sweet dreams

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SWEET DREAMS
Autore:
BeElleGee ([email protected])
Traduzione dall’inglese di Atrebor2
Disclaimer: Il mondo dell’Anitaverse appartiene all’autrice Laurell K. Hamilton. Questo racconto
ha il semplice scopo di intrattenimento e da esso non verrà tratto alcun profitto
Rated:
R
Sintesi: Anita permette a Jean-Claude di farle visita in sogno per ravvivare un noioso viaggio di
lavoro.
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Sweet Dreams
Ogni tanto è piacevole allontanarsi dalla routine quotidiana, andare fuori città per alcuni giorni, e
esaminare nuovi scenari.
Così non appena ricevetti l’invito per parlare del sovrannaturale ad un congresso sull’applicazione
della legge a Chicago, accettai prontamente. Sembrava perfetto: tutte le spese pagate, cinque giorni
e sei notti in un albergo a quattro stelle nel cuore della città del vento. Il centro congressi era proprio
dentro l’albergo, e mi trovavo a brevissima distanza da diversi lussuosi ristoranti, musei e negozi.
C’era un Benninger proprio dall’altra parte della strada che serviva la miglior torta alle carote che
avessi mai provato, e il loro caffè era davvero qualcosa per cui morire.
I primi due giorni trascorsero in un turbinio di attività e di preparazioni per le conferenze, ma il
terzo giorno cominciai a sentirmi come se avessi fatto e visto tutto ciò che volevo lì a Chicago, e
fossi pronta a tornarmene a casa.
Sfortunatamente , il mio ultimo intervento era previsto per l’ultimo giorno del congresso, così ero
obbligata a starmene lì altri due giorni e tre notti.
Avevo portato con me Nathaniel, non soltanto per le ovvie ragioni, ma perché mi potesse fare
compagnia dopo le ore di conferenza. Damian mi aveva assicurato che sarebbe stato bene durante la
mia assenza, così, dato che ero soltanto a poche ore di distanza e via per pochi giorni, lo lasciai
solo. Dal momento che ero a Chicago per conto della polizia, non mi ero portata dietro tutto il solito
entourage, tanto per cambiare – il che a un primo sguardo poteva anche sembrare un’ingegnosa
prospettiva, ma dopo essere stata lontana per alcuni giorni stavo cominciando a sentirmi fuori dal
giro, per così dire.
Mi scoprii a telefonare a Micah due volte al giorno, soltanto per verificare che non fosse crollato
tutto in mia assenza. Nonostante lui continuasse ad assicurarmi che non lo era, ogni volta che
chiamavo, sapevo per esperienza che i casini potevano saltare fuori non appena avessi appeso la
cornetta del telefono.
Adesso era tardi, mezzanotte inoltrata e Nathaniel era scivolato nel sonno sul divano davanti alla
TV. Dopo aver fatto il turista per tutto il giorno mentre io ero al congresso, il mio leopardo mannaro
e pomme de sang era crollato subito dopo cena e da allora non si era più mosso.
Lo lasciai lì sulla poltrona, distendendogli sopra una coperta, e mi ritirai in camera da letto per
spogliarmi.
Ero stanca, ma irrequieta e nemmeno particolarmente assonnata. Indossai una delle mie larghe tshirt e scivolai nel letto con un pesante sospiro.
Giacqui per un tempo lunghissimo pensando a un sacco di cose strane, con la mente che si rifiutava
di scollegarsi. Cambiai posizione un po’ di volte, ogni volta riaggiustando senza pietà il cuscino.
Lanciai un’occhiata all’orologio sul tavolino, ma il mio sguardo indugiò sul telefono.
Pensai di richiamare nuovamente Micah, ma gli avevo già parlato nel mattino, e più tardi quella sera
stessa, per cui ero sicura che l’avrei soltanto esasperato se mi avesse sentita una terza volta. Non ero
veramente preoccupata, volevo soltanto sentire casa e parlare con qualcuno per un po’.
Tormentandomi le labbra per l’indecisione, posai la mano sulla cornetta del telefono. Alla fine la
sollevai, sbirciando i numeri nel buio, e feci il numero di Jean-Claude al Circo. Non gli avevo
parlato da quando ero partita. Ero sicura che non gli sarebbe importato di fare una chiacchierata
con me.
Dopo circa quattro squilli, mi rispose - ma non lui di persona. Era la sua segreteria telefonica.
Invece di scoraggiarmi, il suono della sua voce, anche se registrata, mi rese più determinata a
raggiungere quella vera.
Provai allora al Guilty Pleasures, ma non era nemmeno là. Il Danse Macabre sembrava il posto più
probabile dove trovarlo, ma lo mancai anche là.
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Okay, se non era al Laughing Corpse, immagino che non fosse proprio la serata in cui potergli
parlare. Mi feci un appunto mentale di raccontargli dei vantaggi derivanti dal procurarsi un telefono
cellulare nell’immediato futuro.
Willie McCoy rispose al telefono. Riconoscerei il suo strano modo di parlare ovunque.
"Willie! Ciao! Sono Anita," dissi, con un tono decisamente troppo vivace per essere l’una della
notte. “Per caso Jean-Claude è lì?"
"Hey Anita!" Willie replicò. "Come ti sta andando a Chicago?"
"Bene," risposi automaticamente.
"Com’è la convention?"
"Non è veramente una convention, Willie, è una serie di conferenze," lo corressi. "E’ piuttosto
un’occasione formativa. Senti, Jean-Claude è lì?"
"Oh, certo. Stai tenendo degli interventi o qualcosa del genere, giusto? Wow Anita. Stai attenta.
Presto diventerai famosa!"
Sospirai, mettendo da parte la mia impazienza e attorcigliandomi il filo del telefono intorno al dito.
Willie mi era molto simpatico, ma volevo Jean-Claude. "Penso di esserlo già in certi ambiti. Ascolta
Willie, hai visto Jean-Claude stanotte? E’ lì? Ho provato negli altri suoi locali ma..."
"Sì, sicuro, è qui," proclamò Willie. "Almeno lo era. Non l’ho visto qui intorno ultimamente.
Aspetta un istante, okay, Anita? Lasciami guardare se riesco a trovartelo.”
Prima che potessi rispondere in qualsiasi modo, mi trovai messa in attesa, costretta ad ascoltare la
peggiore imitazione di Spike Jones punteggiata qua e là con scherzi ancora peggiori. La cosa più
divertente erano alcune battute, del tipo “Mi piacciono gli umani… sono deliziosi!” e “Le banche
del sangue osservano orari da banchieri. Noi no.” Il che mostrava il livello di umorismo di chi si
esibiva nel club.
Dopo circa dieci minuti di quest’attesa, stavo quasi per riattaccare, quando, per concessione divina,
l’imitazione si interruppe e ci fu una breve pausa riempita da voci smorzate e deboli risate prima
che la voce vellutata di Jean-Claude riempisse il mio orecchio.
"Ca va, ma petite! Che piacere sentirti stanotte! Mi manchi terribilmente e non vedo l’ora che tu
torni a casa. Va tutto bene? Come sta andando il convegno?”
Sorridendo per il suo entusiasmo, mi appoggiai al cuscino con un piccolo sospiro felice.
"E’ tutto a posto," lo assicurai, crogiolandomi nel suono della sua bella voce. "Anche tu mi manchi.
Sono pronta a tornare. Ho soltanto ancora un intervento venerdi pomeriggio, poi partirò sabato
mattina per rientrare.”
"Sabato?" ripeté Jean-Claude. "Ero convinto che tornassi domani.”
Non gli chiesi da dove aveva tratto quest’idea. Sapevo che non era stato da me, ma appariva così
teneramente deluso, che mi sentii obbligata a scusarmi.
