6. I gIornalIstI nello scenarIo europeo

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6. I gIornalIstI nello scenarIo europeo
6. I giornalisti nello scenario europeo
6.1. Introduzione
Il panorama del mondo europeo del giornalismo si presenta caratterizzato
da alcuni tratti comuni ai quattro paesi in esame, il primo dei quali, ed anche
il più lampante, è quello inerente proprio all’accesso alla professione. Francia, Germania, Gran Bretagna, Regno Unito e Spagna, pur nelle loro diverse
discipline del lavoro giornalistico sono accomunati dall’offrire agli aspiranti
professionisti dei media due vie d’accesso, distinte, ma parallele. Esiste una
via colta, sempre più caldeggiata a livello di associazioni professionali o di
istituzioni pubbliche, ove esistono (come in Francia) e che consiste nel passare attraverso un corso di laurea e magari un corso di specializzazione in
giornalismo, oppure direttamente per una scuola di giornalismo. Cioè sempre più negli ultimi anni il mondo del giornalismo esprime l’esigenza che le
nuove leve siano sempre più formate, non solo dal lato tecnico, ma anche da
quello culturale: una formazione “alta”, che corrisponde meglio alle esigenze
di società sempre più complesse e incentrate su sistemi mediatici essi stessi
più raffinati, variegati e complessi.
Parallelamente alla via colta, l’accesso al giornalismo continua ad avvenire anche sul campo, on the road. Qualcuno si presenta ad un editore, propone
la propria esperienza, un proprio curriculum, la sua passione per il mestiere ed
entra nel mondo dell’informazione. Fa eccezione, almeno parzialmente il caso
francese, laddove veramente, soprattutto negli ultimi vent’anni, la maggioranza di chi lavora nelle redazioni è uscita da una delle grandi scuole francesi di
giornalismo, ha fatto un praticantato biennale retribuito e dunque ha la carte
d’identité professionnelle des journalistes.
Comunque, se ormai in media il profilo del giornalista in Europa, o almeno nei quattro casi studiati, è quello di una persona laureata e specializzata,
con un percorso formativo abbastanza similare ai colleghi, in realtà la laurea
non è obbligatoria in nessuno dei paesi in esame. O meglio lo diventa, quasi
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sempre, nel momento in cui si accede alla professione attraverso la via colta.
Globalmente, la riflessione induce a ritenere che non necessariamente
la laurea garantisca di avere un professionista dell’informazione più serio,
esperto, coscienzioso e corretto di uno che laureato non è, ma la crescente
professionalizzazione di un mestiere sempre meno artigianale e sempre più
tecnologico e delicato è il segnale che la società si aspetta dai giornalisti oggi
delle caratteristiche tecnico-culturali sempre più raffinate, garanzia di un’informazione di livello più alto. Ciò non stupisce se si pensa che le società di
cui parliamo sono definite società dell’informazione.
Il tratto comune più evidente nei quattro casi europei in esame è probabilmente l’evoluzione di quello che era soprattutto un mestiere – con tanto
di film, romanzi, fiction a testimoniarlo – in una professione o comunque in
un mestiere sempre più professionalizzato. Il lato più romantico e avventuroso della vita del reporter ha sicuramente giocato un ruolo nell’appeal sempre
maggiore che la professione del giornalista esercita sulle nuove generazioni,
che solo in parte sembrano lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà che poi praticamente si incontrano a trovare una collocazione adeguata.
Il secondo aspetto che Francia, Germania, Regno Unito e Spagna condividono, anche se in misura e in forme diverse, è il precariato della professione
giornalistica, cioè una sua crescente precarizzazione e un sempre maggiore
ricorso all’outsourcing da parte degli editori: contratti spesso a tempo determinato, compensi che non rispettano neppure i minimi sindacali, utilizzazione
degli stagisti in qualità di giornalisti a tutti gli effetti, orari di lavoro stressanti,
assistenza medica, ferie, contributi pensionistici spesso a carico del lavoratore
ecc.. Se il caso francese costituisce un po’ un’eccezione e quasi un’isola felice, per il resto il panorama è piuttosto quello di una notevole deregulation, in
cui chi è più forte detta un po’ le regole. Allora la creazione di scuole di giornalismo o di corsi universitari per formare i giornalisti – tutti rigorosamente e
giustamente corredati da stage presso aziende editoriali – rappresentano anche
un tentativo di dare un ordine, delle regole, delle garanzie sia agli editori che
ai lavoratori e al pubblico dei fruitori dell’informazione. Una buona cultura
generale di livello universitario, ottima padronanza della propria lingua e di
un paio di lingue straniere, dimestichezza con le tecniche giornalistiche, con
i mezzi tecnologici più attuali, nonché specializzazioni in singoli ambiti sono
così pre-requisiti per buttarsi poi nella mischia di chi deve comunque acquisire
un mestiere, in cui l’esperienza e la conoscenza del mondo giocano un ruolo
importante. Ma quei pre-requisiti servono sia a farsi le ossa, sia a mettersi in
una posizione forse più salda per contrattare le proprie condizioni di lavoro.
Associarsi tra colleghi, o iscriversi ai sindacati sono poi dei modi per trovare
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ascolto e tutela laddove non c’è uno statuto che regoli la professione, articoli
del codice del lavoro espressamente riferiti a questa professione o altre leggi
statali in materia. Precarietà delle condizioni contrattuali e assenza di regole
specifiche del settore rimandano un’immagine del mondo giornalistico, almeno in alcuni dei paesi in esame, piuttosto difficile e incerta.
Tra il caso francese, che è l’unico in cui esista una forma di praticantato
biennale per richiedere e ottenere la carta d’identità dei giornalisti e quello
tedesco, in cui teoricamente chiunque può presentarsi da un editore e chiedere
di lavorare e dove il giornalista ha la stessa cassa mutua degli artisti, ci sono
le due gradazioni intermedie di Regno Unito e Spagna. E rispetto alla Spagna
è opportuno segnalare come ci sia oggi in atto un tentativo di proporre uno
statuto dei giornalisti, non solo per regolare l’accesso alla professione, ma soprattutto per stabilire in modo chiaro ed inequivocabile diritti e doveri inerenti
al mestiere di giornalista.
È possibile che nelle moderne democrazie occidentali, si sia preferito per
un certo tempo fare salva la libertà d’informazione anche lasciando i giornalisti liberi di organizzare il loro lavoro, lasciando altresì che tanto il giornalista
professionista quanto chi scriveva per diletto, per passione, occasionalmente
ecc., comunque ritenendo un’altra la sua professione principale, potessero più
o meno confondersi all’occhio del pubblico. Ma da qualche anno, il mondo
dell’informazione non è più paragonabile a nessun altro momento della storia
e le caratteristiche della professione giornalistica sono oggi quasi del tutto
mutate.
Pertanto la tendenza comune a tutti i paesi in esame a professionalizzare il giornalista a partire dalla sua fase formativa va proprio nella direzione
del riconoscimento di un settore con caratteristiche sempre più specifiche.
Esisterà ancora il caso del reporter coraggioso, indipendente, magari un po’
avventuroso che gira il mondo alla ricerca di eventi da raccontare, ma per il
resto il lavoro di chi materialmente e quotidianamente redige l’informazione
nella carta stampata, nelle televisioni, su Internet ecc. richiede il rispetto di
precisi standard di livello internazionale. Ecco allora che il professionista
dell’informazione non si confonde più con chi collabora con un editore per
hobby, però forse il percorso non è ancora compiuto se la società, i grandi
gruppi proprietari dell’informazione non sono ancora disposti a fare i conti
con una categoria precisa. Le forme possono essere molteplici, diverse, ma
sembra chiaro che sia sempre più importante e urgente offrire specie ai nuovi giornalisti, appena formati, ben preparati, colti e possibilmente motivati,
un terreno di lavoro sicuro, ben tutelato. Ne guadagna la categoria ma ne
guadagna senza dubbio la qualità stessa dell’informazione e dunque la democrazia.
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Per venire al caso italiano, già ampiamente studiato dal Censis negli anni
scorsi, occorre ricordare che il Parlamento, con la legge del 1963, n. 69, ha
creato due categorie di giornalisti, i pubblicisti (che possono fare anche un altro mestiere) ed i professionisti (che devono svolgere esclusivamente attività
giornalistica). Più di 40 anni fa la legge ha affidato alle aziende la preparazione dei giornalisti professionisti. Chi era assunto, veniva iscritto all’elenco
dei praticanti e, dopo 18 mesi, ammesso all’esame di stato. La preparazione
pratica prendeva il sopravvento su quella teorica. Ed i professionisti potevano
avere anche solo il diploma di scuola media superiore. Col tempo gli editori
hanno assunto sempre più di rado. Per questo, da molti anni, l’Ordine nazionale ha creato “scuole” di giornalismo nelle quali, in collegamento con
le università, (spesso sotto forma di veri e propri master di secondo livello)
25/30 giovani – già laureati e vincitori di uno specifico concorso pubblico - si
addestrano per un periodo di due anni all’uso dei vari strumenti (carta stampata, radio, tv, internet) e al contempo studiano economia, diritto, storia, prima
di affrontare l’esame.
