VACANZE FUORI CATALOGO La ragazza scese dall`auto, scrutò

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VACANZE FUORI CATALOGO La ragazza scese dall`auto, scrutò
VACANZE FUORI CATALOGO
La ragazza scese dall’auto, scrutò con attenzione la targa in pietra all’ingresso
dell’edificio, suonò brevemente il campanello del citofono e, alla risposta, con una certa
esitazione chiese se c'era qualcuno che poteva aiutarla: doveva scaricare una valigia
piuttosto pesante. Una voce sommessa le rispose di attendere e poco dopo l’antico portone di
legno si aprì per lasciar uscire due giovani monache dalla pelle scura.
- Indiane,...o pakistane - pensò lei, sbirciandole senza avere il coraggio di dire nulla:
non sapeva se si potesse parlare, alle monache di clausura e, per di più, in un posto dove
c'era una targa che indicava "Casa del Silenzio". Comunque, l'aiutarono a scaricare l'auto e,
sempre senza pronunciare una parola, le fecero cenno di seguirle. Lei, guardandosi prima
intorno con circospezione, afferrò saldamente la maniglia del grosso trolley, poi percorse
arrancando dietro a loro qualche decina di metri, con qualche difficoltà a mantenere
l'equilibrio sui tacchi altissimi e sottili, che si infilavano in tutte le crepe dell'antico pavimento
lastricato in pietra.
La lasciarono sola per qualche minuto, in una stanza tinteggiata di bianco e dall'arredo
piuttosto spartano, che all’aroma penetrante dell’olio per lucidare i mobili univa l’inconfondibile
retrogusto della candeggina, profusa su davanzali e pavimenti; al centro un semplice tavolo
quadrato, di legno antico come le quattro sedie che aveva attorno; alle pareti un divano di
pelle scura e una vecchia credenza con sopra un’anonima, ma rigogliosissima, piantina
verde, che godeva di tutta la luce dell'unica finestra; l'unica nota sontuosa era costituita da
1 una statua alta poco più di un metro, una madonna col bambino poggiata su un piedistallo di
legno, rivestita da una splendida tunica e da un mantello completamente ricamati a colori
vivaci e fili d'oro: era un'opera magnifica ed anche se non era proprio il suo genere, la
ragazza si fermò per un momento a scrutarla con curiosità .
- Bella, vero? … è del ‘600 - la apostrofò una monaca dall'aspetto un po' sussiegoso e
dall'età indefinita (almeno cinquanta, valutò rapidamente la ragazza) e poi: - la signorina
dell'agenzia, immagino! sono suor Costanza, la superiora - e, accennando alla grossa valigia
posta a terra - la lasci pure da qualche parte, penseremo noi, dopo, a portarla su alla signora.
- La… signora? - ripeté la ragazza, alla quale era sembrato già abbastanza strano che
il capo l’avesse spedita tra i colli della Sabina per portare dépliants ad un convento di
clausura (ma esistevano ancora?...comunque, una buona trasferta gliela aveva garantita, e
tanto bastava) e la sua faccia fu così eloquente che la monaca, allargando un po' l'iniziale
sorriso di circostanza, le toccò un braccio chiedendo: - lei è nuova, vero? E' la prima volta che
viene qui da noi, mi pare; fino allo scorso anno è sempre venuto il signor Tiberio, ma credo
che sia andato in pensione a dicembre, no?...e il titolare, è sempre il signor Marini?
La ragazza annuì, più sciolta (alla faccia della clausura! - pensò - questa conosce gli
affari di tutta l'agenzia!) - Sì, sì, è lui che mi ha mandata, io sono la stagista,... insomma,...
non sono fissa,…finisco a settembre.
- Ah, benissimo, e come si chiama ?
- Tonnarelli Deborah.
- Oh, Deborah, un bel nome biblico,... importante ! - fece la monaca, mentre l'altra si
guardava attorno per scegliere un angolo adatto ad accantonare il bagaglio.
- Se è "bibblico" non lo so, ma magari importante sì…e pure un po' difficile: pensi che
tante volte lo scrivono pure con due b,...e pure senz'acca!