"Mi dispiace. Non riesco proprio a farcela prima di sabato mattina."
"Bene. Non è sufficientemente presto per andarmi bene." Fece una pausa e sospirò in maniera
piuttosto melodrammatica. "Sono così malinconico senza di te.”
Riuscivo quasi a vederle, quelle sue labbra piene che facevano il broncio in un modo così
affascinante che la mia bocca smaniava per poterle baciare. Come sarebbe stato dolce averlo qui
adesso, il suo lungo corpo tra le lenzuola aggrovigliate, la sua carnagione pallida riscaldata e
leggermente arrossata dalla passione. Sospirai piena di desiderio. Sì, non ci voleva davvero molto
più del suono della sua voce a farmi pensare di fare sesso con lui. Era così dannatamente sexy.
Mi rannicchiai di più sotto le coperte e mi stiracchiai languidamente. “Beh, sai cosa dicono…
l’assenza rende più appassionato il cuore.”
Lui rise piano e anche attraverso il telefono, quel suono fece vibrare la mia pelle.
"E’ questo che dicono?"
"Umhmm. Sono molto saggi. Chiunque sia a dirlo."
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Jean-Claude emise un piccolo vago rumore di gola. “Ma la mia passione per te ha già riempito il
mio cuore sino all’orlo. Non penso di riuscire a sopportare un’altra notte divisi. Il mio povero cuore
sta per scoppiare.”
Sogghignai perversamente. "Siamo in un momentaccio, vero? E’ soltanto per pochi giorni,” lo
rimproverai, ma ero molto soddisfatta che lui stesse continuando su questo tono. Fa sentire davvero
apprezzata una ragazza.
"Non. Saranno più di pochi giorni," controbatté Jean-Claude. "Ti conosco. Sarai troppo impegnata,
una volta rientrata, ad aggiornarti su quanto è successo e risistemarti. Ci vorrà almeno un’altra
settimana prima che ti riveda.”
Scossi la testa. "No, non è vero. Te lo prometto," gli dissi con determinazione. "Pensa soltanto come
sarà bello quando ci rincontreremo. Spero che ti terrai libero sabato sera. Mi auguro che tu non
abbia già fatto altri piani."
"Piani?" disse lui, poi emise un piccolo suono sibilante, come se stesse esalando fra i denti. "Oh, ma
petite, certo che ho dei piani, e riguardano tutti te. Tu devi soltanto venire da me. Qualsiasi notte
sia."
"Mmmm. Mi piace questa prospettiva," sospirai. "Dimmi di più." Mi feci scorrere
inconsapevolmente la mano sul seno. "Non è che per caso tu saresti nudo in uno di questi piani,
eh?"
Emise una profonda risata soffocata. "In effetti sì, nella maggior parte di loro, lo sono. E anche tu."
Fece una pausa e abbassò la voce. "Nuda... e ansante e trasudante desiderio.”
Oh sì. Adesso stava rendendo l’idea. Chiudendo gli occhi, premetti di più la cornetta contro
l’orecchio e feci scorrere la mia mano sullo stomaco, sin giù fra le gambe
"Oooh, anche tu sarai ansante e trasudante?" dissi sospirando pesantemente nella cornetta.
L’immagine mentale che mi ero creata mi fece vibrare tutto il corpo. Jean-Claude era bellissimo già
standosene completamente vestito, ma era assolutamente magnifico nello spasimo della passione.
"Senza dubbio, ma petite," fece le fusa lui rocamente. "Dato che intendo essere lì di fianco a te ad
incitare questo tuo desiderio…"
Mi morsi il labbro e gemetti piano, mentre sempre più immagini vietate attraversavano la mia
iperattiva immaginazione, e le mie dita stuzzicavano il mio corpo.
Jean-Claude, sempre attento al minimo accenno di desiderio sessuale in chiunque, specialmente in
me, lo raccolse. "O forse mi vorresti sopra di te, o sotto di te, o dietro di te.” Si interruppe per un
attimo, e quando parlò di nuovo, la sua voce liscia come velluto lasciò intendere anche la sua
eccitazione. “Ti stai toccando per me?”
"Mmm hmmm," riuscii a mugolare. "Sai che cosa voglio."
Jean-Claude respirò profondamente. "Devo dirti quello che voglio io?"
"Sì," domandai. "Dimmelo."
Ci fu un’altra piccola pausa, poi cominciò, lanciandosi in un soliloquio di dettagli erotici,
trasudando così tanta sensualità dalla sua voce, che tutto il mio corpo palpitava di disperata lussuria
soltanto nel sentirla.
"Voglio leccare ogni singolo centimetro della tua pelle squisita… carezzarti con le mie labbra
finché il tuo corpo non è in fiamme per il desiderio. Poi molto molto lentamente allargherò le tue
adorabili gambe e assaporerò il gusto della tua profonda femminilità sulla mia lingua. Voglio fare
l’amore con te dolcemente, con la mia bocca… e le mie mani… il mio corpo.”
"Oh," rimasi senza fiato, aumentando la mia stretta sul telefono. “Sì.”
"Voglio sentire battere il tuo cuore contro il mio petto mentre mi avvolgo nel tuo umido tepore.
Sentirti mormorare e sospirare di piacere quando… oh, ma petite, posso metterti in attesa?”
I miei occhi si spalancarono. Non ero sicura di averlo sentito bene.
"Quando mi metti in attesa?"
"Solo per un attimo," mi assicurò. Poi riprese: "Aspetta. Sono andati via adesso. Dov’ero?”
Alzai un sopracciglio. "Ah, ti stavi avvolgendo intorno a me,” replicai.
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"Oh sì," continuò lui, poi abbassò di nuovo la voce sino a renderla un sussurro. "Riesci a sentirmi?
Come mi muovo languidamente su di te? Il modo in cui le mie mani ti carezzano i fianchi? Puoi
sentire le mie labbra mentre ti bacio così dolcemente? Ma adesso il mio corpo sta bruciando per te e
il mio bacio si fa più appassionato.”
Jean-Claude gemette piano al mio orecchio, accendendomi. Le sensazioni che stava evocando con
la sua voce, e le immagini nelle quali stava agendo nella mia mente, mi stavano portando vicina alla
soglia dell’orgasmo. Dio, avevo sempre saputo che sarebbe stato bravissimo in un servizio di sesso
telefonico, e mi stavo chiedendo perché non ci avessi mai pensato prima, a farlo con lui. La sua
voce da sola era come la più intima delle carezze. Adesso avrebbe potuto leggermi un manuale di
istruzioni per il videoregistratore, e sarei stata ugualmente accaldata e scossa.
"Ti farò gemere, tremare e urlare per averne di più,” continuò. “E poi…”
Improvvisamente sentii una leggera confusione sulla linea. Gente lì vicino stava ridendo e parlando.
Sembrava che ci fosse una festa in pieno svolgimento e sentii Jean-Claude parlare, ma era attutito
come se avesse la mano sopra alla cornetta. Sapevo che non stava rivolgendosi a me perché stava
dicendo qualcosa su un servizio di taxi e sbraitando alcuni ordini a Willie riguardo al chiamarne
uno.
Mi bloccai all’interruzione piuttosto inopportuna e mi schiarii sonoramente la gola per riavere di
nuovo l’attenzione di Jean-Claude.
"E..?" lo incitai, impaziente.
"E?" rispose Jean-Claude, sembrando sorpreso.
Sospirai. "Sì. Vai avanti. E…"
Lui rise nuovamente, quella risata dal suono diabolicamente peccaminoso, che mi accarezzava il
corpo e mi sollecitava in posti impossibili da menzionare.