Si tratta di un percorso, recepito nel “decreto Siliquini” e basato sul binomio giornalisti-università, sul quale era stata espressa unanimità di vedute. Ma
questa innovazione è stata osteggiata dagli editori fino al punto di bloccarla.
Le scuole sono ormai distribuite sul territorio, tuttavia il quadro presenta
una vistosa anomalia. Nelle due sessioni di esami (ad aprile e a ottobre) si
presentano infatti complessivamente dai 1.200 ai 1.300 praticanti, ma il rapporto fra i praticanti provenienti dalle scuole e quelli tradizionali è fortemente
sbilanciato: circa uno a cinque. I primi hanno una preparazione teorico-pratica completa (anche se esistono profonde differenze fra una scuola e l’altra),
mentre i secondi provengono spesso da piccole redazioni ed hanno una formazione teorica ed etica meno approfondita.
6.2.Francia
In Francia, l’accesso alla professione giornalistica è libero. Non è subordinato all’ottenimento di una laurea, tantomeno di una laurea specifica. Tuttavia
la Convenzione collettiva nazionale di lavoro dei giornalisti afferma “l’interesse delle parti contraenti per la formazione professionale e raccomanda che
i principianti abbiano ricevuto un training generale e tecnico il più completo
possibile”. Il Codice francese del Lavoro – L. 761-2 – sancisce il criterio della
prevalenza: può definirsi giornalista colui che deriva la maggior parte del
suo reddito dall’esercizio della professione giornalistica (per saperne di più:
Rapport Brachard redatto nel 1935 “a nome della commissione del lavoro in160
caricata di esaminare la proposta di legge di Henri Guernut e colleghi relativa
allo status professionale dei giornalisti”).
Se la laurea non è conditio sine qua non per l’accesso alla professione,
almeno non formalmente, spesso oggi un aspirante giornalista, dopo la laurea,
frequenterà una delle scuole francesi di formazione al giornalismo. In media,
tali scuole prevedono due anni di corso con frequenza obbligatoria e stages
presso aziende editoriali.
Tre sono le scuole post-universitarie più accreditate: Parigi (Celsa-Paris
IV), Lille (Esj) e Strasburgo (Cuej). A cui vanno aggiunte una decina di scuole
riconosciute dallo Stato (tab. 109). Celsa-Paris IV, l’École des hautes études en
sciences de l’information et de la communication, creata nel 1965 a Neuillysur-Seine, funziona come una grande scuola all’interno della Sorbonne. La
formazione dei suoi diplomati cura pertanto tanto gli aspetti professionali
quanto la preparazione accademica. Le tasse sono costituite essenzialmente
dai diritti universitari. La scuola conta circa 700 studenti l’anno, 20, 25 allievi
Tab. 109 - Le scuole di giornalismo riconosciute
Centre de formation des journalistes (Cfj-Paris)
www.cfpj.com
Centre universitaire d’enseignement du journalisme
(Cuej-Strasbourg III)
www.cuej.u-strasbg.fr
Ecole des hautes études en sciences de l’information
et de la communication (Celsa-Paris IV)
www.celsa.fr
Ecole de journalisme et de communication de Marseille www.ejcm.univ-mrs.fr
(Ejcm)
Ecole de journalisme de Toulouse (Ejt)
www.ejt.fr
Ecole supérieure de journalisme (Esj-Lille)
www.esj-lille.fr
Institut de la Communication et des Medias (IcmGrenoble III)
www.u-grenoble3.fr
Institut Français de Presse (Ifp-Paris)
www.u-paris2.fr/ifp/
Institut pratique de journalisme (Ipj-Paris)
www.ipjparis.org
Iut de Bordeaux
www.iut.u-bordeaux3.fr
Iut de Lannion
www.iut-lannion.fr
Iut de Tours
www.iut.univ-tours.fr/iuttours/etudes/
departement/infocom/default.htm
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diplomati annualmente e cicli di studi da uno a tre anni a seconda dell’ambito
scelto. 2.000 le offerte di stage proposti alla scuola annualmente.
Fondata nel 1924, l’Ecole Supérieure de Journalisme di Lille è uno dei
centri di formazione al giornalismo più accreditati in Francia e a livello europeo. Fondazione senza scopo di lucro, l’Esj richiede un diritto d’iscrizione di
3.500 euro.
Presso il Cuej (Centre Universitaire d’Enseignement du Journalisme) di
Strasburgo, installato presso l’università dal 1958 e riconosciuto dalla Convenzione collettiva dei giornalisti nel 1968, si pagano solo i diritti universitari, circa 200 euro. Il limite per l’iscrizione al concorso è di 25 anni e non si
può ripetere l’esame più di due volte. Dall’anno accademico 2005-6 propone
anche un Master professionnel de Journalisme.
Il fatto di essersi formati in una delle scuole riconosciute (tab. 109) – ed
essere in possesso del relativo diploma – dimezza la durata dello stage biennale richiesto per accedere allo statuto di giornalista titolare.
I partner sociali delle agenzie di stampa, della stampa scritta e di quella
audiovisiva, riuniti in seno alla Commissione Nazionale Paritaria di Impiego
dei Giornalisti (Cnpej) esercitano le loro attribuzioni consultive in materia di
riconoscimento della formazione al giornalismo. Tra i criteri per il riconoscimento delle scuole di giornalismo, la Commissione prevede che il corso
dispensi una formazione generale al mestiere di giornalista di un minimo di
tre trimestri, ripartiti in due anni e inclusivi di percorsi di approfondimento
della pratica dei differenti media. Un tale percorso dovrà essere suggellato da
un diploma riconosciuto per l’esercizio della professione. Come pre-requisiti
dell’esercizio della professione una scuola di giornalismo deve aver cura che
i propri iscritti abbiano una buona cultura generale e spirito critico; padronanza della propria lingua e conoscenza soddisfacente di almeno una lingua
straniera.
Dopo di che, le scuole riconosciute formano gli studenti in quattro ambiti
fondamentali: tecniche del mestiere, applicate ai diversi mezzi (padronanza
dei diversi generi giornalistici, ricerca ed utilizzo delle fonti ecc.); regole della
professione (storia del giornalismo, diritto della stampa e dei media, diritti e
doveri dei giornalisti, etica dell’informazione ecc.); ambito socio-economico
e giuridico (grandi sfide sociali di dimensione nazionale e internazionale, differenti ambiti del diritto, economia ecc.); funzionamento dell’impresa editoriale (linea editoriale, conoscenza dell’universo professionale, caratteristiche
economiche, finanziarie, industriali dell’impresa ecc.).
Il cursus prevede obbligatoriamente almeno due stage in aziende editoriali,
di una durata minima di otto settimane, nonché l’accompagnamento per l’inserimento professionale dei nuovi diplomati.
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Si tratta di scuole pubbliche, dove si accede per concorso, dove si paga una
retta che si aggira attorno ai 3.500 euro annui (con alcune eccezioni, tipo Strasburgo) e che prevedono una frequenza a tempo pieno. Ogni anno da ciascuna
di queste scuole escono non più di 40-50 giornalisti. Esistono poi delle scuole
private, che però non fanno proprio concorrenza alle prime.
Uscito dalla scuola, il neo-giornalista dovrà fare un praticantato (remunerato à la pige) della durata di due anni, presso una redazione, ove possa
dimostrare di avere un reddito proveniente almeno per il 50% dall’esercizio
della professione giornalistica e pari almeno al minimo sindacale (950 euro
netti al mese). La legge del 1974 sui giornalisti pigiste (legge 74-630 del 4
luglio 1974, detta loi Cressard) prevede che dopo tre mesi consecutivi di pige, il giornalista possa fare domanda per la carta di giornalista professionista.
La domanda può essere presentata anche se il datore di lavoro ha rifiutato
di firmare l’attestazione. Il “pigiste va considerato un giornalista a tutti gli
effetti e quindi percepirà uno stipendio” (tab. 110). L’unità di pagamento è il
feuillet, o 1.500 parole. Il prezzo varia molto a seconda delle pubblicazioni e
del tempo necessario. Le spese saranno rimborsate a parte, come pure la tredicesima, il congedo e l’eventuale anzianità. Deve essere pagato ogni lavoro
ordinato ed accettato da un’impresa editoriale, anche se non pubblicato.
