenziente".
3 - Sessualizzazione traumatica.
I sentimenti di "tradimento" e di "impotenza" qui sopra descritti si ritrovano anche nei casi di maltrattamento fisico e
nella trascuratezza mentre la "sessualizzazione traumatica" e la "stigmatizzazione" sono tipici dell'abuso sessuale.
Essere oggetto di un desiderio erotizzato e nel contempo vittima diventa una connessione inscindibile nella mente della
bambina.
La relazione sessuale è quella che dovrebbe portare ad una interazione positiva delle due persone coinvolte che si
appoggiano e si sostengono l'uno a l'altra che amano e si sentono riamate e che mentalmente ne hanno un guadagno.
Per la vittima di abuso sessuale il momento della massima violenza coincide anche con l'unico momento nel quale essa
è presa in considerazione e si sente "amata".
è veramente il massimo della confusione psicologica, dice la Malacrea.
4 - Stigmatizzazione.
Se la vittima un giorno troverà una persona che le presterà attenzione e l'ascolterà potrebbe trovarsi confrontata con il
fatto che la stessa persona poi la freni e le impedisca di raccontarlo ed altri facendola sentire indirettamente di avere
fatto qualche cosa di disdicevole e, in sostanza, di essere un"mostro".
Già di per sé la vittima di abuso sessuale si vergogna molto di sé stessa, un sentimento pesante e devastante presente
anche nelle bambine piccole.
Oltre a sentirsi sporcata da quanto ha fatto di lei l'abusante si chiede se è colpa sua, cosa può aver fatto, o essere, per
risvegliare quel comportamento.
Se questo sentimento è comune anche nelle donne adulte aggetto di molestie sessuali da parte di estranei, si può
immaginare quanto pesi sulla bambina che le subisce dal proprio padre!
Quanti sono i casi di abuso sessuale?
Le cifre sono spesso incongruenti, molto dipende dai metodi di rilevamento e dalle definizioni. I numeri più alti si
trovano nelle inchieste retrospettive e sono anche i più attenibili.
Con questo metodo risulta negli USA che circa il 15% delle bambine e delle adolescenti e il 6% dei maschi della stessa
età sono vittime di abuso sessuale.
Le statistiche possono presentare delle punte fino al 38 % delle femmine.
In Italia su un campionario di 2300 persone (1994) di età compresa tra l'adolescenza e i 50 anni, il 10 % delle
femmine e il 6% dei maschi è risultato vittima di abuso sessuale contatto da parte di un parente stretto.
Più del 50% di questi contatti erano avvenuti prima dei 10 anni di età!
(3 A Ginevra sono stati recentemente (giugno 1995) pubblicati i primi dati relativi a una ricerca sulla prevalenza degli
abusi sessuali sui minori basata su un campionario rappresentativo di 1129 adolcescenti in età compresa tra i 13 e i 16
anni.
Gli abusi sessuali con contatto (carezze, rapporti completi) erano stati vissuti dal 20% delle adolescenti e dal 4% degli
adolescenti.
Il 42% delle vittime diceva di avere subito tali abusi prima dei 12 anni di età. Il 60% si era confidata con qualcuno ma
la metà di questi avevano chiesto al confidente di mantenere il segreto.
Solamente di un terzo era stato veramente aiutato sopo aver svelato il pesante segreto (D.S. HalpŽrin e altri autori).
3 Gli interventi.
Compito numero uno dell'operatore è quello di sapere che cosa è successo, non ci si può esimere dice Malacrea.
Non ci si deve precipitare a curare la famiglia nella quale è nato il sospetto di abuso sessuale perché "comunque" si
tratta di una famiglia disfunzionale, trascurando una seria diagnosi.
Un approccio di questo tipo genererà ancora più confusione.
L'operatore deve maturare una convinzione personale di quello che è capitato, deve avere una "diagnosi" solo dopo
potrà affrontare il versante della cura.
Ogni operatore deve avere ben chiaro che cosa fa e come deve muoversi.
Spesso di fronte al sospetto emergente di abuso sessuale l'operatore avrebbe la tendenza di passare il caso ad altri.
L'abilità clinica sul versante familiare serve a preparare i passi successivi.
Inquadrare con precisione gli avvenimenti è molto utile per fermare il meccanismo di difesa che ha portato la famiglia
a convivere con l'abuso, e cioè l'omertà sostenuta dalla fantasia di disgregazione della famiglia stessa.
Come riuscire ad essere sufficientemente "abili"?
è la parola del/della bambino/a contro quella dell'adulto!
L'abuso sessuale è un'evenienza frequente e grave e quindi deve rientrare tra le ipotesi diagnostiche differenziali
anche di fronte a segnali di malessere personale o familiare apparentemente specifici.
è lo stesso atteggiamento che deve avere il medico davanti ad una linfoghiandola ingrossata quando sospetta un
tumore.
Non si deve diventare dei maniaci, dice la dottoressa Malacrea, ma dotarsi dei mezzi per poter invalidare o convalidare
un sospetto.
Come si può con una certa tranquillità pensare di aver raggiunto un tale obiettivo?
La relatrice si basa per questo sui seguenti quattro criteri:
1.
un'attenta considerazione delle dinamiche familiari e della storia sintomatica precedenti la scoperta.
2.
una buona valutazione della situazione cognitiva della vittima. La rivelazione della vittima viene valutata in
modo approfondito.
Ci sono vari criteri che vanno usati per questa valutazione4
3.
una seria esplorazione dello stato emotivo della vittima.
Ad un/una bambino/a si può insegnare a dire delle cose ma non si potrà insegnare a mimare dei sentimenti!
Compito del/la operatore/trice sarà quello di cercare i vissuti sopra descritti (impotenza, tradimento,
sessualizzazione traumatica e stimatigazzione)
Talvolta potranno emergere nel materiale proiettivo anche specifici contenuti post-traumatici, sotto forma di
giochi o altre espressioni simboliche.
Si tratta di simbolizzazioni poco elaborate, che non alleviano l'ansia, talvolta ripetitive, secondo le
caratteristiche dei giochi post-traumatici descritti da Terr.
Esse sono la "rimessa in scena" da parte del bambino degli eventi traumatici subiti, spesso accompagnata
dalla percezione consapevole che il simbolo corrisponde ad un ricordo reale.
da ultimo bisognerà valutare la possibilità di trovarsi di fronte ad una falsa denuncia di cui esistono categorie
riconosciute in letteratura.
Si dovrà quindi escludere che esista un fra intendimento delle parole della bambina.
Si dovrà inoltre giudicare se la personalità della bambina presenta delle caratteristiche psicotiche che le
possono far concepire fantasie intrusive e persecutorie che possono essere confuse con un trauma reale;
oppure se vi sono delle enfatizzazioni di fantasie edipiche, tenendo presente che racconti che alludono ad
esperienze intrusive non possono far parte delle fantasie edipiche.
4.
da ultimo si dovrà pure giudicare se la vittima è stata manipolata da un adulto che è stato particolarmente
persuasivo.
Importante a questo punto sarà l'analisi della personalità della madre, tendendo presente che per operare
persuasioni sono necessari, determinazione ed ascendente: in presenza di una madre fragile e di una
bambina ostile nei confronti della madre, vissuta come persona non protettiva, è improbabile l'ipotesi di
persuasione.
(4 si vedano le considerazioni di Steller e Baychuk sul sistema di Statement validity analysis (SVA) applicato alla
rivelazione dei bambini.)
(5 é necessario utilizzare metodi psicodiagnostifci che permettono al bambino di comunicare i vissuti nei modi simbolici
che sono loro congeniali (gioco, disegno, invenzione di favole, ecc.), anche ricorrendo ai classici test protettivi, da cui
si possono ricavare dati standardizzati e confrontabili.
All'inizio la consultazione diagnostica va "attivata": • necessario che il bambino, per quanto piccolo, abbia un'idea del
significato di ci˜ che farˆ con l'esaminatore, e della relazione dell'indagine con il suo malessere e con il suo sospetto di
un'origine traumatica di esso.
Si pu˜ accennare a questa ultima, sia pure in modo interrogativo e con prudenza, per non rischiare suggestione.
Durante le 4-6 sedute dedicate a questa indagine l'interesse non • propiamente fissato sui fatti, e rilevazioni connesse
ma sui sentimenti e relazioni del bambino.)
La relazione.
Le vittime di abuso sessuale che arrivano al Cbm di Milano sono inviate dal Tribunale dei minori e al giudice di questo
tribunale il Centro deve una relazione sulla valutazione psicodiagnostica eseguita.
Malacrea sottolinea come sia importante che questa relazione sia scritta in un linguaggio scevro di termini, concetti e
diagnosi di difficile lettura.
L'operatore/trice deve adattare il suo linguaggio tecnico e professionale .
Basandosi sui quattro concetti citati sopra dovrà esprimere le valutazioni in modo chiaro ed esauriente.
Questa relazione e le sue conclusioni vanno riferite anche alla vittima e alla sua madre (per quanto questa esista
ancora).
Per bambine/i molto piccoli questa "restituzione" verrà fatta di volta in volta a seconda del momento e non in una
seduta apposita come invece avviene per vittime più grandicelle o adolescenti.6
BIBLIOGRAFIA:
Terr. L(1981) "Forbidden Fames", Journal of Accademy of Chil Psychiatry, 20:741-760
Steller. M, Baycheck T., (1992) Children as Witnesses In Sexual Abuse Cases:
Investigative Interview and Assessment Techniques.
