Incompetenza del Giudice di Pace, nonostante il recente aumento

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Incompetenza del Giudice di Pace, nonostante il recente aumento
STUDIO LEGALE INTERNAZIONALE
AVV. ALFONSO MARRA
GIURISTA LINGUISTA
ABILITATO AL BILINGUISMO TEDESCO - ITALIANO DALLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO
IDONEO ALL’ ESAME DI STATO DI COMPETENZA LINGUISTICA CINESE HSK DI PECHINO
IDONEO ALL’ESAME DI STATO DI COMPETENZA LINGUISTICA FRANCESE
DELL’ISTITUTO FRANCESE DI NAPOLI “LE GRENOBLE”
SPECIALISTA IN DIRITTO CIVILE PRESSO L'UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI CAMERINO
SPECIALIZZATO IN PROFESSIONI LEGALI PRESSO L’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO
PERFEZIONATO IN DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA APPLICATO PRESSO L’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO
CORSISTA DI LINGUA OLANDESE PRESSO L’UNIVERSITA’ DI UTRECHT
INTERPRETE E TRADUTTORE PRESSO LA CAMERA DI COMMERCIO DI NAPOLI
CONSULENTE TECNICO D'UFFICIO E PERITO IN MATERIA PENALE IN QUALITA' DI
INTERPRETE E TRADUTTORE DI LINGUA TEDESCA, CINESE, GRECA, INGLESE
PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI
INTERPRETE E TRADUTTORE DI LINGUA TEDESCA, CINESE, GRECA, INGLESE, FRANCESE
PRESSO LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI NAPOLI
ASSISTENZA LEGALE ANCHE IN LINGUA TEDESCA, CINESE, GRECA, INGLESE, FRANCESE
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Incompetenza del Giudice di Pace, nonostante il recente aumento
della competenza in vigore da Luglio 2009, in materia di
risarcimento del danno superiore agli Euro 5.000,00, laddove si
tratti di danno da cose in custodia ex art. 2051 c.c. e non di danno
da circolazione di veicoli e natanti
Affinchè possa dirsi applicabile la competenza ex art. 7 comma 2 c.p.c. del
Giudice di Pace è necessaria l’individuazione specifica della causa efficiente
del danno nella circolazione, con particolare riguardo alla causa petendi.
Pertanto il fatto dannoso deve trovare la sua origine nella circolazione di
veicoli e di natanti, vale a dire diviene determinante il modo d’essere di un
fatto stesso, che è elemento costitutivo della fattispecie del diritto dedotto in
giudizio.
Quindi non rientrano nel danno prodotto dalla circolazione di
veicoli e natanti e perciò nella competenza dell’art. 7 comma 2
c.p.c., i casi in cui la circolazione non rappresenta la causa
efficiente del danno, ma semplicemente l’occasione per il suo
prodursi.
1
Di conseguenza, esula dalla competenza di cui all’art. 7 comma 2
c.p.c. l’azione di risarcimento del danno da insidia e trabocchetto,
perchè sono queste ultime la causa del danno e la circolazione si
riduce a mera occasione dello stesso.
Inoltre, elemento probatorio determinante può essere il rapporto redatto
dalla Polizia Stradale, da cui risulti in maniera chiara ed inconfutabile che
l’evento si è verificato per carenza di manutenzione e vigilanza del tratto
stradale da parte della Pubblica Amministrazione a ciò preposta, che ha
concretizzato la fattispecie del danno provocato da insidia e trabocchetto.
Ciò posto, si ripete, la circolazione non rappresenta la causa efficiente del
danno, ma semplicemente l’occasione per il suo prodursi.
Di conseguenza, nonostante l’ampliamento della competenza del
Giudice di Pace in vigore da Luglio 2009, se nel caso di
risarcimento del danno da cose in custodia ex art. 2051 c.c. il
valore della domanda supera il valore di Euro 5.000,00 (cioè la
competenza “ordinaria” e dunque non rientra nella competenza di
Euro 20.000,00 in materia di circolazione di veicoli e natanti), il
Giudice
di
Pace
adito
dovrà
assolutamente
dichiararsi
incompetente per valore a favore del Tribunale.
Tale principio ha un notevole risvolto sulla possibilità di eccepire o meno la
prescrizione del diritto da parte della Pubblica Amministrazione o
dall’Ente di gestione delle strade e/o autostrade convenuti in giudizio
dall’utente della strada. Infatti, proprio perchè si tratta non di danno da
circolazione stradale, bensì di danno derivante da cose in custodia ex art.
