Tesi di Anna Rondelli - Federazione Esperantista Italiana

Transcript

Tesi di Anna Rondelli - Federazione Esperantista Italiana
 A mamma, babbo e Ele, e a tutti i miei amici, vecchi e nuovi, giovani e meno giovani! Solo i codardi chiedono al mattino della battaglia il calcolo delle probabilità; i forti e i costanti non sogliono chiedere quanto fortemente né quanto a lungo abbiano da combattere, ma come e dove, e non hanno bisogno se non di sapere per quale via e per quale scopo, e sperano dopo, e si adoperano, e combattono,e soffrono così, fino alla fine della giornata, lasciando a Dio gli adempimenti. C. Balbo. 1 2 INDICE:
INTRODUZIONE
7
PARTE PRIMA
CAPITOLO I. UNA NUOVA STORIA NELLA STORIA:
LA FEDE BAHA’I
I. 1:
Persia, crogiolo di culture
13
I. 2:
La fede Baha’i
17
I. 2. 1: Il Bab
18
I. 2. 2: Baha’u’llah
23
I. 2. 3: Abdu’ l’baha
36
I. 2 . 4: Shoghi Effendi
43
I. 2. 5: La casa universale di giustizia
47
I. 3:
La fede Baha’i oggi
50
I. 4:
Quale lingua per la religione Baha’i
54
3 CAPITOLO
II.
BAHA’I
ED
ESPERANTO:
STORIA
ED EVOLUZIONE DI UNA RELAZIONE LINGUISTICA
II. 1:
Alla ricerca della lingua universale
II. 2:
Presupposti per la nascita di una lingua ausiliaria
57
universale
58
II. 3:
Una proposta ambiziosa
63
II. 4:
Un rapporto fiorito nel tempo
67
II. 4. 1: Breve storia dell’esperanto e del primo esperantista:
Ludwik Zamenhof
68
II. 5:
Unità d’intenti, condivisione di scopi
71
II. 6:
Un rapporto che continua ancora oggi
76
PARTE SECONDA
CAPITOLO III. DI PADRE IN FIGLIA. LIDIA ZAMENHOF
III. 1: La vita e la famiglia
81
III. 2: Gli anni della svolta
85
III. 3: La conversione
91
III. 4: Andata e ritorno
101
4 CAPITOLO
IV.
LA
CONVERSIONE
E
LO
STUDIO:
ALESSANDRO BAUSANI
IV. 1: Giovinezza e formazione
107
IV. 2: La conversione e la carriera accademica
112
IV. 3: Studi paralleli
116
IV. 4: Gli ultimi anni
119
CONCLUSIONI
121
APPENDICI AL TESTO
I.
Due tavole significative di Baha’u’llah
I. 1: Lawh-i-Maqsud (o tavola di Maqsud)
125
I. 2: Tavola di Ishraqat (o tavola degli splendori)
133
II.
Gli undici principi tratti dagli insegnamenti
di Baha’u’llah e spiegati da Abdu’l’baha a Parigi
135
III. Frammenti di istruzione ed educazione Baha’i
138
IV. La collaborazione con gli esperantisti
141
V.
Su Lidia Zamenhof
143
VI. Su Alessandro Bausani
144
VII. Schema riassuntivo: le guide della fede Baha’i
145
5 125
BIBLIOGRAFIA
147
6 INTRODUZIONE
L’interesse per la minoranza Baha’i da parte di un linguista nasce anzitutto
dalla volontà della minoranza stessa di definire una Lingua Ausiliaria
Universale in grado di generare una comunicazione paritaria tra tutti i
popoli e le Nazioni. Così un tema certamente poco conosciuto e inesplorato
si rivela ricco e pieno di inattese scoperte.
L’esplorazione condotta in questo lavoro si divide in due parti.
La prima comprende i due capitoli iniziali, dove anzitutto si cerca di
trovare risposta ad alcune domande di base: chi sono i Baha’i? Qual è la
loro storia? Come si sono evoluti e quali sono i principi della loro fede?