- E così - glissò la monaca limitando il suo disappunto ad un leggero inarcamento delle
sopracciglia - non le hanno spiegato perché le abbiamo chiesto di fare tutta questa fatica? - E
accennò alla valigia rimasta a terra, insistendo a più riprese con lo sguardo sul look quasi
balneare della ragazza e proseguendo poi, sottilmente allusiva - Certo, poi, che con questo
caldo, il viaggio da Roma deve essere stato terribile!
- Veramente no, non mi hanno detto niente, perché il signor Marini stamattina aveva
2 molta fretta ma,...magari c'è qualche suora che deve andare in ferie?... - azzardò la ragazza,
neppure sfiorata dall’ipotesi che il suo abbigliamento potesse non coincidere con i criteri
estetici della clausura, ma che ci teneva comunque a dimostrarsi professionale (gentilezza e
disponibilità, le aveva raccomandato il capo, quelle sono ottime clienti!).
- In ferie? oh no, mio Dio! - replicò divertita la superiora e poi, con sempre maggiore
confidenza, aggiunse - qui da noi non si va in ferie: qui, in ferie, ci si viene. Ma si accomodi un
momento, a bere qualcosa di fresco, non avrà fretta, vero? il signor Tiberio si fermava sempre
un po' a raccontarci di Roma e di tutta quella gente che viaggia; e poi, deve assolutamente
assaggiare anche lei i nostri biscotti.
Così dicendo, fece cenno ad una delle giovani monache che, subito dopo, tornò con un
vassoio di dolcetti e una caraffa colma di tè freddo.
La ragazza, che aveva programmato, prima di rientrare in agenzia, di fermarsi
all’autogrill per mangiare un tramezzino, cominciò a valutare con positiva attenzione l’offerta
della superiora. Aveva già sentito dire, dai colleghi, che i dolci di quelle monache erano
eccezionali e, accomodandosi sul divano, mentre con gesti poco disinvolti cercava inutilmente
di allungare quella minigonna di tessuto jeans che le avevano venduta come elasticizzata (ma
evidentemente soltanto in larghezza), decise all’istante che era ora di smetterla con la dieta. Così - ripeté la monaca - non le hanno detto a chi sono destinati tutti i suoi dépliants ? beh,
glielo dirò io: sono “per la signora” - e scandì le ultime parole con un tale tono di misterioso
rispetto da cominciare ad incuriosire la ragazza.
- “La signora”? - ripeté infatti quella con una certa esitazione, mentre le pareva di
ricordare che una volta, forse alle superiori, in un libro c’era qualcuno con quel nome che
viveva in un convento e che pure quell’ambiente, d’altra parte, contribuiva a rievocare.
- Già, ma guardi che non è come quella del Manzoni, che magari le sarà venuta in
mente - (ecco chi era! … però, è sveglia la tipa, chi l’avrebbe pensato?); - no, no, “questa”
signora è una nostra ospite, alla quale teniamo in modo particolare, anche perché è sempre
molto generosa con le necessità del convento. Da diciotto anni, ormai, da quando è rimasta
vedova, si ferma da noi per tutto il mese di agosto, ma non vuole che lo sappia nessuno,
della famiglia, intendo. Anzi, credo che i figli non immaginino neppure che lei è qui, la credono
ospite di un’amica che ha una casetta in montagna, senza telefono e dove i cellulari non
3 funzionano. E’ un piccolo segreto che ci ha chiesto di mantenere e sul quale noi la
accontentiamo. D’altra parte, è una persona squisita e assolutamente discreta; ed è anche
una donna molto colta: ogni anno arriva carica di libri che poi, a fine soggiorno, ci regala per
la nostra biblioteca, che è piccola, ma anche grazie a lei, ormai, è piena di cose importanti. Ci
ha fatto solo due richieste: la stanza col balcone sul retro, quella che affaccia sulla vallata e
questo materiale pubblicitario, che ogni anno ci viene inviato dalla vostra agenzia e per il
recapito del quale si assume lei stessa tutti gli oneri, compresa la sua trasferta e le spese per
l’auto.
