clinica e terapia - CG Edizioni Medico Scientifiche

Transcript

clinica e terapia - CG Edizioni Medico Scientifiche
numeroÊ 3Ê -Ê settembreÊ 2011
editoriale
4 La valutazione del contesto: dalle riflessioni di Saint Vincent
allaÊ traduzioneÊ nelÊ modoÊ realeÊ
Trimestrale. Anno VII • Prezzo di copertina E 9,50 • Poste Italiane. Spedizione in A.P. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Torino n. 3/11. ISSN 18269826
IvoÊ Casagranda
clinicaÊ eÊ terapia
5 RoleÊ ofÊ bedside-focusedÊ ultrasonographicÊ evaluationÊ inÊ theÊ criticalÊ
patient:Ê aÊ caseÊ reportÊ
AndreaÊ Bruzzone,Ê IreneÊ Ponassi,Ê CaterinaÊ Passalia,Ê EleonoraÊ Arboscello,Ê RiccardoÊ Ghio
9
TheÊ useÊ ofÊ theÊ biomarkerÊ "copeptin"Ê forÊ theÊ diagnosisÊ ofÊ acuteÊ chestÊ
painÊ inÊ theÊ EmergencyÊ DepartmentÊ
ElisaÊ Conti,Ê MarcelloÊ Guidi,Ê MarioÊ Cavazza
13
Sanguinamento da rottura di varici da un sito raro nell'ipertensione
portale.Ê
DiagnosiÊ differenzialeÊ conÊ leÊ causeÊ diÊ shockÊ ipovolemicoÊ acutoÊ inÊ
emergenza
Rosarino Procopio, Elio Scaramuzzino
organizzazioneÊ eÊ formazione
15 LaÊ centralizzazioneÊ delÊ politrauma.
Studio della realtà ferrarese e simulazione della presenza
diÊ unÊ protocolloÊ concordato
Luiigi Melcarne, Adelina Ricciardelli, Roberto Melandri, Marco Farinatti, Alessandro Gatti, Savino Occhionorelli
20
"GestioneÊ interattivaÊ diÊ eventiÊ critici":Ê ipotesiÊ diÊ unaÊ nuovaÊ tecnicaÊ formativa
Cinzia Orsini, Elisabetta Cricca, Sandro Galavotti, Marina Mazzotti, Brunella Parma, Amedeo Corsi
assistenzaÊ infermieristica
27 Il Triage Emergency Method Versione 2 (TEM v2).
UnÊ nuovoÊ metodoÊ diÊ triageÊ intraospedalieroÊ
Nicola Parenti, Vito Serventi, Rossella Miglio, Stefano Masi, Leopoldo Sarli
contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza
decision-making:Ê initialÊ resultsÊ ofÊ anÊ empiricalÊ study
35 ComplexÊ
PierÊ LuigiÊ Baldi
Il suicidio e il tentato suicidio: una sfida in emergenza-urgenza.
38 Rassegna critica ed esperienza dei PS della Provincia di Parma
GianniÊ Rastelli,Ê MarcoÊ Trevia,Ê GiuseppeÊ Lippi,Ê GianfrancoÊ Cervellin
“You are now included in PubMed. Congratulations!
We can help you to reach new readers and potential subscribers around the world.
Many publishers find that partnering with MEDLINE helps them to grow
their subscription, circulation, and citation numbers”
Inizia così il messaggio che lo scorso fine luglio ci ha comunicato che
è stata accettata e indicizzata su PUBMED!
Dopo oltre 6 anni dalla sua nascita, dopo aver superato diversi ostacoli,
un grande risultato è stato ottenuto
Un punto di partenza fondamentale per arrivare, entro pochi anni,
ad ottenere citations e di riflesso raggiungere un impact factor.
emergency
care
journal
sommario
Sommario
Clinica e terapia
Role of bedside-focused ultrasonographic evaluation in
the critical patient: a case report
Andrea Bruzzone, Irene Ponassi, Caterina Passalia,
Eleonora Arboscello, Riccardo Ghio ........................... 5
The use of the biomarker "copeptin" for the diagnosis
of acute chest pain in the Emergency Department
Elisa Conti, Marcello Guidi, Mario Cavazza .................. 9
Sanguinamento da rottura di varici da un sito raro
nell'ipertensione portale.
diagnosi differenziale con le cause di shock ipovolemico
acuto in emergenza
Rosarino Procopio, Elio Scaramuzzino ....................... 13
Organizzazione e formazione
La centralizzazione del politrauma.
Studio della realtà ferrarese e simulazione della presenza di un protocollo concordato
Luigi Melcarne, Adelina Ricciardelli, Roberto Melandri,
Marco Farinatti, Alessandro Gatti, Savino Occhionorelli .... 15
Direttore responsabile:
M. Cavazza, I. Casagranda
Co-Direttori:
C. Locatelli, B. Tartaglino
Comitato Di reDazione
Federico Miglio, Massimo Pesenti Campagnoni,
Carlo Locatelli, Daniele Coen, Antonio Morra,
Anna Fagiani, Libero Barozzi, Paolo Carraro,
Paolo Danesino, Maurizio Mori, Franco Perraro,
Mauro Frascisco, Cristina Mazzoleni, Daniele Ebbli,
Giovanni Volpicelli, Mario Cavazza, Carolina Prevaldi
segreteria Di reDazione
Francesco Buccelletti, Enrico Ferri, Cristiano Lauritano,
Tiziano Lenzi, Michele Santoro
eDitore
C.G. Edizioni Medico Scientifiche s.r.l.
Via Candido Viberti, 7 - 10141 Torino, Italia
Tel. 011.33.85.07 r.a. - Fax 011.385.27.50
E-mail: [email protected]
Sito Web: www.cgems.it
stampa:
Ages Arti Grafiche s.r.l. - Torino
Finito di stampare il 3/10/2011
Emergency Care Journal, periodico ufficiale della società scientifica
AcEMC
Registrazione al Tribunale di Torino per Emergency Care Journal n. 5935
del 17/01/2006. Poste Italiane. Spedizione in A.p. DL 353/2003 (conv. in
L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Torino.
"Gestione interattiva di eventi critici": ipotesi di una
nuova tecnica formativa
Cinzia Orsini, Elisabetta Cricca, Sandro Galavotti, Marina
Mazzotti, Brunella Parma, Amedeo Corsi .................. 20
Assistenza infermieristica
Il Triage Emergency Method Versione 2 (TEM v2)
Un nuovo metodo di triage intraospedaliero
Nicola Parenti, Vito Serventi, Rossella Miglio, Stefano Masi, Leopoldo
Sarli ........................................................................ 27
Contributi specialistici all'urgenza
Complex decision-making: initial results of an
empirical study
Pier Luigi Baldi ....................................................... 35
Il suicidio e il tentato suicidio: una sfida in emergenzaurgenza.
Rassegna critica ed esperienza dei PS della Provincia di
Parma
Gianni Rastelli, Marco Trevia, Giuseppe Lippi, Gianfranco
Cervellin ................................................................ 38
AVVERTENZE: si fa presente che l’IVA è assolta all’origine
dall’Editore a norma dell’art. 74 comma 1/C - DPR 633/1972.
Inoltre gli articoli 1 e 5 del DM 29 dicembre 1989 esonerano gli Editori dall’emissione di fatture per la cessione di pubblicazioni per le quali è stato scelto il regime forfettario.
© Copyright by C.G. Edizioni Medico Scientifiche s.r.l. Torino. Tutti i diritti di proprietà letteraria e artistica sono riservati, compreso quello di
traduzione. Nessuna parte della rivista può essere riprodotta, contenuta in
un sistema di recupero o trasmessa in ogni forma e con ogni mezzo elettronico, meccanico, di fotocopia, incisione o altrimenti, senza permesso
scritto dell’Editore.
Emergency Care Journal non è affiliata con nessuna
Industria Farmaceutica o con Produttori di strumenti medicali
Fotocopie per uso personale del Lettore possono essere effettuate nei
limiti del 15% di ciascun fascicolo di periodico dietro pagamento alla
SIAE del compenso previsto dall’art. 68, comma 4, della Legge 22
aprile 1941 n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra SIAE, AIE, SNS,
e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO,
CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dall’Editore.
Per ricevere senza alcun impegno maggiori chiarimenti, è a disposizione il Servizio Assistenza
Clienti attivo dal lunedì al venerdì dalle 9,00 alle
12,30 e dalle 13,30 alle 17,30.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 2 • Giugno 2011 • www.ecj.it
Editoriale ............................................................. 4
3
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency
care
journal
editoriale
La valutazione del contesto: dalle riflessioni di Saint
VincentÊ allaÊ traduzioneÊ nelÊ modoÊ realeÊ
Ivo Casagranda
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
ECJ Senior Editor and Journal Founder
4
Molti dei lettori ricorderanno le due giornate di Saint Vincent
su “Errore e responsabilità nelle organizzazioni sanitarie complesse”, il dibattito seguito alla presentazione del questionario
che evidenziava il peso della medicina difensiva nelle decisioni dei medici, le proposte dei giuristi della Fondazione Federico Stella dell’Università Cattolica di Milano con la proposta
di arrivare a una proposta legislativa che depenalizzasse l’errore
medico in assenza di dolo e l’intervento del Consigliere della
Corte di Cassazione Blaiotta che introduceva il concetto di contestualizzazione dell’errore. Questo intervento suscitò un ampio
dibattito, proprio perché da parte dei medici d’urgenza si capiva
come fosse importante che il mondo giuridico comprendesse le
condizioni particolari, il “contesto”, in cui essi operano: affollamento, necessità di operare in multitasking, poco tempo a disposizione per la decisione, numerose interruzioni. Al termine del
Convegno venne scritta la carta di Saint Vincent, un documento
di consenso su errore e responsabilità nelle organizzazioni sanitarie complesse, che all’ultimo punto recita: “Per consolidare
il rapporto di fiducia tra medico e paziente è indispensabile ridisegnare l’attuale modello di attribuzione della responsabilità
penale e civile. Una ragionevole limitazione della responsabilità
penale del sanitario ai soli eventi avversi realizzati con ‘colpa
grave’, accompagnata dall’introduzione di programmi di giustizia riparativa in ambito sanitario e da un riordino delle norme
in tema di assicurazione per la responsabilità civile che metta
al centro le strutture che erogano prestazioni sanitarie e non i
singoli operatori. Ciò consentirebbe di spezzare il circolo vizioso
che induce molti sanitari, oggi, ad adottare comportamenti di
medicina difensiva”. Alla luce di quanto scritto è utile esaminare
la sentenza 16328/11 della Corte Suprema di Cassazione, quarta
sezione penale, su ricorso avverso una precedente sentenza del
giudice del Tribunale di Rossano di non luogo a procedere ai
sensi dell’articolo 425 cod. proc. pen. nei confronti di [omissis]
in ordine al reato di omicidio colposo in danno di [omissis] per
non aver commesso il fatto. Il ricorso alla Corte di Cassazione era stato fatto nei confronti del medico di Pronto Soccorso
e di un cardiologo, per imperizia, negligenza, comportamento
omissivo, mancato approfondimento diagnostico e conseguente
diagnosi clamorosamente erronea a cui seguiva la morte del paziente. La relazione al Consiglio della Corte è stata fatta dal dott.
Rocco Marco Blaiotta.
La relazione racconta la storia, passata e presente, in tema di
colpa nell’esercizio della professione medica. Fino agli anni ’80
la responsabilità penale si configurava solo nei casi di colpa grave e cioè “di macroscopica violazione delle più elementari regole dell’arte”. Successivamente vi è stato un cambiamento del
pensiero giurisprudenziale ritenendo che questo atteggiamento
coprisse anche casi di effettiva superficialità da parte dei professionisti e che derivasse da una concezione paternalistica del rapporto medico-paziente. A partire dagli anni ’80 l’indirizzo giurisprudenziale muta radicalmente e la colpa professionale viene
valutata sulla base delle regole generali contenute nell’articolo
43 del codice penale.
Ritornando ai punti di novità della relazione Blaiotta, emerge
il concetto di contesto che dovrebbe essere tenuto in conto
nell’esprimere il giudizio. Vanno valutate le contingenze in cui
siano presenti difficoltà o novità tecnico-scientifiche e dall’altro “aspetto mai prima enucleato esplicitamente, le contingenze
nelle quali il medico si trova ad operare in emergenza quindi
in quella situazione turbata dall’impellenza che [omissis] rende
non di rado difficili anche le cose facili”.
La relazione prosegue con una osservazione importante
“quest’ultima notazione [omissis] apre alla considerazione delle
contingenze del caso concreto che dischiudono le valutazioni
sul profilo soggettivo della colpa, sulla concreta esigibilità della
condotta astrattamente doverosa”.
Infine la conclusione: “[omissis] una attenta e prudente analisi della realtà di ciascun caso può consentire di cogliere i casi
nei quali vi è una particolare difficoltà nella diagnosi, sovente
accresciuta dall’urgenza; e di distinguere tale situazione da quelle in cui il medico è malaccorto, non si adopera a fronteggiare
adeguatamente l’urgenza o tiene comportamenti semplicemente
omissivi, tanto più quanto la sua specializzazione gli impone di
agire tempestivamente proprio in urgenza”. Per concludere, è
probabile che nel prossimo futuro nella valutazione della colpa
nell’esercizio della professione medica si distingueranno i casi
in cui il medico è stato maldestro, non si è adoperato adeguatamente per risolvere il problema o ha adottato comportamenti
omissivi, dai casi in cui vi è stata particolare difficoltà nel giungere alla diagnosi o da quelli in cui problemi legati al contesto
sono stati causa di intervento non adeguato.
Ancora dalla Carta di Saint Vincent.
“Occorre considerare la medicina come una scienza che opera in
contesti al contempo di profonda conoscenza e di grande incertezza [omissis] in caso di errori involontari, occorre superare la
cultura della colpa orientata soltanto a individuare il colpevole
di un avvento avverso. è auspicabile promuovere processi di just
culture in cui i professionisti siano messi in grado di distinguere i
comportamenti accettabili da quelli non accettabili”.
P.S.
I più attenti tra i Lettori avranno visto che a differenza delle altre
volte non ho firmato l’editoriale come Editor in Chief di ECJ. Da
questo numero ho, come si dice, passato la mano al dott. Mario
Cavazza, che ringrazio per aver accettato con entusiasmo questo
incarico. Questa decisione è maturata nel tempo per due motivi:
il primo è che i numerosi impegni mi impedivano ormai di far
fronte alle numerose responsabilità che la direzione di una rivista richiede e il secondo è la convinzione che un ricambio nella
direzione porti nuovi stimoli e nuove idee. Mi rimane la profonda soddisfazione di essere riuscito, dopo aver fondato ECJ,
a farla uscire regolarmente, pur tra mille difficoltà, per sei anni.
Ma la soddisfazione maggiore è di lasciare la direzione dopo aver
portato questa rivista, con l’aiuto di alcuni Amici sempre presenti, all’indicizzazione su Medline. Ringrazio l’Editore, il Direttore Editoriale e la sua équipe perché in tutti questi anni hanno
permesso alla rivista di uscire regolarmente lasciandomi tutta la
libertà possibile nell’impostazione della rivista e nella pubblicazione degli articoli. Infine un grazie di cuore a tutti i Lettori che
in questi anni non ci hanno mai abbandonato.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency
care
journal
clinicaÊ eÊ terapia
RoleÊ ofÊ bedside-focusedÊ ultrasonographicÊ evaluationÊ
inÊ theÊ criticalÊ patient:Ê aÊ caseÊ reportÊ
Andrea Bruzzone, Irene Ponassi, Caterina Passalia, Eleonora Arboscello, Riccardo Ghio
Clinica Medica III, Dipartimento di Medicina Interna, Ospedale San Martino e Cliniche Universitarie convenzionate, Genova
ABSTRACT
tion, but also providing a “real time” evaluation of therapeutic regimen (hypovolemia versus excessive fluid embalance) and, last but
not least, the chance to perform a close follow up of the ultrasonographic alterations (pleural effusion, signs of alveolar consolidation) pointed out at initial diagnosis. Moreworthly, it has been
possible to identify the previous mentioned lesion before they had
become evident to standard X-Ray chest evaluation.
SINTESI
Presentiamo il caso clinico di una donna di 80 anni che, in seguito ad
un trauma di intensità lieve senza ripercussioni cliniche avvenuto qualche giorno addietro, presentava dispnea, dolore toracico ed ipotensione;
l’ecografia eseguita “al letto” ha costitutito uno strumento molto utile
nel conseguire una definizione diagnostica pressoché immediata (sindrome ARDS dovuta a contusioni polmonari), considerando ed escludendo nel contempo tutte le possibili diagnosi alternative con la mede-
sima presentazione clinica; è stata possibile inoltre una valutazione in
tempo reale dell’efficacia della terapia (ipovolemia versus sovraccarico
volemico) e non ultimo per importanza, è stato eseguito un attento monitoraggio delle alterazioni ecografiche (versamento pleurico, segni di
consolidamento polmonare) evidenziati alla diagnosi iniziale. Inoltre
abbiamo rilevato che l’identificazione delle lesioni sopra menzionate è
stato più precoce rispetto alla radiografia del torace standard.
Introduction
Reservoir 100% oxygen supply and fluid challenge with normal
isotonic saline at a rate of 250 ml/30 minutes were started and a
vescical catetherism was performed in order to monitor diuresis.
Awaiting emocromocitometric and other clinical biochemical
examinations, we performed bedside-focused emergency ultrasonography evaluation. Lack of collapse of inferior vena cava
with inspiration ruled out a hypovolemic condition (Figures 1
and 2), the presence of free peritoneal fluid was excluded, while
cardiac transtoracic exploration of the heart excluded acute left
ventricular failure, cardiac tamponade and acute right ventricular dilatation due to severe pulmonary hypertension; chest ultrasonography detected a non-omogeneus pattern of multiple Blines arising from the pleural line, mostly in the left emithorax,
with confluent consolidations zone and the presence of focal
signs of parenchymal distruption with localized pleural effusion
Bedside-focused ultrasonographic evaluation is a very useful
tool, in addition to clinical examination, in order to define critical conditions eligible for a rapid diagnostic definition and an
intensive therapeutic approach; herein we present a case report
in which the coexistence of signs and symptoms common to
different pathological conditions leads us to formulate multiple
diagnostic hypotheses and to quickly resolve them with the aim
of bedside-focused ultrasonography evaluation.
CaseÊ reportÊ
An 80-year-old caucasian woman was admitted to our hospital because of progressive dysphnea and rapid onset of chest
pain – defined by “borderline” features suggestive of acute coronary syndrome1 – but absent of fever, cough and any other
sympthoms. Her past medical history was unremarkable except for chronic haemodinamically stable atrial fibrillation not
requiring antiarrhythmic drugs but treated with anticoagulant
therapy. She referred of recent left thoracic trauma five days
before and presented signs of wall thoracic ecchimosis. Upon
clinical examination, airflow was adequate but she presented
severe hypotension (80/50 mmHg), heart rate 110/min, Glascow Coma Scale 15/15, and dysphnea (respiratory rate 32/
min, SO2 80% with FiO2 0.21). Clinical, rectal and neurological
examinations were normal without any evidence of gastrointestinal blood loss. Axillary temperature was 36.5°C, while her
electrocardiogram revealed atrial fibrillation with normal ventricular rate and morphology. An arterial blood gas specimen (performed with Radiometer-ABL) revealed pH 7.35, PO2 35 mmHg,
PCO2 48 mmHg, HCO3 25 mEq/l with calculated PaO2/FiO2 =
166 (with haemoglobin 9.0 mg/dl and lactate 2.6 mmol/l). Chest
X-Ray examination did not detect any pathological findings in
the lungs and ribs. Clinical suspicion of pulmonary embolism was unlikely according to Well’s Score and Ginevra score.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
We present the case report of an 80 years old woman with late posttraumatic (of low intensity without any immediate clinical alteration) onset of dysphnoea, chest pain and hypotension, in which
bedside ultrasonography has been a very useful tool in immediate
diagnostic definition (acute respiratory distress syndrome – ARDS
due to multiple pulmonary contusions), considering and excluding
all possible alternative diagnosis with the same clinical presenta-
5
Fig. 1 - Ultrasonography at admission.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
clinicaÊ eÊ terapia
Table 1
Hematologic and chemistry laboratory values.
Admission IIIÊ day
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Fig. 2 - Ultrasonography after three days.
6
(Figures 3, 4 and 5), which is a picture of classic alveolar-interstitial syndrome pattern according to applying classic guidelines2, while an alternative diagnosis of cardiogenic pulmonary
edema, pneumothorax, pericardial tamponade and pulmonary
embolism was excluded.
Hematologic and chemistry laboratory values were: Ht 29,5%,
Hb 92 g/l, white cell count 14,000/mm3, neutrophilis 12,700/mm3,
platelet count 133,000/mm3, INR 2.45, fibrinogen 2.75 g/l, D-Dimer 142 μg/ml, total bilirubin 1,32 mg/dl, direct bilirubin 0,3 mg/
dl, albumin 2.9 g/l, ferritin 45 mg/dl, CRP 11 mg/l. Conventional
I-troponin monitoring was normal as well as myoglobin (Table 1).
The main diagnostic hypothesis was consistent with “acute respiratory distress syndrome” (ARDS) secondary to a pulmonary
contusion. Therefore the diagnosis was confirmed by a thorax
and abdominal contrasted-enhanced computed tomography
Fig. 3, 4 - A dilatated IVC (IVC diameter > 20 mm) roules out
hypovolemia; IVC is measured in the sub-xiphiod space in the
long and trasversal axis, using the liver as a sonographic window.
HbÊ (g/l)
92
60
2Ê weeksÊ
after
104
MCV (fl)
71
76
78
WhiteÊ cellÊ (perÊ mm• )
14000
2800
9600
PlateletÊ countÊ (perÊ mm• ) 133000
80000
204000
FibrinogenÊ (g/l)
2,75
3,93
3,2
TotalÊ bilirubinÊ (mg/dl)
1,32
1,34
0,98
scan, which revealed minimal bilateral pleural effusion with
multiple parenchimal infiltrates compatible with post-contusive
consolidations and hematoma of thoracic wall.
A serious anemia and thromocytopenia have subsequently there
occurred due to excessive platelet consumption, thus the patient
received transfusion with two packed red cell units.
The ultrasosnographic findings described above underwent to
close follow up and correlation with clinical condition and therapy’s adjustement:
- After first three days of fluid therapy at rate of 60-80 ml /h un-
Fig. 5, 6 - Ultrasonographic pattern of parenchymal lung consolidation; hypoechoic subpleural focal images with or without
pleural line gap, either isolated or multiple, appear as hypoechoic
pleural-based focal images allowing ultrasound transmission, from
which B-line-like artifacts arise, with confluent consolidations
(“hepatization”).
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
clinicaÊ eÊ terapia
Table 2
Aetiological classification of main causes of shock.
HighÊ cardiacÊ output
Hypovolemic
Septic
Cardiogenic
Anaphylactic
Extra-cardiacÊ obstructive
Neurogenic
Table 3
Diagnostic tools with comparison in rapidity of execution and
availability referring to most common clinical abnormalities.
Condition
Test
Rapid
Available
Upper: NGT
Lower:Ê DRE
+++
+++
Endoscopic
+
+
Focused-US
+++
+/++
CE-CT
+/++
++
Focused-US
+++
+/++
ECG
+++
+++
I-troponin
+
+++
Hypovolemic
• Gastrointestinal
bleeding
• Peritoneal bleeding/
AAA
• CVP low
Cardiogenic
• ACS
Copeptin
+++
?
• Structural hearth
disease
Focused-US
+++
+/++
• Rhythm disturbance
ECG
+++
+++
• Aortic dissection/
rupture
CE-CT
+/++
++
RX
++
+++
Focused-US
+++
+/++
RX
++
+++
Focused-US
+++
+/++
*
Extra-cardiacÊ obstructive
• Pneumothorax
• Pleural effusion
• Cardiac tamponade
Focused-US
+++
+/++
• Pulmonary embolism
CE-CT
+/++
++
+++
+/++
Focused-US
**
Fig. 7 - The presence of parenchymal disruption with localized
pleural effusion.
sion and extinguish at right lung after six days and at left lung
after eight days.
- Signs of alveolar consolidation begun to decrease after five
days and were not relievable after eleven days, while pleural
effusion was not reliable after seventeen days (outward follow
up visit).
Our patient was treated furthermore with oxygen, broad-spectrum antibiotics, low-molecular weight heparin (after suspension of dicumarolic therapy) and diuretics, obtaining a clinical
and radiological remission in two weeks.
With close ultrasonography monitoring it has been possible to
“titrate” fluid and diuretic therapy according to haemodinamic
conditions, in particular after three-five days of admission. Also
use of anticoagulant therapy (low molecular weight heparin) was
safer because of the faculty of exclude free blood loss at any time.
Signs of alveolar consolidation became progressively less evident with course of antibiotic therapy(Figure 6), while resolution of “reactive” pleural effusion was slower.
Discussion
Rapid diagnosis and management of critical patients is strategic
in the Emergency Department but hard in cases of unusual presentation or clinical abnormalities common to different pathologic conditions2-5. In our case report, careful anamnestic record,
accurate physical examination and a few diagnostic tools – with
the support of bedside-focused ultrasonography – allowed rapid
diagnosis and effective treatment.
The reliability of bedside-focused ultrasonographic evaluation
of the chest in the critical patient is demonstrated by the study
in BLUE6.
Dyspnea with chest pain and hypotension generally indicates
NotÊ validatedÊ yet.
CanÊ excludeÊ pulmonaryÊ embolismÊ withÊ emodinamicalÊ instabilityÊ
– useful for DVT.
*
**
til normalization of blood pressure, we could assist to a progressive lost of inspiratory inferior vena cava collapse (CVP
exstimated 15-20 mmHg) with appearance of right lung Blines; so diuretic therapy was started and anemia (also due to
emodiluition) was corrected.
- In entire course of follow up no signs of left ventricular failure or pericardial effusion or free abdominal fluid were evident.