2051 c.c., la prescrizione del diritto non è certo biennale, bensì
quinquiennale, afferente ad un illecito aquiliano.
Del resto, in questo caso, competenza del Giudice e prescrizione
del diritto sono strettamente concatenate.
Infatti, delle due l’una: se il Giudice di Pace fosse incompetente per
valore, come potrebbe sostenere la Pubblica Amministrazione o
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l’Ente di gestione del tratto autostradale, lo sarebbe poichè trattasi
di danno da cose in custodia ex art. 2051 c.c. e dunque la
prescrizione sarebbe quinquiennale, non biennale; se invece il
Giudice di Pace fosse competente per valore, allora si tratterebbe
di danno da circolazione di veicoli e natanti, con prescrizione
biennale e allora sarebbe ingiustificata la richiesta della Pubblica
Amministrazione e/o dell’Ente di gestione di dichiarazione di
prescrizione del diritto.
Va dato atto di quanto stabilito dalla Suprema Corte di Cassazione con
la recente sentenza del 20/11/2009 n. 24530: custode è colui che ha il
“governo della cosa”, ossia il potere effettivo, dinamico ed esclusivo sulla
stessa, inteso come potestà di fatto di esclusione di ogni altro soggetto. La
responsabilità ex art. 2051 c.c. postula dunque una relazione materiale di
disponibilità di fatto, oltrechè giuridica, tra il custode e la cosa, relazione che
determina a carico di chi ha il potere fisico sulla stessa l’onere di impedire che
da essa possa derivare pregiudizio a terzi.
Dunque, secondo la Suprema Corte di Cassazione, il termine “custode” non
presuppone nè implica uno specifico obbligo di custodire la cosa come, ad
esempio, quello previsto in tema di contratto di deposito.
L’art. 2051 c.c. fa, invece, riferimento solo ad uno stato di fatto,
imputando la responsabilità a chi si trova nella condizione di
controllare i rischi inerenti la cosa stessa.
In tal modo la norma porta ad escludere che custode sia necessariamente il
proprietario della cosa in quanto tale, potendo essere qualificato
custode anche il soggetto che di fatto controlli le modalità d’uso e
di conservazione della cosa ed abbia, pertanto, il governo della
cosa.
Proprio come si verifica nel caso in cui l’Ente di gestione delle strade e
autostrade abbia trascurato di fornire l’imbocco, per esempio, di una Galleria
in autostrada di quei dispositivi luminosi di sicurezza che indicano che
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all’interno della galleria sia avvenuto un incidente.
Si ricorda inoltre quanto deciso dalla Suprema Corte di Cassazione con la
recentissima sentenza 19/01/2010 n. 713, secondo la quale <<la
responsabilità del custode disciplinata dall’art. 2051 del C.c. costituisce una
ipotesi di responsabilità oggettiva e non di colpa presunta. Il danneggiato,
pertanto, per ottenere il risarcimento da parte del custode, deve dimostrare la
esistenza del danno e la sua derivazione causale dalla cosa. Al custode, per
contro, per andare esente da responsabilità non sarà sufficiente provare la
propria diligenza nella custodia, ma dovrà provare che il danno è derivato da
caso fortuito, o dalla condotta dello stesso danneggiato>> e con la recente
sentenza 29/12/2009 n. 27635, secondo la quale <<qualora una strada
adibita all’uso pubblico presenti alterazioni o anomalie tali da creare una
situazione di pericolo per gli utenti, il custode tenuto alla manutenzione
incorre in responsabilità oggettiva per i danni provocati dalle suddette
anomalie, ai sensi dell’articolo 2051 Cc. In questi casi il nesso causale fra la
situazione di pericolo e il danno può essere desunto dalla mera contestualità
temporale e spaziale, e dalla logica e normale consequenzialità, fra la
situazione della strada e il tipo di evento che si è verificato. Il danneggiato
non è tenuto a dimostrare la colpa del custode, e questi è tenuto a
fornire
la
prova
del
caso
fortuito,
per
esimersi
da
responsabilità>>.
Si precisa che la S.C. di Cassazione con la sentenza n. 10689 del 24/04/2008
ha affermato che <<l’onere probatorio nelle cause di risarcimento danni
subiti dagli automobilisti per la presena di un ostacolo su carreggiata
autostradale, è a carico
del gestore sia quando il titolo della responsabilità dedotta in giudizio
dall’utente è contrattuale sia quando è extracontrattuale. Nel primo caso,
infatti, la società concessionaria per liberarsi dal risarcimento dovrà provare
che l’inadempimento è derivato da causa a lui non imputabile ex art. 1218 c.c.
