Sistema solare - Gruppo Astrofili Lomellini

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Sistema solare - Gruppo Astrofili Lomellini
Sistema solare
Introduzione
Raffigurazione in scala delle dimensioni del Sole, degli otto pianeti del sistema (nell'ordine: Mercurio, Venere, Terra,
Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno) e del pianeta nano Plutone.
Il corpo astronomico principale del sistema solare è il Sole. Secondo la nuova definizione di pianeti
del 24 agosto 2006 attorno al Sole ruotano otto pianeti, qui elencati in ordine crescente di distanza:
•
Mercurio;
•
Venere;
•
Terra (con un satellite, la Luna);
•
Marte (con 2 satelliti naturali);
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Giove (con 63 satelliti naturali);
•
Saturno (con 42 satelliti naturali);
•
Urano (con 21 satelliti naturali);
•
Nettuno (con 11 satelliti naturali).
Oltre a questi, vi sono tre pianeti nani: Cerere, Plutone e 2003 UB313 (noto tramite la sua
designazione provvisoria, in attesa di ricevere un nome definitivo). Un pianeta nano non è
necessariamente più piccolo di un pianeta normale: è però troppo piccolo per aver ripulito la propria
orbita da altri corpi di dimensioni significative. I pianeti nani sin qui catalogati dall'Unione
Astronomica Internazionale, infatti, condividono le proprie orbite con centinaia di altri oggetti (nel
caso di Cerere, forse con milioni).
Vi sono una dozzina di corpi orbitanti distanti quanto o più Plutone abbastanza grandi da aspirare
alla qualifica di pianeta nano, e il loro status sarà deciso nel futuro.
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Moti planetari
Il movimento di ogni pianeta avviene lungo una linea chiusa di forma approssimativamente ellittica
detta orbita. Il piano su cui avviene il moto di rivoluzione della Terra è detto piano dell'eclittica, e
su di esso giacciono approssimativamente le orbite di tutti gli altri pianeti del sistema solare.
Classificazione planetaria
I quattro pianeti interni presentano una struttura essenzialmente rocciosa e sono detti pianeti
terrestri. I quattro esterni sono di tipo gioviano, e sono detti giganti gassosi: sono caratterizzati da
massa molto maggiore e sono molto più ricchi di elementi leggeri, come idrogeno ed elio, in buona
parte allo stato fluido. Ciò è dovuto alle basse temperature e soprattutto alla minore intensità del
vento solare, che ha impedito a tali elementi di sfuggire nello spazio.
Pianeti nani e oggetti minori
Tra Marte e Giove si trova la cosiddetta fascia principale degli asteroidi, composta da milioni di
oggetti rocciosi caratterizzati da orbite più o meno variabili. Fra di essi, Cerere è attualmente
ritenuto l'unico a presentare un equilibrio idrostatico (ovvero una forma sferoidale) e a meritarsi la
qualifica di pianeta nano.
Oltre Nettuno si stende un'altra fascia di asteroidi, la fascia di Kuiper, la cui densità effettiva è
sconosciuta. Ancora più fuori, tra 20000 e 100000 UA di distanza dal Sole, si trova l'ipotizzata nube
di Oort, ritenuta il luogo d'origine delle comete.
Altri oggetti
Il sistema solare comprende altri corpi come i satelliti, che orbitano attorno ai pianeti, e le comete,
che ruotano attorno al Sole ed hanno un'orbita molto eccentrica e piani orbitali di solito molto
inclinati rispetto all'eclittica. Sono presenti anche polveri e gas molto rarefatto concentrati attorno
all'eclittica, che diffondono la radiazione solare dando origine alla luce zodiacale.
Oggetti del sistema solare
I diversi oggetti che sono presenti nel sistema solare sono divisi in molte categorie. In anni recenti,
queste categorie sono risultate meno distinte l'una dall'altra di quello che si credeva.
2
•
Il Sole è una stella di tipo spettrale G2 che contiene il 99,86% della massa del sistema.
•
I pianeti del sistema solare sono i primi otto di quelli tradizionali: Mercurio, Venere, Terra,
Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. L'ultimo pianeta tradizionale, Plutone, è stato
riclassificato tra i pianeti nani.
•
I pianeti nani sono per adesso quattro: Cerere, Plutone, Caronte e 2003 UB313. Non è escluso
che numerosi asteroidi oltre Nettuno rientrino a far parte di questa categoria nel prossimo
futuro.
o
Gli oggetti di dimensione apprezzabile che orbitano attorno a questi pianeti sono
satelliti naturali. Vedi l'articolo a loro dedicato per una lista completa.
o
Polvere e altre piccole particelle che orbitano attorno a questi pianeti formano gli
anelli planetari.
o
Attorno alla Terra orbitano dei rifiuti spaziali di origine artificiale.
o
I planetesimi, da cui i pianeti si formarono in origine, sono piccoli corpi che
esistevano durante i primi anni del sistema solare. Si pensa che tutti siano stati
incorporati in pianeti o espulsi. Il nome è talvolta utilizzato per gli asteroidi e le
comete in generale, o per gli asteroidi sotto i 10 km di diametro.
•
Gli asteroidi sono oggetti più piccoli dei pianeti che si trovano, all'incirca, all'interno
dell'orbita di Giove, e sono composti in modo significativo da materiali non volatili. Sono
divisi in gruppi asteroidali e in famiglie di asteroidi, in base alle loro specifiche
caratteristiche orbitali.
o
I satelliti asteroidali sono asteroidi che orbitano attorno ad asteroidi più grandi. Non
sono così ben definite come le lune planetarie, e a volte sono grandi quanto il loro
asteroide primario.
o
Gli asteroidi Troiani si trovano nei punti Lagrangiani L4 o L5 di Giove, e a volte il
termine è usato per asteroidi che si trovino in ogni punto Lagrangiano di ogni
pianeta.
o
I meteoroidi sono asteroidi grandi quanto un masso o meno, fino a quelli grandi
come particelle di polvere.
•
Le comete sono composte più che altro da ghiacci volatili e hanno orbite molto eccentriche,
con un periastro all'interno delle orbite dei pianeti interni e un apoastro oltre Plutone, anche
se esistono comete di corto periodo più vicine. Le vecchie comete hanno avuto i loro
materiali volatili spazzati via dal calore solare e vengono catalogate come asteroidi. Alcune
comete con orbite iperboliche potrebbero avere origine da fuori del sistema solare.
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•
I Centauri sono corpi ghiacciati simili a comete che hanno orbite meno eccentriche, in modo
da restare nella regione tra Giove e Nettuno.
•
Gli oggetti transnettuniani sono corpi ghiacciati il cui raggio orbitale medio si trova oltre
Nettuno. Sono ulteriormente suddivisi:
o
gli oggetti della fascia di Kuiper hanno orbite comprese tra 30 e 50 UA. Si pensa che
siano all'origine delle comete di corto periodo. Plutone e gli oggetti della fascia di
Kuiper con orbita simile a quella di Plutone sono chiamati Plutini. I rimanenti
oggetti della fascia di Kuiper sono classificati come Cubewani nella parte centrale.
o
gli oggetti della nube di Oort, al momento solo ipotetica, hanno orbite comprese tra
50.000 e 100.000 UA. Si pensa che questa regione sia all'origine delle comete di
lungo periodo.
o
L'oggetto recentemente scoperto Sedna, con un'orbita altamente ellittica che si
estende da 76 a 850 UA, non rientra in alcuna categoria, ma i suoi scopritori
argomentano che dovrebbe essere considerato parte della nube di Oort.
•
Piccole quantità di polvere sono presenti in tutto il sistema solare e sono responsabili per il
fenomeno della luce zodiacale. Una parte della polvere è probabilmente polvere interstellare
proveniente da fuori del sistema solare.
Origine ed evoluzione del sistema solare
Si pensa che il sistema solare, al pari degli altri sistemi planetari, si sia formato dallo stesso
processo di formazione stellare che ha dato origine al Sole.
La teoria più accreditata sostiene che gli oggetti di un sistema planetario si siano sviluppati a partire
dal disco protoplanetario che circondava il Sole: dapprima il materiale si aggregò in planetesimi del
diametro di qualche chilometro, e quindi questi si sono uniti tramite impatti a formare i pianeti. Il
calore del Sole impedì ai pianeti più interni di trattenere gli elementi più leggeri, e questi risultarono
quindi rocciosi. All'esterno, in un ambiente più freddo, i pianeti giganti poterono accumulare
moltissimo materiale leggero. Una volta calmatasi la furia degli impatti iniziali, il sistema solare
sarebbe rimasto più o meno statico, tranne un costante processo di craterizzazione a carico di tutti
gli oggetti non protetti da atmosfere a causa degli impatti con asteroidi vaganti.
Le recenti scoperte sui sistemi planetari esterni, con giganti gassosi posizionati sia vicino che
lontano dalla loro stella, e spesso su orbite ellittiche, hanno messo un po' in crisi questo modello,
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specialmente sul punto della separazione tra pianeti terrestri e giganti gassosi. Il modello che terrà
conto di questi fenomeni sarà probabilmente più complicato.
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Orbita del sistema solare
Il sistema solare fa parte della galassia Via Lattea, una galassia spirale con un diametro di circa
100.000 anni luce che contiene circa 300 miliardi di stelle. Il Sole è una di queste stelle, ed è una
perfetta stella "media".
Le stime più recenti pongono il sistema solare ad una distanza compresa tra 25.000 e 28.000 anni
luce dal centro della galassia. Esso gli orbita attorno ad una velocità di 220 chilometri al secondo, e
completa un'orbita ogni 226 milioni di anni.
Il sistema solare sembra avere un'orbita molto inusuale: è quasi perfettamente circolare, ed è quasi
alla distanza esatta alla quale la velocità orbitale è uguale alla velocità delle onde di compressione
che formano i bracci di spirale della galassia. In questo modo, il sistema solare sembra essere
rimasto in mezzo ai bracci di spirale, senza finirci in mezzo, per la gran parte della durata della vita
sulla Terra. I bracci di spirale sono più densi di giovani stelle, molte delle quali esplodono come
supernovae e sterilizzano letteralmente un grande volume di spazio attorno a loro con radiazioni
energetiche. L'orbita del sistema solare sembra aver contribuito alla vita sulla Terra, nel senso di
averla salvaguardata da simili eventi catastrofici.
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Esplorazione del sistema solare
Il sistema solare è stato esplorato a partire dagli anni sessanta prevalentemente da sonde
automatiche. L'unico corpo celeste direttamente esplorato dall'uomo è la Luna.
Mercurio
Mercurio è il primo pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal
Sole. Si tratta di un pianeta terrestre di dimensioni modeste, con un
diametro inferiore alla metà di quello terrestre; appare pesantemente
craterizzato, anche a causa della mancanza di un'atmosfera apprezzabile
che possa attutire gli impatti meteorici, e per questo il suo aspetto ricorda
da vicino quello della Luna.
Il suo nome deriva da quello dell'omonima divinità romana; il suo
simbolo astronomico (☿) consiste di una rappresentazione stilizzata del
caduceo del dio. Nelle culture dell'Estremo Oriente il pianeta è designato
come l'astro dell'acqua (水星), uno dei cinque elementi fondamentali.
Il pianeta è sprovvisto di anelli e satelliti naturali.
Cenni storici
Si tratta del pianeta piú vicino al sole, di non semplicissima osservazione, ma comunque già noto
alle popolazioni antiche, come Egizi, Cinesi, Sumeri (terzo millennio a.C.). Le difficoltà
nell'individuarlo dipendono dalla piccola distanza dal Sole, che ne disturba sempre la visione
durante il crepuscolo o poco prima dell'alba. I Sumeri lo chiamavano Ubu-idim-gud-ud; i
Babilonesi, che ci hanno tramandato la prima osservazione dettagliata dei pianeti, utilizzavano i
nomi gu-ad o gu-utu.
I Greci assegnarono a Mercurio due nomi: Apollo, la stella del mattino, ed Hermes, la stella della
sera. La realizzazione del fatto che si trattasse di un unico pianeta è attribuita a Pitagora. Sempre per
via delle grandi difficoltà osservative, fino al '900 era opinione comune che in realtà esistesse un
altro pianeta ancora piú vicino al Sole di Mercurio, Vulcano, in seguito identificato con lo stesso
corpo celeste.
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Più recentemente, nel 1631 Pierre Gassendi fu il primo ad osservare un transito di Mercurio innanzi
al Sole, secondo le previsioni fornite da Giovanni Keplero. Nel 1639 Giovanni Battista Zupi,
utilizzando un telescopio, scoprì le fasi di Mercurio, analoghe a quelle di Venere e della Luna.
Questo fornì la prova definitiva che Mercurio orbita intorno al Sole.
Solo negli anni Sessanta dello scorso secolo, grazie alle osservazioni radio e radar, si è calcolato
con precisione il periodo di rotazione del pianeta, che prima si pensava uguale a quello di
rivoluzione.
Mercurio è stato visitato per la prima volta nel 1974-75 dalla sonda statunitense Mariner 10, che ha
inviato a terra fotografie registrate nel corso di tre successivi sorvoli.
Osservazione da Terra
Trattandosi di un pianeta interno rispetto alla Terra, Mercurio appare sempre molto vicino al Sole
(la sua elongazione massima è di 28,3°), al punto che i telescopi terrestri possono osservarlo solo di
rado. La sua magnitudine apparente oscilla tra -0,4 e +5,5 a seconda della sua posizione rispetto alla
Terra e al Sole.
Durante il giorno la luminosità solare impedisce ogni osservazione, e l'osservazione diretta è
possibile solamente subito dopo il tramonto, sull'orizzonte ad ovest, oppure poco prima dell'alba
verso est. Inoltre l'estrema brevità del suo moto di rivoluzione (solamente 88 giorni) ne permette
l'osservazione solamente per pochi giorni consecutivi, dopo di che il pianeta si rende inosservabile
da Terra.
Come nel caso della Luna e di Venere, anche nel caso di Mercurio è visibile, da Terra, un ciclo
delle fasi, sebbene con strumenti amatoriali sia abbastanza difficoltoso rendersene conto.
Parametri orbitali
L'orbita di Mercurio risulta essere ellittica solo in prima
approssimazione; è infatti soggetta alla precessione del perielio,
effetto che mise in difficoltà gli astronomi del XIX secolo. Esso
risulta spiegabile al momento attuale solo tramite la teoria della
relatività generale, che proprio su questo fenomeno ha avuto uno
dei suoi banchi di prova. Mercurio si muove su un'orbita di
eccentricità 0,2056, a una distanza dal Sole compresa fra 46 e 69
milioni di km, con un valore medio di 58 milioni di km
(rispettivamente 0,307, 0,466 e 0,387 unità astronomiche). Il periodo siderale di Mercurio è di 88
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giorni, mentre il periodo sinodico è di 115,9 giorni. Il piano orbitale è inclinato sull'eclittica di
7º.L'orbita di Mercurio. è soggetta a variazioni dovute alle perturbazioni da parte degli altri pianeti;
il fenomeno è particolarmente studiato e conosciuto per quanto riguarda il moto della linea degli
apsidi, che fornisce una delle prove sperimentali della teoria della relatività generale.
La velocità media siderale del pianeta è pari a 48 km/s; si tratta della più alta fra i pianeti del
sistema solare.
Atmosfera
Analogamente alla Luna, per via della sua bassa attrazione gravitazionale Mercurio è sprovvisto di
atmosfera, fatta eccezione per esili tracce di gas probabilmente frutto dell'interazione del vento
solare con la superficie del pianeta. La composizione atmosferica è stata determinata come segue:
potassio (31,7%), sodio (24,9%), ossigeno atomico (9,5%), argon (7,0%) elio (5,9%), ossigeno
molecolare (5,6%), azoto (5,2%), anidride carbonica (3,6%), acqua (3,4%), idrogeno (3,2%).
A causa dell'assenza di un meccanismo di distribuzione del calore ricevuto dal Sole e della sua
rotazione estremamente lenta, che espone lo stesso emisfero alla luce solare diretta per lunghi
periodi, l'escursione termica su Mercurio è la più elevata finora registrata nell'intero sistema solare;
l'emisfero illuminato raggiunge i 600 K (700 K nelle zone equatoriali), quello in ombra scende
spesso fino a 90 K.
Superficie
Similmente alla Luna, il suolo mercuriano è ampiamente
craterizzato a causa dei numerosi impatti di asteroidi che hanno
contrassegnato il suo passato e presenta bacini riempiti da vecchie
colate laviche, ancora evidenti a causa della mancanza quasi
assoluta di un'atmosfera. Alcuni crateri sono circondati da raggi. Si
esclude la presenza sul pianeta di placche tettoniche.
La ridotta distanza di Mercurio dal Sole e l'assenza di atmosfera lo rendono un pianeta con una
grande escursione termica, con temperature superiori a 350° nella zona esposta al sole, mentre nella
parte in ombra arrivano a -170°.
L'insolazione media della superficie mercuriana è pari a circa 6 volte e mezzo quella della Terra; la
costante solare ha un valore di 9,13 kW/m².
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Nomenclatura
Oltre ai crateri, le strutture più importanti della superficie sono ampie zone pianeggianti, simili ai
mari della Luna. La maggiore è di gran lunga Planitia Caloris (dal latino planitia, che significa
pianura).
Struttura interna
La densità di Mercurio, pari a 5,43 kg/dm³, si discosta molto da quella lunare e, al contrario, è molto
vicina a quella terrestre. Questo lascia supporre che, nonostante le somiglianze con la Luna, la
struttura interna del pianeta sia piú vicina a quella della Terra, con un nucleo particolarmente
massiccio (fino all'80% del raggio mercuriano) formato da elementi pesanti. L'idea di un nucleo
liquido di ferro-nichel è avvalorata dalla presenza di un debole campo magnetico attorno al pianeta
(rilevato per la prima volta dal Mariner 10 e quantificato in un centesimo di quello terrestre). Il
campo rimane comunque difficilmente spiegabile, date le piccole dimensioni di Mercurio e la sua
moderata velocità di rotazione.
Si suppone che il nucleo sia circondato da un mantello e da una spessa crosta.
Esplorazione di Mercurio
La maggior parte delle informazioni da noi possedute su
Mercurio derivano dalla sonda spaziale Mariner 10, l'unico
veicolo spaziale ad averlo visitato finora. Concepito per
l'osservazione di Venere e Mercurio, il Mariner 10 venne
lanciato il 3 novembre 1973 e raggiunse il pianeta nel
1974. La sonda statunitense si avvicinò fino ad alcune
centinaia di chilometri dal pianeta, trasmettendo circa 6000
fotografie e mappando il 40% della superficie mercuriana.
Per il 2009 è invece prevista, da parte dell'ESA, la missione spaziale BepiColombo, così battezzata
in onore dello scienziato, matematico e ingegnere Giuseppe Colombo (1920-1984), volta
esclusivamente all'esplorazione del pianeta più interno.
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Curiosità
Sulla superficie di Mercurio l'accelerazione di gravità è mediamente pari a 0,377 volte quella
terrestre. A titolo di esempio si potrebbe affermare che un uomo dalla massa di 70 kg che misurasse
il proprio peso su Mercurio facendo uso di una bilancia tarata sull'accelerazione di gravità terrestre
registrerebbe un valore pari a circa 26,4 kg.
Venere
Venere è il secondo pianeta del Sistema Solare
in
ordine
di
distanza.
Il
suo
simbolo
astronomico è la rappresentazione stilizzata
della mano della dea Venere che sorregge uno
specchio (:
).
Venere non è dotato di satelliti o anelli.
Cenni storici
Venere è uno dei pianeti piú facilmente
individuabili nel cielo mattutino o serale e per
questo è noto fin dall'antichità, quando era
chiamato Lucifero o Vespero come stella del mattino e Fosforus come stella della sera.
A dispetto del nome, già dalle prime immagini inviate a Terra dalla sonda automatica russa Venera
si è intuito che un fortissimo effetto serra rende la superficie desolata e inospitale. Solo nel 1993 la
sonda Magellano è riuscita ad ottenere una soddisfacente cartografia del territorio, attraverso
avanzati sistemi radar.
Osservazione da Terra
Poiché il pianeta si trova vicino al Sole, può essere visto solo per breve tempo e nelle vicinanze del
Sole stesso: durante il giorno la luminosità solare lo nasconde, rendendolo visibile subito dopo il
tramonto (Vespero), sull'orizzonte ad ovest, oppure poco prima dell'alba (Lucifero) verso est.
Ha l'aspetto di una stella lucentissima, di colore giallo-biancastro. Le orbite del pianeta sono interne
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rispetto a quelle della Terra, quindi lo vedremo muoversi alternativamente a Est e a Ovest del Sole.
La sua elongazione (la distanza angolare tra un pianeta e il Sole) può variare tra un valore massimo
a Ovest e un valore massimo a Est. Periodicamente passa davanti o dietro al Sole, entrando quindi
in "congiunzione": quando il passaggio avviene dietro, si ha una congiunzione superiore, quando
avviene davanti si ha una congiunzione inferiore.
Parametri orbitali
L'orbita di Venere è quasi circolare e le variazioni della sua
elongazione massima sono dovute più alla variazione della
distanza tra Terra e Sole che alla forma dell'orbita di Venere.
Queste misurano sempre un angolo compreso tra 45° e 47°, dando
al pianeta una visibilità più prolungata prima del sorgere del Sole o
dopo il tramonto. Quando l'elongazione è massima, Venere può
restare visibile per diverse ore.
L'eclittica sull'orizzonte è il fattore più importante per la visibilità
di Venere. Nell'emisfero boreale l'inclinazione è massima dopo il tramonto nel periodo
dell'equinozio di primavera, oppure prima dell'alba nel periodo dell'equinozio d'autunno. È
importante anche l'angolo formato dalla sua orbita e l'eclittica, infatti Venere può avvicinarsi alla
Terra fino a 40 milioni di km e raggiungere un'inclinazione di circa 8° sull'eclittica, avendo un forte
effetto sulla sua visibilità.
La rotazione di Venere è retrograda e molto lenta: un giorno dura circa 243 giorni terrestri. Alcune
ipotesi sostengono che la causa sia da ricercarsi nell'impatto con un asteroide di dimensioni
ragguardevoli.
Atmosfera
Venere presenta una densa atmosfera spessa 65 chilometri; la pressione a livello della superficie è
pari a circa 90 volte quella della Terra. L'atmosfera è composta principalmente da anidride
carbonica (97%), e in quantità minori da acido solforico, azoto e gas nobili. L'ossigeno è assente.
L'elevatissima temperatura (attorno ai 480°C) creata dall'effetto serra presente sul pianeta non
permette la presenza di acqua allo stato liquido, e quindi di vita. Le dense nubi e i valori di
pressione e temperatura hanno da sempre reso molto difficile per le sonde il rilevamento della
superficie e alcune di esse sono andate distrutte. Le nubi più alte viaggiano a una velocità di circa
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400 km/h, mentre le più basse viaggiano a 2 km/h. Poiché tali nubi sono composte da gocce di acido
solforico, le piogge venusiane sono altamente corrosive e hanno distrutto alcune sonde.
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Superficie
La superficie citerea ha una struttura molto complessa, e presenta per il 60% pianure ondulate
tagliate da valli lunghe migliaia di chilometri. È composta principalmente di rocce basaltiche.
Il pianeta ha due vasti altipiani simili a continenti. Quello settentrionale è chiamato Ishtar Terra,
dove sono presenti le montagne più alte di Venere: i monti Maxwell (alti 11000 m). Quello
meridionale è chiamato Aphrodite Terra.
Nomenclatura
Le strutture dominanti sulla superficie venusiana sono le ampie pianure leggermente ondulate,
saltuariamente interrotte da rilievi. Le regioni montuose più estese sono le già citate Aphrodite
Terra e Ishtar Terra; quest'ultima è dominata da un grande altopiano, il Lakshmi Planum, circondato
dalle montagne piú alte di Venere. Tra i due altipiani sono presenti vaste depressioni che prendono
il nome generico di planitiae.
Struttura interna
Si ritiene comunemente che la struttura interna di Venere coincida con quella della Terra; la crosta
dovrebbe essere piú robusta e quindi resistere meglio alle sollecitazioni causate dalle correnti
convettive del mantello. Il nucleo ferroso dovrebbe misurare circa 3000 km di raggio;
ciononostante, forse a causa della ridottissima velocità di rotazione, è completamente assente un
campo magnetico.
Composizione atmosferica
Depositi di materiali causati dalla presenza di un edificio vulcanico
più alto rispetto al territorio circostante, che frena i venti dominanti.
Il gas di gran lunga predominante nell'atmosfera è l'anidride carbonica
(96-97% circa); si rilevano poi una discreta quantità di azoto e tracce
di acidi (specialmente solforico) ad una quota compresa fra 48 e 58
km. La presenza di una simile quantità di anidride carbonica induce
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uno spaventoso effetto serra: il calore solare immagazzinato da Venere, seppur minore di quello
ricevuto dalla Terra a causa dell'alto potere riflettente delle nubi venusiane, non è piú in grado di
superare la spessa atmosfera e rimane intrappolato sul pianeta, andandone ad accrescere la
temperatura.
L'atmosfera citerea presenta inoltre piccole quantità di zolfo e di anidride solforosa, probabilmente
emesse dai vulcani del pianeta; questi gas, reagendo con lo scarso vapore acqueo presente, danno
origine all'acido solforico. Sebbene sussistano piogge di
acido solforico negli strati intermedi dell'atmosfera, esse
non raggiungono mai la superficie, perché vengono
vaporizzate dalle elevate temperature.
Stratigrafia atmosferica
Le sonde atterrate sul pianeta hanno identificato la
presenza di tre distinti strati di nubi: uno strato superiore,
composto da piccole goccioline circolari di acido solforico,
ad una quota di 60-70 km; uno strato intermedio, costituito da gocce più grandi e meno numerose,
collocato a 52-59 km di altitudine; e infine uno strato inferiore più denso e costituito dalle particelle
più grandi, che scende fino a 48 km di quota. Al di sotto di tale livello la temperatura è talmente
elevata da vaporizzare le gocce, generando una foschia che si estende fino a 31 km. La parte più
bassa dell'atmosfera è infine relativamente limpida.
Formazione delle nubi
A differenza delle nubi terrestri, che si originano dal raffreddamento di aria ascendente e dalla
conseguente condensazione del vapore acqueo, quelle venusiane sono il prodotto di reazioni
chimiche che avvengono fra l'anidride solforosa e l'acqua, innescate dalla luce solare (nell'alta
atmosfera) o dal calore (più in basso).
Circolazione dei venti
Data l'elevatissima pressione atmosferica, al suolo i venti sono praticamente assenti; la loro velocità
aumenta con la quota, fino a raggiungere un massimo di circa 360 km/h medi alla sommità delle
nubi, al di sopra dello strato superiore dell'atmosfera. L'intero strato nuvoloso citereo compie
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dunque una rotazione completa attorno al pianeta in soli 4 giorni (a titolo di confronto, il periodo di
rotazione di Venere è pari a ben 243 giorni).
Terra
La Terra è il pianeta su cui vive l'umanità, il terzo in
ordine di distanza dal Sole, il più grande dei pianeti
terrestri del sistema solare, e l'unico corpo planetario
del sistema solare adatto a sostenere la vita, almeno
tra quelli conosciuti alla scienza moderna (anche se
vi sono ipotesi e in alcuni casi anche deboli prove a
sostegno della tesi per cui la vita, probabilmente in
forma microscopica, sarebbe stata presente o
potrebbe tuttora sussistere su alcuni corpi del sistema
solare come Marte, Venere e alcuni satelliti naturali
dei pianeti gassosi [1]).
La Terra possiede un solo satellite naturale, la Luna, e la sua formazione è datata 4 miliardi e mezzo
di anni fa. Il simbolo astronomico della Terra è un cerchio con all'interno una croce: la linea
orizzontale rappresenta l'equatore, mentre quella verticale un meridiano (
).
Geosfera
L'interno della Terra, detto anche geosfera, è costituito da rocce di diversa composizione e fase
(solida, principalmente, ma talvolta anche liquida).
Grazie allo studio dei sismogrammi si è giunti a considerare l'interno della terra suddiviso in una
serie di gusci; difatti si è notato che le onde sismiche subiscono fenomeni di rifrazione
nell'attraversare il pianeta. La rifrazione consiste nella modifica della velocità e della traiettoria di
un onda quando questa si trasmette ad un mezzo con differente densità. Si sono potute così rilevare
superfici in profondità in cui si verifica una brusca accelerazione e deviazione delle onde, e in base
a queste sono state identificate quattro zone sferiche concentriche: la crosta, il mantello, il nucleo
esterno e il nucleo interno.
L'interno della Terra, come quello degli altri pianeti terrestri, è diviso chimicamente in una crosta
formata da rocce da basiche ad acide, un mantello ultrabasico e un nucleo terrestre composto
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principalmente da ferro. Il pianeta è abbastanza grande da avere un nucleo differenziato in un
nucleo interno solido e un nucleo esterno liquido, che produce un debole campo magnetico a causa
della convezione del suo materiale elettricamente conduttivo. Dal punto di vista delle proprietà
meccaniche, la crosta e la porzione superiore del mantello formano la litosfera, rigida; una porzione
intermedia del mantello, che si comporta in un certo senso come un fluido enormemente viscoso,
costituisce l'astenosfera, mentre il mantello inferiore, di nuovo rigido, si chiama mesosfera.
Materiale proveniente dall'astenosfera si riversa continuamente in superficie attraverso vulcani e
dorsali oceaniche non conservando però la composizione originale perché soggetto a
cristallizzazione frazionata.