Se il primo capitolo presenta la storia della minoranza, il secondo
approfondisce, alla luce delle concezioni religiose ed etiche del gruppo, la
necessità comunicativa della comunità dei fedeli e il suo legame forte con la
comunità esperantista internazionale. Si è cercato di trovare risposta ad
alcuni quesiti riguardo a quale sia l’urgenza linguistica della minoranza e
quale il suo progetto, e come si sia realizzato in maniera concreta tale
disegno.
La seconda parte del lavoro intende dare voce a due importanti figure del
XX secolo, personalità tra le più rilevanti della comunità Baha’i
internazionale: Lidia Zamenhof (1904 – 1943) e Alessandro Bausani
(1921 – 1988), entrambi, in condizioni e circostanze differenti, entrati in
contatto con la fede Baha’i, convertendosi e fornendo un apporto
importante alla diffusione della fede nel mondo.
7 Dal punto di vista metodologico, la ricerca è stata possibile attraverso la
consultazione di tre diverse tipologie di fonti.
1. Bibliografia scientifica.
Preziosi per la ricerca e numerosi, testi sacri alla fede Baha’i,
saggi critici, lettere e compilazioni, biografie. I testi sono stati
consultati sia in lingua italiana sia in lingua inglese.
2. Ocean.
Questo importante strumento telematico di ricerca permette di
consultare in maniera veloce tutti i testi della fede Baha’i.
Inserendo un argomento d’interesse all’interno del suo motore di
ricerca, compaiono in schermata tutte le citazioni contenenti
quello specifico argomento in tutti i testi della tradizione.
3. Membri della comunità.
Certamente non hanno la rilevanza e la validità, ai fini degli
studi, delle fonti librarie, ma il percorso qui presentato sarebbe
stato impensabile senza l’aiuto, i consigli e il sostegno di alcuni
fedeli Baha’i che ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere.
Ringrazio perciò i coniugi Maria Augusta Favali e Manoucher
Hedayat, membri della comunità Baha’i della città Parma. Il
ricordo va al signor Hedayat, prematuramente scomparso.
Il testo si chiude poi con una appendice, che raccoglie alcuni testi,
integrali o per excerpta, con lo scopo di permettere un approfondimento del
percorso di studio: da un lato a offrire la possibilità di una lettura diretta di
8 alcune parole delle grandi guide della fede Baha’i, che evidenziano il valore
della lingua ed educazione per questa minoranza religiosa; dall’altro a
testimoniare attraverso alcune lettere e dichiarazioni ufficiali riguardanti sia
il rapporto tra Baha’i ed esperanto, sia le personalità di spicco presentate ai
capitoli III e IV.
9 10 PARTE PRIMA
11 12 I. UNA NUOVA STORIA NELLA STORIA: LA FEDE BAHA’I
I. 1. PERSIA, CROGIOLO DI CULTURE
All’interno del mondo orientale, la Persia rappresenta una regione
importante sotto molteplici punti di vista: religioso, storico–culturale,
politico, economico. Questo territorio –glorioso Impero sorto nel 700
a.C.– presenta due caratteristiche essenziali: è una regione che ha lottato
da un lato per la propria autonomia, per migliorarsi e arricchirsi;
dall’altro, proprio opponendosi a nemici e conquistatori, ha a lungo
sofferto e subito gli scherni di usurpatori stranieri1.
Per comprendere la vocazione alla pace e alla fratellanza della fede
Baha’i, occorre conoscere alcune informazioni relative alla sua
collocazione nello spazio e nel tempo: la storia della Persia, delle
numerose dominazioni che si sono susseguite in questo territorio e la sua
posizione geografica permettono di capire con maggiore chiarezza il
motivo delle inclinazioni della minoranza presa in esame.