(“responsabilità del debitore”). Nel secondo, invece, dovrà dare la prova
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liberatoria del caso fortuito
di cui all’art. 2051 c.c. (“danno cagionato da cose in custodia”)>> (nel caso di
specie, la Cassazione ha accolto il ricorso di un automobilista contro il
verdetto di appello che, per i danni subiti dall’utente al fine di evitare una
barra di rame in autostrada, aveva applicato l’art. 2043 c.c. e non il 2051
c.c., addossando così sul danneggiato la prova della negligenza del gestore).
Si ricorda che in data 02 Maggio 2007, il quotidiano "La Repubblica" ha
pubblicato un servizio sullo stato disastroso delle gallerie autostradali italiane
definendole le peggiori d'Europa essendo prive delle telecamere di controllo,
di sufficiente illuminazione, di idranti ed estintori, dei telefoni, degli
altoparlanti che avvisano gli automobilisti cosa fare in caso di incidente e, tra
le
italiane,
continua
l'articolo,
le
prestazioni
peggiori
si
rilevano
"sull'infernale Salerno- Reggio Calabria".
Va pure detto, invece, come risulta dall'articolo pubblicato dall'Ansa su
Internet in data 18 Gennaio 2007, un particolare elogio merita la galleria di
Castel Firmiano, sulla superstrada Merano-Bolzano dove, tra le altre cose, vi
è un sistema di telecamere che si accendono da sole in caso di
incidenti ed automaticamente avvisano gli automobilisti che
stanno per giungere in galleria con pannelli situati tra i 2 e i 7 Km
prima.
Quindi basta una telecamera, un semaforo ed un dispositivo luminoso che
segnali la presenza di macchine incidentate, per avvertire gli automobilisti
che in galleria si sia verificato un incidente ed evitare che altre autovetture
siano coinvolte in altri incidenti sopraggiungendo.
Va pure evidenziato che, oltre alla responsabilità ex art. 2051 c.c., la Pubblica
Amministrazione o l’Ente di gestione rispondono anche per violazione
dell'art. 2043 c.c. poichè sono comunque responsabili in virtù del principio
generale del neminem laedere di cui all'art. 2043 c.c. in ossequio al quale
bisogna far sì che l' "opus publicum" non integri per l'utente gli estremi di una
situazione di pericolo che ricorre quando lo stato dei luoghi è caratterizzato
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dal doppio e concorrente requisito della non visibilità oggettiva del pericolo e
della non prevedibilità subiettiva del pericolo stesso (ex multis Cass. n° 9092
del 05/07/2001).
Tale responsabilità ha carattere oggettivo e, perchè essa possa configurarsi in
concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in concreto ed il
danno arrecato, sempre che rilevi al riguardo la condotta del custode (Cass.
n° 15383 del 06/07/2006).
Inoltre tale responsabilità la si evince anche dal dettato del terzo comma
dell’art. 14 del D.Lgs. 30/04/1992 n° 285.
Del resto la S.C. di Cassazione con la sentenza n° 2422 del 09/02/2004 ha
affermato che la responsabilità ex art. 2051 c.c. presuppone un inidoneo
controllo ed un improprio governo della cosa, da parte di chi ha
l’obbligo di sorveglianza, chiarendo che il requisito del potere-dovere di
intervento non opera come fondamento di una presunzione di colpa (che non
è nella struttura della norma), ma, semplicemente, come uno degli elementi
per individuare la figura del custode.
Si fa, inoltre, presente che si è sviluppata una costante Giurisprudenza che
riconosce la responsabilità del “custode” ex art. 2051 c.c., anche per i danni
cagionati da beni assolutamente inerti e comunque non pericolosi, ovvero per
danni cagionati dalla cosa non solo a causa della sua intrinseca forza
dinamica, ma anche per i danni prodotti dalla cosa per l’insorgenza in essa di
agenti dannosi (Cass. n° 2331 del 16/02/2001 - n° 10434 del 21/10/1998 - n°
6616 del 22/05/2000 - n° 4480 del 28/03/2001).
