I Sistemi Elettorali

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I Sistemi Elettorali
Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo
I Sistemi Elettorali
Una panoramica
Cos’è il sistema elettorale?
Il sistema elettorale è l’insieme di regole e procedure che disciplinano lo svolgimento delle elezioni
e dunque i processi attraverso i quali i voti dei singoli elettori vengono convertiti in preferenze e
queste a loro volta trasformate in ruoli di autorità o seggi.
Quali sono i sistemi elettorali?
A seconda del criterio di assegnazione dei seggi, possiamo distinguere due formule elettorali:
Il sistema maggioritario (uninominale e plurinominale) e il sistema proporzionale (plurinominale).
Nel sistema maggioritario uninominale il territorio dello Stato è suddiviso in tante circoscrizioni o
collegi quanti sono i seggi da ricoprire e viene eletto in ogni circoscrizione il candidato che ha
ottenuto la maggioranza dei voti. Il seggio viene attribuito al candidato che ha ottenuto la
maggioranza dei voti secondo la formula maggioritaria assoluta (majority) o la formula
maggioritaria relativa (plurality). Nel primo caso il candidato deve ottenere il 50% + 1 dei voti
validamente espressi per essere eletto. Quando è richiesta la maggioranza assoluta, talvolta si
procede a una seconda votazione tra i due candidati che hanno avuto il maggior numero di voti
(doppio turno o ballottaggio); nel secondo, invece, il seggio viene assegnato a chi abbia ottenuto il
maggior numero di voti rispetto ai suoi avversari e si vota una volta sola (turno unico).
Nel sistema maggioritario plurinominale si attribuisce la vittoria alla lista che riporta il maggior
numero di voti nella circoscrizione. La lista può essere formata da tanti candidati quanti sono i
seggi da attribuire, oppure avere un numero di candidati superiore a quello dei seggi, consentendo
all’elettorato di esprimere la sua preferenza tra questi. In questo sistema, nel caso di uno scrutinio
di lista, si attribuiscono i seggi alla lista che riporta la maggioranza di voti, ma tale meccanismo non
è quasi mai adottato. Comunemente, invece, nel caso di uno scrutinio di lista, il termine
maggioritario indica un sistema che assegni alla lista che ottenga più voti un forte premio di
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maggioranza, in modo da attribuirle una porzione di seggi nettamente superiore alla sua
percentuale di voti.
Il termine maggioritario viene spesso adoperato anche per designare un sistema elettorale misto,
basato sulla combinazione tra una maggioranza di seggi assegnati con un sistema maggioritario
uninominale e una minoranza assegnata con un sistema proporzionale.
Il sistema proporzionale (obbligatoriamente) plurinominale attribuisce i seggi in proporzione alla
percentuale di voti ottenuti dai partiti, garantendo la rappresentanza parlamentare anche a quelli
minori. La distinzione in questo caso è da fare sul metodo di calcolo usato per convertire i voti in
seggi da distribuire. Quello più usato è il metodo del quoziente elettorale che si ottiene dividendo
il numero dei voti validamente espressi per il numero dei seggi. Tuttavia, poiché i voti ottenuti di
regola non corrispondono esattamente al quoziente elettorale o ai suoi multipli, e determinate
quantità di voti potrebbero rimanere inutilizzate e alcuni seggi non assegnati, si ricorre a diversi
meccanismi di distribuzione dei resti. Il rischio di questo sistema è l’eccessiva frammentazione
della rappresentanza parlamentare: in alcuni sistemi si ovvia al problema con il quoziente corretto,
che prevede l’introduzione di una clausola di sbarramento che estromette dal procedimento di
ripartizione dei seggi quelle liste che non hanno ottenuto una percentuale di voti significativa (i
voti delle liste escluse sono ripartiti proporzionalmente tra tutti i partiti che abbiano, invece,
raggiunto la percentuale prestabilita) e il premio di maggioranza alla lista o alle liste che hanno
ottenuto la maggioranza relativa dei voti, assegnando un numero di seggi in paramento superiore
rispetto a quelli ottenuti al fine di per assicurare la governabilità e una maggioranza sicura in
Parlamento.
Cos’è il collegio elettorale?
Collegio elettorale e Circoscrizione elettorale sono la stessa cosa?
Nei fatti Il collegio elettorale e la circoscrizione elettorale sono gli ambiti territoriali – ciascuna
delle parti in cui è suddiviso il territorio di uno Stato su base demografica – entro i quali l’elettore
è chiamato a votare. A seconda che vengano eletti uno o più candidati, quindi a seconda che il
sistema elettorale sia rispettivamente maggioritario o proporzionale, chiamiamo:
collegi
uninominali un ampio numero di sezioni - i «collegi» - in ognuna delle quali vi è soltanto un seggio
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in palio per il quale competono i diversi partiti con i loro candidati - gli elettori quindi sono
chiamati a votare non per liste di partito ma per la persona che i singoli partiti hanno deciso di
candidare, il che implica una tendenziale «personalizzazione» della competizione elettorale; e
circoscrizioni plurinominali quelle sezioni - le «circoscrizioni» - entro cui si svolgono le elezioni, e in
palio vi sono una pluralità di seggi nella competizione tra i partiti. I partiti non presentano singole
persone, come accade nei sistemi maggioritari, ma presentano (e gli elettori votano) liste di
partito. Le liste possono essere aperte, se gli elettori possono esprimere preferenze per uno o più
candidati oppure bloccate se gli elettori non possono esprimere preferenze ma votano
semplicemente per una lista di candidati preconfezionata dai partiti stessi in un dato ordine di
preferenza.