- Lung B-lines became less evident after four days from admis-
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
LowÊ cardiacÊ output
7
Fig. 8 - Ultrasound control showes size reduction of lesion.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
clinicaÊ eÊ terapia
8
shock due to low cardiac output (Table 2) and suggestive for
hypovolemic (bleeding), cardiogenic (acute coronary syndrome
or acute vascular injury), or extra-cardiac obstructive (occupation of pleural space, acute cardiac tamponade, massive pulmonary embolism) conditions.
While the use of a “pre-test probability” scoring system could
rule out some pathological conditions (such as pulmonary embolism), the anamnestic recording of chest trauma and anticoagulant therapy associated with a normal ecg and the findings
of moderate anemia and acute respiratory failure oriented our
diagnostic pathway to a hypovolemic-post traumatic or pleuropulmonary acute condition (such as pneumothorax or emothorax or acute cardio-vascular rupture), despite a clinical cardiopulmonary examination without relevant pathologic findings
(such as pleural effusion).
Rapidly performed bedside ultrasonography could easily exclude all pathological hypotheses listed above, thus confirming our
diagnosis of ARDS secondary to pulmonary contusion7-9.
In the Table 3 we list the most appropriate diagnostic tools with
comparison in rapidity of execution and availability according
to our diagnostic hypothesis.
Nowadays, largely standardized step-by-step protocols and guidelines assist every emergency Departments team, in order to
“focus on” only some clinical and anatomic points of interest,
and to make it simple to perform and very reproducible.
FASTcRASh procedure (Focused Assessment Sonography for
Trauma, cardiac failure, Respiratory failure, Acute abdomen
and Shock), introduced a few years back, provides rapid clinical and ultrasonographic evaluation of critically ill patients and
delivers rapid and reliable results in order to identify the main
problems and quickly (less than ten minutes) refer the patient
to the most appropriate diagnostic/therapeutic procedure2,9-11.
Ultrasonographic examination of chest is very useful in an
emergency approach of dysphnea/respiratory failure and often
provides a more accurate diagnosis of acute cardio-pulmonary
disorders compared to standard chest X-Rays; it may be performed at the patient’s bed and repeated frequently during follow
up, thus avoiding unuseful patient transport and radiological
exposition.
With a “targeted approach”, recognition of pneumothorax, pleural effusion, parenchimal lung consolidation, diffuse interstitial
infiltrates, pulmonary edema and other common conditions becomes very easy and accurate11-13.
Conclusion
Lung contusion is a frequent clinical entity but often remains
undiagnosed – especially upon first evaluation – because a diagnosis is unlikely with a visit and chest radiography5,7,8. Although Tc is the gold standard for lung contusion diagnosis, it is
expensive and subjects the patient to the risks of transport, contrast agent side effects and radiation and is therefore non-viable
for the seriate monitoring of the patient. Various studies have
demonstrated that chest ultrasonography can accurately detect
lung contusion in blunt trauma victims: sensibility is 94.6%,
specificy is 96.1%, positive and negative predictive values are
94.6% and 96.1% respectively and accuracy is 95%8.
In an emergency situation, a traumatized patient showing signs
of shock and acute respiratory deficiency poses a challenge for
an eR doctor whose quick and precise diagnosis is needed in
order to ensure an effective treatment. Pneumothorax and pleural effusion are accessible to ultrasound; information obtained
from lung, cardiac, venous and abdominal analysis provides a
bedside visual approach to the critically ill9,14-16; according to
FASTcRASh method (Focused Abdominal Sonography for
Trauma, cardiac arrest / failure, Respiratory arrest / failure, Acute abdomen and Shock) which constitutes an important tool and
leads the intensivist to a more confident management and follow up of critically ill patients3.
In our case report, in compresence of thoracic traumatism and possible structural heart disease, it is difficult to distinguish cardiogenic responsibility of haemodynamic alteration and pulmonary direct injury from the responsibility of pain defense in the respiratory
distress. Furthermore, in case of arterial hypotension associated, a
distinction between hypovolemic form ( iatrogenic or due to internal haemorrhage, especially in patient in anticoagulant therapy)
and cardiogenic cause of hypotension itself became crucial.
Disclosures: all authors declare no conflict of interest.
References
1. American heart Association. Guidelines ACLS. AhA, Dallas,
2010.
2. Lichtenstein DA, goldstein I, Mourgeon e et al. comparative Diagnostic Performances of Auscultation, chest radiography, and lung ultrasonography in Acute Respiratory
Distress Syndrome. Anesthesiology 2004; 100: 9-15.
3. Daniel A. Lichtenstein, MD Ultrasound in the management
of thoracic disease. Crit Care Med 2007; 35: 250-261.
4. Tsubo T, Yatsu Y, Suzuki A et al. Daily changes of the area
of density in the dependent lung region – evaluation using
transesophageal echocardiography. Intensive Care Med 2001;
27:1881-1886
5. Lefcoe MS, Fox gA, Leasa DJ et al. Accuracy of portable
chest radiography in the critical care setting. Chest 1994;
105: 885-887.
6. Lichtenstein DA, Mezière gA. Relevance of lung ultrasound
in diagnosis of Acute Respiratory Failure; the BLUe protocol. Chest 2008; 134: 117-125.
7. Wyncoll DL, evans TW. Acute respiratory distress syndrome. Lancet 1999; 354: 497-501.
8. Soldati g, Testa A et al. chest ultrasonography in lung contusion. Chest 2006; 130: 533-538.
9. Lichtenstein DA, Lascols N, gilbert Mezire g, gepner A. Ultrasound diagnosis of alveolar consolidation in the critically
ill. Intensive Care Med 2004; 30: 276-281.
10. Melniker LA, Lieibner e, McKenney Mg et al. Randomized
controlled trial of point-of-care limited ultrasonography
(PLUS) for trauma in the e mergency department: the first
Sonography Outcomes Assessment Program (SOAP-1) trial.
Ann Emerg Med 2006; 48: 227-235.
11. Arbelota c, Ferraria F, Bouhemada B, Rouby J-J. Lung ultrasound in acute respiratory distress syndrome and acute lung
injury. Critical Care 2008, 14: 70-74.
12. gargani F, Frassi g, Soldati P et al. Ultrasound lung comets
for the differential diagnosis of acute cardiogenic dyspnoea: a comparison with natriuretic peptide. Eur J Heart Fail
2008; 10: 70-77.
13. Soldati g, copetti R, Sara Sher S. Sonographic interstitial
syndrome. The sound of lung water. J Ultrasound Med 2009;
28: 163-174.
14. hernandez c, Shuler K, hannan h, Sonyika c. c.A.U.S.e.:
cardiac arrest ultra-sound exam. A better approach to managing patients in primary non-arrhythmogenic cardiac arrest. Resuscitation 2008; 76: 198-206.
15. Xirouchaki N, georgopoulos D. The use of lung ultrasound:
a brief review for critical care physicians and pneumonologists. Pneumon 2007; 20: 134-141.
16. copetti R, Soldati g, copetti P. chest sonography: a useful tool to differentiate acute cardiogenic pulmonary edema
from acute respiratory distress syndrome. Cardiovasc Ultrasound 2008, 6: 16.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
clinicaÊ eÊ terapia
The use of the biomarker “copeptin” for the
diagnosis of acute chest pain in the Emergency
DepartmentÊ
Elisa Conti, Marcello Guidi, Mario Cavazza
Emergency Department, University Hospital of Bologna - S. Orsola-Malpighi
ABSTRACT
agnosis of AMI is associated more often with copeptin positive
values (> 14 pmol/l) than the diagnosis of NCCP and UA. However, about a quarter of our patients in which the combination of
copeptin and troponin in the first blood sample was negative, the
final diagnosis was AMI. According to our results, the combination of the two negative markers does not allow a safe rule out of
AMI at time zero.
SINTESI
L’obiettivo dello studio è di verificare se la determinazione delle
copeptina, in associazione alla negatività dei valori della troponina, è in grado di accelerare la diagnosi di esclusione di infarto
miocardico acuto (IMA) in pazienti con dolore toracico.
Lo studio è stato condotto in modo retrospettivo su tre gruppi di
pazienti selezionati in relazione alla loro diagnosi di dimissione:
pazienti con infarto miocardico acuto senza sopraslivellamento
del tratto ST (NSTEMI), dolore toracico non cardiaco (NCCP),
angina instabile (UA).
Confrontando i livelli plasmatici di copeptina, abbiamo rilevato
che la diagnosi di IMA è più frequentemente associata a valori di
copeptina positivi ( > 14 pmol/l) rispetto alla diagnosi di NCCP e
UA. Comunque in circa un quarto dei nostri pazienti nei quali la
determinazione di copeptina e della troponina nel primo campione
ematico erano negativi, la diagnosi finale era di IMA. Questi dati
mostrano che la combinazione negativa dei due biomarcatori non
consente di escludere con sicurezza un IMA al tempo zero.
Key words: copeptin, biomarkers, chest pain, emergency room.
Background
Copeptin, as an endogenous marker of stress and with his
immediate release after the acute event, it seems to have a role
in the early exclusion of acute myocardial infarction4. It is the
c-terminal part of the vasopressin prohormone and is secreted
from the neurohipophysis in equimolar amounts with argininevasopressin (AVP)5.
Numerous studies have shown that AVP plays an important
role in endogenous stress response and thromboembolism,
which are the basis of the pathophysiology of acute coronary
syndrome6,7. However, the measurement of plasma vasopressin
is a difficult task for several reasons: first of all, more than 90%
of vasopressin in the circulation is bound to platelets, leading
to an underestimation of the hormone levels8; secondly, it
is quickly eliminated from the blood9; finally, vasopressin is
unstable in vitro, even when stored at -20°C10. To overcome these
problems it was introduced a method of indirect measurement
of vasopressin, which consists in measuring a much more
stable peptide like copeptin. There was no decay of copeptin
immunoreactivity after its storage at -20°C5.
Nowadays chest pain is one of the most common causes leading
to the Emergency Department (ED). It results in 5% of all visits1.
The diseases that may occur with this symptom are different
but, of all, cardiovascular diseases are those with the highest risk
of death and, among cardiovascular diseases, acute coronary
syndrome (ACS) is the most frequently involved. For this
reason, among the many patients in the Emergency Department
with chest pain, it is essential the early identification of those
in whom the symptom is an expression of acute myocardial
infarction (AMI) because these patients require timely and
specific therapeutic approach.
Actually the diagnosis of acute myocardial infarction uses
myocardial necrosis markers, primarily troponin (Tn), which is
the gold standard uniformly approved and recommended by the
guide lines2. On the other hand, it is known that, as expression
of cell necrosis, Tn is not released immediately at the chest pain
onset, but with a progressive rise according to the evolution
of AMI, so it may still be negative when the patient arrives in
the Emergency Department. In fact, the diagnostic protocol
of patients with suspected acute coronary syndrome (ACS)
provides serial samples at 0, 6, and 12 hours from the arrival to
determine the so-called “curve” of Troponin and intervene if it
becomes indicative of necrosis3.
In case of failure diagnosis and improper discharge the short
term mortality is high but, on the other hand, the systematic
hospitalization of all patients with suspected ACS causes an
unnecessary increase in costs. It seems clear, therefore, the need
to search for a biomarker with pathophysiological backgroundindependent cell necrosis which can be used in the ED to accelerate
and improve the discrimination between chest pain due to an acute
myocardial infarction from a chest pain of different origin.
Objectives
The aim of the study is to analyze cases of chest pain suspicious
of acute coronary syndrome and whether the positivity of
copeptin can support the final diagnosis of myocardial infarction,
as demonstrated by the study of Reichlin4. From this study it
was found that levels of copeptin < 14 pmol/l, in combination
with negative troponin (≤ 0.03 ng/ml), would be able to exclude
the diagnosis of myocardial infarction in the first sample with a
diagnostic accuracy of 98%, more than troponin alone (86%). We
propose to evaluate in the reality of an italian ED the reliability of
the combination of troponin-copeptin to exclude the diagnosis of
AMI with only a blood sample done at the arrival of the patient.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
The aim of the study is to assess if copeptin, in combination with
negative troponin, is able to accelerate the rule-out of AMI in patients with chest pain. The study was retrospectively conducted
on three groups of patients selected according to their discharge
diagnoses: patients with non-ST elevation myocardial infarction
(NSTEMI), non-cardiac chest pain (NCCP), unstable angina
(UA). Comparing the levels of copeptin, we found that the di-
9
clinicaÊ eÊ terapia
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Table 1
Clinical characteristics of patients with NCCP and NSTEMI.
10
NCCP
(53Ê patients)
NSTEMI
(43Ê patients)
p
AgeÊ (yrs)Ê
56Ê (35-83)
74Ê (46-84)
<Ê 0.001
SexÊ (male/
female)
32/21
31/13
NS
SystolicÊ bloodÊ
pressureÊ
(mmHg)
145Ê (106-210)
140Ê (110-200)
NS
DiastolicÊ
bloodÊ pressureÊ
(mmHg)
80Ê (65-110)
80Ê (60-110)
NS
DiabetesÊ
MellitusÊ (%)
6Ê (11.3%)
8Ê (18.6%)
NS
HypertensionÊ
(%)
18Ê (33.9%)
30Ê (69.7%)
0.01
SmokerÊ (%)
14Ê (26.4%)
6Ê (13.9)
NS
HyperlipidemiaÊ (%)
21Ê (39.6%)
19Ê (44.1%)
NS
ObesityÊ (%)
16Ê (30.1%)
7Ê (16.2%)
NS
FamilyÊ historyÊ
of SCA (%)
Missing for
someÊ patients
17Ê (68%)
23Ê (65.7%)
NS
CopeptinÊ
levelsÊ >Ê 14Ê
pmol/lÊ (%)
10Ê (18.8%)
19Ê (44.1%)
0.01
StatisticalÊ testsÊ used:Ê MannÊ WhitneyÊ test:Ê valuesÊ areÊ presentedÊ asÊ
medianÊ (range);Ê Chi-quadroÊ testÊ (c2).
Methods
Study design and population
The study is conducted at the Emergency Department of
Policlinico S. Orsola-Malpighi in Bologna. This is a retrospective
study in which 122 patients were selected from a pool of 800
cases, collected from a previous prospective study on acute
chest pain. The criteria for recruitment of this prospective study
was patients over 35 years old and a chest pain onset within
24 hours, excluding traumatic cause. The 122 patients were
selected based on their final diagnosis: 43 patients reported the
final diagnosis of AMI NSTEMI, in order to test the sensitivity
of copeptin; 53 had final diagnosis of non-cardiac chest pain
(NCCP) to test the specificity of the marker. Finally, we have
also selected a further group of 26 patients whose final diagnosis
was found to be unstable angina (UA), in order to test whether
the ischemia, when not accompanied by necrosis, is a stimulus
to the release of copeptin. A written informed consent was
obtained from all patients.
RoutineÊ clinicalÊ assessmentÊ
The patients followed a standard diagnostic and therapeutic
protocol for assessing chest pain. Each patient was evaluated
through an initial clinical diagnosis including history and
physical examination, ECG, chest X-ray and a sample for
routine blood tests, including troponin assay. The sample for
the determination of copeptin was carried out in conjunction
with the sample for troponin.
Adjudicated final diagnosis
The final diagnosis is defined as the diagnosis given at the
moment of discharge from the hospital.
The diagnosis of infarction NSTEMI is defined, in accordance
with the criteria ESC/ACC2, as positivity of myocardial necrosis
marker in association with symptoms of myocardial ischemia
and/or ECG changes. The marker of necrosis of our reference
is troponin T. It is indicated as positive, and therefore as an
indicator of AMI, a value of troponin > 0.03 ng/ml in at least one
of blood samples carried out at 0, 6, and 12 hours.
Instead, patients with final diagnosis of non-cardiac chest pain
have troponin levels ≤ 0.03 ng/ml and no evidence of cardiac
origin of the pain according to the subsequent investigations.
Finally, the term unstable angina indicates an angina that
occurs at rest and has a sudden onset, sudden worsening, and
stuttering recurrence over days and weeks. These patients have
negative troponin values (≤ 0.03 ng/ml) because, although it is
a pain of ischemic origin, this ischemia does not develop in to
cardiac necrosis.
BiochemicalÊ analysisÊ
The values of troponin T (TnT) were obtained by the
immunoassay Elecsys® Troponin T Company Cobas. The
blood sample was drawn through peripheral venous access
and collected in tubes containing lithium heparin. All were
performed with sterile technique.
Copeptin values were measured with the kit provided by the
company copeptin Kryptor ® Brahms. Serum samples on which
we have determined the markers were collected for the previous
prospective study on acute chest pain and then cryopreserved
until the time of our analysis.
Results
The characteristics of 96 patients diagnosed with NSTEMI
and NCCP are shown in Table 1. Comparing the two groups,
statistically significant variables are age and hypertension: in
the group of NSTEMI, patients were older and among them
hypertension was more frequent than in the group of NCCP.
There were no significant differences in other cardiovascular
risk factors.
In the NSTEMI group the determination of troponin in the first
sample was positive (> 0.03 ng/ml) in 19 out of 43 patients
(with values between 0.04 and 0.69). Obviously, in the group
of NCCP troponin was negative. Regarding copeptin levels,
we considered as cut-off of positivity 14 pmol/l, as shown in
Table 2
Frequency of cardiovascular risk factors in the NSTEMI group
in relation to copeptin.
Hypertension
DiabetesÊ mellitus
Smoker
Hyperlipidemia
Obesity
Family history of SCA
Missing for some
patients
CopeptinÊ
>Ê 14Ê
pmol/l
(nÊ =Ê 19)
14
6
7
7
3
CopeptinÊ
≤ 14 pmol/l
(nÊ =Ê 24)
p
16
2
16
12
4
NS
NS
NS
NS
NS
6/13
17/22
NS
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
clinicaÊ eÊ terapia
clinicaÊ eÊ terapia
NSTEMI
DTAÊ (controlÊ group)
TestÊ positive
10Ê (a)
10Ê (b)
TestÊ negative
14Ê (c)
43Ê (d)
Specificity: d/(b+d)= 81.1%
VP+: a/(a+b)= 50.0%
Sensitivity: a/(a+c)= 41.6%
VP-: d/(d+c)= 75.4%
the work of Reichlin4. In the group of the NCCP, 10 out of 53
patients (18.8%) were positive, with values between 16.77 and
330, while among NSTEMI there were 19 positive cases out of 43
(44.1%), with values between 17.27 and 170.4. This difference in
percentage was found to be statistically significant (p = 0.001).
In the NSTEMI group, copeptin expressed as median was 10.88
(range 4-170.4), while in the group of NCCP was 5.91 (range 4-330).
We further divided the two groups by sex, but there were no
significant differences regarding the prevalence of positive
copeptin. We also assessed the frequency of cardiovascular risk
factors in the NSTEMI group by dividing it into two subgroups
with copeptin positive and negative, but no statistically
significant differences were obtained (Table 2).
Table 4
Copeptin-troponin association in the NSTEMI group.
Troponin +
Troponin -
CopeptinÊ +
10 (23%)
9 (21%)
CopeptinÊ 14 (33%)
10 (23%)
Comparing the NSTEMI group with the group of NCCP as a
control group we were able to obtain the data of sensitivity,
specificity, positive predictive value and negative predictive
value of copeptin when associated with negative troponin values
(Table 3).
Crossing the data of troponin and copeptin in NSTEMI group,
they resulted both positive in 21% of cases and both negative in
33%. In 21% copeptin was positive while troponin was negative
and in the remaining percentage (23%) copeptin was negative
while troponin was positive (Table 4).
Figure 1 shows the relationship between values of troponin and
those of copeptin in the 96 patients with NSTEMI and NCCP.
In the group of patients with NSTEMI and negative troponin
determination of copeptin does not add significant information
to the diagnosis because it is positive in only 10 out of 24
patients (41,6%).
Finally, we divided the group of NSTEMI into two subgroups
according to the time between chest pain onset and arrival of
the patient in the Emergency Department (Table 5). Contrary
to what expected by an early marker, patients who presented
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Table 3
Specificity, sensitivity, positive predictive value and negative
predictive value of copeptin, when associated with negative
troponin values.
11
Fig. 1 - Copeptin levels according to discharge diagnosis and troponin T values.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
clinicaÊ eÊ terapia
Table 5
Copeptin levels in relation to time elapsed between chest pain
onset and arrival in the ED.
Time 0-4
hours
CopeptinÊ
medianÊ
(range)
9.445Ê (4-170.40)
Time > 4
hours
13.57Ê (4-87.13)
p
0.206
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
within 4 hours of symptom onset had copeptin values lower
than those that occurred later.
In the end, we compared the group of patients with unstable
angina (UA) with NSTEMI group. In the UA only 3 out of 26
cases (11.5%) had positive copeptin levels, with values between
16.36 and 25.06, compared with 19 out of 43 cases (44.1%) in
the NSTEMI group. Similarly to the comparison of DTA and
NSTEMI, also in this case the difference in percentage was a
statistically significant.
Discussion
The purpose of this study was to verify if the values of copeptin
may be useful for rapid rule out of acute myocardial infarction.
This retrospective study involved cases of acute myocardial
infarction NSTEMI with a non-pathological ECG, since these are
the cases in which serological markers of myocardial damage are
of great importance in the decision making. As a control group
the study involved consecutive cases in which it was excluded
the diagnosis of SCA, cases of non-cardiac chest pain (NCCP).
According with expectations, we found that the diagnosis of
NSTEMI was associated more often with positive values of
copeptin than the diagnosis of NCCP.
In the NSTEMI group, we also assessed the time between the
chest pain onset and presentation of the patient in the Emergency
Department. Our data showed that patients that arrived within
the first 4 hours of symptom onset and with a negative troponin
had copeptin values not higher than patients that arrived later,
as we would have expected from a marker of early diagnosis.
In more than a quarter of the cases (33%) in which the
combination of copeptin and troponin was negative, the final
diagnosis was NSTEMI. This percentage is too large to say that
the combination of the two negative markers allows a safe ruleout of acute myocardial infarction. The negative predictive value
of copeptin in association with negative troponin was 75.4%.
It differs from the negative predictive value of 99.7% found by
Reichlin, which guaranteed a rapid and reliable rule out of AMI,
extremely useful in terms of clinical management.
Finally, comparing the group with NSTEMI and the UA group,
the difference in the percentage of positive copeptin cases puts
the group of UA at the same level of the NCCP. This could
mean that the ischemia, in absence of cardiac necrosis, is not a
sufficient stimulus to the release of the marker.
In summary, although copeptin is more frequently positive (>
14 pmol/l) in the NSTEMI group with a statistically significant
difference compared with the control group (NCCP) and
compared to the UA, this information can not be useful in terms
of clinical management.
Study limitations
The main limitation of our study is the small number of patients:
only 43 patients with diagnosis of AMI and only 53 cases of noncardiac chest pain for comparison.
Secondly, what might explain the discrepancy of our data
with those of Reichlin could be the patient selection. Reichlin
included in his study patients with symptoms suggestive of ACS
which means by definition patients with Chest Pain Score > 4. In
our study we included cases of chest pain less selected from the
clinical point of view in order to test the usefulness of the marker
in a larger variability of patients with this symptom, characteristic
of the Italian Emergency Department. This might explain the
high copeptin values found in the group of NCCP. In fact, they
might be due to diseases different from myocardial infarction,
but presented with acute chest pain and caused the rise in
endogenous marker of stress (for example: bronchopneumonia).
However, it remains to explore the low negative predictive
value found with our cases (75.4%). With further study we
could analyze the proportion of patients with negative troponin
and copeptin who received a final diagnosis of NSTEMI to
understand what factors have affected the thesis on the rapid
and safe rule out of AMI.
Conclusions
In conclusion, we can say, according to our results, that copeptin
is involved in the endogenous stress response triggered by an
acute myocardial infarction, but has no distinctive features wich
make it useful in the clinical management of chest pain.
References
1. Lee TH, Goldman J. Evaluation of the patient with acute
chest pain. N Engl J Med 2000; 342: 1187-1195.
2. The Joint European Society of Cardiology/American College
of Cardiology Committee. Myocardial infarction redefined. A
consensus document of the Joint European Society of Cardiology/
American College of Cardiology Committee for redefinition of
myocardial infarction. J Am Coll Cardiol 2000; 36: 959-969.
3. Ohman EM, Armstrong PW, Christenson RH, et al. Cardiac
Troponin T levels for risk stratification in Acute Myocardial
Ischemia. N Engl J Med 1996; 335: 1333-1342.
4. Reichlin T, Hochholzer W, Stelzig C et al. Incremental
Value of Copeptin for Rapid Rule Out of Acute Myocardial
Infarction. I Am Coll Cardiol 2009; 54(1): 60-68.
5. Struck J, Morgenthaler NG, Bergmann A. Copeptin, a stable
peptide derived from vasopressin precursor, is elevated in
serum of sepsis patients. Peptides 2005; 26: 2500-2504.
6. Antoniades C, Tousoulis D, Marinou K et al. Effect of
insulin dependence on inflammatory process, thrombotic
mechanisms and endothelial function, in patients with 2
type diabetes mellitus and coronary atherosclerosis. Clin
Cardiol 2007; 30: 295-300.
7. Strickland OL, Giger JN, Nelson MA, Davis CM. The
relationships among stress, coping, social support, and weight
class in premenopausal African American women at risk for
coronary heart disease. J Cardiovasc Nurs 2007; 22: 272-277.
8. Preibisz JJ, Sealey JE, Laragh JH et al. Plasma and platelet
vasopressin in essential hypertension and congestive heart
failure. Hypertension 1983; 5: 1129-1138.
9. Baumann G, Dingman JF. Distribution, blood tran sport, and
degradation of antidiuretic hormone in man. J Clin Invest
1976; 57: 1109-1116.
10. Robertson GL, Mahr EA, Athar S, Sinha T. Development and
clinical application of a new method for the radioimmunoassay
of arginine vasopressin in human plasma. J Clin Invest 1973;
52: 2340-2352.