In particolare la S.C. di Cassazione con la sentenza n° 13762 del 14/06/2006
ha affermato che: ”l’ Ente concessionario del servizio pubblico autostradale ha
l’obbligo di assicurare la sicurezza e l’agibilità del tratto di strada gestito e, in
tale ambito, di provvedere alla rimozione di veicoli incidentati che siano stati
abbandonati lungo la strada, salva la rivalsa nei confronti del proprietario del
veicolo”.
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Si precisa che per le autostrade, in particolare, la S.C. di Cassazione con
sentenza n° 298 del 13/01/2003, che richiama una sentenza della Corte
Costituzionale n° 156 del 1999, non ravvisa nella notevole estensione del bene,
motivo sufficiente per escludere l’applicabilità dell’art. 2051 c.c.
Anche da un punto di vista letterale, si è rilevato che l’art. 2051 c.c. non fa
riferimento a criteri quantitativi e che è arbitrario sostenere che l’obbligo di
custodia debba essere escluso a causa dell’ampiezza del bene.
Al contrario, applicando la logica di proporzionalità, sostenuta nell’ambito
della teoria del rischio, si deve ritenere che all’estensione della cosa debba
corrispondere una idonea capacità organizzativa.
Infatti al gestore autostradale deve essere richiesta una struttura
organizzativa adeguata a garantire la sicurezza di un bene le cui notevoli
dimensioni, spesso presuppongono congrue capacità gestionali e correlati
introiti.
Si è inoltre evidenziato il dubbio di legittimità costituzionale che avrebbe
potuto sollevare una scelta volta ad estendere ai concessionari di pubblici
servizi,
oltre
che
alle
pubbliche
amministrazioni,
il
privilegio
dell’inapplicabilità della disciplina della presunzione di responsabilità di cui
all’art. 2051 c.c., con riguardo ai danni subiti da utenti di autostrade.
Nella suddetta sentenza (n° 298/2003) viene sottolineato come la ratio
dell’esclusione della responsabilità a titolo di custodia non possa essere
esclusivamente fondata sui parametri della notevole estensione del bene e
dell’uso generale e diretto da parte di terzi, pena la violazione dei principi
costituzionali di eguaglianza e difesa stabiliti rispettivamente dagli artt. 3 e 24
della Costituzione.
La S.C. di Cassazione con le sentenze n° 3651/2006 e n° 5445/2006 ha
affermato che l’insidia determinante pericolo occulto non è invero, dalla
norma di cui all’art. 2043 c.c. contemplata, trattandosi di figura di
elaborazione giurisprudenziale che,muovendo da esigenze di limitazione delle
ipotesi di responsabilità, finisce, tuttavia, per risolversi, laddove viene a
7
porsene la relativa prova a carico del danneggiato, in termini di ingiustificato
privilegio per la P.A.
In particolare la sentenza n° 5445/2006 completa l’architettura della
sentenza n° 3651/2006: precisa il Collegio, infatti, che l’insidia transita,
spostandosi dalla prova positiva del danneggiato, alla prova
liberatoria di chi ha la custodia del bene.
Infatti l’insidia o il trabocchetto determinante pericolo occulto non è
elemento costitutivo dell’illecito aquiliano ex art. 2043 c.c., sicchè della prova
della relativa sussistenza non può onerarsi il danneggiato.
Inoltre nella suddetta sentenza n° 5445/2006 la S. Corte ha confermato la
sentenza del Giudice di merito che aveva fatto discendere dalla mancanza di
adeguata segnalazione la sussistenza di un’insidia e la responsabilità della
provincia per l’incidente accaduto.
Si ricorda che l’ ANAS S.p.A., sul suo sito Internet, ha pubblicizzato alcune tra
le tecnologie avanzate per consentire alle infrastrutture di interagire con i
veicoli che le percorrono e segnalare ai conducenti le situazioni di rischio
imminente come per esempio, sensori per rilevare nebbia, code ed incidenti,
centrali elettroniche per ripristinare in tempo reale le condizioni di visibilità,
safety cars dotate di sistemi anticollisioni, dispositivi telematici per la
comunicazione tra veicoli e centrali operative,tutte cose già sperimentate sulle
autostrade Brescia-Padova e Torino-Caselle
dove sono impiegati sensori di
rilevamento nebbia, guide di luce a matrice elettronica a led, telecamere, i
nuovi sistemi ITS con pannelli a messaggio variabile con notizie sul traffico.