"Ma petite, mi piacerebbe… andare avanti, ma non ho più la libertà di continuare la nostra piccola
chiacchierata con un simile dettaglio."
Il mio cipiglio aumentò. "Oh. Vuoi dire che non sei più da solo."
Sospirò. “No. E sembra che non lo sarò per un bel pezzo,” mi informò. “Mi dispiace, ma non avevo
esattamente previsto il bisogno di privacy quando ho preso la tua chiamata. Stavo uscendo, così l’ho
semplicemente presa dal telefono più vicino. Pensavo che mi stessi soltanto chiamando per
salutarmi e parlarmi del convegno, o di Chicago.”
Mi sedetti. "Dove sei?"
"Nel corridoio," disse, quasi scusandosi.
I miei occhi si spalancarono e arrossii al pensiero che lui fosse stato così esplicito in un posto così
apertamente esposto al pubblico. Per qualche ragione, avevo pensato che fosse nel suo ufficio. Feci
un bel respiro e schiacciai il mio imbarazzo e il bisogno di rimproverarlo per la sua mancanza di
inibizioni. Ma ammetterò che ero ancora piuttosto eccitata da tutto quanto, ed ero riluttante a
fermarmi dov’eravamo solo perché l’improvviso passaggio dei clienti lo stava rendendo
consapevole di dove fosse.
"Ebbene, non puoi andare in un posto un po’ più privato? Vai nel tuo ufficio. Io aspetto.”
Per alcuni istanti non ci fu risposta e dovetti chiedermi se i suoi affari non avessero di nuovo
catturato la sua attenzione. Proprio mentre stavo per schiarirmi ancora la gola, mi rispose. La sua
voce di velluto ancora tutta sospiri e passione.
"Aspetterai? Allora, ma petite, ti manco veramente, vero?" Sembrava piuttosto divertito e più che
soddisfatto.
Era vero, ma odiavo alimentare quel suo vigoroso ego anche se solo con questa piccola ammissione.
“Sì, aspetterò”, risposi, sembrando scocciata dalla prospettiva, anche se ero stata io a suggerire
l’attesa. Solo per quello, stavo per farlo parlare in modo così spinto, che si sarebbe sentito in
imbarazzo anche nella privacy del suo ufficio.
"Posso tornare nel mio ufficio se vuoi, ma… se mi permetti,” cominciò, accentuando con attenzione
la parola ‘permetti’. “Posso darti qualcosa di molto più intimo e soddisfacente mentre dormi,”
mormorò.
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Sollevai il sopracciglio. "Un sogno?"
"Oui."
Ci pensai. Jean-Claude non era più venuto nei miei sogni da lungo tempo. In parte perché non mi
piaceva proprio l’idea di lui che entrasse nella mia testa, e in parte perché lo vedevo a sufficienza di
persona, e quindi non aveva bisogno di farlo.
Sapevo che quando usava i suoi poteri di incubo su di me, Jean-Claude poteva rendere i miei sogni
così vividi da convincere la mia mente che quello che stavo provando in sogno era vero e far reagire
il mio corpo di conseguenza. Sembrava rischioso, ma in realtà non lo era. Dopo tutto, si trattava di
sesso. Poteva darmi piacere in sogno e nutrirsi della lussuria e del desiderio che invocava nel mio
subconscio. Grosso modo una situazione bilanciata. In realtà, era la cosa più vicina che ci fosse al
far veramente l’amore con lui, e stanotte, l’idea aveva un certo fascino ai miei occhi.
"Va bene," acconsentii subito. "Ma niente che sia troppo sofisticato. Non mi gettare in mezzo a un
dipinto di Salvador Dalì e poi aspettarti che mi ecciti.”
Jean-Claude rise piano. "Non, ma petite. Niente surrealismo, promesso. Lo renderò molto romantico
e molto dolce.”
"Non troppo dolce," protestati. "Lo voglio bollente. Ti voglio super sexy, Jean-Claude."
Lui sospirò, quasi in modo petulante, e seppi di averlo insultato.
"Sono mai stato qualcosa di meno per te?" chiese un po’ bruscamente, confermando il mio sospetto.
Feci un largo sorriso. "No. Nessuna lamentela in quel settore." Feci una pausa e mi leccai le labbra.
"Beh, suppongo che adesso ti lascerò andare e proverò a prendere sonno.” Ero ancora un po’
riluttante a riattaccare il telefono, nonostante sapessi ciò che mi attendeva nei sogni.
"Sì," mi respirò lui nell’orecchio, apparentemente placato. "Ti vedrò là. Bonsoir, ma petite. Sogni
d’oro."
Sospirai e mi allungai per rimettere a posto la cornetta. “Buonanotte, Jean-Claude. Ti amo,"
sussurrai.
"Ti amo anch’io," miagolò lui.
Udii il clic del telefono quando riappese il telefono e poi il tono di occupato mi ronzò nell’orecchia.
Rimisi a posto la cornetta e mi riallungai sul letto.
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Sonno, sonno, sonno. Stavo recitando a me stessa questa cantilena, forzando i miei occhi a restare
chiusi e il mio corpo a starsene fermo.
Non potevo fare a meno di guardare l’orologio sul tavolino. Adesso erano le due passate. Mi girai
sullo stomaco, schiacciando il cuscino e stringendo forte gli occhi.
Il tempo passava e io non ero più vicina ad assopirmi di quanto non lo fossi quando mi ero coricata.
Imprecando, gettai via le coperte e attraversai il pavimento della stanza da letto senza un obiettivo.
Poi arrivai nel salotto dove Nathaniel stava russando sul piccolo sofa, e accesi la TV.
Raccolsi i piedi di Nathaniel e mi strinsi sul divano sotto di loro, sistemandomeli in grembo una
volta seduta. Feci zapping fra i canali e mi fermai su una di quelle stazioni che trasmettevano vecchi
film in bianco e nero degli anni Cinquanta. Stavano dando “Da qui all’eternità”. Non lo riconobbi
subito, sino a quando non arrivò alla famosa scena sulla spiaggia fra Burt Lancaster e Deborah Kerr.
Stavano là, rotolandosi sulla sabbia al chiaro di luna, con le onde che lambivano i loro corpi avvinti
mentre si baciavano e si toccavano l’un l’altra in piena lussuria. Era una scena d’amore decisamente
spinta per quei tempi, e la passione era sufficientemente convincente da risultare solleticante ancor
oggi. Anche se la scena si interrompeva prima che arrivassero alla parte clou, sapevi che quello che
avevi potuto vedere era il preludio a una scena d’amore piuttosto piccante.
Sospirai con desiderio e chiusi gli occhi, immaginando come sarebbe stato fare sesso su una
spiaggia deserta, illuminata dalla luna. Potevo solo immaginare di essere nuda sulla sabbia soffice,
di sentire l’acqua scorrere sulla mia pelle, mentre il suono dell’oceano riempiva le mie orecchie.
Sarebbe stata un’esperienza davvero molto sensuale, a dir poco.
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Nathaniel si stiracchiò e mi diede praticamente un calcio nello stomaco, destandomi dalle mie
fantasticherie. Gli carezzai i piedi per tranquillizzarlo e mi trovai a ciondolare pesantemente la testa
per un paio di volte. Finalmente assonnata, spensi la TV, restituii il divano al mio leopardo
mannaro, e mi trascinai, quasi come un’ubriaca, nella stanza da letto.
Stavolta, non appena appoggiai la testa sul cuscino, crollai nel sonno.