12
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
clinicaÊ eÊ terapia
Sanguinamento da rottura di varici da un sito raro
nellÕ ipertensioneÊ portaleÊ
DiagnosiÊ differenzialeÊ conÊ leÊ causeÊ diÊ shockÊ ipovolemicoÊ
acutoÊ inÊ emergenzaÊ
Rosarino Procopio, Elio Scaramuzzino
UO Pronto Soccorso, Astanteria e Medicina d’Urgenza, Ospedale di Lamezia Terme (CZ)
L’ipertensione portale è l’aumento della pressione nel sistema venoso
portale, il quale riceve circa 1500 ml/m di sangue proveniente
dall’intestino tenue, dal colon, dalla milza e dal pancreas. Un’ostruzione
del flusso o un aumento delle resistenze a qualsiasi livello dell’albero
portale comporta l’aumento della pressione nel sistema e la formazione
di circoli collaterali tra la vena porta e le vene cave superiore e
inferiore, creando le condizioni per la nascita di varici in tutto il
sistema1. Viene presentato, di seguito, il caso di una donna con cirrosi
epatica scompensata, voluminosa ascite e sanguinamento da rottura di
varici a livello dell’asse splenico che ha posto, sin dall’inizio, per come
si è presentato, il problema di diagnosi differenziale con altre cause di
shock ipovolemico. Tale caso si è concluso con l’exitus della paziente.
CasoÊ clinico
nerali. Si ha obnubilamento di sensorio e gasping; il GCS ha uno
score di 7 per cui si procede all’intubazione. Si somministrano
due fiale di dopamina in 250 cc di fisiologica e una sacca di
sangue gruppo 0 (GRC). Si rileva un primo episodio di asistolia,
quindi si procede con un ciclo di MCE, alla somministrazione
di una fiala di adrenalina ed una di atropina ev, con la ricomparsa di un ritmo organizzato caratterizzato da complessi stretti e
regolari. A questo punto una puntura esplorativa dell’addome
mette in evidenza sangue libero in addome con liquido ascitico. Si invia in radiologia la paziente per TC toraco-addominale
con mdc il cui esito rileva lo spandimento libero addominale da
rottura delle vene ectasiche a livello dell’ilo splenico e diffuso
versamento ascitico-ematico (Figura 1).
Date le precarie condizioni emodinamiche della paziente e il rifiuto dei parenti a sottoporla ad intervento chirurgico di shunts,
ella viene ricoverata nel reparto di rianimazione dove, in seguito
ad altro episodio di asistolia, si constata l’exitus.
Una donna di 66 anni viene trasportata dal 118 al nostro DEA
in stato di shock e con un violento dolore in regione dorso-lombare sinistra insorto improvvisamente al proprio domicilio. La
paziente, sofferente di cirrosi epatica con voluminosa ascite e
trombosi della vena porta, era stata sottoposta in passato a legatura di varici esofagee sanguinanti. Al domicilio della signora,
l’equipe del 118 rileva un GCS di 15 ed un grave stato ipotensivo
con pressione arteriosa non rilevabile. Al suo arrivo al DEA, la
paziente è pallida, agitata, lamenta un forte dolore in sede dorsolombare di sinistra. Non si individua la pressione arteriosa ed il
polso carotideo è flebile. I parametri laboratoristici sono:
• GB 7,7 x 103
• GR 3,58 x 106
• HB 10,2 g/dl
• HCT 30,4%
• PLT 71 x 103
• INR 1,05
• PT 11 sec
• PTT 30 sec
• Glicemia 65 mg/dl
• Creatinina 1,04 mg/dl
• K 4.00 mmol/l
• NA 142 mmol/l
L’ECG evidenzia un ritmo sinusale di 125 b/m, BBDX-incompleto, EAS. Il GCS è di 12 con peggioramento delle condizioni ge-
Discussione
La vena porta, che drena nel fegato il sangue del tratto addominale del sistema gastro-intestinale, della milza e del pancreas,
è formata dall’unione della vena mesenterica superiore con la
vena splenica (Figura 2).
A livello dell’ilo epatico si divide nei rami segmentali, a livello dei sinusoidi il sangue proveniente dalle venule portali terminali confluisce con il sangue dell’arteria epatica, per passare
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
SINTESI
13
Fig. 1 - TC con mdc in sezioni assiali che evidenzia spandimento libero addominale da rottura varici ilo splenico, versamento ascitico.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
clinicaÊ eÊ terapia
Fig. 2 – Sistema venoso portale.
poi nelle vene sovra epatiche, le quali drenano a loro volta nella
vena cava inferiore. La vena porta fornisce circa il 70% del flusso
ematico del fegato e circa il 60% del suo fabbisogno di O2. La
normale pressione portale è pari a 5-10 mmHg, quindi superiore
alla pressione della vena cava inferiore di 4-5 mmHg (gradiente
venoso portale). Valori superiori a 12 mmHg sono definiti come
ipertensione portale2. Un aumento della stessa comporta la dilatazione dei circoli collaterali formatisi, la riduzione dello spessore della parete vascolare, l’aumento della tensione sulle pareti
e infine la rottura del vaso. Le cause di ipertensione portale più
frequenti sono:
• Pre-epatiche: trombosi vena porta e splenica, sindrome di
Banti.
• Epatiche: tutte le cirrosi, schistosomiasi, fibrosi congenita.
• Post-epatiche: sindrome di Budd-Chiari, cardiomiopatia,
pericardite, ostruzione vena cava inferiore, scompenso cardiaco severo.
L’ipertensione portale è asintomatica e i quadri clinici sono causati dalle sue complicanze, di cui le più importanti per drammaticità sono il sanguinamento acuto dalle varici esofagee e il
sanguinamento dal fondo gastrico, quest’ultimo con un quadro
meno drammatico, solo raramente il sanguinamento avviene da
altre sedi. L’ematemesi di solito è massiva e senza dolore. La presenza di varici in un cirrotico è correlata strettamente con la severità della malattia epatica, espressa dallo score di Child-PughTurcotte3 (il 10-20% di pazienti Child A e il 70-80% di pazienti
Child C sviluppa varici)4. La paziente rientrava in Child C. La
mortalità in rapporto a ogni episodio emorragico è inferiore al
10% nelle cirrosi compensate in classe Child A, mentre sale a più
del 70% in quelle in classe C. Il rischio di risanguinamento è elevato entro un anno dal primo episodio5. Il quadro clinico d’esordio del caso in esame ha posto il problema dell’inquadramento
dello shock ipovolemico-emorragico complicato da asistolia.
Secondo la classificazione dello shock ipovolemico da perdite
ematiche nell’adulto6, la paziente, non presentando pressione
sistolica né diastolica, frequenza cardiaca > 120, frequenza respiratoria > 20/m, stato mentale non cosciente, rientrava in classe
IV. Dinanzi a questo quadro clinico e tenendo conto della patologia di base, era d’obbligo una diagnosi differenziale tra tutte
le cause di shock. Si è supposta la diagnosi di un addome acuto
causato da un plausibile problema vascolare: la rottura di varice
da un sito raro, come confermato dalla TC addome; la rottura di
aneurisma dell’aorta addominale (AAA) o la dissecazione aortica
addominale; l’infarto della mesenterica7. Si è supposta la diagnosi di una pancreatite necrotico-emorragica, di una perforazione di organo cavo, di una peritonite. Tutti quadri drammatici
con gravi compromissioni emodinamiche che necessitavano di
riscontro diagnostico. In conclusione, il caso presentato porta
ad una evidente considerazione: più è severa la malattia di base,
più aumenta il rischio di complicanze e il grado di mortalità5,8.
Inoltre, nonostante l’ematemesi sia l’evento più frequente in corso di cirrosi epatica scompensata, in caso di shock ipovolemico
da perdite ematiche sono da valutare anche altre possibili cause.
Bibliografia
1. Garsia Tsao G et al. Portal pressure, pressure of gastroesophageal varices and variceal bleeding. Hepatology 1985; 5:
419-424.
2. Lebrec D. Portal hypertension: size of esophageal varices
and risk of gastrointestinal bleeding in alcoholic cirrhosis.
Gastroenterology 1980; 79: 1139-44.
3. Management of acute upper and lower gastrointestinal bleeding. Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN)
clinical guideline, September 2008.
4. Pagliaro L et al. Portal hypertension in cirrhosis: natural history. In Bosch J, Groszmann RJ: Portal hypertension: pathophysiology. Blackwell Scientific, Oxford UK, 1994, pp.
72-92.
5. Bosch J et al. Prevention of variceal rebleeding. Lancet 2003;
361: 952-954.
6. Baskett et al. BMJ 1990; 300: 1453-57.
7. Santangelo M.L., Jovino R. In: Zannini G. Chirurgie Specialistiche. Uses, Firenze, 1987.
8. Sarin SK et al. Prevalence, classification and natural history
of gastric varices. Hepatology 1992; 16: 1343-49.
14
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency
care
journal
organizzazioneÊ eÊ formazione
LaÊ centralizzazioneÊ delÊ politrauma
Studio della realtà ferrarese e simulazione della presenza di
unÊ protocolloÊ concordatoÊ
Luigi Melcarne, Adelina Ricciardelli#, Roberto Melandri**, Marco Farinatti°, Alessandro Gatti°, Savino Occhionorelli*
Responsabile medico CO 118 Fe – Medicina d’Urgenza, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara
Direttore UO Medicina d’Urgenza, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara
°Medicina d’Urgenza – 118, Azienda USL Ferrara
*
Dipartimento Scienze Chirurgiche, Anestesiologiche e Radiologiche, Sezione Clinica Chirurgica – modulo operativo Chirurgia d’urgenza, Azienda
Osp. Universitaria Sant’Anna, Ferrara
#
**
In un periodo in cui si chiede a tutti uno sforzo complessivo a un
utilizzo più razionale degli ospedali, delle risorse e dei dipartimenti
di emergenza, la centralizzazione – invio diretto del giusto paziente
al giusto ospedale nel giusto tempo – permette una ottimizzazione
delle risorse e una migliore gestione dei pazienti.
In questa trattazione abbiamo studiato lo stato della centralizzazione nella realtà ferrarese in cui un protocollo di centralizzazione
è oggi in fase di introduzione.
Lo studio ha mirato a simulare la realtà qualora il protocollo fosse
stato già attivo negli anni 2008 e 2009. I risultati hanno confermato
non solo che un numero importante di pazienti con caratteristiche
tali da richiedere un trattamento presso CTZ di Ferrara fossero
invece stati indirizzati primariamente verso PST, ma anche come,
viceversa, all’Arcispedale Sant’Anna siano giunti dalla periferia alcuni pazienti che non necessitavano di trattamenti avanzati.
La letteratura evidenzia i vantaggi di una corretta centralizzazione
per i pazienti politraumatizzati; lo studio, incentrato sulla realtà
estense, dimostra altresì che la redazione di protocolli concordati che
guidino gli operatori sanitari nella scelta della corretta destinazione
del paziente politraumatizzato non comporterebbe un iperafflusso al
centro hub di riferimento, ma piuttosto una migliore organizzazione
complessiva dei servizi, con equa ripartizione tra hub e spoke.
Nel soccorso extraospedaliero velocità non sempre è sinonimo di
garanzia di sopravvivenza; ciò è tanto più vero nel caso del politrauma in cui, ancor più del tempo, assume importanza la qualità
delle cure.
ABSTRACT
In a time in which everybody’s asked a big effort to use hospitals,
resources and emergency departments in a rational way, the Centralization – that is sending the right patient to the right hospital at
the right time – allows an optimization of the resources and a better
management of medical patients.
In this study we examined the actual state of Centralization in the
city of Ferrara where an experimental protocol of “centralization”
has been introduced.
This study has the purpose of simulating reality if the protocol had
been introduced in the years 2008/2009. The results confirm not
only that an important number of patients that were meant to be
sent to the CTZ of Ferrara where instead sent to the PST but also
that, on the contrary, patients from the suburbs that didn’t require
advanced treatments were sent to the Sant’Anna hospital of Ferrara.
So if medical literature already points out the advantages of a correct Centralization for patients with polytraumas; the study, based
on the reality in Ferrara , shows how the creation of an agreed protocol with the goal to guide health workers at sending polytrauma
patients to the right destination , instead of creating an excessive
flow th the main hub, can improve the overall organization of health
services, with an equal distribution between hub and spoke.
When considering First Aid not always speed and rapidity guarantee
survival; this is so much more real in the case of patients with polytrauma, where quality of cures assumes more importance than time.
Introduzione
morte3 nel mondo occidentale, la prima se si considera la fascia attiva della popolazione, ovvero compresa tra i 18 e i 40 anni4. In Italia
i decessi annui per trauma sono circa 24.5005, dovuti innanzitutto a
incidenti automobilistici, quindi domestici e sul lavoro6-8.
La letteratura descrive l’evoluzione temporale della mortalità per
trauma, tipicamente rappresentata da una curva trimodale caratterizzata da tre picchi: a pochi minuti dall’evento, morti immediate; a poche ore, morti precoci; e a distanza di giorni o settimane dal trauma, morti tardive9,10.
La complessità della mortalità per trauma ha portato alla creazione di indici come il Preventable Death Rate (PDR), il quale
cerca di stabilire la quota di morti evitabili qualora l’assistenza al
paziente politraumatizzato fosse ottimale11,12.
Gli “errori” nell’approccio all’assistito politraumatizzato possono essere suddivisi in tre macrogruppi: difetti nella gestione dei tempi, nel
management del paziente e infine nelle lesioni non diagnosticate13.
A tutt’oggi manca nella comunità scientifica internazionale un
accordo sulla definizione di “politrauma”1. In questa trattazione
ci si atterrà alla determinazione presente nella procedura aziendale
“la golden hour del politrauma”, ovvero: "paziente con una o più
lesioni d'organo o apparato che, singolarmente o per effetto cumulativo, sono tali da determinare una possibile compromissione di
almeno una funzione vitale", preferendola alla più classica definizione di Trentz: “sindrome da traumatismo multiplo caratterizzato
da un ISS > 17, con successiva reazione sistemica che può sfociare
in disfunzione di organi e sistemi vitali non direttamente interessati
dall’evento traumatico”2, mal applicabile all’ambiente extraospedaliero sul quale ci soffermeremo. Con più di cinque milioni di morti
l’anno nel mondo e un livello di invalidità secondaria pari al doppio
della mortalità, la patologia traumatica rappresenta la terza causa di
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
SINTESI
15
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
organizzazioneÊ eÊ formazione
16
Volendo ridurre al minimo la quota di morti evitabili dovute a
dismanagement dei tempi di gestione (24% del PDR) pre- e intraospedalieri (rispettivamente 9% e 15% del totale dei decessi
evitabili), per anni si è affermato tra gli operatori del soccorso al
politrauma il concetto di golden hour16-17: “vi è un’ora d’oro tra la
vita e la morte. Se sei un paziente politraumatizzato in stato critico ti restano circa 60 minuti per sopravvivere. Potresti anche non
morire durante questo tempo, ma dopo tre giorni o due settimane, ma qualcosa di irreparabile è accaduto al tuo corpo” (Cowley,
1976)18. Sebbene diffusamente accettata, questa teoria non è mai
stata scientificamente dimostrata dalla letteratura19. Oggigiorno è
più corretto intendere la golden hour non come un limite temporale categorico di 60 minuti entro il quale sottoporre il paziente
alle cure del caso, ma come filosofia di lavoro che spinga l’operatore sanitario ad attivare tutte quelle procedure e quei protocolli
che permettano un più rapido accesso alle cure definitive per il
paziente20. Ovvero, come sintetizzava nelle sue “tre R” Trunkey:
“get the Right patient to the Right hospital in the Right time”21, portare il giusto paziente, nel giusto ospedale, nel giusto tempo.
Nel soccorso extraospedaliero velocità non sempre è garanzia
di sopravvivenza; ciò è tanto più vero nel caso di politrauma in
cui, ancor più del tempo, assume importanza la qualità dell’assistenza sanitaria22-24.
Organizzazione dei SIAT (sistema integrato assistenzaÊ alÊ trauma)Ê
L’assistenza al paziente politraumatizzato è garantita in Emilia
Romagna da un sistema dell’emergenza-urgenza costituito da25:
• sistema di allarme sanitario dotato di un numero telefonico
di accesso breve e universale (CO 118)
• sistema territoriale di soccorso;
• servizi e presidi ospedalieri collegati in rete secondo un modello hub & spoke26.
Le risorse umane, i mezzi e le strutture che compongono il sistema vengono connesse in rete per assicurare un’assistenza tempestiva ed efficace delle emergenze-urgenze dal territorio alla definitiva collocazione del paziente. Questo modello organizzativo
richiede l’integrazione dei diversi servizi e strutture e una formazione specifica e interdisciplinare del personale sanitario27.
La rete, attorno alla quale si sviluppa il servizio di assistenza
all’emergenza-urgenza, si realizza secondo un modello hub &
spoke28 nel quale l’ospedale hub (solitamente un CTS) farà da
centro di riferimento per gli spokes periferici con i quali resterà strettamente interconnesso. Tra gli spokes vi potranno essere
alcuni che per le loro peculiarità e per la presenza di alcune
specializzazioni assumono la duplice veste di spoke per l’hub
principale e di hub rispetto agli ospedali periferici di zona29,30.
In un sistema siffatto, le più alte specialità e professionalità
vengono concentrate all’interno dell’hub di riferimento con ottimizzazione dell’offerta sanitaria e una migliore gestione delle
criticità31-33.
Una simile organizzazione richiede l’attivazione di protocolli di centralizzazione che guidino l’operatore sanitario nella scelta dell’ospedale di destinazione più appropriato al trattamento del paziente.
La regione Emilia-Romagna è divisa in tre SIAT indipendenti:
Emilia Orientale, Emilia Occidentale e Romagna).
All’interno di ciascuno è possibile individuare tre diverse tipologie di ospedale:
1. CTS (Bologna Osp. Maggiore per il SIAT Emilia Orientale)
che funge da hub per tutti gli ospedali di zona e nel quale
sono concentrate le più alte specializzazione per il trattamento dei pazienti politraumatizzati – hub di riferimento.
2. CTZ (due per il SIAT Emilia Orientale, Ferrara e Modena)
ovvero centri in grado, grazie alla presenza di alcune alte
specializzazioni, di trattare alcuni casi di traumi maggiori
– con veste di spoke rispetto a Bologna ma di hub per i PST
delle rispettive province.
3. PST ovvero tutti gli ospedali maggiori in cui non dovrebbero
essere inviati i pazienti politraumatizzati se non in particolari casi di necessità.
Fig. 1 - Flow-chart centralizzazione per territorio, dipendenza Osp.
del Delta – Lagosanto (FE).
MaterialiÊ eÊ metodi
L’importanza della centralizzazione già evidenziata dalla letteratura e la prossima attivazione di un protocollo di centralizzazione per la provincia di Ferrara, redatto tenendo conto delle linee
guida più recenti, ci ha spinto ad analizzare la realtà ferrarese,
ricercando i dati sui pazienti politraumatizzati nei territori che
fanno capo ai PST periferici, escludendo quindi quanti fossero stati vittime di gravi traumatismi in territorio di pertinenza
dell’Ospedale Sant’Anna (CTZ di riferimento) e quanti fossero
giunti in ospedale con mezzi propri con riferimento agli anni
2008 e 2009.
I documenti utilizzati per la raccolta dati sono stati le schede
paziente 118 e i referti di Pronto Soccorso degli ospedali periferici, integrati, qualora deficitari, con le informazioni presenti
nel sistema 118 N@t.
Sulla base delle informazioni provenienti da questi documenti si
è realizzata una simulazione dell’applicazione del protocollo, in
maniera identica sia per i dati pre-hospital (ovvero ricavati dalle
schede 118) sia per quelli in-hospital (dai referti PS).
Per ogni paziente si è compilata una scheda di centralizzazione evidenziando dapprima i parametri fisiologici (quindi FR,
GCS, Pa, RTS, PTS), poi i parametri anatomici, e infine i criteri anamnestici e di rischio, seguendo il percorso definito dalla
flow-chart del “protocollo centralizzazione” e definendo quale
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
organizzazioneÊ eÊ formazione
Pazienti provenienti da aree delle provincia di Ferrara di non
diretta pertinenza del CTZ Sant’Anna che negli anni 2008 e
2009 fossero giunti in ospedale con codice “2 con avviso” o
“tre”. Per un totale di 187 pazienti (104 nel 2008 e 83 nel
2009).
2. In-hospital – per il quale si è tenuto conto dei referti di Pronto Soccorso dei pazienti prima trasportati in un distretto periferico e solo successivamente centralizzati presso il nosocomio ferrarese con diagnosi di politrauma e codice di triage
giallo o rosso. Il totale dei pazienti appartenente a questo
gruppo è 75 (39 nel 2008 e 36 nel 2009).
Nel complesso il numero dei pazienti presi in esame è stato di
262 (Tabella 1).
Dallo studio della popolazione pre-hospital è emerso come nel
2008 il 51% dei pazienti sia stato indirizzato direttamente al
PS di Ferrara contro un 47% destinato ai diversi spokes periferici; nel 2009, invece, il 57% è giunto al nosocomio ferrarese
contro il 39% destinato ai PS periferici. Una variazione quindi
non statisticamente significativa ma che assume importanza se
si osservano i dati dei pazienti con codice 3, quindi quelli sicuramente più gravi. Per questi pazienti la quota di invii primari
al PS di Ferrara è passata dal 68% del 2008 all’86% del 2009, un
incremento significativo che sottolinea la sensibilizzazione del
personale impegnato sulla strada al tema della centralizzazione.
Interessanti sono anche le informazioni che risultano dai referti di Pronto Soccorso dei pazienti trasferiti prima in uno spoke
periferico e solo secondariamente trasferiti a Ferrara; i tempi di
permanenza negli anni 2008 e 2009 sono sovrapponibili, ovvero:
• più di 2 ore 61-63%;
• tra 1 e 2 ore 31-33%;
• meno di 1 ora 4-8%.
Quindi un importante ritardo nell’accesso alle cure definitive.
Fig. 2 - Flow-chart centralizzazione per territorio, dipendenza Osp.
di Argenta e Cento (FE)
Tabella 1
Popolazione in esame.
2008
2009
2008Ê +Ê 2009
Prehospital
104
83
187
In-hospital
Totale
39
36
75
143
119
262
sarebbe stata la destinazione dei pazienti secondo il protocollo
confrontandola poi con quella reale (Figure 1 e 2).
Sulla base dei documenti utilizzati, scheda 118 o referti PS, la
popolazione è stata divisa in due gruppi:
1. Pre-hospital – per il quale si è tenuto conto della scheda 118.
Simulazione
Per quanto concerne il gruppo pre-hospital, realizzata la simulazione, è emerso come (Tabella 2):
• dei pazienti inviati direttamente a Ferrara (103):
– 80 sarebbero stati ugualmente inviati direttamente a Ferrara;
– 21 sarebbero stati destinati a spokes periferici;
– per 2 pazienti l’insufficienza di dati non ha permesso una
ricostruzione verosimile;
• dei pazienti inviati in spokes periferici (83):
– 50 sarebbero ugualmente stati inviati in periferia;
– 31 sarebbero stati direttamente centralizzati a Ferrara;
– per 2 pazienti i dati sono risultati insufficienti.
Riscrivendo i dati (Figura 3, Tabella 3):
• Situazione reale senza protocollo:
– 101 pazienti sono giunti a Ferrara;
– 81 pazienti sono stati inviati in periferia.
• Qualora fosse stato attivo il protocollo:
– 111 pazienti sarebbero giunti a Ferrara,
– 71 pazienti sarebbero giunti in periferia.
Una differenza quindi non statisticamente significativa che sottolinea come l’introduzione del protocollo non comporterà un
Tabella 2
Gruppo Pre-hospital - Numero di accessi al centro hub o allo spokes concordante o non concordante con il protocollo.
InvioÊ concorde
InvioÊ nonÊ concorde
Dati insufficienti
2008
Ferrara
42
11
1
78%
20%
2%
Spoke
29
19
1
59%
39%
2%
2009
Ferrara
38
10
1
74%
16%
10%
Spoke
21
12
1
62%
35%
3%
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Risultati
17
organizzazioneÊ eÊ formazione
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Fig. 3 - Confronto tra il destino dei pazienti politraumatizzati riscontrato nello studio e quello atteso nel caso di applicazione del
protocollo.
18
portunità di garantire una migliore riqualificazione professionale degli operatori del soccorso e una razionalizzazione delle
risorse per l’azienda sanitaria.
Coscienti dei limiti di una simulazione, abbiamo riconsiderato i
singoli casi di traumatismo della provincia di Ferrara degli anni
2008 e 2009, escludendo quelli avvenuti nel territorio di pertinenza dell’Arcispedale Sant’Anna; per ognuno abbiamo definito,
seguendo i criteri della “flow chat centralizzazione” (Figura 1 e
Figura 2), quella che sarebbe stata la sua destinazione qualora il
protocollo fosse già stato a regime, quindi abbiamo confrontato
i risultati con la destinazione reale del paziente.
Preme sottolineare come l’obiettivo non fosse quello di entrare
nel merito della qualità dei trattamenti; seppur sia verosimile
che, essendo l’Arcispedale Sant’Anna ospedale di II livello e
quindi dotato di servizi e tecnologie più avanzate, i pazienti
avrebbero avuto accesso a un trattamento più specialistico, l’indagine non vuole verificare un differente outcome dell’assistito
(sarebbe impossibile), ma solo descriverne la differente destinazione.
• Dai dati emerge come una percentuale cospicua dei pazienti
inviati in periferia (37,5%), secondo il protocollo, sarebbe potuta essere inviata direttamente a Ferrara.
• Importante è anche il dato dei pazienti inviati in prima battuta
Tabella 3
Confronto tra il destino dei pazienti politraumatizzati riscontrato
nello studio e quello atteso nel caso di applicazione del protocollo.
Destinazione
Situazione reale
senzaÊ protocollo
Situazione attesa
conÊ protocollo
Ferrara
101Ê pazientiÊ (80Ê +Ê 21)
111Ê pazientiÊ (80Ê +Ê 31)
Spoke
81Ê pazientiÊ (50Ê +Ê 31)
71Ê pazientiÊ (50Ê +Ê 21)
c2= 1,13
p = 0,2879
sovraccarico di arrivi al PS del nosocomio ferrarese, ma solo
un’ottimale destinazione dei diversi pazienti alle cure più adatte.