Del resto, come ha ribadito la S.C. di Cassazione con la sentenza n° 3651 del
20/02/2006, l'attività di vigilanza e custodia riguarda non solo l'autostrada,
ma anche i beni (ad esempio: semaforo, muretti, display, telecamere) che
dell'autostrada costituiscono pertinenza o accessorio.
Si osserva, che la P.A. incontra nell'esercizio del suo potere discrezionale
anche nella vigilanza e controllo dei beni di natura demaniale, limiti derivanti
dalle norme di legge o di regolamento, nonchè dalle norme tecniche e da
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quelle di comune prudenza e diligenza, ed in particolare dalla norma
primaria e fondamentale del neminem laedere (art. 2043 c.c.), in applicazione
della quale essa è tenuta a far sì che il bene demaniale non presenti per
l'utente una situazione di pericolo occulto, cioè non visibile e non prevedibile,
che dia luogo al cd. trabocchetto o insidia stradale (Cassazione civile, sez. III,
sentenza 06/07/2006 n° 15383 – Cassazione Civile, sez. III, 02
febbraio 2007, n° 2308). Inoltre la S.C.di Cassazione, anche
con la
sentenza n° 36451 del 20/02/2006, ha precisato che è obbligo del gestore " di
far sì che la strada aperta al pubblico transito non integri per
l'utente una situazione di pericolo occulto, continuando a ritenere
la responsabilità dell'Ente peraltro configurabile a condizione che
venga provata dal danneggiato l'esistenza di una situazione
caratterizzata dal doppio e concorrente requisito della non
visibilità oggettiva del pericolo e della non prevedibilità subiettiva
del medesimo".
Del resto nella recente sentenza n°3130 dell' 08 Gennaio 2008, in un
giudizio contro l'ANAS S.p.A., la S.C. di Cassazione ha affermato che l'attività
della P.A. deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche dalla
norma primaria del 2043 c.c.; con la conseguenza che è consentito al Giudice
ordinario accertare se, da parte della stessa, vi sia stato un comportamento
colposo tale che abbia determinato la lesione di un diritto soggettivo; dati i
principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, infatti, la P.A. è
tenuta a subire le conseguenze stabilite dall'art. 2043 c.c., atteso che tali
principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale.
Prova ne siano gli ultimi arresti giurisprudenziali che, in tema di
responsabilità per l'esercizio di attività pericolose e di danni da cose in
custodia, hanno dato ampio spazio all'applicazione degli artt. 2050 e 2051
c.c., sovvertendo quell'orientamento decennale che intravedeva nella
presunzione di legittimità degli atti amministrativi e nella discrezionalità
dell'attività pubblica la frapposizione di limiti invalicabili; e, invece, occore
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ribadirlo, non esiste in definitiva un principio generale che giustifichi
l'esonero della P.A. dalla responsabilità extracontrattuale esclusivamente in
ragione della soggettività pubblicistica.
Agire per un pubblico interesse significa anche e "soprattutto
osservare, a tutela dell'incolumità dei cittadini e dell'integrità del
loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge di regolamento
disciplinanti quelle attività nonchè le comuni norme di diligenza e
prudenza, con la conseguenza
disposizioni
e
norme
che
l'inosservanza
comporta
la
di dette
responsabilità
dell'amministrazione per i danni arrecati a terzi ".
Bisogna dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza
normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva,
posseduta o assunta dalla cosa (v. Cass., 13 febbraio 2002, n. 2075;
Cass., 16 febbraio 2001, n. 2331; Cass., 22 luglio 1987, n. 6407. V.
anche Cass., 15 gennaio 2003, n. 488 -in motivazione-), in ragione
di un processo in atto o una situazione determinatasi, ancorchè
provocati da elementi esterni (v. Cass., 20 luglio 2002, n. 10641;
Cass., 28 marzo 2001, n. 4480; Cass., 22 aprile 1998, n. 4070;
Cass., 8 aprile 1997, n. 3041; Cass., 1° marzo 1995, n. 2301; Cass.,
26 febbraio 1994, n. 1947; Cass., 14 gennaio 1992, n. 347), che
conferiscano cioè alla cosa quella che in giurisprudenza si è a volte
indicata come «idoneità al nocumento»: v. Cass. 23 ottobre 1990,
n. 10277).
Dunque è pienamente applicabile l'art. 2051 c.c. nelle fattispecie
di sinistri causati da strutture o pertinenze delle strade e, come si
sa, i semafori, le telecamere e i displays sono accessori e
pertinenze delle strade.