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Mi guardai intorno, immediatamente consapevole di non trovarmi più nella mia camera d’albergo di
Chicago. Ero all’aperto, ma non avevo idea di dove esattamente. La prima cosa che notai fu
un’enorme luna piena appollaiata nel cielo sopra di me, circondata da un apparato di stelle
multicolorate appena percettibili. Diedi ancora uno sguardo in giro e capii di trovarmi su un tratto di
spiaggia rocciosa, dipinta di tinte argentee e bluastre dalla luce della luna. Ero davanti ad una
scogliera scoscesa, avvolta dalla foschia, sotto uno scenario di alberi grigio-verdastri che
ondeggiavano gentilmente nella persistente brezza della costa. Sorrisi.
"Cazzo, non penso di essere più a Chicago," mormorai, cosa che mi andava più che bene.
Come un grande essere vivente che respirasse in modo regolare, potevo sentire il muggito e lo
scroscio di un mare tumultuoso dietro di me, e mi girai per fronteggiarlo.
Potevo vedere il movimento ondoso dell’acqua sotto il luccichio della luna, le sue onde
incappucciate di bianco scintillare al riflesso di quell’unica luce celestiale. L’aria intorno a me era
pesante di una tiepida umidità: potevo percepire la foschia marina sulla mia pelle e gustare il sale
sulle mie labbra dagli spruzzi. Era una sensazione esaltante per chi, come me, era abituato ad essere
circondato dalla terraferma del Midwest.
Improvvisamente sentii l’acqua scorrermi sui piedi scalzi e guardai in basso. Ero immersa sino alle
caviglie nella marea che si stava appena allungando sulla sabbia fine, nella sua corsa verso la
spiaggia. Non appena l’acqua si ritirava, le mie dita affondavano nella sabbia bagnata, con una
tiepida e umida sensazione. Liberai i piedi e mi spostai su verso la spiaggia, voltandomi un po’ di
volte in una sorta di danza di gioia improvvisata, scalciando e schizzando acqua come una bimba
piccola in una pozzanghera.
Così mi trovavo su una spiaggia, davanti ad un oceano ruggente, immaginate un po’. Sapevo che
Jean-Claude doveva aver tratto spunto dalle immagini che mi erano rimaste in testa dal film che
avevo visto prima di addormentarmi. Questo mi portò a chiedermi se lui si sarebbe mostrato
indossando un costume da bagno minuscolo e attillato come quello di Burt Lancaster.
Ma io non ero certo vestita come Deborah Kerr. A una prima occhiata, sembrava che stessi
indossando una di quelle ultra femminili vestaglie vittoriane, tutte fluttuanti e ornate di gale, diafane
e bianche. Ma ad una seconda occhiata, mi resi conto che non c’era nulla di particolarmente
vittoriano. L’orlo mi arrivava a circa metà polpaccio e la scollatura precipitava ben al di sotto del
mio sterno. La stessa stoffa era così leggera e trasparente che vi si poteva vedere attraverso
completamente, e – non c’è bisogno di dirlo – potevo notare che non stavo indossando alcun
indumento intimo al di sotto. No, nessuna rispettabile donna vittoriana si sarebbe fatta sorprendere
in una tenuta così rischiosa.
Ad ogni modo, l’umida brezza marina faceva aderire la stoffa sottile ai miei seni come una seconda
pelle, e la sensazione faceva indurire i miei capezzoli come pietre . Non potevo fare a meno di
sentirmi un po’ imbarazzata, anche se sapevo che questo era tutto un sogno e il pudore non vi
trovava posto. Specialmente dato che stavo per ricevere la visita di un super sensuale vampiro
incubo.
E fu allora che lo vidi. Come evocato dai miei pensieri su di lui, Jean-Claude apparve, emergendo
da una profonda zona di ombre scure e nebulose sotto una roccia alla mia sinistra. Camminò
lentamente verso di me, indossando null’altro che un paio di ampi pantaloni bianchi che facevano
assolutamente pendant con la trasparenza del mio abito, legati alla sua vita sottile da una cintura di
corda
intrecciata.
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Sapevo di essere rimasta a bocca aperta non appena posati gli occhi su di lui. Mentre avanzava nella
luce lunare, i raggi della luna irroravano il suo corpo in una luminescenza argentea, regalando alla
sua pelle bianca uno splendore quasi etereo, spettrale; i suoi lunghi capelli gli danzavano nel vento,
sulle spalle nude, come se fossero stati vivi e vibranti; i suoi occhi scuri scintillavano come gioielli
sfaccettati, e c’era un sottile velo di vapore sulle sue labbra piene, come se se le fosse appena
leccate.
Dovetti davvero deglutire l’eccesso di saliva che avevo in gola prima di riuscire a dire qualcosa, se
non volevo finire per sbavarmi addosso. Poi feci un profondo respiro per riprendere un certo
equilibrio.
"Wow," riuscii a dire, incapace di pensare a qualcosa anche lontanamente adeguato a rendere
l’impressione che mi aveva appena destato. “Per me?”
Jean-Claude mi scoccò un sorriso incredibilmente sexy e fissò i suoi occhi nei miei con uno sguardo
diabolicamente seduttivo.
"Per te, ma petite," disse in un respiro, la sua voce scura e profonda come le acque luccicanti dietro
di me.
Volevo quasi andare da lui a questo punto, ma scoprii che mi piaceva troppo guardarlo camminare
verso di me per accorciare la distanza che doveva ancora coprire per raggiungermi. Considerai
anche di indietreggiare di un passo o due, ma non volevo che lui ne traesse un’impressione sbagliata
e pensasse che lo stavo scoraggiando.
Così mi costrinsi a starmene ferma e a godermi ogni oscillazione e giro di quei suoi incredibili
fianchi. Pregustando il suo arrivo, affondai le dita dei piedi nella sabbia calda e bagnata, e mi morsi
senza pietà il labbro inferiore. Era tutto quanto potevo fare per trattenermi dall’andargli incontro e
strappargli via i pantaloni.
Quando Jean-Claude si fermò davanti a me, mi guardò lentamente, scorrendo lo sguardo su e giù
diverse volte come se stesse tentando di memorizzare quanto vedeva o divorarmi coi suoi occhi.
Mentre lo faceva, aspirò sonoramente tra i denti ed emise un piccolo brontolio di lussuria al mio
orecchio.
"Oh, stasera sei una tale visione di leggiadria, ma petite,” mormorò lui. “Un vero ritratto della
bellezza.”
Avevo l’impressione che stesse soltanto tentando di essere gentile, ma il peso impetuoso del suo
sguardo adorante mi fece abbassare gli occhi e arrossire violentemente alle sue adulazioni, come se
prima di allora non mi avesse mai fatto un complimento.
"Grazie," mormorai esitante in risposta e mi protesi leggermente verso di lui. “Tu sembri
dannatamente elegante.”
Jean-Claude si allungò e mi carezzò il collo con la punta delle dita, poi fece scorrere la sua mano
sulla mia clavicola mentre scivolava dietro di me e mi racchiudeva fra le sue braccia. Chiusi gli
occhi mentre posava la sua guancia contro la mia, e sfregava la sua mascella sul mio viso.
Con mia sorpresa, percepii un sottile accenno di corta barba contro la mia pelle, e questo mi inviò
una scarica di caldi formicolii per tutto il corpo. Niente di meglio che una piccola novità per
attizzare il fuoco, per così dire. Mi trovai a sfregare la guancia sulla sua, ancora ed ancora, come un
gatto eccessivamente affezionato, e avrei anche fatto le fusa in sensuale felicità se ne fossi stata in
grado.
"Oh, mi piace," sospirai, sforzandomi di regolare il mio respiro irregolare.
Girando leggermente la testa, Jean-Claude premette le sue labbra sul mio orecchio, tirandomi di lato
i capelli con un gentile movimento della sua mano.
"So quello che vuoi," sospirò lui, poi fece scorrere la sua bocca sino alla mia gola.