Infine, dai dati del gruppo in-hospital, si è cercato di dare una
valutazione qualitativa del protocollo di prossima introduzione.
Presupponendo che un buon protocollo sarebbe stato in grado
di riconoscere la maggior parte delle criticità che avrebbero richiesto un diretto trasferimento al centro hub di riferimento, si è
cercato di capire se i criteri fisiologici, anatomici e anamnestici
presenti nel protocollo fossero sufficienti a identificare tutti i
pazienti che avessero poi necessitato di cure presso il nosocomio
ferrarese.
Nel 66% dei casi (49 pazienti) il protocollo si è dimostrato in
grado di riconoscere questi assistiti mentre nel 30% dei casi (22
soggetti) il protocollo non ha individuato questi pazienti come
politraumatizzati. Per 3 pazienti la simulazione non appare verosimile (Figura 4, Tabella 4).
Conclusioni
Il 30% delle morti per trauma avviene nelle prime ore dopo
l’evento (morti precoci). Per limitare il numero di questi decessi
si aprono due strade principali:
• implementazione dei livelli professionali, tecnologici, diagnostici e terapeutici offerti dalla struttura sanitaria (nascita
dei trauma center);
• attivazione di modelli organizzativi che permettano di ridurre il terapy-free-intervall sfruttando al meglio la golden
hour del politrauma.
Proprio tra queste seconde possibilità un elemento fondamentale è costituito dalla “centralizzazione” delle vittime di politrauma.
La procedura, oltre a favorire una riduzione della mortalità e
morbilità del paziente politraumatizzato, offre al sistema l’op-
Fig. 4 - Analisi gruppo In-hospital - Capacità del protocollo di identificare i pazienti politraumatizzati necessitanti di primario accesso al
centro hub con riferimento al totale dei pazienti negli anni 2008 e 2009.
Tabella 4
Analisi gruppo In-hospital - Capacità del protocollo di identificare i pazienti politraumatizzati necessitanti di primario accesso
al centro hub.
ÊÊÊ
2008
2009
Totale
Pazienti
identificati
daÊ criteriÊ
protocollo
24
25
49
Pazienti non
identificati
daÊ criteriÊ
protocollo
14
8
22
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
DatiÊ nonÊ
sufficienti
1
2
3
a Ferrara ma che, secondo il protocollo, avrebbero potuto avere
come destinazione uno spoke periferico. La percentuale di questi
pazienti è del 20%.
Di fatto, questo ci permette di sostenere che l’introduzione del
protocollo non dovrebbe comportare un aumento eccessivo di
accessi al PS del Sant’Anna, ma piuttosto una migliore organizzazione complessiva dei servizi, con una equa ripartizione tra
hub e spoke. Per 31 pazienti che nell’arco dei due anni sarebbero
arrivati in più al PS ferrarese ce ne sarebbero stati 21 in meno,
quindi con un aumento netto di sole 10 unità si scongiura il
temuto sovraffollamento dei servizi di emergenza ferrarese. Il
giusto paziente sarebbe trasportato al giusto ospedale senza variazione significativa nel numero complessivo degli accessi per
i singoli PS.
Nonostante il protocollo sia stato stilato sulla base di parametri
ormai internazionalmente acquisiti, nel momento in cui entrerà a regime dovrà essere sottoposto ad audit semestrali e poi
annuali al fine di verificare il livello di applicazione del documento, della sua capacità di identificare i casi di politrauma, del
livello di over- e under-triage associato e delle eventuali migliorie
da apportarvi.
Sulla base dei dati del gruppo in-hospital, si è cercato di valutare
l’efficacia del protocollo: si è partiti dall’assunto che un buon
protocollo debba individuare la maggior parte dei casi che non
possono essere trattati negli spokes periferici e che quindi richiedono un trasferimento diretto all’hub Sant’Anna. Sono stati
quindi presi in esame tutti i casi di traumatismo giunti al PS
ferrarese con codice giallo o rosso dopo un primario accesso a
PS periferici; anche per questi pazienti, basandoci sui dati dei
referti PS della periferia e del Sant’Anna, è stata compilata una
possibile scheda di centralizzazione. Dal confronto dei risultati
con la destinazione reale è emerso che la maggioranza dei pazienti rientrava nei parametri del documento, con percentuali,
nei due anni in esame, del 61% e del 58%. I casi invece non
riconosciuti dai parametri del protocollo come politraumatismi,
ma che hanno richiesto ugualmente un trasferimento, sono correlati per lo più a lesioni maxillo-facciali, ovvero con necessità
di un consulto specialistico, e a ESA senza segni di ipertensione
endocranica diagnosticata dopo indagini di imaging.
Quindi si conferma una buona efficacia del protocollo nell’individuare le criticità che necessitano di trattamento presso centro
hub.
In conclusione possiamo affermare che l’introduzione anche
nella realtà ferrarese di un protocollo di centralizzazione comporterebbe una ottimizzazione delle risorse e una migliore gestione dei pazienti.
Nel soccorso extraospedaliero velocità non sempre è sinonimo
di garanzia di sopravvivenza; ciò è tanto più vero nel caso del
politrauma in cui, ancor più del tempo, assume importanza la
qualità delle cure offerte.
La creazione attorno all’assistito di un’isola di assistenza idonea
e qualificata (come se fosse sempre in ospedale), l’ottimizzazione del servizio che garantisca un continuum operativo tra le
fasi intra- ed extraospedaliere, le interconnessioni tra ospedali
periferici e nosocomi ad alta specializzazione che accolgano i
pazienti più critici sono la risposta migliore alla necessità di implementazione di tutti i servizi di emergenza-urgenza.
Bibliografia
1. Procedura aziendale P-206-AZ, “La golden hour del politrauma” percorso di gestione del paziente politraumatizzato
dalla fase del soccorso al ricovero nella provinciale di Ferrara – p 29
2. Neri, Butcher, Zsolt et al. - The definition of politrauma:
the need for international consensus. Injury,vol.40, Suppl 4,
November 2009:12-22
3. Peden M, McGee K, Sharma G. The injury chart book: a
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
25.
graphical overview of the global burden of injuries. Geneva,
World Health Organization, 2002.
B.W Sathiyasekaran - Population- based color study of injury-– Injury vol.27, no.10 1996:695-698
Stefano, Di Bartolomeo - Epidemiology of major injury in
the population of Friuli Venezia Giulia –Injury, Int. J. Care
Injured (2004) 35:391-400
ISTAT cause di morte anno 2007
Registro regionale traumi gravi RRTG – Report dati relativi anno 2009 – Trauma Link – Servizio Sanitario Regionale
Emilia Romagna
Tien, Chu, Brenneman – Causes of death following multiple
trauma – Current Orthopaedics (2004) 18, 304-310
Gebhard, Huber-Lang, Langerbecks - Polytrauma – pathophysiology and management principles. Arch Surg (2008)
393:825-831
Chiara, Cimbanassi, Pitidis – Preventable trauma death:
from panel review to population based studies –World J. of
Emergency Surgery – 2006 – 1:12
Sampalis, Boukas, Stella - Preventable Death Evaluation of
the Appropriateness of the On-Site Trauma Care Provided
by Urgences-Sante Physicians; The Journal of Trauma: Injury, Infection, and Critical Care - Volume 39(6), December
1995, pp 1029-1035
Chiara, Scott, Cimbanassi, Marini - Trauma deaths in an
Italian urban area: an audit of pre-hospital and in-hospital
trauma care – Injury Int. J. Care Injured 33 (2002) 553-562
Pamerneckas, Macas, Vaitkaitis - Golden hour – early postinjury period - MEDICINA (2003) Vol. 39, No.9:845-850
Mackenzie CF, Shin B, Cowley RA - Two-year mortality in
760 patients transported by helicopter direct from the road
accident scene. Am Surgeon. 1979; 45:101–108.
Newgard, Schmicker, Hedges, et al, - – Emergency Medical
Services Intervals and Survivals in trauma: Assessment of
the “golden Hour” in a Northamerican prospective court –
Ann Em Med vol.55, No 3: march 2010:235-246
Lerner, Moscati – THE GOLDEN HOUR: SCIENTIC FACT
OR MEDICAL “URBAN LEGEND”? – Axademic Emergency
medicine; july 2001; 8,7; pp:758-760
Trunkey DD, What’s wrong with trauma care? Bull Am Coll
Surg 1990;75:10-5
Mullins, Veum-Store, Trunkey –Outcome of hospitalizated
injured patients after institution of a trauma system in an
urban area –JAMA, june 22/29, 1994 – Vol. 271, no 24:191924
Sampalis, Denis, Frechette- Direct Transport to Tertiary
Trauma Centers versus Transfer from Lower Level Facilities:
Impact on Mortality and Morbidity among Patients with
Major Trauma –The Journal of Trauma: Injury, Infection, and
Critical CareVolume 43 (2), agosto 1997, 43(2), pp 288-296
Vestrup JA. Interinstitutional transfers to a trauma center. Am J Surg 1990; 159:462-465
Delibera di giunta – N.ro 2002/1267 approvato il 22/7/2002:
piano sanitario regionale 1999/2001 – approvazione delle linee guida per l’organizzazione delle aree di attività di livello
regionale secondo modello HUb and Spoke
A. Ricciardelli - La continuità dell’assistenza nel DEA dal
territorio all’ospedale –IV CONGRESSO NAZIONALE SIMEU – Genova 19-22 maggio 2004 pp1-10
D.D. Trunkey – Trauma Center and trauma systems –JAMA
2003, vol 289, No 12:1566-7
Atto di intesa tra Stato e Regioni di approvazione delle Linee
Guida sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del
PR 27 marzo 1992, G.U. n. 114 del 17 maggio 1996, Serie
Generale Repubblica Italiana. Ministero Sanità
Chiara, Cimbanassi, Fava – La rete organizzativa per la gestione del trauma in Italia –Emergency Care Journal, 2005,
1:36-42.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
organizzazioneÊ eÊ formazione
19
organizzazioneÊ eÊ formazione
“Gestione interattiva di eventi critici”: ipotesi di una
nuovaÊ tecnicaÊ formativa
Cinzia Orsini, Elisabetta Cricca, Sandro Galavotti, Marina Mazzotti, Brunella Parma, Amedeo Corsi*
UO 118 Dipartimento di Emergenza-Urgenza AUSL Rimini (RN)
*UO Anestesia Rianimazione, Dipartimento Emergenza Urgenza, Ospedale Infermi Rimini (RN)
SINTESI
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Nei piani di formazione sanitari, l’inserimento di tecniche che
prevedono la partecipazione attiva dei discenti è una necessità
stabilita dall’importanza di mantenere una professionalità
elevata. Tale esigenza ha stimolato gli Autori alla creazione
di un corso formativo che, privo di lezioni frontali, propone la
20
messa in gioco in primis dei vari operatori, con il duplice scopo
di uniformare le modalità d’intervento e ridurre il margine
d’errore. I risultati di tale esperienza, confermano la validità di
questa metodica permettendo l’analisi e lo sviluppo di didattiche
formative alternative.
ABSTRACT
The inclusion of techniques that schedule the operative participation of the learnes within the sanitary training plans, is a necessity
due to the importance of keeping a high level of professionalism.
The Authors have therefore been urged to establish a training course
that, despite the lack of frontal lectures, proposes above all the per-
sonal involvement of the various operators, for the double purpose
of standardizing the intervention procedures as well as reducing the
margin of error. The results of such an experience confirm the validity of this method, thus allowing the testing and development of
alternative educational trainings.
Introduzione
ognuna delle quattro edizioni previste, è stata incoraggiata creando
la “barra vitale”, una semplice banda colorata posta nell’angolo superiore dello schermo che aumentava o diminuiva in tempo reale,
in base alla correttezza o meno delle manovre degli operatori sulla
scena e che indirettamente corrispondeva all’evoluzione verso la
guarigione o l’exitus del paziente; la presenza della barra e la sua
talvolta inesorabile caduta hanno proposto, seppur in maniera virtuale, la tensione affrontata nella gestione di un evento avverso.
Con il materiale a nostra disposizione, macchina fotografica compatta in grado di sviluppare filmati, il gruppo ha sceneggiato, ripreso e doppiato i casi clinici. In considerazione della scarsa tecnologia il montaggio delle singole scene, il doppiaggio, l’inserimento
di suoni e selettive è stato eseguito in un secondo tempo. Le pause
di discussione sono state evidenziate tramite l’inserimento di uno
sfondo fisso inerente al caso. Certi che il filmato non poteva essere
l’unico modello di scelta, sfruttando l’esperto informatico è nato
un connubio tra vari programmi: Word, Windows Media Player e
Power Point. Utilizzando Word, in base alla richiesta della platea,
i vari presidi sanitari e non (zaino, monitor, aspiratore, ecc.) comparivano sullo schermo, rendendo possibile il variare della “barra
vitale” in tempo reale (Figura 1). I presidi sono stati fotografa-
è noto che la professionalità di un qualsiasi operatore sanitario
è determinata da tre elementi distintivi fondamentali: il possesso
di conoscenze tecniche aggiornate, di abilità manuali e di capacità comunicative e relazionali. Mantenere ad alti livelli l’aggiornamento di queste caratteristiche è sempre più difficile, non
ultimo per l’accrescersi continuo dei cambiamenti tecnologici
e organizzativi. Per soddisfare le esigenze formative e di addestramento del personale sanitario della nostra UO 118 Rimini, il
gruppo ha realizzato un percorso formativo che, non sfruttando
lezioni frontali, prevede una combinazione di simulazioni videoassistite con la partecipazione di attori e/o manichini, simulatore ECG e scenari proposti al computer. L'obiettivo del corso è
indurre un contraddittorio, tra le varie professionalità in campo,
su alcune problematiche di ordine organizzativo/scientifico, con
lo scopo di uniformare le modalità d'intervento, fermo restando
la professionalità di ognuno, l'unicità dei vari scenari e la validità del concetto di "agire per principi e non sempre e comunque
per protocolli".
MaterialiÊ eÊ metodiÊ
L’idea, nata per opera di un medico e di un’infermiera che s’interessano di maxiemergenza, ha visto il coinvolgimento di colleghi che non si occupano solo di formazione, bensì di figure professionali con specificità precise ma variegate, tali da creare un
gruppo policromo: un istruttore di PBLS e di Tecniche d'immobilizzazione e trasporto pazienti, al tempo stesso ottimo conoscitore
di tecniche cinematografiche e informatiche, la referente della farmacia e materiali, un’istruttrice PTCH e ottima attrice. Supervisore
e attento critico del frutto del nostro lavoro e medico super parte
in fase di corso, il Direttore del Dipartimento Emergenza Urgenza
e Responsabile Medico SET Rimini. La partecipazione attiva dei
discenti, opportunamente suddivisi in gruppi di max 4/5 persone
(equipaggio auto medica + equipaggio BLS) su un totale di 35 per
Fig. 1 - Modalità di trasferimento a richiesta di presidi da computer
tutor a maxischermo.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
organizzazioneÊ eÊ formazione
mative. Le informazioni forniteci, peraltro in maniera anonima,
sono state utili per valutare punti di forza e di debolezza e per
definire gli orientamenti futuri.
Il questionario, tuttavia, comprendeva alcuni quesiti non strettamente inerenti al nostro corso e/o Servizio, ciò nonostante è
stato proposto in toto per non alterarne l’originalità. Gli Autori
hanno deciso di estrapolare unicamente gli item inerenti alla realtà considerata.
I casi clinici presentati nelle edizioni, riguardavano:
• l’insufficienza respiratoria in età pediatrica;
• le crisi convulsive in età pediatrica;
• l’insufficienza respiratoria in adulto non responsiva a terapia
classica;
• l’incidente stradale con più coinvolti e disparità di mezzi
di soccorso sul posto, per contemporaneo evento critico in
zona limitrofa;
• la sindrome da sommersione, in età pediatrica, complicata
da patologia metabolica preesistente e traumatica conseguente.
AnalisiÊ deiÊ dati
Su 156 unità che afferiscono a Rimini Soccorso, il 56,6% ha partecipato al corso in questione e di questo l’87,7% si è reso disponibile alla compilazione del questionario. Esaminando la raccolta
dei dati, suddivisa in vari argomenti secondo lo schema allegato
(Tabella 1), dalla Figura 2/item A., risulta che il 75,9% ha recepito
all’inizio del corso il target prefissato, mentre per l’87,3% (Figura
2/item A.3), sono stati raggiunti gli obiettivi formativi dichiarati.
Considerando la Figura 3/item B.3, notiamo che il 74,7%, ha
applicato nel quotidiano quanto acquisito, di questi il 63,3%
(Figura 3/item B.4) dichiara, tuttavia, di percepire una certa
difficoltà a utilizzare quanto appreso, imputando questo gap a
un dislivello di conoscenze/competenze all’interno del contesto
lavorativo.
Analizzando il frammento del questionario inerente ai cambiamenti intervenuti nel contesto lavorativo e sulla persona (Figura 4) i risultati sono altrettanto interessanti, e nello specifico
Fig. 2 - Obiettivi formativi.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
ti ed elaborati: il soggetto è stato delineato nei suoi contorni,
eliminando lo sfondo o eventuali elementi aggiuntivi e in seguito salvato in GIF (Graphics Interchange Format). Questo ha
permesso il suo utilizzo nelle varie esposizioni. Per l’impiego di
Word abbiamo creato fogli elettronici di dimensioni superiori
alla norma, composti di diverse pagine, con possibilità di avanzare in sinergia con l’evoluzione del caso proposto. All’atto della
proiezione lo schermo è stato esteso e diviso in due parti: una
visibile solo sul computer dell’operatore tutor, l’altra proiettata
sul maxischermo della sala. Nella parte riservata all’operatore,
sono state inserite le immagini in GIF, mentre sul maxischermo comparivano le immagini riguardanti la location in cui si
svolgeva il caso clinico. In esecuzione di Word occorreva inserire filmati (ad es., tecniche di pervietà vie aeree, corretto posizionamento presidi d’immobilizzazione, ecc.) e file audio: si è
provveduto a un collegamento specifico, senza dover uscire dal
programma iniziale, caricandoli attraverso la funzione pulsante
con esecuzione diretta del rispettivo formato. In questa tipologia
di presentazione, la partecipazione dei discenti nella gestione interattiva dei casi è un elemento fondamentale ancor più risolutivo rispetto alla proiezione dei filmati, essendo gli stessi discenti
a determinare l’evoluzione dell’evento. Questa metodologia,
che può trovare detrattori in coloro che asseriscono non essere
corretto focalizzare l’attenzione sull’errore per arrivare all’esatta
esecuzione, ha viceversa avuto un riscontro positivo nel coinvolgimento dei partecipanti. L’esistenza di vecchi retaggi per cui il
confronto è considerato da taluni come un momento di pubblico
ludibrio e non un passaggio costruttivo obbligato ha suggerito a
inizio corso la proiezione dei filmati in cui il gruppo si metteva in
gioco in primis producendo un coinvolgimento e un’autocritica
inaspettata. La valutazione sull’idoneità dei discenti è stata fatta
in corso d’opera dagli stessi tutor, tramite compilazione di una
scheda valutativa articolata sui seguenti parametri:
1. conoscenza dei protocolli operativi;
2. capacità d’integrazione con l’equipaggio;
3. capacità decisionale;
4. decisioni lesive per il paziente;
il tutto su una scala di gradimento da insufficiente a ottimo,
considerando l’idoneità pari al raggiungimento di almeno tre
sufficienze.
I casi clinici sono stati scelti in base alle problematiche scientifiche e specialmente organizzativo/decisionali che volevamo
sviscerare:
•
La sicurezza operativa, definita da una strettissima collaborazione tra tutte le componenti sanitarie soprattutto in quei
casi in cui l’ente che per eccellenza è deputato alla sicurezza
dell’evento, VVF, non è interessato alla tipologia dello scenario.
• La comunicazione, step fondamentale senza il quale qualsiasi protocollo o modello organizzativo crolla miseramente.
• La definizione dei ruoli, principalmente dell’Infermiere Regolatore, che nella nostra realtà corrisponde all’infermiere
dell’auto medica con compiti in primo luogo organizzativi e
solo in un secondo momento sanitari.
• L’utilizzo indiscriminato di ausili tecnologici cartografici che
non devono sostituire la visione della cartografia cartacea,
soprattutto in una realtà come la nostra in cui un’importante
rete ferroviaria e una bretella autostradale attraversano l’area
urbana ed extraurbana.
• L’utilizzo “alternativo” di alcuni presidi d’immobilizzazione
per situazioni non strettamente legate al loro uso abituale.
• La centralizzazione.
• Ultimo punto, ma non per questo meno importante, era
fondamentale che il gruppo sapesse non solo la validità di
quanto appreso dai discenti, ma soprattutto, in che misura
fosse tangibile nel quotidiano la ricaduta di quanto recepito.
A distanza di tre mesi dall’ultima edizione abbiamo distribuito
un Questionario di valutazione d’impatto, redatto dall’AUSL di Rimini e inserito nel PAF (Piano Aziendale di Formazione), con
lo scopo di raccogliere una serie d’informazioni relative soprattutto alla percezione dei risultati raggiunti tramite le attività for-
21
Fig. 3 - Applicazione delle conoscenze.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
22
Tabella 1
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
organizzazioneÊ eÊ formazione
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
organizzazioneÊ eÊ formazione
Fig. 6 - Aspettative e soddisfazioni.
Fig. 5 - Cambiamenti intervenuti nel contesto lavorativo.
Fig. 7 - Bisogni e ricaduta formativa.
all’interrogativo "Ritiene che il corso da lei frequentato sia stato
utile per accrescere il suo senso di responsabilità nel contesto
lavorativo?” (item C.6.3) la maggioranza di risposte positive
raggiunge il 96%.
Altrettanto alta la percentuale di apprezzamento (82%) sulla capacità esercitata dal corso nel migliorare il livello di autostima
dell’operatore nell’ambito lavorativo (Figura 4/item C.6.4)
Altro dato significativo (Figura 4/item C.6.6), il 95% dichiara
che il corso ha migliorato il livello di fiducia nelle proprie capacità. All’item relativo ai cambiamenti nel contesto lavorativo (Figura 5/item E.1.1.), l’88% ritiene che il corso abbia influenzato
positivamente il clima relazionale, aumentando la partecipazione, la comunicazione e la motivazione. Viceversa il 75% (Figura
5/item E.1.4.), ignora se il corso abbia avuto una qualche ricaduta in termini di efficacia.
A distanza di tre mesi l’87,3% valuta positivamente la realizzazione di un corso di questo tipo (Figura 6/item F.2), il 75% ritiene molto utile l’avervi preso parte (Figura 6/item F.3) e il 96% lo
consiglierebbe ad altri (Figura 6/item F.4). Rimane, nell’ambito
della ricaduta formativa, la necessità da parte dell’88,2% (Figura
7/item G.2)di una formazione continua e aggiornata. Dato molto interessante emerge dal fatto che il 100% dei partecipanti ha
diffuso all’interno della sua situazione lavorativa alcuni dei contenuti del corso, sia attraverso scambi formativi sia attraverso
momenti dedicati (Figura 7/item G.3).
• L’alta percentuale di discenti (63,3%) che percepisce una difficoltà all’utilizzo di quanto appreso a fronte di un 74,7% che
asserisce di applicarlo nel quotidiano, si spiega se la chiave di
lettura usata analizza due variabili: la partecipazione al corso
“solo” del 56,6% del personale e la disomogeneità della stessa,
caratteristica quest’ultima vagliata tra le motivazioni che avevano determinato la nascita del corso.
• L’aumento del livello di fiducia nelle proprie capacità, dichiarato dal 95% dei partecipanti, può essere imputato
alla mancanza di confronto e metodologie di ricerca che
influenzano positivamente il lavoro; viceversa, ignorare se
il corso ha avuto ricadute in termini di efficacia, a nostro
parere, deriva dalla non specificità del questionario nei confronti di un servizio extraterritoriale, in cui l’attività professionale non è svolta in maniera collegiale come in ambito
ospedaliero.
• Decisamente positive le percentuali relative ai giudizi sul
corso e alla sua utilità.
Discussione
La raccolta dei dati ha prodotto risultati confortanti per i docenti, ma ha anche evidenziato aspetti che meritano riflessione:
ConclusioniÊ
Dai dati raccolti si evince che l’ideazione e lo sviluppo di questa
metodica formativa sono stati un momento positivo e costruttivo sia per i docenti sia per i discenti. Per i primi, la soddisfazione di aver trovato il giusto metodo per il raggiungimento degli
obiettivi prefissati li ha stimolati nella creazione di nuove proposte formative. Per i discenti, è stato un momento di crescita
sia professionale, derivata dalla discussione in campo, sia di aumentata autostima conseguente al confronto interprofessionale
privo di elementi di “critica accusatoria”.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Fig. 4 - Cambiamenti intervenuti sulla persona
23
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
organizzazioneÊ eÊ formazione
24
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
organizzazioneÊ eÊ formazione
25
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
organizzazioneÊ eÊ formazione
26
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency
care
journal
assistenzaÊ infermieristica
IlÊ TriageÊ EmergencyÊ MethodÊ VersioneÊ 2Ê (TEMÊ v2)Ê
UnÊ nuovoÊ metodoÊ diÊ triageÊ intraospedaliero
Nicola Parenti, Vito Serventi1, Rossella Miglio2, Stefano Masi3, Leopoldo Sarli4
Medico, Università di Parma,
1
Infermiere, Professore presso Università di Parma,
2
Professore di Biostatistica Università di Bologna,
3
Dipartimento di Pediatria e Medicina d’Urgenza dell’Ospedale Meyer, Firenze,
4
Medico, Professore, Università di Parma.
Il nostro scopo è stato di verificare se il TEM v1, un nuovo metodo
di triage intraospedaliero con buona affidabilità inter- ed intraoperatore, raggiungesse un largo consenso tra esperti di triage italiani.