Un’inchiesta del sindacato dei giornalisti (Syndicat National des Journalistes - Snj) del 2003 sui pigiste aveva denunciato numerosi abusi da parte delle
imprese. La tariffa media a cartella (feuillet) è risultata essere di 57 euro circa,
mentre il sindacato ne rivendica un minimo di 60 e sottolinea che il lavoro va
pagato mensilmente, cosa che spesso non avviene. Il pigiste (praticante) con
questi requisiti, al termine dei due anni, otterrà la “carte de press”.
La “Commission de la carte d’identité des journalistes professionnells”
(Ccijp) con sede a Parigi (www.ccijp.net) è stata introdotta dalla legge del 29
marzo 1935. Ad essa spetta il compito di attribuire e poi rinnovare la “carte
d’identité professionnelle” che attesta che il postulante è giornalista e deve
dunque beneficiare dello statuto relativo.
C’è una commissione di prima istanza, poi c’è un secondo livello costituito
dai corrispondenti regionali e infine la commissione superiore che esamina i
ricorsi. È una struttura paritaria, cioè composta in egual misura da giornalisti e
da editori. Ciascuna delle 19 regioni francesi conta un corrispondente giornalista e un datore di lavoro nella composizione dei membri della commissione
di prima istanza. Viene rinnovata ogni anno. C’è poi la Commissione superiore, composta da tre magistrati, uno dei quali ne è il presidente, un giornalista
e un datore di lavoro.
I membri giornalisti sono eletti ogni tre anni dalle liste sindacali dai giornalisti detentori della carta. In caso di rifiuto, il richiedente può far appello
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Tab. 110 - Radio-televisione pubblica
Funzioni
Stipendi (in euro)
Rédacteur en chef d’une rédaction nationale
2.300
Rédacteur en chef adjoint d’une rédaction nationale
2.000
Rédacteur en chef d’une rédaction régionale
1.840
Chef de service d’une rédaction nationale
1.755
Responsable d’édition
Rédacteur en chef adjoint d’une rédaction régionale
1.590
Grand reporter
Rédacteur en chef adjoint d’une rédaction locale
Envoyé spécial permanent
1.460
Responsable d’une section linguistique d’une rédaction nationale
Responsable de rubrique
Coordinateur d’échanges nationaux et internationaux
Chef de service adjoint
Chef d’édition
1.430
Journaliste spécialisé
1.280
Journaliste reporter d’image
Journaliste bilingue
1.170
Journaliste reporter-photographe
Journaliste reporter-dessinateur
Coordinateur d’échanges régionaux et inter-régionaux
1.120
Sténographe rédacteur
Rédacteur reporter
1.070
Stagiaires
Stagiaire du 13e au 24e mois
Stagiaire du 1er au 12e mois
1.020
920
Fonte: Syndicat National des Journalistes (www.snj.fr)
alla Commissione superiore. Nel 2005 sono state trattate più di 40.000 domande.
Si diceva in apertura che il giornalista professionista è colui che ha come
occupazione principale, regolare e retribuita l’esercizio della sua professione
in una o più pubblicazioni quotidiane o periodiche o in una o più agenzie
di stampa e dal quale trae la maggior parte delle sue entrate finanziarie. Il
corrispondente che lavori sul territorio francese o all’estero è un giornalista
professionista se riceve degli incarichi fissi e rispetta le condizioni descritte
sopra. Sono assimilati ai giornalisti professionisti i collaboratori diretti della
redazione: redattori-traduttori, stenografi-redattori, redattori-revisori, reporter-disegnatori, fotoreporter, esclusi gli agenti di pubblicità e tutti coloro che
collaborano solo a titolo occasionale.
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Ogniqualvolta, quali che ne siano le condizioni, un’impresa editoriale si
assicura il contributo di un giornalista professionista si presume l’esistenza di
un contratto di lavoro. Questa presunzione sussiste quali che siano il modo e
l’importo della remunerazione, nonché la qualificazione riconosciuta al tipo
di rapporto di lavoro tra i due contraenti.
La Convenzione collettiva nazionale di lavoro dei giornalisti all’articolo
primo regola i rapporti tra datori di lavoro e giornalisti professionali stipendiati dalle imprese così come sono definiti all’articolo L. 761.2 del Codice del
Lavoro e all’articolo 93 della legge del 29 luglio 1982. Per quel che riguarda
la formazione professionale, le parti contraenti hanno deciso di accordare a
titolo eccezionale, una riduzione di un anno di stage ai titolari di diplomi rilasciati dai centri universitari di insegnamento del giornalismo (come quello di
Strasburgo; Iut di Bordeaux; Iut di Tours; Celsa di Parigi e Centre transméditerranéen de la communication de l’universitè d’Aix-Marseille).
Questo privilegio non implica a priori il riconoscimento di un trattamento
preferenziale riservato solo a queste università, ma è subordinato alla valutazione delle commissioni paritarie qualificate in materia di reclutamento di
stage e formazione professionale. L’obiettivo è che la professione resti aperta
al più largo ventaglio di talenti, di titoli universitari, di competenza ed esperienza.
Il Codice del Lavoro – Legge 761 – all’art.10 sancisce che “l’autorità amministrativa stabilisce ogni anno una lista di imprese di giornali o periodici
che hanno preso per la durata dell’anno considerato l’impegno di pagare ai
giornalisti impiegati da loro stipendi non inferiori a quelli fissati, per ciascuna
categoria professionale e per ogni dipartimento e per ogni regione, per decisione di una commissione mista comprendente rappresentanti di organizzazioni professionali, di direttori, o imprenditori di giornali e periodici”. Tale
commissione, composta dai rappresentanti del personale e dei datori di lavoro
è incaricata di stabilire per il dipartimento e per la regione il quadro dei salari
minimi.
Per quel che riguarda le ferie, i giornalisti legati ad un’impresa editoriale
da almeno un anno hanno diritto ad un mese di congedo; cinque settimane per
i giornalisti il cui contratto supera la durata di dieci anni.
In caso di resiliazione del contratto a tempo indeterminato il preavviso per
ambo le parti è di un mese se il contratto ha avuto una durata fino a tre anni e
di due mesi se il contratto ha avuto durata superiore a tre anni. Se si tratta di
un licenziamento, è prevista un’indennità per il dipendente. La somma non può
essere inferiore a quanto egli percepiva mensilmente per ogni anno di lavoro o
frazione d’anno di collaborazione, per un massimo di 15 mensilità. Le stesse
disposizioni sono valide in caso di cessazione delle pubblicazioni di un giorna165
le o di un periodico e anche nel caso in cui una qualche variazione evidente nel
carattere e nell’orientamento del giornale crei per il dipendente una situazione
di disagio insostenibile per il suo onore, la sua reputazione o in generale per i
suoi valori morali. In quel caso viene meno anche l’obbligo del preavviso.
Il regime fiscale dei giornalisti ha le sue radici negli anni ’30, quando ci si
batteva per il riconoscimento dello statuto professionale tutt’oggi in vigore.
La fiscalità particolare dei giornalisti precede infatti di un anno la celebre legge del 1935, fondamento dello statuto, la quale sarà seguita un anno più tardi
dal decreto precisante il funzionamento della Commissione per la carta, prima
che i “partner sociali” non si accordassero, nel 1937, sulla prima Convenzione
Collettiva di lavoro dei giornalisti. L’abbattimento forfettario del 30% istituito dal 1934 intende compensare l’assenza o il rifiuto di prendere in considerazione, nella maggior parte delle imprese editoriali, delle spese effettuate
durante l’esercizio della professione.
Il sindacato francese dei giornalisti (www.snj.fr), dal canto suo, pubblica
i dati recenti in materia di griglie salariali, distinguendo le varie posizioni, da
quella del redattore capo al pigiste e separando i giornali e le radio-televisioni
parigini da quelli locali o regionali (tab. 111). Ma viene anche sottolineato
come in realtà le tariffe riportate siano solo indicative, perché in effetti non
ci sono accordi sindacali che fissino così nel dettaglio gli stipendi per le varie
figure del giornalismo. Comunque esiste una cornice di riferimento e un minimo sindacale al quale ci si può appellare. Per esempio, in base ai dati raccolti
dal sindacato, e aggiornati a fine 2006, per quel che riguarda i pigiste il prezzo
medio pagato a pezzo (le feuillet, cioè 25 righe di 60 battute) è di 63 euro
(esclusi ovviamente ferie e tredicesima).
Il 7, 8 e 9 marzo prossimi si terranno a Lille ed Arras le prime Assises Internationales du Journalisme. Molti i temi in esame, che cercano di esplorare
l’universo multiforme dei media francesi: circa 37.000 giornalisti tra stampa
scritta, radio, televisione, cui si aggiunge internet. In più occorre distinguere
tra stampa locale, regionale, nazionale o internazionale. Stampa d’informazione o d’opinione. A pagamento o gratuita. Privata o del settore pubblico;
tecnica o di svago; riviste di nicchia. Una diversità all’interno dell’universo
dei media che si traduce anche in una notevole disparità nella formazione delle carriere come nell’approccio stesso al mestiere.