Mi appoggiai contro di lui e sfregai il mio sedere in modo allusivo contro il suo inguine. I nostri
abiti erano sufficientemente leggeri e sottili da rendermi completamente consapevole anche del più
piccolo dettaglio della sua forma maschile. Non c’è bisogno di dire che stava indossando dei
pantaloni, ma questo era tutto…
Il mio cuore ora stava battendo più velocemente. Mi girai nelle sue braccia per guardarlo in viso.
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"Oh, piccolo vampiro cattivo," lo stuzzicai. Gli passai la mano sul fianco e colpii giocosamente il
suo sedere, poi feci scorrere il mio palmo su quelle curve tese con un piacere decisamente
licenzioso. “Sei completamente nudo lì sotto, non è vero?”
Jean-Claude rise piano, rendendomi deboli le ginocchia. Mi passò il naso sul fianco del mio viso e
mi baciò leggermente il sopracciglio.
"Che cattiva ragazza, anche,” sospirò lui e cominciò a mordicchiarmi l’orecchio. Sollevò la sua
mano sul mio seno destro e tracciò un lento circolo intorno al mio capezzolo libero, come per
dimostrarmi la verità delle sue parole.
Sogghignai e coprii la sua mano con la mia.
"Non mi ricordo di aver avuto voce in capitolo in merito a cosa indossare stanotte. O a cosa non
indossare.” Sollevai il mio volto verso di lui e dischiusi le labbra in modo invitante.
"Questo non era un rimprovero,” mormorò lui, abbassando la sua bocca sulla mia. “Mi piacciono le
cattive ragazze…”
E a me piacevano i vampiri cattivi. Almeno questo, questo mi piaceva eccome. Specialmente
quando affondava quelle sue magnifiche labbra sulla mia bocca e mi baciava sin quando pensavo
che il mio corpo si stesse per sciogliere nelle sue braccia.
"Mmm, era delizioso," gli mormorai quando finalmente ci separammo. "Ho desiderato un bacio
come questo per tutta la settimana."
"Ah, da quando mi hai lasciato, allora," Jean-Claude sottolineò piuttosto soddisfatto. "Se avessi
deciso di rimanere, saresti potuta essere baciata così ogni notte.”
Mi sistemai contro il suo petto nudo e lui avvolse le braccia intorno a me come una coperta, mentre
accomodavo la mia testa sulla sua spalla.
"Pensavo che sarebbe stato divertente andare a Chicago,” dichiarai, consapevole che dal mio tono di
voce si capiva che non lo era stato per niente. Jean-Claude scrollò le spalle e mi piantò un bacio in
fronte.
"C’è divertimento e divertimento,” disse, enfatizzando l’ultimo ‘divertimento’, chiaramente
alludendo al tipo di attività che lui riteneva divertimento e sapendo bene che io ne ero stata privata
per ben sei giorni sino a quel momento. “Ma sono qui adesso. Non ti lascerò più soffrire.” Le sue
mani si mossero lungo di me sino ai miei fianchi, ed emise un lungo sospiro prolungato nel mio
orecchio, piegandomi un po’ indietro in modo da premere i miei fianchi contro di lui.
Adesso ero io a sospirare. Questa era davvero, come diceva il vecchio slogan della compagnia
telefonica, la cosa più vicina all’essere davvero lì.
"Beh, sarò presto a casa," dissi in un respiro. "Sino ad allora, abbiamo stanotte e, stanca come sono,
potrei farmi un bel sonno di otto ore.”
"Otto ore?" esclamò Jean-Claude. Liberò i miei fianchi dalla sua stretta, non prima di sentirlo
tendersi leggermente. “Ma petite, nemmeno io posso fare l’amore per otto ore. Non tutte di fila
comunque.”
Abbastanza stranamente, questo mi sorprese. Lo guardai accigliata.
"Non puoi?"
Lui mi guardò di rimando dubbiosamente. "Tu sì?”
Scossi la testa.
Jean-Claude mi sorrise astutamente. "Allora questo è un punto controverso.” Mi diede un piccolo
abbraccio, stringendomi le spalle prima che le sue mani ricominciassero a vagare di nuovo sul mio
corpo, sulla schiena sin giù alla vita. Sfregò la sua guancia ruvida contro la mia fronte e tracciò le
sue labbra lungo le mie sopracciglia. “Mmm. Naturalmente, se vuoi che lo faccia, potrei sempre
provarci.”
Gli sorrisi in risposta e mi alzai in punta di piedi, afferrandogli il mento per tirarlo giù verso di me
per un altro di quei suoi umidi baci
Il fatto che io fossi scalza lo rendeva più alto di me di un’intera testa e mezza, sebbene anche lui
fosse a piedi nudi. Avrei potuto baciare il centro del suo petto se avessi voluto, ma per la sua bocca
dovevo sforzarmi un po’.
9
Fui di nuovo colpita da questo nuovo look ruvido che aveva adottato, e mi fermai a studiare il suo
viso più da vicino. Notai che i suoi capelli erano una massa di riccioli arruffati e scompigliati, come
se non avessero visto una spazzola per tutta una settimana.
"uQuQQQualcosa non va?" chiese finalmente, lanciandomi un’occhiata bellicosa e posandomi la
mano sulla spalla.
Scossi la testa. "No. Non del tutto. E’ soltanto che… beh, non ti ho mai visto prima con questo look
così… trasandato.”
Jean-Claude alzò un sopracciglio. "Ho pensato di aggiungere un tocco di virilità al mio aspetto
stanotte, per essere maggiormente in linea con questo sfondo naturale,” mi disse. “Sono certo che
avresti trovato più strano se stanotte fossi venuto da te in piena tenuta da diciassettesimo secolo.”
"Suppongo di sì," ammisi malvolentieri, nonostante – avendolo già visto in precedenza abbigliato in
quella maniera – non credo che mi sarei lamentata troppo se avesse scelto di mostrarsi così stanotte.
Inoltre, ero sicura che i vecchi moschettieri si fossero presi la loro bella parte di ragazze su una
spiaggia.
"Mi fa piacere sapere che tu mi trovi ancora così affascinante," Jean-Claude mormorò offrendomi
un timido sorrisetto.
Mi sollevai e feci scorrere le dita fra la peluria più ruvida delle sue basette, su fino alla sua tempia.
"Ebbene, sì," confessai. “A volte stupisce anche me come tu riesca ancora a trovare modi nuovi e
creativi di apparire magnifico, sebbene ti conosca da anni.”
Jean-Claude aprì la bocca per replicare, ma lo baciai prima che ci riuscisse, carezzandogli la nuca
con le mani per trarlo a me. I suoi occhi sbatterono e lui gemette piano, circondandomi la vita con le
sue braccia, simili a due fasce d’acciaio, e mi trascinò giù sulla sabbia spazzata dalla marea sotto di
noi.
Non appena le nostre ginocchia toccarono terra, Jean-Claude mi sollevò sotto di lui, distendendomi
con attenzione nella tiepida acqua dell’oceano prima che scorresse di nuovo via. La sabbia era
soffice adesso, e mi sfregava la pelle come una polvere ruvida quando il suo corpo si sistemò sopra
al mio.
"Ah, je t'aime, Anita," Jean-Claude sospirò nel mio orecchio, poi lo baciò, e lo mordicchiò sino ad
arrivare alla clavicola. "Toujours."
Sorrisi. "Ti amo," sospirai in risposta, facendo scorrere le mie mani su per le sue braccia e sui suoi
bicipiti ben scolpiti.
