Recensioni e segnalazioni
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Recensioni e segnalazioni
Recensioni e segnalazioni GIANCARLO BARBERIS I Cantieri Barberis Ed. Mursia - Milano 2013 Pagg. 340 - Euro 19,00 Nel mese di luglio di un lontano 1987, mentre su La Spezia imperversava un violento temporale, un fulmine si scaricò sul cantiere nautico Barberis provocando un incendio che lo distrusse completamente. Si tratta di un episodio che avrebbe avuto una importanza fondamentale per la vita di Giancarlo Barberis che ne era il proprietario. Originariamente questo libro (nel quale il drammatico evento conserva tutta la sua centralità) doveva intitolarsi “La vela nel cuore” e sarebbe stato di per se stesso un accattivante invito alla lettura); poi ci si è orientati per un titolo meno astratto, arricchito da ben due sottotitoli: “Una storia italiana” e “Dallo Sciacchetrà alla Coppa America”. In realtà oltre alle vicende dell’azienda viene trattata una serie di argomenti, tutti attinenti alla 36 gennaio-febbraio 2014 nautica, così come sono stati vissuti dall’A., nelle sua molteplice veste di costruttore di barche, di imprenditore e di appassionato alla vela anche agonistica. Dei sette capitoli in cui è suddivisa tutta l’opera però solo il secondo, il più sostanzioso, tratta specificatamente la nascita e lo sviluppo del Cantiere (mentre il primo è incentrato sulla “passione” dell’A. per le sue attività professionali e sportive); gli altri cinque sono dedicati all’avvento delle tavole a vela, alla storia della vela e alla Coppa America. Il tutto condito da interviste, rievocazioni, considerazioni e divagazioni dell’A. scaturite dalle sue esperienze personali. I binari sui quali procede Barberis sono molteplici e comunque sempre direttamente o indirettamente collegati alla nautica e, più in particolare, alla vela. La narrazione, preceduta da una prefazione, affidata alla collaudata penna di Roberto Franzoni, noto giornalista del settore, si snoda in maniera scorrevole e si avvale di un generoso supporto narrativo costituito dalla riproduzione, in corsivo, di numerosi articoli giornalistici tratti da varie fonti (per la verità non tutte indicate con esattezza). tra queste ”Nautica”, “La Nazione”, “Il secolo XIX”, “Tutto Sport”,”Vela e Motore”,”Barche”. Ne scaturisce un attraente cocktail che, nel celebrare le vicende di un cantiere, dai cui scali sono scesi in mare barche prestigiose, come l’ormai mitico Sciacchetrà e la prolifica e fortunata serie degli Show, rievoca nel suo percorso importanti eventi agonistici e imprenditoriali che hanno contribuito allo sviluppo del comparto nautico nazionale. Il testo è ricco di immagini in bianco e nero di barche con relative schede tecniche, mentre fuori testo nella parte centrale del volume sono inserite una trentina di foto a colori. Claudio Ressmann ATTILIO GAMALERI Pagine di Guerra e Prigionia Iniziative Edit.ANMI - pagg. 335 Roma 2013 - SIP Un’Opera alquanto particolare questa, impostata dall’Autore, scomparso nel 1993, ed ultimata con competenza questa estate dal figlio Antonello, e che, proprio per questo suo particolare aspetto, possiamo ritenere più che un diario, una autobiografia o un’Opera a quattro mani, un doveroso e toccante atto di amor filiale. In realtà il volume, bene impostato, robustamente cartonato, ricco di materiale iconografico e graficamente valido, fa venire in mente una “matrioshka”, ossia una di quelle bambolette variopinte in legno tipiche della tradizione russa che, rinchiuse una dentro l’altra a secondo delle varie dimensioni, ne celano una quantità sotto l’innocente aspetto della maggiore di loro. In pratica, l’Opera consta di due parti: la prima, dopo una prefazione di Enrico Cernuschi, firma ben nota e apprezzata dai lettori della nostra Rivista, comprende un complesso inquadramento storico - biografico sull’ammiraglio Gamaleri a cura del figlio di quest’ultimo. Nella seconda parte troviamo invece il cuore dell’Opera stessa, un lungo scritto, a mo’ di Giornale di Chiesuola che, a suo tempo, aveva preparato l’ammiraglio dedicandolo