Lo schema seguente riassume le profondità e la caratteristica principale
per la definizione dei vari gusci che compongono la Terra:
•
•
0-30/35 km -- Crosta (proprietà chimiche)
o
0-60 km -- Litosfera (proprietà fisiche)
o
60-700 km -- Astenosfera o Mantello superiore (proprietà fisiche)
30/35-2900 km -- Mantello (proprietà chimiche e fisiche)
o
700-2900 km -- Mesosfera (proprietà fisiche)
•
2900-5100 km -- Nucleo esterno (proprietà chimiche e fisiche)
•
5100-~6375 km -- Nucleo interno (proprietà chimiche e fisiche)
Proprietà chimico-fisiche della geosfera
Nel suo insieme, la composizione della Terra ordinata secondo la massa dei costituenti è:
•
34.6% ferro
•
29.5% ossigeno
•
15.2% silicio
•
12.7% magnesio
•
2.4% nichel
•
1.9% zolfo
•
0.05% titanio
15
La temperatura all'interno della Terra aumenta progressivamente fino a raggiungere i 5270°K al suo
centro. Il calore interno è stato generato in parte durante la formazione del pianeta e da allora
ulteriore calore è stato continuamente generato dal decadimento radioattivo di isotopi dell'uranio,
del torio e del potassio. Le rocce sono cattive conduttrici di calore, pertanto il calore trasmesso
dall'interno all'esterno del pianeta è solo un ventimillesimo del calore che il pianeta riceve dal Sole.
La densità media della Terra è di 5,515 g/cm3, rendendolo il pianeta più denso del Sistema Solare.
Poiché la densità delle rocce della crosta terrestre varia da 2,6 a 3,5 g/cm3, il materiale del nucleo
deve essere molto più denso: circa 5,7 g/cm3, vedi nucleo terrestre per approfondimenti.
Biosfera
La Terra è l'unico pianeta conosciuto ospitante la vita.
Le forme di vita del pianeta compongono la biosfera. Le teorie correnti pongono la sua nascita a
qualche centinaio di milioni di anni dopo la formazione del pianeta, tra 3,5 e 4 miliardi di anni fa.
La biosfera è divisa in vari biomi, abitati da una popolazione di flora e fauna all'incirca simile. Sulla
terra, i biomi sono separati principalmente secondo la latitudine. I biomi a nord del circolo polare
artico e a sud del circolo polare antartico sono relativamente vuoti di vita animale e vegetale,
mentre quelli più popolati si trovano vicino all'equatore.
Atmosfera
La Terra ha un'atmosfera relativamente spessa, composta per il 78% di azoto, per il 21% di
ossigeno e per l'1% di argon, più tracce di altri gas tra cui il biossido di carbonio e l'acqua.
L'atmosfera separa la superficie terrestre dall'ambiente inospitale dello spazio e blocca buona parte
delle radiazioni solari e non. I suoi vari strati, la troposfera, la stratosfera, la mesosfera, la
termosfera e l'esosfera sono diversi attorno al globo e variano anche assieme alle stagioni.
Idrosfera
La Terra è l'unico pianeta del Sistema Solare la cui superficie ospita acqua liquida. L'acqua copre il
71% della superficie terrestre (di cui il 97% è acqua salata e 3% acqua dolce [2]), e la divide in
cinque oceani e sette continenti. La presenza di acqua liquida sulla superficie terreste è una
combinazione delle giuste caratteristiche orbitali, del vulcanismo, della gravità, dell'effetto serra,
del campo magnetico e dell'atmosfera ricca di ossigeno. Ci sono varie ipotesi che Europa, un
16
satellite di Giove, ospiti dell'acqua liquida sotto lo strato di ghiacci che ricopre interamente la
superficie (Per saperne di più si può leggere questo articolo in inglese tratto da un sito della NASA:
[3]).
La Terra è in effetti oltre il bordo
esterno delle orbite che permetterebbero
ad un pianeta di essere abbastanza caldo
per formare acqua liquida. Senza una
qualche forma di effetto serra, l'acqua
della Terra congelerebbe. I reperti
paleontologici indicano che ad un certo
punto, dopo che i batteri blu-verdi
(Archea)
colonizzarono
gli
oceani,
l'effetto serra smise di funzionare, e la
Terra si congelò completamente per un
periodo compreso tra 10 e 100 milioni di anni (vedi Terra congelata).
Sugli altri pianeti, come Venere, l'acqua gassosa è dissociata dagli ultravioletti solari, e l'idrogeno è
ionizzato e soffiato via dal vento solare. L'effetto è lento, ma inesorabile. Si pensa che questa sia la
causa della mancanza d'acqua di Venere. Privato dell'idrogeno, l'ossigeno reagisce con la superficie
e viene inglobato in minerali solidi.
Sulla Terra, uno scudo di ozono assorbe la maggior parte degli ultravioletti energetici nell'alta
atmosfera, riducendo questo effetto. La magnetosfera inoltre impedisce al vento solare di interagire
con l'ionosfera sottostante.
Infine il vulcanismo, aiutato dagli effetti di marea della Luna, emette continuamente vapore d'acqua
dall'interno. La tettonica a placche della Terra ricicla il carbonio e l'acqua mediante la subduzione di
zone ricche di sedimenti, convertendoli in magma ed emessi dai vulcani come biossido di carbonio
gassoso e vapore.
Le correnti oceaniche, inoltre, sono ritenute causa di una particolare oscillazione dell'asse di
rotazione terrestre, detta oscillazione di Chandler.
17
Età della Terra
Modelli chimici basati sull'attuale abbondanza di isotopi radioattivi con lunghissimi tempi di
decadimento e l'analisi composizionale di materiale non differenziato proveniente da meteoriti e
dalla Luna datano la formazione della Terra a 4,5 miliardi di anni fa. La difficoltà principale nella
determinazione dell'età della Terra è legata al fatto che nessuna roccia attualmente affiorante sul
pianeta presenta questa età; ciò è dovuto alla natura fluida o plastica della totalità della crosta
terreste durante il primo miliardo di anni circa. Inoltre processi di differenziazione magmatica
separavano in questa prima fase i vari elementi concentrandone solo alcuni all'interno della crosta
terrestre. Questo frazionamento rende difficile stabilire con esattezza il contenuto iniziale di alcuni
geocronometri e pertanto non è possibile calcolare con esattezza le abbondanze iniziali.
Le rocce più antiche rinvenibili sul pianeta sono rocce continentali, si ritrovano nei cratoni e hanno
un'età pari a 4,1 miliardi di anni. La maggior parte della crosta oceanica è più giovane, perché
continuamente riciclata dai meccanismi legati alla tettonica delle placche: la rocce più antiche in
questo tipo di crosta sono giurassiche e hanno un'età di 100 milioni di anni
La Terra nel Sistema Solare
La Terra ruota una volta al giorno attorno all'asse che unisce il Polo Nord al Polo Sud. Ruota
attorno al Sole, completando una rivoluzione all'anno. Ha un satellite naturale, la Luna, che le gira
attorno in circa 28 giorni. Viste dal Polo Nord terrestre, tutti questi movimenti si svolgono in senso
antiorario.
I piani dei movimenti non sono precisamente allineati: l'asse della Terra è inclinato di 23,5 gradi
rispetto alla perpendicolare del piano Terra-Sole (causando le stagioni), e il piano Terra-Luna è
inclinato di cinque gradi, cosa che impedisce il verificarsi di due eclissi ogni mese, e le rende invece
un evento raro.
In varie epoche venne ritenuto che la Terra fosse piatta, delimitata dalle acque dell'oceano, e fosse
al centro dell'universo. Si riteneva che la Terra fosse piatta perché non si conosceva la natura
centrale della forza di gravità che permette di avere il cielo sempre come alto e il centro della Terra
sempre come basso e quindi superare l'apparente paradosso che si dovesse camminare con la testa
rivolta verso il "basso" dall'altra parte della Terra.
18
Le prime testimonianze della sfericità terrestre ci arrivano da Pitagora (VI-V secolo a.C.) e da
Parmenide (V secolo a.C.); poi Aristotele (384 a.C.-322 a.C.) portò le prime dimostrazioni ed infine
Eratostene (274 a.C.-196 a.C.) fece le prime misurazioni. Gli studiosi del Basso Medio Evo, poi,
come Guglielmo di Conches, Giovanni di Sacrobosco, Ruggero Bacone, Tommaso d'Aquino,
Brunetto Latini, Dante Alighieri, Giovanni Buridano ed altri sostennero la sfericità della terra con
argomenti, per lo più di questo genere: 1. Il sole, a mezzogiorno, indica il sud qualsiasi sia il nostro
punto di osservazione: se la terra fosse piatta, non sarebbe così; 2. L'ombra proiettata dalla terra
sulla luna, durante un'eclissi parziale, è un arco di cerchio; 3. La parte che per prima scompare di
una nave all'orizzonte è la chiglia. Si ritenne molto più a lungo che la Terra fosse al centro
dell'universo perché si ha l'impressione che siano tutti gli altri corpi celesti a girare intorno ad essa;
inoltre osservando il cielo di notte si ha l'impressione che sia una volta incurvata sulla Terra,
illusione dovuta all'immensità dello spazio. La precisione necessaria nelle misurazioni astronomiche
per poter confutare con certezza la teoria geocentrica fu raggiunta solo alla fine del Medioevo.
L'atmosfera terrestre
La Terra ha una atmosfera complessa e divisa in più strati, che in ordine di altezza sono:
Troposfera, Stratosfera, Mesosfera, Termosfera, Esosfera; la sua composizione chimica media è
la seguente:
•
Azoto (N2): 78,08%
•
Ossigeno (O2): 20,95%
•
Argon (Ar): 0.93%
•
Vapore acqueo (H2O): 0,33%
•
Anidride carbonica (CO2): 0,032% (320 ppm)
•
Neon (Ne): 0,00181% (18 ppm)
•
Elio (He): 0,0005% (5 ppm)
•
Metano (CH4): 0,0002% (2 ppm)
•
Idrogeno (H2): 0,00005% (0,5 ppm)
•
Kripton (Kr): 0,000011% (0,11 ppm)
•
Xeno (Xe): 0,000008% (0,08 ppm)
•
Ozono (O3): 0,000004% (0,04 ppm)
Sono anche presenti, in tracce, Ossidi di azoto (NO, NO2; N2O), Monossido di carbonio (CO),
Ammoniaca (NH3), Biossido di zolfo (SO2), Solfuro di idrogeno (H2S).
19
Non tutti gli strati hanno le stesse concentrazioni di gas: ad esempio il vapore acqueo è presente
quasi soltanto nella troposfera, lo strato più basso, ed è praticamente assente nella termosfera e
nell'esosfera, che viceversa contengono quasi tutto l'elio e l'idrogeno, e l'ozono è contenuto in
massima parte nella stratosfera, in cui costituisce un importante strato.
Troposfera
È lo strato in cui si verificano quasi tutti i fenomeni meteorologici e contiene l'80% della massa
gassosa totale e il 99% del vapore acqueo: l'aria della troposfera è riscaldata dalla superficie
terrestre ed ha una temperatura media globale di 15°C al livello del mare, che diminuisce con
l'altitudine (0,65°C ogni 100m di quota) fino ai circa -60°C della tropopausa. L'aria degli strati più
bassi che tende a salire genera grandi correnti convettive da cui hanno origine venti equatoriali
costanti (gli alisei) e le perturbazioni atmosferiche. La troposfera ha uno spessore variabile a
seconda della latitudine: ai poli è spessa solamente 8 Km mentre raggiunge i 17 Km all'equatore. La
pressione atmosferica decresce con l'altitudine secondo una legge esponenziale; oltre i 7-8 Km di
quota la pressione è tanto bassa che non è più possibile respirare senza l'uso di maschere collegate a
bombole di ossigeno.
Salendo in quota, oltre a pressione e temperatura, diminuisce anche il contenuto di vapore acqueo
dell'aria. Ad un certo punto la temperatura si stabilizza a -60ºC circa: è la tropopausa, la zona di
transizione fra troposfera e stratosfera.
La parola Troposfera deriva dal greco "Tropos" che significa variazione, proprio perché all'interno
di questa sfera troviamo i maggiori valori di pressione e densità. La troposfera è il luogo della vita:
tutte le piante e tutti gli esseri umani vivono in essa, utilizzando alcuni dei gas che la costituiscono.
Stratosfera
È lo strato atmosferico che sta al di sopra della troposfera, ed arriva ad un'altezza di 50-60
chilometri. Qui avviene un fenomeno chiamato inversione termica: cioè, mentre nella troposfera la
temperatura diminuisce con l'altezza, nella stratosfera aumenta, fino alla temperatura di 0°C. Questo
è dovuto alla presenza di uno strato di ozono (molecola di ossigeno triatomica), l'ozonosfera, che
assorbe la maggior parte delle radiazioni solari ultraviolette. Nella stratosfera i componenti si
presentano sempre più rarefatti, il vapore acqueo e il pulviscolo diminuiscono; esistono ancora
alcuni rari fenomeni meteorologici e certi particolari tipi di nubi (cirri).
20
Mesosfera
In questa zona, che va dai 50 agli 80 Km di quota, l'atmosfera non subisce più l'influsso della
superficie terrestre, ed è costante a tutte le latitudini. Non ci sono più né venti né correnti
ascensionali, né nubi o perturbazioni: l'aria è completamente calma. In queste condizioni, i gas si
stratificano per diffusione, e la composizione chimica media dell'aria inizia a variare man mano che
si sale. L'anidride carbonica scompare rapidamente e il vapore acqueo ancora più in fretta, e anche
la percentuale di ossigeno inizia a diminuire con la quota. Aumentano le percentuali di gas leggeri
come elio e idrogeno. L'effetto riscaldante dell'ozono è terminato, e la temperatura diminuisce
sempre più con la quota fino a stabilizzarsi, al limite superiore della mesosfera, a circa -80ºC
(mesopausa).
In questo strato hanno origine le stelle cadenti, cioè i piccoli meteoriti che di solito non riescono a
raggiungere la superficie terrestre e bruciano prima di raggiungere la Terra, lasciando scie
luminose. Oltre la mesopausa, alla quota di circa 100 Km, l'aria è tanto rarefatta da non opporre una
resistenza tangibile al moto dei corpi, e diventa possibile muoversi con il moto orbitale. Per questo
motivo, in astronautica la mesopausa viene considerata il confine con lo spazio.
Termosfera
Oltre la mesopausa inizia la termosfera. In questo strato i gas presenti sono tanto rarefatti che è più
opportuno parlare di atomi e molecole, che ricevono quasi interamente la radiazione solare diretta e
sono quindi in prevalenza allo stato ionizzato (insieme agli strati superiori della mesosfera, la
termosfera costituisce la ionosfera terrestre). La temperatura in questo strato sale con l'altitudine,
per l'irraggiamento solare, ed arriva ai 1700ºC al suo limite esterno. Al confine fra mesopausa e
termosfera hanno luogo le aurore boreali.
La composizione chimica è ancora simile a quella media, con una predominanza di azoto e
ossigeno, ma cambia sempre più con l'altitudine. A circa 550 Km di quota, questi due gas cessano
di essere i componenti principali dell'atmosfera, e vengono spodestati da elio e idrogeno.
Esosfera
È la parte più esterna della atmosfera terrestre, dove la composizione chimica cambia radicalmente.
L'esosfera non ha un vero limite superiore, arrivando a comprendere anche le fasce di Van Allen. I
suoi costituenti, come già detto, sono per lo più idrogeno ed elio, in maggioranza particelle del
21
vento solare catturate dalla magnetosfera terrestre. Tramite metodi di osservazione indiretti e da
calcoli teorici si ricava che la temperatura dell'esosfera aumenta con l'altezza fino a raggiungere, se
non addirittura superare, i 2000°C(di temperatura cinetica).
Luna
La Luna è l'unico satellite naturale della Terra. Il suo nome proprio viene talvolta utilizzato, per
estensione e con l'iniziale minuscola (una luna), come sinonimo di 'satellite naturale'.
Il suo simbolo astronomico è una rappresentazione stilizzata della sua fase crescente (
).
La faccia della Luna rivolta in direzione opposta alla Terra si chiama propriamente faccia lontana.
A volte viene chiamata faccia oscura, il cui significato è qui inteso come sconosciuto e nascosto; si
riferisce anche al blackout delle comunicazioni radio, che avviene quando una sonda spaziale si
muove dietro la faccia lontana. Questa interruzione delle comunicazioni è causata dalla massa della
Luna che blocca i segnali radio. Il termine "faccia oscura" è spesso erroneamente interpretato come
una mancanza di radiazioni solari, ma il Sole illumina la faccia lontana esattamente come quella
rivolta verso di noi.
La maggior parte della faccia lontana non può essere vista dalla Terra, perché la rotazione della luna
attorno alla terra e la rotazione attorno al suo asse hanno lo stesso periodo. Una piccola porzione
può essere vista grazie alla librazione, che rende irregolare il moto di rotazione della Luna.
La faccia vicina della Luna è coperta da circa 30.000 crateri (contando quelli con un diametro di
almeno 1 chilometro). Il cratere lunare più grande, e in effetti il più grande conosciuto nell'intero
Sistema Solare, ne occupa l'intero Polo Sud. Questo cratere si trova sulla faccia lontana, ha un
diametro di 2.240 chilometri, ed è profondo 13 chilometri.
La Luna e la sfera celeste
La Luna compie un'orbita completa della sfera celeste circa ogni quattro settimane. Nel corso di
un'ora si muove nel cielo di una distanza vicina alla sua dimensione apparente, circa mezzo grado.
La Luna rimane sempre in una regione del cielo chiamata lo Zodiaco, che si estende circa 8 gradi
sopra e sotto l'eclittica. Questa viene attraversata dalla Luna ogni 2 settimane.
22
Formazione della Luna
Le origini della Luna sono al centro di un dibattito scientifico molto acceso. La teoria più
accredidata è quella secondo cui essa si sia formata a seguito della collisione di un asteroide delle
dimensioni simili a quelle di Marte con la Terra quando quest'ultima era ancora calda, nella prima
fase della sua formazione (tale asteroide è chiamato a volte Theia). Il materiale scaturito
dall'impatto rimase in orbita intorno alla Terra e per effetto della forza gravitazionale si riunì
formando la Luna. Detta comunemente la Teoria dell'Impatto Gigante, conta su simulazioni
pubblicate nell'agosto 2001 che la supportano. Una conferma di questa tesi deriva dal fatto che la
composizione della Luna è pressoché identica a quella del mantello terrestre privato degli elementi
più leggeri, evaporati per la mancanza di un'atmosfera e della forza gravitazionale necessarie per
trattenerli. Inoltre, l'inclinazione dell'orbita della Luna rende piuttosto improbabili le teorie secondo
cui la Luna si formò insieme alla Terra o fu catturata in seguito.
Caratteristiche fisiche
Poiché il periodo di rotazione della Luna è esattamente uguale al suo periodo orbitale, noi vediamo
sempre la stessa faccia della Luna, rivolta verso la Terra. Questa sincronia è il risultato della
frizione gravitazionale che ha rallentato la rotazione della Luna nella sua storia iniziale. A causa di
queste forze, dette anche forze di marea, anche la rotazione della Terra viene gradualmente
rallentata, e la Luna si allontana lentamente dalla Terra mentre il momento rotazionale di
quest'ultima viene trasferito al momento orbitale della Luna. L'attrazione gravitazionale che la Luna
esercita sulla Terra è la causa delle maree del mare. Le variazioni della marea sono sincronizzate
con l'orbita della Luna attorno alla Terra.
La Terra e la Luna orbitano attorno ad un centro di massa comune, che si trova ad una distanza di
circa 4.700 chilometri dal centro della Terra. Poiché questo centro si trova dentro alla massa
terrestre, il moto della Terra è meglio descritto come un'oscillazione. Viste dal Polo Nord della
Terra, le rotazioni dei due corpi celesti, l'orbita della Luna attorno alla Terra e l'orbita di questa
attorno al Sole sono tutte in senso antiorario.
Rispetto agli altri satelliti del sistema solare, la Luna è eccezionalmente grande rispetto al pianeta
attorno a cui orbita, tanto che il sistema Terra-Luna può essere quasi considerato un pianeta doppio
("quasi" perché il centro di gravità del sistema Terra-Luna è comunque di poco all'interno della
23
Terra). In genere, satelliti di dimensioni a lei comparabili orbitano attorno ai giganti gassosi (Giove,
Saturno), mentre i pianeti più affini alla Terra o non hanno satelliti (Venere) o ne hanno di
minuscoli (Marte).
Il piano dell'orbita della Luna è inclinato di 5 gradi rispetto a quello dell'orbita della Terra intorno al
Sole (il piano dell'eclittica). Il piano orbitale della Luna, assieme al suo asse di rotazione, ruota in
senso orario con un periodo di 18,6 anni, sempre mantenendo un'inclinazione di 5 gradi; questo
movimento è correlato alle nutazioni terrestri, che possiedono infatti lo stesso periodo. I punti dove
l'orbita lunare interseca l'eclittica sono chiamati i "nodi" lunari. Le eclissi solari accadono quando
un nodo coincide con una luna nuova; le eclissi lunari quando un nodo coincide con una luna piena.
Le ere geologiche della Luna vengono definite in base alla datazione di alcuni crateri che hanno
avuto un effetto significativo sulla sua storia.
Le forze di marea che oggi causano le maree terrestri erano attive anche quando la Luna era in via
di formazione, ed ancora fusa. Poi si raffreddò e si solidificò, ma mantenne la forma di un ellissoide
con l'asse maggiore puntato verso la Terra.
Composizione chimica
Più di 4,5 miliardi di anni fa, la superficie della Luna era un oceano di magma liquido. Gli scienziati
pensano che uno dei componenti delle rocce lunari (detto KREEP, acronimo dell'espressione
inglese K (potassio), Rare Earth Elements (terre rare), e P (fosforo), rappresenti l'ultimo resto del
magma originario. Il KREEP è composto da ciò che gli scienziati chiamano "elementi
incompatibili": sono elementi che non possono entrare a far parte delle strutture dei cristalli, e che
quindi sono lasciati inutilizzati, alla superficie del magma. Per i ricercatori, il KREEP è un
marcatore utile, per determinare la storia del vulcanismo lunare e tracciare la cronologia degli
impatti da parte di comete e altri oggetti celesti.
La crosta lunare è composta da una varietà di elementi primari: uranio, torio, potassio, ossigeno,
silicio, magnesio, ferro, titanio, calcio, alluminio e idrogeno. Quando viene bombardato dai raggi
cosmici, ogni elemento riemette nello spazio una sua propria radiazione particolare, sotto forma di
raggi gamma. Alcuni elementi, come l'uranio, il torio e il potassio, sono radioattivi ed emettono
raggi gamma per conto loro. Quale che sia la loro causa, i raggi gamma emessi da ogni elemento
sono diversi, e uno spettrometro è in grado di distinguerli, e appunto in questo modo è stato
24
possibile scoprirne l'esistenza. Una mappa globale della Luna, che riporti l'abbondanza di questi
elementi, non è ancora stata realizzata.
Presenza di acqua
La Luna per gran parte della sua storia antica è stata bombardata da comete e asteroidi, molte delle
quali ricche d'acqua. L'energia della luce solare divide la maggior parte di quest'acqua nei suo
elementi costituenti, idrogeno ed ossigeno, di cui la maggior parte si disperde immediatamente nello
spazio. È stato però ipotizzato che quantità significative di acqua possano rimanere sulla Luna, o
sulla superficie, o inglobate nella crosta. I risultati della sonda Clementine suggerirono che nelle
zone permanentemente in ombra della crosta si possano trovare piccole zone ghiacciate, che non
hanno occasione di sciogliersi. Anche se queste zone sono probabilmente piccole, la quantità
d'acqua totale potrebbe essere notevole: un miliardo di metri cubi, all'incirca il volume del lago
Erie.
Alcune molecole d'acqua, inoltre, potrebbero essere direttamente approdate alla superficie e rimaste
intrappolate dentro i crateri dei poli lunari. A causa della modesta inclinazione dell'asse di rotazione
lunare (solo 1,5°), alcuni dei crateri polari più profondi non ricevono mai luce dal Sole, rimanendo
sempre in ombra. È in questi crateri che gli scienziati si aspettano di trovare acqua, sempre che ce
ne sia. Se fosse trovata, l'acqua (sotto forma di ghiaccio) può essere estratta e quindi divisa in
idrogeno ed ossigeno da generatori ad energia solare. La presenza di quantità utilizzabili di acqua
sulla Luna potrebbe essere un fattore importante nel rendere possibile la sua colonizzazione, perché
il trasporto dalla Terra sarebbe estremamente costoso.
Le rocce della Luna raccolte dagli astronauti, tutte provenienti dalla zona equatoriale, non
presentavano alcuna traccia d'acqua. Neppure la sonda Lunar Prospector, o altre ricerche più
recenti, hanno trovato alcuna evidenza di acqua, ghiaccio o vapore d'acqua.
Campo magnetico
Il campo magnetico della Luna è molto debole a paragone di quello terrestre. Si pensa che una parte
di esso sia intrinseco (come in una parte della crosta lunare chiamata Rima Sirsalis), mentre le
collisioni con altri corpi celesti possono averne formata un'altra parte. In effetti, una delle questioni
ancora aperte nella scienza planetaria è se un corpo senz'aria, come la Luna, possa ottenere un
campo magnetico da impatti con comete ed asteroidi. Le misurazioni del campo magnetico possono
dare inoltre informazioni sulla dimensione e la conduttività elettrica del nucleo lunare, fornendo
25
quindi dati per una migliore teoria dell'origine della Luna. Per esempio, se il nucleo contenesse una
proporzione maggiore di elementi magnetici (come il ferro) rispetto a quella terrestre, la teoria della
nascita per impatto perderebbe credito (anche se potrebbero esistere spiegazioni alternative per
questo fatto).
Sopra tutta la crosta lunare si stende uno strato esterno di roccia polverosa, chiamata regolite. Sia la
crosta che la regolite sono distribuite in modo irregolare, l'una con uno spessore da 60 a 100
chilometri, l'altra passando da 3-5 metri nei mari fino a 10-20 metri sulle alture. Gli scienziati
pensano che queste asimmetrie siano sufficienti per spiegare lo spostamento del centro di massa
della Luna. L'asimmetria della crosta potrebbe anche spiegare la differenza nei terreni lunari, che
sono formati principalmente da mari sulla faccia vicina, e rocce sulla parte lontana.
Atmosfera
La Luna ha un'atmosfera tenue ed insignificante. I pochi atomi che la compongono derivano dal
degassamento (il rilascio di gas, come il radon, dalle rocce che compongono la luna), e dal vento
solare, che viene brevemente catturato dalla gravità lunare.
[modifica]
Osservazione della Luna
Grazie a quella che sembra essere una straordinaria coincidenza, la
grandezza apparente della Luna (vista dalla Terra) è quasi
esattamente quella del Sole, rendendo possibili eclissi solari che
lasciano però visibile la corona ad occhio nudo.
La Luna (e anche il Sole) sembra più grande quando è vicina
all'orizzonte. Questa è un'illusione ottica provocata dall'effetto psicologico della diversa percezione
delle distanze verso l'alto e in orizzontale. In realtà, la rifrazione atmosferica e la distanza
leggermente maggiore rendono l'immagine della Luna un poco più piccola all'orizzonte rispetto al
resto del cielo.
26
Varie aree chiare e scure creano immagini che sono interpretate nelle varie culture come l'Uomo
della Luna, oppure il coniglio e il bufalo, e altre. Al telescopio si possono riconoscere catene di
montagne e crateri. Le pianure, scure e relativamente spoglie di dettagli, sono chiamate mari lunari,
oppure maria in Latino, perché erano credute corpi d'acqua dagli astronomi antichi. Le parti più
chiare ed elevate sono chiamate terre, o terrae.
Durante le lune piene più brillanti, la Luna raggiunge una magnitudine apparente di circa -12,6. Per
confronto, il Sole ha una magnitudine apparente di -26,8 mentre Sirio, la stella più brillante, di solo
-1,4.
L'esplorazione della Luna
La faccia lontana della Luna è stata vista per la prima volta il 7 ottobre 1959, quando la sonda
sovietica Luna 3 fu messa in orbita attorno alla Luna.
Gli esseri umani sono atterrati sulla Luna il 20 luglio 1969, all'apice di una gara spaziale tra URSS e
Stati Uniti d'America, ispirata dalla guerra fredda. Il primo astronauta a camminare sulla superficie
lunare fu Neil Armstrong, comandante dell'Apollo 11. L'ultimo fu Eugene Cernan, che durante la
missione Apollo 17 camminò sulla Luna il dicembre 1972.
L'equipaggio dell'Apollo 11 lasciò una targa di acciaio inossidabile, per commemorare lo sbarco e
lasciare informazioni sulla visita ad ogni altro essere, umano o meno, che la trovi. Sulla targa c'è
scritto:
Here men from the Planet Earth first set foot upon the moon, July 1969, A.D.
We came in peace for all mankind.
Qui, uomini dal pianeta Terra posero piede sulla Luna per la prima volta, Luglio 1969 DC
Siamo venuti in pace, per tutta l'umanità.
La targa raffigura i due emisferi del pianeta Terra, ed è firmata dai tre astronauti e dall'allora
Presidente statunitense Richard Nixon.
Dopo gli sbarchi del Programma Apollo, nessun essere umano ha più camminato sulla Luna. Gli
americani persero interesse, i sovietici continuarono con sonde automatiche (tra cui le Lunakhod),
che riportarono anche campioni di suolo sulla Terra. Le altre nazioni non avevano le risorse
necessarie, e le due superpotenze non vedevano un vantaggio tale nell'esplorazione da giustificare
gli altissimi costi.
27
L'Agenzia Spaziale Europea e la Repubblica Popolare Cinese hanno entrambe piani per esplorare la
Luna, la prima mediante sonde e la seconda, secondo notizie recenti, con un programma di
esplorazione umana.
La sonda spaziale SMART-1 è stata lanciata il 27 settembre 2003, ed è arrivata nei pressi della
Luna all'inizio del 2005 (il motivo di un tempo così lungo è da trovarsi nel suo motore a ioni, un
nuovo tipo di motore spaziale molto economico ma piuttosto lento). Smart 1 effettuerà una
ricognizione completa della Luna e produrrà una mappa a raggi X della sua superficie [1].