I Sistemi Elettorali per esempi
Regno Unito: Il Britannicum
Il sistema elettorale Britannico maggioritario a turno unico, anche conosciuto come “first past the
post“, ossia “il primo vince tutto”, resta tra le fila dei più discussi sistemi di votazione. Vediamo
perché.
The first past the post
I sistemi maggioritari puri, in cui cioè si vince nei singoli collegi con la sola maggioranza relativa dei
voti, sono adottati e funzionano in modo adeguato nei sistemi bipartitici1: questi sistemi
producono un chiaro vincitore non soltanto nei singoli collegi – i partiti si contendono 650 collegi
su tutto il territorio - ,ma anche su scala nazionale aggiudicandosi il maggior numero di seggi in
palio nelle singole competizioni di collegio. Al partito e al suo candidato viene quindi garantita la
maggioranza in parlamento e può procedere alla formazione del governo e governare saldamente.
Questo sistema produce rilevanti effetti dis-rappresentativi: all’interno del singolo collegio è uno
solo il candidato-partito a vincere e quindi gli elettori del candidato-partito perdente risultano alla
fine non rappresentati, anche per un solo pugno di voti. Gli effetti di questo sistema ovviamente si
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Il termine bipartitismo indica un sistema politico caratterizzato dalla presenza di due soli partiti in competizione per il
governo.
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ripercuotono a livello più generale su scala nazionale. Nell’ipotesi di una vittoria di un partito su un
altro per pochi voti in tutti e 650 collegi, si avrà un parlamento interamente composto dal partito
vincitore a fronte di un paese che in realtà è spaccato a metà tra elettori di un e dell’altro partito.
Inoltre se si pensa che ogni collegio differisce dall’altro per numero di elettori che lo compongono,
è facile intuire come la vittoria di un candidato-partito in un collegio piccolo non possa essere
paragonata, in termini di voti presi, alla perdita dello stesso in un collegio moto grande. Allo stesso
modo un partito che arriva secondo o terzo in molti collegi può essersi aggiudicato un gran
numero di voti, ma aver conquistato pochi seggi.
Il maggioritario a turno unico nei sistemi bipartitici, nonostante garantisca stabilità e governabilità,
nei fatti tende a falsare la realtà: esclude le minoranze che in parlamento non vengono
adeguatamente rappresentate in favore di una turnazione costante dei due grandi partiti,
conservatori e laburisti, e tende a scoraggiare alcuni elettori dal recarsi alle urne poiché nei collegi
in cui un determinato partito è dato per vincente i sostenitori di altri schieramenti non si
disturbano ad andare a votare.
Per capire meglio: le elezioni del 2015 – Cameron contro Miliband
Giovedì 7 maggio 2015 i cittadini di Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord sono stati chiamati
alle urne per eleggere il nuovo Parlamento britannico, e di conseguenza il nuovo governo e il
nuovo primo ministro del Regno Unito. In lizza: i Conservatori di David Cameron al governo, i
Laburisti di Ed Miliband all’opposizione, gli euroscettici Ukip di Nigel Farage (il partito anti-Ue e
anti-immigrati), i liberaldemocratici di Nick Clegg e gli indipendentisti scozzesi dello Scottish
National Party della ‘dama rossa’ Nicola Sturgeon.
Ognuno dei 650 collegi elegge un deputato che lo rappresenterà direttamente in parlamento, con
un voto diretto, maggioritario e a turno unico. Hanno diritto di voto tutti i cittadini del Regno
Unito, del Commonwealth e della Repubblica d'Irlanda che hanno compiuto 18 anni, che risiedono
in Gran Bretagna e Nord Irlanda e che sono iscritti nel registro elettorale. Per tradizione, i membri
della famiglia reale non votano anche se ne avrebbero diritto.
Il governo sarà formato dal partito – o dalla coalizione – che ottiene la maggioranza dei collegi e
quindi dei seggi nella Camera dei Comuni - House of Commons2 -. Il leader di questo partito
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Quello Britannico è un parlamento bicamerale, composto di una camera alta (House of Lords) e di una camera bassa
(House of Commons). La camera dei Lord ha al suo interno i Lords Spiritual (i principali vescovi della Chiesa
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diventa primo ministro “automaticamente”, tanto che in caso di elezione di un nuovo segretario
del partito di governo a legislatura in corso, il primo ministro si dimette e la Regina assegna al
nuovo segretario l’incarico di formare un nuovo governo.
Nella pratica, però, l’elettorato non sceglie direttamente il primo ministro poiché i leader di partito
si candidano alla Camera ognuno nel suo collegio. Il Conservatore David Cameron si era candidato
a Witney, un ricco collegio dell’Oxfordshire e solo questi sono stati gli unici elettori a poterlo
votare direttamente e la stessa cosa succedeva a Ed Miliband, leader del Labour, a sua volta
candidato come deputato nella circoscrizione di Doncaster North, in South Yorkshire.