È ancora utile formare i giornalisti? Con questo quesito si aprono le assise
di Lille. Ci si domanda se sia ragionevole continuare su questa strada e se il
mercato dell’impiego possa ancora assorbire i diplomati che escono dalle 12
scuole di giornalismo riconosciute, diplomati che sono sempre più numerosi.
Bisogna forse instaurare un numero chiuso? Uscire da queste scuole rappresenta davvero un valore aggiunto?
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Tab. 111 - G
riglie degli stipendi nelle redazioni giornalistiche dei giornali quotidiani di
Parigi
Funzioni
Stipendi (in euro)
Rédacteur en chef
Rédacteur en chef adjoint
Secrétaire général de rédaction
Premier Secrétaire de rédaction ou SR unique
Chef de service
Chef de service littéraire, chef de service sténo-rédacteurs, chef de service
reporters-photo
Grand reporter ou rédacteur hautement qualifié, sous-chef de service,
secrétaire de rédaction 2e échelon, téno-rédacteur hautement qualifié,
reporter photographe 3e échelon
Secrétaire de rédaction 1er échelon, chroniqueur judiciaire, chef de rubrique
Reporter ou reporter dessinateur
Sténo-rédacteur confirmé, rédacteur spécialisé, reporteur photographe 2e
échelon, rédacteur infographe 2e échelon
Secrétaire de rédaction adjoint, reporter photographe 1er échelon, rédacteur
infographe
Rédacteur, Sténo-rédacteur après un an
Informateur extérieur, Sténo-rédacteur débutant
5.064,61
4.212,91
3.954,35
3.422,03
3.269,95
3.041,81
2.798,46
2.661,58
2.585,54
2.509,49
2.357,40
2.266,15
1.977,17
Rédacteur stagiaire
Stagiaire diplômé d’une école agrée
Stagiaire 2e année
Stagiaire 1ère année
Indemnité d’appareil photo
1.977,17
1.825,09
1.673,00
69,88
Fonte: Syndicat National des Journalistes (www.snj.fr)
Dunque, persino in Francia, formazione e accesso alla professione di giornalista suscitano molte domande e divengono temi di discussione di estrema
attualità. Quelli che seguono sono i dati diffusi dalle Assise di Lille, prima
dell’inizio dei lavori: 37.009 giornalisti precisamente al 2 gennaio 2007, stando alle cifre fornite dalla Commission de la carte d’identité des journalistes
professionnels (tab. 112). Su 2.162 prime domande di cartes de presse, solo
322 provenivano da diplomati di scuole di giornalismo riconosciute (14,8%)
(tab. 113).
167
Tab. 112 - Composizione dei giornalisti per sesso (v.a. e val %)
TITULAIRES (plus de 2 ans d’ancienneté)
Journalistes mensualisés
Journalistes rémunérés à la pige
Demandeurs d’emploi
Directeurs (anciens journalistes)
STAGIAIRES (moins de 2 ans)
Journalistes mensualisés
Journalistes rémunérés à la pige
Total général
val. %
Hommes
Femmes
TOTAL
15.342
2.818
790
429
10.328
2.760
713
77
25.670
5.578
1.503
506
1.141
585
1.264
762
2.405
1.347
21.105
57,0
15.904
43,0
37.009
Tab. 113 - C
omposizione dei giornalisti che fanno richiesta per l’ottenimento della Carta, per
sesso (v.a.)
Hommes
Femmes
TOTAL
TITULAIRES
Journalistes mensualisés
Journalistes rémunérés à la pige
94
79
79
65
173
144
STAGIAIRES
Journalistes mensualisés
Journalistes rémunérés à la pige
505
337
591
412
1.096
749
1.015
1.147
2.162
Total général
6.3. Germania
La Germania è un “newspaper country”, con i suoi 334 giornali e 1.529
edizioni locali, per un totale di 21 milioni di copie che quotidianamente raggiungono i propri lettori. In vetta alla classifica si collocano i settimanali (circa sei milione di copie) e i giornali domenicali. Dunque il mercato tedesco
dei giornali è il primo in Europa e il quinto a livello mondiale in termini di
diffusione. Quello che conta ancora di più è che questi giornali non sono solo
venduti, ma vengono anche letti, se il 73,7% delle persone sopra i 14 anni
(cioè circa 47,9 milioni di persone) legge regolarmente un giornale. Esistono
poi circa 300 canali radio, di cui 60 pubblici. La televisione pubblica ha do168
dici canali nazionali, otto regionali – che si ricevono generalmente via cavo o
via satellite – e tre canali internazionali.
Ma come si entra nel mondo del giornalismo? Esiste una pluralità di vie
d’accesso alla professione. In teoria chiunque può presentarsi ad un editore
e chiedere di scrivere. La via più usuale consiste, comunque, nell’iniziare un
periodo di circa due anni di Volontariat, un praticantato retribuito. Il sistema
del Volontariat, che viene introdotto ai primi del 900, ha continuato a perfezionarsi per proteggere l’ingresso dei giovani nella professione, grazie ad una
convenzione collettiva specifica.
Ma anche in questo paese si può studiare giornalismo come materia principale o accessoria dopo un prima diploma universitario. In Germania, infatti,
come in altri paesi europei, a partire dalla fine degli anni ’60, il semplice
diploma più un periodo di stage non sono parsi più sufficienti per garantire la
professionalità e quindi le scuole di giornalismo o corsi universitari in giornalismo (tra cui le più rinomate sono quelle di Lipsia, Dortmund e Eichstatt)
sono divenuti pre-requisiti sempre più importanti nel percorso di formazione,
soprattutto a partire dagli anni ’80. Esistono diversi tipi di scuole di giornalismo, confessionali o di proprietà degli editori e due indipendenti: la Deutsche Journalistenschule di Monaco (la più antica) e la Kölner Schule – Institut
für Publizistik. Parallelamente alcuni gruppi editoriali hanno fondato proprie
scuole come le Axel Springer di Amburgo e Berlino e la famosa Henri-Nannen-Schule, fondata nel 1978 ad Amburgo, dove sono concentrati, tra l’altro
i maggiori gruppi editoriali tedeschi. Presso la Henri-Nannen-Schule, di proprietà dell’impero editoriale Gruner + Jahr, (editore di Die Zeit) il praticante
riceve un sussidio per la formazione che si aggira attorno agli 800 euro mensili ed ha ottime possibilità di trovare un lavoro subito dopo aver completato
gli studi.
La scuola di Colonia (Kölner Schule), in particolare, prepara giornalisti
in maniera specifica per i desk politico ed economico. Fondata nel 1968, intendeva combinare la pratica giornalistica con la preparazione accademica. I
primi tre semestri sono riservati al training giornalistico. Con il terzo semestre
iniziano le attività accademiche e contestualmente la stesura di articoli per i
media. L’editore detta la linea ma il lavoro di “cucina” è a carico dello studente. Successivamente si lavora ad una revisione, correzione, limatura fino
ad una versione finale. Questo è il training nella newsroom. Ma il culmine
di tutto il training è il semestre conclusivo, con l’ingresso in giornali locali,
uffici di pubbliche relazioni di compagnie ecc.. Spesso chi studia a Colonia ha
già un lavoro assicurato ancor prima della conclusione dei due anni.
In Germania esistono altresì corsi di laurea in giornalismo già da 25 anni. I
più rinomati sono quelli di Dortmund e Monaco.
169
Tab. 114 - Scuole di giornalismo in Germania
Berliner Journalisten-Schule
Burda Journalistenschule
Deutsche Journalistenschule e. V. (Djs)
Evangelische Journalistenschule Berlin
Georg von Holtzbrinck-Schule für Wirtschaftsjournalisten
Haus Busch
Henri-Nannen-Schule
Institut zur Förderung publizistischen Nachwuchses (Ifp)
Journalistenakademie München
Journalistenschule Axel Springer in cooperazione con FU Berlin e Viadrina in Frankfurt (O.)
Journalistenschule Ruhr
Kölner Journalistenschule für Politik und Wirtschaft
RTL Journalistenschule für TV und Multimedia
Ogni anno 60 nuovi studenti sono accolti presso l’Institut für Journalistik,
l’istituto di giornalismo, organismo indipendente all’interno dell’università di
Dortmund. Dagli anni ’80 si parla di “modello Dortmund”, come esempio di
integrazione tra studi accademici e job training. Il programma di studi si articola in tre fasi, la prima delle quali si conclude dopo i primi due anni e l’acquisizione di un diploma intermedio. Si comincia con le conoscenze di base per
un buon giornalismo (Grundstudium). La seconda fase prevede dodici mesi
di training professionale, con un internato full-time presso imprese editoriali.