Inoltre la S.C. di Cassazione con sentenza n° 1948 del 10/02/2003 ha
affermato che il termine "custodia" ha diverse accezioni nelle fonti romane. Le
opinioni che si sono succedute sulla portata della "custodia", come criterio di
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determinazione della responsabilità, possono essere raggruppate in due
categorie, quella più antica, che si riallaccia alla configurazione giustinianea,
per cui la custodia non è che un tipo particolare di "diligenza", quella
"custodia rei", la quale rimane un criterio soggettivo di determinazione della
responsabilità; quella più recente, che individua il concetto di custodia nella
responsabilità oggettiva.
La custodia si concretizza, cioè, in un criterio di responsabilità, intendendo
per tale quello che addossa a colui che ha la custodia della cosa la
responsabilità per determinati eventi, indipendentemente dalla ricerca di un
nesso causale tra il comportamento del custode e l'evento.
I limiti della responsabilità della custodia vanno, quindi, cercati
nella determinazione degli eventi per cui il custode è chiamato a
rispondere.
Infatti al custode fanno capo obblighi di vigilanza, controllo e diligenza, i
quali impongono al medesimo di adottare tutte le misure idonee a prevenire
ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo diligente adeguato
alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto.
In ragione del potere fisico sulla cosa, che gli impone di vigilare al fine di
evitare che la cosa produca danni a terzi (v. Cass., 14 giugno 1999, n. 5885;
Cass., 11 marzo 1995, n. 2861; Cass., 14 gennaio 1992, n. 347; Cass., 1° aprile
1987, n. 3129; Cass., 23 luglio 1973, n. 2147; Cass., 12 giugno 1973, n. 1698),
fondamento della responsabilità è infatti la violazione del dovere di
sorveglianza gravante sul custode. La Corte di Cassazione, poi, ha anche da
tempo affermato il principio per il quale il dovere di vigilanza
impone al custode di accertare che il bene, per il dinamismo ad
esso connaturato o per l'insorgenza di un elemento dannoso
esterno, versi in condizioni tali da non arrecare pregiudizio a terzi.
A tal fine deve pertanto egli esplicare un'attività di controllo,
sorveglianza, manutenzione adeguati alla natura della cosa stessa
ed in particolare all'uso cui essa è destinata, avuto riguardo anche
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ai pericoli normalmente connessi, essendo tenuto ad adottare
tutte le cautele idonee ad evitare la degenerazione della cosa in
condizioni tali da risultare dannosa ( v. Cass., 14 gennaio 1992, n.
347).
Del resto va pure ricordato che l'art. 14 cod. str., allo scopo di garantire
la
sicurezza
e
la
fluidità
della
circolazione,
attribuisce
specificamente agli Enti proprietari delle strade il compito di
provvedere: a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade,
delle loro pertinenze e arredo, nonchè delle attrezzature, impianti
e servizi; b) al controllo tecnico dell'efficienza delle strade e
relative pertinenze;
c) all' apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta. E si
precisa (comma 3) che per le strade in concessione i poteri e i
compiti dell'Ente proprietario della strada previsti dal codice della
strada
sono
esercitati
dal
concessionario,
salvo
che
sia
diversamente stabilito (cfr. Cass., 14 luglio 2004, n. 13087). All'art.
2 dell'atto di legge di relativa trasformazione da azienda in ente
pubblico economico ( D.lgs. 26 febbraio 1994, n. 143 recante
"Istituzione dell'Ente Nazionale per le Strade, modellato sulla
precedente L. 7 febbraio 1961, n. 59, recante "Riordinamento
strutturale e revisione dei ruoli organici dell'Azienda Nazionale
Autonoma delle Strade -A.N.A.S.- ), all'ANAS, che mantiene tale
denominazione in forza del D.P.C.M. 26 luglio 1995 (cfr. Cass., 9
maggio 2005, n. 9590, in motivazione), si attribuisce il compito,
tra l'altro, di gestire le autostrade statali e provvedere alla loro
manutenzione ordinaria e straordinaria
(lett. a); realizzare il progressivo miglioramento della rete delle
strade ed autostrade statali e della relativa segnaletica ( lett. b ) ; di
curare
l'acquisto,
la
costruzione,
la
conservazione,
il
miglioramento e l'incremento dei beni mobili ed immobili
12
destinati al servizio delle strade e delle autostrade statali (lett. e);
attuare le leggi e i regolamenti concernenti la tutela del patrimonio
delle strade e delle autostrade statali, nonchè la tutela del traffico e
della segnaletica; adottare i provvedimenti ritenuti necessari ai
fini della sicurezza del traffico sulle strade ed autostrade
medesime; esercitare, per le strade ed autostrade ad esso affidate,
i diritti ed i poteri attribuiti all'Ente proprietario (lett. f);
effettuare e partecipare a studi, ricerche e sperimentazioni in
materia di viabilità, traffico e circolazione ( lett. g).