La vittoria di Cameron
con la maggioranza assoluta si spiega con la vittoria del partito
conservatore in 331 collegi su 650, garantendosi così altrettanti seggi nella camera dei comuni.
http://www.repubblica.it/static/speciale/2015/elezioni/regno_unito_gran_bretagna/?refresh_cen
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Germania: un governo stabile dal 1949
La Germania è una repubblica federale parlamentare. Il Presidente federale ha poteri simili al
Presidente della Repubblica italiana ed è eletto dal Consiglio federale. Il Cancelliere (capo di
governo) viene eletto senza dibattito dal Bundestag su proposta del Presidente federale.
Il parlamento tedesco è formato da due camere: il Bundesrat, ovvero la camera composta dai
rappresentanti dei Land (gli Stati) i cui componenti vengono designati dai governi federati e il
Bundestag, la camera di rappresentanza popolare, eletta direttamente ogni quattro anni secondo
un sistema misto, simile al Mattarellum italiano, che prevede una metà dei deputati eletta in
collegi uninominali e l'altra metà sulla base di un sistema proporzionale con sbarramento.
d'Inghilterra) e i Lords Temporal (i Pari del Regno)ed è completamente non elettiva. I Comuni, invece, sono eletti
democraticamente e rappresentano il cuore del sistema parlamentare britannico.
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Un sistema misto
Il sistema elettorale tedesco è di tipo proporzionale con collegi uninominali. Metà dei membri del
Bundestag è eletto direttamente dalle 299 circoscrizioni uninominali in cui è diviso il Paese. Viene
eletto il singolo candidato con la maggioranza relativa dei voti, fosse anche di molto inferiore al
50%. E' il metodo inglese del first past the post.
L'altra metà, 299 deputati, entra in Parlamento in base alla percentuale di voti ottenuta dal
partito, che presenta liste elettorali differenti in ognuno dei Land. Ogni elettore ha due voti a
disposizione e quindi due schede. Con una elegge il proprio rappresentante locale al Bundestag
(collegio uninominale). Con l’altra esprime la propria preferenza verso un partito (quota
proporzionale).
È questo voto a determinare il rapporto di forze tra i partiti all'interno del Parlamento. Le
percentuali con cui i partiti saranno rappresentati nel parlamento determina chi di fatto avrà la
maggioranza e quindi la possibilità di eleggere il proprio candidato come Cancelliere Federale. Non
tutte le forze politiche entrano nel Bundestag. Rimangono fuori i partiti che non superano la soglia
di sbarramento del 5% né riescono ad eleggere almeno tre deputati attraverso le circoscrizioni
uninominali.
C'è una particolarità però nel sistema tedesco: in base al sistema di calcolo delle quote
proporzionali (in vigore dal 2008), può capitare che un partito abbia più deputati di quanto ne
prevedessero i calcoli base: si parla in questo caso di "Überhangmandate", gli 'eletti in eccesso',
che comunque entrano a far parte dell'assemblea. Il limite di 598 è quindi indicativo: nel
Bundestag uscente ci sono infatti 620 deputati, 22 in più di quelli previsti.
Il voto per lettera
Già nel 1957 è stata introdotta la possibilità per i cittadini di partecipare alle elezioni votando non
personalmente nel seggio elettorale, ma per lettera. Il cittadino deve richiedere i documenti per
votare presso il comune di residenza; in molti comuni è possibile farlo anche via Internet. Entro le
ore 18 del giorno delle elezioni deve consegnare questi documenti nel suo seggio elettorale, ma
può farlo anche prima di quel giorno in un'apposita urna collocata nella sede del comune, oppure
può mandarli al comune via lettera. I tedeschi che vivono all'estero possono mandare questi
documenti anche alla più vicina rappresentanza diplomatica della Germania. Questa possibilità è
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stata sfruttata da una parte sempre più crescente della popolazione: per esempio durante le
elezioni del 2013 il 24,3% degli elettori ha scelto questa modalità.
Per capire meglio: le elezioni del 2013 - Merkel contro Steinbrück
Come in tutte le democrazie pluripartitiche, l'espressione del premier, Cancelliere nel caso
tedesco, è spesso una questione di alleanze. Il partito di maggioranza relativa cerca quindi di
formare una maggioranza stabile alleandosi con uno o più partiti.
http://www.ilpost.it/2013/09/19/elezioni-germania-2013-2/2/
http://www.viaggio-in-germania.de/elezioni-politiche-2013.html
Francia: Un sistema radicato nella storia politico-istituzionale del paese
Il sistema elettorale francese per la formazione dell'Assemblea Nazionale è maggioritario
uninominale a doppio turno (sistema parzialmente diverso vige per il Senato, il quale è elettivo di
secondo grado3).
Il voto ha luogo per circoscrizioni riportate in tre tabelle: per i dipartimenti, per i territori
d'oltremare, per i Francesi stabilitisi fuori di Francia. Le circoscrizioni sono 577, quanti sono i seggi
in palio, ed è necessario che un candidato ottenga la maggioranza assoluta dei voti al primo turno
(non basta la maggioranza relativa come in Gran Bretagna) ragion per cui si passa ad un secondo
turno se nessuno la raggiunge al primo.