al figlio. Di particolare rilievo il riepilogo delle missioni in guerra, ossia a partire dal giugno del 1940 all’11 settembre 1943, quando, con 3.463 ore di moto e 53.635 miglia percorse, prese parte a almeno 200 missioni di guerra come comandante o comandante e caposquadriglia di unità siluranti che effettuavano missioni di scorta al traffico tra Italia, Albania, Egeo ed Africa Settentrionale, partecipando a numerosi combattimenti ma senza essere affondato. A questa parte troviamo accluse alcune appendici di indubbio interesse documentaristico riguardanti testimonianze e documentazioni sul periodo di prigionia in vari campi di concentramento tedeschi situati per lo più nella Germania Settentrionale. Un buon libro, forse non essenziale al di là dell’interesse personale, ma che ci riporta a tempi, eventi e personaggi dei quali si parla sempre di meno (per non dire che vengono oramai quasi ignorati), ma che sarebbe obbligatorio e doveroso non dimenticare. Una microscopica pecca che riportiamo a titolo di onestà ma che non inficia comunque il valore dell’Opera sta nel fatto che in due diverse ma chiarissime immagini fotografiche un cacciabombardiere Junker 87, il famoso “Stuka”, viene definito semplisticamente caccia, cosa che non era affatto. Infine una curiosità: nel 2006 mi venne dato da recensire un volumetto di Erminio Bagnasco edito per i tipi di Mursia nel quale l’autore, autorità indiscussa nel campo delle vicende navali ed a suo tempo ufficiale di Marina egli stesso, narrava la vicenda piuttosto tragicomica della “crociera pirata” svoltasi tra l’8 e il 13 settembre 1943. In questa un sottotenentino di vascello della Kriegsmarine, al comando di una motozattera armata in procinto di affondare ad ogni momento, e due Schneelboote, le ottime motosiluranti tedesche che però avevano già fatto da un pezzo il loro tempo e aspettavano come una liberazione la fiamma ossidrica del demolitore. Fuggendo dalla ormai, per loro, infida base di Taranto, avevano deciso di trasformare la sgangherata fuga di tre scafi poco più che rottami, in una ardita crociera piratesca nella quale sfiorarono (per puro caso e senza accorgersene né tanto meno saperlo), la corvetta Baionetta in fuga verso il Sud con a bordo Sua Maestà il Re, affondando, prima dell’arrivo a Venezia, oltre 6.000 tonnellate di naviglio militare britannico e italiano e prendendo prigioniere oltre 7.000 tonnellate di naviglio mercantile italiano, con centinaia di prigionieri. Per completare questa incredibile missione, degna più della Pantera Rosa che di Ottobre Rosso, non appena la nostra sbalordita squadretta si presentò a Venezia, le autorità della città la ricevettero su due piedi presentando la resa all’unico reparto regolare e “in forze” presente nel capoluogo: questa piccola ma indomita Armata Brancaleone. Perché abbiamo voluto ricordarla? Perché la penultima unità militare che venne affondata poco lontano da Venezia fu la vecchia cannoniera Aurora al comando dell’allora tenente di vascello Gamaleri, che concluse così la sua guerra con l’unico affondamento subito. Franco Maria Puddu MARIO NEGRI La crociera della “Caird” Arcipelago Edizioni - Milano 2012 Pagg. 66 - Euro 18,00 La memorabile traversata da Elephant Island alla Georgia del Sud, compiuta nel 1916 dall’esploratore Sir Ernest Henry Shakleton e dai suoi cinque compagni, fu effettuata in condizioni talmente al limite delle umane possibilità da rasentare l’incredibile. Con il suo equipaggio, l’esploratore percorse in 17 giorni più di 700 miglia a bordo di una lancia lunga 6,85 metri e larga 1, 95, denominata James Caird, percorrendo una delle rotte dell’Antartide più infide soprattutto per le condizioni del mare, il cui stato è costantemente ai vertici della scala, e per la costante presenza di venti impetuo- gennaio-febbraio 2014 37 Recensioni e segnalazioni si denominati ufficialmente nei Portolani ”Shrieking Sixties “(i Sessanta Stridenti). Si tratta di una navigazione condotta in condizioni estreme (con il solo aiuto di un sestante, di un cronometro, di una bussola portatile e di