Infine abbiamo cercato di migliorare il modello e creare un nuovo
modello: il TEM v2.
È stato condotto uno studio Delphi modificato con due rounds che
includeva 25 esperti di triage. Il livello di consenso predeterminato
è stato dell’80%.
La percentuale di ritorno dei questionari è stata del 72% per il pri-
mo round e 92% per il secondo. Dopo il primo round un insieme di
11 domande sul TEM v2 è stata inviata nuovamente ai partecipanti.
Otto delle suddette domande hanno raggiunto un consenso dell’80%
nell’ultimo round.
Usando una tecnica Delphi modificata abbiamo sviluppato dal TEM
v1 (Triage Emergency Method versione 1) il nuovo TEM v2 che
ha raggiunto un largo consenso tra esperti di triage. A quanto ci
risulta, questo è il primo studio italiano che usa una tecnica Delphi
per raggiungere consenso su un metodo di triage e per migliorarlo.
ABSTRACT
Our aim was to check if TEM v1, a new four-level in-hospital triage
with good inter- and intra-rater reliability, reaches a large consensus among Italian triage experts. Finally we tried to improve the
model and to create a new model: TEM v2.
A 2 round modified Delphi study was conducted including 25 triage
experts. The predetermined consensus level was considered 80%.
Total return rate was 72% (18/25), the return rate for round one
and two was 92% (23/25) and 78% (18/23) respectively. After the
first round, a set of 11 questions was sent with the new TEM v2.
Eight items of round 2 reached more than 80% of consensus.
Using the Delphi technique we developed from TEM v1, the new
triage tool TEM v2 which reached a large consensus among a panel
of triage experts.
This is, to our knowledge, the first Italian study which uses the
Delphi technique to reach consensus on a triage system and to improve it.
Key words: triage; emergency department; Delphi technique; Italian emergency triage system.
Introduzione
simile al metodo Delphi, se il TEM v1, un modello con buona
affidabilità inter- e intraoperatore per rating di priorità, raggiunga un largo consenso tra esperti italiani di triage. In questo caso,
attraverso questo largo panel di esperti, cercheremo di migliorare il modello attuale e sviluppare un nuovo modello: il TEM v2.
Il triage è il primo strumento di valutazione e selezione usato
in Pronto Soccorso (PS) per stimare la priorità di valutazione
medica dei pazienti. I più comuni sistemi di triage sono il traffic
director, lo spot-check e il triage globale1. I principali metodi di
triage in uso sono basati sulla misura di scale di priorità-gravità
e sono a tre, quattro o cinque livelli di priorità. L’Australasian
Triage Scale2, il Canadian Triage and Acuity Scale (CTAS)3, il
Manchester Triage System (MTS)4 e l’Emergency Severity Index
(ESI)5-8 sono tutti metodi di triage a 5 codici.
Le linee guida sul triage in Italia suggeriscono un triage a quattro codici-colore di priorità9.
Di conseguenza nel 2006-2007 abbiamo sviluppato un nuovo sistema di triage a 4 codici di priorità: il Triage Emergency Method
(TEM v1, Figura 2 e Tabella 1 basato sulle linee guida italiane9.
Questo nuovo metodo consta di un algoritmo decisionale e di una
tabella allegata e richiede solo poche ore di formazione10. Inoltre il
TEM v1 ha il vantaggio di stimare la quantità di risorse necessarie
in PS per il paziente valutato. In un precedente studio pilota10, il
TEM v1 ha mostrato una buona affidabilità inter- e intraoperatore
relativa alla codifica di codici di priorità di triage e una buona accuratezza predittiva di possibile ricovero10. In Italia ci sono molte
linee guida di triage sviluppate con il consenso di gruppi di lavoro
e basate su flow-chart relative a sintomi guida presentati al triage.
Ma, a quanto ci risulta, ci sono pochi dati sulla loro validità e
affidabilità e pochi modelli in uso sono basati su largo consenso11.
Lo scopo di questo studio è di verificare, attraverso un tecnica
MetodiÊ
DisegnoÊ delloÊ studio
Uno studio tipo Delphi modificato è stato condotto da settembre
2008 a maggio 2009. Abbiamo seguito la metodologia Delphi
descritta in precedenti studi e review12-16. Sono stati reclutati
esperti di triage da 25 ospedali italiani: 19 infermieri e 6 medici.
ProtocolloÊ delloÊ studio
Il protocollo dello studio è mostrato nella Figura 1.
Entrambi i rounds sono stati eseguiti usando questionari inviati
con mail.
La differenza principale tra il nostro studio e un classico studio
Delphi è stata che in quest’ultimo tipo di studi gli esperti costruiscono il consenso su un argomento generale sul quale c’è notoria discordanza e dissenso, in questo studio, invece, gli esperti
esprimono il loro parere e consenso su uno specifico metodo di
triage già sviluppato. Quindi, abbiamo seguito la metodologia
Delphi (due rounds sviluppati secondo i criteri di precedenti studi Delphi, criteri e definizioni di consenso e di “esperti” mediati
dai suddetti studi) per raccogliere opinioni di esperti di triage
su un nuovo metodo. Prima di iniziare, abbiamo perciò inviato
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
SINTESI
27
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
assistenzaÊ infermieristica
28
Fig. 1 - Protocollo di studio (metodo Delfi).
Fig. 2 - Algoritmo TEM v1.
con mail l’algoritmo TEM v1 (Figura 2 e Tabella 1) e una breve guida a tutti i partecipanti. Abbiamo inoltre intervistato telefonicamente gli stessi per verificare il grado di comprensione
dell’algoritmo.
Per stabilire il protocollo dello studio e i criteri del primo round,
è stata condotta una riunione con un gruppo di 4 clinici (2 infermiere e 2 medici con più di 10 anni di esperienza al triage e in
medicina d’urgenza), 2 statistici (esperti di metodologia Delphi)
e 2 amministrativi. Tutti gli esperti presenti alla suddetta riunione avevano ricevuto una copia del TEM v1 (Figura 2 e Tabella
1) con una breve guida all’uso del nuovo metodo e bibliografia
relativa al TEM v1 e alla metodologia Delphi. Nel corso della
riunione, dopo una presentazione del TEM v1 e della metodologia Delphi, fu loro chiesto di segnalare i criteri di inclusione e
selezione dei partecipanti al processo tipo Delphi e di sviluppare
il questionario del primo e secondo round del processo.
Il gruppo in accordo con precedenti studi12-16, ha considerato
“esperto” un medico dell’emergenza con esperienza di almeno 5
anni di triage. Poiché la prima figura professionale che gestisce
un paziente all’arrivo in Pronto Soccorso è, di solito, un infermiere, il gruppo decise di arruolare nel “gruppo di consenso”
più infermieri che medici. Gli statistici decisero, in accordo con
i clinici, il numero di partecipanti e i criteri di inclusione.
Dopo la riunione fu sviluppato il primo questionario con 22 domande semistrutturate (Tabella 2): 18 con risposte tipo “sì” o
“no” (domande 1-18) e 4 con un grading di consenso su ogni
parte dell’algoritmo TEM v1 (domande 19-22). Per ogni domanda i partecipanti potevano scrivere commenti e dovevano giustificare e motivare le loro risposte.
In particolare, durante il primo round i partecipanti dovevano
esprimere il loro consenso e/o dissenso su ogni parte dell’algoritmo (Step 1-3 della Figura 2) e della Tabella 1 usando una scala di
con 5 livelli con da un massimo di 5 = pienamente d’accordo a
un minimo di 1 = completamente in disaccordo. Inoltre, se consideravano incompleta la lista di “sintomi guida” della Tabella 1
o l’algoritmo del TEM v1 dovevano suggerire una nuova lista e
apportare modifiche integrative all’algoritmo. Abbiamo inviato
con mail: i questionari del primo round, il TEM v1 (Figura 2 e
Tabella 1) e una breve guida di tre pagine del TEM v1. Fu mantenuto l’anonimato tra i partecipanti allo studio ai quali fu chiesto
di rispondere entro quattro settimane ai questionari.
In accordo con precedenti studi12-14, è stato considerato un livello
di consenso raggiunto quello dell’80%, con 20/25 membri del
gruppo in accordo. Il nostro scopo originale era quello di verificare se il gruppo di esperti ritenesse utilizzabile nei Pronto Soccorso italiani il TEM v1. Altre domande poste agli esperti furono:
il TEM v1 è sembrato scientificamente corretto; completo; facile
da comprendere e memorizzare; facile e veloce da consultare?
Il questionario del secondo round fu inviato a tutti i partecipanti
che avevano risposto al questionario del primo round. A quelli che non rispondevano furono inviati tre solleciti a intervalli
di due settimane dal primo invio. I punti sui quali non si era
raggiunto un consenso nel primo round furono illustrati a tutti
i membri del gruppo con il riassunto dei risultati relativi agli
altri punti dei questionari. Alla fine fu considerato raggiunto un
consenso per i punti sui quali c’era una concordanza di pareri
nell’80% dei membri del gruppo.
PartecipantiÊ alloÊ studio
Furono selezionati 25 partecipanti (19 infermiere e 6 medici)
provenienti da sei regioni italiane. Poiché il sistema sanitario
italiano è formato da Pronto Soccorso a basso e alto volume di
pazienti (e crediamo che questa variabile potrebbe influenzare
l’organizzazione del triage), abbiamo incluso tale variabile nei
criteri di inclusione dei partecipanti.
Così i criteri di inclusione dei partecipanti erano: infermieri e
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
assistenzaÊ infermieristica
CODE
SYMPTOMÊ ANDÊ SITUATIONÊ GUIDE
RED
VeryÊ highÊ riskÊ situations
SevereÊ acuteÊ painÊ (VASÊ =Ê 9-10),Ê shock,Ê AMIÊ arrhythmia:Ê actualÊ chestÊ painÊ withÊ syncopeÊ and/orÊ arrhythmiaÊ and/orÊ dyspnea.
AphasiaÊ and/orÊ numbnessÊ <Ê 3Ê h.Ê DyspneaÊ withÊ wheezeÊ orÊ laryngospasm.Ê
MajorÊ trauma:Ê penetrating injury, severe facial trauma or cranial trauma with GCS ≤ 14, thoracic trauma with volet or dyspnea,
abdominal trauma with SBP ≤ 90 mmHg, rachis trauma with sensitive-motor deficit, amputation of long bones,Ê openÊ fracturesÊ ofÊ
long bones, 2nd or 3rd degree skin burns (> 30% adult or > 20% babies), eyes or airway burns, RTS ≤ 10.
MultipleÊ traumaÊ withÊ majorÊ mechanismsÊ (fallÊ fromÊ 5Ê meters;Ê ejectionÊ outsideÊ aÊ vehicle;Ê orÊ pedestrianÊ runÊ down;Ê ageÊ <Ê 5Ê years.Ê
SevereÊ intoxicationÊ (quantityÊ orÊ kindÊ ofÊ substanceÊ orÊ substanceÊ unknown)Ê withÊ dysphonia,Ê dysphagia,Ê chestÊ orÊ abdominalÊ pain.Ê
StatusÊ epilepticus.Ê
Headache with altered level of consciousnessÊ orÊ meningism,Ê seizuresÊ orÊ syncope.
Hematemesis or other severe haemorrhage in action. Severe allergic reactions with dyspnea, dysphonia or severe hypotension.
EmergencyÊ delivery;Ê eclampsia,Ê severeÊ vaginalÊ bleeding.Ê
Children: severe dehydration, headache with GCS ≤ 14
orÊ lethargyÊ orÊ hypotonia,Ê abuse.
YELLOW
HighÊ riskÊ situations
Cardiac: chest pain ≤ 6 h, syncope, arrhythmia, limbs ischemia, hypertension crisis (SBP > 200 mmHg), unstable hypotension (SBP
< 100mmHg).
Pneumology:Ê mildÊ dyspneaÊ (SaO2Ê 88-92%).
Abdomen:Ê acuteÊ abdominalÊ pain,Ê vomitÊ andÊ diarrheaÊ withÊ dehydration,Ê hypovolemiaÊ (hypotension-tachycardia),Ê hematemesis,Ê
melena,Ê severeÊ rectalÊ bleedingÊ inÊ action.
Neurology: headache or with SBP > 200 mmHg,Ê headacheÊ afterÊ cranialÊ traumaÊ ifÊ anticoagulants.Ê ConsciousnessÊ alterationsÊ
(agitation, drowsiness, acute confusion), GCS 8-14, aphasia or sensitive-motor deficit < 3 h, convulsions. Alcohol or drug abuse.
Severe dizziness/vertigo or with headache or motor deficit.Ê
ModerateÊ painÊ (VASÊ =Ê 7-8).Ê
MinorÊ intoxication,Ê severeÊ allergicÊ reactionsÊ (extensiveÊ nettleÊ rash,Ê dysphonia,Ê angioedema,Ê multipleÊ hymenopteraÊ stingsÊ inÊ
historyÊ ofÊ anaphylaxis).
Infections: fever with lethargy, severe infection (rash or purpura), temperature > 39°, fever in immunodeficiency.
Trauma:Ê concussiveÊ cranialÊ traumaÊ orÊ anticoagulants,Ê longÊ bones,Ê dislocation,Ê boneÊ deformation,Ê openÊ fractures,Ê severeÊ
lacerations, crush syndrome, limb trauma without pulse, multiple trauma, major dynamic. Acute lumbar pain (if age > 40 yrs or
in case of hypertension); severe glycemic failure in diabetes (40 mg/dl < glycemia > 300 mg/dl); sexual assault, severe or painful
haemorrhageÊ orÊ mildÊ butÊ persistentÊ inÊ anticoagulantsÊ orÊ hypertensionÊ crisis.
Renal-genitourinary:Ê scrotumÊ pain,Ê anuriaÊ orÊ oliguria.
GynaecologyÊ andÊ obstetrics:Ê vaginalÊ bleedingÊ inÊ theÊ elderlyÊ orÊ pregnancyÊ withÊ pain;Ê deliveryÊ withÊ activeÊ contractionsÊ <Ê 5Ê min;Ê preeclampsia;Ê pelvicÊ pain.Ê
Eye injury with alkali or acid, visual deficit; psychiatric symptoms in patient suffering from mental illness.
SevereÊ orÊ mildÊ haemorrhageÊ (anyÊ cause)
Child:Ê NewbornÊ <Ê 3Ê months;Ê moderateÊ dehydration,Ê severeÊ vomitingÊ orÊ diarrhea.Ê
RecentÊ traumaÊ <Ê 12Ê h;Ê neonatalÊ crying,Ê recentÊ convulsion
VASÊ =Ê VisualÊ AnalogicÊ Scale;Ê AMIÊ =Ê acuteÊ myocardialÊ ischemia;Ê GCSÊ =Ê GlasgowÊ ComaÊ Score;Ê SBPÊ =Ê systolicÊ bloodÊ pressure;Ê RTSÊ =Ê revisedÊ traumaÊ
score;Ê SaO2Ê (%)Ê =Ê percentageÊ ofÊ oxygenÊ saturation.
medici con più di 5 anni di esperienza in triage che al momento
dello studio lavoravano in PS a basso (< 25.000 visite/anno) o
alto (> 25.000 visite/anno) volume di pazienti. I partecipanti reclutati nello studio dovevano completare un questionario riguardante la loro esperienza lavorativa, dati anagrafici e formazione.
RaccoltaÊ eÊ analisiÊ deiÊ dati
I dati furono raccolti e archiviati da un ricercatore che era
all’oscuro dello scopo dello studio. La qualità della raccolta dati
fu curata da altri due ricercatori in doppio cieco. I partecipanti allo studio diedero il loro consenso al trattamento dei dati.
Essendo uno studio di qualità non riguardante dati clinici e/o
sensibili non sono state richieste altre autorizzazioni.
Risultati
La mediana dell’esperienza in triage intraospedaliero tra i partecipanti era di 10 anni (min-max = 5-18) con dodici “grandi
esperti” (> 10 anni di esperienza).
La percentuale totale di compilazione dei due questionari fu
del 72% (18/25) con una percentuale di compilazione del 92%
(23/25) e del 78% (18/23) al primo e secondo round. Gli esperti
provenivano da 8 ospedali con PS a basso volume di pazienti e 13
ad alto volume. Negli ospedali dei membri del gruppo era svolto
un triage al PS tipo spot-check e globale nel 39% (9/23) e 61%
(14/23); in due PS non vi erano linee guida o protocolli di triage.
Dopo il primo round, 10 dei 18 (56%) punti raggiunsero il livello di consenso prestabilito dell’80% (Tabella 2). Un punto
raggiunse il 100% del consenso: “lo Step 1 è facile da capire”. I
partecipanti concordavano sui seguenti punti: l’algoritmo TEM
si poteva usare nei PS italiani; era scientificamente corretto e
facile da capire. Inoltre risposero che gli Step 1 e 2 e la tabella
allegata erano completi e facili da apprendere, lo Step 3 era facile
da apprendere. Nessuna domanda con il grading di consenso
(domande 19-22) raggiunse un consenso completo: valore mediano 3 o 4. I partecipanti non concordarono completamente su
8 punti: il TEM è completo, esaustivo e facile da memorizzare e
consultare, veloce da consultare e potrebbe esser usato nell’attuale versione nei loro PS (Tabella 2).
Infine, non pensavano che lo Step 3 fosse completo e che il TEM
v1 necessitasse di un quinto livello di priorità. In particolare, il
loro principale commento fu che il TEM v1 non era completo
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2010 • www.ecj.it
Tabella 1
Tabella sintomi guida allegata all’algoritmo TEM v1.
29
assistenzaÊ infermieristica
Tab
Tab
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Tabella 2
Questionario del primo round.
30
Domande
1)Ê PensiÊ cheÊ ilÊ TEMÊ potrebbeÊ esserÊ usatoÊ perÊ eseguireÊ triageÊ neiÊ PSÊ italiani?
2)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ completi?
3)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ esaustivi?
4)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ siano scientificamente corretti?
5)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ faciliÊ daÊ memorizzare?
6)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ faciliÊ daÊ imparare?
7)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ faciliÊ daÊ consultare?
8)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ sianoÊ velociÊ daÊ consultare?
9)Ê PensiÊ cheÊ lÕ algoritmoÊ TEMÊ eÊ laÊ tabellaÊ potrebberoÊ essereÊ usatiÊ nelÊ suoÊ PS?
10)Ê LoÊ StepÊ 1Ê dellÕ algoritmoÊ TEMÊ •Ê completo?
11)Ê LoÊ StepÊ 1Ê •Ê facileÊ daÊ imparare?
12)Ê LoÊ StepÊ 2Ê •Ê completo?
13)Ê LoÊ StepÊ 2Ê •Ê facileÊ daÊ capire?
14)Ê LoÊ StepÊ 3Ê • Ê completo?
15)Ê LoÊ StepÊ 3Ê •Ê facileÊ daÊ imparare?
16) La tabella dell’algoritmo TEM è completa?
17)Ê LaÊ tabellaÊ •Ê facileÊ daÊ imparare?
18)Ê PensiÊ cheÊ unÊ 5¡ Ê livelloÊ diÊ triageÊ potrebbeÊ essereÊ aggiuntoÊ alÊ TEM?
19)Ê QuantoÊ concordiÊ conÊ ilÊ contenutoÊ delloÊ StepÊ 1?Ê
20)Ê QuantoÊ concordiÊ conÊ ilÊ contenutoÊ delloÊ StepÊ 2?
21)Ê QuantoÊ concordiÊ conÊ ilÊ contenutoÊ delloÊ StepÊ 3?Ê
22)Ê QuantoÊ concordiÊ conÊ ilÊ contenutoÊ dellaÊ tabellaÊ delÊ TEM?
RisposteÊ S“ Ê %Ê (n)
87Ê (20/23)
57Ê (13/23)Ê
52Ê (12/Ê 23)
83Ê (19/23)
65Ê (15/23)
83Ê (19/23)
61Ê (14/23)
57Ê (13/23)
70Ê (16/23)
96 (22/23)
100Ê (23/23)Ê Ê
87Ê (20/23)
91Ê (21/23)
78Ê (18/23)
91Ê (21/23)
83Ê (19/23)
91Ê (21/23)
57Ê (13/23)
3
3
4
3
C
R
Nota:Ê laÊ percentualeÊ diÊ rispostaÊ perÊ ilÊ primoÊ roundÊ fuÊ delÊ 92%Ê (23/25).
Legenda:Ê InÊ nerettoÊ leÊ domandeÊ cheÊ nonÊ raggiunseroÊ ilÊ consenso.
Ê
ConcordanzaÊ •Ê espressaÊ nellaÊ medianaÊ conÊ unÊ rangeÊ =Ê 1Ê (totaleÊ discordanza)Ê ÐÊ 5Ê (totaleÊ concordanza).
Ê
TEMÊ =Ê TriageÊ EmergencyÊ Method;Ê PSÊ =Ê ProntoÊ Soccorso.
ed esaustivo perché mancava di alcuni sintomi della sezione pediatrica e la tabella allegata (Tabella 1) all’algoritmo necessitava
di sintomi relativi ai livelli di priorità inferiore (3, verde e 4,
bianco). Altri commenti frequenti furono che:
• il TEM v1 probabilmente necessitava di un software applicativo per rendere più facile e veloce la consultazione della tabella;
• lo Step 3 necessitava di altri elementi per aiutare l’assegnazione del livello di priorità. Alcuni partecipanti suggerirono che
l’ECG avrebbe potuto esser utile all’assegnazione del codice di
priorità nei sintomi cardiaci e che i pazienti “fragili” (anziani e
bimbi) avrebbero dovuto esser visitati più velocemente.
Seguendo i commenti, le opinioni e le raccomandazioni dei
membri del gruppo di esperti, l’algoritmo TEM e la tabella allegata furono modificati e rispediti per il secondo round. La nuova
versione del TEM (TEM v2) è basata su un nuovo algoritmo e
una nuova tabella (Figura 3 e Tabella 3).
Le principali modifiche dell’algoritmo riguardano lo Step 3.
Inoltre, per ridurre la sovrastima (over-triage), abbiamo cambiato il cut-off della frequenza cardiaca nel Box 1 (Figura 3).
La nuova tabella include i sintomi guida per le priorità “verdi” e
“bianchi” e una sezione pediatrica (Tabella 3).
Dopo l’analisi del primo, round, un set di 11 domande fu inviato
con mail relative al nuovo TEM v2 e un documento-guida al
nuovo modello di 2 pagine (Tabella 4).
Nel secondo round, abbiamo inviato gli otto punti che non raggiungevano il consenso nel primo round riguardanti il nuovo
TEM v2 e tre nuove domande suggerite dai membri del gruppo
di esperti riguardanti l’ECG e i pazienti fragili (Tabella 4).
Tutti i punti del secondo sul nuovo TEM v2 raggiunsero più
Fig. 3 - Algoritmo TEM v2.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
G
V
assistenzaÊ infermieristica
Tabella 3
Tabella sintomi guida allegata all'algoritmo TEM v2.
ROSSO
PEDIATRICO < 12 anni
(se non specificate valgono situazioni come
nellÕ adulto)
SituazioniÊ adÊ altissimoÊ rischio:
PolsiÊ centraliÊ ridottiÊ conÊ marezzatureÊ oÊ palloreÊ cutaneoÊ
<Ê 5Ê anniÊ 80Ê <Ê FCÊ >Ê 180
>Ê 5Ê anniÊ 60Ê <Ê FCÊ >Ê 160
<Ê 6Ê anniÊ PASÊ <Ê 60Ê mmHg
>Ê 6Ê anniÊ PASÊ <Ê 80Ê mmHg
DispneaÊ conÊ cianosiÊ e/oÊ FRÊ <Ê 15Ê oÊ >Ê 60Ê minÊ SaO2Ê <Ê
90%Ê
ApneeÊ >Ê 10Ê secÊ
Disidratazione severa con shock, cefalea con GCS <
13 o letargia o ipotonia. Ustione 2° o 3° > 20% bimbi,
PTS ≤ 9
Convulsione febbrile in atto
40 < Glic. > 300
SINTOMI E SITUAZIONI GUIDA
CattivoÊ aspettoÊ (cute pallida, sudata fredda, marezzata, cianosi, estremamente
sofferente)
SituazioniÊ adÊ altissimoÊ rischio:
Cardiologico:Ê arrestoÊ cardiaco,Ê aritmieÊ maggiori,Ê doloreÊ toracico*Ê suggestivoÊ perÊ
SCA,Ê segniÊ diÊ shock
Pneumologico:Ê intubato,Ê dispneaÊ inÊ attoÊ severa
Dolore:Ê dolore in atto insopportabile (NRS = 10)
Neurologico: coma (GCS ≤ 8), afasia e/o deficit motori < 3 h. Male epilettico o
convulsioneÊ inÊ atto.Ê AgitazioneÊ incontenibileÊ inÊ psicoticoÊ
Trauma maggiore: ferite penetranti, facciale grave o cranico con GCS ≤ 14,
toracico con volet o dispnea, addome con PAS < 90 mmHg, rachide con deficit
sensitivo-motori, amputazione sovra polso o caviglia, ustione 2° o 3° grado (> 30%
adulto),Ê RTSÊ <Ê 10;Ê conÊ FRM*Ê
IntossicazioneÊ grave:Ê conÊ FRM*
Emorragie:Ê ematemesiÊ oÊ altraÊ emorragiaÊ inÊ attoÊ massiva
ReazioniÊ allergicheÊ severe con disfonia e stridor
Ostetrici:Ê PartoÊ espulsivo,Ê eclampsia
Severa disfunzionesegni vitali
DoloreÊ toracicoÊ conÊ cattivoÊ aspetto,Ê segniÊ neurovegetativi,Ê tipico:retrosternaleÊ oÊ
braccia-collo-mandibola, presso rio-stretta-morsa, profondo. L’ECG tipo STEMI può
confermare codice rosso
**
FRM = fattori di rischio maggiore (in lista 2 allegata)
SituazioniÊ adÊ altoÊ rischio:
Cardiache: dolore toracico acuto (≤ 6 h) o 6-24 h + FR*,Ê sincopeÊ conÊ *FR,Ê tachicardiaÊ
oÊ bradicardiaÊ (BoxÊ 1),Ê segniÊ ischemiaÊ arti,Ê crisiÊ ipertensivaÊ (PASÊ >Ê 200Ê mmHg)
Pneumologiche:Ê dispneaÊ inÊ attoÊ oÊ conÊ *FR
Gastriche:Ê dolore addominale in atto moderato o intenso (NRS = 4-9) o acuto (≤
6Ê h)Ê oÊ conÊ FR*.Ê VomitoÊ oÊ diarreaÊ conÊ disidratazione,Ê ematemesi,Ê melena-rettorragiaÊ
profusa in atto.