Il sistema ha effetti fortemente maggioritari perché solo i candidati espressi da uno dei quattro
maggiori partiti (comunisti, socialisti, gollisti, giscardiani) hanno ragionevoli possibilità di vincere la
competizione nel collegio uninominale.
Accordi di desistenza
Qualora nessun candidato ottenga il 50% +1 dei consensi al primo, si passa ad un secondo turno,
dove è sufficiente la maggioranza relativa, a cui possono accedere solo quei candidati che abbiano
ottenuto al primo turno almeno il 12, 5 % vedi voti calcolato sugli aventi diritto al voto (ovvero
circa il 20% dei voti validi). Nella maggioranza dei casi, solo i primi quattro candidati hanno la
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Il Senato è composto da 348 senatori, i quali durano in carica sei anni. Esso si rinnova per la metà dei componenti
ogni tre anni. 180 senatori sono eletti con rappresentanza proporzionale e 168 con scrutinio maggioritario a doppio
turno (12 senatori, rappresentanti i Francesi all'estero, sono eletti a scrutinio proporzionale dai componenti
dell'Assemblea dei Francesi all'estero).
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possibilità di ottenere la maggioranza assoluta: se nessuno la raggiunge, si va ad un secondo turno,
in cui si contrappongono in genere i due candidati, uno per la coalizione del centro destra, uno per
quella del centro sinistra. Il sistema consente la presentazione al primo turno di candidati diversi
per ciascuno dei quattro maggiori partiti (più gli altri minori), per testare la tenuta di ciascuno di
essi, in ragione del fatto che tutti raccolgono un numero di voti simile. Anche se tutti e quattro i
candidati maggiori superano la soglia del 12, 5 % al primo turno, in genere in vista del secondo si
dà vita ad accordi di desistenza, in entrambi gli schieramenti, per non favorire l’avversario: i due
partiti che compongono ciascuno schieramento si accordano per presentare al secondo solo il
candidato che al primo turno ha ottenuto il maggior numero di consensi. È quindi una tattica
elettorale consistente nel ritiro o nello scambio di candidati fra partiti dello stesso schieramento,
al fine di non disperdere i voti. Queste vengono create in ogni caso prima delle elezioni e sono i
partiti più forti ad avere solitamente più possibilità di arrivare all’Assemblea e, non dissimilmente
che in Italia, conta molto la tradizione territoriale: ci saranno zone dove i socialisti più spesso
vincono, e zone dove ha più forza il centro-destra gollista.
Il senato a elezione mista
I membri del Senato sono scelti da particolari collegi elettorali, formati da coloro che sono in
possesso di cariche elettive a livello locale: si tratta quindi di un suffragio indiretto secondo cui
godono dell’elettorato attivo i deputati e i consiglieri regionali eletti in ogni singolo Dipartimento, i
consiglieri generali del dipartimento di riferimento e i consiglieri municipali. Le modalità di
elezione sono due e variano in ragione della dimensione dei collegi stessi, che corrispondono ai
dipartimenti: quando in palio vi sono da 1 a 3 seggi, viene impiegato un sistema elettorale
maggioritario, quando sono di più, si applica un sistema elettorale proporzionale in liste bloccate e
chiuse.
Per capire meglio: le elezioni del 2012
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/12/04/francia-come-funziona-il-sistema-a-doppio-turnoche-mette-daccordo-letta-e-renzi/801343/
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Spagna: La legge elettorale
La Spagna è una monarchia costituzionale, con un re che ha ruolo di rappresentanza e di garanzia.
Il potere esecutivo è nelle mani del Primo ministro, eletto dal Parlamento. Quest'ultimo è
suddiviso in due rami, Camera e Senato, che si rinnovano ogni 4 anni e hanno sistemi di elezione
diversi. La legge elettorale è in vigore dal 1979, ossia dall'anno in cui il paese è tornato alla
democrazia dopo la dittatura franchista.
Un sistema proporzionale puro
Il Senato consta di 259 membri, 208 dei quali sono eletti direttamente dalle province: in ogni
provincia i partiti indicano tre candidati e gli elettori votano sulla scheda direttamente i nomi. Le
province peninsulari eleggono 4 senatori (3 per il partito di maggioranza, 1 per il secondo), mentre
le province insulari 2 o 3. Gli altri 58 senatori vengono eletti dalle comunità autonome ma
indirettamente. La Camera invece adotta un sistema differente, un proporzionale che in tempi
recenti è stato indicato anche da diversi politici di casa nostra come il possibile modello per una
riforma elettorale italiana.
La Camera è composta da 350 deputati, e il paese viene diviso in 52 circoscrizioni, alcune molto
piccole, in cui l'elettore vota il partito e i seggi vengono poi assegnati in maniera proporzionale alla
popolazione. Esiste una soglia di sbarramento al 3%, ma di fatto diventa molto più alta nelle
circoscrizioni più piccole, dove il basso numero di seggi assegnati fa sì che abbiano chance di
entrare in Parlamento solo i partiti che superano il 20 o 30%, con ovvio vantaggio per le due
formazioni maggiori (Partito Popolare e Partito Socialista Operaio Espanol) o per i partiti con forte
radicamento territoriale. Non a caso anche la Lega Nord in Italia aveva sponsorizzato questo
sistema, che spesso garantisce una sovra-rappresentazione per le formazioni regionali.