- Ma a questa signora non converrebbe passarci un giorno personalmente, in agenzia,
per organizzarsi le vacanze? Magari le costa anche di meno e poi ci sono almeno quattro
colleghi più anziani che la possono aiutare a scegliere - fece la ragazza, ansiosa di dar prova
della sua professionalità.
- Il fatto è, signorina, che io non ho alcuna intenzione di prenotare vacanze - esordì con
cortesissima fermezza la donna apparsa in quel momento in cima alle scale.
- Oh, signora - esclamò sorpresa la monaca - è appena arrivata …
- … la ragazza dell’agenzia, la vedo - proseguì la donna sorridendo. Poi, con la stessa
cortesia, proseguì: - non le andrebbe, signorina …
- Tonnarelli Deborah …
- … sì, Deborah, non sarebbe così gentile da aiutarmi a sistemare in camera tutto il
materiale? Sarà certamente più esperta di me nel metterlo in ordine e poi è anche piuttosto
pesante, e gli anni, sa, … cominciano a farsi sentire.
- Ma certo signora, le porto tutto di sopra, non si muova! – fece la ragazza, scattando
in piedi, memore del motto del principale (“gentilezza e disponibilità”, e poi, magari, quella era
una importante!).
La rampa di scale lungo la quale, a fatica, la ragazza aveva trascinato la pesante
valigia, conduceva ad una stanza di dimensioni modeste, ma luminosa ed accogliente, anche
se la mobilia era piuttosto essenziale: un letto con comodino, un piccolo armadio, una sedia
ed un tavolo accostato ad una delle pareti, sul quale erano posati un cestino di vimini pieno
dei dolcetti delle monache ed un vassoio con due bicchieri ed una bottiglia di tè. Sull’altra,
una capace libreria dagli scaffali semivuoti ed una poltrona accanto ad una delle finestre,
4 mentre l’altra, lunga fino a terra, si apriva su un balconcino con la ringhiera in ferro,
ombreggiato in parte da un rigoglioso gelsomino che, attraverso un graticcio di legno, si
arrampicava anche sul muro e dall’inizio dell’estate, soprattutto nelle prime ore del mattino,
inondava di profumo tutta la stanza. Un piccolo tavolo di vimini ed una poltroncina con un paio
di cuscini ricoperti all’uncinetto ne completavano l’arredo.
Quando, seguendo le indicazioni della signora, la ragazza si avvicinò alla libreria per
disporvi i dépliants, dalla finestra scoprì improvvisamente il panorama della vallata che si
apriva davanti al balcone. La vista spaziava sul sottostante antico giardino all’italiana,
delimitato tutt’intorno da una fila di querce centenarie, nel quale uno straordinario rigoglio di
gerani di ogni genere e colore era esaltato e contenuto all’interno di aiuole ricamate dalla
rigorosa geometria di basse siepi di bosso, mentre lo sguardo, catturato da una possente
fuga di cipressi, scivolava degradando verso le colline ricoperte di ulivi. Qui, il grigio argento
del fogliame era ravvivato da un anarchico tripudio di cespugli di ginestre, che il vento di
primavera aveva distribuito con capricciosa ed impari generosità, fino alla pianura, sul fondo
della quale si stagliava la sagoma possente del Soratte. La ragazza si fermò un attimo senza
parole, se non un quasi impercettibile - fiiico! -, che le sfuggì come un sussurro e che la
signora accolse con un sorriso compiaciuto, chiedendole:
- Comincia a capire, ora, perché non devo prenotare vacanze?
- Beh, sì … ma allora … perché …? – fece l’altra, visibilmente frastornata, accennando
al mucchio di carta colorata appena scaricato.
- Già, ha proprio ragione, signorina … Deborah, la sua curiosità mi pare più che
giustificata, convenne la signora; e a questo punto, forse, è necessario che le spieghi
qualcosa; … ma sieda un momento, la prego, si rinfreschi un po’ e assaggi quei dolci: sono
straordinari – disse, accennando alla poltrona e sedendosi sul letto.