In:Dent H, Flin R. Children as Witnesses, John Wiley and Sons Ltd.
(6 Appunti raccolti e stesi da: Dr. Amilcare Tonella)
SCIENTOLOGY E LA FAMIGLIA
Un giornalista della TSI1
"Nelle religioni alternative è proprio l'universo simbolico della cultura occidentale che viene messo in crisi e
sistematicamente distrutto, è il legame con i predecessori che viene negato e rigettato: non a caso gli adepti o
simpatizzanti dei nuovi culti hanno gravi problemi di armonia con la loro famiglia e molto spesso i legami con essa
vengono radicalmente recisi.
Esistono situazioni in cui i matrimoni vengono sciolti perché gli appartenenti ai gruppi alternativi non condividono più
in nessun caso l'universo simbolico del partner"8.
L'osservazione dell'antropologa italiana, profonda conoscitrice delle religioni alternative, se in termini generali, ben si
prestano al discorso delle sette in generale, più in particolare trovano una esatta rispondenza in quella che a buona
ragione viene considerata una delle più pericolose fra le nuove credenze: la chiesa di Scientology.
Definire in modo completo l'essenza di questo nuovo credo richiederebbe alcune pagine: ci limiteremo all'essenziale,
per aver modo di parlare più approfonditamente del tema che qui ci interessa maggiormente: l'influenza di Scientology
sulla famiglia, e quindi sull'educazione dei figli.
(7 Per motivi personali l'autore ci ha chiesto di non mettere il suo nome.)
Cos'è Scientology?
È comunque utile spendere un paio di parole sul alcuni aspetti specifici della scietologia, soprattutto per meglio capire
quali sono gli elementi di questo credo che suscitano maggiori perplessità. Scientology può essere a buona ragione
definitiva come un psico-setta.
è d'altra parte tradizione iniziare una breve descrizione della setta parlando del suo fondatore, Lafyette Ron Hubbard
(1911 - 1986), scrittore americano di fantascienza.
Agli inizi degli anni '50, Hubbard pubblicò un libro, "Dianetics: la scienza moderna della salute mentale", nel quale
poneva le basi di una nuova "scienza", la Dianetica, che a detta dell'autore avrebbe contribuito fortemente a migliorare
le condizioni di vita dell'uomo sulla terra.
Secondo la teoria di Hubbard, gli engrammi (vale a dire i ricordi inconsci di esperienze passate dolorose o angoscianti),
impediscono agli uomini di godere del proprio pieno potenziale. Attraverso una pratica in largo modo vicina a tecniche
quali quelle dell'ipnosi, la dialettica permette di far affiorare questi engrammi e di cancellarli.
Fin dalla pubblicazione di questo primo libro, Hubbard entrò in polemica con la psichiatria ufficiale ("querele" tuttora
esistente anche in Ticino, basti vedere l'esposto al DOS sulla pratica dell'elettroshock nel nostro Cantone, inoltrato
pochi anni fa da un "Comitato per la Difesa dei Diritti dell'Uomo", gruppo legato a Scientology).
è d'altra parte difficile negare che le tecniche messe in atto da Scientology provengono da tecniche usate normalmente
da psichiatri e psicanalisti, con l'eccezione peraltro importante che chi adotta queste tecniche non ha una preparazione
adeguata.
Di solito infatti chi sottopone le persone alle tecniche dianetiche è a sua volta un adepto che ha seguito corsi interni,
da costi per lo più elevati (è stato calcolato che un corso minimamente completo di dialettica costa all'incirca
duecentomila franchi).
Il fatto poi che Hubbard, in seguito al successo ottenuto dal libro, abbia pensato di fondare una religione, può essere
spiegato con la possibilità di poter usufruire, negli Stati Uniti, delle agevolazioni fiscali e di controllo sui traffici
commerciali di cui le religioni riconosciute possono godere
D'altra parte gli aspetti più propriamente cosmologici ed antropologici di Scientology in questa sede ci interessano
meno. Merita di essere segnalato solo un aspetto: per i seguaci di Scientology, il loro credo è il solo in grado di salvare
l'umanità dalla catastrofe.
(8 Cecilia Gatto Trocchi. Le sette in Italia. Roma, Newton Compton pag. 84.)
(9 famosa è comunque la massima esposta da Hubbard nel corso di un seminario di scrittore alla fine degli anni 40: "è
utile scrivere per qualche penny a pagina. Se vuoi guadagnare un milione di dollari devi fondare una nuova religione".
Molti scritici definiscono scentology, come una setta fondata sul "Culto del denaro".
Primo comandamento: non criticare.
Chi entra in contatto con Scientology accetta di far parte di una ben precisa gerarchia di valori e di persone
(l'organizzazione spiccatamente gerarchizzata della chiesa è uno degli aspetti, a detta dei responsabili della setta
stessa, del suo successo), e tende col tempo a sostituire una scala di valori comuni alla nostra cultura, con valori che,
attraverso le tecniche psicologiche della dialettica, lo mettono in una condizione di forte dipendenza rispetto ai
responsabili della Chiesa di Scientology.
Il prof. Hans Kind, psichiatra zurighese, ha definito questo insieme di tecniche psicologiche "una sorta di lavaggio del
cervello".
Operazione particolarmente pericolosa soprattutto per i ragazzi fra i 16 ed i 20 anni, passaggio di difficile ricerca di
certezze.
A questi ragazzi Scientology offre su di un piatto d'argento un sistema di sicurezze già preconfezionate, ed
ottimamente organizzato.
Chi inizia a seguire i corsi, deve anzitutto abituarsi ad evitare qualsiasi critica nei confronti delle "verità" che man
mano gli vengono rivelate.
Anche perché, soprattutto nei casi di ragazzi molto giovani, che non possono quindi disporre di cifre elevate10,
Scientology offre la possibilità di seguire corsi gratuitamente, a patto che l'adepto inizi a vendere il maggior numero
possibile di corsi, cercando in tal modo di creare nuovi "credenti", e di contribuire in tal modo all'espansione della
"verità rivelata nel mondo.
Il lavoro di questi ragazzi (spesso si dedicano alla vendita per più di 12 ore al giorno, sei giorni alla settimana) viene
retribuito "a cottimo": vengono tenute statistiche di vendita molto precise, che quando le cose vanno bene, fruttano al
venditore alcune centinaia di franchi al mese.
Se da un lato questo sfruttamento del lavoro giovanile appare agli adepti un vero e proprio regalo, in quanto permette
loro di proseguire gratuitamente il lunghissimo iter di corsi nella conoscenza della "tecnologia Hubbard", d'altro lato il
fatto di essere costretti a "vendere" questi stessi materiali ad altri permette di abbassare notevolmente la soglia di
attenzione e di critica nei confronti di ciò che imparano.
Per vendere bene, bisogna essere conviti al cento per cento della qualità del prodotto venduto. Le "tecniche di
apprendimento" fatte di esercitazioni lunghissime"in balia" di responsabili più esperti, fanno il resto.
Al termine di ogni fase, lo scientologo sarà sempre più convinto che il sistema di valori trasmessogli dal pensiero
scientologico è il solo ammissibile.
Il cervello di un ragazzo non ancora adulto può in questo modo essere "programmato" a piacere, indipendentemente
dal nuovo sistema di valori che sostituiranno quello trasmesso dalla società, e soprattutto dalla famiglia.
Le tappe di questa rottura tra genitori e figli (ma anche fra coniugi, con la moglie o il marito, seguace di Scientology,
che cerca di coinvolgere attivamente i figli nella setta), sono purtroppo note: ferite insanabili, drammi finanziari e
psicologici.
(4 Si conoscono casi svizzeri di prestiti accordati da finanziarie, gestite da Scientologisty a minorenni.
A Zurigo nel 1991, 3 Scientologisti sono stati condannati per aver venduto corsi per un ammontare di 12000 franchi ad
una ragazza portatrice di handicap mentale.)
Le scuole della verità
A Losanna ed a Zurigo esistono scuole dell'infanzia e di studi primari che seguono i principi di Hubbard.
Create per i figli di genitori appartenenti alla setta, le scuole sono aperte anche ad altri bambini.
D'altra parte va segnalato il fatto che negli Stati Uniti la seconda generazione di scientologisti (figli di almeno un
genitore scientologisti) è già perfettamente attiva.
Uno dei responsabili che ha sostituito Ron Hubbard, dopo la morte avvenuta nel 1986, e figlio di scietologisti.
Allevati secondo i dettagli e i principi di Hubbard, questi "figli della verità" sono tenuti in grande considerazione
all'interno della setta.
Chi scrive un ha avuto modo di visitare in prima persona una di queste scuole, ma le sue conoscenze in merito
provengono da colloqui con persone che hanno conosciuto da vicino questa esperienza.
In queste scuole, i bambini apprendono i valori fondamentali della scietologia secondo un sistema che ricalca molto da
vicino le modalità di vendita viste più sopra.
I bambini vengono continuamente spronati a migliorare le loro statistiche, lavorando senza sosta anche al di fuori dei
corsi.
Uno degli aspetti che maggiormente ha colpito una delle forti di questi racconti, sta nel fatto che questi bambini non
conoscono minimamente il concetto di gioco.