Neuro: 1°epis. diÊ cefalea o con FR*, afasia o deficit senso-motori 3-24 h, convulsioni,
vertiginiÊ conÊ FR*,Ê agitazioneÊ inÊ psicotico
DoloreÊ intensoÊ inÊ attoÊ (NRS = 8-9)Ê
Intossicazioni:Ê sostanzeÊ tossicheÊ oÊ graveÊ perÊ quantitˆ Ê oÊ sostanzaÊ sconosciuta,Ê
abusoÊ diÊ alcolÊ oÊ drogheÊ
ReazioniÊ allergicheÊ severeÊ (orticariaÊ estesa,angioedema)Ê oÊ conÊ FRÊ
Infezioni:Ê febbre con letargia, infezione severa: rush o porpora, t >39°, febbre in
immunodepresso
Traumi: cranico commotivo, amnesico o in TAO, o con stato confusionale o cefalea
diffusa, fratture ossa lunghe, lussazioni, deformità ossee, frattura esposta, severe
lacerazioni,Ê crushÊ sindrome,Ê traumiÊ artiÊ senzaÊ polsoÊ distale,Ê politrauma**,Ê amputaz.Ê sottoÊ
polso e caviglia; ustioni 3° o 2° 9-30% sup.; 40 < Glic. > 300.
Genito-urinario: niolenze sessuali, menorragia con dolore o profusa; dolore
scrotale,Ê sanguinamentoÊ vaginaleÊ inÊ gravida;Ê partoÊ conÊ contraz.Ê 5-10Ê min;Ê pre-eclampsia,Ê
dolore pelvico o addome o annessiale in gravida o moderato-forte (NRS = 4-8) in atto
o ≤ 24 h. Pre-eclampsia. Anuria x 24 h.
Oculistiche: lesioni occhio con alcali o acidi, deficit visivi
Ê Emorragia moderata-severaÊ persistenteÊ conÊ *FR
*
GIALLO
VERDE
AbusiÊ (rich.Ê magistratoÊ e/oÊ atteggiamentoÊ sospetto)
SonnolenzaÊ immotivata
PalloreÊ e/oÊ aritmiaÊ sintomatica
ModestaÊ cianosiÊ perioraleÊ e/oÊ dispneaÊ
DistressÊ respiratorioÊ moderatoÊ (FRÊ 45-60Ê atti/min)Ê
SaO2Ê 91-94%
< 50 Glic > 200
Trauma cranico con riferita pdc < 12 h e/o ≥ 2 episodi
Vomito; priapismo, parafimosi, ritenz. urinaria
Infezioni: febbre con letargia o con infezione severa o:
rush, porpora o petecchie; febbre in immunodepresso,
febbre (> 38,5) in neonato (< 1 mese) o > 39C°
bimbo(≤ 3 mesi).
Confusione febbrile risolta da < 30’ o con esiti postcritici; scroto acuto+tumefaz.
Dolore addominale in atto grave intenso (NRS = 7-9)
BimboÊ <Ê 3Ê mesiÊ sintomatic.Ê DisidratazioneÊ moderataÊ
(tempo refill > 3 sec), vomito o diarrea severa e
ripetuta;Ê vomitoÊ biliareÊ ripetutoÊ (nelÊ lattanteÊ <Ê 30Ê ggÊ
ancheÊ 1Ê episodio),Ê disidratazioneÊ conÊ statoÊ mentaleÊ
alterato.Ê
RecenteÊ traumaÊ <Ê 12Ê h,Ê piantoÊ inconsolabileÊ nelÊ
neonato,Ê recenteÊ convulsioni.Ê
Tumefazione
addominale
irriducibile, marcata
distenzioneÊ addome
UstioniÊ 5-10%Ê bimbiÊ <Ê 2Ê aa
UstioniÊ 10-15%Ê bimbiÊ >Ê 2aa
Ustioni circonferenziali e cavo orale e/o 2-3° testa, arti,
genitali
AbusiÊ senzaÊ atteggiamentoÊ sospetto
BimboÊ <Ê 3Ê mesiÊ asintomatico
AritmiaÊ asintomatica
DispneaÊ eÊ lieveÊ alterazioneÊ dellaÊ FRÊ eÊ SaO2 ≥ 95%
Febbre > 39°C in atto o anche riferita se > 3 mesi
Dolore addome acuto in atto moderato (NRS = 4-6)
VomitoÊ eÊ diarreaÊ conÊ disidratazioneÊ moderataÊ
insorgenza acuta (+ episodi) tempo refill 2-3 sec
e/oÊ ipotensioneÊ ortostatica,Ê diarreaÊ emorragica,Ê
disidratazioneÊ eÊ irritabilitˆ
Petecchie arti o volto senza febbre, sospetta malattia
contagiosa, orticaria diffusa acuta (senza dispnea)
Glic. < 60
Tr.Ê cranicoÊ senzaÊ pdcÊ e/oÊ <Ê 2Ê episodiÊ vomito
*
FR = fattori di rischio in lista 2 allegata
Politrauma ≥ 2 distretti maggiori (torace, addome, bacino, cranio, rachide)
**
Cardio:Ê palpitazioni,Ê doloreÊ toracicoÊ >Ê 6Ê oreÊ senzaÊ FR* con ECG ndp, ipertensione,
sincopeÊ senzaÊ FRV*
Pneumo:Ê dispnea soggettiva e/o riferita
Gastro:Ê doloreÊ addominaleÊ >Ê 6Ê hÊ lieve-moderatoÊ eÊ senzaÊ FR,Ê vomito,Ê diarreaÊ
senza disidratazione, melena riferita, rettorragia lieve, ernie asintomatiche, dispepsia,
emorroidi
Neuro/psico:Ê cefalea senza FR, afasia, deficit sensitivo-motori, disartria > 24 h;
parestesie/insensibilitˆ ,Ê tremori;Ê diplopia,Ê vertiginiÊ senzaÊ FR;Ê problemiÊ psichiatriciÊ noti,Ê
crisiÊ dÕ ansia,Ê sintomiÊ psichiatriciÊ minoriÊ
Dolore: moderato in atto (NRS = 4-7) o moderato-insopportabile (NRS = 4-10)
ultimeÊ 24Ê h
ReazioniÊ allergicheÊ inÊ attoÊ minori
Ortopedici:Ê lombalgia moderata non traumatica (NRS = 4-7); dolori artro-muscoloscheletrici moderati (NRS = 4-7), stiramenti muscolari, distorsioni minori
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VI numero 3 • Settembre 2010 • www.ecj.it
CODICE
31
assistenzaÊ infermieristica
CODICE
VERDE
PEDIATRICO < 12 anni
(se non specificate valgono situazioni come
nellÕ adulto)
SostanzaÊ aÊ bassaÊ tossicitˆ ,Ê causticoÊ nonÊ sintomatico,Ê
pazienteÊ asintomatico
ZoppiaÊ acuta
TraumaÊ minoreÊ daÊ <Ê 12Ê h
PatologiaÊ canaleÊ inguinale
EruzioneÊ aÊ improntaÊ emorragica
EruzioneÊ generalizzÊ daÊ <Ê 6Ê h
EmaturiaÊ macroscopica
Balanopostite
PiantoÊ prolungatoÊ inÊ bimboÊ >Ê 6Ê mesi
Tumefazione addominale riducibile
UstioniÊ <Ê 5%Ê bimbiÊ <Ê 2Ê aa
UstioniÊ <Ê 10%Ê bimbiÊ >Ê 2Ê aa
ÊÊ
SINTOMI E SITUAZIONI GUIDA
Emorragie lievi in atto (no ematemesi) o < 6 h, facilmente controllabili
Scompenso glicemico lieve (glic. = 40-300 mg/dl)
IntossicazioniÊ minoriÊ (sostanzeÊ inerti,Ê nonÊ tossiche)Ê senzaÊ sintomi
Infezioni: febbre in atto o con FR
Traumi:Ê dinamicaÊ minore,Ê diÊ segmentiÊ minoriÊ oÊ 1Ê diÊ torace,Ê cranio,Ê addome,Ê
bacino,Ê rachideÊ senzaÊ FR*; ferite minori, superficiali non complicate; distorsioni e
lussazioniÊ segmentiÊ minoriÊ
Ustioni 1° o di 2° con < 9% superfice corporea
Urologici:Ê stranguria,Ê disuria,Ê pollachiuria,Ê oliguria,Ê ritenzioneÊ urina,Ê macroematuria,Ê
herpesÊ genitale
Ostetrici:Ê travaglioÊ conÊ contrazioniÊ >Ê 10Ê min
Gineco:Ê mastiti,Ê sanguinamentiÊ vaginali,Ê leucorrea,Ê doloreÊ mestruale,vaginiti
ORL: otalgia con febbre e/o otorrea, corpo estraneo
Dermato:Ê esantemi-ecchimosi-petecchieÊ moltoÊ estesi
Oculistici: dolore occhio, iperemia congiuntivale, fosfeni, fotopsie, metamorfopsie,
emorragieÊ subcongiuntivali
Odontostomatologici:Ê avulsione dente, frattura dente
FR = fattori di rischio in lista 2 allegata
RichiesteÊ diÊ esami,Ê immunizzazione,Ê consulenzeÊ (tranneÊ cardiologica,Ê neurologica,Ê
chirurgica),Ê contraccezione,Ê rimozioniÊ punti
ProblemiÊ sociali
Traumi:Ê lesioni minori (abrasioni superficiali < 10 cm, contusioni di segmenti
minori,Ê puntureÊ conÊ aghi,Ê contattoÊ materialeÊ organico)
Stipsi cronica (NB no se alvo chiuso a gas e feci), singhiozzo
Dolore lieve (NRS = 0-3) in atto e/o cronico
Urologici:Ê pruritoÊ genitali,Ê problemiÊ genitaliÊ minori
Gineco: alterazioniÊ mestruali,Ê problemiÊ genitaliÊ minori,Ê noduliÊ seno
ORL: otalgia; faringodinia e/o rinite e/o sinusite senza altri sintomi e segni associati,
tappoÊ cerume
Dermato:Ê macule, foruncoli, pediculosi, zecche, esantemi circoscritti, cisti, noduli,
ascessiÊ <Ê 4Ê cm,Ê dermatitiÊ daÊ contatto,Ê geloni,Ê ustioniÊ solari,Ê verruche,Ê idrossiadenite,Ê
unghiaÊ incarnita,Ê pruritoÊ isolato
Oculistici, calazi, blefariti, corpo estraneo con obiettività normale
Odontostomatologia:Ê gengivorragia, carie, odontalgie lievi, afta, vescicole bocca
(HVS),Ê gengivite,Ê candidosi,Ê linguaÊ rossa
Ortopedici:Ê torcicollo,Ê ematomaÊ subungueale,Ê giraditoÊ (pusÊ periungueale),Ê morsiÊ
animali,Ê puntureÊ insetti
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
*
32
VomitoÊ e/oÊ diarreaÊ senzaÊ segniÊ diÊ disidratazioneÊ aÊ
insorgenza non acuta tempo refill < 2 sec
Ustioni 1° estensione < 5%
IngestioneÊ diÊ sostanzaÊ innocua,Ê pazienteÊ asintomatico
TuttoÊ ci˜Ê
colore
cheÊ nonÊ rientraÊ negliÊ altriÊ codiciÊ
BIANCO
TuttoÊ ci˜Ê cheÊ nonÊ rientraÊ negliÊ altriÊ codiciÊ colore
Tabella 4
Questionario del secondo round.
1) Pensi che l’algoritmo TEM e la tabella modificati siano completi?
2) Pensi che l’algoritmo TEM e la tabella modificati siano esaustivi?
3) Pensi che lo Step 2, modificato, dell’algoritmo TEM sia ora completo?
4) Pensi che la tabella modificata, dell’algoritmo TEM è ora completa?
5) Pensi che l’ECG potrebbe aiutare nella codifica al triage?
6) Se sì alla domanda 5, pensi che l’ECG potrebbe esser incluso nell’algoritmo TEM?
7) Pensi che i pazienti fragili dovrebbero esser visitati prima?
8) Pensi che un programma potrebbe rendere più facile da memorizzare il TEM?
9) Pensi che un programma potrebbe rendere l’algoritmo TEM più facile da consultare?
10)Ê PensiÊ cheÊ unÊ programmaÊ rendebbeÊ ilÊ TEMÊ v2Ê pi•Ê veloceÊ daÊ consultare?
11)Ê PensiÊ cheÊ ilÊ TEMÊ v2Ê potrebbeÊ esserÊ usatoÊ nelÊ tuoÊ PS?
Nota:Ê laÊ percentualeÊ diÊ rispostaÊ perÊ ilÊ secondoÊ round fu del 78% (18/23).
Legenda:Ê InÊ nerettoÊ leÊ domandeÊ cheÊ nonÊ raggiunseroÊ ilÊ consenso.
Concordanza è espressa nella mediana con un range = 0 (totale discordanza) – 5 (totale concordanza).
TEM = Triage Emergency Method; PS = Pronto Soccorso.Ê
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
Risposte
Sì % (n)
83Ê (15/18)
89Ê (16/18)
94Ê (17/18)
94Ê (17/18)
83Ê (15/18)
83Ê (15/18)
78Ê (14/18)
89Ê (16/18)
89Ê (16/18)
89Ê (16/18)
94Ê (17/18)
dell’80% del consenso. I partecipanti concordavano sull’introduzione dell’ECG nel TEM v2. Non credevano che il paziente
fragile avrebbe dovuto avere un percorso più veloce (Tabella 4).
Discussione
In questo studio, il TEM v1 era considerato applicabile in PS da
un ampio gruppo di esperti italiani di triage. Usando la metodologia degli studi di consenso tipo Delphi, abbiamo sviluppato
dal TEM v1, il nuovo metodo di triage TEM v2 che ha raggiunto
un largo consenso tra gli esperti di triage inclusi in questo studio. Questo è, a quanto ci risulta, il primo studio italiano che usa
una metodologia Delphi con mail per raggiungere un consenso
su un metodo di triage e per migliorarlo.
Inoltre pochi studi hanno usato la tecnica Delphi applicata al
triage.
In passato sono stati condotti studi per costruire la validità di
modelli di triage16-17 o per identificare il livello di consenso tra
un gruppo di esperti in medicina d’urgenza su un set di indicatori di sovraffollamento in PS18. Molti sistemi di triage in uso sono
basati sul consenso: l’Australasian Triage Scale2, il Canadian
Triage and Acuity Scale (CTAS3, il Manchester Triage System
(MTS)4 e l’Emergency Severity Index (ESI)5-8.
Anche in Italia, tutti i metodi di triage sono basati sul consenso
di esperti “locali”, pochi comunque raggiungono largo consenso
e diffusione11.
A parer nostro, i modelli di triage basati solo su consenso non
costruito con una “metodologia” validata (tipo Delphi) sono deboli e aperti a obiezioni, ad esempio: perdita di rappresentatività
degli esperti (potrebbero esser reclutati solo esperti con singole
competenze)19, possibilità di conflitto di interessi tra singoli e
tra società.
Quindi, per migliorare la “qualità” del loro consenso, i metodi di
triage dovrebbero esser sviluppati con metodologie validate per
servizi di assistenza sanitaria19,20 come la tecnica Delphi o quella
dei “gruppi nominali”.
Il metodo Delphi è una tecnica di costruzione del consenso sviluppata per migliorare il decision making in una particolare area
di interesse, dove le informazioni pubblicate sono inadeguate o
contraddittorie20. Le principali caratteristiche sono20:
• l’anonimato tra i partecipanti;
• la “iterazione” (il processo si sviluppa in rounds, permettendo ai singoli di cambiare opinione);
• il “feedback controllato” con la rappresentazione delle risposte del gruppo e relative percentuali di consenso (indicando la risposta di ogni individuo e la sua precedente
risposta);
• l’analisi statistica delle risposte del gruppo (usando misure
dei risultati del giudizio del gruppo sulle questioni poste).
In questo studio abbiamo deciso di usare il metodo Delphi perché in Italia non esiste unanimità sui metodi di triage: le linee
guida italiane9 suggeriscono metodi di triage basati su 4 livelli
di priorità ma non suggeriscono un unico metodo di triage intraospedaliero. Di conseguenza sono in uso, nel nostro Paese,
numerosi e differenti metodi e protocolli di triage, con il risultato paradossale che questa difformità si riproduce all’interno di
una stessa regione. Inoltre, nessuno di questi metodi di triage,
a quanto ci risulta, è stato studiato con indicatori di affidabilità
e validità.
Abbiamo scelto di verificare il consenso sul TEM v1 tra un
grande gruppo di esperti di triage italiani perché questo modello aveva mostrato, in un precedente studio pilota10, una buona
affidabilità inter- e intraoperatore nell’assegnazione di codici di
priorità di triage e accuratezza nel predire il ricovero dei pazienti
valutati. Inoltre, potrebbe esser semplice da insegnare, imparare e consultare perché basato su un’unica flow-chart e tabella.
Queste caratteristiche potrebbero rendere il TEM più fruibile in
Pronto Soccorso.
In questo studio la principale differenza con il metodo Delphi
era che avevamo già un argomento specifico (il metodo di triage
TEM v1) sul quale volevamo testare il grado di consenso tra un
gruppo di esperti. Infatti, prima di iniziare lo studio, abbiamo
inviato con mail, il TEM v1 e una breve guida a tutti i partecipanti. Abbiamo poi usato i criteri e la metodologia Delphi per
modificare e migliorare il modello. Invece, gli altri studi Delphi
in genere partono da un argomento generico sul quale si tenta di
raggiungere un consenso.
In questo studio ci fu una discreta percentuale di nuovo invio
dopo due rounds: 72% (18/25) con un significativo decremento
dopo il secondo round (dal 98% al 78%).
Molti partecipanti non inviarono nuovamente il questionario
per ragioni personali.
Dopo il primo round emerse che il TEM v1 poteva esser usato
nei PS Italiani solo dopo modifiche (Tabella 2).
In particolare, il gruppo di esperti pensava che non era semplice da memorizzare e consultare e non rapidamente consultabile
per la tabella allegata (Tabella 1). Inoltre, gli esperti consideravano questa tabella incompleta perché priva della sessione pediatrica e dei principali sintomi dei codici di priorità inferiori
(3, verde e 4, bianco).
Seguendo queste indicazioni abbiamo sviluppato un nuovo modello di triage, il TEM v2 (Figura 3, Tabella 3). Il principale limite del nuovo metodo è che potrebbe esser ugualmente difficile
da consultare perché la tabella è ancora complessa. Comunque,
prima di un’eventuale divulgazione e uso nei Pronto Soccorso,
stiamo elaborando un software per agevolare la consultazione
della tabella.
Il TEM v2 raggiunse un largo consenso tra gli esperti di triage
(Tabella 4).
Questo studio ha i limiti legati alla metodica Delphi e al metodo
TEM v2. Il primo è che potrebbe esserci un potenziale bias nella
selezione dei partecipanti esperti20 perché non c’è accordo su chi
sia un “esperto”. Abbiamo usato una rigorosa randomizzazione
per selezionare i partecipanti: un gruppo molto ampio di infermieri e medici (per rappresentare tutte le figure professionali
coinvolte nell’argomento), provenienti da ospedali e centri universitari, da ospedali con basso e alto volume di pazienti in PS e
da PS con diversi metodi e organizzazioni di triage (triage globale, spot-check ecc.). Abbiamo seguito, per la selezione, i criteri di
precedenti studi12-14. Un altro problema con la metodica Delphi
è la scelta del livello di consenso: potrebbe esser arbitrario e
c’è un’ampia variabilità in studi precedenti. Per questo studio
fu scelto il più alto e usato un cut-off indicato dalla letteratura:
≥ 80%12,14,16.
I limiti relativi a una diffusione e a un uso del metodo TEM v2
sono:
• sino a ora solo il TEM v1, e non il TEM v 2, è stato testato
per la validità e affidabilità;
• il TEM v2 è ancora complesso da usare specialmente per la
tabella associata: potrebbe essere utile un software per rendere più semplice e rapida la consultazione.
In conclusione, a quanto ci risulta, questo è il primo studio
che misura l’accordo su un metodo di triage italiano usando un
metodo tipo Delphi. I nostri dati suggeriscono che il metodo
a quattro livelli, TEM v2, nell’attuale versione potrebbe raggiungere un largo consenso tra esperti di triage italiani. Perciò
sembra ragionevole e auspicabile valutare la sua performance
e la sua validità in un vasto studio multicentrico. Al momento
stiamo sviluppando un programma che semplifichi la sua consultazione e il suo utilizzo.
Ringraziamenti
Tutti gli esperti di triage reclutati in questo studio: Dall’Osso I,
Granellini A, Brighi M, Cutispoto G, Arban M, Bramuzzo C, Gadda G, Bruschini L, Farina M, Lando D, Busato C, Giacomelli E,
Gamberoni ML, Bello M, Vacca E, Cerrina O, Feroce D, Fabrizio I.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
assistenzaÊ infermieristica
33
assistenzaÊ infermieristica
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Bibliografia
1. Thompson J, Dains J. Comprehensive Triage. Reston Publishing Company Inc., 1982.
2. Standards Committee Council. National Triage Scale. J
Emerg Med 1994; 6: 145-146.
3. Beveridge R. CAEP issues. The Canadian triage and Acuity
Scale: a new and critical element in health care reform. Canadian Association of Emergency Physician. J Emerg Med 1998;
16: 507-511.
4. Manchester Triage Group. Emergency Triage. BMJ Publishing Group, Plymouth (UK), 1977.
5. Wuerz RC, Milne LW, Eitel DR et al. Reliability and validity
of a new five-level triage instrument. Acad Emerg Med 2000;
7: 236-242.
6. Eitel DR, Travers DA, Rosenau AM, et al. The Emergency Severity Index Triage Algorithm Version 2 is reliable and valid.
Acad Emerg Med 2003; 10: 1070-1080.
7. Tanabe P, Gimbel R, Yarnold PR, et al. Reliability and validity of
scores on the Emergency Severity Index Version 3. Acad Emerg
Med 2004; 11: 59-65.
8. Wuerz RC, Travers D, Gilboy N, et al. Implementation and
refinement of the emergency severity index. Acad Emerg Med
2001; 8: 170-176.
9. Triage intraospedaliero nel sistema dell’emergenza-urgenza
sanitaria. Gazzetta Ufficiale del 7 dicembre 2001 n. 285.
http//www.gazzettaufficiale.it.
10. Parenti N, Ferrara L, Bacchi Reggiani ML, et al. Reliability
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
18.
19.
20.
and Validity of two Four-Level Emergency Triage Systems.
Eur J Emerg Med 2009; 16: 115-120.
Gruppo Formazione Triage (GFT). Triage infermieristico, 2nd
ed. McGraw-Hill, Milano, 2005.
Jones J, Hunter D. Consensus methods for medical and health services research. BMJ 1995; 311: 376-380.
Hasson F, Keeney S, McKenna H. Research guidelines for
the Delphi survey techinique. J Adv Nurs 2000; 32(4): 10081015.
Okoli C, Pawlowski SD. The Delphi method as a research
tool: an example, design considerations and applications.
Information & Management 2004; 42: 15-29.
Jones J, Hunter D, et al. In: Mays N, Pope C (eds). Qualitative research in health care. BMJ Books, London, 1999.
Fry M, Burr G. Using the Delphi technique to design a selfreporting triage survey tool. Acc Emerg Nurs 2001; 9: 235-241.
Wallis L, Carley S, Hodgetts CT. A procedure based alternative to the injury severity score for major incidente triage of
children: results of a Delphi consensus process. Emerg Med J
2006; 23: 291-295.
Ospina MB, Bond K, Schull M, et al. Key indicators of overcrowding in Canadian emergency departments: a Delphi
study. Can J Emerg Med 2007; 9(5): 339-346.
Twomey M, Wallis LA, Myers JE. Limitations in validating
emergency department triage scales. Emerg Med J 2007; 24:
477-479.
Jones J, Hunter D. Consensus methods for medical and health services research. BMJ 1995; 311: 376-380.
34
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency
care
journal
contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza
ComplexÊ decision-making:Ê initialÊ resultsÊ ofÊ anÊ empiricalÊ study
Pier Luigi Baldi
Professor of General Psychology, Catholic University, Milan”
ABSTRACT
A brief survey of key literature on emotions and decision-making
introduces an empirical study of a group of university students
exploring the effects of decision-making complexity on error risk.
The results clearly show that decision-making under stress in the
experimental group produces significantly more errors than in the
stress-free control group.
Dopo l’esame di alcuni lavori scientifici su emozioni e processi
decisionali, vengono esposti i primi dati di una ricerca sperimentale,
condotta su un gruppo di studenti universitari, avente per oggetto
gli effetti della densità decisionale sul rischio d’errore. I risultati
mettono chiaramente in luce che le condizioni di carico decisionale,
a cui è stato sottoposto il gruppo sperimentale, ne hanno determinato
un numero di errori significativamente più elevato rispetto al
gruppo di controllo.
Introduction
of hospitals, despite a gradual increase in demand for emergency
treatment caused to a significant degree by increases in the numbers
of immigrants and elderly people. All this, they say, is having a
negative impact on emergency services as well as individual health
workers8. Waiting times for treatment are getting longer and the
system itself is increasingly unable to cope, while health workers
often feel threatened by verbal and/or physical violence on the part
of patients and their minders. In such circumstances, the greater
likelihood of burn-out in health workers cannot be ignored.