un Nautical Almanac dell’anno precedente), conclusasi oltretutto con un perfetto atterraggio sulle frastagliate coste georgiane. L’evento ebbe un impatto notevole sull’immaginario collettivo inglese dell’epoca che, nonostante le vicende belliche, continuava a prestare sempre grande interesse per le esplorazioni polari, e venne addirittura paragonato alla navigazione lunga 3.6oo miglia compiuta nel 1789 dal capitano William Blight del Bounty che, a bordo di una scialuppa del tutto simile alla Caird, navigò dall’isola di Tofoa a Timor; un paragone del tutto improponibile se non altro per le differenti condizioni ambientali in cui i due eventi ebbero luogo. L’impresa effettuata da Shackleton, ma sarebbe più giusto accreditarne il merito al suo skipper Frank Worsley, dette la stura in Gran Bretagna ad una prolifica saggistica, per la quale - come si diceva una volta - furono impiegati fiumi di inchiostro. Nel nostro Paese i fiumi si rivelarono modesti ruscelli (anche perchè la Caird non fu protagonista di alcuna versione cinematografica, come accadde invece per gli ammutinati di Bligh), per cui la conoscenza dell’episodio rimase confinata nella ristretta cerchia degli appassionati di cose di mare. A quest’ultima appartiene certamente l’A. del volume di cui trattasi, il cui titolo non deve però trarre in inganno perché non si 38 gennaio-febbraio 2014 tratta di una rievocazione di noti fatti storici, ma va ben oltre: le 66 pagine ospitano infatti una accurata e meticolosa disamina delle circostanze nautiche in cui si verificò l’evento, con commenti che aiutano a valutarne la portata. L’attenzione dell’A. spazia dalla valutazione di elementi specificatamente di carattere nautico, all’esame approfondito della meteorologia dell’Antartide, fino a considerazioni di carattere igienico-sanitario, attingendo ad una vasta bibliografia. Una parte consistente è dedicata alla ricostruzione dei calcoli di rotta di Worsley: una operazione questa, compiuta ovviamente “a tavolino”, che conferma punto per punto, sorprendentemente, l’esattezza di quelli annotati dallo skipper in condizioni di gran lunga differenti. Non è infatti difficile immaginare questo formidabile navigatore che sfoglia l’Almanac sfidando i venti da burrasca o che carteggia allo scoperto, mentre i marosi scavalcano la bassa falchetta della barca inzuppando inesorabilmente uomini e cose. Le valutazioni e gli appropriati commenti da parte dell’A. sulla condotta della lunga navigazione della Caird, realizzata con pochi strumenti in condizioni meteomarine proibitive, su un mezzo assolutamente inadeguato e conclusasi con successo, sono tutti condivisibili e costituiscono il momento ultimo e più appagante dell’analisi dei dati nautici scaturiti da una accurata ricerca documentale. Il volume è impreziosito da suggestive fotografie a colori, ma mancano una immagine della Caird e un chiaro disegno della rotte percorse (quello di pag. 45 è indecifrabile) per ricavare anche l’esatta ubicazione della località di partenza, un isolotto disabitato delle Isole Australi nel Mare di Scotia, del quale sono fornite soltanto le coordinate geografiche. Molto suggestiva l’ immagine riprodotta in copertina. Claudio Ressmann GERMANA LEONI VON DOHNANYI RAPPORTO «MEDUSA» Rifiuti tossici, traffico d’armi, terrorismo: le alleanze occulte Saggio investigativo Mursia Editore Pagg. 284 - Euro 16,00 “È una zona trasversale d’ombra, dove s’annida un gruppo ristretto di uomini che manipolano l’intelligence per produrre consenso e indirizzare la politica estera. È l’humus nel quale molti analisti individuano il centro del potere reale: la testa della Medusa”. 