Rinchiusi emotivamente e psicologicamente nel mondo di Sciento logy, questi bambini non hanno modo di socializzare
in maniera normale con i propri coetanei.
Studi scientifici sui danni che una simile educazione possa causare, al momento, almeno a nostra conoscenza, non ne
esistono, anche perché, per quel che riguarda la Svizzera, il fenomeno è molto recente.
Ma va male la pena osservare più da vicino lo sviluppo di questo genere di sette anche in Ticino, dove, a detta degli
stessi responsabili di Scientology, il fenomeno è in piena espansione
(11 Proprio per la scarsa propensione gli Scientology all'accettazione della critica, a volte risulta difficile informare.
I tribunali sono pieni di cause intentate da scientology, contro chi ricerca di vedere da pi• vicino le loro attività.)
IL BAMBINO E LO SPORT
Marcello Bernardi
Vi siete mai chiesti quanti modi ci sono di fare sport?.
Secondo me ve ne sono quattro, ma uno solo merita l'etichetta di "sport vero".
Ma come possiamo avviare il bambino sulla retta via è precludergli la scelta di un cattivo modo di fare sport?
(12 L'articolo e la rielaborazione della relazione che Bernardi ha tenuto nel mese di settembre del 1994 nell'ambito del
ciclo di conferenza organizzato presso il Centro sportivo nazionale della giovent• di Tenero per gentile concezione.
Per gentile concessione della Rivista della Scuola Federale dello Sport di Macolin
13 Marcello Bernardi • un conosciuto pediatra italiano.
Il suo libro pubblicato circa trent'anni fa e sempre in libreria, • ancora un best-seller sull'educazione dei bambini.)
Le quattro facce dello sport
Vorrei cominciare con un'osservazione di tipo generale; lo sport, e questo vale per grandi e piccoli, può essere fatto
grossolanamente, cedendo alla tentazione delle categorie, in quattro modi diversi.
Il primo modo, il più diffuso, gradito e comune, è quello di non farlo ma di guardare gli altri che lo fanno.
Non so in Svizzera, non so nemmeno nel Ticino dove si parla pure la mia lingua, ma in Italia lo sportivo non è tanto
colui che pratica uno sport, quanto chi guarda gli altri che lo praticano, possibilmente schierandosi in favore di un
settore piuttosto che di un altro.
Non fare sport credo sia una malattia, non fare sport e guardare gli altri che lo fanno è una malattia più grave. Perché?
Perché apre le porte ad una serie di inconvenienti sociali abbastanza importanti.
Noi la chiamiamo tifoseria ma in termini "clinici" si chiama fanatismo; malattia sociale di estrema gravità come ben
sappiamo, come si sa in tutto il mondo.
Fanatismo che, naturalmente, produce ostilità perché il fanatico è sempre il nemico di un altro fanatico. Fanatismo che
produce un senso di sudditanza, di appartenenza a critiche incondizionate, per cui il cosiddetto sportivo che non fa
sport si include in una categoria della quale è servo.
Il secondo modo di fare sport è quello di seguire una moda; si fa un certo tipo di sport perché lo fanno tutti, perché
se ne parla, perché "altrimenti che figura ci faccio se non lo faccio anch'io".
è allora si vedono questi stranissimi fenomeni di signori che passano intere serate a "saltare alla corda"! Poi basta,
vanno a fare l'impiegato di banca.
Ma questo tipo di culturismo è di moda e allora bisogna farlo.
Molti aspetti del cosiddetto "body bulding" lo sono ugualmente, l'importante è sviluppare forme scultoree e poi farsi
fotografare con l'olio sopra.
Un tipo di sport che porta all'andamento, alla ricerca di un consenso sociale e alla sproporzione delle proprie membra.
Il terzo modo, è quello del campionissimo: "Faccio sport perché devo essere il più bravo, devo battere tutti, devo
essere il migliore".
Voi siete forse troppo giovani per ricordarlo, ma i tempi del fascismo in Italia, gli antifascisti chiamavano "il migliore",
con sapore ironico, Benito Mussolini.
Ecco questo culto del successo, del proprio prestigio, della propria personalità, è nel complesso abbastanza distruttivo.
Quanto più si coltiva, come dire, l'involucro di un individuo, di un essere vivente, e tanto più se ne distrugge la
sostanza evidente, come per qualsiasi altra cosa del resto.
Peggio, perché questo culto per proprio successo si trasforma molto spesso nel culto dell'oro, della ricchezza, del
possesso, dell'avere.
Non in tutti gli sport gli atleti guadagnano molto, ma i "poveri" calciatori si.
Quando sentiamo attraverso i media le cifre del mercato dei calciatori, è roba da capogiro. Sembrano delle cifre del
Ministero degli esteri.
Lo sport "vero"
C'è un quarto modo di fare dello sport ed è il più modesto, il meno appariscente, il meno valutato, il meno attraente:
fare lo sport vero, non per diventare campioni, non per guadagnare soldi, non per mettersi in mostra, non per
appartenere ad una squadra, la cui bandiera è in conflitto con quella di un'altra squadra, ma semplicemente per fare
dello sport autentico; perché l'uomo è fatto sì di ragione, come diceva Descartes, è fatto sì di anima e di spirito o
cuore come si voglia chiamare, di sentimenti e di emozioni, come sottolinea Freud, ma ahimè, o per fortuna, è fatto
anche di corpo che queste emozioni e pensieri veicola, e porta verso gli altri.
Allora il vero sport ha un obiettivo che è stato, non dirò acutamente perché sarebbe un complimento esagerato,
lucidamente interpretato dal prof. Gigo Roccano che diceva: "il problema per chi esercita sport è quello di migliorare se
stesso per rendere migliore il servizio che può dare agli altri".
Questo è il vero sport!
Quello di fare di se stessi uomini migliori, non al proprio servizio ma al servizio altrui, quello di conservare la propria
capacità, il proprio vigore, le proprie risorse, per poterle mettere a disposizione degli altri.
Allora portiamo tutto questo a livello dei bambini.
Quand'è che un bambino deve cominciare a fare sport?
Sempre, sempre, appena nato, probabilmente prima.
I movimenti fetali sono pur sempre dei movimenti e hanno un loro significato.
Sempre, ma non lo sport così come lo immaginiamo noi, non con i campioni, con le coppe d'oro, d'argento, di bronzo,
le medaglie, ecc.
Il mestiere del bambino è quello di crescere, di svilupparsi, di evolvere e lui lo fa, fin quando nasce ma diversamente
da quel che vedremo per le età successive.
Nel bambino piccolo, lo sport può essere definito da un punto di vista fisiologico, con da un appunto di vista sociale,
organizzativo.
Non segue delle regole infatti l'attitudine del bambino piccolo "a fare" sport.
Una regola vale tanto quanto più è libera, quanto meno è costretta in qualsiasi tipo di normativa.
Ci sono bambini di 3 anni che nuotano perfettamente ma non sanno lanciare il giavellotto e di esso gliene importa
assolutamente niente.
Ci sono bambini piccolissimi che corrono come dei podisti, particolarmente spericolati e tenaci, ad un patto però, che
nessuno li obblighi al farlo.
Libero nei movimenti
Questo fondamentale concetto della libertà di movimento che è la prima base di qualsiasi tipo di sport, al bambino non
viene riconosciuto e non si sa il perché.
Perché se corre e se salta si rompe una gamba, se nuota annega allora ad ogni buon conto non fa niente e squadre di
vigilanti stanno attorno a lui far si che non faccia niente o il meno possibile.
Non si pensa a creargli spazi adeguati, privi di spigoli privi di precipizi.
No, figuriamoci, a ciò non ci pensa nessuno, l'importante è proibirgli di "fare" o per lo meno di fare certe cose.
Se uno non conquista il proprio corpo nei primi anni di vita, è molto difficile che lo possa conquistare in seguito.
Se date un'occhiata all'evoluzione di quel processo dell'uomo che è la deambulazione, il camminare, resterete sorpresi.
Il bambino di un anno, cammina malcerto e a gambe larghe per mantenere il centro di gravità abbastanza basso e
abbastanza centrale.
Guardatelo a due anni, è un atleta, è bravissimo.
Perché? se è stato un bambino che è stato lasciato libero, per i fatti suoi impara in modo perfetto.
C'è quel bellissimo libro di Gesel, superato oramai da 40 anni che, se lo leggessimo oggi, ci farebbe un po' ridere
perché il cosiddetto "trend secolare", cioè l'accelerazione dell'accrescimento dell'evoluzione ha fatto cambiare i tempi
descritti da Gesel.
La sua storia e però esemplare e descrivere tutto quello che un bambino impara a fare nei primi anni di vita se viene
lasciato in pace, se ha a disposizione ciò che gli serve, acqua compresa.
Questo dire vale fino all'età scolare.
(Per età scolare si intende la fascia d'età dai 5/6 anni ai 10 anni).
In età scolare si prospetta l'altro problema dello sport, ed è il problema sociale.
Qui, si può cominciare a porre il problema, non quello dello sport agonistico o della competizione ben inteso, a meno
che non siano loro a voler fare la loro competizione.
Gli antichi ricordi della lontana infanzia ci suggeriscono che uno degli sport prediletti - parlo di 50/55 anni fa - era la
lotta, qualsiasi tipo di lotta.
Era la cosa che ci entusiasmava di più perché per lottare bisogna fare di tutto, correre, saltare, sollevare pesi,
maneggiare strumenti.