La Cina, oltre all'esplorazione umana, sta considerando la possibilità di sfruttare minerariamente la
Luna, in particolare per l'isotopo Elio-3, da usare come fonte d'energia sulla Terra [2].
Nel 2001, Philippe Lheureux pubblicò un libro che sosteneva che le foto prese dagli astronauti
americani sulla Luna erano in realtà dei falsi realizzati sulla Terra. Nonostante tutte le sue teorie
siano state smentite, l'argomento continua a volte a suscitare polemiche.
Fasi lunari
Sono rappresentate dalla parte del satellite terreste
illuminata
dal
Sole.
Vi sono quattro posizioni fondamentali.
1. luna nuova (o congiunzione o fase di
novilunio)
2. primo quarto
3. luna piena (o opposizione o fase di
plenilunio)
4. ultimo quarto
Sorgere e tramontare della Luna
•
Con la luna nuova, la Luna è interposta fra la Terra e il Sole: sorge al mattino e tramonta
alla sera.
28
•
Nelle quadrature o quarti, le linee congiungenti la Terra, la Luna e il Sole formano un
angolo di 90°: al primo quarto sorge a mezzogiorno e tramonta a mezzanotte, all'ultimo
quarto sorge a mezzanotte e tramonta a mezzogiorno.
•
Con la luna piena la posizione della Terra è compresa tra Sole e Luna: sorge alla sera e
tramonta al mattino.
•
Congiunzione ed opposizione vengono denominate "sigizie".
La Luna compie una rivoluzione attorno alla Terra in 27 giorni, 7 ore, 43 minuti e 11 secondi. Il
mese lunare (ciclo completo di fasi) ha invece una durata di 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi.
La differenza è dovuta al fatto che nel frattempo sia la Terra che la Luna sono avanzate lungo
l'orbita terrestre ed il loro allineamento col Sole è cambiato.
Marte
Marte è il quarto pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole. Alcuni suoi parametri
orbitali, quali l'inclinazione dell'asse di rotazione e la durata del giorno, lo rendono abbastanza
simile alla Terra; a differenza di quest'ultima, tuttavia, Marte presenta un'atmosfera molto rarefatta,
temperature medie superficiali più basse e dimensioni assai ridotte (il suo diametro è solo la metà di
quello terrestre).
Come gli altri pianeti del sistema solare (fatta eccezione per la Terra), Marte prende il nome da
un'omonima divinità della mitologia romana. Il simbolo astronomico del pianeta è la
rappresentazione stilizzata dello scudo e della lancia del dio (
).
Cenni storici
Marte è di gran lunga il pianeta più facilmente
individuabile dalla Terra, per via della grande
luminosità relativa e del caratteristico colore rosso.
Per questo motivo già le popolazioni antiche lo
associavano all'immagine di Ares/Marte, dio del
fuoco e della guerra. Fu solo sul finire del XVIII
secolo,
tuttavia,
che
attente
osservazioni
consentirono la scoperta dei due satelliti naturali, Phobos e Deimos, probabilmente asteroidi
catturati dalla gravità del pianeta. L'esistenza di tali satelliti era già stata postulata da tempo, tanto
che oltre un secolo e mezzo prima Jonathan Swift ne citava alcuni dati orbitali approssimativi ne I
viaggi di Gulliver. Nello stesso periodo un'errata traduzione dei lavori di Schiaparelli, astronomo
29
italiano, portò il mondo scientifico a credere che su Marte vi fossero canali irrigui artificiali, mentre
effettivamente lo scienziato aveva solo parlato di grandi solchi sulla superficie.
Le aspettative del grande pubblico vennero disattese quando, nel 1965, la sonda Mariner 4
raggiunse per la prima volta il pianeta, non rilevando segni di costruzioni. Il primo atterraggio di
sonde automatiche avvenne undici anni dopo, con le missioni Viking I e II, ma non vennero rilevate
tracce di vita o di composti organici in superficie. Dal finire dello scorso secolo Marte è stato
nuovamente meta di numerose sonde, statunitensi ed europee, che hanno portato a un significativo
miglioramento delle nostre conoscenze sul pianeta. La strada è forse spianata per il primo sbarco
umano nei prossimi decenni.
Osservazione da Terra
Marte è un pianeta difficile da osservare, poiché a causa del periodo orbitale il pianeta risulta in
opposizione (e quindi facilmente osservabile) solo ogni due anni circa. Mentre a causa
dell'eccentricità orbitale la sua distanza relativa varia ad ogni opposizione determinando piccole e
grandi opposizioni, con un diametro apparente da 13,5 a 25 secondi d'arco. La superficie di Marte è
osservabile tramite l'uso di filtri rossi (W25), che permettono di enfatizzare i dettagli scuri della
superficie. I dettagli corrispondono a variazioni di albedo della superficie, ed essi mutano nel
tempo. Tuttavia molte delle strutture storiche rimangono sostanzialmente invariate nel tempo (Syrtis
Major, Hellas, Sinus Meridiani ecc).
Le tempeste di sabbia
Periodicamente la superficie è interessata da fenomeni intensi di tempeste di sabbia a causa delle
variazioni termobariche dell'atmosfera. Diversamente dalla Terra, questi fenomeni riescono ad
interessare il pianeta nella sua globalità, sollevando polvere e occultando totalmente la visione
superficiale. In questo caso per intere settimane al telescopio è non possibile riscontrare alcun
dettaglio.
Le calotte polari
Le calotte polari di Marte mostrano evidenti variazioni stagionali. Dipendentemente dalla stagione,
si può osservare un restringimento o un'espansione della struttura ghiacciata. Tramite opportune
tecniche è possibile eseguire misure della regressione e accertare numericamente la sua variazione.
30
Le nubi
Non di rado, è possibile osservare strutture nuvolose presenti. Molte di esse hanno una diversa
origine, alcune sono prodotte dalle variazioni di temperatura per il soprassiungere del giorno o della
notte (nubi mattutine o serali), mentre altre sono nubi tipiche di alcune regioni come picchi di
caldere vulcaniche (Monte Olimpus) o depressioni (bacino di Hellas). Alcuni di questi fenomeni si
dissolvono nel giro di alcune ore.
Parametri orbitali
Marte orbita attorno al Sole ad una distanza media di circa 228 milioni di km (1,52 unità
astronomiche); a causa della discreta eccentricità della sua orbita, pari a 0,09336, la sua distanza
dalla Terra all'opposizione può oscillare fra circa 100 e circa 50 milioni di km.
Il periodo di rivoluzione del pianeta è pari a 686,979 giorni terrestri; il piano dell'orbita si discosta
di circa 1,85° da quello dell'eclittica.
Marte ha una massa pari ad appena l'11% di quella terrestre; il suo raggio equatoriale misura 3393
km.
Atmosfera
L'atmosfera marziana si compone principalmente di
biossido di carbonio (95%), azoto (2,7%), argon
(1,6%), vapore acqueo, ossigeno e ossido di
carbonio. La pressione atmosferica media è di 7
millibar. Sono presenti perturbazioni atmosferiche
come tempeste di sabbia (che avvolgono anche
l'intero pianeta e durano mesi), che danno luogo a
fenomeni di erosione delle rocce. L'atmosfera di
Marte, a causa della bassa gravità del pianeta, è
estremamente rarefatta e completamente priva dei gas piú leggeri; la pressione rilevata dalle sonde
automatiche inviate sul pianeta è di circa 7-9 hPa nelle depressioni piú profonde (la pressione media
dell'atmosfera terrestre, a titolo di paragone, è di 1015 hPa). Precedenti osservazioni dei transiti di
Marte davanti alle stelle, effettuate da Terra, già prima dell'era spaziale avevano suggerito una
simile situazione.
31
L'atmosfera appare ricca di polveri che le conferiscono una caratteristica colorazione arancionemarrone quando osservata dalla superficie del pianeta; i dati registrati dai Mars Exploration Rover
indicano una dimensione media delle particelle sospese di circa 1.5 micrometri.[1].
La mancanza di ozono permette alle radiazioni ultraviolette solari, letali per ogni forma di vita
conosciuta, di raggiungere la superficie.
Nel marzo del 2004 le misurazioni della sonda orbitante europea Mars Express hanno confermato
ufficialmente la presenza di metano nell'atmosfera marziana, con una concentrazione volumetrica di
circa 10 parti per miliardo
[2]
. La presenza di un simile gas, altamente instabile, rende necessario
supporre l'esistenza di un processo di rigenerazione del metano tuttora in corso o comunque
avvenuta negli scorsi secoli; sono state ipotizzate un'origine vulcanica, cometaria o biologica (con
la presenza di microrganismi metanogeni), ma mancano conferme sperimentali a sostegno delle
teorie. Gli scienziati stanno attualmente cercando di individuare alcune componenti secondarie che
potrebbero rivelare l'origine del metano, come l'etano, che sulla Terra è generato dagli oceani
contestualmente al metano di provenienza biologica, o il diossido di zolfo, associato all'attività
vulcanica.
Superficie
La maggior parte dell'emisfero meridionale di Marte è costituita da un unico, vasto
altipiano che presenta molti crateri da impatto.
L'attività vulcanica è stata molto intensa sul pianeta, come testimonia la presenza
di imponenti vulcani. Il maggiore di essi è il Monte Olimpo, che, con una base di 600 km e
un'elevazione pari a circa 24 km rispetto alle pianure circostanti, è il maggior vulcano del sistema
solare. Esso è molto simile ai vulcani a scudo delle isole
Hawaii, originatisi dall'emissione per lunghissimi tempi di lava
molto fluida. Un gigantesco canyon, lungo 5000 km, largo 500
km e profondo 5/6 km attraversa il pianeta all'altezza
dell'equatore e prende il nome di Valles Marineris.
Struttura interna
Il nucleo di Marte, di ferro e solfuro di ferro, si estende
32
probabilmente per un raggio di circa 1600-1700 km; è sormontato da un mantello piú denso di
quello terrestre e da una spessa crosta.
Molto probabilmente il nucleo non è liquido; di conseguenza Marte non presenta un campo
magnetico apprezzabile né attività geologica di rilievo.
Satelliti naturali
Il pianeta possiede due satelliti naturali, Phobos, dal diametro di circa 27
km, e Deimos, che misura circa 10 km. Phobos è destinato, in un periodo
di tempo stimato in alcuni milioni di anni, ad avvicinarsi sempre più al
pianeta fino ad oltrepassare il limite di Roche e disintegrarsi per effetto
delle intense forze mareali.
I nomi dei satelliti significano, in lingua greca, paura e spavento; essi
impersonano gli aspetti negativi della guerra, rappresentata dal dio greco
Ares, Marte.
Visti dalla superficie di Marte, i due satelliti sembrano ruotare attorno
al pianeta in modo diverso: Fobos, molto più veloce, sorge ad ovest e
tramonta ad est, con un periodo apparente di 11 ore, mentre Deimos,
trovandosi appena al di sopra dell'orbita areosincrona, sorge ad est e
tramonta lentamente ad ovest, rimanendo visibile per 2,7 giorni
ininterrottamente.
L'orbita di Fobos è destinata a decadere ed il satellite, che ha già superato il limite di Roche del
pianeta ed è tenuto insieme solamente dalla coesione fra i suoi componenti, finirà per schiantarsi
sulla sua superficie; la presenza di numerosi crateri d'impatto in prossimità dell'equatore induce a
pensare che altri satelliti, in passato, abbiano subìto la medesima sorte. L'orbita di Deimos, per
contro, è in lento allontanamento da Marte.
Entrambi i satelliti presentano un caratteristico fenomeno di rotazione sincrona, in virtù del quale
essi rivolgono sempre la stessa faccia verso la superficie marziana.
33
Segue un prospetto con i dati dei satelliti di Marte, ordinati per periodo di rivoluzione intorno al
pianeta.
Nome
Dimensioni
Massa
Raggio
orbitale
medio
Periodo orbitale Scoperta
Marte I
Fobos
27,0×21,6×18,8 km 10,8×1015 kg 9 377 km 7,66 ore
Marte II
Deimos
10×12×16 km
2×1015 kg
23 460 km 30,35 ore
1877
1877
Visto da Marte, Fobos presenta un diametro apparente compreso fra 8' (al sorgere e al tramontare) e
12' (a perpendicolo), mentre Deimos si estende per circa 2'. Per confronto, il diametro angolare del
Sole è mediamente pari a 21'.
Esplorazione di Marte
Le missioni spaziali su Marte sono state numerose, sin dagli anni 60 quando hanno mostrato per la
prima volta il vero aspetto del pianeta, hanno permesso di comprendere meglio l'origine e
l'evoluzione della superficie e dell'atmosfera del pianeta.
Tuttavia rispetto alle numerose missioni spaziali effettuate fino ad oggi, i grandiosi successi vanno
affiancati ai molti insuccessi decretati da perdite e inconvenienti tecnici. Anche per questo motivo il
pianeta mantiene vivo il suo fascino e il suo mistero.
Vita su Marte
Al momento, non è stata trovata acqua liquida sulla superficie. Tuttavia appaiono i segni della
passata presenza di acqua: sono stati osservati canali simili ai letti dei fiumi sulla terra. È tuttora
oggetto di molti dibattiti l'origine dell'acqua liquida che un tempo scorreva sul pianeta; al giorno
d'oggi l'acqua, sotto forma di ghiaccio forma una piccola parte delle calotte polari (il resto è formato
da anidride carbonica solida) e si trova sotto il suolo del pianeta, ma in quantità ancora sconosciuta.
La presenza di acqua nel polo sud di Marte è stata confermata dalla sonda europea Mars Express nel
gennaio del 2004; nel 2005 il radar MARSIS, strumento italiano collocato a bordo della stessa
sonda, ha individuato un deposito di ghiaccio dello spessore maggiore di un chilometro tra gli 1,5 e
i 2,5 km di profondità, nei pressi della regione di Chryse Planitia.
34
Il 6 agosto 1996 David McKay annunciò la scoperta di un microrganismo fossile in un meteorite di
provenienza marziana. Questa prima prova dell'esistenza di vita extraterrestre è stata tuttavia al
centro di studi scientifici contraddittori, e ancora oggi molti studiosi sono al lavoro per confermare
o smentire questa ipotesi.
Giove
Giove è il quinto pianeta del sistema solare in ordine di distanza
dal Sole, ed è di gran lunga il più massiccio. Il suo pozzo
gravitazionale gioca un ruolo fondamentale nella determinazione
delle orbite degli altri pianeti e corpi minori (soprattutto comete
e asteroidi) del sistema solare.
Si tratta di un gigante gassoso: non possiede una superficie
solida, ma è semplicemente costituito di gas, che diventa sempre
più denso man mano che si scende verso l'interno del pianeta,
fino a diventare liquido. A causa della sua natura e dell'alta
velocità di rotazione, la sua forma appare quella di un ellissoide
di rotazione, schiacciato ai poli.
Il suo simbolo astronomico è una rappresentazione stilizzata del fulmine del dio (
35
).
Cenni storici
Giove è noto fin dall'antichità, essendo visibile ad occhio nudo nel cielo terrestre; i Romani gli
dettero il nome del dio Giove.
Nel 1610 Galileo Galilei scoprì i quattro principali satelliti del pianeta, noti da allora come satelliti
galileiani, grazie al telescopio; erano i primi corpi celesti ad essere individuati in orbita attorno ad
un pianeta diverso dalla Terra. Questo elemento deponeva a favore della teoria copernicana.
Nel 1672 Rømer osservando i satelliti di Giove si accorse che i tempi tra le eclissi (in particolare di
Io) diventavano più brevi quando la Terra si avvicinava a Giove e più lunghi quando la Terra si
allontanava. Questo strano effetto fu legato alla velocità della luce, determinando per la prima volta
un valore preciso.
Osservazione da Terra
Giove è un pianeta particolarmente affascinante da osservare al telescopio. Esso presenta
formazioni atmosferiche facilmente visibili, note come bande e zone, le prime scure e le seconde
chiare. Ad una visione approfondita è possibile vedere che esse non sono semplicemente parallele
tra di loro, ma che si presentano come strutture frastagliate ricche di vortici, come la Grande
Macchia Rossa.
Spesso è possibile osservare il transito dei satelliti galileiani del pianeta, che proiettano la propria
ombra sul disco gioviano.
Atmosfera
L'atmosfera di Giove è costituita per il 90% da idrogeno e il 10% di elio, con varie tracce di
metano e ammoniaca. La parte superiore dell'atmosfera (spessa 1000 chilometri) è mossa da
fortissimi venti che hanno velocità superiore ai 400 e, occasionalmente, ai 500 chilometri orari. Le
nuvole sono costrette dall'alta velocità di rotazione a formare delle bande parallele all'equatore,
interrotte da perturbazioni cicloniche. La maggiore, chiamata Grande Macchia Rossa, è un
immenso vortice permanente (con un diametro di 25-50000 chilometri, due volte la Terra) che ruota
assieme all'atmosfera. Venne osservata per la prima volta dall'astronomo italiano Giovanni Cassini
più di 300 anni fa.
36
L'analisi spettroscopica nel campo negli infrarossi ha permesso di individuare alcune componenti
infinitesimali dell'atmosfera di Giove che potrebbero denunciare la presenza di reazioni chimiche
complesse ancora sconosciute nella bassa atmosfera. Si tratta di tracce di monossido di carbonio,
fosfina, idruro di germanio ed arsina. Si teorizza che questi composti, che normalmente non
potrebbero esistere in un'atmosfera a base di idrogeno ed elio, abbiano origine circa 400 km al di
sotto del livello atmosferico osservabile e siano poi spinti più in alto da forti moti convettivi.
Aspetto superficiale
Il pianeta è diviso idealmente in bande e zone; le prime sono strutture nuvolose scure, mentre le
seconde sono chiare. Esse si distinguono soprattutto per i moti e le temperature differenti: nelle
bande le temperature sono più elevate e i gas hanno un moto discendente verso gli strati bassi
dell'atmosfera, mentre le zone presentano temperature più basse con un moto ascensionale dei
fluidi.
L'atmosfera visibile di Giove è inoltre divisa in zone equatoriali, temperate e polari. Al telescopio è
possibile scorgere delle strutture visibili dettate dal moto dei fluidi, quali dei prolungamenti delle
bande equatoriali a forma di arco, degli ovali chiari (cicloni in movimento) e la Grande Macchia
Rossa.
Struttura interna
Al di sotto dell'atmosfera l'idrogeno, da gassoso, si fa liquido, mentre a circa 24000 chilometri di
profondità si trasforma in idrogeno metallico liquido; questo stato molto particolare è simile a
quello raggiunto all'interno del Sole, ma ad una temperatura molto inferiore. Si ritiene che esso sia
responsabile dell'enorme campo magnetico di Giove. La suddivisione fra i diversi stati non è
precisa, e le diverse fasi dell'idrogeno compenetrano gradualmente l'una nell'altra.
Il nucleo del pianeta è piccolo e roccioso.
La gravità presente su Giove, sulla sua superficie liquida, è molto alta, la maggiore nel sistema
solare, escluso naturalmente il Sole. Si è calcolato che sia pari a 2,64 volte quella presente sulla
Terra. Questo significa, fra l'altro, che un uomo che sulla Terra pesi 80 chili, su Giove peserebbe
circa 200 chili. A meno di scoperte rivoluzionarie o di soluzioni fantasiose (l'astronauta immerso in
un ambiente di acqua, contenuto in una speciale vasca nell'astronave), è impossibile per un essere
37
umano odierno visitare la superficie liquida di Giove. È però possibile esplorarne l'atmosfera
gassosa.
Gli altri pianeti gassosi (o meglio "liquidi"), e cioè Saturno, Urano e Nettuno, hanno un valore di
gravità simile a quello vigente sulla Terra, e sono perciò teoricamente esplorabili dall'uomo.
Saturno, addirittura, pur essendo molto grande, e con un volume simile a quello di Giove, possiede
però una massa molto minore (la materia è meno densa), tanto che la gravità alla sua superficie è
minore di quella terrestre.
Satelliti naturali
Giove è circondato da una serie di sottilissimi
anelli composti da piccole particelle rocciose.
Attorno al pianeta ruotano 63 satelliti. I più
importanti, detti anche Galileiani o Medicei,
furono scoperti da Galileo Galilei e da questi
dedicati a Cosimo II de' Medici), e sono:
•
Io: caratterizzato da un'intensa attività vulcanica, provocata dalla piccola distanza che lo
separa da Giove e dalla sua orbita eccentrica. Il satellite è in continua mutazione provocata
dall'emissione di materiale vulcanico.
•
Europa: ha un nucleo roccioso ricoperto da una spessa coltre di ghiaccio, priva di crateri. È
l'unico corpo del Sistema Solare, oltre alla Terra, sul quale è possibile trovare acqua in
forma liquida, nascosta sotto lo spesso strato di ghiaccio superficiale. A causa dei continui
movimenti della crosta ghiacciata sulla superficie del satellite è impossibile rinvenire crateri
meteroritici, ben visibili su tutti gli altri satelliti gioviani.
•
Ganimede: il più grande dei satelliti, formato da ghiaccio e rocce.
•
Callisto: composto da ghiaccio e roccia, ha una superficie intensamente craterizzata.
Un altro importante satellite è:
•
Amaltea
38
Anelli
Un mosaico di fotografie degli anelli di Giove scattate dalla sonda
statunitense Galileo mentre si trovava nel cono d'ombra del
pianeta.
Anche Giove presenta un sistema di anelli scoperto nel 1979 dalla
sonda spaziale Voyager 1 effettuando un sorvolo ravvicinato del pianeta. La debole struttura, non
visibile dalla terra, è stata successivamente studiata nelle altre missioni spaziali.
La collisione con la Shoemaker-Levy
Fra il 16 ed il 22 luglio del 1994, i frammenti della cometa
Cometa Shoemaker-Levy 9 caddero su Giove in un vero e
proprio bombardamento. L'evento era stato previsto da
tempo, ma le previsioni su cosa sarebbe stato visibile erano
incerte. I numerosissimi telescopi puntati sul pianeta, sia
professionali che amatoriali, ripresero immagini che tutti
definirono spettacolari. Le esplosioni causate dalla caduta
della cometa furono anche utili per investigare le proprietà
dell'atmosfera di Giove sotto gli immediati strati
superficiali.
La collisione del primo frammento avvenne il 16 luglio alle 22,15, stupendo gli osservatori per la
sua spettacolarità. Il frammento toccò Giove ad una velocità di 216.000 chilometri orari, con una
potenza pari a 200.000 megatoni: la temperatura dopo l'impatto salì a 30.000 gradi centigradi. Il
cratere rimasto è grande quanto metà della Terra.
Dalla prima collisione si poté constatare che i frammenti della cometa non erano solo composti da
gas, ghiaccio e pietrisco, come ci si aspettava, ma da elementi decisamente più resistenti, tanto da
permettere agli stessi frammenti di non disintegrarsi al contatto con l'atmosfera gioviana.
Esplorazione di Giove
Molte missioni spaziali hanno portato delle sonde in vicinanza di Giove.
39
Le missioni Pioneer
La Pioneer 10 ha fatto un flyby di Giove nel mese
di dicembre del 1973, seguita dalla Pioneer 11
esattamente un anno più tardi. Sono state le prime
sonde a sorvolare il pianeta gassoso, fotografando
per la prima volta la superficie.
Le missioni Voyager
La Voyager 1 ha effettuato un flyby nel marzo del
1979 seguita dalla Voyager 2 nel luglio dello stesso
anno. Le missioni Voyager hanno migliorato enormemente la comprensione delle lune galileiane ed
alla scoperta degli anelli di Giove. Hanno anche ripreso le prime immagini ravvicinate
dell'atmosfera del pianeta.
La missione Ulysses
Nel febbraio del 1992, la sonda solare Ulysses ha effettuato un passaggio ravvicinato attorno a
Giove ad una distanza di 450000 km (6,3 raggi gioviani). Il flyby era necessario per raggiungere
l'orbita polare attorno al Sole, ed è stato sfruttato per condurre studi sulla magnetosfera di Giove.
Poiché la sonda non aveva telecamere a bordo, non è stata ripresa alcuna immagine. Nel febbraio
2004 la sonda si avvicinò nuovamente a Giove, anche se questa volta la distanza fu molto maggiore,
circa 240 milioni di chilometri.
La missione Galileo
Giunta su Giove nel 1995, la sonda Galileo ha eseguito misure e fotografie attorno al pianeta sino al
2003 con lo schianto in atmosfera.
Io
Io è un satellite naturale di Giove, il più interno dei quattro satelliti medicei. Il suo nome deriva da
quello di Io, una delle molte amanti di Zeus secondo la mitologia greca.
40
Sebbene il nome Io fu suggerito da Simon Marius poco dopo la scoperta del satellite, sia questo
nome che quelli assegnati agli altri satelliti galileiani caddero in disuso, e non furono più utilizzati
fino alla metà del XX secolo. Nella maggior parte della letteratura astronomica, Io è chiamato
semplicemente con la sua designazione numerica Giove I oppure come il primo satellite di Giove
Atmosfera
Io possiede una sottile atmosfera, composta da diossido di zolfo e forse da altri gas.
Superficie
La caratteristica più evidente ed importante della superficie di Io è la presenza di numerosissimi
vulcani: si tratta del corpo più vulcanicamente attivo del sistema solare. A differenza dei vulcani
terrestri, i vulcani di Io emettono zolfo o forse biossido di zolfo.
Vulcanesimo di Io
L'energia per l'attività vulcanica del satellite deriva
probabilmente
dalle
forze
di
marea
sprigionate
dall'interazione tra Io, Giove e altri due satelliti naturali del
pianeta, Europa e Ganimede. I tre satelliti si trovano in
risonanza orbitale reciproca, in modo che Io completa due
orbite per ogni orbita di Europa, la quale a sua volta
completa due orbite per ogni orbita di Ganimede. Sebbene
Io rivolga sempre lo stesso emisfero verso Giove (per un
fenomeno di rotazione sincrona), l'interazione gravitazionale
con Europa e Ganimede provoca periodiche oscillazioni che
finiscono per causare allungamenti e contrazioni di Io fino a variare il suo diametro anche di 100
metri, e generano calore a causa della frizione interna.
Alcuni dei pennacchi vulcanici di Io sono stati visti estendersi per oltre 300 chilometri al di sopra
della superfice prima di ricadere; il materiale espulso raggiunge la velocità di circa un chilometro al
secondo. Le eruzioni vulcaniche cambiano rapidamente: nei quattro mesi trascorsi fra l'arrivo del
Voyager 1 e quello del Voyager 2 alcune eruzioni si erano placate, mentre ne erano iniziate delle
nuove. Anche i depositi di detriti circondanti i pennacchi erano cambiati.
41
Un'altra fonte di energia per Io è dovuta al suo continuo attraversamento dell'imponente campo
magnetico di Giove, che genera notevoli correnti elettriche al suo interno. Anche se poco rilevanti
rispetto all'energia derivante dal riscaldamento mareale, queste correnti possono portare fino a 1000
gigawatt, con una differenza di potenziale di 400 000 volt. Esse sottraggono ad Io atomi ionizzati al
un ritmo di una tonnellata al secondo; il materiale espulso va ad alimentare un toro di intensa
radiazione che circonda Giove, e risulta visibile in modo evidente nell'ultravioletto. Le particelle
che sfuggono da questo toro sono parzialmente responsabili dell'insolita grandezza della
magnetosfera di Giove, perché contribuiscono ad aumentarne l'estensione esercitando una pressione
radiativa dal suo interno.
La posizione di Io relativamente alla Terra e a Giove ha un forte effetto sulle emissioni radio
gioviane: quando Io è visibile, esse aumentano considerevolmente.
I dati rilevati dalla sonda Galileo sembrano indicare che Io possieda un campo magnetico proprio.
Altre formazioni
Oltre agli edifici vulcanici, la superficie di Io ospita montagne di natura non vulcanica, numerosi
laghi di zolfo fuso, caldere vulcaniche profonde anche
chilometri, ed estese colate, lunghe centinaia di
chilometri, di fluidi a bassa viscosità (forse qualche forma
di zolfo o silicati fusi). Lo zolfo e i suoi composti
presentano una grande varietà di colori, e sono
responsabili della colorazione inusuale di Io.
L'analisi delle immagini inviate a Terra dalle sonde
Voyager negli anni settanta del XX secolo portò a
concludere che le colate di lava sulla superficie di Io
erano composte da vari derivati dello zolfo fuso.
Osservazioni successive, condotte da Terra nella banda
dell'infrarosso, hanno rivelato che esse sono troppo calde
per essere costituite da zolfo liquido: i punti più caldi
possono raggiungere i 2000 K (anche se la temperatura
media è prossima ai 130 K). Un'ipotesi è che le lave di Io siano composte di rocce silicee fuse.
Recenti osservazioni condotte col Telescopio Spaziale Hubble indicano che il materiale potrebbe
42
essere ricco di sodio. Non è escluso che le diverse regioni di Io possano essere caratterizzate dalla
presenza di differenti materiali.
Acqua
A differenza delle altre lune galileiane, Io non possiede praticamente acqua. La causa è
probabilmente il calore eccessivo causato da Giove, che durante la formazione del satellite lo
surriscaldò a tal punto da espellere tutti gli elementi volatili, non riuscendo tuttavia a fare altrettanto
per gli altri satelliti medicei situati a distanze più elevate.
Struttura interna
A differenza della maggior parte dei satelliti del sistema
solare esterno, Io sembra presentare una composizione
analoga a quella dei pianeti terrestri, composti in prevalenza
di rocce silicee fuse. I dati della sonda Galileo suggeriscono
che Io abbia un nucleo di ferro (in cui forse è presente anche
del solfuro di ferro) del raggio di almeno 900 km.