1992: tre navi affondano inspiegabilmente nel Mediterraneo e con esse il loro carico micidiale di rifiuti tossici. Da questo episodio inizia un’indagine che ci rivela come traffici di scorie nucleari, armi, droga e diamanti abbiano finanziato guerre sporche e dimenticate, intrecciandosi con i sentieri minati del terrorismo fondamentalista. I meccanismi sono sempre gli stessi appoggiati da inquietanti e sorprendenti alleanze occulte. La ricerca della verità è lastricato di vittime, scomodi testimoni e giornalisti che si addentrano in quella zona d’ombra dove risiede il centro del potere reale, la testa della Medusa, dal greco “colei che governa”; e che pietrifica chi le si avvicina. Un saggio investigativo lucido e documentato sulla base di sentenze di tribunali, rapporti di commissioni d’inchiesta, relazioni di Greenpeace, articoli dei più importanti giornali internazionali, nel quale la giornalista Germana Leoni von Dohnanyi(*) indaga sugli ultimi decenni, visti alla luce di un filo conduttore tanto semplice quanto inquietante: dagli anni della decadenza dell’impero sovietico, in campo occidentale ha preso corpo una strategia che usa il fondamentalismo islamico per destabilizzare gli avversari. Il saggio è diviso in due parti. Nella prima l’autrice si sofferma ad analizzare gli intrecci esistenti fra lo smaltimento o meglio “il traffico” dei rifiuti speciali e radioattivi, il traffico di armi e le cosiddette guerre dei poveri. Nella seconda parte, ancor più interessante, Germana Leoni von Dohnanyi ci svela tutti quegli intrecci internazionali, nei quali, a più livelli è sempre e comunque coinvolta la Jihad islamica. «Dal Kosovo in poi è sempre lo stesso copione: insabbiare i crimini degli alleati ed enfatizzare quelli dei nemici fino a prefabbricare il ‘mostro’», spiega Leoni: «L’obiettivo è chiaro: suscitare indignazione per ottenere il consenso dell’opinione pubblica e vendere interventi militari in realtà mirati a destabilizzare intere aree geografiche per imporre un nuovo disordine mondiale funzionale al ‘Nuovo Grande Gioco’». Zbigniew Brzezinski, consigliere della Sicurezza Nazionale durante la presidenza di Jimmy Carter degli Stati Uniti, è secondo l’autrice, l’architetto della necessità di sfruttare in funzione anti-comunista i fermenti fondamentalisti che crescevano lungo i confini dell’Unione Sovietica. Una strategia proseguita successivamente da Reagan e Bush, e da William Casey (capo della Cia), che avrebbe armato i mujaheddin islamici dando origine successivamente a al-Qaeda. Nel secolo scorso, a contendersi l’Asia Centrale erano l’impero britannico e la Russia zarista. Ora, secondo l’autrice, sarebbe in atto un “Nuovo Grande Gioco” per il controllo dell’Eurasia e delle sue risorse (petrolio e gas su tutte) che coinvolge grandi potenze come Usa, Russia e Cina. “Chi controlla l’Eurasia controlla il mondo”; su questo assioma l’autrice costruisce il libro. Esiste, però, “un buco d’ombra”. Si tratta di un ristretto gruppo di potenti che manipolano la politica internazionale creando destabilizzazione e guerra. Guerra che significa traffici illeciti di armi, rifiuti tossici, diamanti, droga; traffici che hanno coinvolto in una rete di intrighi l’Islam, i mujaheddin, al Qaeda, Saddam, i nazionalisti serbi, croati e albanesi, i neonazisti, i signori della guerra somali, pirati, faccendieri, servizi segreti, Gladio, logge massoniche, mafie, ecc. Il libro è avvincente e convincente, supportato da una massiccia documentazione. (*) Germana Leoni von Dohnanyi, reporter dal sud-est asiatico per “Il Giornale” di Indro Montanelli e, dopo l’abbandono del direttore per “L’Indipendente”, ha collaborato con settimanali quali “Panorama” e “Il Borghese”, con la radio tedesca Westdeutscher Rundfunk, con il periodico tedesco “Greenpeace Magazine” (Amburgo) e, più recentemente, con “La Voce del Ribelle” di Massimo Fini. È coadiutrice di Somalia e Schmutzige Geshäfte und Heliger Krieg (2002) e autrice di Bush &Bush (2006). Franco Maria Puddu ANDREA PESTARINI La Traversata Atlantica Ed. Il Frangente - Verona 2012 Pagg. 128 - Euro 18,00 L’editoria nautica italiana è in grado (per fortuna) di riempire gli scaffali delle librerie specializzate di centinaia di titoli sullo yachting (oceanico o non) scritti per la maggior parte da penne gennaio-febbraio 2014 39 Recensioni e segnalazioni veterane e collaudate, per cui è difficile comprendere il significato di un volume come questo di poco più di cento pagine con scopi molto ambiziosi, come si desume