The negative emotional impact of burn-out and feeling
physically threatened, and therefore the increased likelihood of
error in a profession prone decision-making stress (i.e., neverending, obligatory, unavoidably hasty decision-making where
pressure of time may be an appreciable stress factor, at least in
subjective terms) will immediately be apparent.
What is certain, however, is that in order to make well-founded
observations about this state of affairs, we need solid research
data able to predict the likelihod or otherwise of error when
making decisions in clearly defined stress conditions.
The incompleteness of exclusively rational explanations of various
kinds of decision-making, and the need for an approach that takes
account of emotion, have been evident in many psychological studies since Zajonc’s early findings were published in the late 1960s1.
A survey of the literature raises interesting issues. According
to Bower & Cohen2, emotions work as an attention filter: how
stimuli are interpreted depends on the decision-maker’s mood
at the time. Thus, an angry person might make radical, even
destructive choices, while an anxious person would tend to
avoid choosing altogether, or at any rate, choose what seems
likely to be the least risky option. More recently, however, Bensi
& Giusberti3 have speculated that anxiety gives rise to the
diametrical opposite of this: anxious people will make a hurried
decision – any decision – rather than endure their state of
insecurity any longer. This is in line with what Garety, Hemsley
and Wessely4 call the jumping to conclusions decision-making
style, where decisions receive little or no considered thought.
However, Bower & Cohen and Bensi & Giusberti’s conclusions
need not be seen as mutually exclusive; they simply describe
possible responses which vary according to the personalities of
subjects and the situations they find themselves in.
As regards the influence of positive moods on decision-making,
Isen5 notes that they promote flexible, productive thinking, and
therefore appropriate, creative decision-making.
So Rumiati & Bonini6 seem fully justified in saying that “the
belief that rational decision-making requires the elimination of
emotional influence is an unwarranted limitation.”
Neuroscientists have also stressed the importance of emotion
in decision-making. One need only cite Antonio Damasio,
among the most authoritative of neuroscientists concerned with
decision-making, who proposes7 that somatic markers – automatic
emotional associations responsible for identifying how acceptable
decision choices are – play a fundamental role in decision-making.
Adopting what seems to be a counter-intuitive approach, Damasio
maintains that somatic markers precede rational thought, meaning
that emotion, not reason, lies at the heart of decision-making.
The implications of all this on activities that involve complex
decision-making – those that take place in hospital emergency
rooms being a prime example – will be evident.
Rastelli, Cavazza & Cervellin8 speak of the “huge numbers of
patients and massive, unmanageable overcrowding” in hospital
emergency rooms that have long been a focus of study in the UK
and USA. In recent decades, say the authors, the health services in
the main European countries have gradually reduced not only the
number of hospital beds per 1000 inhabitants but also the number
AimÊ andÊ hypothesis
The research study, still very much of an exploratory nature,
attempted to induce in the experimental group a degree of
decision-making stress greater than that in the control group
using multiple-choice tests based on logical series. Assuming
my hypothesis to be correct, the experimental group would have
significantly lower scores than the control group.
MethodÊ
Participants
Forty university students aged 19-25 years. Table 1 shows the
composition of the sample.
MaterialÊ andÊ procedure
Fifteen multiple-choice alphanumeric logical series. In each
series the correct answer was one of the three or four choices
(see Table 2).
Group members performed the task individually and remained
anonymous at all times. I tried to introduce an element of
decision-making stress by asking the participants to do the test
as quickly as possible and giving them a new one as soon as they
had finished the previous one. Further stress was added for half
of the experimental group (totalling 5 males and 5 females) by
giving them four choices; the remaining 5 males and 5 females
had three choices.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
SINTESI
35
contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza
the decision-making problems met with in real life, especially
in a hospital’s emergency ward. However, it does clearly show
that induced emotion and decision-making complexity have a
far from negligible impact on error risk.
Table 1
Composition of sample (n = 40).
Males
Females
Choices
Choices
ThreeÊ Ê Ê Ê Ê Ê Ê Ê Ê Four
ThreeÊ Ê Ê Ê Ê Ê Ê Ê Ê Four
Group
Total
Experimental
5
5
5
5
20
Control
5
5
5
5
20
Total
10
10
10
10
40
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Table 2
Example of alphanumeric logical series with three and four
choices.
36
LogicalÊ series
ThreeÊ choices
FourÊ choices
VUZ20Ê RQS16Ê NMO12
BAD8 HGI8 GHI8
HGI10 BAD8
GHI8 HGI8
The control group was given the same test without being asked
to do it as quickly as possible. Here, too, 5 males and 5 females
did the test with four choices, while the other 5 males and 5
females had three choices.
Statistical analysis
Pearson’s r correlation coefficient (product-moment correlation
coefficient) between time taken and number of correct answers
was calculated for all the participants.
Student’s t-test revealed any significant differences between
scores and time taken to complete the test, in terms of sex
difference, test conditions and number of choices (Tables 3-5).
ResultsÊ andÊ commentÊ
The r correlation coefficient between time taken and number
of correct answers was highly significant (n = 40; r = .43; p
<.01), showing that working in stress-free conditions enhanced
performance. The fact that allowing more time to do the test
resulted in higher scores is in line with expectations: successful
completion of alphanumeric series as challenging as the ones
used in this experiment is undoubtedly facilitated by being able
to work without strict time limits.
T-test values were also as predicted, with significantly higher
scores (p < .001) in the control group, which benefited from
working in stress-free conditions. The lack of stress was
reflected in the fact that they took significantly longer to do the
test than the experimental group. Moreover, the added stress
of having four rather than three choices resulted significantly
higher scores for tests with only three choices.
References
1. Zajonc RB. Attitudinal effects of mere exposure. J Pers Soc
Psychol 1968, 9(2), 1-27.
2. Bower GH, Cohen PR. Emotional influences in memory and
thinking: Data and theory. In: Clark MS, Fiske ST (eds).
Affect and cognition: The 17th Annual Carnegie Symposium on
Cognition. Erlbaum, Hillsdale (NJ), 1982.
3. Bensi L, Giusberti F, L’ansia e lo stile “salto alle conclusioni”.
Atti del congresso AIP, Sezione di Psicologia Sperimentale.
Cagliari, 18-20 settembre 2005.
4. Garety PA, Hemsley DR, Wessely S. Reasoning in deluded
schizophrenic and paranoid patients: Biases in performance on a
probabilistic inference task. J Nerv Ment Dis 1991, 179, 194-201.
5. Isen AM. Positive affect and decision making. In: Lewis M,
Haviland JM (eds). Handbook of Emotions. Guilford, New
York, 2000.
6. Rumiati R, Bonini N. Psicologia della decisione. Il Mulino,
Bologna, 2001.
7. Damasio AR. Descartes’ Error: Emotion, Reason, and the
Human Brain. Avon, New York, 1994.
8. Rastelli G, Cavazza M, Cervellin G. Sovraffollamento
in Pronto Soccorso. Analisi del fenomeno e proposte di
gestione. Emerg Care J 2010, 2, 25-35.
Table 3
Time taken (in seconds) to perform test in stressful and stressfree conditions.
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊm
Stressful conditions
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊs
422,5
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊm
Stress-free conditions
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊs
Ê 701,95
239,5
t = -4,75***
108,3
t-test on independent samples (n = 40). ***pÊ <Ê 0,001;Ê g.diÊ l.:Ê 38.
Table 4
Test score in stressful and stress-free conditions.
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊm
Stressful conditions
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊs
7,3
2,49
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊm
Stress-free conditions
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊs
t = -4,73***
11,05
2,5
t-test on independent samples (n = 40). pÊ <Ê 0,001;Ê g.diÊ l.:Ê 38.
***
ConclusionsÊ
In my view, the most important finding of the study is the difficulty
of performing under stress: being asked to do the test as quickly
as possible, doing the test in the presence of someone probably
perceived as a judge of performance, and the impossibility of
being able to review all or part of one’s work before handing
in the test to the examiner, may have jointly created a state of
emotional unease. I don’t think having been able to briefly review
answers before handing in the test would have narrowed the gap
between the experimental group and control group scores, given
the highly significant differences between them.
The study certainly makes no claim to be a full simulation of
Table 5
Score by number of choices.
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊm
ThreeÊ choices
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊs
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊm
FourÊ choices
ÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊÊs
10,45
2,87
Ê 7,9
t = 2,8**
2,88
t-test on independent samples (n = 40). pÊ <Ê 0,01;Ê g.diÊ l.:Ê 38.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
**
contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza
Il suicidio e il tentato suicidio: una sfida in
emergenza-urgenza
Rassegna critica ed esperienza dei PS della Provincia di
Parma
Gianni Rastelli°, Marco Trevia*, Giuseppe Lippi^, Gianfranco Cervellin§
°UO Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, Ospedale di Vaio (Fidenza) – AUSL di Parma
*
Centro Salute Mentale DAI-SMDP Fidenza – AUSL di Parma
^
UO Diagnostica Ematochimica, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
§
UO Pronto Soccorso e Medicina d’Urgenza, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
Il suicidio è un fenomeno di vasta rilevanza sociale, la cui frequenza
varia in epoche e culture diverse. Nel mondo occidentale il suicidio
è tra le prime 10 cause di morte, e tra le prime 3 nella fascia di età
15-44 anni: si stima un milione di morti suicidi all’anno nel mondo (oltre 2700 al giorno). In Italia sono riportate circa 4000 morti
all’anno per suicidio (di cui 3000 ascrivibili al sesso maschile), ma è
noto che il dato è sottostimato per varie comprensibili ragioni: mancata diagnosi in caso di causale incerta, reticenza di parenti, accompagnatori, ecc., difficoltà diagnostiche intrinseche (ad es., avvelenamenti). Le stime più prudenti riportano che per ogni suicidio riuscito
sono stati messi in atto almeno 10 tentati suicidi. Il Pronto Soccorso
(PS) rappresenta il luogo in cui afferisce l’80% dei casi di tentato
suicidio, ed è quindi il luogo privilegiato per la loro intercettazione.
Il PS è per molte persone il primo punto di contatto che può rappresentare una fonte di aiuto. Molte persone nei pochi giorni/settimane
prima di commettere suicidio o di tentarlo seriamente hanno avuto
contatti con il PS o con il medico di medicina generale (MMG). Dal
momento che il rischio di ripetere il gesto è molto più elevato nelle
settimane successive al tentativo precedente, è opportuna una rapida
e solida presa in carico che parta proprio dal contatto con il PS o con
il MMG. Il presente articolo si propone di esporre una sintesi delle
indicazioni operative relative alla gestione del paziente suicidario.
ABSTRACT
Suicide is a public health problem with important social consequences. Its prevalence is highly variable across different ages and
cultures. In western countries suicide accounts for several deaths,
representing one among the ten leading causes, one among the three
in the age group between 15 and 44 years. There are nearly one
million suicidal deaths per year worldwide, i.e., more than 2700
per day. In Italy, ~4000 suicidal deaths (three fourth in males) are
recorded each year, but – rather understandingly – the data are
underestimated due to uncertainty in causal events, reticence of
victim’s relatives and friends, occult poisoning. Moreover, at least
ten attempted suicides are reported for each one accomplished. The
Emergency Department (ED) represents the facility where more
than 80% attempted suicides are referred and it is therefore the privileged location for their evaluation and prevention. ED represents
for many people the first and often the only chance for asking and
gathering help. Several persons had contact with ED or with their
General Practitioner (GP) during the few days/weeks before suicide
attempting. As such, since the risk of reiteration is much higher in
the few weeks after a first attempt, a rapid and structured care of the
patient is advisable, starting from ED or GP. The aim of this article
is the description and the synthesis of the current indications for the
care of suicidal patient.
“L’animo mio, per disdegnoso gusto,
credendo con morir fuggir disdegno,
ingiusto fece contra me giusto”
diana del proprio operare, soprattutto in alcune discipline. Tra
tutte le cause di morte il suicidio presenta certamente diverse
peculiarità: l’intenzione di morte e le conseguenti implicazioni
emozionali, coinvolgenti anche parenti e amici della vittima. Il
medico di Pronto Soccorso valuta in prima battuta oltre l’80%
dei casi di tentato suicidio, ed è quindi lo specialista che maggiormente dovrebbe essere formato ad affrontare tale complessa
problematica. Ciononostante, anche il recente Trattato di Medicina d’Emergenza-Urgenza della SIMEU dedica al suicidio e ai
comportamenti autolesivi meno di una pagina. Lo psichiatra,
rispetto al clinico, si confronta con meno frequenza con l’evento
“perdita del paziente”, con l’unica eccezione del suicidio che,
spesso, può anche venirgli imputato quale conseguenza di un
errore diagnostico/terapeutico.
Affrontare questi temi dunque è anche un modo per riflettere
sulla nostra professione, sulla ricaduta che eventi dolorosi, talora esito di disperazione esistenziale senza pari, hanno sul professionista che, uomo tra gli uomini, ha però il dovere morale
e deontologico (per chi attende il suo prossimo intervento) di
superare, auspicabilmente rinforzandosi e arricchendosi.
Dante. Inferno, XIII
Suicidio di Pier delle Vigne
Introduzione
Parlare di suicidio e di comportamenti suicidari in ambito medico evoca, da sempre, vissuti personali intimi, dolorosi, esperienze professionali angoscianti e lacerazioni, talvolta insanabili,
tra deontologia professionale, etica, ruolo sanitario e sensibilità
individuale; non secondario è inoltre il sottile disagio che, anche in ambito medico, parlare di tali argomenti genera in chi li
affronta o in chi viene posto a confrontarsi con essi.
Il medico è, o dovrebbe essere – posto che ciò possa essere possibile – preparato ad affrontare la morte, la perdita del proprio
paziente, l’obiettivo principale contro cui viene formato a combattere ma che, inevitabilmente, diventa compagna quasi quoti-
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
SINTESI
37
contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Fig. 1 - Tasso di suicidio nel mondo. Fonte WHO, 2002.
38
Fig. 2 - Tasso di suicidio in Italia. Fonte ISTAT.
Il suicidio è un fenomeno di vasta rilevanza sociale, multideterminato, la cui frequenza varia in epoche e culture diverse. Nel mondo
occidentale il suicidio è tra le prime 10 cause di morte, e tra le
prime 3 nella fascia di età 15-44 anni: si stima un milione di morti
suicidi all’anno nel mondo (oltre 2700 al giorno)1. In Italia, secondo
dati ISTAT, sono riportate circa 4000 morti all’anno per suicidio (di
cui 3000 ascrivibili al sesso maschile)2. I dati epidemiologici sui
suicidi e i tentativi di suicidio provengono dall’autorità giudiziaria (verbali e rapporti di polizia e carabinieri) o da quella sanitaria
(secondo i dati elaborati dall’Istituto di statistica sanitaria tratti dai
certificati di morte). Tali dati, spesso non coerenti tra loro, sono
(per parere unanime degli esperti) sottostimati per varie comprensibili ragioni: mancata diagnosi in caso di causale incerta, reticenza
di parenti, accompagnatori, ecc., difficoltà diagnostiche intrinseche
(ad es., avvelenamenti). Su base regionale il triste primato spetta al
Friuli-Venezia Giulia con un tasso di 9,8 suicidi per 100.000 abitanti, mentre il dato più basso è riportato per la Campania con un tasso
di 2,6 suicidi per 100.000 abitanti (CNEL)3. Le stime più prudenti
riportano che per ogni suicidio riuscito sono stati messi in atto almeno 10 tentati suicidi. Le Figure 1 e 2 illustrano l’epidemiologia
del suicidio a livello planetario e a livello nazionale.
Il suicidio, pur essendo un gesto compiuto contro se stessi, esercita un violento impatto sugli altri, sia sui famigliari sia sulla
società. La posizione della società nei confronti di tale comportamento è profondamente cambiata nel tempo in funzione delle
epoche storiche, delle culture, delle sensibilità religiose e politico/sociali che nei secoli si sono succedute. Si è infatti assistito
all’evoluzione della percezione del suicidio che, mentre in tempi
molto lontani venne ritenuto gesto accettato e/o degno di ammirazione, diventò poi peccato o grave crimine, fino ad arrivare,
in tempi più recenti, a essere ritenuto reazione estrema a eventi
avversi o a condizioni psicopatologiche.
Per avere un’idea delle ripercussioni sociali basti pensare che
nel XV secolo per chi si uccideva – reato contro Dio e contro il
Re – la legge inglese proibiva la sepoltura in terra consacrata, il
corpo veniva profanato, al suicida venivano confiscati i beni e
i parenti dovevano lasciare la città, umiliati, e ricominciare una
nuova vita, sempre che vi potessero riuscire. Nel XVII secolo la
crudeltà di tale castigo portò gradualmente alla patologizzazione del suicidio: si costituì una corte apposita per distinguere chi
si suicidava in stato di “insania” da chi compiva un crimine e era
dunque soggetto a profanazione del corpo e confisca dei beni.
Il secolo XIX vide l’accentuazione di una prospettiva di valutazione medico-scientifica: vennero effettuate ricerche sull’ereditarietà e si cercarono ragioni biologiche al comportamento autosoppressivo. All’inizio del XX secolo, poi, il suicidio sembrò
quasi sparire dai documenti ufficiali come causa di morte; nei
regimi fascisti, comunisti e nazista il suicidio era considerato
segno di inanità di razza o di infelicità della società e dunque
non ammissibile4.
Il suicidio può essere l’espressione, il sintomo, di uno specifico
disturbo psicopatologico, ma ciò non avviene nella maggioranza
dei casi: solo in poco più di un terzo di tutti i suicidi è ricostruibile una chiara storia psicopatologica. La maggior parte dei
suicidi è meglio comprensibile, e descrivibile, in termini umani,
esistenziali, filosofici che non puramente psichiatrici. Tristezza,
depressione, sconforto, disperazione, angoscia e rassegnazione
sono, prima di tutto, esperienze umane, vissuti e sentimenti individuali, intimi. Due sono i principali modelli utilizzati dall’uomo per tentare di comprendere il fenomeno:
1. Modello personologico (di estrazione psicoanalitica e antropofenomenica). Il suicidio può essere visto come espressione sintomatologica di depressione maggiore grave, di alcolismo, di schizofrenia e di altri quadri psicotici, così come
di gravi disturbi di personalità. In termini psicoanalitici, il
suicidio è stato considerato come omicidio mancato, come
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
espiazione della colpa, o metacomunicazione dell’autoaggressione.
2. Modello sociologico. Raggruppa le diverse ragioni sociali,
economiche, storiche e culturali che sono state riconosciute
alla base di molti suicidi; si comprende in quest’ambito anche il controverso rapporto collettività/individuo che spesso
si riscontra nelle diverse posizioni della società verso gli atti
suicidari.
Forse l’esempio più noto di suicidio “sociologico” è rappresentato dal seppuku (più comunemente noto come harakiri, anche se
tra i due termini esiste una differenza, in quanto il primo descrive un atto rituale, mentre il secondo un atto privato) del samurai, spesso rappresentante il compimento, l’apice, di un percorso
di disciplina (il Bushido o via del samurai) o come reazione alla
perdita del ruolo o del proprio onore. Nel seppuku il guerriero
(bushi) si apre il ventre con la sua spada, poi viene finito dal suo
migliore amico o dal suo discepolo prediletto con un colpo netto
di spada che gli recide la testa (kaishaku), gesto che richiede una
grande abilità e viene per questo affidato a persona accuratamente prescelta (il kaishakunin)5.
In altri casi la primaria ragione appare la rabbia, la protesta sociale e/o politica. Paradigmatico e universalmente noto il caso di
Jan Palach, lo studente cèco che il 19 gennaio 1969 si immolò
nella piazza San Venceslao a Praga per protestare contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia. Con il suo atto estremo e
il suo sacrificio egli dette vita alla ribellione di piazza che venne
definita “Primavera di Praga”. è evidente che atti di tal genere
non possono certo essere classificati, né tantomeno compresi, in
termini di psicopatologia.
Una delle classificazioni più importanti dei comportamenti suicidari, in termini sociologici, è quella che ci proviene dallo studio di Emile Durkheim che, pur essendo datato 1897, è ancora
oggi considerato un riferimento per gli studi di suicidologia e
per le ricerche sociologiche moderne sul suicidio6. Durkheim
distingue tre forme principali di suicidi con rilevante componente sociale nel loro determinismo: suicidio egoistico, suicidio
altruistico, suicidio anomico. Per Durkheim il suicidio egoistico è quello proprio di individui che si sono troppo distanziati
dalla società, entrando in uno stato di isolamento ed estrema
individualizzazione; il suicidio è definito altruistico quando la
persona è troppo inserita nel tessuto sociale, tanto da essere depersonalizzata al punto da suicidarsi per soddisfare l’imperativo
sociale (per Durkheim è la società che crea gli individui, e non
viceversa) come la vedova indiana che accetta di esser posta sul
rogo che brucerà il corpo del defunto marito, o il comandante di
una nave che sta per affondare che decide di non salvarsi e morire insieme alla nave che si inabissa. L’ultima delle tre principali
categorie è il suicidio anomico; per Durkheim l’anomia è una
condizione di mancanza (o di grave perturbazione) dei sistemi
di norme e valori che regolano la vita collettiva. Il suicidio anomico, tipico delle società moderne, sembra collegare il tasso dei
suicidi con il ciclo economico: il numero dei suicidi aumenta
sia nei periodi di sovrabbondanza sia in quelli di depressione
economica. Pur se oggetto di varie confutazioni Durkheim ha
segnato una tappa fondamentale all’interno del panorama della
sociologia contemporanea.
Psicopatologia e clinica
ValutazioneÊ delÊ rischioÊ suicidario
Sotto il profilo nosografico si distinguono: suicidio riuscito, tentato suicidio, velleità suicidaria, comportamenti autolesivi, suicidosi, equivalenti suicidari. Il suicidio riuscito, che può essere
razionale o impulsivo, lascia solo il tempo ai familiari per elaborare il lutto, darsi pace e superare la perdita nonché, a chi studia
l’argomento, per effettuare la cosiddetta autopsia psicologica e
cioè la raccolta anamnestica, dai parenti o da altri conoscenti del
suicida, di elementi psicopatologici pregressi di rilievo che possano essere utili nello studio, nella prevenzione e riduzione del
rischio della condotte suicidarie. Il tentato suicidio (o suicidio
mancato) è, di fatto, un suicidio vero e proprio che non è giunto
a compimento solo per cause fortuite, casuali e non dipendenti
dalla volontà del soggetto, che invece intendeva porre a compimento il suo intento. è certamente quest’ultimo il caso più impegnativo, sia dal punto di vista clinico, psicopatologico, sia da
quello psicoterapico e relazionale. La velleità suicidaria, invece,
costituisce un tentativo appena abbozzato di suicidio, che spesso si traduce in tagli superficiali, assunzione di piccole quantità
di farmaci e/o tentativi compiuti in presenza di familiari o altre
persone, che sottende più la voglia di dormire, allontanarsi dai
problemi o richiamare l’attenzione degli altri su di questi o su
di sé. Non va tuttavia sottovalutata perché potrebbe avere il significato di prova generale. Quanto ai comportamenti autolesivi
propriamente detti (o suicidio focale), si tratta di severi attacchi
all’integrità del proprio corpo con intento non primariamente
suicidario, quanto per constatare che si è vivi e sensibili (o il
contrario) al dolore, manipolare l’ambiente, gli altri, in modo
da farsi accudire, oppure in modo da trasformare un dolore psichico in dolore fisico; sono questi sintomi e comportamenti (algofilia) assai caratteristici di pazienti affetti da gravi disturbi di
personalità. Si parla invece di suicidosi (o di stile suicidario) per
riferirsi a quei tentativi ripetuti nel tempo, talvolta stereotipati,
tanto da configurare quasi uno stile di vita, o quantomeno di
comunicazione, del soggetto. In ultimo gli equivalenti suicidari (suicidi subintenzionali), ovvero condotte che espongono in
maniera volontaria o meno a rischio di morte (sport estremi,
guida ad alta velocità, ecc.)7.
I principali fattori di rischio8 rientrano nelle seguenti categorie:
• anamnestici: familiarità per suicidio, pregressi TS;
• generali: età > 45 anni, sesso: maschi > femmine;
• presenza di malattie croniche invalidanti: ictus cerebri, IMA,
neoplasie, lesioni cerebrali/spinali traumatiche;
• socioeconomici e relazionali: stress economico-sociali, disoccupazione, migrazione, perdite, rottura equilibri;
• psicopatologici: disturbi dell’umore: depressione maggiore,
fase depressiva del disturbo bipolare, schizofrenia, disturbi
di personalità con impulsività, dipendenza da sostanze, disturbi del comportamento alimentare, altri;
• soggettivi: sentimenti di taedium vitae, colpa, autoaccusa, inguaribilità, solitudine, anedonia.
Per quanto non sufficientemente esaustive, e non sempre utili
nel determinare o condizionare le valutazioni diagnostico-terapeutiche, possono essere utile implementazione alla valutazione clinica alcune scale psicometriche, che mirano a rilevare e
quantificare la gravità del rischio di suicidio9. Tra le più note
ricordiamo:
• Hopelessness Scale di A.T. Beck (1974), scala di 20 item per
valutare la visione pessimistica della vita del soggetto;
• Scale of a Suicidal Ideation (SSI) di A.T. Beck (1979), una
rating scale di 19 item strutturata per valutare l’ideazione
suicidaria;
• Reasons for Living Inventory di M. Linehan (1983), composta da 48 item, che analizza le motivazioni che hanno i
soggetti per prevenire i gesti autolesivi;
• Suicide Assessment Scale (SAS) di B. Stanley (1986).