Oltre alla soglia di sbarramento, un altro vantaggio per i partiti maggiori viene dato dal sistema di
ripartizione dei seggi, che segue il cosiddetto Metodo D'Hondt, che peraltro veniva usato nelle
provinciali italiane e nel Mattarellum per eleggere i senatori. Con questo sistema, in ogni collegio i
voti validi ottenuti da ciascun partito vengono divisi per numeri progressivi crescenti fino a coprire
i seggi disponibili: a questo punto viene stilata una tabella da cui si selezionano i numeri più alti,
che corrispondono ai deputati eletti per ciascun partito. Questo sistema, rispetto ad altri di
ripartizione proporzionale, avvantaggia i grandi partiti e riduce la frammentazione.
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In sintesi, quindi, si tratta di un proporzionale puro che però garantisce un sostanziale bipolarismo
e permette la formazione di maggioranze stabili (grazie a un sostanziale premio di maggioranza
"implicito") riducendo sia la frammentazione, sia la necessità di ricorrere a grandi coalizioni.
Il modello spagnolo prevede, però, che le liste siano "bloccate": non è quindi previsto il voto di
preferenza (che del resto è sconosciuto a numerose democrazie dell'Occidente ed esiste solo in
pochissimi Paesi al mondo), ma il numero molto basso di candidati che compongono le liste (nella
gran parte delle circoscrizioni solo tre, quattro o cinque) consente comunque un buon rapporto di
conoscenza e di relazione tra elettori e candidati.
http://www.ilpost.it/2016/06/26/guida-elezioni-spagna-2016/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/09/legge-elettorale-come-funziona-il-sistemaspagnolo/836399/
Breve storia dei Sistemi Elettorali in Italia
1945 – 1993: Regole per l’elezione di Deputati e Senatori
la Consulta Nazionale, istituita il 5 aprile 1945, esprimeva il proprio parere su un progetto di legge
elettorale, da utilizzarsi per le consultazioni del 2 giugno 1946, approntato da una commissione
interna al Ministero per la Costituente. Un progetto, quest’ultimo, che confluiva nel testo del
decreto legislativo luogotenenziale del 10 marzo 1946, n. 74, con cui si definivano le modalità di
elezione per i deputati dell’Assemblea Costituente. Il sistema prescelto era quello proporzionale a
liste concorrenti che mutuava l’impianto dalla legge varata da Nitti nel 1919, ampliando tuttavia le
circoscrizioni e passando dal metodo d’Hondt4 a quello Hagenbach-Bischoff5 o del quoziente
rettificato (+1). Il sistema veniva corretto con l’introduzione di un collegio unico nazionale per
l’utilizzo dei voti residui. Il provvedimento dichiarava elettori tutti i cittadini di 21 anni, con le sole
eccezioni dei casi di incapacità e indegnità, stabilendo che l’elettorato passivo fosse formato da
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È uno dei metodi matematici (formule elettorali) utilizzati nei sistemi di tipo proporzionale per attribuire
i seggi alle liste. In base a questo metodo si dividono i voti di ciascuna lista per una serie di coefficienti
lunga fino al numero di seggi da assegnare e si assegnano quindi i seggi alle liste in base ai
risultati in ordine decrescente, fino ad esaurimento dei seggi da assegnare
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I seggi vengono assegnati determinando il quoziente elettorale, che corrisponde alla somma dei voti validi ottenuti
dalla lista (voti emessi e non emessi), diviso per il numero dei seggi da assegnare, aumentato di uno.
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tutti i cittadini di 25 anni, con le eccezioni dovute all’esercizio di funzioni pubbliche o a indegnità
per attività fasciste. L’art. 3 fissava in 573 il numero dei deputati costituenti: i seggi assegnati,
tuttavia, sarebbero stati solo 556, non potendo chiamare alle urne gli elettori di Bolzano, Trieste e
della Venezia Giulia, aree in cui la piena sovranità dello Stato italiano non era stata ancora
pienamente ripristinata. All’Assemblea Costituente eletta il 2 giugno 1946 toccava, poi, il compito
di votare una legge da utilizzarsi per l’elezione del primo parlamento repubblicano. Con
riferimento alla Camera dei Deputati, la legge n. 6 del 20 gennaio 1948, poi confluita nel T.U.
(testo unico) 5 febbraio 1948, n. 26, ribadiva la scelta del sistema proporzionale a liste concorrenti
utilizzato per la Costituente. L’unica differenza era rappresentata dal correttore che passava da +1
a +3. La legge 6 febbraio 1948, n. 29, stabiliva, invece, che i Senatori dovevano essere eletti su
base regionale in collegi uninominali. Per conquistare il seggio, ciascun candidato doveva ottenere
almeno il 65% dei voti calcolati sui votanti, schede nulle e bianche comprese. Nel caso di mancato
raggiungimento del quorum, i seggi venivano attribuiti col metodo d’Hondt. Il numero di Deputati
e Senatori veniva determinato in base alla popolazione. I limiti di età per l’elettorato passivo
venivano fissati dagli art. 56 e 58 della Costituzione: 25 anni per la Camera e 40 per il Senato.