La ragazza non se lo fece ripetere; tirar su la valigia non era stato uno scherzo, con
quei tacchi, per di più e poi … “gentilezza e disponibilità!” le aveva raccomandato il capo … e
fuori il sole di agosto cominciava a picchiare, mentre lì c’era un bel fresco, e la trasferta gliela
pagavano a ore … e poi la poltrona era veramente comoda: il “ graaazie!” che rinviò alla
signora le venne dal profondo.
La donna, comunque, non restò seduta a lungo, anzi, si affacciò sulla soglia del
5 balcone e, dopo un profondo sospiro, che fece sperare alla ragazza, fanatica di fiction, l’inizio
di chissà quale intrigante vicenda, cominciò a parlare guardando lontano, verso la pianura,
come scrutando un immaginario quadro di cui pareva volesse descrivere bene ogni dettaglio.
- Quando ero ancora una ragazzina mi piaceva perdermi nei libri che parlavano di
avventure in terre lontane, di genti diverse, di città antiche. E così ho potuto conoscere e ho
imparato ad amare le meraviglie della natura e soprattutto l’arte, sotto ogni sua forma. Dopo
aver esaurito i pochi volumi che erano in casa, mia e di tutti gli amici e conoscenti, ho iniziato
a saccheggiare gli scaffali di tutte le biblioteche della città, perché ero convinta che lì fosse
concentrata la parte migliore dell’umanità e perché speravo che quella potesse essere la
giusta medicina contro la violenza del tempo e soprattutto contro l’ignoranza, che ritenevo il
male peggiore dell’uomo.
Da allora, il mio più grande desiderio è stato quello di viaggiare, per sperimentare di
persona le meraviglie del mondo di cui i tanti libri letti avevano soltanto alimentato ed acuito
un desiderio già radicato: per farmi conoscere tutto il resto ci sarebbero stati, come per
ognuno, credo, la realtà della vita quotidiana e poi i giornali, la televisione: potevano bastare.
Ma ero solo una giovane studentessa squattrinata e ho rinviato con fiducia i miei progetti ad
un futuro che mi pareva così vicino, appena nascosto dietro un angolo, a quando avessi
trovato un lavoro e la necessaria indipendenza, ma anche, o forse, soprattutto, il giusto
compagno di viaggio. Poi… ho conosciuto mio marito, e ci siamo sposati in fretta, quasi alla
chetichella, rinunciando anche alla luna di miele, perché lui aveva appena vinto un concorso
da magistrato e doveva raggiungere subito la sede.
- Vedrai - mi ripeteva - che recupereremo tutto! - I giudici, diceva, guadagnavano bene
e valeva la pena aspettare un po’;… e io, allora, ero solo una ragazza innamorata.
- Comunque, ho capito ben presto che l’amore, forse, può riempirti il cuore, ma nella
mente può lasciare ancora tanti spazi vuoti. Così, non ho abbandonato le mie aspirazioni, ma
certo ho dovuto riporle molto in fondo, nel cassetto della vita, che già traboccava di necessità
più impellenti: la crescita dei figli, il lavoro sempre più impegnativo di lui, che era sempre in
ufficio fino a tardi, ed anche il mio, che comunque mi occupava parecchio fuori casa; … certo,
insegnavo storia dell’arte, ma comunque, per me, era ancora troppo poco, non trova? E poi,
ancora, i genitori che invecchiavano, e avevano bisogno di tante attenzioni in più. Così,
6 insomma, ho visto il tempo correre e gli anni che passavano,… tanti, … più di trenta, pensi!
Eppure io ogni anno, all’inizio dell’estate, mi ostinavo comunque a fare progetti e a creare
itinerari di lunghissimi viaggi che in realtà la vita non mi ha mai concesso, se non per i pochi
giorni d’estate comunque trascorsi nei pressi di casa, prima con i figli piccoli, poi con i nipotini.
Così sono rimasti intatti i miei sogni, e le fantasie di ragazza: vivere con il corpo, oltre
che con la mente, l’esperienza dei mille volti della natura: ghiacciai e deserti, montagne dove
sole e vento scolpiscono i volti di monaci di grande saggezza, o lunghe spiagge di isole
lontane, dove il paradiso non sembra più un traguardo così difficile; … ma anche conoscere
borghi antichi, palazzi, cattedrali, musei, quelli che in tutto il mondo conservano i tesori
dell’umanità, di cui tutti i miei libri, purtroppo, mi avevano lasciato solo la memoria e un
desiderio sempre inappagato.