Nell’ambito della psicopatologia diverse sono le condizioni cliniche in cui risulta elevato il rischio suicidario10. Innanzitutto i
disturbi dell’umore: la depressione maggiore e il disturbo bipolare sono frequenti in casi di suicidio e tentato suicidio. L’ideazione suicidaria è più grave al primo episodio, se l’età è più giovane e se sono presenti anedonia, ansia e insonnia. Fortemente
implicati anche gli stati misti, depressione atipica e depressione
psicotica, la fase depressiva del disturbo bipolare, specie se vi è
comorbidità con disturbo borderline di personalità e con l’uso
di alcol e sostanze. Anche alcuni disturbi d’ansia, specie se associati ad abuso di alcolici e tratti impulsivi di personalità, sono
correlati all’emergere di ideazione e comportamenti suicidari:
disturbo da attacchi di panico, disturbo ossessivo-compulsivo,
ansia generalizzata, fobia sociale e disturbo post-traumatico da
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza
39
contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
Fig. 3 - Numero totale e percentuale di accessi per autolesione ai
PS di Parma e Fidenza, anno 2009.
40
stress. Nell’ambito dei disturbi psicotici poi, è noto come il 10%
di pazienti affetti da schizofrenia muoia suicida, percentuale
paragonabile a quella nei pazienti con disturbo dell’umore. Il
rischio inoltre è più elevato nei soggetti maschi, giovani, soli
e disoccupati, di istruzione più elevata, esposti a frequenti ricadute, con sintomi affettivi sovrapposti. è importante altresì
considerare come la gravità dei sintomi depressivi e positivi (deliri e allucinazioni, comportamento e ideazione disorganizzata)
sia associata ad aumento del rischio, quella dei sintomi negativi
(apatia, avolizione, impoverimento affettivo e della personalità) a diminuzione dello stesso. Anche alcuni tra i disturbi di
personalità (disturbi borderline e antisociale di personalità e, in
misura minore, il disturbo dipendente di personalità) sono considerati quadri psicopatologici associati ad aumento del rischio
suicidario. Nei disturbi di personalità si registra soprattutto però
una suicidalità cronica (stile suicidario), quindi si tratta più di
tentativi che di comportamenti suicidari veri e propri. In questi
casi il metodo tradizionalmente adottato è l’assunzione incongrua di farmaci.
Il tentato suicidio in Pronto
Soccorso
AccoglienzaÊ eÊ presaÊ inÊ caricoÊ nelÊ DipartimentoÊ
d’Emergenza-Urgenza
Il Pronto Soccorso dell’ospedale rappresenta il luogo in cui afferisce l’80% dei casi di tentato suicidio, ed è quindi il luogo privilegiato per la loro intercettazione. è stato stimato che per ogni
suicidio completo, vi sono 8-22 visite in PS per comportamenti
suicidi11. Nella Figura 3 vengono rappresentate le quantità assolute e le percentuali sulla casistica totale di suicidi e tentati suicidi afferiti nell’anno 2009 presso i PS di Parma e di Fidenza-Vaio,
cioè presso i due PS della Provincia di Parma. I dati sono stati
estratti dalla causale di triage, e risultano pertanto fortemente
sottostimati. Molti atti autolesivi emergono solo dopo un’approfondita valutazione medica, ma le diagnosi formulate possono
essere molto varie, e pertanto si incontrano notevoli difficoltà
nell’estrazione ex post di tutte le patologie (psichiatriche, traumatiche, tossicologiche) correlate a comportamenti suicidari.
Il PS è per molte persone il primo punto di contatto che può rappresentare una fonte di aiuto. Molte persone nei pochi giorni/
settimane prima di commettere suicidio o di tentarlo seriamente
hanno avuto contatti con il PS o con il MMG. Dal momento che
il rischio di ripetere il gesto è molto più elevato nelle settimane
successive al tentativo precedente, è opportuna una rapida e solida presa in carico che parta proprio dal contatto con il PS o con
il MMG. Sfortunatamente, si osserva spesso un impressionante
squilibrio tra l’assistenza fornita ai pazienti con potenziali intenzioni suicide e l’assistenza garantita ai pazienti con diagnosi
“mediche”, malgrado il fatto che il suicidio rappresenti una così
comune e spesso prevenibile causa di morte. Per molti pazienti,
una visita in PS può essere l’unica opportunità di intervento prima di un suicidio compiuto12.
La preoccupazione immediata in PS è quella di assicurare la
rianimazione e la stabilizzazione appropriate adatte al singolo paziente. Tutti i pazienti che hanno effettuato un tentativo
anticonservativo o si pensa abbiano tendenze suicide sono un
potenziale continuo pericolo per sé stessi. Tali pazienti quindi
necessitano di un ambiente sicuro e monitorato, e possono necessitare anche di un’osservazione a vista e di mezzi di restrizione fisici o chimici per poterli valutare. Così come nella cura preospedaliera, si raccomanda di utilizzare il quantitativo minimo
sufficiente di mezzi di restrizione fisici e/o chimici. è utile, spesso indispensabile, somministrare già in PS una benzodiazepina
(diazepam o lorazepam) e un farmaco antipsicotico (aloperidolo,
clotiapina o clorpromazina) per ridurre l’agitazione e il pericolo
potenziale per il paziente e per il personale13. Il medico d’urgenza ha un ruolo importante nel “prosciogliere dal punto di vista
medico” il paziente, nel determinare cioè se i sintomi psichiatrici
del paziente possano essere secondari a una patologia medica che
richieda un trattamento medico piuttosto che psichiatrico. Lo
scopo primario dell’anamnesi è di stabilire il grado di rischio imminente per il paziente. Il rischio di suicidio viene stabilito lungo
un continuum che va dall’ideazione suicida da sola (relativamente
meno grave) all’ideazione suicida con un piano (più grave). Non
vi sono tuttavia evidenze che provino come gli screening per il
rischio di suicidio riducano i tentativi di suicidio o la mortalità
e non vi è nessuna prova definitiva che suggerisca la superiorità
di uno strumento di screening rispetto a qualsiasi altro, specialmente nello scenario dell’emergenza-urgenza14.
Una elevata percentuale dei suicidi portati a termine è associata
con l’abuso di sostanze o con la depressione non trattati. Tutti i
pazienti che non hanno tentato il suicidio ma che si presentano
con una storia di depressione, abuso di sostanze, ansia o altri disturbi psichiatrici dovrebbero pertanto essere valutati di routine
per l’ideazione suicida.
Kapur et al.15 hanno riportato che, su 7612 persone arrivate in
Pronto Soccorso per un atto di autolesionismo, la capacità di
prevedere la ripetizione dell’atto era più bassa nei medici di PS
che negli psichiatri e, rispetto agli psichiatri, era più sensibile ma meno specifica. Gli autori riportano che “in entrambi i
gruppi, la maggioranza delle ripetizioni del tentativo di suicidio
avveniva tra le persone giudicate a rischio basso o moderato”,
e che “un approccio preventivo e di trattamento limitato alle
persone ritenute ad alto rischio non è utile. Se ci si limitasse ad
offrire un intervento alle sole persone giudicate ad alto rischio
di ripetizione, verrebbe evitato meno di un quinto degli episodi
di ripetizione del tentativo”.
In assoluto, un precedente tentativo di suicidio è considerato
il migliore predittore di un futuro suicidio portato a termine.
è importante ricordare che circa il 30% delle persone che tenta
Tabella 1.
Algoritmo di Hirschfeld e Russel (da 16, modificato).
Fattori di rischio sociodemografici:
SessoÊ maschile,Ê etˆ Ê >Ê 60Ê aa,Ê vedovoÊ oÊ divorziato,Ê viveÊ solo,Ê problemiÊ
economici, recente storia di difficoltà esistenziali.
FattoriÊ diÊ rischioÊ clinici:
Sindrome depressiva o schizofrenia, abuso di sostanze alcoliche o
stupefacenti, anamnesi + per precedenti tentativi o idee di suicidio,
sentimenti di disperazione, grave stato ansioso, manifestazioni di
attaccoÊ diÊ panico,Ê graveÊ prostrazione.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
contributiÊ specialisticiÊ all'urgenza
Valutazione sinergica tra medico di Pronto Soccorso
eÊ psichiatra
Completato l’iter di accoglienza e la visita medica di Pronto
Soccorso, una volta stabilizzate le condizioni fisiche del paziente, dipendenti dal tipo di lesioni autoinfertesi (intossicazione,
ferite, traumi da precipitazione, ecc.) prosegue il percorso con
la consulenza psichiatrica che dovrà poi portare alla decisione
congiunta medico di PS-psichiatra. Anche quando il paziente
rimane in carico al medico di PS le decisioni operative dovranno essere condivise tra lo stesso e il consulente psichiatra. Allo
psichiatra pertanto viene richiesta una valutazione diagnostica
più approfondita, che includa anche una stima del rischio di
reiterazione; il consulente psichiatra ha il compito di definire un
indirizzo diagnostico e un appropriato trattamento terapeutico
che, nel caso del tentato suicidio, si configura nella scelta – concordata con il medico di PS – della più opportuna destinazione
del paziente, una volta che sia stata completata la sopracitata
“clearance medica”.
è importante verificare in ogni paziente le ideazioni suicide, i
propositi e i piani, prima di prendere delle decisioni: fondamentale argomentare e documentare bene la decisione dal momento
che il suicidio ha pesanti implicazioni medico-legali. Lo standard professionale attuale è ricoverare, al limite anche coattivamente, ogni paziente che abbia compiuto un reale TS (necessità
di un periodo protetto per l’elaborazione dell’accaduto) e/o che
mantenga ideazioni, piani o propositi anticonservativi nel DEA
dopo la visita medica e la consulenza psichiatrica. Il luogo più
adatto per seguire un paziente in imminente pericolo di suicidio è il reparto ospedaliero di Psichiatria con un personale
addestrato ad assistere questi pazienti. In alcuni casi i pazienti
con ideazioni suicide, ma senza propositi e/o progetti, possono essere dimessi dopo approfondita valutazione. La decisione
di dimettere deve essere presa con prudenza, condivisa tra lo
psichiatra e il medico di Pronto Soccorso. Nel caso si decida
per la dimissione deve essere soddisfacente il sistema di sostegno sociofamiliare e si devono dare informazioni, riferimenti
telefonici del CSM/ospedale e istruzioni adeguate al paziente e
ai familiari. Il follow-up è particolarmente importante per ogni
paziente dimesso.
Conclusioni
L’importanza epidemiologica del suicidio, anche come causa
di morte, e le sue pesanti implicazioni cliniche, assistenziali e
medico-legali, comportano la necessità di una formazione specifica per il medico d’urgenza, che deve saper gestire non solo
gli aspetti medici – conseguenti al trauma o all’intossicazione
autoprocuratisi dal paziente, ma altresì gli aspetti psicologici
e psicopatologici fondamentali. Ciò al fine di poter interagire
sinergicamente nel modo più appropriato con lo specialista psichiatra che, inevitabilmente, verrà chiamato a collaborare alla
gestione del caso almeno in una qualche fase del trattamento.
Bibliografia
1. World Health Organization. World Report on Violence and
Health. Chapter 7. Self-Directed Violence. WHO, Geneve,
2002, pp. 191-198. WHO SUicidal PREvention (SUPRE
project): Suicidal prevention and special programmes. Disponibile sul sito: www.who.int/mental_health/prevention/
suicide/information/en/index.html.
2. Istituto Statistico Italiano (ISTAT). Disponibile sul sito:
www.istat.it/dati/dataset/2009 0703_00/.
3. Consiglio Nazionale Economia e Lavoro (CNEL). Disponibile sul sito: www.cnel.it/cnel/browser/wizard.
4. Pietropolli Charmet G. Uccidersi. Il tentativo di suicidio in
adolescenza. Raffaello Cortina, Milano, 2009, pp. 291-297.
5. Pinguet M. La morte volontaria in Giappone. Luni, Milano, 2007.
6. Durkheim E. Il suicidio. Studio di sociologia. BUR, Milano,
2007, pp. 211-268.
7. Anzallo C, Tesolin F, Lo Perfido A et al. I disturbi di personalità e la condotta suicidaria. Noos 2004; 10(4): 282-283.
8. Gliatto MF, Rai AK. Evaluation and treatment of patients
with suicidal ideation. Am Fam Physician. 1999; 59(6):
1500-1506.
9. National Guideline Clearinghouse (NGC). Guideline summary: Practice guideline for the assessment and treatment of
patients with suicidal behaviors. In: National Guideline Clearinghouse (NGC) [Web site], 2003. Disponibile sul sito:
http://www.guideline.gov.
10. De Leo D, Pavan L, Baconcini C. Suicidio. Trattato Italiano di
Psichiatria. Masson, Milano 1999, pp. 2402-2403.
11. Drug Abuse Warning Network, 2008: National Estimates of
Drug-Related Emergency Department Visits. Drug-related
suicide attemps: ED visits involving drug-related suicide attempts, 2008. U.S. DEPARTMENT OF HEALTH AND HUMAN SERVICES Substance Abuse and Mental Health Services Administration Center for Behavioral Health Statistics
and Quality. DAWN Report. Disponibile sul sito: wwwdawninfo.samhsa.gov/.
12. Russinoff I, Clark M. I pazienti suicidi: valutazione e trattamento dei pazienti che si presentano per tentativi o ideazioni
suicide. Emerg Med Pract (Edizione italiana) 2004; 5(11): 1-20.
13. Battaglia J, Moss S, Rush J et al. Haloperidol, lorazepam, or
both for psychotic agitation? A multicenter, prospective,
double-blind, emergency department study. Am J Emerg Med
1997; 15(4): 335-340.
14. No authors listed. Screening for suicide risk: recommendation and rationale. Ann Intern Med 2004;140(10): 820-821.
15. Kapur N, Cooper J, Rodway C et al. Predicting the risk of repetition after self harm: cohort study. BMJ 2005; 330: 394-395.
16. Hirschfeld RM, Russell JM. Assessment and treatment of
suicidal patients. N Engl J Med 1997; 337(13): 910-915.
MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore.
emergency care journal - organizzazione, clinica, ricerca • Anno VII numero 3 • Settembre 2011 • www.ecj.it
il suicidio ripeterà il tentativo entro un anno e circa il 10% di
coloro che minacciano o tentano il suicidio alla fine si ucciderà
davvero. L’algoritmo di Hirschfeld e Russel16, riportato nella Tabella 1, rappresenta un semplice strumento valutativo di facile
applicazione anche per il non specialista.
Dopo la raccolta dell’anamnesi e la valutazione dell’evento, al
medico di PS rimane l’esame obiettivo (valutazione dei segni
vitali, presenza di febbre, valutazione pupille e addome, quali
segni indiretti di intossicazione, ricerca segni di traumatismi,
valutazione dello stato mentale) e l’effettuazione dei necessari
esami ematochimici e strumentali. è fondamentale ricordare e
rapidamente escludere le più comuni cause metaboliche di alterazione comportamentale acuta. Tra queste particolare attenzione andrà posta a: ipoglicemia, iper- o ipotiroidismo, scompenso
diabetico, iper- o iponatremia, ipercalcemia. Compito immediato del medico di PS è stabilire se sia indicata una rapida decontaminazione e/o trattamento antidotico (quando disponibile) in
caso di ingestione extraterapeutica di farmaci. Il paziente suicidario può comportarsi in modo ostile e talora violento in PS. In
tali casi è importante manifestare rispetto per la persona, non
svalutare e non minacciare, creare un gruppo organizzato e non
un assembramento confondente, creare un rapporto e un piano di condivisione, offrire un contatto fisico (mano), valutare
l’ambiente e il rischio correlato, mettere in atto movimenti lenti
e tono della voce basso e chiaro. L’esame psichico comporta la
valutazione dell’attenzione, del linguaggio, dell’orientamento, di
memoria, capacità visuo-spaziale e capacità concettuale, nonché
della capacità introspettiva e di giudizio.
41
Buona pratica clinica e ricerca scientifica
nell’urgenza-emergenza
Congresso Nazionale Interdisciplinare
Multidisciplinary National Congress
Roma, 2–4 Novembre 2011
Aula Convegni – Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
Piazzale Aldo Moro 7, Roma
Meeting satellite:
Stress lavoro-correlato
degli operatori sanitari dell’emergenza
5 novembre 2011, ore 08.00 – 13.00
Aula Brasca
Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”
Largo Agostino Gemelli 8, Roma
Richiesto accreditamento ECM
Segreteria Scientifica e Organizzativa
ACEMC C/O CNIT VIA SALVATORE MAUGERI 10, 27100 PAVIA
TEL 0382 592.794 - FAX 0382 24605
WWW.ACEMC.IT
[email protected] - [email protected]
2 novembre 2011 - mercoledì
AULA A
08.15
08.50-9.00
09.00-09.15
09.15-11.15
11.15-11.35
11.35-12.35
12.35-13.15
13.15-14.20
14.20-16.20
Registrazione dei partecipanti
Apertura dei lavori – saluti
Dr. Ivo Casagranda (Presidente AcEMC),
Prof. Nicolò Gentiloni Silveri (Presidente
Eletto)
Introduzione ai lavori
Fulvio Moirano (Direttore Age.Na.S.)
Incontri multidisciplinari di consenso
Consenso su: Utilizzo delle troponine
di ultima generazione nel setting
dell’urgenza
Nicola Binetti, Aldo Clerico, Marcello Galvani, Martina Zaninotto
- Presentazione dei problemi
- Valutazione delle evidenze scientifiche
- Presentazione del documento di consenso
predisposto dal gruppo di lavoro di esperti
- Discussione
- Proposte di ricerca
Coffee break
Quello che le linee guida non dicono
(stato dell’arte, aspetti controversi e
clinical policy): Embolia polmonare
Enrico Barboni, Enrico Bernardi, Daniele
Coen, Nazzareno Galiè
- Stato dell’arte: dalla clinica alla terapia
farmacologica
- Aree di incertezza nelle linea guida
- Clinical policy: approccio all’embolia polmonare in gravidanza con instabilità emodinamica
- Clinical policy: gestione dell’embolia polmonare isolata dei rami segmentari o sub
segmentari dell’arteria polmonare
- Dimettere, osservare, ricoverare
Lettura Magistrale: Interazione Laboratorio/clinica nel setting dell’urgenza
Mario Plebani
Lunch
Incontri multidisciplinari di consenso
Consenso su: Gestione del paziente
agitato e violento
Carlo Fraticelli, Marco Piccinelli, Nicola,
Poloni, Bruno Tartaglino
- Presentazione dei problemi
- Valutazione delle evidenze scientifiche
- Presentazione del documento di consenso
predisposto dal gruppo di lavoro di esperti
- Discussione
- Proposte di ricerca
16.20-16.40 Coffee break
16.40-17.40 Incontri con l’esperto
Gestione e trattamento dell’etilismo acuto
in Pronto Soccorso
Carlo Locatelli, Valeria M Petrolini
17.40-18.00 Test di verifica finale
AULA B
09.15-10.15 NON ECM
Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop
Ecofast e utilizzo del mezzo di contrasto
Libero Barozzi
10.15-11.15 Comunicazioni orali
11.35-12.35 NON ECM
Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop
Utilizzo del biomarcatore suPAR nella valutazione prognostica della sepsi
Carlo Arfini, Ivo Casagranda, Jesper Eugen-Olsen
14.20-16.20 Comunicazioni orali
16.40-17.40 Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop
Addestramento attraverso la simulazione
avanzata per la prevenzione del rischio
clinico
Franco Orsini, Franco Tosato
3 novembre 2011 - giovedì
AULA A
08.15
Registrazione dei partecipanti
09.00-10.30 Incontri multidisciplinari di consenso
Consenso su: Utilizzo della pro calcitonina nel setting dell’urgenza
Gianfranco Cervellin, Liviana Da Dalt, Giuseppe Lippi, Pierluigi Viale
- Presentazione dei problemi
- Valutazione delle evidenze scientifiche
- Presentazione del documento di consenso
predisposto dal gruppo di lavoro di esperti
- Discussione
- Proposte di ricerca
10.30-11.30 Incontri con l’esperto
Patologie infettive emergenti
Giuseppe Ippolito
11.30-11.50 Coffee break
11.50-13.20 Incontri con l’esperto
L’utilizzo della ventilazione non invasiva
dal domicilio all’ospedale
Andrea Bellone, Raffaella Francesconi, Fabrizio Giostra, Federico Lari
13.20- 14.30 Lunch
14.30-15.10 Lettura Magistrale: Le Unità di Medicina
per acuti
Giuseppe Realdi
15.10-16.10 Quello che le linee guida non dicono
(stato dell’arte, aspetti controversi e
clinical policy): Sincope
Fabrizio Ammirati, Michele Brignole, Daniele Coen, Giorgio Costantino
- Stato dell’arte
3 novembre 2011 - giovedì
- Aree di incertezza nelle linee guida
- Clinical policy: la stratificazione del rischio a breve termine
- Clinical policy: indicazioni e risultati del
monitoraggio ECG prolungato
- Dimettere, osservare, ricoverare
16.30-16.50 Coffee break
16.50-17.50 Incontri con l’esperto
La gestione del paziente diabetico in coma
iperosmolare
Enrico Fiaccadori
17.50-18.00 Test di verifica finale
AULA B
09.00-10.30 Comunicazioni orali
10.30-11.30 NON ECM
Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop
Soluzioni innovative della diagnostica decentrata per la medicina d’urgenza emergenza
Moderatore: Luigi Zulli
Relatore: Ivo Casagranda
11.30-11.50 Coffee break
14.30-16.30 Incontri multi disciplinari di consenso
Consenso su: Gestione delle ferite
traumatiche in Pronto Soccorso
Fabio Brunato, Stefano Calderale, Fabrizio
Palmieri, Ciro Paolillo, Carolina Prevaldi
- Presentazione dei problemi
- Valutazione delle evidenze scientifiche
- Presentazione del documento di consenso
predisposto dal gruppo di lavoro di esperti
- Discussione
- Proposte di ricerca
16.50-17.50 Comunicazioni orali
4 novembre 2011 - venerdì
AULA A
08.15
Registrazione dei partecipanti
09.00-10.00 Incontri con l’esperto
Intossicazione acuta mista CO-CN da
esposizione a fumi di incendio
Carlo Locatelli, Davide Lonati
10.00-11.30 Incontri multidisciplinari di consenso
Consenso su: Valutazione e trattamento del bambino intossicato da
monossido di carbonio
Carlo Locatelli, Marco Marano, Giuliano
Vezzani
- Presentazione dei problemi
- Valutazione delle evidenze scientifiche
- Presentazione del documento di consenso
predisposto dal gruppo di lavoro di esperti
- Discussione
- Proposte di ricerca
11.30-11.50 Coffee break
11.50-12.40 Lettura Magistrale: Integrazione tra
tecnologia e biomarcatori
Salvatore Di Somma
12.40-14.00 Lunch
14.00-16.00 Incontri multidisciplinari di consenso
Consenso su: Diagnostica per immagini nel dolore addominale acuto dei
quadranti inferiori
Daniele Gui, Vittorio Miele, Francesco Rocco Pugliese, Massimo Valentino
- Presentazione dei problemi
- Valutazione delle evidenze scientifiche
- Presentazione del documento di consenso
16.00-16.20
16.20-17.20
17.20-17.50
17.50-18.00
predisposto dal gruppo di lavoro di esperti
- Discussione
- Proposte di ricerca
Coffee break
Quello che le linee guida non dicono
(stato dell’arte, aspetti controversi e
clinical policy): Fibrillazione atriale
Giuseppe Boriani, Francesco Buccelletti,
Daniele Coen, Tiziano Lenzi
- Stato dell’arte
- Aree di incertezza nelle linea guida
- Clinical policy: quando e come cardiovertire in urgenza
- Clinical policy: quando e come iniziare il
trattamento antitrombotico
- Dimettere, osservare, ricoverare
Premiazione
Test di verifica finale
AULA B
09.00-10.00 NON ECM
Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop
Le alterazioni idroelettrolitiche
Pasquale Coppolecchia, Ivo Casagranda,
Rodolfo Sbrojavacca
10.00-11.30 NON ECM
Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop
Valutazione dello stato immunitario antitetanico e profilassi in Pronto Soccorso
Antonietta Filia, Carolina Prevaldi, Andrea
Rocchetti, Augusto Tricerri, Maria Wirz
4 novembre 2011 - venerdì
14.00-15.30 NON ECM
Innovazione tecnologica nell’ambito della medicina d’emergenza-urgenza: workshop
Valutazione non invasiva del paziente instabile in Pronto Soccorso
Nicola Di Battista, Simona Fusco, Francesco Savelli, Enrico Zucconi
15.30-16.00 Comunicazioni orali
16.20-17.20 Incontri con l’esperto
Problematiche etiche e cliniche relative alla
gestione del paziente endstage in Pronto
Soccorso
Mario Cavazza, Maurizio Mori, Massimo
Pesenti Campagnoni, Antonio Spagnolo
Meeting satellite: stress lavoro-correlato
degli operatori sanitari dell’emergenza
Roma, 5 novembre 2011 (ore 08.00 – 13.30)
Aula Brasca – Policlinico Universitario “Agostino Gemelli”
Largo Agostino Gemelli 8
08.00
Registrazione dei partecipanti
08.30-08.40 Inizio lavori e saluto delle Direzioni Sanitaria e di Presidio
Andrea Cambieri, Fabrizio Celani
08.40-09.00 Lo stress lavoro-correlato in Pronto Soccorso: overview del problema
Nicolò Gentiloni Silveri, Ivo Casagranda
09.00-09.30 La tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro
Giampaolo De Cassan, Lucilla Livigni, Nicola Magnavita
09.30-09.50 Le dimensioni psicosociali ed ergonomiche del problema
Raffaella Ada Colombo, Sandra Re
09.50-10.10 Coffee-break
10.10-10.30 Presentazione dei risultati del questionario “Fonti e forme di disagio e malessere psicologico nell’attività del medico e dell’infermiere di Pronto Soccorso”
Carlo Fraticelli, Michele Presutti
10.30-11.30 Tavola rotonda: i protagonisti commentano i risultati del questionario
Silvana Benacquista, Antonio Bergamaschi, Giuseppe De Filippis, Valter Galante, Stefano Genio Massimo Magnanti, Teresa Petrangolini, Walter Ricciardi
11.30-12.30 Discussione
12.30-13.00 Le proposte della politica
Ignazio Marino, Michele Saccomanno
13.00-13.30 Conclusioni
Ivo Casagranda, Nicolò Gentiloni Silveri