In questa direzione si è orientata anche negli ultimi anni la giurisprudenza
della S. Corte, i cui più recenti arresti hanno segnalato, con particolare
riguardo al demanio stradale, la necessità che la configurabilità della
possibilità in concreto della custodia debba essere indagata non
soltanto con riguardo all'estensione della strada, ma anche alle sue
caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di
assistenza che lo connotano, agli strumenti che il progresso
tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche acquistano
rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti (v. Cass.
n.
3651/2006;
n.
15384/2006).
Occorre inoltre rilevare che la più recente giurisprudenza della
Suprema Corte (Cass. n. 3651/2006) ha chiarito che la disciplina di
cui all'art. 2051 c.c. si applica anche in tema di danni sofferti dagli
utenti per la cattiva od omessa manutenzione dell'autostrada da
parte del concessionario, in ragione del particolare rapporto con la
cosa che ad esso deriva dai poteri effettivi di disponibilità e
controllo sulla medesima, salvo che dalla responsabilità presunta
a suo carico il concessionario si liberi dando la prova del fortuito,
consistente non già nella dimostrazione dell'interruzione del nesso
di causalità determinato da elementi esterni o dall' atto estraneo
alla sfera di custodia (ivi compreso il fatto del danneggiato o del
13
terzo), bensì anche nella dimostrazione – in applicazione del
principio di cd. vicinanza alla prova - di avere espletato, con la
diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa, in
considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività
di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a
specifiche disposizioni normative e già del principio generale del
neminem laedere, di modo che, pertanto, il sinistro appaia
verificato per un fatto non ascrivibile a sua colpa.
E' stato anche rilevato,poi, che la responsabilità presunta per danni da cose in
custodia è configurabile anche con riferimento ad elementi accessori e
pertinenze inerti di una strada, a prescindere dalla relativa intrinseca
dannosità o pericolosità per persone o cose – in virtù di connaturale forza
dinamica o per l'effetto di concause umane o naturali (c.d. idoneità al
nocumento) – viceversa rilevante nella diversa ipotesi di responsabilità per
danni da esercizio di attività pericolosa ex art. 2050 c.c., in quanto pure le
cose normalmente innocue sono suscettibili di assumere ed esprimere
potenzialità dannosa in ragione di particolari circostanze o in conseguenza di
un processo provocato da elementi esterni.
Del resto, la prova, che il danneggiato deve dare per ottenere il
risarcimento del danno sofferto per l'omessa o insufficiente
manutenzione della strada, consiste nella dimostrazione del
verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con
la cosa in custodia ed essa può derivare anche per presunzioni,
giacchè la prova del danno è, di per sè, indice della sussistenza di
un risultato anomalo, e cioè dell'oggettiva deviazione dal modello
di condotta improntato all'adeguata diligenza che normalmente
evita il danno, non essendo il danneggiato, viceversa, tenuto a dare
la prova anche dell'insussistenza di impulsi causali autonomi ed
estranei alla sfera di controllo propria del custode o della condotta
omissiva o commissiva di costui.
14
Va, poi, altresì segnalata, la suddetta sentenza n° 3651 del 20/02/2006, nei
confronti dell'ANAS S.p.A., in cui i Giudici della S.Corte scrivono:
"Nell'affermare conseguentemente necessaria la predisposizione
di accorgimenti tecnici volti ad evitare danni a terzi, nonchè la
valutazione del comportamento colposo generatore del danno per
violazione di specifici doveri di comportamento stabiliti da norme
di legge o di regolamento (che per quanto attiene alle strade si
traduce nell'obbligo di controllo, vigilanza manutenzione in modo
tale da evitare che possa scaturirne danno per gli utenti che sullo
stato
di
praticabilità
delle
stesse
ripongono
ragionevole
affidamento), la giurisprudenza è andata d'altro canto elaborando
il concetto di insidia o trabocchetto determinante un pericolo
occulto, per il carattere oggettivo della non visibilità e soggettivo
della non prevenibilità (v. Cass., 28 gennaio 2004, n. 1571; Cass., 8
novembre 2002, n. 15710; Cass., 21 dicembre 2001, n. 16179, Cass.,
17 marzo 1998, n. 2850; Cass., 12 gennaio 1996, n. 191. V. anche
Cass., 20 giugno 1997, n. 5539. e già Cass., 24 novembre 1969, n,
3816 e Cass., 21 giugno 1969, n. 2244).