Il vasto altopiano persiano è situato tra due grandi sistemi fluviali: a
occidente la Mesopotamia, attraversata dai corsi del Tigri e dell’Eufrate;
a oriente il grande bacino dell’Indo. Sono limitrofi a quest’ultimo le
steppe dell’Asia Centrale, sede di molte popolazioni nomadi e ricche di
oasi e valli fluviali minori (si pensi che sono qui collocati i bacini di
‘Amù Daryà e di Sìr Daryà, i più importanti della regione). L’area
confina con Armenia e Caucaso, ma anche con India, Asia Centrale e
1
Per una più approfondita conoscenza della storia delle invasioni della Persia si consiglia la lettura di Bausani (1991) e di Benjamin (2003). 13 Cina: proprio questa collocazione geografica ha reso la Persia un grande
crogiolo culturale, ponte importante tra popoli lontani e molto diversi.
La storia della Persia, quale realtà politica e culturale nell’antico
Oriente, fu molto simile a quella dell’Impero Romano in Occidente: fu
un dominio che emanò leggi per il proprio popolo, animato da intenti
civilizzatori, mosso dal desiderio di vivere una condizione di pace
all’interno dell’Impero e di rispetto nel rapporto con le popolazioni o le
realtà regionali confinanti2. Afferma Bausani (1991: 127):
Affinché questa missione fosse realizzata, l’Impero Persiano si adoperò
nella costruzione di un Paese giusto ed equo, in cui al centro era la persona
e la sua formazione religiosa e civile.
Infatti la cura per la costruzione di scuole, templi sacri e opere artistiche
e architettoniche fu grande. In quei tempi la Persia rappresentava un
punto di contatto e di passaggio di popoli differenti per cultura,
sensibilità artistiche, tradizioni; ciò rese il Paese e la sua formazione
storica e culturale da sempre sottoposta a influenze e contaminazioni, sia
da oriente sia da occidente.
Spesso però l’Impero si trovava ad affrontare minacce di invasione da
parte di popolazioni o potenze straniere; questi fatti portarono la Persia e
i numerosi suoi imperatori a rafforzare il proprio esercito, uno dei più
2
La fioritura dell’Impero Persiano tra VII e IV secolo a. C. viene qui solo accennata. Per una conoscenza completa e approfondita del periodo storico e dei cambiamenti nella dominazione persiana in tali secoli occorre fare riferimento ad almeno due testi che raccolgono in maniera dettagliata tutte le informazioni riguardanti l’argomento, privilegiando generalmente nel corso del lavoro la produzione baha’i: Bausani (1959 e 1962). 14 temibili allora conosciuti. Ciononostante le minacce esterne furono
numerose e hanno attraversato la storia della Persia dall’antichità allo
scorso secolo. Mesopotamia, India, popoli nomadi di varie provenienze
(per lo più Turchi), hanno cercato di annettere porzioni di territorio
dell’Impero o di inserirvisi con intenti minacciosi.
Come resistere e rispondere a questi pericoli? Alessandro Bausani
(1991: 129) spiega:
Il mezzo scelto dalla cultura iranica è quello che chiamerei di continue
“ri–arcaizzazioni”, che talora possono apparire, sì, artificiose, ma
salvatrici. Pertanto la storia dell’Iran si può vedere come ritmata da una
serie di periodi alterni di fortissima assimilazione prima e poi di fieri
ripensamenti nazionali, ristrutturate in rinascite arcaizzanti di un presunto
passato visto con occhi moderni.
Un primo importante ciclo di invasioni si verificò nell’altopiano iranico
tra il VI e il IV secolo a. C., quando diverse popolazioni –tra cui Sumeri,
Assiri, Mesopotamici e Babilonesi– penetrarono con la violenza nel
territorio dell’Impero. A questo lungo periodo di invasioni e soprusi
seguì una prima “ri-arcaizzazione” ad opera della grande e potente
dinastia degli Achemenidi: discendenza che annovera tra i suoi
componenti Serse, Ciro e Dario, tra i più grandi imperatori persiani. La
risposta alle incursioni fu decisa e profondamente nazionalistica:
l’Impero combattè contro i nemici, riuscendo a ottenere nuovamente la
propria autonomia, diffondendo un forte senso di appartenenza nel
popolo. Il fenomeno delle “ri-arcaizzazioni” si manifestò una seconda
volta, dopo la grande invasione di Alessandro il Macedone, alla fine del
15 IV secolo a. C., e altre occupazioni, seppur minori, di Seleucidi, Arsacidi
e Parti (che avvennero tra il IV secolo a.C. e il III secolo d.C.). Anche in
questo momento difficile la Persia, per allontanare la presenza degli
usurpatori, tornò a diffondere un forte senso di unità e appartenenza,
combattè per allontanare il nemico e delineò, nel tempo, una politica di
difesa. Questi cambiamenti furono definiti dalla seconda grande dinastia
che guidò l’Impero, quella dei Sasanidi.