Quando le immagini del Voyager 1, la prima sonda di fabbricazione umana a raggiungere il sistema
di Giove, arrivarono a Terra nel 1979, ci si aspettava di osservare sulla superficie di Io un gran
numero di crateri che potessero permettere di calcolare l'età dell'oggetto. A differenza degli altri
satelliti naturali di Giove, tuttavia, Io manca completamente di crateri, a causa della fortissima
attività vulcanica che ne trasforma continuamente il territorio. La superficie di Io è giovane almeno
quanto quella della Terra, e le formazioni geologiche visibili oggi si sono formate in tempi
relativamente recenti. Per confronto, le superfici pesantemente craterizzate di vari corpi celesti,
considerate vecchie, sono rimaste immutate per miliardi di anni, a parte qualche occasionale nuovo
cratere: è tipicamente il caso di Mercurio e della Luna.
43
Europa
Europa è il quarto satellite naturale del pianeta Giove per
dimensioni, ed uno dei più massicci dell'intero sistema solare.
Venne scoperto da Galileo Galilei il 7 gennaio 1610 assieme
ad Io, Ganimede e Callisto, da allora comunemente noti con
l'appellativo di satelliti galileiani.
Il suo nome deriva da quello di Europa, una delle tante amanti
di Zeus secondo la mitologia greca. Lo stesso personaggio ha
dato origine anche al nome del continente europeo.
In gran parte della prima letteratura astronomica, ci si riferiva ad Europa ricorrendo semplicemente
alla sua designazione numerica romana come Giove II, o come "secondo satellite di Giove"
Parametri orbitali
Europa orbita attorno a Giove con un periodo di circa tre giorni e mezzo; il semiasse maggiore
dell'orbita è pari a 670 900 km. L'orbita è praticamente circolare (eccentricità: 0,0094).
Similmente agli altri satelliti galileiani, Europa presenta un caratteristico fenomeno di rotazione
sincrona rispetto a Giove; il medesimo emisfero del satellite è sempre rivolto verso il gigante
gassoso. L'intensa interazione gravitazionale con Giove e con gli altri galileiani genera
presumibilmente un notevole calore interno, potenzialmente responsabile di un'attività geologica di
rilievo.
Atmosfera
Osservazioni condotte nel 1994 tramite lo spettrografo di bordo del telescopio spaziale Hubble
hanno rivelato la presenza di una tenue atmosfera attorno al satellite, composta di ossigeno. La
pressione atmosferica al suolo è nell'ordine del micropascal. Di tutti i satelliti naturali del sistema
solare, solo altri sei (Io, Ganimede, Callisto, Titano, Encelado e Tritone) possiedono un'atmosfera
apprezzabile.
A differenza dell'ossigeno presente nell'atmosfera terrestre, quello di Europa non ha origine
biologica; è con tutta probabilità generato dall'interazione della luce solare e di particelle cariche
con la superficie ghiacciata del satellite, che porta alla produzione di vapor d'acqua. In seguito alla
44
dissociazione in ossigeno e idrogeno, quest'ultimo sfugge con facilità all'attrazione gravitazionale
del corpo e si disperde nello spazio.
Superficie
L'aspetto della superficie di Europa,
quasi completamente liscia e priva
di
crateri
plausibile
da
un
impatto,
suo
rende
costante
rimodellamento, ad opera di un
oceano di acqua allo stato liquido
che secondo le teorie comunemente
accettate dovrebbe trovarsi al di sotto dei suoi ghiacci. Le immagini inviate a Terra dalla sonda
Galileo, entrata in orbita nel dicembre 1995 attorno a Giove, suggeriscono la presenza di una
immensa crosta ghiacciata simile al pack dei mari polari della Terra.
La temperatura superficiale si aggira intorno ai 120 K (circa -150 °C), ma al di sotto della crosta si
potrebbero raggiungere temperature ben più elevate per via del calore prodotto dall'interazione
mareale con Giove. Questo fenomeno, sebbene non vistoso come quello in atto su Io, sarebbe in
grado di mantenere allo stato liquido gli strati interni di Europa.
Struttura interna
Secondo le teorie comunemente accettate, al di sotto della crosta
ghiacciata di Europa si troverebbe uno strato di acqua liquida. Se
l'ipotesi venisse confermata, potrebbe trattarsi di una scoperta di
enorme rilievo; sinora non sono stati infatti individuati su nessun
corpo del sistema solare (ad eccezione della Terra) grandi
giacimenti d'acqua allo stato liquido. Un ulteriore motivo di interesse deriva dal fatto che, secondo
prove indirette, l'oceano sotterraneo potrebbe essere composto di acqua salata ed avere una
temperatura prossima allo zero centigrado; si tratterebbe quindi di condizioni ambientali favorevoli
allo sviluppo di forme di vita elementari, simili a quelle individuate sulla Terra nei ghiacci antartici
a oltre 4 chilometri di profondità.
45
Ad avvalorare questa ipotesi c'è l'analisi dei dati magnetometrici rilevati dalla sonda Galileo, che ha
mostrato che a una profondità compresa tra i 5 e 20 chilometri, esiste una strato di materia che
conduce elettricità. Le variazioni magnetiche osservate sono possibili perché Europa orbita intorno
a Giove immersa nel vasto campo magnetico del pianeta. Questo induce una corrente elettrica in
uno strato conduttore prossimo alla superficie del satellite, corrente cha a sua volta genera un campo
magnetico secondario.
La prova che l'attività magnetica rilevata proviene da questo campo magnetico secondario è basata
sulle variazioni di polarità del campo magnetico di origine gioviana nello spazio in cui viene a
trovarsi Europa nel corso del suo moto orbitale. La posizione dei poli magnetici si inverte infatti in
maniera prevedibile al cambiare della posizione del satellite, come effettivamente rilevato durante il
flyby del 2000 in cui la loro posizione era opposta rispetto a quella osservata nei passaggi
ravvicinati del 1996 e del 1998.
I modelli attualmente in studio basati sulla presenza di un oceano salato riescono a riprodurre le
variazione del campo magnetico osservate e quindi l'ipotesi che lo strato conduttore sia uno spesso
strato di acqua salmastra simile a quella degli oceani terrestri è quella più plausibile, anche se la
possibilità che si tratti di altro materiale conduttore come la grafite non può essere esclusa e su
questo si stanno concentrando gli sviluppi della ricerca ora in corso.
Ganimede
Ganimede è il principale satellite naturale del pianeta
Giove, e il più massiccio dell'intero sistema solare; supera
per dimensioni (ma non per massa lo stesso Mercurio.
Scoperto da Galileo Galilei nel 1609, deve il suo nome al
personaggio di Ganimede, coppiere degli dei della
mitologia greca, amato da Zeus (l'equivalente greco di
Giove).
In gran parte della prima letteratura astronomica ci si
riferive a Ganimede servendosi della designazione numerica
romana come Giove III o come "terzo satellite di Giove".
46
Cenni storici
La scoperta di Ganimede è attribuita a Galileo Galilei, che ne documentò per primo l'esistenza nel
1610; il suo nome fu suggerito da Simon Marius, anche se cadde per un lungo tempo in disuso. Si
tratta dell'unico satellite mediceo ad essere intitolato ad una figura mitologica di sesso maschile.
Osservazione da Terra
Ganimede è l'unico satellite naturale visibile ad occhio nudo da Terra, naturalmente ad eccezione
della Luna, a patto di trovarsi in condizioni osservative ideali e di godere di una vista acuta; le sue
prime osservazioni potrebbero risalire all'astronomo cinese Gan De, nel 364 a.C..
Atmosfera
Verso la metà degli anni ottanta del XX secolo un gruppo di astronomi indiani e statunitensi
dell'Osservatorio Lembang, in Indonesia, hanno individuato una tenue atmosfera che circonda il
satellite, nel corso di un'occultazione stellare da parte di Giove. L'atmosfera, come rivelato dalle
osservazioni condotte mediante il telescopio spaziale Hubble, sarebbe composta in massima parte
da ossigeno, similmente a quanto accade su Europa. Probabilmente l'ossigeno deriva dalla
scomposizione del ghiaccio d'acqua superficiale di Ganimede per effetto della radiazione solare
incidente; l'idrogeno prodotto nella reazione è troppo leggero per essere trattenuto dal satellite e si
disperde nello spazio.
Superficie
La superficie di Ganimede presenta due tipologie di terreno assai differenti; regioni scure, antiche e
fortemente craterizzate si contrappongono a zone più chiare, di formazione più recente, ricche di
scoscendimenti e scarpate. La loro origine è chiaramente di natura tettonica, ed è probabilmente da
attribuirsi ai movimenti di rilassamento e di riposizionamento della crosta ghiacciata del satellite.
Sono visibili anche formazioni geologiche che testimoniano la presenza di flussi lavici in passato.
Queste caratteristiche rendono le regioni più giovani della superficie ganimediana relativamente
simili a quelle di Encelado, Ariel e Miranda; le regioni più antiche ricordano la superficie di
Callisto.
Entrambi i tipi di terreno sono fortemente craterizzati, e risalgono probabilmente a 3,5-4 miliardi di
anni fa, un'età simile a quella degli altipiani lunari. Alcuni crateri si sovrappongono alle fenditure
47
nel terreno, mentre altri ne sono divisi; questo indica un'origine simultanea dei diversi tipi di
formazione geologica. I crateri più recenti presentano anche le caratteristiche strutture a raggiera; a
differenza dei crateri lunari, tuttavia, essi sono relativamente più piatti e meno pronunciati, e sono
privi dei rilievi circostanti e della depressione centrale, probabilmente per via dell'assenza di roccia
dalla superficie del satellite. La superficie ganimediana è inoltre ricca di palinsesti.
La formazione principale della superficie di Ganimede è una pianura scura nota come Galileo
Regio.
Struttura interna
Ganimede si compone principalmente di silicati e ghiaccio
d'acqua; presenta una crosta ghiacciata che scivola su di un
mantello di ghiaccio più tiepido, e che potrebbe anche ospitare uno
strato di acqua liquida.
Le indicazioni provenienti dalla sonda Galileo sembrano
suffragare una differenziazione di Ganimede in tre strati concentrici: un piccolo nucleo di ferro (o
ferro/zolfo), un mantello roccioso ricco di silicati ed una crosta ghiacciata. La presenza di un nucleo
metallico suggerisce che in passato Ganimede possa essere stato esposto a temperature più elevate
delle attuali.
La struttura interna di Ganimede potrebbe essere analoga a quella di Io.
Campo magnetico
Nel corso del primo fly-by del satellite da parte della sonda Galileo è stato possibile individuare il
campo magnetico di Ganimede, contenuto all'interno della ben più vasta magnetosfera di Giove;
Ganimede è attualmente l'unico satellite naturale conosciuto a presentare un campo magnetico,
probabilmente generato dalla rotazione di materiale conduttore presente nel suo nucleo metallico.
Parte del campo magnetico satellitare è indotta, e deriva probabilmente dalla presenza di uno strato
conduttore nel suo sottosuolo, forse uno strato di acqua liquida ricca di sale situato ad una
profondità di circa 150 km.
48
Callisto
Callisto è uno dei quattro principali satelliti naturali del
pianeta Giove (i cosiddetti satelliti galileiani); si tratta del
terzo satellite dell'intero sistema solare in virtù delle sue
dimensioni, confrontabili con quelle di Mercurio.
Atmosfera
Callisto presenta un'atmosfera molto tenue, composta
principalmente da diossido di carbonio. Il satellite orbita
appena all'esterno dalla cintura di radiazioni di Giove.
Superficie
Callisto è il satellite naturale più pesantemente craterizzata del sistema solare. In effetti, i crateri da
impatto e i loro anelli concentrici sono la sola struttura presente su Callisto; non vi sono grandi
montagne o altre caratteristiche prominenti. Questo dipende probabilmente dalla natura ghiacciata
della sua superficie, dove i crateri e le montagne più grandi vengono cancellati dallo scorrimento
del ghiaccio durante tempi geologici.
La superficie di Callisto è dominata da due enormi crateri: il cratere Valhalla, il più grande, presenta
una regione centrale brillante larga 600 chilometri, e anelli
concentrici che raggiungono i 3000 chilometri di diametro; il
secondo, il cratere Asgard, presenta un diametro esterno di 1600
chilometri.
Un'altra caratteristica interessante è la Gipul Catena, una lunga
serie di crateri da impatto posti su una linea retta lungo la
superficie di Callisto. La sua origine è probabilmente da ricondursi alla frammentazione e al
successivo impatto di un oggetto che fu distrutto dalle forze di marea mentre passava vicino a Giove
(come la Cometa Shoemaker-Levy 9).
Alla crosta del satellite è stata assegnata un'età di circa 4 miliardi di anni, risalente quindi quasi alla
formazione del sistema solare.
49
Attività geologica
A differenza del vicino Ganimede, che mostra un terreno variegato, Callisto non presenta evidenza
di attività simili alla tettonica a placche. Pur trattandosi di due oggetti relativamente simili, sembra
che Callisto abbia avuto una storia geologica più semplice.
Questa differenza è un problema di notevole interesse per
la planetologia.
Struttura interna
La superficie butterata di Callisto si estende al di sopra di
uno strato ghiacciato spesso circa 200 chilometri. Sotto la crosta si trova probabilmente un oceano
salato, spesso 10 chilometri.
L'oceano fu scoperto indirettamente attraverso studi del campo magnetico attorno a Giove e ai suoi
satelliti più interni; fu trovato che il campo magnetico di Callisto è variabile in direzione, in risposta
alle diverse configurazioni orbitali del satellite rispetto al campo magnetico di Giove. Questo
suggerisce che all'interno di Callisto si trovi uno strato di fluido molto conduttivo.
Un altro indizio è che l'emisfero del satellite direttamente opposto al cratere Valhalla non mostra
alcuna frattura, a differenza di quanto succede agli antipodi di crateri di simili dimensioni sulla
Luna o su Mercurio; uno strato liquido sarebbe probabilmente in grado di assorbire le onde
sismiche prima che esse possano rifocalizzarsi sul punto opposto della crosta planetaria.
Sotto l'oceano, Callisto sembra presentare un nucleo particolare, non interamente uniforme, ma
tuttavia stabile. I dati della sonda Galileo suggeriscono che questo nucleo sia composto da roccia e
ghiaccio compressi, con una percentuale di roccia crescente all'aumentare della profondità.
Fra i satelliti galileiani è da ricordare che Callisto è caratterizzato dalla densità minore; esso si
compone per il 40% di ghiaccio e il 60% di roccia e ferro. Titano e Tritone, due fra i principali
satelliti del sistema solare, presentano probabilmente una composizione analoga.
Satelliti naturali di Giove
Il pianeta Giove possiede un elevato numero di satelliti naturali, attualmente quantificato in 63.
50
Il numero preciso di satelliti non sarà mai quantificato esattamente, perché i frammenti ghiacciati
che compongono i suoi anelli possono tecnicamente essere considerati tali, e a tutt'oggi l'Unione
Astronomica Internazionale non ha voluto porre con precisione una linea arbitraria di distinzione tra
satelliti minori e grandi frammenti ghiacciati.
Cronologia delle scoperte
I primi quattro satelliti gioviani ad essere scoperti furono i galileiani, o medicei, che Galileo Galilei
individuò per la prima volta nel 1610, sebbene alcuni ipotizzino una precedente scoperta da parte
dell'astronomo cinese Gan De, nel 362 a.C.. Nei tre secoli e mezzo compresi fra la scoperta di
Galileo e l'inizio dell'era spaziale vennero progressivamente individuati nove altri satelliti, grazie
all'osservazione da Terra.
La missione Voyager 1, nel 1979, permise la scoperta di tre ulteriori satelliti interni, portando il
totale a 16; in verità era stato osservato un diciassettesimo satellite, Temisto, ma i suoi parametri
orbitali non poterono essere ricavati e la sua scoperta non venne ufficializzata. Fino al 1999 si
riteneva così che il sistema di Giove fosse composto da soli 16 satelliti.
A partire dall'ultimo biennio del XX secolo nuove osservazioni da Terra, condotte attraverso
strumenti sempre più potenti, hanno permesso la progressiva individuazione di quarantasei nuovi
satelliti (oltre alla riconferma di Temisto), dalle dimensioni comprese fra 3 e 9 km; si tratta con ogni
probabilità di asteroidi catturati o di corpi cometari frammentatisi in seguito ad un sorvolo
ravvicinato di Giove. Il numero di satelliti gioviani conosciuti è così giunto a 63.
Prospetto
Segue un prospetto con i dati dei 63 satelliti di Giove conosciuti, ordinati per periodo di rivoluzione
intorno al pianeta. Sono evidenziati in violetto i satelliti abbastanza massicci da possedere una
forma sferoidale (ovvero i satelliti galileiani), e in grigio scuro i satelliti irregolari, probabilmente
catturati in un secondo momento dalla forza di gravità del pianeta.
51
Nome
Diametro
medio
Massa
Raggio
orbitale
medio
Periodo orbitale Scoperta
Gruppo
Giove XVI
Metide
43 km
120×1015 kg
127 690 km
0,294780 giorni
1979
Gruppo di Amaltea
Giove XV
Adrastea
26×20×16 km
7,5×1015 kg
128 694 km
0,29826 giorni
1979
Gruppo di Amaltea
Giove V
Amaltea
262×146×134 km 2,1×1018 kg
181 170 km
0,498179 giorni
1892
Gruppo di Amaltea
Giove XIV
Tebe
110×90 km
1,5×1018 kg
221 700 km
0,6745 giorni
1979
Gruppo di Amaltea
Giove I
Io
3 643 km
89×1021 kg
421 700 km
1,769138 giorni
1610
Satelliti galileiani
Giove II
Europa
3 122 km
48×1021 kg
671 034 km
3,551181 giorni
1610
Satelliti galileiani
Giove III
Ganimede
5 262 km
150×1021 kg 1 070 412 km
7,154553 giorni
1610
Satelliti galileiani
Giove IV
Callisto
4 821 km
110×1021 kg 1 882 709 km 16,689018 giorni
1610
Satelliti galileiani
Giove XVIII
Temisto
8 km
0,69×1015 kg 7 391 645 km
129,8276 giorni
1975
Giove XIII
Leda
20 km
11×1015 kg 11 097 245 km 238,8242 giorni
1974
Gruppo di Imalia
Giove VI
Imalia
170 km
6,7×1018 kg 11 432 435 km 249,7263 giorni
1904
Gruppo di Imalia
Giove X
Lisitea
36 km
63×1015 kg 11 653 225 km 256,9954 giorni
1938
Gruppo di Imalia
Giove VII
Elara
86 km
870×1015 kg 11 683 115 km 257,9849 giorni
1905
Gruppo di Imalia
4 km
90×1012 kg 12 570 575 km 287,9310 giorni
2000
Gruppo di Imalia
3 km
45×1012 kg 17 144 875 km
1,2556 anni
2003
1 km
1,5×1012 kg 17 739 540 km
1,3215 anni
2000
2 km
15×1012 kg 19 088 435 km
1,4751 anni
2001
Gruppo di Ananke?
S/2003 J 3
2 km
15×1012 kg 19 621 780 km
1,5374 anni
2003
Gruppo di Ananke
S/2003 J 18
2 km
15×1012 kg 19 812 575 km
1,5598 anni
2003
Gruppo di Ananke
S/2000 J 11
Giove XLVI
Carpo
S/2003 J 12
Giove XXXIV
Euporia
Giove XLII
Telsinoe
2 km
15×1012 kg 20 453 755 km
1,6362 anni
2003
Gruppo di Ananke
Giove XXXIII
Euante
3 km
45×1012 kg 20 464 855 km
1,6375 anni
2001
Gruppo di Ananke
Giove XLV
Elice
4 km
90×1012 kg 20 540 265 km
1,6465 anni
2003
Gruppo di Ananke?
Giove XXXV
Ortosia
2 km
15×1012 kg 20 567 970 km
1,6499 anni
2001
Gruppo di Ananke?
52
Giove XXIV
Iocaste
S/2003 J 16
5 km
190×1012 kg 20 722 565 km
1,6685 anni
2000
Gruppo di Ananke
2 km
15×1012 kg 20 743 780 km
1,6711 anni
2003
Gruppo di Ananke
Giove XII
Ananke
28 km
30×1015 kg 20 815 225 km
1,6797 anni
1951
Gruppo di Ananke
Giove XXVII
Praxidike
7 km
430×1012 kg 20 823 950 km
1,6808 anni
2000
Gruppo di Ananke
Giove XXII
Arpalice
4 km
120×1012 kg 21 063 815 km
1,7099 anni
2000
Gruppo di Ananke
Giove XXX
Ermippe
4 km
90×1012 kg 21 182 085 km
1,7243 anni
2001
Gruppo di Ananke?
Giove XXIX
Tione
4 km
90×1012 kg 21 405 570 km
1,7517 anni
2001
Gruppo di Ananke
Giove XL
Mneme
2 km
15×1012 kg 21 427 110 km
1,7543 anni
2003
Gruppo di Ananke
2 km
15×1012 kg 22 134 305 km
1,8419 anni
2003
Gruppo di Carme
S/2003 J 17
Giove XXXI
Aitne
3 km
45×1012 kg 22 285 160 km
1,8608 anni
2001
Gruppo di Carme
Giove XXXVII
Cale
2 km
15×1012 kg 22 409 210 km
1,8763 anni
2001
Gruppo di Carme
Giove XX
Taigete
5 km
160×1012 kg 22 438 650 km
1,8800 anni
2000
Gruppo di Carme
2 km
15×1012 kg 22 709 060 km
1,9141 anni
2003
Gruppo di Carme
4 km
75×1012 kg 22 713 445 km
1,9147 anni
2000
Gruppo di Carme
S/2003 J 15
2 km
15×1012 kg 22 721 000 km
1,9156 anni
2003
Gruppo di Ananke?
S/2003 J 10
2 km
15×1012 kg 22 730 815 km
1,9168 anni
2003
Gruppo di Carme?
S/2003 J 23
2 km
15×1012 kg 22 739 655 km
1,9180 anni
2003
Gruppo di Pasife
S/2003 J 19
Giove XXI
Caldene
Giove XXV
Erinome
3 km
45×1012 kg 22 986 265 km
1,9493 anni
2000
Gruppo di Carme
Giove XLI
Aede
4 km
90×1012 kg 23 044 175 km
1,9566 anni
2003
Gruppo di Pasife
Giove XLIV
Callicore
2 km
15×1012 kg 23 111 825 km
1,9652 anni
2003
Gruppo di Carme?
Giove XXIII
Calice
5 km
190×1012 kg 23 180 775 km
1,9740 anni
2000
Gruppo di Carme
Giove XXXII
Euridome
3 km
45×1012 kg 23 230 860 km
1,9804 anni
2001
Gruppo di Pasife?
2 km
15×1012 kg 23 238 595 km
1,9814 anni
2003
Gruppo di Pasife
S/2003 J 14
Giove XXXVIII
Pasitee
2 km
15×1012 kg 23 307 320 km
1,9902 anni
2001
Gruppo di Carme
Giove XLVIII
Cillene
2 km
15×1012 kg 23 396 270 km
2,0016 anni
2003
Gruppo di Pasife
Giove XLVII
Eukelade
4 km
90×1012 kg 23 483 695 km
2,0129 anni
2003
Gruppo di Carme
53
S/2003 J 4
2 km
15×1012 kg 23 570 790 km
2,0241 anni
2003
Gruppo di Pasife
Giove XXXIX
Egemone
3 km
45×1012 kg 23 702 510 km
2,0411 anni
2003
Gruppo di Pasife
Giove XLIII
Arche
3 km
45×1012 kg 23 717 050 km
2,0429 anni
2002
Gruppo di Carme
Giove XI
Carme
46 km
0,13×1018 kg 23 734 465 km
2,0452 anni
1938
Gruppo di Carme
Giove XXVI
Isonoe
4 km
75×1012 kg 23 832 630 km
2,0579 anni
2000
Gruppo di Carme
S/2003 J 9
1 km
1,5×1012 kg 23 857 810 km
2,0612 anni
2003
Gruppo di Carme
S/2003 J 5
4 km
90×1012 kg 23 973 925 km
2,0762 anni
2003
Gruppo di Carme
Giove VIII
Pasife
60 km
300×1015 kg 24 094 770 km
2,0919 anni
1908
Gruppo di Pasife
Giove IX
Sinope
38 km
75×1015 kg 24 214 390 km
2,1075 anni
1908
Gruppo di Pasife
Giove XXXVI
Sponde
2 km
15×1012 kg 24 252 625 km
2,1125 anni
2001
Gruppo di Pasife
Giove XXVIII
Autonoe
4 km
90×1012 kg 24 264 445 km
2,1141 anni
2001
Gruppo di Pasife
Giove XVII
Calliroe
9 km
870×1012 kg 24 356 030 km
2,1261 anni
1999
Gruppo di Pasife
Giove XIX
Megaclite
5 km
210×1012 kg 24 687 240 km
2,1696 anni
2000
Gruppo di Pasife
2 km
15×1012 kg 30 290 845 km
2,9487 anni
2003
S/2003 J 2
Saturno
Saturno è il sesto pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole. Si tratta di un gigante
gassoso, il secondo più grande dopo Giove. Nel
cielo notturno della Terra appare come una stella
di prima grandezza di colore giallastro. Il suo
nome deriva da quello di Saturno, personaggio
della
mitologia
romana.
Il
suo
simbolo
astronomico è una rappresentazione stilizzata
della falce del dio.
Osservazione da Terra
Il momento migliore per osservare Saturno e i suoi anelli è l'opposizione (quando l'elongazione del
pianeta è di 180°, e si trova quindi nelle parte di cielo opposta al Sole).
54
In tutti questi casi il diametro di Saturno è troppo piccolo per poterlo percepire ad occhio nudo, e il
pianeta apparirà sempre come un punto. È necessario un binocolo o un telescopio di modesta
potenza per poter distinguere il cerchio del pianeta e gli anelli.
Parametri orbitali
Saturno appare visibilmente schiacciato ai poli: i suoi diametri equatoriale e polare differiscono di
quasi il 10% (120.536 km contro 108.728 km). Questa forma è il risultato della sua rapida rotazione
e della sua composizione fluida, facile a deformarsi. Anche gli altri giganti gassosi sono deformati
in maniera analoga, ma in modo molto meno evidente. Saturno è anche l'unico pianeta del sistema
solare con una densità media inferiore a quella dell'acqua: solo 0,69 g/cm3. In realtà il valore medio
è una combinazione di densità molto basse, nell'atmosfera del pianeta, e densità più elevate
all'interno, sicuramente maggiori di quella dell'acqua.
Saturno orbita attorno al Sole ad una distanza media di 1,427 miliardi di km, percorrendo una
rivoluzione completa in 29,458 anni terrestri. La sua orbita è inclinata di 2,488° rispetto all'eclittica
ed è eccentrica di un fattore 0,0560. Alla sua distanza, la luce del Sole appare 100 volte meno
intensa rispetto alle misure effettuate da Terra.
Con una massa pari a 95 volte e un volume pari a 700 volte quello terrestre, Saturno è il secondo
pianeta più grande del sistema solare dopo Giove.
L'asse di rotazione è inclinato di 26,73 gradi, regalando al pianeta un ciclo di stagioni analogo a
quello terrestre e marziano, ma assai più lungo.
Il periodo di rotazione di Saturno sul proprio asse varia a
seconda della quota; gli strati superiori, nelle regioni
equatoriali, impiegano 10,233 ore a compiere un giro
completo, mentre nucleo e mantello ruotano in 10,675 ore.
Atmosfera
L'atmosfera di Saturno mostra delle bande simili a quelle
di Giove, ma molto più deboli e più larghe vicino
all'equatore. Esse sono così deboli da non essere mai state
osservate prima dell'arrivo delle sonde Voyager. Da allora i telescopi a Terra sono migliorati al
punto di poter condurre regolari osservazioni delle caratteristiche atmosferiche di Saturno. Sono
55
stati trovate tempeste di forma ovale dalla lunga vita e molto simili a quelle di Giove. Nel 1990 il
Telescopio Spaziale Hubble osservò un'enorme nube bianca vicino all'equatore del pianeta, e
un'altra fu osservata nel 1994.
L'atmosfera di Saturno, molto simile a quella di Giove, è composta principalmente di idrogeno ed
elio; quella di Saturno contiene tuttavia una
percentuale di idrogeno leggermente maggiore,
oltre ad una quantità di fosforo ed arsenico circa 10
volte superiore. Anche nel caso di Saturno, come
per Giove, è stato possibile individuare tramite la
spettroscopia
agli
infrarossi
la
presenza
di
concentrazioni infinitesimali di monossido di
carbonio, fosfina, idruro di germanio ed arsina.
Forse questi composti chimici, che normalmente
non potrebbero esistere in un'atmosfera a base di
idrogeno ed elio, si originano in reazioni chimiche
sconosciute e sono poi spinti fino al livello atmosferico visibile del pianeta da forti moti convettivi.
Una sostanziale differenza fra le atmosfere di Giove e Saturno è la presenza di bande chiare e scure,
specialmente presso l'equatore, molto evidenti nel primo ma estremamente soffuse e poco
contrastate nell'altro. Il motivo è probabilmente la minore temperatura atmosferica di Saturno
(130K nell'alta atmosfera), che favorisce la formazione di nubi ad una profondità maggiore rispetto
a Giove. Ciononostante l'atmosfera saturniana è percorsa da venti fortissimi, che soffiano fino a
1800 km/h presso l'equatore. Sono inoltre presenti cicloni, soprattutto alle alte latitudini, dalla
durata relativamente breve e dalle dimensioni massime di circa 1200 km.
Struttura interna
L'interno di Saturno è simile a quello di Giove, con un nucleo roccioso, uno strato di idrogeno
metallico liquido sopra di esso, e uno strato di idrogeno molecolare ancora più sopra. Sono presenti
tracce di ghiacci di vari elementi. L'interno di Saturno è molto caldo (12.000 K nel nucleo), e
l'intero pianeta emette nello spazio più energia di quella che riceve dal Sole. La maggior parte di
questa energia proviene da una lenta compressione gravitazionale chiamata meccanismo di KelvinHelmholtz, ma sembra che tale fenomeno non basti a spiegare l'ammontare di energia osservata.