In questo periodo quindi si interrompe la frequenza universitaria. L’istituto di
giornalismo di Dortmund coopera con 30 imprese nel campo dei media sia a
livello regionale (Westdeutsche Allgemeine Zeitung, Bonner General-Anzeiger ecc.) che nazionale (Deutsche Welle, n-tv, Zdf ecc.). La fase conclusiva,
di studi avanzati (Hauptstudium), prevede due anni di preparazione della tesi
di laurea. Ed è a questo livello che si può scegliere di specializzarsi in un
ambito specifico. Il titolo che si ottiene alla fine – Diplom – equivale ad un
Master’s Degree. L’accesso alla professione per chi ha seguito un cursus di
studi in giornalismo è infine il volontariat (cioè lo stage), che dura due anni ed
è remunerato. La maggior parte di chi vi accede è, perciò, laureata.
Soprattutto nelle nuove generazioni il profilo di un giornalista tedesco
prevede un diploma di laurea, anche se non strettamente in giornalismo. Per
esempio, i maggiori gruppi editoriali tedeschi richiedono una laurea per accedere ai loro master in giornalismo, non tanto per le conoscenze specifiche che
gli studi superiori possono procurare, quanto per garantirsi persone in possesso di un metodo di lavoro.
170
Comunque, a prescindere dal percorso formativo, una volta che l’aspirante
giornalista si trova a contrattare con un editore ha sostanzialmente tre tipi di
possibilità di esercitare la sua professione. L’editore può proporre un contratto
come dipendente fisso, cioè a tempo indeterminato, cosa che avviene sempre
più di rado, perché altre forme di collaborazione risultano più vantaggiose.
Esistono, come è ovvio i freelance e poi esiste un terzo tipo di contratto, che
può essere spiegato come un ibrido, tra i primi due e prende il nome di fester
Freier, cioè “libero-fisso”. Questo inquadramento professionale è riservato
però solo al settore pubblico, laddove ad un collaboratore viene riconosciuto
il carattere di collaboratore prevalente, che, anche se non dipendente, gode di
alcuni diritti riservati solo ai dipendenti, tipo 31 giorni di ferie annui, la malattia, la maternità ecc. È dagli anni ’80 che la Germania ha introdotto questa
forma di rapporto di lavoro, che riconosce ai giornalisti, comunque precari, un
po’ di stabilità. Questo contratto può comunque essere rescisso senza motivo
in qualunque momento e dà diritto all’assunzione se dura già da dieci anni e il
lavoratore è sotto i 40, quindici anni se il lavoratore ne ha più di 40. Bisogna
poi considerare che il giornalista in Germania è considerato alla stessa stregua
di un artista, cioè ha la stessa cassa mutua e pensionistica, dove lo Stato versa la metà dei contributi. Lo Stato tedesco in questo modo tutela soprattutto
i giornalisti liberi-fissi. La creazione di questa Cassa – Künstlersozialkasse
– nel 1975 (dunque durante il cancellierato di H. Schmidt) fu molto contrastata dagli editori e solo dagli anni ’80 cominciò a funzionare pienamente.
Sostanzialmente consente a giornalisti e artisti di poter accedere alla cassa
malattia dei privati. Il giornalista iscritto versa la metà della contribuzione, il
restante viene versato dallo stato federale e dal land. A fine 2003 i giornalisti
assicurati erano oltre 17.000.
Esistono associazioni di giornalisti, che sono private, ma finanziate dallo
stato. Al 2005 i giornalisti in Germania sono 69.000, la maggior parte dei
quali iscritti al Deutscher Journalisten-Verband, la Federazione dei giornalisti
tedeschi, cioè un’associazione professionale che esiste da oltre 50 anni. La
sua struttura funziona attraverso sette membri del Consiglio esecutivo federale che cooperano da vicino con l’ufficio federale. Pertanto il governo centrale
dell’associazione comprende 16 associazioni statali autonome, garantendo
così una vasta gamma di servizi regionalizzati negli stati federali. Il Djv rappresenta sia gli interessi dei freelance sia quelli dei giornalisti a tempo indeterminato. Tutti gli argomenti vengono dibattuti in seno a speciali comitati,
da quello “giovani”, a quello “europa” o “fotogiornalismo”, da “freelance” a
“stampa quotidiana” e così via.
Il principale sindacato sono i VerDi con sede a Stoccarda. Gli iscritti hanno
diritto ad una International Press Card.
171
Il giornalismo tedesco era noto in passato per essere caratterizzato da un
forte specialismo, mentre ora è in atto un’inversione di tendenza. Verso la
“tabloidizzazione”. In aumento anche in questo paese la tendenza al precariato. Oggi nel quadro tedesco l’outsourcing è l’elemento più importante nella
professione giornalistica, specie nei quotidiani, per cui il sindacato gioca un
ruolo centrale laddove gli accordi con gli editori sono più complessi. Negli
ultimi tempi gruppi di giornalisti si associano e propongono i loro servizi agli
editori a tariffe evidentemente più convenienti dei dipendenti fissi. Sono detti
OT, ohne Tarifbindung, cioè senza tariffa. È chiaro come si crei una concorrenza non proprio reale nella professione e non necessariamente nel segno
della qualità.
Il Djv è molto attento proprio al numero crescente di freelance. Con l’iscrizione al Djv si ha diritto a una “carta nazionale della stampa”. Nel 2005 i
membri del Djv erano 40.400, ciò che fa di questa associazione una delle più
antiche e importanti istituzioni della Federazione Internazionale dei Giornalisti (Ifj - International Federation of the Journalists). Il Djv collabora a livello
istituzionale con il Deutscher Presserat, cioè il consiglio tedesco della stampa,
con sede a Bonn.
6.4. Gran Bretagna
Il modello anglosassone è da sempre sinonimo di una tradizione giornalistica seria, libera, autonoma. Nel Regno Unito vige un liberismo quasi assoluto: non esiste un contratto collettivo di lavoro per giornalisti, né l’obbligo
di registrazione di una testata, neppure particolari requisiti per fare il direttore
di testata e così via. Prima del 1965 praticamente non esisteva un cursus di
studi giornalistici e i professionisti cominciavano dalla stampa locale. Da quel
momento in poi i periodici regionali misero in piedi un sistema di formazione,
che oggi è rappresentato dalle oltre trenta centri di formazione (tra università
e scuole di giornalismo) accreditate dal Consiglio nazionale per la formazione
dei giornalisti.
Molto forte era il ruolo del sindacato, soprattutto la National Union of
Journalists, il più militante. Ma dopo gli anni del governo Thatcher non vi
è quasi più traccia di battaglie sindacali vere e proprie, anche se il tasso di
aderenti è altissimo. La Nuj conta infatti 35.000 membri, collocandosi tra i
maggiori sindacati del mondo intero. Al suo interno raccoglie tutti i lavoratori del settore giornalistico dai reporter agli editori, dai fotografi allo staff di
redazione, dai membri degli uffici stampa agli esperti in pubbliche relazioni,
come pure chi lavora su Internet.
172
La Nuj fu fondata nel 1907 con l’intento di proteggere il lavoro giornalistico, tutelando condizioni di lavoro e stipendi, diritti e libertà professionale.
Oggi garantisce assistenza legale gratuita ai suoi iscritti in caso di controversie di lavoro, corsi di aggiornamento, facilitazioni nell’acquisto di computer,
fino a sconti per i funerali dei suoi iscritti, attraverso previo accordo.
Il sindacato dei giornalisti tende a tutelare oggi almeno il rispetto minimo di
condizioni di lavoro corrette. Per esempio si richiede che, qualunque sia il tipo
di contratto, comunque il lavoratore, dopo non più di due mesi dall’inizio del
rapporto di lavoro riceva un contratto scritto, in cui si citino precisamente una
serie di elementi: dalle ore di lavoro, alla malattia, dalla descrizione del tipo
di mansione svolta, ai contributi pensionistici, le ferie, la durata del contratto
e così via. Il minimun rate viene comunque contrattato con il singolo editore
e non sono pochi i casi in cui non viene rispettato, non esistendo alcuna legislazione né alcun accordo a livello nazionale. Anche l’orario di lavoro deve
rispettare alcuni accordi sindacali: non più di 48 ore settimanali, 4 settimane di
ferie annuali, un riposo di 24 ore settimanali. È tutelata anche la maternità, con
regole dettagliate, la condizione dei giovani lavoratori, le minoranze. La legislazione tutela anche i diritti delle donne a non essere discriminate e, in base
al Human Right Act, la privacy familiare e le convinzioni politiche o religiose
dell’impiegato. La tessera della Nuj è importante specie per i freelance.