Le elezioni del 18 aprile 1948 sancivano la vittoria della Democrazia Cristiana che, ottenendo il
48,5% dei voti alla Camera, pari a 305 seggi su 574, e il 48,1% dei voti al Senato, pari a 131 seggi,
diventava il partito di maggioranza assoluta.
Nel 1952, sul finire della I legislatura, in un momento in cui, a seguito delle elezioni
amministrative, alla dura opposizione delle sinistre si univa una consistente avanzata della destra,
Alcide De Gasperi, temendo che la DC non avrebbe potuto bissare il successo del 1948, maturava
la decisione di rafforzare la coalizione di centro, proponendo una modifica della legge elettorale
vigente. Per questo motivo il ministro degli Interni, Mario Scelba, approntava una proposta di
legge che introduceva un correttivo al principio proporzionalistico, prevedendo un premio di
maggioranza per il partito (o coalizione di partiti che si fossero presentati apparentati, cioè sotto lo
stesso contrassegno, in almeno 5 circoscrizioni) che avesse ottenuto il 50% +1 dei voti. Il premio,
pari a 380 seggi, cioè al 66% dei Deputati alla Camera, doveva essere ripartito proporzionalmente
tra i partiti apparentati. Appariva subito chiaro a tutti che la previsione di un premio così alto
avrebbe avuto almeno due conseguenze di rilievo: la DC, il partito più forte della coalizione di
centro, sarebbe passata da una posizione di maggioranza relativa ad una posizione di maggioranza
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assoluta che le avrebbe consentito di governare senza l’apporto degli alleati; il premio di
maggioranza avrebbe finito con l’annullare gli effetti delle riserve di maggioranze qualificate
stabilite dalla Costituzione per l’attuazione degli istituti innovativi e garantisti.
Sotto il profilo più squisitamente tecnico-giuridico, la legge si presentava come una violazione del
2° comma dell’art. 48 della Costituzione («Il voto è personale ed eguale, libero e segreto»), dal
momento che il voto del cittadino che avesse scelto uno dei partiti della coalizione di maggioranza
avrebbe avuto un peso specifico maggiore di quello di chi decideva di dare il proprio sostegno
alle liste di minoranza. Nonostante il durissimo scontro, prima la Camera e poi il Senato
approvavano la legge 31 marzo 1953, n. 148, che veniva utilizzata per le elezioni del 7
giugno 1953. In quell’occasione, però, i 4 partiti apparentati (Democrazia Cristiana, Partito
Socialista Democratico Italiano, Partito Liberale Italiano, Partito Repubblicano Italiano) non
riuscivano ad ottenere il 50% +1 dei voti che avrebbe consentito alla legge di esplicare i suoi
effetti, facendo scattare il premio di maggioranza. Quasi un anno dopo, le legge 31 luglio 1954, n.
615, abrogava la legge Scelba, richiamando in vigore il T.U. 5 febbraio 1948. Dopo le vicende del
biennio 1952-53, il tema della riforma elettorale sarebbe rimasto, per circa 25 anni, materia di
esercitazione e di confronto per gli studiosi. Gli unici interventi di rilievo erano, infatti, quelli
introdotti dalla legge costituzionale 9 febbraio 1963, n. 2, e dalla legge 8 marzo 1975, n. 39.
La prima, modificando gli artt. 56, 57 e 60 della Costituzione, fissava in 630 il numero dei Deputati,
in 315 quello dei Senatori e la durata della legislatura, per entrambe le Camere, in 5 anni. La legge
del 1975, invece, abbassando la maggiore età da 21 a 18 anni, realizzava l’ultimo allargamento del
suffragio della storia italiana. Il limite per esercitare il diritto di voto per il Senato rimaneva, invece,
fissato, secondo quanto stabilito dal 1° comma dell’art. 58 della Costituzione, a 25 anni.
A mutare profondamente la normativa relativa all’elezione di Deputati e Senatori intervenivano,
tra il 1991 e il 1993, 2 referendum abrogativi. Nonostante gli inviti a disertare le urne, raggiunto il
quorum del 62,5% dei votanti, il 9 giugno 1991 veniva abrogata, con il 95,6% dei voti, la norma
sulla preferenza plurima per l’elezione dei Deputati. Crollava, così, un importante strumento nelle
mani dei partiti che, con il meccanismo delle cosiddette cordate, controllavano i risultati elettorali.
Si introduceva, così, un elemento di moralizzazione del sistema elettorale, ponendo fine al noto
mercato delle preferenze plurime.
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Nel corso della XI legislatura, in occasione del referendum del 18 e 19 aprile 1993, gli italiani
decidevano, poi, di abrogare la norma della legge elettorale del Senato relativa al quorum del 65%.
Alla luce dei risultati referendari, il Parlamento eletto il 5 aprile 1992, nonostante le accuse di
delegittimazione rivolte soprattutto dalla Lega di Umberto Bossi per il fatto che in esso sedevano
numerosi politici coinvolti nelle vicende di Tangentopoli, varava una riforma elettorale destinata a
introdurre, nell’estate del 1993, le nuove norme per l’elezione della Camera dei Deputati e del
Senato. Le leggi n. 276 e 277 del 4 agosto 1993, che riservavano una quota di seggi anche agli
italiani residenti all’estero, introducevano un sistema elettorale ‘misto’, detto anche maggioritario
zoppo: un ancor timido tentativo di passaggio al maggioritario con la riserva di una quota del 25%
di proporzionale, che consentiva anche il recupero dei voti.