Una proposta per spiegare il calore in più è la discesa di gocce di elio molto all'interno di Saturno,
che genererebbe calore per frizione contro l'idrogeno circostante.
56
Satelliti naturali
Il pianeta Saturno possiede un gran numero di satelliti naturali.
Il numero preciso di satelliti del pianeta non sarà mai quantificabile, perché i frammenti ghiacciati
che compongono i suoi anelli potrebbero, almeno teoricamente, essere considerati tali, ed è difficile
porre una linea arbitraria di distinzione tra satelliti minori e
grandi frammenti ghiacciati.
Ad oggi (2006) si conoscono 56 satelliti di Saturno, molti dei
quali scoperti di recente; una ricerca iniziata alla fine del 2000
ha permesso di individuare 12 satelliti precedentemente
sconosciuti
in
orbita
a
grande
distanza
dal
pianeta,
probabilmente frammenti catturati dal pozzo gravitazionale di
Saturno in un secondo momento (cfr. Nature vol. 412, p.163166). La sonda Cassini ha permesso ulteriori scoperte [1]. Il 16
novembre 2004 gli scienziati che seguono la Cassini hanno
annunciato che la struttura degli anelli di Saturno fa sospettare la presenza di numerosi altri satelliti
al
loro
interno,
che
tuttavia
non
sono
ancora
stati
individuati
([2]).
Nel 2005 sono stati individuati altri 12 satelliti; la scoperta si è avuta grazie al telescopio
giapponese Subaru, presso l'osservatorio di Mauna Kea, nelle Hawaii. Nel giugno 2006, infine, è
stata resa pubblica la scoperta di 9 ulteriori satelliti, che portano il totale a 56 (cfr. circolare 8727
dell'Unione Astronomica Internazionale).
Il gran numero di satelliti e la presenza degli anelli rende molto complessa la dinamica del sistema
di Saturno. Gli anelli sono influenzati dai movimenti dei satelliti, che causano marcate divisioni, e
l'interazione mareale con Saturno porta effetti perturbanti sulle orbita orbite dei satelliti minori.
Prospetto
Segue un prospetto con i dati dei 46 satelliti di Saturno conosciuti, ordinati per periodo di
rivoluzione intorno al pianeta. Sono evidenziati in violetto i satelliti abbastanza massicci da
possedere una forma sferoidale, e in grigio scuro i satelliti irregolari, probabilmente catturati in un
secondo momento dalla forza di gravità del pianeta.
57
Nome
Diametro
medio
Massa
Raggio
orbitale
medio
Periodo orbitale Scoperta
Gruppo
Saturno XVIII
Pan
35×35×23 km
2,7×1015 kg
133 583 km
0,575 giorni
1990
Saturno XXXV
Dafni
7 km
?
136 505 km
0,59537 giorni
2005
Saturno XV
Atlante
40×20 km
?
137 670 km
0,6019 giorni
1980
Saturno XVI
Prometeo
145×85×62 km
0,270×1018 kg
139 350 km
0,6130 giorni
1980
Saturno XVII
Pandora
114×84×62 km
0,220×1018 kg
141 700 km
0,6285 giorni
1980
Saturno XI
Epimeteo
144×108×98 km 0,560×1018 kg
151 422 km
0,6942 giorni
1980
Saturno X
Giano
196×192×150 km 2,01×1018 kg
151 472 km
0,6945 giorni
1966
Saturno I
Mimante
397 km
38,0×1018 kg
185 520 km
0,942422 giorni
1789
Saturno XXXII
Metone
3 km
?
194 000 km
1,01 giorni
2004
Saturno XXXIII
Pallene
4 km
?
211 000 km
1,14 giorni
2004
Saturno II
Encelado
499 km
73,0×1018 kg
238 020 km
1,370218 giorni
1789
Saturno XIII
Telesto
34×28×36 km
?
294 660 km
1,887802 giorni
1980
Saturno III
Teti
1 060 km
0,622×1021 kg
294 660 km
1,887802 giorni
1684
Saturno XIV
Calipso
34×22×22 km
?
294 660 km
1,887802 giorni
1980
Saturno XII
Elena
36×32×30 kg
?
377 400 km
2,736915 giorni
1980
Saturno IV
Dione
1 118 km
1,05×1021 kg
377 400 km
2,736915 giorni
1684
Saturno XXXIV
Polideuce
13 km
?
377 400 km
2,736915 giorni
2004
Saturno V
Rea
1 528 km
2,49×1021 kg
527 040 km
4,5175 giorni
1672
Saturno VI
Titano
5 151 km
135×1021 kg
1 221 850 km
15,94542 giorni
1655
Saturno VII
Iperione
410×260×220 km 17,7×1018 kg
1 481 100 km
21,27661 giorni
1848
Saturno VIII
Giapeto
1 460 km
1,88×1021 kg
3 561 300 km
79,33018 giorni
1671
Saturno XXIV
Kiviuq
16 km
3,3×1015 kg
11 365 000 km
1,2298 anni
2000
Gruppo Inuit
Saturno XXII
Ijiraq
12 km
?
11 442 000 km
1,2361 anni
2000
Gruppo Inuit
58
4,00×1018 kg 12 944 300 km
Saturno IX
Febe
220 km
-1,5009 anni
1899
Gruppo Nordico
Saturno XX
Paaliaq
22 km
?
15 199 000 km
1,8806 anni
2000
Gruppo Inuit
Saturno XXVII
Skadi
8 km
?
15 647 000 km
-1,9956 anni
2000
Gruppo Nordico
Saturno XXVI
Albiorix
32 km
?
16 404 000 km
2,1451 anni
2000
Gruppo Gallico
S/2004 S 11
6 km
?
16 950 000 km
2,25 anni
2004
Gruppo Inuit
S/2006 S 8
6 km
17 610 000 km
-2,3792 anni
2006
17 616 000 km
2,3871 anni
2000
18 105 000 km
-2,4778 anni
2006
18 160 000 km
2,4452 anni
2000
18 217 125 km
-2,4970 anni
2004
Saturno XXVIII
Erriapo
S/2006 S 4
Saturno XXIX
?
6 km
Siarnaq
S/2004 S 19
Saturno XXI
10 km
40 km
?
8 km
Gruppo Inuit
15 km
?
18 247 000 km
2,5342 anni
2000
Gruppo Gallico
S/2004 S 13
6 km
?
18 450 000 km
-2,48 anni
2004
Gruppo Nordico
S/2006 S 6
6 km
18 600 000 km
-2,5791 anni
2006
S/2004 S 17
4 km
?
18 600 000 km
-2,70 anni
2004
Gruppo Nordico
7 km
?
18 722 000 km
-2,6048 anni
2000
Gruppo Nordico
S/2004 S 15
6 km
?
18 750 000 km
-2,76 anni
2004
Gruppo Nordico
S/2006 S 1
6 km
18 981 135 km
-2,6558 anni
2006
S/2004 S 10
6 km
?
19 350 000 km
-2,81 anni
2004
Gruppo Nordico
7 km
?
19 370 700 km
-2,7558 anni
2003
Gruppo Nordico
S/2004 S 12
5 km
?
19 650 000 km
-2,87 anni
2004
Gruppo Nordico
S/2004 S 18
7 km
?
19 650 000 km
-2,88 anni
2004
Gruppo Nordico
7 km
?
19 666 700 km
-2,8192 anni
2000
Gruppo Nordico
S/2004 S 9
5 km
?
19 800 800 km
-2,95 anni
2004
Gruppo Nordico
S/2004 S 7
6 km
?
19 800 000 km
-3,02 anni
2004
Gruppo Nordico
S/2004 S 14
6 km
?
19 950 000 km
-2,96 anni
2004
Gruppo Nordico
7 km
?
20 810 300 km
-3,07 anni
2000
Gruppo Nordico
Saturno XXV
Tarvos
Gruppo Gallico
Mundilfari
Saturno XXXI
Saturno XXIII
Saturno XXX
Narvi
Suttungr
Thrymr
59
S/2006 S 3
6 km
S/2004 S 16
4 km
S/2004 S 8
6 km
S/2006 S 7
S/2006 S 2
Saturno XIX
S/2006 S 5
Ymir
21 132 000 km
-3,13 anni
2006
?
22 200 000 km
-3,48 anni
2004
Gruppo Nordico
?
22 200 000 km
-3,71 anni
2004
Gruppo Nordico
6 km
22 290 000 km
-3,39 anni
2006
7 km
22 350 000 km
-3,41 anni
2006
23 174 600 km
-3,61 anni
2000
23 190 000 km
-3,60 anni
2006
18 km
?
6 km
Gruppo Nordico
Anelli
Saturno possiede un magnifico sistema di anelli
planetari, composti da milioni di piccoli oggetti
ghiacciati, della grandezza di un chilometro o meno,
orbitanti attorno al pianeta sul suo piano equatoriale,
e organizzati in un anello piatto. Poiché l'asse di
rotazione di Saturno è inclinato rispetto al suo piano
orbitale, anche gli anelli risultano inclinati.
Gli anelli iniziano ad un'altezza di circa 6 600
chilometri dalla sommità delle nubi di Saturno e si
estendono fino a 120 000 chilometri, poco meno di un terzo della distanza Terra-Luna. Il loro
spessore è mediamente pari ad appena 3 km.
60
La loro scoperta è dovuta a Christiaan Huygens, nel 1655; in precedenza già Galileo Galilei aveva
notato delle insolite protuberanze ai lati del pianeta, ma la scarsa potenza del suo telescopio e la
particolare posizione di Saturno all'epoca - con gli anelli disposti di taglio per un osservatore
terrestre, e quindi periodicamente invisibili - non gli avevano permesso di distinguerne la forma con
chiarezza.
Gli anelli sono divisi in sette fasce, separate da delle divisioni
che sono quasi vuote. L'organizzazione in fasce e divisioni
risulta da una complessa dinamica ancora non ben compresa, ma
nella quale giocano sicuramente un ruolo i cosiddetti satelliti
pastori, lune di Saturno che orbitano all'interno o subito fuori
dell'anello.
L'origine degli anelli è sconosciuta. Ci sono due ipotesi
principali: che siano il risultato della distruzione di un satellite
di Saturno, ad opera di una collisione con una cometa o con un altro satellite, oppure che siano un
"avanzo" del materiale da cui si formò Saturno che non è riuscito ad assemblarsi in un corpo unico.
Le teorie attuali suggeriscono che gli anelli siano instabili e abbiano una vita relativamente breve: in
pochi milioni di anni dovrebbero disperdersi o cadere sul pianeta stesso. Questo favorirebbe
un'origine recente degli anelli.
Gli anelli di Saturno sono anelli planetari attorno al pianeta Saturno. Sono composti da milioni di
piccoli oggetti, della grandezza di un chilometro o meno, orbitanti attorno al pianeta sul suo piano
equatoriale, e organizzati in un anello piatto. Poiché, come per la Terra, l'asse di rotazione di
Saturno è inclinato rispetto al piano orbitale, anche gli anelli risultano inclinati.
Gli anelli iniziano ad un'altezza di circa 6.600 chilometri dalla superficie di Saturno e si estendono
fino a 120.000 chilometri, poco meno di un terzo della distanza Terra-Luna. Il loro spessore è
mediamente di 3 chilometri, e sono quindi estremamente sottili. In proporzione, sono molto più
sottili di un foglio di carta.
Furono scoperti da Huygens nel 1655. In precedenza Galileo aveva notato che Saturno presentava
delle protuberanze ai lati, ma la scarsa potenza del suo telescopio non gli aveva permesso di
distinguerne la forma con chiarezza.
61
Gli anelli sono divisi in sette fasce, separate da delle divisioni che
sono quasi vuote. L'organizzazione in fasce e divisioni risulta da una
complessa dinamica ancora non ben compresa, ma nella quale
giocano sicuramente un ruolo i cosiddetti satelliti pastori, lune di
Saturno che orbitano all'interno o subito fuori dell'anello.
L'origine degli anelli è sconosciuta. Ci sono due ipotesi principali: che
siano il risultato della distruzione di un satellite di Saturno, ad opera
di una collisione con una cometa o con un altro satellite, oppure che siano un "avanzo" del materiale
da cui si formò Saturno che non è riuscito ad assemblarsi in un corpo unico. Le teorie attuali
suggeriscono che gli anelli siano instabili e abbiano una vita relativamente breve: in pochi milioni
di anni dovrebbero disperdersi o cadere sul pianeta stesso. Questo favorirebbe un'origine recente
degli anelli.
La divisione più grande fu scoperta da Cassini nel 1675, ed è chiamata divisione di Cassini.
Successivamente Bond scoprì che l'anello interno era anch'esso suddiviso (1850). Anche l'anello
esterno risultò suddiviso da quella che è chiamata divisione di Enke.
I diversi anelli vengono chiamati anche con le lettere dell'alfabeto. Originariamente la sequenza
partiva dal più interno (A) verso l'esterno (B, C, ecc.), ma con la scoperta di nuovi anelli sia
all'interno che all'esterno le lettere sono ora piuttosto mescolate.
Nome
Distanza dal centro di Saturno
(km)
Larghezza
(km)
Anello D
60.000 - 72.600
12.600
Divisione di Guerin
72.600 - 73.800
1.200
Anello C
73.800 - 92.000
17,500
Chiamato in onore
di
Divisione di Colombo 77.800
100
Divisione di Maxwell 87.500
270
Anello B
92.000 - 117.500
25.500
Divisione di Cassini
117.500 - 122.200
4,700
Giovanni Cassini
Separazione di
Huygens
117.680
285-440
Christiaan Huygens
Anello A
122.200 - 136.800
14,600
Divisione di Encke
133.570
325
62
James Clerk
Maxwell
Johann Encke
Divisione di Keeler
136.530
35
R/2004 S1
137.630
190 (?)
R/2004 S2
138.900
(?)
Anello F
140.210
30-500
Anello G
165.800 - 173.800
8.000
Anello E
180.000 - 480.000
300.000
James Keeler
Esplorazione di Saturno
Saturno fu visitato per la prima volta dalla sonda statunitense Pioneer 11 nel 1979, e nei due anni
seguenti dalle sonde Voyager 1 e Voyager 2. Tutte e tre le sonde eseguirono dei fly-by, ovvero si
limitarono a passare accanto al pianeta e proseguire oltre. La sonda Cassini-Huygens ha come scopo
principale l'esplorazione del sistema di Saturno e in particolare della sua luna Titano. Essa è arrivata
il primo luglio 2004 ed è da allora in orbita attorno al pianeta. La stessa missione ha permesso di
osservare, nel 2005, laghi e fiumi di metano liquido sulla superficie di Titano, e nel 2006 sbuffi di
vapor d'acqua emessi dalla superficie del satellite Encelado: si tratta della prima osservazione certa
di acqua non ghiacciata al di fuori della Terra.
Ipotesi sulla formazione
In base a ricerche recenti, sui dati provenienti da osservazioni indirette sulla composizione dei due
pianeti, sembra che in realtà Saturno e Giove siano molto diversi tra di loro, e dunque si siano
formati con modalità differenti. Infatti analizzando tali dati sembra che Saturno abbia un nucleo
formato da ferro, silicio, carbonio, azoto ed ossigeno, dove tali elementi si sono concentrati; mentre
in Giove gli stessi elementi sono sparsi all'interno del pianeta. La missione della sonda spaziale
Cassini, tutt'ora in corso, porterà dei dati di osservazione diretta di Saturno che elaborati dovrebbero
fornire maggiori informazioni in merito.
Curiosità
•
Saturno è l'unico pianeta del sistema solare ad essere caratterizzato da una densità media
inferiore rispetto a quella dell'acqua; si suole affermare che, se posato sopra un immenso
oceano, Saturno galleggerebbe.
63
Mimas
Cenni storici
Mimas venne scoperto nel 1789 dall'astronomo tedesco William Herschel. Il satellite deve il suo
nome al personaggio di Mimas, figlio di Gea secondo la mitologia greca; è anche designato Saturno
I.
Il nome di Mimas, come quelli degli altri sei satelliti di Saturno noti a metà del XIX secolo, fu
suggerito da John Herschel (figlio del più celebre astronomo William Herschel) in una sua
pubblicazione del 1847.
Superficie
La caratteristica più distintiva della superficie mimanziana è un colossale cratere di impatto di 130
km di diametro, battezzato Herschel in omaggio allo scopritore di Mimas. Herschel si estende per
circa un terzo del diametro dell'intero satellite; le sue pareti sono alte 5 km, in alcune parti è
profondo fino a 10 km rispetto alla superficie circostante, e la sua vetta centrale si innalza per 6 km
sopra la base del cratere. A titolo di confronto, un cratere terrestre che, in scala, fosse caratterizzato
dalle stesse dimensioni di Herschel avrebbe un diametro di 4000 km (più largo del Canada).
L'impatto che ha formato questo cratere ha quasi disgregato Mimas; sul lato opposto del satellite
sono visibili alcune fratture causate dalle onde d'urto dell'impatto che hanno attraversato l'interno
del corpo.
La parte restante della superficie è ricca di crateri, sebbene nessuno si avvicini minimamente alla
taglia di Herschel. La distribuzione dei crateri non è uniforme: la maggior parte delle zone
equatoriali e tropicali è costellata di crateri più grandi di 40 km di diametro, mentre nella regione
polare meridionale generalmente mancano crateri più grandi di 20 km. Questo suggerisce che
qualche processo di natura geologica possa aver rimosso i crateri più significativi da tale regione.
64
1
Struttura interna
La bassa densità di Mimas (1,17 volte quella dell'acqua) indica che è composto soprattutto da
ghiaccio d'acqua, con solo una piccola quantità di roccia.
Encelado
Atmosfera
Nel marzo del 2005 la NASA ha annunciato che un magnetometro
sull'orbiter della sonda spaziale Cassini ha scoperto un'atmosfera
significativa su Encelado, che potrebbe essere vapore acqueo
ionizzato.
Nel 2006 la NASA ha confermato l'osservazione di sbuffi di vapor
d'acqua dalla superficie del satellite: si tratta della prima
osservazione certa di acqua non ghiacciata al di fuori della Terra.
La Cassini ha compiuto un primo flyby il 17 febbraio 2005, un
secondo
e
più
ravvicinato
9
il
marzo
2005.
Poiché la gravità di Encelado è troppo debole per trattenere un'atmosfera, essa deve essere rifornita
da
qualche
fonte,
la
Nasa
ha
ipotizzato
vulcani
di
ghiaccio
o
geyser.
Sebbene l'atmosfera è stata descritta dai suoi scopritori come "significativa", la definizione è valida
solamente se paragonata alle altre lune ghiacciate; l'atmosfera di Encelado è milioni di volte più
sottile di quella della Terra, ed è invisibile alla Cassini.
Superficie
Almeno cinque tipi diversi di terreno sono stati identificati su Encelado. Oltre ai crateri, ci sono
pianure
lisce,
estese
fessure
lineari
65
e
catene
montuose.
Una parte della superficie è relativamente giovane, probabilmente meno di 100 milioni di anni.
Questo significa che Encelado è stato recentemente attivo con qualche tipo di criovulcanismo o
altro processo di rinnovamento della superficie. Il recente e pulito ghiaccio che domina la sua
superficie dà a Encelado l'albedo più alto di qualunque altro corpo nel sistema solare (albedo 0.99).
Poiché riflette così tanta luce solare, la temperatura di superficie media è di soli -201°C.
Encelado è troppo piccolo per essere ancora scaldato dal decadimento radioattivo al suo interno.
Encelado è in risonanza orbitale 2:1 con Dione, in modo simile a ciò che accade tra Io ed Europa, e
questo può offrire un meccanismo di riscaldamento mareale; tuttavia è probabilmente insufficiente
per sciogliere il ghiaccio d'acqua. Perciò Encelado potrebbe essere composto di qualche materiale
con punto di fusione più basso, invece che dall'acqua pura, sebbene nessuna traccia di tale materiale
è stata finora trovata dal VIMS (Spettrometro visuale e infrarosso) della Cassini. Comunque ci sono
fessure, pianure, terreno corrugato e altre deformazioni della crosta che indicano che l'interno della
luna può essere liquido, anche se sarebbe dovuto gelare miliardi di anni fa.
Inoltre, le recenti immagini della Cassini mostrano
strutture superficiali notevolmente simili a quelle di
Europa e ciò può indicare che anche Encelado ospita un
oceano sotto la superficie.
Encelado può essere la fonte del materiale del tenue anello E di Saturno, e siccome il materiale non
può persistere nell'anello per più di poche migliaia di anni, può essere dovuto all'attività molto
recente su Encelado. Un'altra possibilità, comunque, è che gli anelli siano riforniti da collisioni ad
alta velocità tra particelle di polvere e le varie lune.
Titano
Titano è il più grande satellite naturale del pianeta Saturno, ed uno dei corpi rocciosi più massicci
dell'intero sistema solare; supera in dimensioni i pianeti Mercurio e Plutone, ed è il secondo satellite
del Sistema solare dopo Ganimede. Si tratta inoltre dell'unico satellite in possesso di una densa
atmosfera, che ha, in passato, impedito uno studio dettagliato della sua superficie da Terra; con la
recente missione spaziale Cassini-Huygens, tuttavia, è stato possibile studiare l'oggetto da distanza
ravvicinata, ed il lander Huygens è atterrato con successo sul suolo titaniano.
66
L'atmosfera titaniana appare ricca di metano, e la temperatura superficiale media è molto vicina al
punto triplo del metano, dove possono coesistere le forme liquida, solida e gassosa di questo
composto.
Misure condotte con telescopi terrestri hanno
evidenziato che la superficie non è uniforme, e
presenta
quelli
che
potrebbero
essere
dei
continenti.
Titano è stato a lungo ritenuto il satellite più
grande del sistema solare; in verità le prime
osservazioni da Terra sono state disturbate dalla
sua densa atmosfera, che ha causato una stima per
eccesso delle dimensioni reali del corpo. In verità il
satellite gioviano Ganimede è leggermente più grande di Titano, oltre che più massiccio.
Le proprietà fisiche di Titano sono simili a quelle di Ganimede e Callisto, del satellite nettuniano
Tritone e di Plutone; il satellite si compone per metà di ghiaccio d'acqua e per l'altra metà di
materiale roccioso. La sua struttura interna è probabilmente stratificata, con un nucleo roccioso dal
diametro di circa 3400 km circondato da strati composti da diverse forme cristalline del ghiaccio.
L'interno di Titano potrebbe essere ancora caldo, e vi potrebbe essere uno strato liquido composto
da acqua ed ammoniaca situato fra il nucleo roccioso e la crosta ghiacciata.
Sebbene la composizione chimica titaniana sia analoga a quella degli altri satelliti naturali di
Saturno, e in particolar modo Rea, Titano presenta una densità maggiore, per via della
compressione gravitazionale.
Titano è l'unico satellite naturale del sistema solare a possedere un'atmosfera sviluppata; la sua
scoperta risale al 1944, quando Gerard Kuiper, facendo uso di tecniche spettroscopiche, stimò la
pressione parziale del metano in 10 kPa. In seguito, le osservazioni condotte da distanza ravvicinata
nell'ambito del programma Voyager hanno permesso di determinare che l'atmosfera titaniana è più
densa di quella terrestre, e le sue imponenti formazioni nuvolose rendono impossibile l'osservazione
diretta della superficie. La foschia visibile nell'immagine a fianco contribuisce a sostenere un effetto
serra al contrario, che, aumentando l'albedo del satellite e riflettendo la luce incidente nello spazio,
ne diminuisce la temperatura superficiale.
67
L'atmosfera si compone al 98,4% di
azoto, all'1,4% di metano. Sono
presenti tracce di numerosi altri gas.
La grande mole di dati attualmente
conosciuti
interamente
spaziale
sul
satellite
dovuta
è
alla
quasi
missione
italo-euro-statunitense
Cassini-Huygens.
La
sonda
ha
raggiunto Saturno il 1° luglio 2004,
quando ha avviato le prime attività di
mappatura della superficie di Titano attraverso strumenti radar; il primo sorvolo diretto del satellite
è avvenuto il 26 ottobre 2004 [2], ad una distanza record di appena 1200 km dall'atmosfera
titaniana. Gli strumenti di Cassini hanno subito individuato strutture superficiali chiare e scure che
sarebbero state invisibili all'occhio umano.
Dalla sonda madre è stato sganciato il modulo di terra Huygens, privo
di motori, che il 14 gennaio 2005 si è tuffato con successo nella densa
atmosfera di Titano, raggiungendone la superficie, dopo una lunga
discesa. La sonda, al contrario di quanto sostenuto da alcune teorie,
non ha individuato tracce di liquidi di alcun tipo sulla superficie. La
consistenza del suolo di Titano è tuttavia risultata simile a quella della
sabbia bagnata, e non si esclude che il terreno sia periodicamente
irrorato da flussi liquidi.
Oltre ad osservazioni di remote sensing (una camera e una radar SAR), Huygens ha trasmesso a
Terra una registrazione audio ottenuta grazie ad un microfono progettato dall'italiano Marcello
Fulchignoni e realizzato dalla Galileo Avionica (Finmeccanica). I dati in formato audio riportano
prima un silenzio profondo, come doveva essere sulla Terra prima della vita, poi suoni che
potrebbero essere dei tuoni.
Iperione
Iperione è un satellite naturale del pianeta Saturno; la sua scoperta, ad opera di William Cranch
Bond, George Phillips Bond e William Lassell, risale al 1848. Il suo nome deriva da quello di
Iperione, un Titano della mitologia greca.
68
Iperione è il corpo irregolare più grande del sistema solare dopo Proteo, un satellite naturale di
Nettuno; questi è appena più grande, ma quasi sferico.
Sembra probabile che Iperione sia un frammento di un corpo di dimensioni maggiori, interessato da
un impatto catastrofico nel lontano passato.
Le immagini della sonda spaziale Voyager 2 e le successive osservazioni condotte da Terra hanno
evidenziato che la rotazione di Iperione è caotica, ossia che il suo asse di rotazione si sposta in
maniera imprevedibile al passare del tempo. Iperione è attualmente l'unico corpo conosciuto del
sistema solare che presenti una rotazione caotica, ma simulazioni al computer sembrano indicare
che altri satelliti di forma irregolare potrebbero aver esibito comportamenti analoghi in passato.
Diverse caratteristiche di Iperione contribuiscono a causare la rotazione caotica: si tratta di un corpo
estremamente irregolare, dall'orbita fortemente eccentrica, e che lo porta ad avvicinarsi
periodicamente ad un satellite particolarmente massiccio, Titano, con cui si trova in risonanza
orbitale 3:4.
La rotazione caotica di Iperione è probabilmente il
motivo per cui esso ha una superficie con caratteristiche
più o meno uniformi; la maggior parte degli altri satelliti
naturali di Saturno presenta invece due emisferi assai
diversi, a seconda dell'esposizione verso l'atmosfera del
pianeta o verso lo spazio interplanetario.
A differenza della maggior parte dei satelliti naturali di
Saturno, Iperione presenta un'albedo molto bassa
(compresa tra 0,2 e 0,3), essendo ricoperto da uno strato
di materiale scuro. Potrebbe trattarsi di materiale proveniente da Febe che ha oltrepassato Giapeto.
Iperione mostra infatti una colorazione più rossa di quella di Febe e assai simile a quella del
materiale scuro presente su Giapeto.
Da un punto di vista geologico, la superficie di Iperione è dominata da un vasto cratere largo circa
120 km e profondo 10 km. Il corpo si presenta ricco di crateri minori profondi e particolarmente
scoscesi, che gli conferiscono un tipico aspetto spugnoso; il letto dei crateri è colmo di materiale più
scuro. Nessuna teoria è sinora stata avanzata per spiegare queste strutture.
69
Rea
Rea (o Rhea, in greco ‘Ρέα) è la seconda più grande luna di Saturno e fu scoperta il 23 dicembre
1672 da Giovanni Domenico Cassini.
Rea è un corpo ghiacciato con una densità di circa 1,240 kg/m3. Questa bassa densità indica che il
suo nucleo roccioso occupa meno di un terzo della massa della luna, il resto è composto da ghiaccio
d'acqua.
Le caratteristiche di Rea assomigliano a quelle di Dione, con emisferi anteriori e posteriori dissimili
tra loro, suggerendo per le due lune simile
composizione
e
storia.
La temperatura su Rea è -174 °C con luce solare
diretta e tra -200 °C e -220 °C in ombra.
In base alla densità dei crateri, la superficie di Rea
può essere divisa in due differenti aree; la prima
contiene crateri più grandi di 40 km di diametro,
mentre la seconda area, nelle regioni polari e
equatoriali, ha crateri al di sotto di 40 km in
diametro. Ciò suggerisce un qualche evento di
rimodellazione superficiale accaduto durante la sua formazione.
L'emisfero anteriore (cioè l'emisfero che per effetto della rotazione sincrona precede costantemente
l'altro lungo l'orbita) è pesantemente craterizzato e uniformemente brillante. Come su Callisto, i
crateri non presentano strutture e altorilievi presenti invece sulla Luna e Mercurio. L'emisfero
posteriore presenta una rete di strisce chiare su fondo scuro, e pochi crateri. Queste strisce
potrebbero essere materia espulsa da vulcani di ghiaccio quando Rea era ancora liquida sotto la
superficie.