Era il nostro sport preferito e quasi tutti noi abbiamo imparato ad usare il nostro corpo combattendo, altri no, si
limitavano a correre e basta, ad arrampicarsi sugli alberi.
In tutto questo può entrare un po' di organizzazione, purché questa non venga imposta, purché preveda la possibilità
di esercitare quel determinato tipo di attività fisica insieme, che è importantissimo.
Ecco poi ci sarebbe un piccolo perché di natura puramente tecnica: meglio se scelgono uno sport bilaterale. Non
comincerei con il lancio del martello, con la scherma, o con tennis, comincerei con il nuoto, con lo sci, con le corse.
La tentazione dello sport passivo
Poi arriva l'età, giustamente chiamata critica, dell'adolescenza, l'età post-scolare; e qui si profilano i grandi pericoli con
i quali noi pediatri ci scontriamo si può dire ogni giorno.
Il primo e più grande pericolo è quello di favorire il primo tipo di sport, del quale parlavo e cioè quello di non fare sport
ma di guardare gli altri che lo fanno, quindi il settarismo, quindi la mitizzazione di un particolare simbolo, quindi il
crearsi dei cosiddetti gruppi intermedi in antagonismo fra loro.
Ricordiamo che il fascismo è nato da questo atteggiamento settario delle camicie nere nei confronti delle bandiere
rosse, con una piccola differenza che ahimè, ci è costata 20 anni di schiavitù e una guerra che quelli della bandiera
rossa sapevano cantare "bandiera rossa" e basta e quelli con le camicie nere adoperavano i randelli e l'olio di ricino
prima, e il mitra poi.
Alla radice di molte sciagure umane c'è proprio questo.
Gli antropologi culturali sostengono che un uomo, per vivere da un uomo, deve trovare la giusta via fra il mitico
simbolico e il logico concreto, ovvero fra l'emozione e la ragione.
Se prevale la ragione divertiamo una società di mercanti e niente più, in pace fra loro perché conviene e ci si
guadagna.
Se prevale il mitico simbolico diventiamo una società di fanatici, di persecutori.
Ecco, questo credo sia il dilemma per un ragazzo nell'epoca dell'adolescenza, in cui esiste questo tremendo, lacerante
conflitto fra la mitomania da una parte e il cinismo dall'altra, fra la passione e il calcolo, fra il gioco abbandonato alle
spalle per necessità di cose e il lavoro ancora lontano, fra una società fondata essenzialmente su fattori affettivi (come
la società del bambino) e una società fondata essenzialmente su valori ultra concreti.
Affermare che l'adolescente abbia una crisi d'entità, è un po' un lungo comune, però in effetti è una persona
abbastanza travagliata, alla quale basta offrire poco perché ci caschi.
Attenti alle trappole
Le trappole sulla strada dell'adolescente, sono facilissime da usare, basta un niente e ci casca quasi sempre.
Allora, direi che questo primo tipo di sport assenteista, di sport tifoso, di sport partigiano, senza alcun impegno
personale, costituisce un grosso rischio.
Cosa si può fare? Niente naturalmente!
L'unica cosa che si può fare, è di non dare il cattivo esempio.
Certo che se un genitore la domenica va a vedere la partita, ed esce in escandescenze perché la propria squadra ha
perso, perché l'arbitro è un venduto. ecc.
In questo caso non sarà un buon modello.
A parte questo, non si può fare altro, non si può proibire ad un ragazzo di fare il tifo per il Milan piuttosto che per
qualcun'altro.
Seguono a pari merito i pericoli dello sport di moda perché naturalmente, siccome l'adolescente è suscettibile a
qualsiasi tipo di suggestione lo è anche alle suggestioni della moda, la quale può fargli fare delle cretinate che lui no ha
nessuna voglia di fare.
Le fa perché quelli del suo gruppo le fanno, perché sta bene farle, perché come si fa a non farle.
A pari merito il culto del campionismo che è a mio modo di vedere fra i più deleteri.
Ho avuto la fortuna di conoscere nel corso della mia vita diversi campioni; quelli che sono diventati campioni per caso
perché gli interessava diventare campioni ed erano bravi, e sono degli uomini e quelli che volevano diventare campioni
a qualsiasi costo e sono dei caporali, proprio dei caporali di basso rango.
Come uomini non valgono nulla, bravissimi, eccellenti, ma come uomini zero! è un grosso rischio l'ipervalutazione del
titolo come tale, non è sportiva, né dal punto di vista fisico né psicologico, ma è una mania.
Dal punto di vista psicologico è senz'altro una nevrosi abbastanza grave, dal punto di vista fisico è una deformità.
Attenzione!
Come vi dicevo, sono rimasto abbastanza sbalordito nel vedere il Centro sportivo nazionale della gioventù di Tenero.
Qui non occorre parlare con le persone, non occorre chiedere e l'aria che si respira è quella dello sport vero.
Qui si viene per fare dello sport, tutti insieme.
Per dare il meglio di sé, al servizio degli altri.
è chiaro che si fa questo e questo è il vero sport.
Allora in ordine di età direi: in età pre-scolare il bambino faccia quello che vuole, però che possa farlo.
Una delle cose stupende che c'è qui, è lo spazio, uno spazio libero, non pericoloso, uno spazio attraente.
Nella maggior parte dei posti non è per niente così.
Se vi capita di venire a Milano ad esempio , date un'occhiata; non ci sono più nemmeno i marciapiedi perché sono
occupati dalle auto parcheggiate, non ci sono più i cortili, non ci sono più i giardini perché invasi dagli spacciatori di
droga, dai barboni, dalla piccola criminalità urbana, non ci sono i giardini dei condomini, perché sono vietati ai
bambini, non c'è più nulla.
Non c'è la casa perché il prezzo degli appartamenti di Milano è alto quasi quanto quello svizzero. Dove ma un bambino
a correre?
Andate in campagna, non c'è più nulla neanche lì perché, a parte le strade con le auto che passano a velocità folle, il
resto è coltivato, e se non lo è, è selvaggio.
Come fa dunque un bambino a muoversi, ad andare in acqua?
Dove va? In età scolare dovrebbe entrare in gioco la scuola, la quale nella più parte dei casi, non ha palestre, non ha
campi sportivi, non ha piscine, non ha giardini, non ha nulla.
E soprattutto non ha adulti idonei ad aiutare un bambino, non ha adulti che siano in grado di far capire al bambino,
allo scolaro, che lo sport si fa insieme, che fare sport è un atto d'amore e non di rivalità, che quando si combatte fra
compagni lo si fa perché si è amici, non per odio.
Fatelo capire voi in questo mondo di fanfaroni, di cialtroni, che ne inventano una tutti i giorni. Nell'adolescenza cosa
vedono questi ragazzi a parte le partite di calcio, di pallanuoto, pallacanestro che occupano i programmi per ore, con
grida di entusiasmo o di esecrazione.
A parte il fatto che è abbastanza difficile trasmettere lo spirito dello sport attraverso un teleschermo. Però non ci si
prova nemmeno, è un dato di fatto.
Il massimo che noi possiamo dare ai nostri bambini in fatto di sporti sono i concorsi, le squadre, i verdi, i gialli, che
vincono perché hanno indovinato la risposta giusta. Massimo dei massimi, i giochi d'estate, come si chiamano?
Dov'è lo sport, lo spirito dello sport?
Dov'è questa necessità interiore di essere migliore per servire meglio gli altri, dov'è il vero spirito sportivo.
Mi sembra allora sia il caso di fare appello prima di tutto ai genitori che non siano caporali, come diceva Totò, uomini,
esseri umani.
In secondo luogo agli insegnanti e in terzo luogo, ma questo non lo dico nemmeno perché fa ridere, agli
amministratori pubblici, a quelli che in Italia chiamano politici.
I DIRITTI DEL RAGAZZO NELLO SPORT
Lucio Bizzini
Scopo di questo mio esposto è di discutere il problema della pratica sportiva del bambino e del ragazzo in termini di
ontogenesi e di sviluppo individuale nell'ottica di un adeguamento dello sport organizzato alle rispettive realtà dello
sviluppo del giovane.
(1 L'articolo è una rielaborazione della relazione tenuta dall'autore, nel cilco delle conferenze organizzato dal Campo
sportivo nazionale della giovent• di Tenero nel mese di ottobre del 1994.
Per gentile concessione della Rivista della Scuola Federale dello Sport di Macolin.
2 Dottor Lucio Bizzini è psicologo-psicoterapeuta FSP e lavora al "Centre de Medicine Exercice" di Ginevra.)
La prima età scolare
Il bambino dai 7 agli 11 anni non sa cosa significa riposarsi, limitarsi; egli è generoso, si dà a fondo, spesso senza
rendersi conto che il suo fisico è al limite.
La struttura ossea e la forza muscolare non ancora sviluppate completamente contrastano con l'armonia delle
proporzioni corporee che lo fanno elegante e ben coordinato.
Dal punto di vista psicologico, egli è un essere del concreto, il suo mondo è bene ordinato, il suo comportamento è
spontaneo, la rappresentazione della realtà tutto sommato semplice.
Le sue motivazioni sono chiare e soprattutto influenzate da fattori esterni.