La rivisitazione del Mattarellum
La seconda proposta targata Matteo Renzi prevede una riforma elettorale sul modello della legge Mattarella
rivisitata. Previsti 475 collegi uninominali e l'assegnazione del 25% dei collegi restanti attraverso
l'attribuzione di un premio di maggioranza del 15% e di un diritto di tribuna pari al 10% del totale dei collegi.
Doppio turno di coalizione dei sindaci
La terza proposta prevede la riforma sul modello del doppio turno di coalizione dei sindaci. Chi vince prende
il 60% dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Possibile sia un sistema con liste
corte bloccate, con preferenze, o con collegi. Soglia di sbarramento al 5%
http://ww2.unime.it/donne.politica/materialedidattico/05settembre/Calabr%C3%B2.pdf
CONSULTELLUM
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-07-15/dal-collegio-uninominale-consultellumrischio-e-governabilita-165554.shtml?uuid=ADCic3s
L'Italia ha conosciuto un sistema più simile a quello britannico, che aveva funzionato piuttosto
bene ed era il Mattarellum, il quale consentiva anche un temperamento dell'effetto maggioritario,
con un parziale recupero dell'elemento rappresentativo. Questo si sarebbe potuto perfezionare
con la eliminazione dei listini bloccati (estendendo essenzialmente anche alla Camera il sistema già
previsto per il Senato, come mirava a fare un referendum del 1999 che per un soffio mancò il
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Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo
quorum) e - eventualmente - con la previsione di un secondo turno di collegio (in cui con un voto
in più si elegge, appunto, un parlamentare e non svariate decine). Ma il doppio turno, anziché, sul
Mattarellum è stato innestato sul Porcellum e così è nato l'Italicum, che, grazie al premio
nazionale e alla distribuzione nazionale dei seggi, sacrifica la rappresentanza molto più del
maggioritario britannico e impedisce la costruzione di un rapporto elettore-eletto, che quel
sistema, invece, assicura.
Il sistema maggioritario di tipo inglese è quello per cui votarono gli italiani nel referendum del
1993 per abrogare il sistema proporzionale nell'elezione per il Senato, e un assaggio di questo
sistema lo abbiamo avuto nella legge elettorale Mattarella, che cercava di unire maggioritario e
proporzionale creando collegi uninominali.
ITALICUM
Come funziona la nuova legge elettorale
Ufficialmente legge 6 maggio 2015, n. 52, è comunemente nota con il nome Italicum, dal
soprannome che le diede nel 2014 l'allora segretario del Partito Democratico e futuro presidente
del Consiglio Matteo Renzi, suo principale promotore. Fino a fine gennaio 2015 il partito di Forza
Italia di Silvio Berlusconi, con il quale Renzi aveva stretto il Patto del Nazareno, aveva sostenuto la
nuova legge elettorale salvo poi cambiare radicalmente idea e definire la proposta incostituzionale
e autoritaria.
L’Italicum, già approvato dal Senato il 27 gennaio 2015, è stato approvato in via definitiva dalla
Camera lunedì 4 maggio pomeriggio con 334 voti favorevoli, 61 contrari e 4 astenuti su 399
presenze. Opposizioni assenti, tra cui M5s. Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia hanno formalizzato la
richiesta di voto segreto e confermato la scelta di lasciare l’aula pochi minuti prima del voto finale.
Si è votato senza fiducia e con voto segreto.
L’Italicum prevede un sistema proporzionale a doppio turno a correzione maggioritaria, con
premio di maggioranza, soglia di sbarramento e 100 collegi plurinominali con capilista "bloccati".
Disciplina l'elezione della sola Camera dei Deputati in vista delle riforme costituzionali che
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Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo
porteranno il Senato a non essere più direttamente elettivo. Per avere il tempo di approvare
quest’ultima riforma, nell’Italicum è stata inserita una clausola che ne prevede l’entrata in vigore
dal primo luglio 2016 (Clausola di Salvaguardia) e sostituisce la precedente legge elettorale del
2005 (Porcellum), modificata dalla Corte Costituzionale con un giudizio di illegittimità
costituzionale nel dicembre 2013.
Dei 630 deputati in Camera, 618 sono eletti dai voti espressi sul territorio nazionale, 12 dai voti
espressi dagli italiani all’estero. I 12 deputati eletti nella circoscrizione estero sono eletti con lo
stesso sistema attualmente vigente: il disegno di legge non interviene sul punto.
Le regioni sono divise in collegi e ad ogni regione e ad ogni collegio spetta un determinato numero
di seggi in proporzione ai suoi abitanti. È il presidente della Repubblica che stabilisce con decreto
al momento di indire le elezioni il numero dei deputati da eleggere per ogni regione e collegio sulla
base dei dati dell’ultimo censimento della popolazione.