Appoggiando indietro la testa contro il mio cuscino fangoso, sospirai felice. La mia schiena era
bagnata dalla marea, ma alla fine non era una sensazione sgradevole. Infatti, gli stimoli contrastanti
che adesso stavo sperimentando contribuivano ad accendermi i sensi. Bagnato e asciutto, tiepido e
freddo, soffice e duro, liscio e ruvido. Il corpo di Jean-Claude aggiungeva ancora più sensazioni a
quest’impetuoso assortimento, e sotto l’influenza delle sue cure esperte, mi stavo rapidamente
riducendo ad un cumulo brancolante e fremente di passione sotto di lui.
Finalmente, gli afferrai le spalle e mi sollevai, girandolo e facendolo rotolare sulla sua schiena.
Colpì la sabbia con una forte pacca bagnata, e rise piano al mio accenno di sfrenato entusiasmo.
Lo baciai violentemente e lui rispose al mio bacio con uguale impeto, le sue mani impegnate ad
aprire i numerosi bottoncini di perla sul davanti del mio abito, mentre io cercavo di disfare il nodo
della corda bagnata intorno alla sua vita.
Quando ebbe sbottonato il mio abito a sufficienza da sfilarmelo dalle spalle, lo fece, e lo strattonò
sino a scoprirmi il seno. Mi guardò, prima di tirarmi giù sopra di lui e chiudere la sua bocca intorno
al mio capezzolo duro e dolente. Adesso sentivo acutamente ogni carezza fra le mie gambe, gemevo
e mi contorcevo per il piacere.
Mi fece di nuovo rotolare sulla schiena, stavolta trattenendomi contro la sabbia con il peso dei suoi
fianchi, mentre dedicava maggiore attenzione ai miei seni, facendoli sentire caldi, pesanti e ultrasensibili.
10
Non avevo avuto molta fortuna con la sua cintura e stavo diventando impaziente di avere accesso al
suo corpo così come lui l’aveva al mio. Raggiunsi il basso e diedi uno strattone alla cintura dei suoi
pantaloni.
"Togliti questi cosi adesso!" gli ordinai più o meno, con voce rauca e ansante.
Jean-Claude fece capolino dalle bianche sommità dei miei seni e mi guardò con un’espressione
piuttosto divertita. Poi doverosamente rotolò via da me e cominciò lui stesso a disfare il nodo della
sua cintura.
"Come la mia signora desidera," bisbigliò scherzosamente.
Ma mi divenne presto chiaro che anche lui non stava avendo maggior fortuna di me nello slegare la
sua cintura. Cominciai a ridere, sollevandomi su un gomito per osservarlo meglio. Adoravo quei
rari momenti in cui lui era meno che cortese. Quello che lo rendeva ancor più prezioso era vedere il
suo sorriso sicuro di sé trasformarsi in una dolce sorta di goffo imbarazzo. Forse era un inganno
della luce lunare, ma giurerei che Jean-Claude fosse arrossito.
"Oh, spezzala," gli misi fretta. "Non è che dovrai nuovamente indossarla.”
Jean-Claude smise di combattere col nodo e tirò un profondo sospiro di frustrazione.
"Perché è soltanto con te che questo genere di cose succede?” rifletté, appoggiandosi contro la
sabbia come sconfitto.
Ora stava facendo il broncio e appariva assolutamente adorabile. Le punte dei suoi capelli, che
scintillavano di sabbia, erano bagnate e pendevano sulle sue spalle nude come spessi nastri di satin
nero. La sua pelle lucente era un’ombra spettrale ed argentea di bianco immersa nella luce lunare; i
pantaloni che stava ancora indossando, adesso completamente inzuppati di acqua, gli aderivano
oscenamente ai fianchi e alla snella lunghezza delle sue gambe, sottolineando in maniera
stuzzicante la perfezione delle sue forme contro l’oscurità dell’oceano retrostante.
Dio, appariva davvero magnifico mentre giaceva lì così. Strisciai sin da lui e premetti un leggero
bacio sulle sue labbra, poi feci scorrere la mia bocca lungo la sua gola, sul suo torace sino al suo
addome. Morsicai delicatamente la soffice carne laggiù, leccando l’acqua salata dal suo ombelico,
facendolo fremere e contorcersi sotto la mia bocca.
La mia mano si sistemò sul suo membro e lo carezzai in modo stuzzicante prima di sollevarmi su di
lui e prenderlo in bocca attraverso la stoffa sottile dei suoi pantaloni.
Jean-Claude rimase senza fiato, poi gemette profondamente, infilando le sue dita nei miei capelli.
"Oh... non fermarti, per favore," mi pregò, le sue mani che si stringevano a pugno.
Stava respirando piuttosto affannosamente ora e – dato che giacevo sopra il suo corpo - potevo
percepire i piccoli spasimi di piacere che stava provando. Mi resi conto che non gli stavo fornendo
molti incentivi a spogliarsi, e considerai di fermarmi, nonostante le sue continue preghiere di andare
avanti.
Mi fermai per un attimo e lo osservai in volto. I suoi occhi erano chiusi, le sue labbra piene
leggermente aperte, e aveva un aspetto veramente euforico che lo rendeva sexy in modo devastante.
Il suo petto si sollevava e cadeva pesantemente ad ogni suo respiro, e ci volle un intero minuto
prima che si rendesse conto che avevo smesso di dargli piacere. Aprì gli occhi e mi guardò
interrogativamente.
"Ma petite?"
Mi scostai da lui, fissando i miei occhi nei suoi, e lentamente mi spogliai del mio abito, spingendolo
via e gettandolo a fianco, in un mucchietto bagnato ed insabbiato.
"Sto aspettando," lo rimproverai, facendomi scorrere le mani sul corpo nudo in maniera lasciva.
Gli occhi di Jean-Claude mi percorsero in tutta la lunghezza, osservandomi con nascosto desiderio.
"Ah, ma petite, sei come una sirena del mare," sospirò. "Che stimola da lontano i desideri degli
uomini. Quale uomo potrebbe resistere ad una simile bellezza che lo chiama, non riesco ad
immaginarmelo.”
Grugnì con lussuria e mi si avvicinò, ma io mi spostai da lui
"Uh uh. Prima ti voglio nudo," insistetti. "Togliti quei pantaloni adesso."
11
Jean-Claude sogghignò e risucchiò aria fra i denti. “Adoro quando mi ordini di spogliarmi,” mi
stuzzicò. “E lo fai in modo così persuasivo, che ho scelta se non obbedire.” Detto ciò, afferrò la
cintura alle estremità del nodo e la spezzò in due senza sforzo, usando la semplice forza bruta da
vampiro.
Sorrisi, parte in trionfo, parte in anticipazione, e dovetti sforzarmi per tenere la bocca chiusa così da
non sbavare mentre guardavo Jean-Claude scostare lentamente i pantaloni bagnati giù per i fianchi.
Lui tenne i suoi occhi fissi sui miei, ma non potei trattenere il mio sguardo dal vagabondare… non
quando adesso era praticamente nudo. I miei occhi scivolarono lungo il suo corpo, indugiando
imperturbati appena sotto la cintola e sopra le sue cosce. Era così meraviglioso da mozzare il fiato.
Non potevo fare a meno di guardarlo ogni volta che ne avevo l’opportunità.
Sebbene il suo corpo mi fosse più che familiare, mi ricordai in quel momento della prima volta che
l’avevo visto ‘au naturale’. Mi ricordai come mi ero sentita a guardarlo mentre si svestiva, e mi resi
conto che adesso mi sentivo esattamente allo stesso modo. Stanotte il senso di attesa era così
intenso come se fosse stata quella prima notte.
Sapendo che stavo per farlo mio quella notte… si era destato in me un bisogno che avevo a lungo
dimenticato di possedere. L’avevo voluto così a lungo, anche prima che mi piacesse veramente –
l’avevo desiderato. Vederlo, toccarlo, baciarlo, e amarlo quella notte era come un sogno che
diventava realtà. Quanto a lungo avevo aspettato. Quanto a lungo l’avevo negato a me stessa.