Ma ciò non fu sufficiente. Nel corso del VII secolo d.C. la forza
persiana non riuscì a frenare la grandiosa invasione araba, che cambiò
profondamente la storia, la cultura e la religione del Paese. Da questo
momento le “ri-arcaizzazioni” furono sporadiche, tentativi talvolta
ironici di cambiare un paese inserito, oramai, nel solido contesto geo–
politico dell’Impero dei califfi (Ommiadi e Abbasidi).
Solo nei secoli XIX e XX si verificheranno cambiamenti importanti,
così elencabili a larghi tratti: una prima volta, nel secolo XIX, la Persia
verrà sovrastata dal colonialismo europeo, diventando vassalla del
Vecchio Continente. Nella seconda parte del secolo nacque, proprio in
questa regione, la nuova fede Baha’i: in un periodo in cui
l’internazionalismo rappresentava una corrente abbracciata da un numero
sempre crescente di sostenitori3, questa fede mandò un messaggio di
pace e unità a tutti e fra tutti i popoli del mondo. Un avvenimento
particolarmente inatteso.
La seconda volta avvenne nel secolo XX, quando la grande rivoluzione
islamica guidata dall’ayatollah Khomeini e l’istituzione della Repubblica
Islamica cambiarono profondamente il volto dell’Iran: il Paese si chiuse
3
L’internazionalismo rappresenta una delle più importanti correnti socio-­‐politiche della storia contemporanea. Per una piena conoscenza della corrente internazionalista e della sua diffusione tra XIX e XX secolo si consiglia la lettura di Giltinan (1984). 16 a qualunque rapporto con l’Occidente, e si vide la diffusione di un’unica
e sola fede, l’islam.
È in questo clima di terrore, persecuzione e violenza che la fede Baha’i
nasce e cresce, sviluppandosi dapprima nella sola Persia, dove ancora
oggi
rappresenta
la
minoranza
religiosa
più
numerosa4,
e
successivamente nella quasi totalità dei Paesi del mondo.
I. 2. LA FEDE BAHA’I
Per conoscere la storia e le evoluzioni della fede Baha’i si deve
anzitutto comprendere l’importanza di alcune figure che, martiri della
nuova religione, hanno determinato e permesso la nascita di questa
minoranza.
Occorre perciò soffermarsi su ciascuna di esse per conoscerne il valore
e la rilevanza che ebbero nella storia della minoranza.
4
L’indicazione aggiornata dei dati qui riportati viene fornita sul sito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite www.un.org (ultima consultazione in data 18/08/2011). 17 I. 2. 1. IL BAB
Storicamente, l’Iran rappresenta il fulcro dell’Islam sciita5, che è
riconosciuto come religione di Stato dal 1501.
Nel corso del XIX secolo la condizione politica e sociale dell’Iran ha
generato nel popolo un forte senso di insoddisfazione e di sfiducia nei
confronti degli Ulama (il clero sciita). Di conseguenza sono prolificati
movimenti eterodossi ai margini della fede ufficiale, avvenimento che
turbò profondamente il clero locale.