Dione
Dione è un satellite naturale del pianeta Saturno, scoperto dall'astronomo italiano Giovanni
Domenico Cassini nel 1684. Sebbene più piccola di Rea, Dione è per certi aspetti molto simile a
tale oggetto. Entrambi i corpi presentano composizioni simili, distribuzioni di albedo analoghe (che
denunciano una grande varietà di terreni), e sono caratterizzati da una chiara divisione fra l'emisfero
anteriore e quello posteriore. L'emisfero anteriore di Dione è pesantemente craterizzato ed
70
uniformemente brillante; l'emisfero posteriore, al contrario, presenta un aspetto peculiare, essendo
caratterizzato da una rete di brillanti e sottili striature su sfondo
scuro che si sovrappone ai crateri, indicando che si tratta di una
formazione geologica più recente. Si tratta in verità di dirupi di
ghiaccio. Prima del fly-by effettuato dalla sonda spaziale
Cassini il 13 dicembre 2004 l'origine del sottile materiale
brillante che caratterizza la superficie di Dione era ignota,
anche perché le uniche fotografie disponibili erano state scattate
da grande distanza. Tutto ciò che si sapeva era che il materiale
presentava un'elevata albedo, e consisteva di uno strato
abbastanza sottile da non oscurare la superficie sottostante. Una
teoria comunemente accettata prevedeva che poco dopo la sua formazione Dione fosse
geologicamente attivo, e che tramite qualche processo, forse di natura criovulcanica, del materiale
proveniente dall'interno potesse essere riemerso in superficie; le strisce si sarebbero dunque formate
in seguito ad eruzioni lungo le fessure che precipitarono sulla superficie sotto forma di neve o
cenere. Più tardi, quando l'attività interna cessò, la formazione dei crateri si concentrò
principalmente sull'emisfero anteriore, cancellandone le striature.
Le immagini inviate dalla Cassini, tuttavia, mostrano che le strisce non sono depositi di ghiaccio,
ma piuttosto rupi scoscese ricoperte di materiale ghiacciato, create da fratture tettoniche; Dione si è
rivelato un corpo lacerato da enormi fratture sull'emisfero posteriore.
La sonda Cassini ha compiuto un ulteriore e più ravvicinato fly-by del satellite l'11 ottobre 2005, ad
una distanza record di appena 500 km dalla sua superficie.
In passato l'emisfero posteriore di Dione è stato oggetto di un pesante bombardamento meteorico,
che ha generato numerosi crateri più grandi di 100 km di diametro; al contrario, l'emisfero anteriore
presenta crateri nell'ordine dei 30 km di diametro. Il dato contrasta con le previsioni dei planetologi;
Eugene Shoemaker e Wolfe avevano avanzato un modello di craterizzazione per un satellite in
rotazione sincrona che indicava un maggior tasso di craterizzazione per l'emisfero anteriore. La
peculiarità della distribuzione dei crateri su Dione potrebbe suggerire che, durante il periodo di
maggior bombardamento, l'oggetto presentasse un diverso emisfero anteriore; trattandosi di un
corpo di dimensioni ridotte, qualsiasi impatto in grado di provocare un cratere di 35 chilometri
avrebbe potuto causarne una rotazione, e dato l'alto numero di crateri di dimensioni simili Dione
potrebbe essere stato soggetto più volte a rotazioni cataclismatiche nel corso delle prime fasi di vita
71
del sistema solare. La struttura dei crateri e l'elevata albedo del lato anteriore suggeriscono che
Dione è rimasto nell'orientamente attuale per diversi miliardi di anni.
Come su Callisto, anche su Dione mancano le strutture rilevate che circondano solitamente i crateri
sulla Luna e su Mercurio, probabilmente a causa del cedimento della debole crosta ghiacciata nel
tempo.
Giapeto
Giapeto (o Iapetus, in greco Ιαπετός) è la terza più grande luna di Saturno, scoperta da Giovanni
Domenico Cassini il 25 ottobre 1671. La bassa densità di Giapeto indica che è composto
principalmente da ghiaccio, e solo una piccola quantità di materiali rocciosi.
La superficie di Giapeto ha una distintiva colorazione a due toni. Un emisfero è scuro (albedo 0.03–
0.05) con una lieve colorazione rossastra, mentre l'altro emisfero è brillante (albedo 0.5, quasi
quanto Europa). Questa differenza è così evidente che Cassini notò che poteva osservare Giapeto
solamente
su
un
lato
di
Saturno
e
non
sull'altro.
La sonda Voyager II della NASA ha visitato Giapeto il 22 agosto 1981, passando ad una distanza di
966.000 km. Le macchine fotografiche dell'astronave hanno potuto aggiungere pochi dettagli sulla
regione scura, del lato brillante hanno rivelato che è ghiacciato e con molti crateri. Anche i poli
della luna sono liberi di materiale scuro.
È probabile che i materiali scuri siano composti
organici, simili alle sostanze trovate in alcune
meteoriti o sulle superfici di comete. L'origine di
questo materiale non è attualmente nota, anche se
sono state proposte numerose teorie. Anche lo
spessore dello strato non è conosciuto con certezza;
sull'emisfero scuro non ci sono crateri brillanti, quindi
se lo strato scuro fosse sottile sarebbe rinnovato di
continuo, altrimenti un impatto meteoritico si
spingerebbe oltre lo strato superficiale e rivelerebbe il materiale sottostante più brillante.
72
È possibile che il materiale scuro provenga da qualche fonte interna, forse portata alla superficie da
combinazioni di impatti meteoritici e vulcanismo. Questa teoria è supportata dall'apparente
concentrazione del materiale sul fondo dei crateri. Siccome Giapeto è lontano da Saturno, è stato
ipotizzato che potrebbe aver evitato gran parte del riscaldamento che le altre lune di Saturno hanno
ricevuto durante la formazione del sistema solare. Quindi avrebbe potuto trattenere al suo interno
metano o ghiaccio di ammoniaca, che più tardi eruttò sulla superficie, e poi annerì a causa della
radiazione solare, particelle cariche e raggi cosmici. Un'indicazione di questo tipo di vulcanismo
proviene da un anello di materiale scuro, di circa 100 chilometri in diametro, che si estende sul
confine tra le due zone di Giapeto, simili strutture sulla Luna e su Marte sono il risultato di
materiale vulcanico fluito in crateri di impatto con un picco
centrale.
Una teoria alternativa ipotizza che il materiale scuro
provenga da Phoebe, liberato dalla superficie della luna più
piccola da impatti di micrometeoriti e poi "spazzato via" da
Giapeto. Tuttavia la superficie di Phoebe ha un colore
lievemente diverso dal materiale scuro di Giapeto.
Giapeto è una delle due maggiori lune di Saturno che ha un
piano orbitale inclinato in modo significativo (l'altra è
Phoebe). Un ulteriore mistero è stato scoperto quando la sonda Cassini fotografò Giapeto il 31
dicembre 2004, e rivelò la presenza di una misteriosa cresta larga all'incirca 20 km ed alta 13 km
che si estendeva per oltre 1300 km nella Cassini regio, seguendo quasi perfettamente la linea
equatoriale della luna. Alcune delle montagne più chiare nei pressi del bordo della Cassini regio,
che sembrano appartenere a questa cresta, erano già state viste nelle foto delle Voyager; tuttavia,
queste ultime non furono in grado di fornire dettagli della regione oscura, dunque l'estensione del
complesso geologico si è reso visibile solo ora. L'immenso sistema crestale è altamente craterizzata,
il che indica che è molto antico. Le foto sono attualmente allo studio presso gli scienziati della
NASA e per ora non è stata annunciata nessuna ipotesi riguardo la sua origine.
73
Le fotografie della Cassini rivelarono anche la presenza di vasti crateri d'impatto nella regione
oscura, di cui tre superano addirittura i 350 km di diametro. Il più grande possiede un diametro
maggiore di 500 km. L'orlo del cratere è estremamente ripido e parte della scarpata supera i 15 km
d'altezza.
Teti
Teti è il nono satellite di Saturno, Scoperta da Cassini nel 1684.
La bassa densità di Teti indica che è quasi comppletamente composta da ghiaccio similmente a
Dione e Rea.
L'emisfero occidentale è dominato da un gigantesco cratere,
chiamato Odysseus, il cui diametro di 400 km è circa 2/5 di
quello di Teti (a destra). Il fatto che questo impatto non abbia
completamente distrutto il satellite indica che a quel tempo Teti
era liquida o quantomeno non completamente solida. Oggi il
cratere è piatto (o per essere più precisi segue la forma sferica di
Teti), come i crateri di Callisto, senza le montagne ed i picchi
centrali che siamo abituati ad osservare sulla Luna e Mercurio.
La seconda struttura rilevante che si possa osservare su Teti è
74
una gigantesca valle (chiamata Ithaca Chasma) larga 100 km e profonda dai 3 ai 5 km che corre
per 2000 km , 3/4 della circonferenza del satellite (sopra).
Chiaramente quindi la superficie non è sempre stata solida e ghiacciata. In certi momenti nel
passato deve essere stata liquida. Quando si è cogelata e coseguentemente espansa, la superficie si è
spezzata originando l' Ithaca Chasma. I piccoli crateri che possiamo oservare oggi sono molto
recenti.
Urano
Urano è il settimo pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole, il terzo per diametro e il
quarto per massa. Il suo simbolo astronomico Unicode
è
. Venne scoperto il 13 marzo 1781 da William
Herschel. Una curiosità riguardo alla sua scoperta è
che essa giunse del tutto inaspettata: i pianeti visibili
ad occhio nudo (fino a Saturno) erano conosciuti da
millenni, e nessuno sospettava l'esistenza di altri
pianeti, fino alla scoperta, più che altro per caso, di
Herschel che notò come una particolare stellina
sembrava spostarsi. Da quel momento in poi, nessuno
fu più sicuro del reale numero di pianeti del nostro
sistema solare.
La caratteristica più interessante del pianeta è l'orientamento del suo asse di rotazione. Tutti gli altri
pianeti hanno il proprio asse quasi perpendicolare al piano dell'orbita, mentre quello di Urano è
quasi parallelo. Ruota quindi mantenendo uno dei suoi poli verso il sole per metà del periodo di
rivoluzione con conseguente estremizzazione delle fasi stagionali.
Il periodo della sua rivoluzione attorno al sole è di 84 anni circa e quindi ogni 40 anni cambia il
polo esposto al sole, che ha una temperatura superiore rispetto a quella dell'equatore. La sua orbita è
inclinata di 46° sul piano dell'eclittica.
Urano è un gigante gassoso, simile a Nettuno ma leggermente più piccolo. La struttura interna del
pianeta è costituita da una atmosfera spessa 7600 km.
75
La sonda Voyager 2 è l'unica sonda spaziale ad essersi avvicinata al pianeta, e non sono in
programma missioni per il futuro.
Atmosfera
L'atmosfera è spessa 7600 km ed è composta da idrogeno (83%), elio (15%), metano (2%) e con
tracce di acqua ed ammoniaca. Nel 1986 la sonda spaziale Voyager 2 rilevò nubi trasportate da
correnti d'aria comprese tra i 100 e i 600 Km/h. Nel 1998 il telescopio spaziale Hubble ha
fotografato, a differenti altitudini, circa 20 formazioni nuvolose tra le più luminose presenti nel
sistema solare esterno. Le nubi sono probabilmente formate da cristalli di metano che condensano
come bolle calde di gas risalenti dalle profondità di Urano.
La parte sottostante, più dell'80% della massa del pianeta, è formata da un liquido composto
principalmente da materiali "ghiacciati" di acqua, metano ed ammoniaca, mentre la parte centrale è
formata da materiale più denso.
Il colore ciano del pianeta è dovuto all'atmosfera composta prevalentemente di metano che assorbe
la luce rossa e riflette quella blu. La temperatura della superficie delle nuvole che ricoprono Urano è
di circa 55 K (-218 °C o -360 °F); Urano è talmente distante dal Sole che la differenza di
temperatura tra l'estate e l'inverno è quasi nulla.
[modifica]
Struttura interna
Urano è composto principalmente di rocce e vari tipi di ghiaccio, con solo circa il 15% di idrogeno
e una piccola frazione di elio (questo in contrasto con Giove e Saturno che invece sono composti
principalmente da idrogeno). Urano (come Nettuno) è in molti modi simile alla parte interna di
Giove e Saturno , senza però la massiccia presenza di idrogeno metallico liquido che i due pianeti
giganti posseggono grazie alle pressioni enormi che esercitano sulle loro parti interne. Urano, di
massa più piccola, non può generare una pressione sufficiente. Sembra inoltre che Urano non abbia
un nucleo roccioso, ma invece il materiale che lo compone sembra essere più o meno distribuito in
modo uniforme.
76
Inclinazione dell'asse
Una delle principali caratteristiche di Urano è l'inclinazione del suo asse di 98°. Di conseguenza,
per parte della sua orbita un polo è verso il Sole continuamente, mentre l'altro polo è nella zona in
ombra. Dall'altra parte dell'orbita di Urano i due poli si invertono e quindi quello che prima era in
ombra è costantemente diretto verso il Sole. Tra questi due estremi il Sole sorge e tramonta intorno
all'equatore normalmente.
Quando il Voyager 2 visitò il pianeta nel 1986, il polo sud di Urano era diretto verso il Sole. Da
notare che l'assegnazione di questo polo come polo sud è attualmente in discussione. Urano può
essere descritto come pianeta che ha un'inclinazione dell'asse leggermente maggiore di 90° o come
pianeta che ha un'inclinazione leggermente inferiore a 90° e una rotazione retrograda. Queste due
descrizioni sono esattamente equivalente come descrizione fisica di un pianeta, ma il risultato è che
la definizione di Polo Nord e Polo Sud è una l'opposta dell'altra.
Un risultato di questo strano orientamento è che le regioni polari di Urano ricevono una grande
quantità di energia dal Sole in maniera maggiore rispetto alle regioni prossime all'equatore. Tuttavia
Urano è più caldo all'equatore che ai poli anche se il meccanismo responsabile di questo non è
attualmente conosciuto. È sconosciuta anche la ragione per cui l'asse di rotazione di Urano è così
inclinato. Per spiegare quest'ultimo fatto è stata presentata un'ipotesi che si basa su una possibile
collisione di Urano, durante le fasi di formazione, con un altro protopianeta, con risultato finale
questa strana inclinazione dell'asse.
Sembra anche che l'estrema inclinazione dell'asse di rotazione di Urano causi delle variazioni
estreme nelle stagioni per quanto riguarda il tempo meteorologico. Durante il viaggio del Voyager 2
le nubi di Urano erano estremamente deboli e miti, mentre osservazioni recenti (2005) fatte tramite
il telescopio spaziale Hubble hanno rilevato una presenza molto più accentuata e turbolenta ora che
l'inclinazione dell'asse sta portando l'equatore nella direzione perpendicolare del Sole (nel 2007 si
avrà tale allineamento).
Campo magnetico
Il campo magnetico di Urano è strano in quanto non ha il suo centro nel nucleo del pianeta ed è
inclinato di almeno 60° rispetto all'asse di rotazione. Probabilmente è generato dal movimento a
profondità relativamente superficiali all'interno del pianeta. Nettuno ha un campo magnetico simile
e quindi si pensa che questa stranezza non sia dovuta allo strana inclinazione dell'asse di Urano. La
77
magnetosfera è attorcigliato dalla rotazione del pianeta in una spirale retrostante il pianeta stesso.
La sorgente del campo magnetico è attualmente (2005) sconosciuta; attualmente non si ritiene più
vera la supposizione dell'esistenza, tra il nucleo del pianeta e l'atmosfera, di un oceano superpressurizzato composto da acqua ed ammoniaca che avrebbe potuto generare una conduzione
elettrica.
Scoperta e scelta del nome
Urano è il primo pianeta scoperto e che non era conosciuto nei tempi antichi, anche se era già stato
osservato in molte occasioni precedentemente, ma fu sempre scambiato, erroneamente, per una
stella. La prima osservazione visiva registrata è quella del 1690 di John Flamsteed che la catalogò
come stella 34 della costellazione del Toro. Flamsteed osservò Urano altre due volte, nel 1712 e nel
1715. James Bradley la osservò nel 1748, 1750 e 1753; Tobias Mayer nel 1756. Pierre Charles Le
Monnier la osservò quattro volte nel 1750, due nel 1768, sei nel 1769 e una l'ultima volta nel 1771.
Egli fu una vittima del suo stesso disordine: una delle sue osservazioni fu trovata consegnata su una
carta da pacchi usata per conservare la polvere per capelli.
Vale la pena di sottolineare che questi astronomi non sospettavano l'esistenza di pianeti oltre
Saturno, semplicemente perché nessuno ci aveva mai pensato. Urano venne trovato per caso,
quando Sir William Herschel notò come un'altrimenti anonima stellina sembrava spostarsi nel cielo.
Anche allora, occorse del tempo prima che gli astronomi si resero conto di avere a che fare con un
nuovo pianeta. Una curiosa conseguenza è che, da quel momento, divenne possibile ipotizzare
l'esistenza di altri pianeti (se ne scoprirono successivamente altri due, oltre a numerosissimi altri
corpi minori e vari pianeti ipotetici rivelatisi inesistenti), che prima non erano semplicemente mai
stati cercati.
Sir William Herschel scoprì il pianeta il 13 marzo 1781, ma non lo riconobbe come tale: rese
pubblica la notizia soltanto il 26 aprile 1781 registrandolo come una "cometa"! (Account of a Comet
di Mr. Herschel, F. R. S.; comunicato dal Dr. Watson, Jun. of Bath, F. R. S., Philosophical
Transactions of the Royal Society of London, Volume 71, pp. 492-501).
Herschel in origine gli diede come nome Georgium Sidus (la stella di George) in onore del re della
Gran Bretagna Giorgio III. Quando fu provato non essere una cometa, ma un pianeta, allora
Herschel lo ribattezzo come Georgian Planet (il pianeta Giorgiano). In ogni caso questo nome non
venne accettato all'esterno della Gran Bretagna. Jérôme Lalande propose, nel 1784, di chiamarlo
Herschel e creò anche il simbolo del pianeta (un globo sormontato dalla sua iniziale: 'H'); la sua
78
proposta fu prontamente accettata dagli astronomi francesi. Erik Prosperin, di Uppsala, propose il
nome di Astrea, Cibele e Nettuno (ora nomi detenuti da due asteroidi e un pianeta, rispettivamente:
5 Astraea, 65 Cybele e Nettuno). Anders Johan Lexell, di San Pietroburgo, propose come
compromesso il nome Nettuno di Giorgio III e Nettuno di Gran Bretagna. Daniel Bernoulli, da
Berlino, suggerì Hypercronius e Transaturnis. Georg Christoph Lichtenberg, da Gottinga,
intervenne proponendo Austräa, una dea menzionata da Ovidio (ma che è tradizionalmente
associata
con
la
Vergine).
Anche
il
nome
Minerva
è
stato
proposto
[1].
Infine, Johann Elert Bode, come editore del Berliner Astronomisches Jahrbuch, optò per Urano,
nome di un dio greco. Maximilian Hell usò tale nome nella prima effemeride pubblicata a Vienna.
Esaminando le pubblicazioni del Monthly Notices of the Royal Astronomical Society dal 1827 si
nota che il nome Urano era già il più comunemente usato dagli astronomi britannici. Il nome
assegnato dallo scopritore fu usato in modo saltuario e solo da alcuni britannici. L'ultimo a recepire
il nome Urano è stato il HM Nautical Almanac Office nel 1850.
Anelli
Urano possiede un sistema di anelli appena percettibile, composto da materia scura e polverizzata
fino a 10 m di diametro. Il sistema di anelli fu scoperto nel marzo 1977 da James L. Elliot, Edward
W. Dunham e Douglas J. Mink grazie al Kuiper Airborne Observatory. La scoperta fu una
serendipità; gli astronomi avevano progettato di usare l'occultazione di una stella da parte di Urano
per poter studiare la sua atmosfera, ma quando analizzarono le loro osservazioni scoprirono che la
stella era scomparsa brevemente dalla vista cinque volte prima e dopo l'occultamento da parte del
pianeta. Conclusero che doveva esserci un sistema di anelli intorno ad Urano. Tale sistema di anelli
venne rilevato direttamente quando la sonda spaziale Voyager 2 passò nei pressi di Urano nel 1986.
Urano possiede due sistemi di anelli. Il sistema più interno è formato da undici sottili anelli
planetari, mentre quello più esterno è formato da due anelli.
Nel dicembre 2005 il telescopio spaziale Hubble ha fotografato due nuovi anelli precedentemente
sconosciuti. Il più largo di questi ha un diametro due volte più grande degli anelli precedentemente
conosciuti. I due anelli sono così lontani dal pianeta che sono stati chiamati il "secondo sistema di
anelli" di Urano. Gli scienziati che hanno effettuato lo studio ipotizzano che l'anello più esterno
venga continuamente alimentato dal satellite Mab, scoperto nel 2005 e dal diametro di circa 20 Km,
che orbita all'interno di tale anello.
79
Il sistema di anelli interno
Il sistema di anelli interno è stato scoperto nel marzo 1977 da James L. Elliot, Edward W. Dunham
e Douglas J. Mink grazie al Kuiper Airborne Observatory. Gli astronomi avevano progettato di
usare l'occultazione di una stella da parte di Urano per poter studiare l'atmosfera del pianeta, ma
quando analizzarono le loro osservazioni scoprirono che la stella era scomparsa brevemente dalla
vista cinque volte prima e dopo l'occultamento da parte del pianeta. Conclusero che doveva esserci
un sistema di anelli intorno ad Urano e dall'analisi dei dati ne scoprirono 6. Studi successivi nello
stesso anno, effettuati all'osservatorio di Perth, permisero la scoperta di altri 3 anelli.
Tale sistema di anelli venne rilevato direttamente e fotografato dalla sonda spaziale Voyager 2 che
passò nei pressi di Urano nel 1986. Grazie alle nuove immagini vennero scoperti due nuovi anelli
talmente sottili che erano invisibili dalla Terra con gli strumenti dell'epoca.
Il sistema di anelli esterno
Il sistema di anelli esterno è stato scoperto nel 2005
analizzando i dati che il telescopio spaziale Hubble
aveva raccolto tra gli anni 2003 e 2005. L'analisi di
questi dati ha permesso di trovare anche due nuovi
satelliti: Mab e Cupid, ma soprattutto ha permesso di
vedere che il sistema di satelliti di Urano è
probabilmente instabile (ci sono frequenti collisioni o
forze che ne modificano le orbite), infatti le orbite dei
satelliti più interne sono notevolmente cambiate dal
1994. Sembra che un processo random o caotico causi
un continuo scambio di energia e momento angolare tra le varie lune.
I due anelli sono molto sottili e richiedono un'esposizione molto prolungata per poter essere
catturata una loro immagine.
Il movimento a spirale dovrebbe adagio adagio disperdere nello spazio esterno i componenti di
questi due anelli e quindi si ipotizza che vi sia qualcosa che li rifornisce continuamente di nuovo
materiale.
80
All'interno dell'anello R/2003 U 1 orbita il satellite Mab e gli scienziati ipotizzano che sia lui a
rifornire costantemente di materia tale anello tramite collisioni con meteoroidi. Il satellite Mab
inoltre raccoglie la polvere che incontra nella sua orbita per poi rilasciarla al successivo impatto.
L'anello R/2003 U 2 più interno invece non sembra avere un corpo visibile che lo rifornisca di
materiali. Si ipotizza che vi siano più satelliti di piccole dimensioni al suo interno o che si sia
formato a causa dell'impatto di un grossa luna di Urano, impatto che ha modificato la sua orbita
portandola all'esterno dell'anello.
Il telescopio spaziale Hubble ha raccolto, nel 2003, 80
fotografie con un'esposizione di 4 minuti l'una. In 24 di
queste risultano visibili gli anelli. L'anno successivo sono
state raccolte altre esposizioni che hanno riconfermato i dati
e le immagini riprese nel settembre 2005 riportano gli anelli
in modo molto più evidente delle precedenti.
Rianalizzando i dati raccolti dal voyager 2 nel 1986, circa 100 immagini, è stato possibile
confermare la presenza degli anelli anche all'epoca, anche se allora nessuno li aveva notati perché
sono molto distanti dal pianeta (cioè sono localizzati in un posto dove non si sarebbero aspettato di
trovarli) e sono appena visibili, quasi trasparenti.
Lo studio ha permesso inoltre di capire che questi due anelli stanno aumentando la loro luminosità
grazie al moto di Urano che si sta avvicinando al suo equinozio, intorno al 2007 quando la luce del
Sole arriverà direttamente all'equatore del pianeta e l'inclinazione degli anelli sarà favorevole per
uno studio diretto dalla Terra.
Secondo gli scienziali, la scoperta di questi nuovi anelli e lune di Urano, permetterà di capire come i
sistemi planetari si formano e si mantengano nel tempo. Infatti queste scoperte sembrano dimostrare
che le lune e gli anelli di Urano siano un sistema giovane e dinamico
Satelliti naturali
I satelliti naturali di Urano fino ad oggi (2005) scoperti sono ventisette, tra questi i cinque principali
sono: Ariel, Umbriel, Titania, Oberon, Miranda.
81
Nel dicembre 2005 il telescopio spaziale Hubble ha fotografato due nuovi piccoli satelliti, ma la
cosa più sorprendente è che sembra che le orbite dei satelliti di Urano siano cambiate notevolmente
negli ultimi dieci anni. Si ipotizza che tali cambiamenti possano essere dovuti a continue collisioni
dovute alla presenza di molti satelliti e materiale in orbita intorno al pianeta che rende
probabilmente instabili le orbite dei satelliti.
Miranda
Miranda è il più piccolo ed interno satellite di Urano tra le lune principali interne.
È stato scoperto da Kuiper il 16 febbraio 1948 dall'osservatorio McDonald. Il suo nome deriva da
un personaggio de La tempesta di Shakespeare; ha anche il nome di Urano V.
Le uniche immagini da vicino di Miranda provengono dalla sonda spaziale Voyager 2 scattate
durante il suo passaggio da Urano nel gennaio del 1986. È stato studiato soltanto l'emisfero sud
della luna perché durante al passaggio era la parte esposta verso il Sole. È stata una fortunata
coincidenza che la luna fosse l'oggetto a minor distanza, circa 2-3 km, dal Voyager 2 dato che è
l'oggetto con maggior attività nel sistema Urano. Il Voyager 2 ha dovuto avvicinarsi il più possibile
ad Urano per avere la spinta necessaria a raggiungere Nettuno, questo ha permesso di avere
immagini con risoluzione, della superficie di Miranda, di alcune centinaia di metri.
Caratteristiche fisiche
La
superficie
di
Miranda
è
probabilmente
composta
principalmente da acqua ghiacciata, dato che ha una densità molto
bassa. Gli altri componenti sono roccia formate da silicati e
materiale organico formato da metano e derivati da esso.
82
La superficie di Miranda è solcata da immensi canyon profondi fino a 20 km con vari strati
sovrapposti, alcuni recenti ed altri più antichi, che indicano un'intensa attività geologica nel passato.
La Rupes di Verona con una profondità di 20 km è la più alta scogliera del sistema solare.
Larghe strutture scanalate, chiamate corone, possono essere il risultato della risalita del ghiaccio
caldo (punto caldo). Si crede che queste attività possono essere causate dalle forze di marea
generate da Urano. Un'altra teoria, ora considerato meno attendibile, suggerisce che Miranda è stata
colpita da un corpo massivo che ha frammentato la luna, poi i frammenti si sono riuniti in posizioni
differenti dando origine alla strana morfologia superficiale attuale.
L'orbita di Miranda è inclinata di 4,34°; tale inclinazione è molto inusuale per una luna così vicina
al suo pianeta. È possibile che è stata ad un certo punto in risonanza orbitale 3:1 con Umbriel.
L'attrito di marea risultante può aver causato il riscaldamento interno della luna e così essere il
colpevole della passata attività geologica.
Le dimensioni e l'aspetto fisico di Miranda hanno delle similitudini con quelle di Encelado, una
luna di Saturno, questo potrebbe suggerire che un processo fisico simile abbia controllato
l'evoluzione geologica di questi corpi celesti.
Ariel
Ariel è una luna di Urano, scoperta il 24 ottobre 1851 da William Lassell. Deve il suo nome al Silfo
principale del poema Rape of the Lock di Alexander Pope. Fu scoperta insieme a Umbriel. È stata
anche designata Urano I.
Il nome "Ariel", e i nomi di tutti i quattro satelliti di Urano allora conosciuti, furono suggeriti da
John Herschel nel 1852, su richiesta di Lassell. Lassell aveva approvato la proposta del 1847 di
Herschel per i sette satelliti allora conosciuti di Saturno, che usava i nomi dei fratelli e delle sorelle
di Crono, l'equivalente greco di Saturno. Infatti, già nel 1848, Lassell aveva chiamato Iperione
l'ottavo satellite di Saturno da lui scoperto.
Caratteristiche fisiche
Le prime osservazioni ravvicinate di Ariel furono opera della sonda spaziale Voyager II, durante il
fly-by con Urano, nel gennaio 1986.
83
La composizione di Ariel è all'incirca il 50% ghiaccio d'acqua, 30% silicati, e 20% ghiaccio di
metano,
e
sembra
avere
regioni
di
gelo
recente.
In gran parte privo di crateri di impatto, Ariel sembra avere subito un periodo di intensa attività
geologica che ha prodotto una rete enorme di canyon e acqua liquida fuoriuscita in superficie.
Alcune formazioni geologiche caratteristiche di Ariel sono crateri, chasmata (termine astronomico
per "canyon") e valli.
Umbriel
Umbriel fu scoperta nel 1851 da William Lassell, insieme ad Ariel.
Il loro nomi, come quelli degli altri due satelliti di Urano allora conosciuti (Titania e Oberon, già
noti dal 1787 furono suggeriti da John Herschel nel 1852, su richiesta di Lassell. Lassell aveva già
approvato, nel 1847, la proposta del 1847 di Herschel di utilizzare i nomi dei fratelli e delle sorelle
di Crono per i sette satelliti allora conosciuti di Saturno (l'equivalente di Crono nella mitologia
romana). La proposta di Herschel per il sistema di Urano prevedeva che i satelliti dovessero essere
intitolati a personaggi delle opere di William Shakespeare ed Alexander Pope; a tutt'oggi la
tradizione è stata sempre rispettata.
Casualmente, il nome di Umbriel ben si addice alla sua caratteristica colorazione scura: Umbriel è
l'oscuro folletto della malinconia in The Rape of the Lock di Alexander Pope, ed il nome richiama
l'espressione latina umbra, ombra.
Superficie
Umbriel è caratterizzata, come già detto, dalla superficie più scura fra tutti i satelliti di Urano.