è così che a questa età si comincerà uno sport perché lo fa il papà o l'amico o l'idolo televisivo, ecc. Lo si abbandonerà
anche facilmente, spesso deludendo l'adulto o il genitore che concluderà, maldestramente, a una mancanza di volontà
e di assiduità.
Ma per il bambino questa è un'occasione di scoperta, di confronto con abilità motorie e situazioni differenti, è insomma
una base importante e indispensabile per le future attività sportive specializzate e intensive.
è l'età ideale per l'apprendimento motorio ed è dunque corretto insegnare attività sportive le più variate possibili.
Se queste attività potranno poi basarsi su apprendimenti ed esperienze motorie "selvaggie", fatte nei primi anni di vita
e dunque prima dell'inizio dell'allenamento sportivo, saranno ancora più efficaci, proprio perché costruite sulla propria
esperienza, di iniziativa propria, in condizioni diverse e con uno spirito di avventura e di curiosità (come lo ha mostrato
una bella ricerca di Marte e Notarnicola).
Il bambino tra i 7 e gli 11 anni è anche poeta, sognatore, le sue caratteristiche talvolta lo vogliono persino "sbadato",
"testa all'aria", come quel portiere che al momento di dover prestar attenzione a un attacco pericoloso della squadra
avversaria, si lascia distrarre da un elicottero che passa vicino.
Le sue capacità spazio temporali sono ancora incomplete, il suo acume tattico ne soffre, le sue possibilità di anticipare,
prevedere, sono ancora limitate.
Per ci˜ che riguarda le motivazioni, il bambino fa dello sport essenzialmente a causa degli amici, dei parenti, o degli
idoli vari; è verso gli undici anni che le motivazioni si interiorizzano (piacere, progresso, interesse per la competizione,
fitness).
Direi quindi che, fino agli undici/ dodici anni, l'accento deve essere posto soprattutto sulla multidisciplinarietà e
sull'apprendimento di più attività sportive, evitando (ma in alcuni sport come la ginnastica artistica, il pattinaggio o il
nuoto ci˜ è più difficile) l'allenamento intensivo precoce.
La seconda età scolare
Il ragazzo degli 11 ai 14 anni, dal punto di vista fisico, si trova in una fase delicata di crescita: il rapporto tra struttura
ossea e muscolare sembra all'improvviso squilibrato; è questa l'età delle lunghe braccia e delle lunghe gambe, di corpi
mal proporzionati che condizionano l'eleganza del gesto.
Il ragazzo scopre poco a poco l'utilità del pensiero astratto, ne scopre i vantaggi rispetto alla struttura conoscitiva
precedente che era ancora legata all'oggetto presente nel qui e adesso.
Egli è ormai capace di applicare i vari strumenti cognitivi (percezione, memoria, ragionamento logico, attenzione,
concentrazione) più a lungo, meglio e con meno difficoltà.
Egli è avido di progresso, il terreno è favorevole all'apprendimento; è un essere curioso, generoso anche nello sforzo di
integrare le novità.
Egli è naturalmente esigente verso se stesso verso gli altri, si aspetta di acquisire nuove esperienze che ne
arricchiscano il bagaglio di conoscenze, non si accontenta più di seguire, vuole proporre, provocare, crescere.
Il ragazzo di questa età è quindi un essere particolarmente sensibile, impaziente anche di poter affermarsi nella
società.
Inoltre, il senso dell'amicizia è qui al suo apice; il ragazzo cerca nel gruppo un luogo dove realizzarsi e affermarsi ma
anche dove essere protetto e capito.
Lo sport rappresenta per lui forse la prima occasione che ha di sperimentare l'investimento affettivo e cognitivo di uno
spazio autonomo.
Le motivazioni alla pratica sportiva fin qui largamente dominate dagli incentivi parentali, familiari o sociali si
interiorizzano, diventano più personali: esse sono la voglia di progredire, il piacere provato nel fare dello sport, il
desiderio di misurarsi con gli altri.
Il processo di interiorizzazione permette al ragazzo di fare nuove esperienze non più sotto la guida (o l'autorità) di un
adulto, ma il contatto con esso, nel nostro caso l'allenatore, con il quale inizia una collaborazione che lo porterà ad
acquisire sempre più capacità motorie, tattiche, mentali, sociali e morali.
Lo sport è piacere
Lo sport è una attività privilegiata per il bambino e per ragazzo; attraverso la pratica sportiva entrambi si confrontano
alle proprie competenze e ai propri limiti, misurano e verificano poi il cammino che devono ancora percorrere per
padroneggiare i diversi elementi tecnici, tattici, psicologici e sociali.
Sappiamo che nello sport (dal francese antico "desportes" che significa divertimento), anche in quello di altro livello, è
indispensabile che l'atleta si rifaccia a motivazioni intrinseche, quali il piacere profondo della pratica sportiva e la
curiosità del progredire.
Per il giovane, lo sport è o dovrebbe essere esperienza del piacere.
L'esasperazione della competizione e un'intensità monodisciplinare eccessiva prima dei 13/14 anni (ma molto dipende
anche dal tipo di disciplina sportiva) non favoriscono certo la crescita dell'apprendista sportivo; al contrario ne
aumentano il rischio di abbandono della pratica.
Il mondo del ragazzo è differente da quello dell'adulto, per farlo progredire bisogna offrirgli modelli, infrastrutture e
competizioni differenti da quelli dell'adulto.
Occorre in altre parole, rispettare il suo mondo.
è bene ricordare anche che, come lo sottolinea R. Martens, "se gioia e tristezza nello sport sono sinonimi di vittoria o
di sconfitta, lo si deve in gran parte all'influenza dell'adulto", e che, dal punto di vista educativo, come ricorda Grupe,
"le vittorie e i record non sono il significato più profondo dello sport, come invece lo sono l'arricchimento, la
soddisfazione e i perfezionamento di se stesso". Lo sport è quindi da considerare come occasione di crescita, non di
frustrazione o di delusione.
La Carta dei diritti Il movimento detto della Carta dei diritti del ragazzo nello sport (cfr. figura), nata a Ginevra per
volontà di un gruppo di allenatori e di specialisti della fanciullezza e dell'adolescenza, con il sostegno del Service des
Loisirs del (Dipartimento dell'istruzione pubblica del Canton Ginevra), si prefigge di dare a chi vi aderisce alcune linee
di comportamento che rispettano l'ideologia psicopedagogia sviluppata qui sopra.
In particolare, la carta dei diritti del ragazzo nello sport, basata sui dati recenti della medicina, della psicologia dello
sviluppo e della pedagogia in relazione alla pratica sportiva del ragazzo fino ai 14 anni, preconizza di favorire la
pluridisciplinarietà (allargamento dell'esperienza motoria), adeguare l'organizzazione della competizione (non imitare
tornei o campionati confacenti all'adulto), rispettare i tempi personali di apprendimento (non operare una selezione
troppo precoce), prendere in considerazione i mutamenti fondamentali legati alla pubertà (che spesso conducono a
momentanee regressioni delle capacità motorie), tener presente che il ragazzo non ha terminato la sua crescita.
Carta dei diritti del ragazzo nello sport
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Diritto di fare dello sport
Diritto di divertirsi e di giocare come dei bambini
Diritto di usufruire di un ambiente sano
Diritto di essere trattato con dignità
Diritto di essere circondato e allenato da persone competenti
Diritto di seguire allenamenti adatti ai ritmi individuali
Diritto di competere con dei giovani che hanno le stesse possibilità di successo
Diritto di partecipare a competizioni adeguate
Diritto di praticare il proprio sport in assoluta sicurezza
Diritto di avere tempi di riposo
Diritto di non essere un campione
Diritto di fare dello sport
Senza distinzioni di sorta (sesso, abilità, caratteristiche fisiche), ogni ragazzo che lo desidera dovrebbe poter fare sport
in una qualsiasi società sportiva (viva le società di nuoto e i gruppi non competitivi; abbasso i bambini confinati per
lunghi minuti sulle panchine negli sports collettivi).
Diritto di divertirsi e di giocare
Bisogna rispettare il modo in cui i ragazzi dai 7 ai 14 anni giocano e si divertono.
Per esempio, i ragazzi di 11 anni, giocando a calcio, inventa no regole e forme di competizioni particolari, che spesso
durano un pomeriggio intero, alternate ad altre attività, sportive o non (ciclismo, giochi di società, pesca, ecc).
Ci˜ indica la necessità di variare, creare condizioni differenti, proporre alternative di gioco, incoraggiare l'uso di queste
pratiche spontanee.
Diritto di usufruire di un ambiente sano
è un problema importante al giorno d'oggi; infatti ricerche indicano che non basta fare dello sport per essere
salvaguardati, per esempio, dalla tentazione della droga (anzi il problema del doping prova il contrario).
Spetta all'adulto (allenatore e dirigente) educare il ragazzo "sentire" il benessere fisico e psicologico che la pratica
sportiva procura, spetta all'adulto introdurre, il più presto possibile, nozioni quali il fair-play (viva i gesti sportivi da
mostrare; abbasso il comportamento ostile dell'allenatore verso gli arbitri).
Diritto di essere trattato con dignità
Troppo spesso ancora accade che nella pratica quotidiana, sul terreno, ai bordi del campo e negli spogliatoi, riappaiono
vecchi demoni, come quelli legati alla scuola "alla dura", oppure allenatori che usano un linguaggio poco confacente a
regole elementari di buona educazione. Tutte queste attitudini non favoriscono di certo il processo educativo sportivo.