Improvvisamente avevo avuto l’urgenza di schiaffeggiarmi.
"Ma petite," disse Jean-Claude, il suono della sua voce che mi destava dai miei sogni ad occhi
aperti indotti dalla lussuria.
Riportai i miei occhi al suo viso, arrossendo esageratamente. Non mi ero nemmeno accorta che
aveva finito di spogliarsi.
Mi sorrise caldamente, ma non si mosse. Giaceva semplicemente lì in tutta la sua gloria, appoggiato
su un gomito a guardarmi, aspettando che io tornassi sulla terra. Quell’uomo aveva la pazienza di
un santo.
Guardai in profondità negli occhi di Jean-Claude e mi sporsi per tracciare con le dita l’arco delicato
del suo sopracciglio. I suoi occhi erano di gran lunga la parte più espressiva del suo volto e
assolutamente una delle sue migliori attrattive relativamente al viso. Sospirai, catturata dalla loro
bellezza, dalla loro chiarezza simile a una gemma e dalle lunghe e frangiate ciglia scure che ogni
ragazza
avrebbe
ucciso
per
possedere.
"Vieni qui," mormorai e allungai le braccia verso di lui, rotolando sulla mia schiena.
Lui venne prontamente da me e io gli avvolsi le braccia intorno al collo, coprendogli la bocca in un
bacio di benvenuto non appena lui mi coprì col suo corpo. L’acqua spruzzava sopra di noi e
scorreva sulla sabbia tiepida sotto di noi. Potevo annusare tutt’intorno a me la foschia salata e
ionizzata proveniente dal mare, mentre il vento schiaffeggiava la mia pelle bagnata. Mi strinsi
convulsamente al corpo di Jean-Claude e leccai il gusto dolce e salato delle sue labbra. Un’altra
novità.
Lui si ritrasse leggermente e mi spostò le ciocche bagnate dalla fronte, poi premette un soffice bacio
sulla mia tempia.
Cullandogli il viso nelle mie mani, lo trassi più vicino e gli baciai le palpebre, poi gli feci scorrere le
labbra sulle sopracciglia, sino alla guancia e sul suo naso.
Jean-Claude si sollevò leggermente, scivolando lungo il mio torso. Mi baciò la base della gola, poi
si fece strada lungo il mio stomaco, baciando e morsicando la mia pelle secondo lo stesso schema
che avevo seguito su di lui. Improvvisamente, sapevo qual era il suo scopo, e questa conoscenza mi
stava facendo fremere il corpo d’eccitazione.
Sentii le sue mani su ciascuna delle mie cosce, mentre esercitavano una gentile ed incoraggiante
pressione. Guardai giù e lui mi guardò in risposta, sorridendo seduttivamente prima di abbassare la
sua bocca sulla mia fessura e baciarmi appassionatamente come se fosse stata la mia bocca.
12
Respirai acutamente e sentii le sue dita serrarsi sulle mie cosce, abbassandomi di più le ginocchia.
Seppellii le dita dei piedi nella sabbia e scavai due piccoli buchi di fianco a me mentre Jean-Claude
continuava a farmi l’amore con la sua bocca.
Da un certo punto di vista, volevo che lui mi amasse così per sempre, ma da un altro, non volevo.
Invece, volevo racchiudermi intorno a lui, massaggiare il suo corpo con le mie mani, sentirlo
muovere sopra di me, dentro di me, e osservare il suo volto mentre la passione lo sopraffaceva.
A quel punto ero già scivolata in un piacevole e sensuale sovraccarico dei sensi. Il mio corpo era
infiammato di bisogno, e lottava col desiderio di tenerezza e assaporare tutto. Alla fine, prendendo
una decisione, trascinai Jean-Claude di nuovo sul mio corpo e lo imprigionai tra le mie braccia,
baciandolo con selvaggio e noncurante abbandono.
Penso che anche Jean-Claude stesse combattendo con i propri desideri in conflitto. I suoi baci
passavano da teneri a seduttivi, sino ad essere divoranti ed aggressivi. Le sue carezze erano gentili,
ma invasive ed esigenti.
Rotolammo sul fianco, ancora strettamente uniti, baciandoci l’un l’altra come se stessimo
arrampicandoci su per le rispettive gole. Strappai la mia bocca dalla sua e gli mordicchiai con
asprezza la sua mascella non rasata, poi feci scorrere le mie labbra sul suo collo vigoroso. Lui mi
racchiuse la testa fra le sue grandi mani e cortesemente, in maniera invitante, girò di fianco il suo
viso.
Spinsi i suoi capelli insabbiati oltre la sua spalla e raggiunsi la pelle liscia appena dietro il suo
orecchio con i miei denti. Lo morsi abbastanza forte da farlo respirare affannosamente, ma non
abbastanza da tagliarlo. Lo sentii tremare quando succhiai il suo collo, usando i denti e la lingua per
fargli un colossale succhiotto. Stava chiaramente godendo della sensazione, ma stava trovando
difficile trattenersi per lasciarmi continuare. Ansante, mugolò e tremò, intrecciando le sue dita così
in profondità fra i miei capelli che non pensavo le avrebbe mai potute tirare fuori.
Quando allontanai la bocca dalla sua pelle e mi tirai un po’ indietro per esaminare il risultato, JeanClaude piombò su di me, spingendomi sulla schiena e tenendomi imprigionata con le sue braccia.
Fece un respiro profondo e tremante, poi si allungò sopra di me, separando le mie gambe con le sue
cosce.
"Mi stai portando alla pazzia stanotte,” disse, piuttosto rocamente. “Devo averti.” Poi coprì
velocemente la mia bocca con un altro devastante bacio come se non volesse permettermi di
negarlo.
Non che fosse mia intenzione. Ero più che pronta per lui. Ero così eccitata, ed entusiasta di averlo
portato al punto in cui la sua controllata imperturbabilità era volata fuori dalla finestra, stanotte.
Jean-Claude si tirò indietro leggermente, e si aggiustò con le braccia. Entrò in me con un’atroce
lentezza che mi fece ripensare alla sua mancanza di autocontrollo, e portò al limite i miei sensi, già
fortemente stimolati. Feci scivolare le mie braccia intorno alla sua vita e circondai le sue natiche
con le mie gambe, spingendolo sino a quando non fu interamente in me.
Cominciò a muovere i fianchi, inviandomi attraverso nuove ondate di estatico piacere. Riuscivo
appena a controllarmi, inarcando il mio corpo affinché incontrasse il suo ad ogni spinta, e
dimenandomi convulsamente sotto di lui.
Proprio quando pensavo di aver raggiunto l’apice del piacere, Jean-Claude si abbassò, facendomi
scorrere le mani sui fianchi. Afferrò la mia coscia e la mosse verso il mio petto, sollevandomi la
gamba, e poi la mise contro il suo fianco, spingendosi ancora più in profondità dentro di me con un
movimento sensualmente e gentilmente lacerante.
Urlai, stringendo le mie mani sulle sue spalle e seppellendo le mie unghie nella sua pelle. Lui arcuò
la schiena e mi baciò ancora, passando fugacemente le sue labbra sulle mie in modo stuzzicante. Lo
tirai di nuovo giù su di me, impedendogli di muoversi per un attimo, ma lui si abbandonò a me e mi
baciò appassionatamente prima di sollevare la sua bocca dalla mia e di spingere i suoi fianchi contro
di me ancora una volta.
"Ti manco, non è vero, ma petite?" Jean-Claude mi chiese piano.
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Riflettei un istante sul suo braccio, dato che non potevo arrivare in nessun altro punto sino a quando
stava sopra di me, ma mi fermai per guardare nei suoi occhi e mossi i miei fianchi contro i suoi.