Se è vero che per fare il giornalista oltremanica è sufficiente presentarsi
ad un editore e contrattare un compenso, esistono d’altronde, secondo una
tendenza più o meno comune anche agli altri casi in esame, altri percorsi d’accesso alla professione, diciamo così più strutturati. Non tutti coloro che hanno
seguito corsi di giornalismo sono più brillanti di quelli che si sono formati sul
campo, ma la differenza è che un training giornalistico specifico nel Regno
Unito è sinonimo di accesso più rapido ad un posto di lavoro e quindi ad un
contratto.
Ad oggi, più del 65% di chi viene assunto come giornalista è laureato e il
restante 40% ha ottenuto almeno due livelli A o equivalenti. Se alcuni talenti
straordinari fanno eccezione e arrivano al top del mondo giornalistico senza
un titolo di studio adeguato, senz’altro la maggioranza sono persone laureate.
Di fatto ci sono due strade per accedere alla professione giornalistica. C’è
l’ingresso diretto: è sufficiente convincere un editore a darti un lavoro (nomi
e indirizzi su Benn’s UK Media Directory and Willing Press Guide, disponibile presso le biblioteche) e poi penserà lui alla tua formazione o mandandoti
presso un college o con il programma di insegnamento a distanza, i cui costi
sono in genere sostenuti dal giornale. Oppure la formazione avviene prima
dell’ingresso nel mondo del lavoro: un corso al college o a distanza e solo
successivamente l’ottenimento di un posto. In questo caso, dunque, dovrai
173
probabilmente pagare da te il tuo training. Gli editori di solito preferiscono
questa seconda via di accesso, per motivi di risparmio di tempo e di denaro.
Ma ve ne sono altri che preferiscono formare in sede i loro giornalisti secondo
i criteri dell’editore stesso. Comunque la maggioranza dei giornalisti in formazione viene reclutata dall’industria editoriale dopo aver completato corsi
di formazione per studenti di livello A e laureati (questo percorso è chiamato
“pre-entry”).
I corsi preliminari sono di vario tipo e variano anche i costi. È prevista
la possibilità di chiedere borse di studio (ne esistono di speciali per persone
disagiate e per le minoranze), prestiti presso le banche ed altro.
Perciò nel Regno Unito conviene iscriversi ad un corso e contemporaneamente chiedere un colloquio con più editori possibili. Se ti viene offerto un
posto, probabilmente ti viene proposto un contratto di formazione di durata
biennale, di cui i primi sei mesi sono di prova per entrambe le parti. Una volta
superata la prova di sei mesi, il giornale ti dovrebbe registrare presso il National Council per gli esami preliminari e mettere in moto tutta la procedura di
formazione. Successivamente passerai 12 mesi al lavoro prima di sostenere il
National Certificate Examination, la qualifica finale del National Council.
Il National Council for the Training of Journalists (Nctj) fu fondato nel
1951, sulla scorta di una Royal Commission on the Press, le cui conclusioni suonavano così: “Il problema di reclutare le persone giuste nel campo del
giornalismo, sia dalla scuola che dall’università, e di essere sicuri che essi
raggiungano e mantengano il livello necessario di preparazione e di efficienza
tecnica, è uno dei più importanti riguardo alla stampa, poiché dalla qualità
del singolo giornalista dipende non solo lo status dell’intera professione giornalistica, ma anche la possibilità di colmare il gap tra ciò di cui la società ha
bisogno da parte della stampa e ciò che la società le sta dando al momento.
Il problema è il comune interesse e la comune responsabilità di proprietari,
editori e giornalisti”.
Il primo programma di training per giornalisti durava tre anni durante i
quali i praticanti studiavano Inglese, lineamenti di amministrazione locale e
centrale, stenografia, oltre a nozioni di legge sulla stampa, con un esame finale. Questo fino al 1965, quando fu introdotto un esame di ammissione e corsi
block release (tab. 115). La loro introduzione ha migliorato la continuità dell’insegnamento e ha messo i college nelle condizioni di reclutare giornalisti
come docenti full-time, assicurando che il lato vocazionale della preparazione
fosse adeguatamente coperto. Successivamente si è pensato di introdurre un
corso annuale preparatorio all’ingresso al corso vero e proprio e, più recentemente anche corsi di 18-20 settimane post-diploma. Attualmente ci sono anche BA (Bachelor of Arts) di primo grado in corsi in giornalismo.
174
Tab. 115 - D
iversi tipi di corsi offerti dal Nctj (National Council for the Training of
Journalists)
Block Release
È studiato per coloro i quali sono già impiegati in un giornale e
hanno bisogno della qualifica del Nctj
Day Release
Sempre impostato per studenti-lavoratori, che intendono dedicare
un’ora a settimana per preparare l’esame presso il National Council
BA (Hons) degree
Per chi sta contemporaneamente frequentando una facoltà
universitaria
Foundation Degree
Corso biennale durante il quale gli studenti danno i loro esami Nctj.
È sempre possibile un anno addizionale per ottenere il BA
One year postgraduate
Corso post-lauream di durata annuale
Fast Track
Corso intensivo della durata di 18-20 settimane per ottenere la
qualificazione “pre-entry”
Pre-entry Academic Year
Corso di durata annuale preparatorio all’esame preliminare
d’ingresso dell’Nctj
Two Year Hnd
Corso per ottenere la qualificazione preliminare del National Council
e compatibile con gli studi superiori Higher National Diploma
Magazine Journalism
Corso specifico per giornalisti dei periodici
Photo-Journalism & Press
Photography
Corso per fotoreporter e foto-giornalisti
BA (Hons) Sports
Journalism degree
Specializzazione sportiva
Part time study
Industry training centre
Specificamente strutturato per chi lavora già in un gruppo editoriale
Il National Council oggi accredita 34 college e università che tengono i
loro vari corsi in tutto il Regno Unito, insieme ad uno schema in-company e
tre giorni di corsi day-release.
Ma l’Nctj offre anche un ampia gamma di corsi a distanza in giornalismo
dei quotidiani e dei periodici e sub-editing per quei praticanti che non possono
seguire corsi a frequenza obbligatoria nei college. Come pure esiste la possibilità di programmi brevi su argomenti specifici e corsi di aggiornamento.
Il National Council for the Training of Journalists fornisce dunque il
principale addestramento professionale per giornalisti. Ogni anno centinaia
di giornalisti sostengono un esame, il National Certificate Examination, la
qualificazione professionale per giornalisti senior nei quotidiani, fotoreporter
e foto-giornalisti. Molti di più ottengono le qualificazioni preliminari in gior175
nalismo dei quotidiani e dei periodici, legislazione dei media, affari pubblici
e stenografia.
Sono 38 le scuole di giornalismo in tutto il Regno Unito, accreditate dal
Nctj che offrono corsi di preparazione per affrontare le selezioni per accedere
ai corsi del Council (tab. 116).
La Reuters, per esempio, la più grande agenzia di stampa del mondo,
fondata a Londra nel 1851, con uno staff di circa 15.300 persone sparse in
89 paesi, e che conta 330.000 utilizzatori professionali, offre delle graduate opportunities. Cioè dispone di un graduate programme, che inizia con un
periodo di sei settimane incentrato sulla scrittura, per poi procedere ad una
full-immersion nella newsroom. Sotto la guida di persone di grande esperienza professionale al giovane laureato viene assicurata una brillante carriera nel
giro di pochi mesi. Al journalism graduate trainee si richiede una mente curiosa, conoscenza di un’altra lingua oltre all’inglese, molta voglia di lavorare
e di girare il mondo.