Lo sport è qui fonte di frustrazione, di delusione, e di mancanza fondamentale di rispetto nei confronti dell'altro.
Diritto di essere circondato e allenato da persone competenti
L'allenatore-educatore che opera nel settore giovanile deve integrare conoscenze psico-pedagogiche e insegnamento
tecnico adattandosi alla realtà del ragazzo.
è compito dei tecnici-formatori porre le basi didattiche, dame un contenuto, suggerire metodologiche adeguate.
Spesso purtroppo succede che gli allenatori i meno competenti si devono affidare atleti giovanissimi; volenterosi ma
senza formazione, essi commettono errori che spesso avranno incidenze sul futuro sportivo del ragazzo.
è compito dei tecnici-formatori porre le basi didattiche, darne un contenuto, suggerisce metologie adeguate.
Spesso purtroppo succede che gli allenatori meno competenti si vedono affidare atleti giovanissimi; volenterosi ma
senza formazione, essi commettono errori che spesso avranno indigenze sul futuro sportivo del ragazzo.
Altri allenatori ricorrono per esempio a "teorie" di pre-gara, copie fedeli di quelle degli adulti, inadatte ai ragazzi.
Non dimentichiamo che verso i quindici anni circa il 50% dei ragazzi abbandona il proprio sport di competizione e, ci˜
che è più grave, il 10% tra di loro, non vorrà più saperne di sport.
Diritto di competere con dei giovani che hanno le stesse possibilità di successo
Si assiste ancora troppo sovente a incontri tra i competitori di livelli troppo differenti che non forniscono alcun apporto
positivo all'esperienza sportiva.
Ho assistito personalmente a un incontro di calcio finito sul risultato di 22 a 0; ho letto da qualche parte che un
incontro di hockey su ghiaccio si è concluso sul 55 a 0; nei circoli di tennis si vedono ancora troppo spesso
competizioni tra bambini e adulti.
Certo, è interessante e formativo imparare a perdere per poi tirare insegnamenti utili; ma l'esperienza di sentirsi
imponenti non è utile come non è utile il sentirsi onnipotenti.
Diritto di partecipare a competizioni adeguate
L'organizzazione della competizione è sovente adultomorfica (campionati, tornei ad emanazione diretta, distanza da
percorrere, titoli di campioni in erba).
Vi sono anche esempi positivi di adattamento: gioco a 7 nel calcio, minibasket, mini-volley, etc, (tornei che durano un
giorno).
Diritto di praticare il proprio sport in assoluta sicurezza
Si pone qui tutto il problema dell'adeguamento delle infrastrutture, le quali, spesso, non tengono sufficientemente
conto della realtà fisica e psichica del ragazzo o del bambino
(dimensioni del terreno, attrezzi ginnici, porte nello sci).
Anche qui vi sono esempi positivi quali la superficie di ghiaccio adattata, i muri di arrampicata,
gli spazi di gioco non strutturati.
Diritto di avere tempi di riposo
Troppo spesso accade che nello sport organizzato, soprattutto in quello che chiamiamo allenamento intensivo precoce
(più di 10 ore alla settimana per atleti dai 7 ai 14 anni), le vacanze siano utilizzate per dei campi d'allenamento, che
precludono così all'allievo un meritato periodo di riposo.
Diritto di non essere un campione
…ma anche il diritto di esserlo.
Mi sembra importante poter dire che al termine dei primi anni di pratica sportiva, in ogni caso fin verso i 15 anni, il
ragazzo abbia assimilato il fatto che competere è gioia nel confrontarsi, comprendersi, misurarsi con se stessi e con gli
altri (competere = cercare assieme).
Su questa base egli sarà in grado di intensificare la pratica sportiva se ne ha la voglia e il talento, o di continuare a
fare sport come occupazione del tempo libero .
In conclusione, l'ideologia psico-pedagogica che sta alla base della Carta dei diritti del ragazzo nello sport si vuole
garante di un'educazione sportiva che rispetti le particolarità del giovane.
Essa rappresenta un impegno, per chi vi aderisce, a praticare e divulgare un'ottica sportiva che mette al centro il
ragazzo anziché il risultato .
TRIBUNA DEL PUBBLICO: VALENTINA
Una domenica pomeriggio.
Una bella giornata.
A zonzo sul lungolago.
Ed ecco che incontro Valentina. Una mia ex allieva.
Seguita alcuni anni fa dal servizio di sostegno pedagogico.
La guardo Lei mi guarda. Io non la saluto.
La osservo. Vestita bene. Accompagnata da una amica e da un amico.
Passeggiando tranquillamente sul lungolago.
E i miei pensieri cominciano a correre.
Avrebbe potuto essere in casa.
Con i genitori. Che non la lasciano uscire.
Avrebbe potuto essere in sala giochi.A giocare.
Avrebbe potuto essere in giro a fumare, a drogarsi…
Avrebbe potuto essere sposata, ed avere giˆ dei bambini…
E invece no. Passeggia tranquillamente sul lungolago. Ben vestita. Con degli amici.
E allora posso ben dirmi che il lavoro che ho fatto anni fa un po' di frutti li ha dati…
E sono sollevata. Con la fatica che avevo fatto.
E i ricordi corrono…
A quando parlai con i docenti che l'avevano in classe.
è una ragazza tarata… Non sa fare niente. l'unica cosa che sa fare è leggere…
E poi non si lava mai… Non è inserita nella classe.
Nessuno vuole sedersi vicino a lei…
Oppure ragazza poco inserita, con problemi relazionali, con problemi intellettivi di apprendimento, magari familiari,
appena arrivata da un contesto culturale diverso, con difficoltˆ di inserimento culturale, sociale e affettivo nella nostra
societˆ.
E leggo i giudizi redatti dai docenti.
Un libretto scolastico pieno di insufficiente.
E mi leggo la cartella del servizio di sostegno.
Delle cifre per attestare il grado di intelligenza.
E intanto io vedo la ragazza. Mi racconta tante cose.
Delle sue amiche. Dei suoi fratelli. Dei suoi genitori.
Di quando abitava altrove. Del suo vissuto scolastico.
E io vorrei farle fare qualcosa di scuola.
Il mio compito sarebbe quello di farle migliorare il rendimento scolastico.
Lei non vuole. La ragazza vuole continuare a raccontarsi.
A mostrarmi i lavori riusciti che fa.
I lavori che hanno ricevuto una valutazione sufficiente.
I disegni che fa a visiva, i vestiti che si cuce a tecnica d'abbigliamento.
E io sono strabiliata. Fa dei bei lavori.
Nessuno mi aveva detto che faceva dei bei lavori.
E vedo che passando il tempo lei si cura sempre di più.
Diventa sempre più elegante.
A volte copia perfino il mio stile di vestirmi.
E a me fa anche un po' di piacere.
In fondo in fondo. E un giorno Valentina arriva con dei graffi ai polsi.
E le chiedo:
-Ma Vale, cosa ti è successo?
La risposta:
Il gatto mi ha graffiato.
Allibita. Non so cosa pensare. E poco tempo dopo arriva con un braccio rotto.
E le chiedo:
Ma Vale, cosa ti è successo?
La risposta:
Sono caduta dalle scale.
Allibita. Non so cosa pensare.
Strano, una ragazza di quell'etˆ che cade dalle scale e si rompe un braccio.
E allora insisto:
Non ci credo mica tanto…
E cominciano a scenderle le lacrime…
è mio cugino che mi voleva prendere…
Ed io comincio a panicare. Cosa faccio. Cosa le dico. Come reagisco.
E allora cerco di mantenere la calma. E riflettere sul da farsi.
E discuterne con i colleghi.
E corro in Magistratura per chiedere consiglio.
E lì mi tranquillizzano un pochino.
è la ragazza che deve scegliere se fare o meno la denuncia.
Dalle il numero della magistratura dei minorenni.
E che deve difendersi…
Lei è più tranquilla. Io un pochino anche.
E poi mi assalgono i dubbi.
Devo informare o meno i docenti di quello che mi ha raccontano l'allieva.
Ho il segreto professionale…
Aiuterebbe i docenti a comportarsi differentemente con lei.
E se lo dico tradisco la fiducia della ragazza che si è raccontata..
E se i docenti sanno che io so una cosa del genere e io no la dico…
E giungo alla conclusione che è la ragazza che deve decidere se vuole dirlo o meno ai docenti…
E mi chiedo:
Ma perchŽ loro non si sono mai accorti di niente? PerchŽ?
Ora lei è qui. Che passeggia. E io continuo la passeggiata sul lungolago.
Paola Häring
Via Gaggiole 90
6596 Gordola
COMUNICATI IMPORTANTI
Il Bollettino ASPI.
Il nostro Bollettino ASPI chiude con questo numero 12 il quarto anno di esistenza del nostro Gruppo
regionale.
Alcuni dati informativi delle prime undici pubblicazioni: sono state pubblicate 462 pagine in 12260 fascicoli distribuiti
per un costo totale di fr. 51500. (equivalente a 0.9 cts per pagina pubblicata). Fino ad oggi abbiamo sempre potuto
fare capo alla benevolenza dei nostri sostenitori, ma la nostra cassa oggi sta riflettendo l'economia del Cantone,
abbiamo solo un fondo che a mala pena riuscirà a coprire i costi del numero 12.