Finalmente, però, come nelle favole, un bel giorno il momento giusto è arrivato, o
almeno così ho creduto per qualche attimo. Eravamo arrivati fino alla pensione in buona
salute e, dopo avermi lasciata sola tante volte, lui mi ha promesso che avremmo recuperato il
tempo perduto: almeno un paio di volte l’anno, un bel viaggio alla scoperta del mondo ce lo
saremmo potuti permettere…
Sono stati momenti di grande gioia, sa! Mi pareva di essere tornata una ragazzina e ho
ripreso a fare progetti con l’entusiasmo di allora.. Forse, era davvero arrivato il mio turno,
finalmente! Subito dopo, però, ancora una volta, come sempre, lui ha deciso che non era più
possibile. No, non è stato come tutte le altre volte, quando doveva partire all’improvviso, per
qualche impegno urgente di lavoro, insieme a quel giovane sostituto tanto brava e con le
minigonne tanto corte. No, …aveva lasciato il lavoro, …”tutti” gli impegni di lavoro, da meno di
due mesi, quando un infarto se lo è portato via...
- Madonna, che sfiga! - Si lasciò uscire la ragazza, che aveva ormai dato fondo al
cestino dei biscotti e poi, ritenendo di dover mostrare la sua partecipazione in termini più
eleganti, posando il bicchiere di tè si corresse: - Certo, deve essere stato proprio “terribbile”!
- Ci ho messo un po’ prima di realizzare che, da allora, se avessi voluto avrei dovuto
viaggiare da sola, e non è stato facile, mi creda - proseguì la signora quasi tra sé,
abbassando il tono di voce in un sospiro appena percettibile, con l’attenzione ormai protesa
verso un passato verso il quale la ragazza cominciava a sentirsi sempre più estranea, quasi
7 a disagio.
- Il mio corpo era annientato e la mia mente a lungo ha cercato solo il silenzio e la
libertà per ricordare. E’ per questo che sono venuta qui la prima volta, non perché sia una
fervente religiosa, anzi, la fede è ancora, per me, un problema irrisolto, ma qualcuno mi aveva
parlato di un luogo del silenzio, e mi è sembrato provvidenziale. E poi qui, non saprei
spiegare come, ma pian piano qualcosa è accaduto: qui ho ritrovato non solo la capacità di
ricordare senza angoscia, ma anche un senso della vita che credevo perduto.
Sono quasi vent’anni, ormai, che ad agosto, quando figli e nipoti sono al mare, sola
con i miei libri, senza dire niente a nessuno,mi rifugio qui, in questa specie di Eden silenzioso,
per godermi la mia vacanza e vivere liberamente, ma con tutta l’intensità che merita, ogni
momento della giornata. Qui anche le piccole cose quotidiane ritrovano un senso diverso,
riescono a trasformarsi in emozioni profonde: una passeggiata inebriata dall’aroma dei
cipressi, o da quello dei gerani che in città non hanno più odore, o anche la gioia di riscoprire
il gusto antico di fare colazione con una fetta di pane caldo e olio.
Credo che neppure dal migliore degli hotel potrei affacciarmi su una vallata come
questa, respirare il profumo di ginestre e gelsomini, perdermi nel cielo stellato delle notti
serene (a San Lorenzo è uno spettacolo, mi creda!) o addormentarmi al canto di grilli e cicale.
E soprattutto, finalmente, qui posso tornare a dedicarmi ai miei libri: sono loro, per me, ormai,
gli amici più fidati, quelli che mi attendono sempre, anche se sembrano sopportare sempre
meno la luce della realtà quotidiana, ma che tuttavia, anche nel buio, sanno conservare a
lungo parole rese più pesanti dalla durata dell’attesa; sono i libri che, da giovane, mi hanno
suscitato grandi curiosità, mi hanno posto tante domande e insinuato mille dubbi; libri dei
quali, ora, l’esperienza della vita mi permette di soddisfare i “perché” rimasti troppo a lungo
senza risposta.