Tab. 116 - Corsi accreditati in 38 centri nel Regno Unito per la preparazione ai corsi del Nctj
Bournemouth University
- BA (Hons) Journalism
Brunel University
- MA Journalism
Cardiff University
- PgDip in Newspaper Journalism
Cardonald College
- HND in Journalism Studies
- Day Release – Newspaper Journalism
City College Brighton & Hove
- Fast-track PgDip in Newspaper Journalism
- Fast-track PgDip in Magazine Journalism
- One year part-time in Newspaper Journalism
- One year part-time in Magazine Journalism
City of Wolverhampton College
- Academic year course in Newspaper Journalism
- Day Release – Newspaper Journalism
Cornwall College Camborne
- Foundation Degree in Newspaper Journalism
- Fast-track course in Newspaper Journalism
Cumbria Institute of the Arts
- BA (Hons) Journalism
Darlington College of Technology
- Fast-track course in Newspaper Journalism
- Block release in Newspaper Journalism
- One year, academic course in Photojournalism
De Montfort University
- PgDip Newspaper Journalism
Edge Hill University
- BA (Hons) Journalism
Glasgow Caledonian University
- BA (Hons) Journalism
Harlow College
- One year, academic course in Newspaper Journalism
- PG in Magazine Journalism
- PG in Newspaper Journalism
(segue)
176
(segue) Tab. 116 - Corsi accreditati in 38 centri nel Regno Unito per la preparazione ai corsi
del Nctj
Highbury College, Portsmouth
- Fast-track in Newspaper Journalism
- On year, part-time in Newspaper Journalism
- Block release in Newspaper Journalism
Lambeth College, London
- PG fast-track in Newspaper Journalism
- Foundation Degree in Journalism
Leeds Trinity & All Saints College
- MA/PgDip in Print Journalism
Liverpool Community College
- Fast-track PgDip in Newspaper Journalism
- Fast-track PgDip in Magazine Journalism
- Academic year course in Newspaper Journalism
- Day Release – Newspaper Journalism
Liverpool John Moores University
- BA (Hons) Journalism
Midland News Association
- Midland News Association Training Scheme
News Associates/Sportsbeat, London
- Fast-track in Newspaper Journalism
- Part-time course in Newspaper Journalism
(from January 2007)
noSWeat Journalism Training, London
- Part-time course in Newspaper Journalism
- Fast-track in Newspaper Journalism
Nottingham Trent University
- MA/PgDip in Newspaper Journalism
Press Association Training Centre
- Editorial Foundation Course in Newspaper Journalism
Scottish Centre for Journalism Studies
- PgDip/MLitt in Journalism Studies
Sheffield College, Norton
- Academic year course in Newspaper Journalism
- Academic year course in Press photography or
Photojournalism
- PG fast-track in Newspaper Journalism
- 12-week block release in Press photography
Southampton Solent University
- BA (Hons) Journalism
Staffordshire University
- BA (Hons) Journalism
Sutton Coldfield College
- Pre-entry course in Newspaper Journalism
University of Brighton
- BA (Hons) Sport Journalism
University of Central Lancashire
- BA (Hons) Journalism
- PgDip/MA in Newspaper Journalism
- MA in Magazine Journalism
University of Portsmouth
- BA Journalism (combined honours)
University of Salford
- BA Journalism (combined honours)
University of Sheffield
- BA Journalism (single & combined honours)
- MA in Newspaper Journalism
University of Strathclyde
- BA (Hons) Journalism & Creative Writing
University of Sunderland
- BA (Hons) Journalism
- MA/PgDip in Newspaper Journalism
University of Ulster
- MA/PgDip in Newspaper Journalism
Warwickshire College
- One year, academic course in Newspaper Journalism
West Kent College
- One year, academic course in Newspaper Journalism
177
In conclusione, il panorama d’oltremanica mostra che i percorsi professionali possono essere tanti quanti sono i giornalisti, ma due elementi fanno un
po’ da spartiacque: in quale mezzo preferisci lavorare (radio, tv, carta stampata) e se pensi di rimanere reporter o ambisci alla catena manageriale.
Se intendi rimanere reporter, a seconda del mezzo scelto, potrai desiderare
passare da un quotidiano ad un settimanale, da un provinciale ad un nazionale. Se lavori in televisione l’ambizione sarà ugualmente il salto verso una
stazione a diffusione nazionale e così via. Potrai specializzarti in un settore…
In ogni caso il giornalismo si configura come una professione piuttosto imprevedibile: una grande flessibilità è richiesta per sopravvivere ai numerosi
cambiamenti che possono profilarsi all’orizzonte. Contrasti con gli editori o
anche solo incarichi molto stressanti in giro per il mondo possono indurre a
cambiare radicalmente il proprio percorso professionale.
Per alcuni giornalisti il contratto di freelance è la via d’ingresso nel mondo
del giornalismo. Per altri è l’occasione di fare un salto di carriera. Per altri
ancora è un incidente di percorso. Per alcuni è una scelta, mentre per altri no.
Alcuni giornalisti senior, trovano preferibile lavorare come consulenti, dopo
anni e anni di esperienza.
Alcuni famosi columnist hanno cominciato e costruito la loro carriera proprio come freelance facendosi un nome e arrivando, poi, via via a poter contrattare con l’editore da un punto di forza. Ma il freelancing è in generale la
classica via d’accesso a Fleet Street, cioè ai grandi giornali londinesi.
Anche nella produzione radio-televisiva il freelancing è piuttosto comune.
Nel mondo del giornalismo anglosassone è poi piuttosto importante il dibattito attorno ai limiti della libertà di stampa. Esiste una “Press complaints
commission”. E, anche visitando il sito della Reuters si nota una chiara insistenza su principi e valori che informano il lavoro giornalistico e verosimilmente lo connotano, garantendone affidabilità e serietà.
6.5. Spagna
Il quadro spagnolo appare caratterizzato da un notevole liberismo e da un
panorama frammentato. Oltre ad alcuni grandi gruppi editoriali – Recoletos,
Prisa, Colpisa, Planeta sono i principali – esistono una miriade di giornali
piccoli e piccolissimi, oppure di radio e televisioni locali. Sembra esserci un
interesse di tanti imprenditori, anche minori, ad aprire un piccolo organo di
informazione, con una piccola redazione, formata magari da giovani appena
laureati, che si accontentano di 800 euro al mese. Le ragioni di questa caratteristica peculiare del caso spagnolo affondano probabilmente nella storia re178
cente. Bisogna risalire agli anni ’70. A partire da lì, presso le facoltà di Scienza della comunicazione, hanno cominciato a sorgere corsi di “periodismo”.
Sono stati i giornalisti stessi, per professionalizzare il loro mondo a volere le
scuole. Da allora gli iscritti sono andati crescendo in maniera esponenziale
nel corso degli anni. Sono sorti corsi di giornalismo in ogni angolo del paese,
perché ogni ateneo anche piccolo, nel quadro delle autonomie regionali, ha
ritenuto di incentivare la formazione in giornalismo, che visibilmente attirava
ovunque molti iscritti. Forse da qualche anno questa tendenza va correggendosi verso il ribasso, perché davvero il mercato appare saturo.
Come si vede dalla tabella 117, la percentuale di laureati tra i giornalisti
è notevole (78%), con una lieve maggioranza di uomini e un’età media di 37
anni. La stampa quotidiana assorbe ancora la maggior parte degli occupati,
seguita dalla radio-televisione e dagli uffici stampa. Mentre agenzie e periodici sono più distanziati. Coloro che lavorano su internet (4,8%) sono in numero
maggiore dei freelance (2,3%). Dai dati raccolti (tab. 118), il numero di atenei
pubblici che offrono corsi di giornalismo è pressoché equivalente all’offerta
dei privati, tra cui spiccano gli atenei cattolici. Però le matricole in giornalismo sono il triplo nei corsi pubblici rispetto ai privati, per un totale di oltre
17.000 nuovi immatricolati. Netta superiorità di matricole di sesso femminile
(oltre 2.000, contro poco più di mille uomini). Mentre negli anni passati, tra il
1997 e il 2003, la percentuale di laureati in Scienze dell’Informazione privilegiava gli uomini 56,0 %, rispetto alle donne 44,0%, oggi, sul totale di circa
3000 laureati al 2006, la maggioranza sono donne (1914).