"Penso che anch’io ti manco," aggiunsi, con la voce così rauca che quasi non sembrava la mia.
"Sai che è così," ansimò lui, e si spinse di nuovo profondamente in me, stavolta con maggior forza.
“Vorrei che tu fossi già a casa. Così potrei fare l’amore con te così sul serio.”
"Oh... non ti lascerò più, va bene?" sussurrai, muovendomi con lui sino a trovare il suo ritmo. “Né
per una settimana, e nemmeno per un giorno.” Certamente, ero sicura che avrebbe capito la
prossima volta che avessi dovuto andare da qualche parte, ma stanotte volevo esaudire ogni sua
voglia, realizzare ogni suo desiderio, e fare l’amore con lui così ogni notte per il resto della mia
vita. “Oh, ti amo, Jean-Claude. Ti amo davvero.”
Il corpo di Jean-Claude tremava per l’orgasmo. "Ti amo, ma petite," mormorò in risposta, e fece un
profondo respiro che si trasformò in un gemito mentre aumentava il ritmo e si spingeva in me
sempre più forte.
Non c’era bisogno di dirlo, ma il mio corpo adesso era così pieno di bisogno, e la mia mente così
consumata dalla passione, che non riuscivo più nemmeno a pensare. Non riuscivo a parlare. Non
riuscire neanche a sentire null’altro… soltanto lui.
I primi tremiti del mio orgasmo imminente mi attraversarono in contemporanea a una forte ondata
che ci spruzzò addosso dell’acqua schiumosa. Poi sentii venire Jean-Claude e seppi, per esperienza,
che stavo per venire anch’io. La sensazione euforica del suo bellissimo corpo che raggiungeva il
piacere contro il mio normalmente era sufficiente a farmi librare in un beato oblio, se già non fossi
venuta prima. Ma in distanza, continuavo a sentire delle campane. Lo trovai curioso e in qualche
modo mi distrasse, nonostante la bravura del mio amante.
Okay, mi era già capitato di vedere le stelle quando avevo avuto un orgasmo, ma non avevo mai
sentito le campane. Il suono si stava facendo più forte, più insistente, e fastidioso. Mi stava portando
lontano da dove volevo essere, affogando lontano dal ruggito dell’oceano, il battito del mio cuore, e
i piccoli respiri affannosi di Jean-Claude nel mio orecchio. Poi tutto iniziò a mutare.
Il mio sogno cominciò ad evaporare come la foschia dell’oceano all’alba. La spiaggia, la marea, e la
luna scintillante si stavano velocemente trasformando nel materasso del mio albergo e in un
accecante raggio di sole che stava penetrando attraverso le tende in parte aperte. Ancora peggio,
Jean-Claude era sparito. Rimpiazzato da un cuscino pesante e maltrattato.
Giacqui sulla schiena, desiderando di riaddormentarmi, sentendo ancora gli effetti del sesso torrido
che stavamo facendo e ancora dolente di bisogno. La mia fronte era madida di sudore, stavo
ansimando, avevo i brividi e mi sentivo completamente frustrata.
Per un breve istante considerai la possibilità che Jean-Claude avesse pianificato tutto. Questo era
proprio il genere di malizia nel quale eccelleva. Non avrei escluso che avesse usato il mio sogno per
ricordarmi di non darlo per scontato. Ma poi, nel profondo, sapevo che lui non aveva controllo sul
momento in cui mi sarei svegliata e che probabilmente avrebbe preferito più tempo con me rispetto
alle poche ore che avevamo avuto. Sì, adesso ero sveglia, ma le dannate campane stavano ancora
suonando. Dannazione, dannazione, dannazione.
E le campane si rivelarono essere il telefono sul mio comodino. Sollevai la cornetta, pronta a dare
una lavata di capo a chiunque avesse osato risvegliarmi dal mio sogno.
"Che cosa?" ribollii.
Ma era il servizio di sveglia automatica. Soltanto una registrazione. Non sarebbe servito a nulla
maledirla.
Sbattei la cornetta al suo posto. Sospirando con rassegnazione, gettai indietro le coperte e mi tirai
fuori dal letto.
Nathaniel fece capolino nella stanza, poi entrò quando vide che ero sveglia. Stava indossando un
asciugamano bianco e lanuginoso intorno alla vita, e la sua pelle era ancora umida e arrossata per la
doccia calda che aveva, apparentemente, appena fatto.
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Fece un gesto verso il telefono. “Mi stavo chiedendo se l’avresti mai fatto smettere”, cominciò.
“Ero nella doccia, altrimenti l’avrei fatto io. Ormai stava suonando da dieci minuti e stavo
cominciando a preoccuparmi.”
"Si’, sì," borbottai e camminai pesantemente verso il bagno. “Hai finito qui? Perché voglio farmi
una doccia.” Abbastanza stranamente, potevo ancora sentire la sabbia sulla mia pelle.
"Ho fatto," mi disse Nathaniel. Mi guardò con curiosità. "Stai bene? Sembra che tu abbia avuto una
notte difficile.”
Gli lanciai un’occhiata di traverso. “Non ne hai idea,” replicai, col mio umore che si distendeva.
“Ehi, fammi un favore e chiama il servizio in camera. Ordinami del caffè per piacere.”
Nathaniel sogghignò. "Già fatto. Una caffettiera pronta sta salendo con l’edizione del mattino del
St. Louis Dispatch e del Chicago Tribune, mezza arancia, un panino ai semi di sesamo e formaggio
spalmabile.” Incrociò le braccia sul torace con soddisfazione. “Non pensi che a questo punto ti
conosca?”
Sorrisi, a questo punto non ero più arrabbiata. Mi sollevai e diedi un buffetto affettuoso sul viso di
Nathaniel. Sapevo che me lo tenevo intorno per qualche motivo.
"Bravo leopardo," dissi stuzzicante, e afferrai un asciugamano dal portasciugamani. “Ora vestiti e
vai a fare le nostre valigie. Appena ho finito alla conferenza di oggi, torniamo a casa.”
Gli occhi color lilla di Nathaniel si illuminarono. “Davvero? Ma pensavo che avessi un altro
intervento da tenere domani?”
Scossi la testa. “Voglio vedere se posso annullarlo. E’ l’ultimo giorno di convegno. La maggior
parte degli ascoltatori avrà già avuto la propria dose di interventi. Sono sicura che non gli spiacerà
dover assistere ad uno di meno. Sono certa che preferirebbero trovarsi sulla via di casa per essere
con i propri cari.” Sogghignai, mentre i ricordi del mio dolce sogno mi fluivano in mente come
quella tiepida marea dell’oceano. “Anch’io voglio tornare a casa.”
“Grandioso!" esclamò Nathaniel. "Sarà tutto pronto per quando rientrerai questo pomeriggio. Se
riusciamo a partire prima delle tre, potremo essere a casa per stanotte.”
"E se ti lascio guidare, saremo a casa probabilmente ancora prima, che ne dici?”
Nathaniel annuì. "Prima è meglio è."
Il mio sorriso si allargò. “Esattamente ciò che penso io,” mormorai. Avevo ogni intenzione di
reinterpretare il mio sogno con Jean-Claude stanotte, soltanto che stavolta sarebbe stato sul serio. Se
soltanto avessimo abitato lungo il mare…
FINE
(Ndt. Mi sono presa la libertà di correggere la citazione cinematografica fatta da Belle Elle Gee. I
protagonisti della famosa scena d’amore in “Da qui all’eternità” sono Burt Lancaster e Deborah
Kerr, e non Montgomery Clift e Deborah Kerr, come da lei scritto nella fanfic.)
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