Marziale e gli epigrammi licenziosi

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Marziale e gli epigrammi licenziosi
Marziale e gli “epigrammi licenziosi”
Marco Valerio Marziale è stato un poeta romano ritenuto il più importante epigrammista in lingua
latina.
Soleva dire « Lasciva è la mia pagina, ma onesta la vita. » , mentre Gaio Plinio diceva di lui:"« Era un
uomo ingegnoso, acuto e pungente, che aveva nello scrivere moltissimo di sale e di fiele e non
meno di sincerità. »
In molti suoi epigrammi ciò che viene in risalto è l'aspetto comico-satirico anche se a qualcuno
potrà sembrare prosaico e volgare. Egli coglie l'aspetto comico e satirico dei vizi e difetti umani,
riuscendo a dimostrare grande duttilità nell'alternare frasi eleganti e ricercate a frasi sconce e
spesso vernacolari. E' un disincantato realista, più che un moralista o un censore e fustigatore di
costumi. Celebri i Cento epigrammi proibiti, con i quali, con arguzia viene descritta una certa
"sessomania" di romane e romani antichi.
Marziale non è un vero poeta satirico, ma un lirico che sa fare dell’ironia garbatissima, che conosce
il rovescio della medaglia degli altri; egli non ci offende, non è amorale…
A CORNELIO
Cornelio, sempre
tu deplori
questi miei versi
poco seri
che invero non
potrebbe declamare
un maestro di scuola alle scolare,
ma queste mie operette da sollazzo
siccome ad una
moglie suo marito
non possono
piacere senza il cazzo.
Come se mi
ordinassi un
erotico motivo
che di erotico non
avesse nemmen un aggettivo.
quel bischero ai festini floreali
imporrebbe
facilmente a una battona
un vestito accollato da matrona?
Questa è la legge
del poeta licenzioso:
non può piacere
se non è pruriginoso.
Perciò la serietà ora deponi,
assolvi dunque queste mie canzoni
e guardati dal
castrare i veli belli:
nulla è più orrendo
di un priapo senza
orpelli.
©Gianluigi Caruso
AL MARITO TRADITO
Marito, l'amante infelice
di tua moglie hai sfigurato,
il naso e le due orecchie
con un colpo gli hai mozzato.
Credi forse con ciò
d'esserti vendicato?
Ti puoi certo sbagliare:
l'amante di tua moglie
è ancora in grado di inculare.
IL MEMBRO CHE TI PENDEVA, GLITTO
Il membro che ti
pendeva, Glitto
dal ferro di un
chirurgo fu
tagliato.
Perchè questa
pazzia
se eri tu da tempo
gia castrato?
TI PERDONO, GAURO
Ti perdono,
Gauro, le lunghe
notti che trascorri
vivendo tra le botti.
Tu hai il vizio
divino di Catone.
Se scrivi versi senza ispirazione
meriti lode: sei come Cicerone.
Sei come Antonio nel tuo vomitare,
sei come Apicio nel gozzovigliare,
ma nel succhiare i cazzi che ti pigli
dimmi, mio Gauro, dimmi a chi
assomigli?
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A CATULLA
La più bella di
quante furono e
sono,
la più troia di
quante furono e
sono,
o Catulla, come
un po’ meno bella
ti vorrei
ed un po’ meno
troia di quella che
tu sei.
A FILOMUSO
Filomuso, tu guardi sempre me
quando io sono al bagno
e poi chiedi perchè
tutti i miei giovani ragazzi
forniti siano di robusti cazzi.
Io ti rispondo con grande semplicità:
lo mettono nel culo a chi ha curiosità.
A FESCENNIA UBRIACA
Per non puzzar del vino
che ieri hai tracannato,
divori avidamente
i Cosmo-pastiglioni.
Con tali profumate,
soavi colazioni,
t’impiastri solo i denti,
mia povera Fescennia.
Ma freno non può porre
Ai rutti provenienti
Da un baratro infernale.
Così frammisto infatti
a quei potenti aromi,
il tuo fetore è peggio:
con doppia forza il fiato
t’esplode più lontano.
Son frodi troppo note,
malizie da furbastra:
desisti, dammi retta,
non essere ostinata.
E fa’ semplicemente,
da brava, l’ubriaca.”
A FEBO
Febo, tutti quanti i culattoni
t'invitano alle loro libagioni.
Chi si procura il cubo
soltanto con il pene
non posso reputarlo
un uomo per dabbene.
Hai trenta ragazzi e altrettante ragazze
sotto mira.
Ma che farai tu con un cazzo solo
che non tira?
©Gianluigi Caruso
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