Si perviene quindi a considerare il comportamento di mancata
vigilanza da parte della P.A. quale «elemento sintomatico della
attività colposa dell'amministrazione, ricorrente allorchè la strada
nasconde un'insidia non evitabile dall'utente con l'ordinaria
diligenza», fino ad indicarlo in termini di «indice tassativo ed
ineludibile della responsabilità della P.A.» (in questo senso, v. la
citata Cass., 1° dicembre 2004, n. 22592 ).
E sempre la suddetta sentenza continua:
" L'applicabilità dell'art. 2051 c.c. è stata pertanto affermata con
riferimento a beni che consentono in concreto un controllo ed una
vigilanza idonea ad impedire l'insorgenza di cause di pericolo".
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E’ opportuno considerare la relazione del Gruppo Telematica applicata a
traffico e trasporti dell' ANIE-ASSOAUTOMAZIONE del Giugno 2002.
Tutta la relazione (di ben 37 pagine rinvenibile sul sito Internet
www.lavoriinsicilia.it), intitolata “Sistema di controllo della
sicurezza in gallerie stradali”, è incentrata sulle linee guida per
l'installazione di sistemi di controllo della sicurezza in gallerie
stradali.
Della relazione di cui sopra, evidenziamo i seguenti punti:
A- a pagina 5, punto 1.2 “Quadro legislativo nazionale” si legge:
"Recenti e numerose sono state le indicazioni in materia di sicurezza stradale.
Il Ministero dei Lavori Pubblici ha emesso nel 2000 un Piano nazionale
della Sicurezza Stradale (PNSS) che, unitamente ad una circolare
dell'ANAS di poco precedente,prescrive una serie di interventi e
misure di miglioramento delle infrastrutture e delle condizioni di
viabilità ed esercizio delle stesse"
B- a pagina 6, punto 1.5 dal titolo SCOPO DEL SISTEMA DI
CONTROLLO, al rigo
19 ° si legge: "Sicurezza e riduzione del
rischio: da incidente,dagli effetti degli incidenti, dall'estensione
degli effetti ad altri veicoli, riduzione del rischio con strategie di
prevenzione e comunicazione in emergenza".
C- sempre proseguendo nella lettura di pagina 6, al punto 1.6, parlando del
compito di garantire la massima sicurezza della circolazione nelle gallerie, si
fa l'elenco degli obiettivi da raggiungere e, proseguendo a PAGINA 7,
secondo rigo, si legge nell'elenco:
"IMPIANTO RILEVAMENTO AUTOMATICO VEICOLI FERMI,
CODE, INCIDENTI IN GALLERIA".
D- a pagina 10 si indicano, tra i sistemi di controllo, le necessità di
fornire, in tempo reale, le immagini in galleria del traffico e di
monitorare con telecamere
le gallerie stesse
VIGILANZA E DI GESTIONE DELLE EMERGENZE.
16
a scopo di
E- a pagina 15, poi, il capitolo 2.1.4 è addirittura dedicato alla
RILEVAZIONE
AUTOMATICA
DI
INCIDENTI
E
CODE
IN
GALLERIA (SISTEMI A.I.D.) mentre a pagina 27, capitolo 3.1.3.
(SISTEMI
PER
LA
DIFFUSIONE
COLLETTIVA
ALL'UTENZA
DELL'INFORMAZIONE E DELLA REGOLAZIONE DEL TRAFFICO) si
rappresenta concretamente e realisticamente che si può attuare la seguente
strategia:
AVVISO AUTOMATICO DI CODA O INCIDENTE TRAMITE PMV
ALTERNANZA DEI FLUSSI DI TRAFFICO REGOLAMENTATA DA
IMPIANTI SEMAFORICI VELOCITA' MASSIME CONSENTITE
RIDOTTE (TRAMITE PMV) IN CASO DI PERICOLI VARI BLOCCO
AUTOMATICO DELLA GALLERIA IN CASO DI INCENDIO O
ALLARME
CON SEGNALAMENTO DINAMICO DI CORSIE
PERCORRIBILI.
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