La superficie del satellite è pesantemente craterizzata; la sua caratteristica più rilevante, nota con il
nome di Wunda, è un grande anello di materiale brillante. Sembra naturale presumere che si tratti
cratere, ma l'esatta natura della formazione è ancora incerta.
84
Titania
Titania fu scoperta l'11 gennaio 1787 da William Herschel. Nella stessa occasione, l'astronomo
tedesco scoprì anche Oberon.
Il suo nome fu suggerito nel 1852 da John Herschel, figlio dello scopritore, allorché l'astronomo
William Lassell aveva scoperto anche Ariel e Umbriel; Lassell aveva appoggiato lo schema
proposto da Herschel nel 1847 per i sette satelliti allora conosciuti di Saturno, che prevedeva di
utilizzare i nomi dei fratelli e delle sorelle di Crono (il Saturno della mitologia greca, e nel 1848
aveva battezzato Iperione, in accordo con lo schema di Herschel, l'ottavo satellite di Saturno da lui
scoperto. Lassell accettò di buon grado anche la proposta di nomenclatura dei satelliti uraniani, che
da allora (caso unico fra i pianeti del sistema solare) non vengono battezzati in onore di divinità
antiche, ma con i nomi di personaggi delle opere di William Shakespeare o di Alexander Pope.
Titania, in particolare, è la Regina delle Fate e sposa di Oberon nel Sogno di una notte di mezza
estate di William Shakespeare.
Atmosfera
L'8 settembre 2001 è stata visibile da Terra l'occultazione di una debole stella da parte di Titania; è
così stato possibile ottenere misure più accurate del suo diametro e della sua atmosfera. I dati hanno
rivelato un'assenza totale di atmosfera al di sopra di una pressione superficiale di 3 millipascal.
Superficie
La superficie di Titania è caratterizzata dalla presenza di un enorme canyon, assai più grande del
Gran Canyon terrestre e paragonabile alle Valles Marineris di Marte o ad Ithaca Chasma su Teti (un
satellite di Saturno).
Struttura interna
Titania è composta per circa il 50% di ghiaccio d'acqua, per il 30% di silicati e per il 20% di
composti organici del metano.
Oberon
85
Oberon è il più esterno dei satelliti di Urano e come le altre lune ha ricevuto il nome di uno dei
personaggi di Shakespeare (o Alexander Pope): il nome dei primi quattro satelliti venne scelto da
John Herschel, figlio di William (Oberon, Titania, Ariel, Umbriel). Oberon è infatti il nome del re
delle fate in Sogno di una notte di mezza estate.
Caratteristiche fisiche
Oberon è formato all'incirca dal 50% di ghiaccio, 30% di silicio e 20% di idrocarburi (metano).
Possiede una superficie ghiacciata e ricoperta di crateri, che non mostra tracce evidenti di attività
tettonica, a parte la presenza di alcuni materiali scuri che sembrano ricoprire la superficie di alcuni
crateri.
Nettuno
Nettuno è l'ottavo pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole; fu scoperto nel 1846, e
gli venne attribuito il nome dell'omonima divinità romana. Il suo simbolo astronomico è una
rappresentazione stilizzata del tridente del dio (
).
Si tratta del più piccolo fra i quattro giganti gassosi
del sistema solare; nonostante la sua massa sia
maggiore di quella di Urano, le sue dimensioni
sono leggermente inferiori.
Visitato per la prima volta dalla sonda meccanica
Voyager 2 nel 1989, Nettuno appare come un disco
blu solcato da venti potentissimi e tempeste
atmosferiche di dimensioni rilevanti; è circondato
da deboli anelli e da numerosi satelliti naturali.
Nettuno è invisibile ad occhio nudo da Terra; la
sua magnitudine apparente, sempre compresa fra la 7,7 e la 8,0, necessita almeno di un binocolo per
permettere l'individuazione del pianeta. Al telescopio Nettuno appare come un piccolo disco bluverdastro, simile ad Urano; il colore è dovuto alla presenza di metano nell'atmosfera nettuniana, in
ragione del 2%.
86
Con una massa pari a circa 17 volte quella terrestre ed una densità media di 1,64 volte quella
dell'acqua, Nettuno è il più piccolo e più denso fra i pianeti giganti del sistema solare. Il suo raggio
equatoriale, ponendo lo zero altimetrico
alla quota in cui la pressione atmosferica
vale 1000 hPa, è di 24 764 km.
A causa dell'alta eccentricità dell'orbita di
Plutone, periodicamente Nettuno diventa il
nono pianeta del sistema solare, come è
successo fra il 1979 ed il 1999; Plutone
infatti raggiunge di tanto in tanto una
distanza dal Sole inferiore a quella di
Nettuno. Ciononostante una collisione fra i
due pianeti è del tutto improbabile, a causa
dell'alta inclinazione fra i due piani orbitali.
Le nuove scoperte di moltissimi corpi celesti nel sistema solare esterno hanno portato gli astronomi
a coniare un nuovo termine, oggetto trans-nettuniano, che designa qualsiasi oggetto orbitante oltre
l'orbita di Nettuno (o comunque formatosi in quella regione). Secondo tale visione Plutone non
sarebbe più un pianeta, ma solo un oggetto trans-nettuniano di dimensioni ragguardevoli, e Nettuno
diverrebbe l'ultimo pianeta propriamente detto.
L'atmosfera nettuniana appare tipicamente azzurra, ma meno uniforme rispetto a quella di Urano.
All'altezza dell'equatore è possibile osservare fasce e bande parallele che la attraversano; all'epoca
del sorvolo da parte della Voyager 2 era inoltre presente una prominente formazione estemporanea,
battezzata Grande Macchia Scura, dall'estensione pari a circa 10 000 km. Negli anni 1990
successive osservazioni effettuate mediante il telescopio Hubble hanno messo in luce la scomparsa
della macchia. Sebbene le componenti principali dell'atmosfera siano di gran lunga l'idrogeno e
l'elio, è il metano (presente in ragione del 2%) a regolarne i fenomeni meteorologici. Le molecole di
metano dell'alta atmosfera si scindono infatti in idrocarburi, quali l'etano e l'acetilene, per effetto
dell'irraggiamento solare (900 volte meno intenso di quello rilevato sulla Terra). Anche le nubi
bianche osservate dalla sonda Voyager 2 nel 1989 sono probabilmente composte di cristalli di
metano ghiacciato.
87
Il metano che compone l'atmosfera è anche responsabile dell'assorbimento della luce rossa, dando al
pianeta la sua caratteristica colorazione verde-azzurra, tanto che il pianeta è soprannominato il
"pianeta blu".
La struttura interna del pianeta ricorda da vicino quella di Urano.
Nettuno appare dotato di uno strato superficiale composto di idrogeno, elio ed ammoniaca, situato
appena al di sotto del livello delle nubi; più in profondità, fino a circa 8000 km dalla superficie
visibile del pianeta, ha inizio il mantello, composto da ghiaccio d'acqua, ammoniaca e metano.
Apparentemente il mantello è anche sede del campo magnetico di Nettuno.
Al di sotto del mantello si trova un inviluppo di idrogeno molecolare ed elio; la temperatura della
regione raggiunge i 2500 K, e la pressione sfiora le 200 000 atmosfere. Il nucleo del pianeta, dal
raggio pari a circa 7500 km, è infine ricco di ferro ed altri materiali rocciosi; la sua temperatura
supera addirittura quella della fotosfera solare,
attestandosi attorno ai 6500-7000 K.
Nettuno possiede un debole sistema di anelli
planetari, la cui composizione è tuttora ignota. La
loro struttura sembra irregolare, forse a causa delle
interazioni gravitazionali con i satelliti del pianeta.
Gli anelli furono scoperti dalla sonda Voyager 2 nel
1989.
L'anello principale, Adams, è costituito da tre archi
di anello principali. L'esistenza di simili strutture non è stata ancora pienamente giustificata;
normalmente ci si aspetterebbe una distribuzione uniforme di polveri e piccoli corpi ghiacciati
sull'intera orbita attorno al pianeta. Alcuni ritengono che l'attrazione gravitazionale di Galatea possa
essere alla base delle irregolarità osservate.
Nettuno possiede tredici satelliti naturali conosciuti, il maggiore dei quali è Tritone; gli altri satelliti
principali sono Nereide e Larissa.
Tritone è l'unico satellite di Nettuno che possiede una forma ellissoidale; fu individuato per la prima
volta dall'astronomo William Lassell appena 17 giorni dopo la scoperta del pianeta madre. Orbita in
direzione retrograda rispetto a Nettuno, a differenza di tutti gli altri satelliti principali del sistema
solare; è in rotazione sincrona con Nettuno e la sua orbita è in decadimento costante.
88
Il satellite più interessante, a parte Tritone, è Nereide, la cui orbita è fra le più eccentriche dell'intero
sistema solare.
Fra il luglio ed il settembre 1989 la sonda statunitense Voyager 2 ha individuato sei nuovi satelliti,
fra i quali spicca Proteo, le cui dimensioni sarebbero quasi sufficienti a conferirgli una forma
sferoidale; è il secondo satellite del sistema di Nettuno, pur con una massa pari ad appena lo 0,25%
di quella di Tritone.
Una nuova serie di scoperte è stata annunciata nel 2004; si tratta di satelliti minori e fortemente
irregolari.
Tritone è il principale satellite naturale
di Nettuno, ed uno dei più massicci
dell'intero sistema solare (precisamente il
settimo, dopo Titano, la Luna e i quattro
satelliti
medicei
di
Giove);
è
caratterizzato da un'attività geologica
particolarmente
intensa
(sulla
sua
superficie sono visibili numerosi geyser.
Scoperto nel 1846, Tritone è stato
sorvolato da un'unica sonda spaziale, la
Voyager 2, nel 1989; i dati e le immagini inviate a Terra hanno permesso di stimarne con precisione
i parametri fisici e orbitali, di individuarne le principali formazioni geologiche e di studiarne la
tenue atmosfera. La superficie di Tritone è solcata da valli e canyon particolarmente estesi, che si
intrecciano in maniera disordinata, probabilmente come risultato di un processo ciclico di
scioglimento e ricongelamento. Nonostante le ipotesi relative alla formazione del satellite
prevedano che il corpo sia stato catturato solo in un secondo momento dall'attrazione gravitazionale
di Nettuno, l'aspetto di Tritone ricorda quello degli altri satelliti ghiacciati del sistema solare
esterno, in particolar modo Ariel (satellite di Urano), Encelado (satellite di Saturno), Io, Europa e
Ganimede (satelliti di Giove). Oltre all'azoto solido, la superficie di Tritone presenta tracce di
metano, ghiaccio di monossido di carbonio, ghiaccio d'acqua e ghiaccio secco; l'albedo è quindi
particolarmente elevata, e varia localmente fra 0,60 e 0,95.
La temperatura superficiale di Tritone è certamente superiore a 35,6 K, come rivela la presenza di
azoto solido in forma beta-cristallina, che subisce una transizione di fase al di sotto di tale
89
temperatura; la pressione di vapore dell'azoto gassoso presente nell'atmosfera del satellite impone
un limite massimo pari a circa 41-42 K. La temperatura di Tritone risulta così addirittura inferiore a
quella di Plutone, nell'ordine dei 44 K, nonostante il satellite sia ancora geologicamente attivo.
Complessivamente, la superficie di Tritone è pari a circa il 4,5% di quella terrestre.
Tritone risulta, sorprendentemente, geologicamente attivo; la sua superficie è relativamente recente
e povera di crateri, e all'epoca del fly-by da parte della Voyager 2 presentava numerosi vulcani
ghiacciati e geyser nell'atto di eruttare azoto liquido, polveri o composti del metano nell'atmosfera,
formando dei pennacchi alti fino ad 8 km. Si ritiene che l'attività geologica di Tritone sia innescata
dal riscaldamento stagionale ricevuto dal Sole, a differenza, ad esempio, di quella di Io, che ha
origine dalle forze di marea provocate dall'interazione gravitazionale con Giove.
Nereide (dal greco Νηρηΐδα) è il terzo satellite naturale di Nettuno
per grandezza, con un diametro di ben 340 km. La sua scoperta
risale al 1 maggio 1949, ad opera di Gerard P. Kuiper.
Il suo nome deriva da quello delle Nereidi, le ninfe del mare nella
mitologia greca.
A causa della sua grande distanza dalla traiettoria seguita dalla
sonda spaziale statunitense Voyager 2 nel suo passaggio attraverso il sistema di Nettuno nel 1989,
Nereide non fu adeguatamente fotografata; le immagini inviate ne mostrano solamente la forma
irregolare, ma non permettono di identificare alcuna formazione geologica sulla sua superficie.
Larissa è il quinto satellite naturale di Nettuno in
ordine crescente di distanza dal pianeta. Fu scoperto
dal gruppo di Harold Reitsema, che si basò
sull'osservazione di occultazioni stellari nel 1981;
ricevette la designazione provvisoria di S/1981 N 1.
Nessun altro astronomo riuscì più ad osservare il
satellite fino al sorvolo da parte della sonda Voyager 2, nel 1989; la nuova designazione provvisoria
fu S/1989 N 2. Larissa presenta un aspetto fortemente irregolare e non mostra traccia di attività
geologica; la sua superficie è fortemente craterizzata.
90
Proteoè il secondo satellite di Nettuno per dimensioni. Il suo
nome deriva da quello di Proteo, una divinità minore del mare
in grado di modificare, secondo la mitologia greca, il proprio
aspetto. Proteo ha un diametro superiore a 400 km, ed è
pertanto più grande di Nereide, un altro satellite di Nettuno già
precedentemente noto grazie ad osservazioni effettuate da
Terra. Si ritiene che Proteo non fu scoperto dai telescopi
terrestri a causa della sua orbita troppo vicina al pianeta, che
ne impedisce l'individuazione diretta. Inoltre Proteo è uno
degli oggetti più scuri del sistema solare, con un'albedo pari ad appena 0.10 (viene riflesso il 10%
della luce solare incidente), che lo accomuna a Febe, satellite di Saturno. Questo porta a concludere
che, a differenze di altri satelliti, non abbia avuto attività geologica di rilievo. Ha un aspetto
irregolare; gli scienziati credono che Proteo abbia la densità limite per un corpo non sferidoidale. Il
satellite saturniano Mimas si presenta più regolare, nonostante sia meno massiccio di Proteo. La
formazione geologica più prominente della superficie di Proteo è certamente il cratere Pharos.
I Pianeta nani
Un pianeta nano è un corpo celeste di tipo planetario orbitante attorno ad una stella e caratterizzato
da una massa sufficiente a conferirgli una forma sferoidale, ma che non è stato in grado di "ripulire"
la propria fascia orbitale da altri oggetti di dimensioni confrontabili.
Nonostante il nome, un pianeta nano non è necessariamente più piccolo di un pianeta. In teoria non
vi è limite alle dimensioni dei pianeti nani. Si osservi inoltre che la classe dei pianeti è distinta da
quella dei pianeti nani, e non comprende quest'ultima.
Il termine pianeta nano è stato introdotto ufficialmente nella nomenclatura astronomica il 24
agosto 2006 da un'assemblea dell'Unione Astronomica Internazionale. Attualmente sono soltanto tre
i corpi celesti orbitanti intorno al Sole che rientrano in questa classificazione:
91
Nome
Categoria
Diametro
Massa
Plutone
Plutino
2306 ± 20 km
~1,305 × 1022 kg
2003 UB313 ("Xena") Oggetto del disco diffuso 2400 km ± 100 km sconosciuta
Cerere
Asteroide
975 × 909 km
9,5 × 1020 kg
Potenziali pianeti nani
Anche i seguenti oggetti del sistema solare potrebbero essere classificati, in base alla definizione,
come pianeti nani, sebbene l'Unione Astronomica Internazionale si riservi di decidere in futuro se
includerli o meno nella lista ufficiale. Si osservi che i dati fisici relativi ad alcuni di questi oggetti
non sono ancora noti con sufficiente precisione.
Nome
Categoria
Diametro
Sedna
Oggetto del disco diffuso 1180–1800 km
2005 FY9
Cubewano
1600 – 2000? km sconosciuta
Orco
Plutino
840 - 1880 km
6,2 - 7,0 × 1020 kg
2003 EL61
Cubewano
~ 1500 km
~4,2 × 1021 kg
Quaoar
Cubewano
989 - 1346? km
1,0-2,6 × 1021 kg
2002 TC302
Oggetto del disco diffuso ≤ 1200 km
sconosciuta
Varuna
Cubewano
~936 km
~5,9 × 1020 kg
2002 UX25
Cubewano
~910 km
~7,9 × 1020 kg
92
Massa
1,7-6,1 × 1021 kg
2002 TX300
Cubewano
<900 km
sconosciuta
1996 TO66
Cubewano
sconosciuto
sconosciuta
2002 AW197 Cubewano
700±50 km
sconosciuta
Issione
Plutino
<822 km
sconosciuta
Chaos
Cubewano
~560 km
sconosciuta
Fra gli asteroidi del sistema solare interno, i due più massicci, Cerere e Vesta, rispettano la nuova
definizione; quest'ultimo appare tuttavia caratterizzato da alcune prominenti irregolarità, che ne
mettono in dubbio la classificazione definitiva. A livello teorico anche Pallade ed Igea potrebbero
essere ritenuti, con una certa approssimazione, di forma sferoidale. All'epoca della loro scoperta
tutti e quattro questi oggetti furono inizialmente considerati dei veri e propri pianeti.
Cerere
Cerere (secondo la designazione asteroidale, 1 Ceres, dal latino Cerēs) è l'asteroide più massiccio
della fascia principale del sistema solare; fu inoltre il primo ad essere scoperto. Il suo diametro è di
circa 950 km, e la sua massa è pari al 40% di quella di tutti gli altri asteroidi della fascia principale
messi insieme. Per questi motivi Cerere è l'unico asteroide del sistema solare interno ad essere
considerato un pianeta nano, alla stregua di Plutone e di 2003 UB313.
La fascia di Edgeworth-Kuiper contiene ad ogni modo oggetti molto più grandi di Cerere; oltre ai
pianeti nani già citati, basti ricordare Quaoar, Orco e Sedna.
Il simbolo astronomico di Cerere è una falce, di cui esistono diverse varianti (
2
2
).
Cenni storici
Cerere venne individuato il 1° gennaio 1801 dall'astronomo italiano Giuseppe Piazzi. Piazzi lo
battezzò Ceres Ferdinandea, in onore della dea romana Cerere, protettrice del grano e della Sicilia,
e di Re Ferdinando III di Sicilia (anche noto come Ferdinando IV di Napoli, che nel 1816 divenne
Ferdinando I delle Due Sicilie). A quel tempo Re Ferdinando si era rifugiato a Palermo a seguito
93
della conquista del Regno di Napoli da parte della Francia nel 1798; l'aggettivo Ferdinandea cadde
quindi in disuso presso la comunità internazionale. Per qualche tempo Cerere fu anche chiamato
Hera, in Germania.
Cerere fu scoperto per caso. Dall'Osservatorio Nazionale del Regno delle Due Sicilie a Palermo,
Piazzi stava cercando la stella catalogata da Nicolas Louis de Lacaille come Lacaille 87 poiché la
sua posizione non corrispondeva a quella riportata nel catalogo zodiacale di Johann Tobias Mayer
(alla fine si scoprì che Francis Wollaston, nella riedizione del catalogo Mayer, aveva commesso un
errore). Il 1° gennaio 1801, Piazzi scoprì un oggetto brillante che si muoveva contro lo sfondo di
stelle. La prima osservazione lo portò a ipotizzare che si trattasse di una stella fissa, non riportata
dal catalogo. Nei giorni seguenti, notò che il corpo celeste non si trovava più nella posizione
iniziale, e sospettò che si trattasse di una stella diversa. Le successive osservazioni lo convinsero
che il nuovo astro era dotato di moto proprio.
Piazzi non poté seguire il moto di Cerere abbastanza a lungo (compì solo ventiquattro osservazioni)
prima che, l'11 febbraio, l'astro entrasse in congiunzione, e diventasse quindi invisibile da Terra.
Non fu così possibile determinare la sua orbita, e Cerere andò perduto. Due anni dopo il fisico Carl
Friedrich Gauss sviluppò un nuovo metodo di determinazione dell'orbita di un generico corpo
celeste che si poteva basare su tre sole osservazioni; in poche settimane egli predisse la traiettoria di
Cerere in base ai dati precedentemente raccolti da Piazza e comunicò i suoi risultati a Franz Xaver,
editore del Monatliche Correspondenz. Il 31 dicembre 1801, Zach e Heinrich Olbers confermarono
con certezza la riscoperta di Cerere.
Osservazione da Terra
In alcuni punti della sua orbita, Cerere può raggiungere una magnitudine apparente pari a 7,0 per un
osservatore terrestre. Un corpo celeste con un simile valore di luminosità apparente viene
considerato generalmente appena troppo debole affinché possa essere visto a occhio nudo, ma in
condizioni di visibilità particolari una persona dotata di una vista eccellente dovrebbe essere in
grado di individuarlo senza ricorrere a binocoli o telescopi. L'unico altro asteroide che può essere
visto a occhio nudo è Vesta.
Il 13 novembre 1984 fu osservata da Terra un'occultazione stellare da parte di Cerere; l'evento fu
visibile nei cieli del Messico, della Florida e dei Caraibi.
94
Parametri orbitali
Ceres è un caso raro fra gli asteroidi, poiché le sue dimensioni e la
sua massa sono sufficienti a dargli una forma quasi sferica: si
tratta, cioè, di uno sferoide stabile compresso gravitazionalmente,
ovvero di un corpo planetario. L'unico altro asteroide conosciuto
di questo tipo è Vesta, anche se Igea sembra essere sferoidale nelle immagini a bassa risoluzione.
Altri grandi asteroidi, quali Pallade e Giunone, appaiono decisamente meno regolari.
Per lungo tempo si è ritenuto Cerere il prototipo di un'omonima famiglia di asteroidi; tale
raggruppamento è oggi in disuso, poiché Cerere mancava di correlazione fisica con gli altri membri
della famiglia. La maggior parte di questo gruppo di asteroidi va ora sotto la denominazione di
famiglia Gefion, dal nome di un altro asteroide.
Superficie
Alcuni indizi suggeriscono che la superficie di Ceres sia relativamente calda e che l'asteroide possa
possedere una tenue atmosfera e brina. Rilevazioni eseguite 5 maggio 1991 hanno permesso di
quantificare la temperatura massima (con il Sole allo zenit) in 235 K; considerando anche la
distanza dal Sole al momento dell'osservazione, le stime comunemente accettate indicano al perielio
una temperatura massima di ~239 K.
Vi sono alcune ambiguità per quanto riguarda le caratteristiche superficiali di Ceres. Le immagini
all'ultravioletto a bassa risoluzione riprese dal telescopio spaziale Hubble nel 1995 mostrano una
zona scura sulla superficie, molto probabilmente un cratere, denominato cratere Piazzi, dal nome
dello scopritore. Immagini successive riprese con una maggiore risoluzione (50 km/pixel) dal
telescopio Keck utilizzando ottiche adattive non hanno mostrato alcun segno di Piazzi; al contrario,
due grandi regioni scure, presumibilmente crateri d'impatto, sono state indivuate durante la
rotazione dell'asteroide. Immagini più recenti, riprese da Hubble fra dicembre 2003 e gennaio 2004
(coprendo l'intero periodo di rotazione di nove ore dell'asteroide e fornendo la più completa visione
del corpo celeste alla data attuale), mostrano (con una risoluzionde di 30 km/pixel) una misteriosa
macchia bianca, la cui natura è attualmente sconosciuta. [1]
Queste ultime osservazioni hanno permesso inoltre di determinare, con uno scarto di circa 5°, i
valori di ascensione retta e declinazione del polo nord di Cerere oggi comunemente accettati.
95
Struttura interna
Recenti studi condotti da Peter Thomas della Cornell University suggeriscono che l'interno di Ceres
sia differenziato; osservazioni supportate da modelli computerizzati suggeriscono la presenza di un
nucleo roccioso ricoperto da un mantello ghiacciato. Il mantello, spesso 120-160 km, potrebbe
contenere un volume d'acqua pari a 200 milioni di chilometri cubici, molto più della quantità
complessiva di acqua dolce presente sulla Terra.
Plutone
Plutone è un pianeta nano orbitante nelle regioni periferiche del sistema solare, al di là dell'orbita di
Nettuno; fu scoperto nel 1930 da Clyde Tombaugh e inizialmente classificato come il nono pianeta.
Il nuovo corpo celeste venne battezzato in onore di Plutone, divinità romana dell'Oltretomba; le
prime lettere del nome, PL, sono anche le iniziali dell'eminente astronomo Percival Lowell, che per
primo ne postulò l'esistenza. Il suo simbolo astronomico è la versione stilizzata delle iniziali di
Lowell (
).
Precedentemente considerato un pianeta vero e proprio, il 24 agosto 2006 Plutone è stato declassato
a pianeta nano dall'Unione Astronomica Internazionale. In virtù dei suoi parametri orbitali, Plutone
è anche considerato un classico esempio di oggetto trans-nettuniano.
Cenni storici
Si sospettava da tempo (almeno dal 1877, con D. P. Todd) l'esistenza di un pianeta esterno rispetto
a quelli già noti, a causa del fatto che Urano e Nettuno sembravano muoversi in modo diverso dal
previsto, come se fossero stati perturbati dall'attrazione gravitazionale di un altro oggetto. Alle
stesse conclusioni arrivarono William Henry Pickering e Percival Lowell all'inizio del Novecento.
La tecnica delle perturbazioni aveva già riportato un grande successo nel 1846, quando Nettuno era
stato scoperto allo stesso modo.
Seguendo le previsioni teoriche, Plutone fu scoperto presso l'Osservatorio Lowell, in Arizona, il 18
febbraio 1930, dopo lunghe ricerche, per mezzo del confronto di lastre fotografiche impressionate
pochi giorni prima, il 23 e il 29 gennaio, da Clyde Tombaugh. Dopo che l'osservatorio ebbe
ottenuto fotografie di conferma, la notizia della scoperta fu telegrafata all'Harvard College
96
Observatory il 13 marzo 1930. Il pianeta fu in seguito ritrovato in fotografie risalenti al 19 marzo
1915 (un cosiddetto caso di precovery, piuttosto comune in astronomia).
Plutone fu trovato quasi esattamente nella posizione prevista dai calcoli teorici, per cui inizialmente
si credette di aver trovato il corpo perturbatore. Col passare degli anni le misurazioni rivelarono
tuttavia che Plutone era di gran lunga troppo piccolo per spiegare le perturbazioni osservate, e si
pensò quindi che non si potesse trattare dell'ultimo pianeta del sistema solare. Partì quindi la caccia
al decimo pianeta, il cosiddetto Pianeta X - un gioco di parole basato sul fatto che la X è il numero
romano per 10 ed è anche il simbolo dell'incognito.
La questione fu risolta solo nel 1989, quando l'analisi dei dati della sonda Voyager II rivelò che le
misure della massa di Urano e Nettuno comunemente accettate in precedenza erano un poco
sbagliate. Le orbite calcolate con le nuove masse non mostravano alcuna anomalia, il che escludeva
categoricamente la presenza di qualunque pianeta più esterno di Nettuno con una massa elevata.
La scoperta di Plutone fu in definitiva casuale, trovandosi il pianeta al posto giusto nel momento
giusto mentre si dava la caccia a qualcos'altro.
Osservazione da Terra
La magnitudine apparente di Plutone da Terra è pari a 14,5, mentre il suo diametro angolare è
soltanto in media di 0,14 secondi d'arco, caratteristiche che ne rendono difficile l'osservazione da
Terra e che giustificano la sua individuazione solamente nella prima metà del XX secolo.
Parametri orbitali
Plutone
possiede
un'orbita
molto
eccentrica
(0,2488)
e
notevolmente inclinata rispetto all'eclittica (17°7'), e in un breve
periodo della sua rivoluzione si trova più vicino al Sole che
Nettuno. Tuttavia i due oggetti orbitano in risonanza 2:3 (163,88
anni Nettuno e 248,74 anni Plutone), e quindi non si verificano
incontri ravvicinati tali da perturbare l'orbita di Plutone.
97
A partire dagli anni novanta del XX secolo sono stati scoperti diversi planetoidi della fascia di
Edgeworth-Kuiper in risonanza orbitale 2:3 con Nettuno: oggi tali corpi vanno sotto la
denominazione comune di plutini, e Plutone ne è considerato il prototipo.
Atmosfera
Il sistema di Plutone non è mai stato visitato da alcuna sonda spaziale di fabbricazione umana, e
pertanto molte misurazioni relative alla sua natura fisica sono approssimative e non confermate. Si
ritiene comunque che esso possieda una debole atmosfera, composta prevalentemente da metano
gassoso, quindi da argon, azoto, monossido di carbonio, ossigeno. Probabilmente la pressione
atmosferica, comunque estremamente bassa, varia sensibilmente al variare della distanza del corpo
dal Sole e con il ciclo delle stagioni: è presente quando il pianeta nano si trova vicino al perielio, nel
momento in cui la pressione al suolo raggiungerebbe dai 3 ai 160 microbar, mentre a distanze
maggiori dal Sole congela e precipita sulla superficie.
Superficie
La superficie di Plutone, composta da ghiaccio d'acqua e di
metano, non è uniforme, come dimostrano le sensibili variazioni di
albedo riscontrabili da Terra nel corso della rotazione del pianeta.
Una mappa a bassa risoluzione è stata realizzata a partire da
osservazioni effettuate grazie al telescopio spaziale Hubble, ma i
dettagli visibili sono pochi. Sembra vi siano macchie più chiare,
probabilmente composte di azoto e metano solido, che riflettono la
debole luce presente, contrastando con il resto della superficie più
scura, probabilmente costituita da antiche pianure laviche.
La temperatura superficiale si aggira tra i 40 e i 60 K.