Soglia di sbarramento e altro: http://www.cisl.it/grandi-temi/riforme-istituzionali-liberalizzazionie-privatizzazioni/774-la-riforma-della-legge-elettorale-modello-italicum-una-analisi-della-cisl.html

Alla lista che ottiene almeno il 40% dei voti si assegnano 340 seggi su 630 – circa il 55% dei
seggi

Gli altri partiti si spartiscono i 290 seggi rimanenti

Se nessun partito arriva al 40% dei consensi scatta un secondo turno elettorale tra le due
liste più votate al primo turno

Entrano alla camera tutti i partiti che abbiano superato il 3% al primo turno

I capilista sono bloccati – sono i primi a essere eletti e dal secondo eletto in poi
intervengono le preferenze – due per ogni elettore. Le due preferenze espresse devono
essere di sesso diverso o la seconda viene annullata. Le liste devono essere composte in
modo da alternare un uomo ad una donna. Nell’ambito di ogni circoscrizione – regione – i
capilista di un sesso non devono superare il 60%

Ci saranno le candidature multiple: i capilista – ma solo loro – potranno cioè essere inseriti
nelle liste in più di un collegio, come già accadeva nel Porcellum, fino a un massimo di 10
collegi.

Ci saranno quindi cento capilista, uno per ogni collegio, scelti direttamente dai partiti
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Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo

L'assegnazione dei seggi della Camera avviene proiettando le percentuali dei partiti
ottenuti a livello nazionale su 100 collegi, in ognuno dei quali sono eletti 6-7 deputati.

L'assegnazione avviene con un complicato algoritmo, che cerca di ridurre al minimo lo
slittamento dei seggi "eccedentari" da un collegio all'altro (norma "antiflipper"), che però
lascia per i partiti piccoli un forte margine di aleatorietà su dove scatta il seggio.

Saranno costituiti 100 collegi che comprenderanno fino a 600mila persone. Valle d’Aosta e
Trentino-Alto Adige saranno escluse dal sistema proporzionale: lì si voterà in nove collegi
uninominali come già previsto dal precedente sistema elettorale. Ogni lista presenterà in
ogni collegio una lista di candidati; ogni elettore potrà scegliere nel suo collegio un simbolo
e uno o due candidati da votare.)
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-07-07/italicum-ecco-quali-sono-100-nuovi-collegiplurinomiali-211017.shtml?uuid=ACyHhXN
NUOVA SCHEDA ELETTORALE. La riforma introduce una nuova scheda elettorale: ogni casella sarà
composta dal contrassegno del partito al centro, a sinistra il nome e il cognome del capolista
mentre a destra due righe per le preferenze.
100 COLLEGI PLURINOMINALI. Le liste dei candidati sono presentate in 20 circoscrizioni elettorali
suddivise nell`insieme in 100 collegi plurinominali, fatti salvi i collegi uninominali nelle
circoscrizioni Valle d`Aosta e Trentino-Alto Adige, per le quali verranno reintrodotti i collegi
uninominali;
PREMIO DI MAGGIORANZA. Sono attribuiti 340 seggi alla lista che ottiene, su base nazionale,
almeno il 40 per cento dei voti validi.
BALLOTTAGGIO. Nel caso in cui nessuna lista raggiunga il 40% dei consensi si procede a un turno di
ballottaggio tra le due con il maggior numero di voti. E' esclusa ogni forma di collegamento tra liste
o di apparentamento tra i due turni di votazione.
SOGLIA DI SBARRAMENTO. Accedono alla ripartizione dei seggi le liste che ottengono, su base
nazionale, almeno il tre per cento dei voti validi.
PARITA' DI GENERE. In ciascuna lista i candidati sono presentati in ordine alternato per sesso, i
capolista dello stesso sesso non eccedono il sessanta per cento del totale in ogni circoscrizione,
nessuno può essere candidato, in più collegi, neppure di altra circoscrizione, salvo i capolista nel
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Vademecum Sistemi Elettorali – Acli Bergamo
limite di dieci collegi. L`elettore può esprimere fino a due preferenze, per candidati di sesso
diverso tra quelli che non sono capolista.
NORMA ANTI-FLIPPER. La norma prevede un meccanismo di ripartizione dei seggi eccedentari che
tutela anche le liste minori. Nel nuovo testo approvato al Senato la lista che ha raccolto più voti
(eccedentari) cede il seggio a quella più piccola dove questa ha raccolto più consensi
CAPILISTA BLOCCATI E POI PREFERENZE. Sono eletti prima i capolista nei collegi, quindi i candidati
che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze.
VOTO STUDENTI ERASMUS. La legge dà la possibilità agli elettori temporaneamente all'estero (in
particolare gli studenti Erasmus e i militari impegnati nelle missioni) di votare per corrispondenza
nella Circoscrizione estero.
COLLEGI ELETTORALI. I collegi elettorali sono determinati con decreto legislativo da emanare entro
cinque mesi e secondo i principi e i criteri direttivi stabiliti dall'Italicum.
STATUTO OBBLIGATORIO. Per presentare la propria lista alle elezioni sarà necessario depositare
anche uno Statuto.
CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA. La nuova legge elettorale entra in vigore a decorrere dal primo
luglio 2016.
(Il presente vademecum è stato realizzato da Laura Lipari, volontaria del servizio civile presso le Acli di
Bergamo, e supervisionato da Giuseppe Toccagni, membro di presidenza con delega alla politica)
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