E poi guardi - riprese, tornando ad un tono più gaio e cordiale - non mi faccio mancare
proprio nulla - e tirò fuori da sotto il letto uno stereo portatile che, notò lei, era di ottima
qualità - La mia musica preferita è sempre qui con me, ma non la ascolto, come fanno i
ragazzi, come fosse la colonna sonora della mia giornata, mentre faccio altre cose, perché
qui anche la terra ha la sua voce e lo stormire degli alberi e il cinguettio degli uccelli regalano
armonie che vale la pena di godere; la mia musica l’ascolto di sera, da questo balconcino,
8 quando il tramonto accompagnato dal Concerto n.1 di Ciaikovski diventa veramente
l’anticamera del paradiso.
- Quello dei cigni, vero? - chiese lei, orgogliosa di potersi dimostrare informata - … ma allora,
perché?... - proseguì poi, sempre più confusa (doveva essere il caldo che cominciava a farsi
sentire) , ma comunque con una gran voglia di capirci qualcosa, in quella strana storia.
- Già, … perché?...perché poi, arriva comunque il momento del ritorno, e gli obblighi della vita
quotidiana, a cui è necessario dare un senso, per non lasciarsene sopraffare, per non
esserne travolti. Quella vita che non ci permette di sprecare parole, e soprattutto non lascia
tempo per pensare, per voltarsi indietro a ricordare. Non le pare che la vita, oggi, corra
sempre più in fretta di chi la deve vivere? … e chi non ce la fa, … via! ,… fuori!
Però, Deborah, non deve ritenermi soltanto una vecchia nostalgica, anzi, le assicuro
che non potrei sopravvivere senza la possibilità di fare ancora progetti per il futuro, di pensare
ad un mondo migliore per me e per quelli che amo. E non creda che non mi renda conto di
quanto il mondo sia cambiato, rispetto a quello della mia giovinezza: anch’io so utilizzare un
computer e a casa, anzi, me ne servo spesso; ma qui non lo porto mai, perché qui la vita si
muove a ritmi diversi, ai quali posso adeguarmi senza affanno; e anche perché non sono più
una ragazzina, e la vita che mi resta voglio viverla, per quanto mi è possibile, secondo i miei
tempi e, soprattutto, il mio corpo non è più quello di allora: nei giorni di vacanza vuole solo
godere, perché a soffrire ci pensa, sempre più spesso, ormai, durante il resto dell’anno.
Quando torno a casa, però, c’è sempre qualcuno che domanda, che vuole sapere: i
figli, i nipoti, i vicini, … le amiche! Allora ogni anno io racconto una vacanza diversa, di quelle
che tutti si aspettano. Me la studio accuratamente sui vostri dépliants, su quelli più dettagliati,
con tante foto, e poi racconto a tutti del bellissimo viaggio e dei magnifici posti in cui sono
stata. All’inizio hanno trovato un po’ strano che non spedissi neppure una cartolina, non
portassi un ricordo o una foto, ma alla fine hanno accettato i miei motivi: non voglio portar
dietro pesi inutili e non ho dimestichezza con la fotografia, quindi … devono accontentarsi del
racconto; anche perché - proseguì con una punta di rammarico - che tentò di attenuare con il
tono ironico della voce - pare che a tutti interessi di più sapere se in hotel c’erano piscina o
idromassaggio, piuttosto che condividere l’estasi dell’anima che possono donare anche pochi
istanti davanti all’Ermes di Prassitele o ad una tela di Vermeer. Ecco, allora, a cosa mi
9 servono tutti i suoi dépliants;… ora lo ha capito, no, signorina Deborah?
La signora si voltò verso la ragazza, che ormai dormiva profondamente con la testa reclinata
sul bracciolo. Scosse il capo sorridendo poi, affacciandosi dalla porta della stanza e cercando
di non alzare troppo la voce:
- Suor Costanza, - chiamò - forse è il caso di avvertire il titolare dell’agenzia di non
preoccuparsi: la signorina Deborah ha ancora parecchio da fare, qui con me!
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