L’approdo alla professione giornalistica è talvolta anche una sorta di ripiego per quei neolaureati – magari in scienze politiche – che non trovano altra
Tab. 117 - Il profilo del giornalista in Spagna
Uomini %
Donne %
Età media dei giornalisti in attività
% dei laureati in giornalismo
54,4
45,6
37,5
78,0
Stima dell’impiego redazionale
Stampa quotidiana (31%)
Media audiovisivi (26,3%)
Comunicazione istituzionale (22,3%)
Agenzie e riviste (13,4%)
Nuovo giornalismo (4,8%)
Giornalisti indipendenti (2,3%)
Totale
8.007
6.772
5.745
3.442
1.230
582
25.797
Fonte: Apm - Associazione della Stampa di Madrid, www.apmadrid.es
179
Tab. 118 - P
rincipali dati statistici sulla professione giornalistica in Spagna nel 2006 (val. e
val. %)
Formazione
Università che insegnano giornalismo
Università pubbliche
Università private
Totale
16
17
33
Matricole di giornalismo nelle univ. Pubbliche (tutti i corsi)
Matricole di giornalismo nelle univ. Private (tutti i corsi)
Totale delle matricole in giornalismo (tutti i corsi)
12.332
4.790
17.122
Totale delle matricole in comunicazione (tutti i corsi)
% di iscritti in giornalismo sul totale dei laureati in comunicazione
44.966
38,1
Iscritti immatricolati al primo corso
Donne
Uomini
Totale
2.326
1.271
3.597
Laureati
Donne
Uomini
Totale
1.914
1.031
2.945
Giornalisti laureati dall’inizio dei corsi di giornalismo (1972-2005)
Postgrado e masters
Numero dei corsi di postgrado e master
Numero dei corsi di dottorato
Dottori in scienze dell’informazione (1997-2003)
Uomini %
Donne%
38
36
630
56,0
44,0
collocazione. In ogni caso, negli ultimi anni, quella in giornalismo è sovente
una seconda laurea, successiva ad una più tradizionale. Infatti il corso di “periodismo” è quasi sempre un biennio universitario che segue un triennio di
preparazione in materie come la giurisprudenza, le scienze politiche, la comunicazione. Ma c’è anche il caso dell’Università Carlos III di Madrid (tab. 119)
che, come una novità, propone ai suoi iscritti un triennio in giurisprudenza o
scienze politiche già specificamente orientati al successivo biennio in giornalismo, mirando con ciò a formare dei veri professionisti dell’informazione, un po’ alla maniera francese. Il corso di “Periodismo” si trova all’interno
della facoltà di “Humanidades, Comunicaciòn y Documentaciòn”. Secondo
uno studio riferito all’anno 2005, realizzato per il Servizio di Orientamento e
180
Tab. 119 - Facoltà di giornalismo in Spagna
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
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-
-
Università Carlos III - Madrid (biennio di specializzazione in giornalismo dopo un primo
triennio in scienze politiche o giurisprudenza già specificamente orientati al giornalismo)
Facoltà di Scienze dell’Informazione - Università di Siviglia
Facultad de Ciencias de la Información de la Universidad de Málaga
Escuela Superior de Periodismo y Comunicación Social de Valladolid (España)
Facultad de Ciencias de la Comunicación de la Universidad Antonio de Nebrija. Hoyo de
Manzanares (Madrid-España)
Facoltà di scienze dell’informazione dell’Università autonoma di Barcellona
Università pontificia - Salamanca
Facultad de Ciencias de la Comunicación de la Universidad Ramon Llull de Barcelona
Universidad de Valencia
Facultad de Periodismo de la Universidad Cardenal Herrera-Ceu de Valencia
Ceu - Madrid
Facoltà di Scienze dell’Informazione della Universidad Complutense de Madrid
Facultad de Ciencias de la Información de la Universidad de la Laguna (Tenerife)
Facoltà di Scienze dell’Informazione dell’università di Santiago di Compostela
Facultad de Ciencias Jurídicas y Sociales de la Universidad Rey Juan Carlos. Vicálvaro
(Madrid-España)
Facultad de Ciencias Sociales y de la Comunicación de la Universidad del País Vasco
Facoltà di Comunicazione dell’università di Navarra - Pamplona
Instituto de la Comunicación
Uned. Comunicación, Tecnología y Educación (corsi a distanza)
Fonte: Asociación de la prensa de Sevilla 2007
Pianificazione Professionale (Sopp) dell’Università Carlos III, l’inserimento
lavorativo dei laureati presso quella università è del 98%. È un dato sorprendentemente alto che loro spiegano anche in riferimento alla congiuntura economica positiva che ha permesso la creazione di posti di lavoro qualificato.
Sempre secondo questa ricerca, la laurea in “periodismo” registra, in generale, una percentuale sempre alta di inserimento professionale, dal momento
che il 77,8% di laureati al momento sta lavorando, il 16,7 % ha lavorato e solo
un 5,6% è inattivo e ancora alla ricerca di prima occupazione. Tuttavia è necessario specificare che non sempre questi dati si riferiscono all’inserimento
nel mondo del giornalismo. Spesso i laureati in giornalismo ottengono impieghi statali, finiscono ad insegnare nei licei, oppure ad occuparsi di pubbliche
relazioni. Perché, nei fatti, il dato più rilevante è l’ingente numero di nuovi
giornalisti e un mercato del lavoro saturo e fortemente precarizzato.
Moltissimi atenei hanno ritenuto di inserire il corso di giornalismo, perché
di grande richiamo. Alle università tradizionali si aggiunge ora anche l’Uned,
l’università a distanza.
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Esistono poi dei master per la formazione in giornalismo. Alcuni grandi
editori propongono master, cui si accede dopo una laurea e previo esame di
ammissione. La durata di una tale esperienza va da uno a due anni e prevede il
rilascio di un attestato con cui poi si ha accesso ad una “borsa di lavoro”, cioè
ad uno stage. Tutti i grandi gruppi editoriali spagnoli (il gruppo Prisa, cioè
l’editore di El Pais, Abc, El Mundo, Efe – l’agenzia di stampa nazionale) ne
offrono e il comune denominatore è una forte selezione iniziale. Quello presso il più grande quotidiano nazionale – El Pais – costa attorno ai 9000 euro
per una durata di un anno e mezzo, per 150 posti e come requisiti d’ingresso
si richiedono una laurea (non strettamente in giornalismo) e due lingue.
In effetti solo una piccola percentuale di chi tenta la strada del giornalismo
riesce ad ottenere un posto di lavoro qualificato. Esiste piuttosto una situazione di grande precariato, come dicevamo. Gli uffici stampa sono in grado
di assorbire un buon numero di giornalisti e siccome l’offerta di giornalisti è
alta c’è un gran proliferare di uffici stampa. Al punto che imprenditori anche
piccoli dotano la loro attività di un professionista della comunicazione.
Anche quando si riesce ad entrare come stagisti spesso si inizia senza neppure un rimborso spese. Poi l’editore può offrire di restare come collaboratore
part-time, cioè con un contratto part-time ma che nasconde un impegno a tempo pieno. Anche nelle televisioni ora si registra grande precariato, mentre fino
a poco tempo fa si lavorava con ottimi contratti. Per esempio, TV Libertad
Digital è una nuova televisione privata a diffusione nazionale, che dà lavoro a
molti giovani giornalisti, ma con contratti precari e stipendi inferiori ai mille
euro mensili.
Chi tutela il lavoro giornalistico, in un quadro di così grande incertezza?
Esistono dei piccoli sindacati regionali, mentre presso i grandi giornali hanno sede singoli sindacati, con un quadro perciò di grande frammentazione.
Esistono, comunque, diverse categorie di contratti, con situazioni molto diverse tra la capitale, Madrid, o Barcellona – dove hanno sede i grandi gruppi
editoriali – e il resto del paese. L’Apm, Asociaciòn de la Prensa de Madrid,
fondata nel lontano1895, è una delle più grandi associazioni professionali di
giornalisti spagnoli. La Fape (Federaciòn de asociaciones de la prensa de
Espana), che riunisce 13.000 professionisti di 45 associazioni, attualmente
è l’entità più rappresentativa del giornalismo spagnolo. Fondata a Santander
nel 1922, inizialmente concedeva il carnet ufficiale di periodista e teneva il
registro ufficiale dei giornalisti di Spagna, abolito poi per decreto nel 1982.
Oggi la Fape è l’organo di rappresentanza, coordinamento, gestione e difesa
della professione giornalistica in Spagna. L’articolo 20 della costituzione spagnola del 1978 contempla il diritto fondamentale alla libertà di espressione e
informazione, diritto che si converte nel dovere di informare correttamente,
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ma non fa un esplicito riferimento ai professionisti dell’informazione. Tuttavia il testo rimanda per una regolamentazione specifica di alcuni elementi (la
clausola di coscienza e il segreto professionale) allo statuto professionale dei
giornalisti. In effetti la legge organica 2/1997 regola la clausola di coscienza,
ma non esiste fino ad oggi uno statuto per la professione giornalistica. Il dibattito sul tema è ricorrente ed oggi torna d’attualità, con una proposta di legge,
anche per il gran numero di giornalisti e di giornalisti che vivono in situazioni di grande precariato. Tutti gli studi, infatti, concordano che esiste almeno
un 30% di giornalisti che lavorano in condizioni precarie o addirittura senza
contratto. Negli anni la questione è venuta confondendosi con quella della
regolazione dell’accesso, che escluda dall’esercizio della professione coloro
i quali non abbiano l’abilitazione necessaria. Questo fu il modello seguito
dal Decreto 744/1967, che approvava il testo riformato dello Statuto per la
professione giornalistica, conformemente a quanto previsto dalla legge della
stampa del 1966. Questo statuto rinnovava l’esigenza del registro obbligatorio
rimettendo al requisito della titolazione accademica e regolava nel dettaglio la
figura del direttore delle pubblicazioni periodiche, chiave di volta del sistema
di controllo introdotto dalla legge citata. L’abrogazione di questo sistema ha
trasformato questa istituzione in un registro privato nell’ambito della Federaciòn de Asociaciones de la Prensa. Non ha molto prosperato il classico sistema di associazione obbligatoria, proprio delle professioni liberali classiche,
sebbene le comunità autonome di Catalogna e Galizia abbiano creato collegi
che associano volontariamente i laureati in Scienza dell’Informazione e quelli
che possono dimostrare un determinato periodo di pratica professionale.
Recentemente la Fape, vista la situazione di precarietà e l’assenza di protezione in cui versano molti giornalisti, specialmente i più giovani, ha approvato un Codice per la contrattazione dei giovani giornalisti, che contiene le
norme di base da rispettare per tutte le parti interessate: imprese, editoriali,
giornalisti, praticanti o stagisti.
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