UN RIPENSAMENTO DELLA NOSTRA DECISIONE INIZIALE (quella di distribuire gratuitamente il nostro Bollettino) SI
IMPONE.
Con il 1996 pensiamo di inviare il Bollettino in abbonamento. Gratuitamente ai nostri sostenitori che verseranno
almeno 50 franchi.
L'abbonamento costerà 30 fr. per le persone singole e 50 fr. per anno per le scuole, le associazioni, le persone
giuridiche ecc.
La nostra organizzazione interna non ci permetterà un controllo e un richiamo dei morosi vi preghiamo pertanto di
darci una mano e di versarci l'importo con la cedola di pagamento acclusa nel prossimo numero (il numero 13).
GRAZIE
"ARTURO" e il film festival ragazzi di Bellizona
Il prossimo 11 novembre prenderà il via a Bellinzona l'ottava edizione del Film Festival Ragazzi, manifestazione che si
è creata un suo spazio e ha ottenuto significativi riconoscimenti ad ogni livello anche in ambito della Confederazione.
Dietro le quinte viene fatto un grande lavoro con i ragazzi e le ragazze di sensibilizzazione e di preparazione alla
visione dei film.
Per noi del Gruppo regionale dell'ASPI il RISPETTO DEL BAMBINO rappresenta l'obiettivo numero uno e perciò ci è
sembrato che riuscire a coinvolgere i ragazzi, e non solo loro, a cercare nei film in gara quelle espressioni e
manifestazioni di Òrispetto del bambinoÓ potesse essere un esercizio meritevole di un premio.
Il nostro ringraziamento più sincero va al Presidente del festival, avv. Brenno Martignoni e al direttore artistico, dott.
Domenico Lucchini, per ave subito accettato e permesso di realizzare questa nostra idea.
È tutto merito dello scultore bellinzonese Luca Marcionelli aver ideato e battezzato "Arturo",
questo bronzo (la cui fotografia è riportata nella copertina di questo numero) che verrà assegnato nelle prossime
cinque dedizioni del festival al film con il più alto contenuto di "rispetto del bambino".
Con questa azione perseguiamo due obiettivi, dapprima quello di fare riflettere il pubblico sul concetto di rispetto del
bambino e poi di raccogliere fondi per la nostra attività. Infatti alcune statuette verranno vendute al prezzo di fr.
2850.- cadauna a coloro che per primi si annunceranno. Aspettiamo la vostra offerta, forza!
Potete offrire un aiuto per la sponsorizzazione di questa azione oppure acquistare una statuetta (bronzo, altezza circa
20 cm, occhi simili a quelli delle bambole… che si chiudono!), contattate la redazione.
Date da ricordare
13 settembre al 18 dicembre
Viene organizzato un secondo corso di sensibilizzazione sul maltrattamento di minori dalla Commissione aiuto alle
vittime di reati con la collaborazione del ÒCentro per il bambino maltrattato e la cura delle crisi familiari (Cbm)Ó di
Milano.
I contenuti e la struttura del corso sono simili a quello iniziato il 15 aprile u.s.
e pubblicato nel BOLLETTINO nr. 11.
Le iscrizioni, limitate a 50 persone, sono chiuse.
Ciò nonostante coloro che fossero interessati a partecipare
ad una delle mattinate o al corso possono contattare
Roberto Sandrinelli, Ufficio sociale, Bellinzona
tel 092.243170. INFO:
presso la redazione.
16 ottobre
presso il Centro sportivo della gioventù di Tenero con inizio alle ore 20.15,
nell'ambito del ciclo di conferenze d'autunno vi sarà una conferenza sul tema
"Aspettative dei genitori e rispetto della personalità dei figli".
Relatori: Dr. M. Vannotti (Losanna) e Dr. A. Tonella (Bellinzona).
INFO: presso la redazione.
11 novembre
Dalle ore 10.00 alle 16.30, giornata di studio dell'ASPI svizzera a Friborgo.
Ressources et limites des autoritŽs tutŽlaires dans le domaine de la protection des enfants.
INFO: presso la Redazione.
15 novembre
Giornata di studio sui diritti dei minori, organizzata nell'ambito del 50esimo anniversario dell' ONU per la "giornata
internazionale dei diritti del bambino".
Inizio alle ore 8.30, fine alle ore 17.30.
Centro di conferenze CS-Forum
17, rue de Lausanne a Ginevra.
INFO: DEI sezione svizzera,
casella postale 618
CH-1212 Grand-Lancy 1 Ginevra,
tel/fax 022 771 41 17
18 novembre
Giornata organizzata del Gruppo Regionale dell'ASPI, VD- Lausanne,
sul tema: "Enfants d'ailleurs… la societŽ et l'Žcole face aux enfants de cultures diffŽrŽntes et à leurs familles".
INFO: presso la Redazione
20 novembre
GIORNATA INTERNAZIONALE DEI DIRITTI DEI BAMBINI,
Assemblea Generale del Gruppo regionale della Svizzera italiana
alle ore 20.30 presso il Ristorante Casa del Popolo a Bellinzona,
viale Stazione 31,
tel 092 25 29 21.
LIBRI E RECENSIONI
Bambini di vita
Edizioni: Sperling e Kupfer - Milano,
1994
pag. 247
ISBN 88 200 17768
Marie-France Botte e Jean-Paul Mari
Marie-France Botte, belga, dopo aver lavorato come assistente sociale in un reparto pediatrico a Bruxelles fino nel
1985, andrà a lavorare in un campo profughi thailandese. Durante questo suo lavoro si accorgerà che bambine e
bambini, anche molto piccoli, scompaiono senza lasciare tracce. Indagherà e si troverà confrontata con il fenomeno
della prostituzione infantile. Scriverà questo libro con Jean-Paul Mari, giornalista del Nouvel Observateur, che sposerà
a Bangkok nel 1991.
Nella PREFAZIONE dice: lo confesso, non volevo scrivere questo libro.
Sapevo che cosa avrebbe significato per me raccontare tutto ciò che ho vissuto durante quei lungi anni in thailandia…
No; non volevo proprio ridiscendere in quell'inferno.
Ma l'ho fatto perché non riesco a dimenticare lo sguardo di Lao, di Sonta e di Patchara, tre ragazzine, tre bambine
come tante altre, rapite, tenute prigioniere, picchiate e violentate nei bordelli di Bangkok…
Tacere, non parlare di loro sarebbe stato come farle ripiombare nel nulla.
E io non ne avevo il dirittoÉ
Ma l'ho fatto anche per me stessa, con la segreta speranza che questo libro sia come una una specie d'esorcismo, e
che dopo aver scritto queste pagine io posso finalmente dormire senza più tenere la luce accesa nella mia camera.
Una storia vera, crudele che tutti coloro che si interessano dell'infanzia maltrattata dovrebbero conoscere, ma non so
quelli.
Tutti dovremmo conoscere cosa si può celare dietro alle insospettabili facciate di tanti nostri occidentali.
Riporto qui di seguito l'EPILOGO dal titolo
Che cosa si può che dovrebbe essere scritto ad ogni angolo di strada:
"Quella contro la prostituzione infantile non è una battaglia disperata o persa in partenza. è possibile porre un argine a
questo fenomeno promuovendo senza indugio l'attuazione di alcune misure:
•
è più che mai urgente fare piazza pulita di qualunque ambiguità intorno al problema della pedofilia e condurre
una lotta serrata contro la banalizzazione del concetto aberante di "nuovo amore".
Oggi come oggi si trovano facilmente e liberamente in circolazione libri e riviste che incoraggiano
apertamente la pedofilia: come stupirsi, dunque, dell'esistenza di reti turistiche e di club internazionali che
prosperano in tutta tranquillità alla luce del giorno?
Non dobbiamo mai dimenticare che la legge qualifica invariabilmente come reato la molestia sessuale nei
confronti di un bambino.
•
è essenziale impegnarsi nella prevenzione: i bambini, così come i loro genitori, devono essere consapevoli dei
pericoli cui si trovano esposti.
Il ruolo primario in questa campagna informativa spetta agli educatori di professione: professori, maestri,
animatori socioculturali eccetera.
è del resto frequente che i pedofili si orientino proprio verso gli ambienti scolastici, per trovarsi il più possibile
vicino al bambino perché allora prevedere l'attuazione di misure che permettono di pervenire l'assunzione in
servizio di insegnanti di questo tipo?
Se si viene a conoscenza di casi di pedofilia, è più che mai opportuno denunciarli e fa si che il colpevole sia
penalmente perseguitato.
è deplorevole, infatti, che la direzione di un istituto scolastico scelga, per timore di uno scandalo, di coprire il
personale implicato o di permettere, come avviene fin troppo sovente, che riprenda la propria attività in un
altro istituto, senza tenere in alcun conto il trauma provocato alla vittima nè i rischi futuri.
Un'adeguata formazione dovrebbe essere inoltre impartita al personale dei centri medici affinché sia in grado
di individuare, in tempo utile, i casi di pedofilia.
•
è opportuno che le piccole vittime di violenze sessuali siano sistematicamente seguite fino all'età adulta.
In base a numerose testimonianze, abbiamo infatti potuto osservare come il più delle volte i pedofili avessero
a loro volta subito violenze da parte di adulti nel corso della loro infanzia: lo stuprato diventa stupratore, e il
ciclo della violenza si perpetua.