Struttura interna
La densità media di Plutone, pari a due volte quella dell'acqua, suggerisce che il suo interno sia
costituito da un miscuglio di materiali rocciosi e di ghiaccio d'acqua e di metano (la presenza di
98
quest'ultimo è stata dedotta dalle osservazioni sulla riflettività del suolo del pianeta a diverse
lunghezze d'onda). L'oggetto sarebbe cioè composto in gran parte da ghiaccio e rocce silicatiche.
Anche il nucleo sembra essere costituito in gran parte da silicati.
Satelliti naturali
Plutone possiede tre satelliti naturali conosciuti: il più
massiccio, Caronte, fu identificato nel 1978, mentre gli
altri due, di dimensioni minori, Notte ed Idra, sono stati
scoperti nel maggio 2005. La loro individuazione da parte
di astronomi dell'Università John Hopkins è stata resa
possibile dall'analisi delle fotografie scattate dal telescopio
spaziale Hubble fra il 15 e il 18 maggio 2005; la loro
esistenza è stata confermata con precovery dalle immagini
dell'Hubble del 14 giugno 2002.
Si ritiene che entrambi i due satelliti minori abbiamo masse minori dello 0,3% di Caronte (o 0,03%
della massa di Plutone). Una ricerca approfondita condotta da Terra fino alla magnitudine visuale
27 e fino ad una distanza di 5 secondi d'arco ha escluso l'esistenza di altri satelliti di dimensioni
maggiori di 12 km.
Caronte
Caronte possiede dimensioni non molto inferiori a Plutone; alcuni preferiscono quindi parlare di un
sistema binario, giacché i due corpi orbitano attorno ad un comune centro di gravità situato
all'esterno di Plutone.
Caronte è stato scoperto nel 22 giugno 1978 da Jim Christy; sulle lastre fotografiche di allora,
riprese dall'osservatorio di Flagstaff in Arizona, era visibile come una protuberanza del disco di
Plutone. Tuttavia la periodicità e la posizione di tale protuberanza fecero ben presto ipotizzare la
presenza di un satellite (inizialmente denominato S/1978 P1).
Caronte ruota su se stesso con un movimento sincrono in 6,39 giorni, presentando sempre la stessa
faccia a Plutone, come la Luna con la Terra. Tuttavia lo stesso Plutone rivolge sempre il medesimo
99
emisfero al proprio satellite principale. La loro rotazione presenta quindi una sincronia doppia,
unica fra i corpi maggiori nel sistema solare.
Si ritiene che la sua origine risalga ad un impatto catastrofico fra Plutone ed un asteroide; parte dei
frammenti del planetoide originario si sarebbero poi riaggregati in orbita attorno ad esso.
Idra e Notte
Idra è il satellite più esterno del sistema, quello più a destra in
entrambe le fotografie; esso è caratterizzato da una magnitudine
apparente stimata in 22,96 ± 0,15 e ruota intorno al pianeta in 38,2
± 0,8 giorni ad una distanza media di 64 700 ± 850 km. Ruota in
senso antiorario sullo stesso piano orbitale di Caronte, in risonanza
orbitale rispetto a quest'ultimo. Sembra essere il maggiore dei due
nuovi satelliti, e stime basate sui valori probabili di albedo danno un diametro compreso tra 52 e
160 km.
Notte è il satellite visibile più in alto in entrambe le fotografie; la sua magnitudine apparente è pari a
23,41 ± 0,15, e ruota intorno a Plutone in 25,5 ± 0,5 giorni ad una distanza media di 49 400 ± 600
km. Notte ruota in senso antiorario sullo stesso piano orbitale di Caronte, in risonanza orbitale 4:1
rispetto a quest'ultimo. Sembra essere il minore dei satelliti del sistema.
Esplorazione di Plutone
La sonda New Horizons della NASA è stata lanciata il 19 gennaio 2006, dopo due giorni di rinvii
per maltempo e problemi tecnici, alla volta di Plutone. L'incontro con il pianeta nano avverrà nel
2015. Si tratterà di un fly-by, ossia di un sorvolo, perché la sonda non ha abbastanza carburante a
bordo per rallentare ed immettersi in orbita attorno all'oggetto; attualmente i piani di volo
prevedono un avvicinamento massimo a circa 9000 km di distanza dalla superficie plutoniana, ad
una velocità relativa di circa 10 km/s, ma è prevedibile che il sorvolo avverrà più vicino al pianeta,
grazie alla possibilità di correggere la rotta durante la missione. La sonda si attiverà sin da circa 4
mesi prima dell'arrivo, momento in cui le fotografie del pianeta nano che potrà scattare saranno già
migliori di quelle ottenibili da Terra o dal telescopio spaziale Hubble. Data l'enorme distanza dalla
Terra e la bassa potenza disponibile (l'intera sonda avrà allora meno di 200 watt a disposizione per
100
il suo funzionamento, a causa della distanza dal Sole), l'invio dei dati avverrà a velocità molto
bassa, meno di un kilobit al secondo, ed occuperà i mesi successivi all'incontro.
2003 UB313
2003 UB313 è il più grande pianeta nano del sistema solare attualmente conosciuto, e l'oggetto più
massiccio in orbita attorno al Sole
dopo gli otto pianeti tradizionali; si
tratta
di
un
oggetto
ghiacciato
orbitante nel sistema solare esterno.
2003
UB313
appartiene
al disco
diffuso, ed è il più grande fra oggetti trans-nettuniani. Come sottolineato dagli astronomi
californiani dell'Osservatorio di Monte Palomar, l'oggetto è sicuramente più grande di Plutone.
Originariamente soprannominato il Decimo Pianeta dagli scopritori, dalla NASA e dai media,
l'oggetto è stato classificato come un pianeta nano dall'Unione Astronomica Internazionale, nella
stessa occasione - l'assemblea generale del 24 agosto 2006 - in cui l'organismo ha promulgato
definitivamente la definizione ufficiale di pianeta.
La stessa UAI non ha ancora emanato una designazione definitiva per l'oggetto. La comunità
astronomica è solita citare 2003 UB313 con il nome informale di Xena, in onore della principessa
guerriera di una nota serie tv statunitense; gli scopritori hanno anche utilizzato, in passato,
l'espressione Planet Lila (come la figlia appena nata di Michael Brown, Lilah Brown). In accordo
con le regole dell'UAI, tutti gli oggetti della fascia di Kuiper devono essere battezzati con nomi di
divinità della creazione o degli inferi.
Il diametro dell'oggetto, misurato dal telescopio spaziale Hubble, è stimato intorno ai 2400 km, con
un'incertezza di ±100 km. L'albedo superficiale sembra essere molto alta (0,86 ±0,07) e le prime
osservazioni indicano che sulla superficie dell'oggetto è presente del metano ghiacciato. Entrambe
queste proprietà lo rendono più simile a Plutone di tutti i grandi planetoidi del sistema solare esterno
finora scoperti.
L'oggetto 2003 UB313 possiede un satellite del diametro di circa 250 km, informalmente noto come
Gabrielle (dal nome della compagna di Xena, nota in italiano come Olimpia); la sua designazione
provvisoria ufficiale è S/2005 (2003 UB313) 1.
101
Asteroidi
Un asteroide (a volte chiamato pianetino o planetoide) è un oggetto simile per composizione ad
un pianeta terrestre ma più piccolo, e generalmente privo di una forma sferica; ha in genere un
diametro inferiore al chilometro, anche se non mancano corpi di grandi dimensioni, dacché
tecnicamente tutti i corpi massicci recentemente scoperti nel sistema solare esterno, non potendosi
fregiare del titolo di pianeta per ragioni storiche, sono da considerarsi asteroidi nonostante superino,
per dimensioni, Plutone. Si pensa che gli asteroidi siano residui del disco protoplanetario che non
sono stati incorporati nei pianeti, durante la formazione del sistema. La maggior parte degli
asteroidi si trovano nella fascia principale, e alcuni hanno degli asteroidi satelliti. Hanno spesso
orbite ellittiche. Asteroidi molto piccoli (in genere frammenti derivanti da collisioni), con le
dimensioni di un masso o anche meno, sono conosciuti come "meteoroidi". Gli asteroidi composti
per la maggior parte di ghiaccio sono conosciuti invece come comete. Alcuni asteroidi sono il
residuo di vecchie comete, che hanno perso il loro ghiaccio nel corso di ripetuti avvicinamenti al
Sole, e sono adesso composti per lo più di roccia.
La Fascia principale, di Kuiper, dei Centauri e dei Troiani
La maggior parte degli asteroidi orbitano tra Marte e Giove, a una distanza compresa tra 2 e 4 UA
dal Sole, in una regione conosciuta come Fascia principale. Questi oggetti non poterono riunirsi a
formare un pianeta, a causa della forte gravità del vicino Giove. Questa produce anche le cosiddette
lacune di Kirkwood, che sono zone vuote dalla fascia dove gli asteroidi non possono sostare, in
quanto si troverebbero in risonanza orbitale con Giove e ne verrebbero presto espulsi.
Un altro gruppo importante sono i Troiani: hanno la stessa orbita di Giove, ma sono divisi in due
gruppi, uno 60 gradi davanti, e uno 60 gradi indietro. Si tratta di due dei punti Lagrangiani di Giove,
dove le orbite sono stabili. Gruppi simili di asteroidi, molto più piccoli, sembrano trovarsi nei punti
lagrangiani di quasi tutti i pianeti.
Un altro grande gruppo è la fascia di Kuiper. Questa è la sorgente di circa la metà delle comete che
arrivano nel sistema interno. Alcuni di questi asteroidi non sono molto più piccoli di Plutone o della
sua luna Caronte. Questi ultimi due sono stati in effetti "declassati" ad asteroidi della fascia di
Kuiper, seppure molto grandi, e comunque il rango di Plutone come pianeta viene mantenuto per
tradizione. Quaoar supera i 1200 km di diametro, e ci si aspetta che prima o poi venga trovato un
asteroide più grande di Plutone. Si conosce molto poco degli asteroidi della fascia di Kuiper, che
102
appaiono come minuscoli puntini anche nei telescopi più potenti. La loro classificazione e
composizione chimica è per adesso materia di speculazioni.
I Centauri orbitano attorno al Sole in mezzo ai pianeti giganti, quindi oltre l'orbita di Giove. Il
primo scoperto di questa categoria fu Chirone, nel 1977, un asteroide di più di 100 km di diametro,
anche se gli altri conosciuti sono più piccoli. Si pensa che questi oggetti siano asteroidi o ex-comete
che sono state espulse dalle loro orbite originali, e si trovano "parcheggiati" lontano dagli altri.
Ricerca degli asteroidi
Fino al 1998, e in parte ancora oggi, gli asteroidi venivano scoperti in un procedimento in quattro
fasi. Per prima cosa, una regione del cielo veniva fotografata con un telescopio a grande campo.
Venivano prese coppie di fotografie della stessa regione, separate in genere da un'ora di tempo. In
un secondo momento, le due pellicole della stessa regione venivano osservate sotto uno
stereoscopio, che permetteva di trovare ogni oggetto che si fosse mosso tra le due esposizioni.
Poiché le stelle sono fisse, mentre gli oggetti del Sistema Solare si sono mossi leggermente durante
l'ora di tempo trascorsa tra le due foto, ogni asteroide risalta come un punto in movimento. Terzo,
una volta che un corpo in movimento fosse stato trovato, si misurava la sua posizione in modo
molto preciso, usando come riferimento stelle presenti sulla fotografia, la cui posizione è conosciuta
con grande precisione.
Alla fine di queste tre fasi non si ha ancora una scoperta, ma solo un candidato asteroide. Il passo
finale era di mandare questi risultati a Brian Marsden, capo del Minor Planets Center. Qui, a partire
dalle osservazioni svolte, veniva calcolata un'orbita preliminare e venivano quindi predette le
posizioni in cielo dell'asteroide per le notti successive. Una volta che l'oggetto veniva trovato grazie
alle predizioni (segno che tutti i passi precedenti erano stati svolti senza errori), l'astronomo o il
dilettante che aveva fatto le osservazioni era dichiarato scopritore, e aveva il diritto di dare il nome
all'asteroide (con l'approvazione dell'Unione Astronomica Internazionale).
Quando l'orbita di un asteroide viene confermata, esso viene numerato, e più tardi può anche
ricevere un nome (per esempio, 1 Cerere o 2060 Chirone). I primi vennero chiamati con nomi
derivati dalla mitologia greco-romana, ma quando questi nomi iniziarono a scarseggiare, ne vennero
usati altri: persone famose, i nomi delle mogli degli scopritori, persino attori di televisione. Alcuni
gruppi hanno nomi derivati da un tema comune, per esempio i Centauri sono tutti chiamati a partire
da centauri leggendari, mentre i Troiani portano i nomi degli eroi delle guerre di Troia.
103
A partire dal 1998, un gran numero di telescopi automatizzati percorrono tutte le fasi di cui sopra da
soli, usando camere CCD e computers collegati direttamente al telescopio, che calcolano l'orbita e
vanno a ripescare l'asteroide in seguito. Tali sistemi scoprono ormai la maggior parte degli
asteroidi, ed ognuno è gestito da un gruppo di astronomi e tecnici. Ecco un elenco di alcuni di questi
gruppi:
•
Il gruppo Lincoln Near-Earth Asteroid Research (LINEAR)
•
Il gruppo Near-Earth Asteroid Tracking
•
Spacewatch ("guardia spaziale", il primo di essi)
•
Il gruppo Lowell Observatory Near-Earth Object Search
•
La Catalina Sky Survey
•
La Japanese Spaceguard Association
•
L'Asiago DLR Asteroid Survey (in Italia)
Il solo sistema LINEAR, uno dei più avanzati, ha scoperto 211.849 asteroidi (il dato risale al 21
ottobre 2004, ed è probabilmente cresciuto di molto. Fonte: [1]). Tutti insieme, i sistemi automatici
hanno anche scoperto 2.298 asteroidi near-Earth, cioè potenzialmente pericolosi per il nostro
pianeta [2].
Modifica dell'orbita degli asteroidi
Negli ultimi tempi, si è sviluppato molto interesse attorno agli asteroidi la cui orbita interseca quella
della Terra e che potrebbero, nel corso dei secoli, scontrarsi con essa. I due gruppi più importanti di
asteroidi near-Earth sono gli asteroidi Amor e gli asteroidi Atens. Sono stati proposti molti modi per
modificarne l'orbita, nel caso fosse confermato il rischio di collisione. Tuttavia la scarsa conoscenza
della struttura interna di tali oggetti impedisce di prevedere nel dettaglio come reagirebbero ad un
impatto o ad un'esplosione causata nelle loro vicinanze per defletterli o distruggerli. Persino i
modelli che cercano di prevedere le conseguenze di un impatto catastrofico con la terra sono ancora
di dubbia validità a causa dell'impossibilità di sottoporli a prova sperimentale.
Esplorazione degli asteroidi
Le prime fotografie prese da vicino di un asteroide vennero scattate dalla sonda Galileo, agli oggetti
Gaspra e Ida, nel 1991. La sonda NEAR Shoemaker atterrò sull'asteroide Eros nel 2001,
determinandone la densità con estrema precisione a partire dalle misure del campo gravitazionale.
104
Classificazione degli asteroidi
Gli asteroidi sono classificati in tipi spettrali, che
corrispondono alla composizione del materiale
superficiale
dell'asteroide.
Il
numero
degli
asteroidi conosciuti nelle diverse classi spettrali
potrebbe non corrispondere alla distribuzione
effettiva, perché alcuni tipi di asteroidi sono più
facili da osservare di altri, ed il loro numero viene
quindi sovrastimato.
•
Asteroidi di tipo C - 75% degli asteroidi conosciuti. La C sta per "carbonacei". Sono
estremamente scuri (albedo 0,03), simili alle meteoriti carbonacee. Questi asteroidi hanno
all'incirca la stessa composizione del Sole, tranne l'idrogeno, l'elio e altri elementi volatili. I
loro spettri hanno colori relativamente blu, e sono molto piatti e senza strutture evidenti.
•
Asteroidi di tipo S - 17% degli asteroidi conosciuti. La S sta per "silicio". Sono oggetti
relativamente
luminosi
(albedo
0,1-0,22).
Hanno
una
composizione
metallica
(principalmente silicati di nichel, ferro e magnesio). Lo spettro di questi asteroidi ha una
forte componente rossa, ed è simile alle meteoriti ferrose.
•
Asteroidi di tipo M - Questa classe comprende quasi tutti gli altri asteroidi. La M sta per
"metallico". Sono asteroidi piuttosto brillanti (albedo 0,1-0,18), sembra fatti di nichel-ferro
quasi puro.
Ci sono altri tipi di asteroidi, molto più rari:
•
Asteroidi di tipo G - Una suddivisione degli asteroidi di tipo C, spettralmente distinta per le
differenze nell'assorbimento degli ultravioletti. Il principale rappresentante di questa classe è
l'asteroide 1 Ceres.
•
Asteroidi di tipo E - La E sta per enstatite.
•
Asteroidi di tipo R - La R sta per Rossi.
•
Asteroidi di tipo V - La V sta per Vesta, un grosso asteroide di cui si pensa che questi
potrebbero esserne frammenti.
105
Comete
Una cometa è un oggetto celeste
relativamente piccolo, simile ad
un
asteroide
ma
composto
prevalentemente di ghiaccio. Nel
Sistema Solare, le orbite delle
comete si estendono oltre quelle
di Plutone. Le comete che entrano
nel sistema interno, e si rendono
quindi visibili ai nostri occhi,
hanno spesso orbite ellittiche.
Spesso descritte come "palle di
neve sporche", le comete sono composte per la maggior parte di sostanze volatili come biossido di
carbonio, metano e acqua ghiacciati, con mescolati aggregati di polvere e vari minerali. La
sublimazione delle sostanze volatili quando la cometa è in prossimità del Sole causa la formazione
della coda.
Si pensa che le comete siano dei residui rimasti dalla
condensazione della nebulosa da cui si formò il Sistema
Solare: le zone periferiche di tale nebulosa sarebbero state
abbastanza fredde da permettere all'acqua di trovarsi in
forma solida (invece che come gas). È sbagliato descrivere
le comete come asteroidi circondati da ghiaccio: i bordi
esterni del disco di accrescimento della nebulosa erano
così freddi che i corpi in via di formazione non subirono la
differenziazione sperimentata da corpi in orbite più vicine
al Sole.
Caratteristiche fisiche e classificazione
Nucleo della Cometa di Halley, ripreso dalla Halley Multicolor Camera durante la missione Giotto
dell'ESA. Il nucleo è illuminato dal Sole dalla sinistra, e sono visibili numerosi jet di gas e polveri.
106
Le comete sono a volte perturbate dalle loro orbite distanti, e finiscono per assumere orbite
estremamente ellittiche che le portano molto vicine al Sole. Queste orbite sono così grandi che una
cometa può impiegare migliaia di anni per percorrerle. Tali comete sono dette di lungo periodo.
Occasionalmente, un'incontro ravvicinato con un pianeta gigante come Giove o Saturno può
modificare radicalmente l'orbita, spostando il suo punto più vicino in prossimità del pianeta, che l'ha
in tal modo "catturata". Ogni pianeta gigante forma nel tempo una famiglia di comete aventi orbita
simile (Giove ne ha 53).
La nuova orbita è molto più piccola, ed è percorsa in pochi anni. La cometa è adesso definita di
breve periodo, e si avvicina al Sole molto più spesso.
Quando una cometa si avvicina al sistema solare interno, il calore del Sole fa sublimare i suoi strati
di ghiaccio più esterni. Le correnti di polvere e gas prodotte formano una grande, ma rarefatta
atmosfera attorno alla cometa, chiamata coma, e la forza esercitata sulla coma dalla pressione di
radiazione del Sole, e soprattutto dal vento solare, causano un enorme coda che punta in direzione
opposta al sole. Spesso polveri e gas formano due code distinte, che puntano in direzioni
leggermente differenti: la polvere, più pesante, rimane indietro rispetto alla cometa, e forma spesso
una coda incurvata. Il gas, più sensibile al vento solare, forma una coda diritta. Il corpo centrale
della cometa, da cui si origina il materiale che forma la coma e la coda, viene chiamato nucleo.
La coda è descritta più in dettaglio in un articolo apposito.
Sia la coma che la coda sono illuminate dal Sole e sono spesso visibili dalla Terra. Rispetto alle
minuscole (in termini astronomici) dimensioni del nucleo, che spesso non supera i 10 o 20
chilometri, le code sono veramente enormi, e possono superare i cento milioni di chilometri in
lunghezza. Sono comunque estremamente tenui, tanto che è ancora possibile vedere le stelle
attraverso di esse. La coda risplende sia di luce riflessa dal Sole, sia di luce propria (molto debole)
grazie alla ionizzazione dei suoi atomi. La maggior parte delle comete è però troppo debole per
essere vista ad occhio nudo, ed è necessario usare un telescopio o meglio ancora un binocolo. Una
manciata ogni decade diventano ben visibili ad occhio nudo.
Prima dell'invenzione del telescopio, le comete sembravano apparire dal nulla nel cielo, e poi
svanire gradualmente alla vista. Erano in genere considerate di cattivo auspicio per re o nobili, o
foriere di catastrofi. Da reperti antichi, soprattutti cinesi, sappiamo che il loro apparire in cielo è
stato seguito dagli esseri umani per millenni.
107
Le comete sono classificate secondo il loro periodo orbitale. Le comete di lungo periodo (migliaia
di anni) provengono probabilmente dalla nube di Oort, mentre comete di periodo più corto (ma
sempre dell'ordine delle decine o centinaia di anni) hanno origine dalla fascia di Kuiper. Le comete
di periodo veramente corto (pochi anni) diventano tali solo in seguito alla cattura da parte di un
pianeta gigante.
Esistono comete dette sun-grazing (che sfiorano il sole), dall'orbita così ellittica e schiacciata che
sfiorano letteralmente la superficie solare. Queste comete hanno breve vita, perché l'intenso calore
le sfascia in pochissimo tempo. Sono, inoltre, difficili da osservare, a causa dell'intensa luce solare
molto vicina, ed occorre usare strumenti speciali come un coronografo, oppure aspettare un eclissi
solare.
Sono stati proposti una varietà di meccanismi per cui le orbite delle comete posono essere
perturbate e diventare altamente ellittiche, e attualmente si pensa che la causa principale sia il
passaggio ravvicinato di una stella vicino al Sole durante la sua rotazione nella Via Lattea. Tali
incontri sono rari, ma i moti relativi sono così lenti in rapporto alle distanze, che gli effetti possono
impiegare migliaia d'anni prima di manifestarsi. Altre teorie brevemente in voga sono state una
compagna sconosciuta del Sole chiamata Nemesi, o un ipotetico Pianeta X.
Ironicamente, i nuclei cometari sono tra gli oggetti più scuri conosciuti: alcuni sono più neri di una
lavagna. La sonda Giotto trovò che il nucleo della Cometa di Halley riflette circa il 4% della luce
con cui viene illuminato, e la sonda Deep Space 1 scoprì che la superficie della cometa Borrelly
riflette una percentuale tra il 2,4% e il 3%. Per confronto, il normale asfalto stradale riflette il 7%
della luce incidente. Si pensa che il colore scuro derivi dai composti organici che dovrebbero
abbondare in superficie: il riscaldamento solare porta via ghiacci ed elementi volatili, lasciando solo
molecole pesanti simili a quelle organiche, che tendono ad essere molto scure, come sulla Terra il
bitume o il petrolio grezzo. Paradossalmente, il colore scuro del nucleo è il motore della formazione
della coda, perché solo così il nucleo riesce ad assorbire il calore necessario ad alimentare il
processo.
Fine delle comete
Le comete hanno vita relativamente breve. Il ripetuto passaggio vicino al Sole le spoglia
progressivamente degli elementi volatili, fino a che la coda non si può più formare, e rimane solo il
materiale roccioso. Se questo non è abbastanza legato, la cometa può semplicemente svanire in una
108
nuvola di polvere. Se invece il nucleo roccioso è consistente, la cometa è adesso diventata un
asteroide inerte, che non subirà più cambiamenti.
Alcune comete possono subire una fine più violenta. Una possibilità è quella di entrare in collisione
con un pianeta durante le loro innumerevoli orbite che percorrono il Sistema Solare in lungo e in
largo. Le collisioni tra pianeti e comete sono piuttosto frequenti su scala astronomica: la Terra
incontrò una piccola cometa nel 1908, che esplose nella taiga siberiana causando l'evento di
Tunguska, che rase al suolo migliaia di chilometri quadrati di foresta. Nel 1910 la Terra passò
attraverso la coda della Cometa di Halley, ma le code sono talmente immateriali che il nostro
pianeta non subì il minimo effetto.
Nel 1994, la cometa Shoemaker-Levy 9 passò troppo vicino a Giove e rimase catturata dalla gravità
del pianeta. Le forze di marea causate dalla gravità spezzarono il nucleo in una decina di pezzi, i
quali poi bombardarono il pianeta nelle settimane seguenti offrendo viste spettacolari ai telescopi di
mezzo mondo, da tempo in all'erta per seguire l'evento. Divenne immediatamente chiaro il
significato di strane formazioni che si trovano sulla Luna e su altri corpi rocciosi del Sistema
Solare: catene di piccoli crateri, posti in linea retta uno dopo l'altro. È evidente che una cometa
passò troppo vicino al nostro pianeta, ne rimase spezzata, ed andò a finire contro la Luna causando
la catena di crateri.
La collisione di una grossa cometa con la Terra sarebbe un disastro immane se avvenisse vicino ad
una grande città, perché causerebbe sicuramente migliaia, se non milioni di morti. Fortunatamente,
seppur frequenti su scala astronomica, tali eventi sono molto rari su scala umana, e i luoghi
densamente abitati della Terra sono ancora molto pochi rispetto alle vaste aree disabitate o coperte
dai mari.
Origine degli sciami meteorici
Il nucleo di ogni cometa perde continuamente materia, che va a formare la coda. La parte più
pesante di questo materiale non è spinta via dal vento solare, ma resta su un'orbita simile a quella
originaria. Col tempo, l'orbita descritta dalla cometa si riempie di sciami di particelle piccolissime,
ma molto numerose, e raggruppate in nubi che hanno origine in corrispondenza di un periodo di
attività del nucleo. Quando la Terra incrocia l'orbita di una cometa in corrispondenza di una nube, il
risultato è uno sciame di stelle cadenti, come le famose lagrime di S. Lorenzo (12 agosto), o
numerosi sciami più piccoli e meno conosciuti.
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A volte le nubi sono densissime: le Leonidi produssero nel 1933 una vera e propria pioggia, con
conteggi superiori alle dieci meteore al secondo. La Terra incrocia l'orbita delle Leonidi ogni 33
anni, ma gli sciami del 1966 e del 1999 non sono stati altrettanto prolifici.
Storia dello studio delle comete
La questione di cosa fossero le comete, se fenomeni
atmosferici od oggetti interplanetari, rimase a lungo
irrisolta. Gli astronomi si limitavano a registrare la loro
apparizione, ma i tentativi di spiegazione erano pure
speculazioni. La svolta cominciò nel XVI secolo. In quegli
anni, Tycho Brahe provò che dovevano trovarsi oltre
l'orbita della Luna, e quindi ben al di fuori dell'atmosfera
terrestre.
Nel XVII secolo, Edmond Halley usò la teoria della
gravitazione, da poco formulata da Isaac Newton, per
calcolare l'orbita di alcune comete. Trovò che una di queste tornava periodicamente vicino al Sole
ogni 76 o 77 anni. Quando questa predizione fu confermata (purtroppo, Halley era già morto),
divenne famosa come la Cometa di Halley, e si trovò che era stata osservata ogni 76 anni fin dal 66
a.C..
La seconda cometa riconosciuta come periodica fu la Cometa di Encke, nel 1821. Come la Halley,
fu chiamata col nome di chi ne calcolò l'orbita, il matematico e fisico tedesco Johann Franz Encke
(oggi le comete vengono in genere chiamate col nome dello scopritore).
La cometa di Encke ha il periodo più breve conosciuto, poco più di 3 anni, e grazie a questo è anche
la cometa della quale si registrano più apparizioni. È anche la prima cometa per la quale si notò che
l'orbita era influenzata da forze non gravitazionali (vedi più sotto). Anche se adesso è troppo debole
per essere osservata ad occhio nudo, dev'essere stata molto luminosa qualche migliaio di anni fa,
quando la sua superficie non era ancora evaporata. La sua prima apparizione registrata risale
tuttavia al 1786.
La vera natura delle comete rimase incerta per altri secoli. All'inizio del XIX secolo un altro
matematico tedesco, Friedrich Wilhelm Bessel, era sulla strada giusta. Creò una teoria secondo la
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quale la luminosità di una cometa proveniva dall'evaporazione di un oggetto solido, e che le forze
non gravitazionali agenti sulla cometa di Encke fossero il risultato della spinta causata dai jet di
materia in evaporazione. Le sue idee furono dimenticate per più di 100 anni fino a quando Fred
Lawrence Whipple, all'oscuro del lavoro di Bessel, propose la stessa teoria nel 1950.
Divenne presto il modello accettato di cometa e fu in seguito confermato dalla flotta di sonde
(incluse la sonda Giotto dell'ESA e le sonde Vega 1 e Vega 2 dell'Unione Sovietica) che andò
incontro alla Cometa di Halley nel 1986, per fotografarne il nucleo ed osservare i jet di materiale in
evaporazione.
La sonda americana Deep Space 1 passò accanto alla Cometa Borrelly nel 2001 e confermò che le
caratteristiche della Cometa di Halley erano simili a quelle di altre comete.
La missione Stardust è stata lanciata nel gennaio 1999, ed ha incontrato la cometa Wild 2 nel
gennaio 2004. Raccoglierà anche del materiale che tornerà a Terra nel 2006.
La missione Deep Impact è stata lanciata nel febbraio 2005, ed ha colpito con un proiettile la
cometa Tempel 1 il 4 luglio 2005 (alle 5:52 UTC).
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