dal sottotitolo: “Preparazione, tecniche e rotte di un navigatore oceanico”. In questa sua seconda esperienza editoriale (ha pubblicato nel 2008 “Mai Stracc un viaggio che forse non finirà mai…”), l’A. suddivide la trattazione della vasta materia affrontata in quattro parti: la prima riguarda la preparazione, la seconda la traversata, la terza la navigazione nei Caraibi e la quarta il ritorno. Seguono in appendice alcuni itinerari nel Mar dei Caraibi e un elenco di” scali e porti di ingresso” riferiti alla traversata atlantica. Si tratta di una sintetica serie di consigli (sempre utili, ma spesso scontati) e di informazioni redatte in maniera frammentaria, ma sempre di gradevole lettura, scaturite da esperienze dell’A., che con la sua barca Mai Stracc (un Westerly 36) le ha sperimentate di persona. Nelle prima parte il lettore troverà esposti in maniera sintetica taluni principali aspetti della preparazione della barca, mentre nella seconda sono descritte le caratteristiche dei singoli tratti di rotta consigliati, con accurate considerazioni sulla meteorologia locale. La terza parte è dedicata alla sosta nel Mar dei Caraibi con qualche consiglio per la navigazione in quelle acque e con informazioni sulle formalità burocratiche e sulla valuta. I testi sono redatti in stile colloquiale molto leggibile e costituiscono comunque un’utile fonte informativa per chi intraprende una traversata oceanica, ad inte- 40 gennaio-febbraio 2014 grazione di quanto riportato nei documenti nautici tradizionali. Claudio Ressmann FRANK HURLEY SHACKLETON IN ANTARTIDE Ed. Nutrimenti - Roma 2013 Pagg. 288 - Euro 29,00 Tra la fine del XVII e l’inizio del XIX secolo nacque un’accesa competizione fra diverse nazioni sulla conquista dei Poli. Si instaurò una vera e propria epopea eroica di missioni, più o meno fortunate, che avevano come obiettivo il raggiungimento dei Poli con la conseguente rivendicazione dei territori “scoperti” da parte della nazione organizzatrice. In questo contesto si inquadra la spedizione Endurance, conosciuta anche come spedizione imperiale trans-antartica, finanziata ed organizzata dal Regno Unito, che aveva l’obiettivo dell’attraversamento dell’Antartide dal mare di Weddell (Oceano Atlantico) al mare di Ross (Oceano Pacifico), passando per il Polo Sud. Dopo la conquista di questo da parte di Amudsen, che per pochi giorni aveva preceduto la spedizione britannica di Scott, restava infatti una sola grande impresa dell’esplorazione antartica: l’at- traversamento del continente da mare a mare. Di questa impresa se ne incaricò Ernest Shackleton, esploratore di grande esperienza e carisma, che avrebbe permesso alla Gran Bretagna di rifarsi dello “smacco” subito pochi anni prima. Ma la sua nave, l’Endurance, intrappolata dai ghiacci, venne distrutta dalla banchisa a migliaia di chilometri dalle più vicine terre abitate, ed i 28 uomini d’equipaggio furono costretti a lottare per sopravvivere in un ambiente ostile in cui le temperature scendevano anche ben oltre i -40°C; nonostante ciò e grazie alla perizia e dedizione di Shackleton, nessun uomo della spedizione perse la vita. Il libro, un volume in gran parte fotografico di oltre duecento tavole, documenta scrupolosamente, attraverso gli scatti di Frank Hurley (fotografo e cineoperatore di fama internazionale che, all’epoca, vantava la più lunga permanenza nel continente antartico) tutte le fasi della missione: l’intrappolamento nella banchisa, l’abbandono e la distruzione dell’Endurance, la lotta per la sopravvivenza, la speranza del ritorno ed infine il sospirato rientro in Patria. Oltre alla cronistoria della spedizione, l’Opera documenta l’attività di Hurley come fotografo e cineoperatore estremo, le macchine, l’attrezzatura ed i materiali utilizzati e soprattutto le tecniche fotografiche dell’epoca. Un libro per tutti, per gli storici, per gli amanti dell’avventura e del mare, delle imprese estreme, ma soprattutto per gli appassionati di fotografia che dal libro e dal passato possono trovare spunti e dettagli per la propria attività. Franco Maria Puddu