•
è ora che in Europa ci si assuma l'onore di occuparsi dei pervertiti sessuali.
L'esperienza del centro Pinel di Montreal è stata riconosciuta come valida da numerosi professionisti.
Perché non prevedere allora la creazione di unità specializzate nella terapia di coloro che si sono resi colpevoli
di reati sessuali, sia durante la permanenza in carcere sia dopo?
Perché la giustizia e la medicina non potrebbero agire congiuntamente in questo campo, collaborare
nell'occuparsi dei criminali sessuali e salvaguardare in questo modo l'incolumità di altre potenziali vittima?
Una cosa dev'essere ben chiara: è del tutto inutile rinchiudere in carcere un violentatore senza sottoporlo a
un'adeguata terapia di tipo psicologico innanzittutto perché chi si rende colpevole di tale crimine è il più delle
volte una persona afflitta da gravi, problemi, e inoltre perché, una volta scontata la condanna, quest'uomo
tornerà libero e nella stragrande maggioranza dei casi sarà recidivo.
•
È necessario potenziare la collaborazione tra le autorità dei diversi stati, attualmente assai carente.
Troppi pedofili recidivi sono liberi di volare verso i paesi del terzo mondo, dove possono tranquillamente
assecondare la loro inclinazione senza correre alcun rischi di incorrere in sanzioni penali.
Si sono addirittura costituite delle organizzazioni internazionali per la promozione di questo traffico, e le guide
turistiche ad uso dei pedofili si trovano facilmente nelle edicole delle nostre città.
Non va dimenticato che la convenzione dei diritti dei bambini è rivolta a tutti i bambini, appartengano essi ai
paesi ricchi o a quelli poveri.
•
Quelli che si incontrano oggi a Bangkok sono i pedofili che fino a ieri frequentavano le Filippine o lo Sri Lanka,
il più delle volte personaggi già noti alle polizie locali o alle rispettive ambasciate, senza che nulla sia stato
fatto per limitarne gli abusi.
Sarebbe perciò opportuno che la comunità Europea esercitasse le pressione necessarie nei confronti di quei
paesi che si mostrano troppo compiacenti riguardo allo sfruttamento infantile, tanto nell'ambito del lavoro
clandestino quanto in quello del turismo a scopo sessuale.
Va notato in proposito che il Bureau international du Travail di Ginevra sta già sviluppando delle strategie
miranti ad agevolare in alcuni paesi l'attuazione di una politica realistica ed accettabile del lavoro minorile, e
che raccomandazione in questo senso sono già state rivolte al governo thailandese.
Recentemente, il governo indiano a accettato di rivedere le proprie disposizioni in merito alla tutela dei minori
impiegati nella manifattura dei tappeti. "(To)
Ho chiesto di avere le ali
Edizioni Sonzogno - Milano, 1993
pag. 221
ISBN: 88 454 057 5
Anthony Godby Johnson
Tony è un ragazzino americano come tanti altri.
Frequenta una scuola per bambini "superdotati", ha alcuni amici e molti insegnanti che lo apprezzano e lo credono
felice.
Nessuno sospetta che a casa Tony viva l'inferno.
I genitori, adepti di una setta satanica, lo maltrattano in ogni modo e lo fanno abusare dagli amici per rituali a sfondo
sessuale.
Tony è un bambino che nasconde tutto questo molto bene; a scuola nessuno sospetta che il ragazzo dorma sul
pavimento, che suo padre lo picchia in continuazione e che per punirlo
("perché sei un bambino cattivo") lo priva del cibo per settimane.
Quando il maestro dice alla classe di descrivere le ferie, Tony scrive di vacanze meravigliose; quando si parla di regali
di Natale anche Tony dice di aver ricevuto il computer, lo stesso che ha ricevuto il suo compagno di banco.
Non dice di essere mai andato in ferie e che Babbo Natale gli ha lasciato un biglietto con scritto:"a te niente perché sei
un bambino cattivo".
Chi potrebbe sospettare che qualche cosa non funziona?
I genitori di Tony in apparenza sono come tutti i genitori del mondo; nessuno si immagina chi siano veramente.
Il suo solo amico, l'unico che conosce il calvario di Tony è David, figlio di un trafficante di droga che ha visto suo padre
uccidere un rivale durante una disputa.
David è "duro" dal cuore grande; è lui che protegge Tony, lo medica quando il padre gli da le botte e gli procura dei
vestiti puliti quando a scuola ci sono delle manifestazioni importanti.
Il libro racconta la storia di Tony, ma anche quella di David, di Allison, di Joey, di Zeke e della gatta R. I.
Storie di bambini dall'infanzia saccheggiata capaci di mentire al punto di apparire normali agli occhi di tutti, anche a
quelli degli insegnanti che li vedono tutti i giorni.
"Ho chiesto di avere le ali" è anche, e forse soprattutto, una grande storia d'amore dove ci sono anche Popo e Mom, gli
operatori del telefono azzurro statunitense, che dopo aver strappato il piccolo Tony dalle sgrinfie dei genitori naturali si
innamorano l'uno dell'altra, si sposano e adottano il ragazzino.
Ma quello che sembra un happy end all'americana non è tale.
Infatti, quando tutto cominciava ad andare meglio, ci si accorge che Tony ha contratto la Sida.
La storia, che è una storia vera, è scritta in prima persona dal protagonista.
In essa non sono narrati episodi che vogliono scioccare o indignare il lettore.
Il protagonista si limita a narrare la sua vita mettendo spesso l'accento su amicizie ed avvenimenti belissimi che poi,
prevalentemente per ragioni di tipo sociale, finiscono in un dramma.
Il dramma che troppo spesso tocca coloro i quali si trovano dalla parte dei più deboli, quindi dei perdenti.
Quel che fa meraviglia è che, malgrado tutto ciò, Tony non perde la fiducia nel prossimo e cerca sempre di vedere
l'aspetto positivo delle cose al punto che, quando la malattia era già in uno stadio avanzato, dichiara:
"Al momento della mia morte vorrei tre cose.
Vorrei non aver paura.
Vorrei che le persone che amo sapessero quanto le amo e voglio andarmene colmo di gratitudine per aver la possibilità
di esistere. "(Ve).
L'abuso sessuale sui minori educazione sessuale, prevenzione, trattamento
Edizioni: Unicopli - Milano, 1994
pag. 303
ISBN: 88-400-0360-6
Cristina Roccia e Claudio Foti (curatori)
Il Centro studi HŠnsel e Gretel di Moncalieri (Torino) ha come obiettivo la prevenzione primaria, secondaria e terziaria
della sofferenza minorile della violenza all'infanzia Claudio Foti, psicoterapeuta e direttore scientifico del centro e
Cristina Roccia, formatrice e responsabile del gruppo psicosociale sui problemi del maltrattamento, sono i curatori e,
per buona parte, gli autori di questo libro consigliato a tutti, in modo particolare ai genitori, ai docenti, agli
psicoterapeuti, ai magistrati e ai medici confrontati con il problema dell'educazione sessuale nelle scuole, dell'abuso
all'infanzia e della sua prevenzione.
Nel nostro Cantone, nelle scuole dell'infanzia e in quelle elementari
(perciò fino all'età circa di 11 anni)
prevale ancora una "cultura della rimozione, della negazione o al limite della delega
("la questione è troppo particolare e troppo difficile: qualcun altro deve occuparsene!"),
usando le parole del testo lette a pagina 17, per tutto quello che concerne la prevenzione e la risposta alla violenza
sessuale ai danni dei minori.
Abbiamo una commissione per l'educazione sessuale nelle scuole che, a mio avviso, non ha ancora concretamente
risolto il problema dell'educazione sessuale in questa fascia di età.
Un libro questo che è ricco di insegnamenti, di teorie, ma anche di tante esperienze e modalità di intervento (vedere la
parte prima e seconda).
Si sa che l'abuso sessuale comporta raramente segni clinici tali da facilitarne la diagnosi.
L'abuso intrafamiliare è perciò spesso, se non sempre, difficile da chiarire.
L'articolo di M. Malacrea a pagina 159 su "l'effetto terapeutico della "validation"
nei casi di abuso sessuale ai bambini" dovrebbe essere letto e rifletto da tutti quelli che oggi credono di trattare bene
queste situazioni!.
A pagina 25, nell'introduzione, leggo: "la pedofilia dispone di complicità e di sostegni implicati nell'intero corpo
sociale", questo concetto verrà poi ripreso a pagina 186 in un articolo denso di dati, di informazioni socioculturali, di
indicazioni psicodiagnostiche e di modalità di terapia.
(vedere la parte terza).
La quarta parte tratta dell'abuso sessuale dal punto di vista socio giudiziario.
A pagina 225 si può leggere: "questi dati ci sembrano estremamente allarmanti e sintomatici di una cultura
dell'infanzia del tutto carente nel nostro Paese."
è vero si parla dell'Italia, ma non facciamoci illusioni, da noi, in Svizzera la situazione non è migliore!
Nel capitolo "Occhio non vede, cuore non duole" viene trattato in modo molto esauriente il problema dei meccanismi di
difesa che l'operatore confrontato con questi problemi riesce a fare funzionare.
La storia di Carolina e quella di Anna propongono poi nell'ultima parte,
la quinta, il problema dell'audizione protetta della piccola vittima di abusi sessuali nel processo penale (To)