Tra le numerose minoranze, quella degli Shaykhi è particolarmente
interessante: il fondatore, Ahmad Ahsa’i (1753 – 1826), insegnava ai
suoi discepoli che l’ispirazione religiosa poteva essere ottenuta
attraverso il contatto diretto con il profeta Maometto, e rifiutava
l’interpretazione letterale del Corano. Alla sua morte il successore
nominato fu Rashti (?–1844), figura chiave. In quanto discepolo di
Ahmad Ahsa’i, aveva descritto il predecessore maestro e messaggero di
dio, rintracciando in lui il primo di un ciclo di profeti. Rashti reputava
imminente l’arrivo del prossimo profeta, che egli stesso definì Bab (che
significa la Porta, il Messaggero), il dodicesimo, colui che riporterà
ordine e pace sulla terra. Alla morte di Rashti, il movimento Shaykhi
5
Lo Sciismo – spesso chiamato anche “Islam Persiano” – indica un ramo minoritario dell’Islam. Questa confessione si può sinteticamente descrivere in alcuni aspetti: lo Sciismo riconosce un unico dio e crede nella verità del testo sacro del Corano; riconosce il profeta Maometto come autorità infallibile in maniera assoluta; crede nel valore dell’Imam (la Guida), figura inviata da dio agli uomini, affinché guidasse la comunità e garantisse la continua testimonianza della fede. Altre cariche religiose vengono considerate rilevanti dai fedeli sciiti; tra queste occorre menzionare l’Ayatollah (il Segno di dio): è un membro rilevante del clero sciita, erudito in materia religiosa e maestro di fede per i giovani credenti. Lo sciita riconosce, inoltre, la perpetua bontà e giustizia di dio e il libero arbitrio di ciascun soggetto. I fedeli sciiti credono in undici profeti che si sono manifestati nella storia e attendono il dodicesimo, che reputano il pacificatore della terra e del cosmo. Per approfondire lo sciismo e le sue differenze con il sunnismo si consiglia, tra gli altri, almeno Mervin (2001). 18 rimase senza una guida: ciò generò lotte e fratture all’interno del
gruppo, situazione che rese necessario indicare un nuovo capo
carismatico fuori dalla cerchia del movimento. Ha così inizio la ricerca
della guida nella città di Shiraz, dove alcuni membri del movimento
incontrarono un mercante di nome Shayyid Ali Muhammad Shirazi
(1819 – 1850), che da tempo era membro del gruppo. L’incontro col
mercante, fedele rigoroso e colto, già considerato da molti suoi
concittadini un esempio di vita e di fede, pose fine alla ricerca del
maestro: proclamato Bab e nuova guida spirituale, diede avvio a un
movimento di nuova formazione che prese il nome di Babismo,
accogliendo la maggior parte dei membri della minoranza Shaykhi. La
proclamazione avvenne il 23 maggio del 1844, data che ancora oggi
viene celebrata dai credenti Baha’i e chiamata il Giorno Glorioso.
Il Bab e i suoi seguaci si trasferirono successivamente a Karbila (città
nell’Iraq sud–orientale), dove il gruppo non fu accolto positivamente: il
tribunale religioso locale giudicò il Babismo una setta infedele e
blasfema; il Bab fu condannato agli arresti domiciliari, molti suoi
seguaci furono incarcerati6. Nonostante la detenzione –e il tentativo non
riuscito di fuga nel 1846, che portarono il profeta a vivere senza libertà,
senza viveri, aggredito e malmenato–, il Bab riuscì a testimoniare la
propria fede, creando stretti rapporti epistolari con alcuni discepoli liberi
che inviò in tutta la regione. Seppure le condizioni non fossero
favorevoli, il movimento crebbe in maniera sensibile e in tempi brevi:
nel 1848 i seguaci del “Messaggero” erano circa centomila.
Nello stesso 1848, il Bab scrisse un kud (codice) nel quale vennero
raccolte tutte le leggi che dovevano essere seguite dal fedele Babi; nel
6
La complessa vicenda dell’incarcerazione del Bab e dei suoi seguaci viene raccolta con dovizia di particolari in Lassona (1981). 19 testo vengono descritte le norme tributarie, gli usi e i costumi, le
festività e il nuovo calendario (che considera il 1844 l’anno d’inizio
della Nuova Era – anno della proclamazione del Bab – e trova nel 9 e
nel 19 i propri numeri sacri; l’anno, per esempio, era suddiviso in 19
mesi ciascuno di 19 giorni). Queste credenze si perpetuano nella
successiva fede Baha’i, come anche la concezione, introdotta dal Bab,
secondo la quale (Bab 1984: 32)
dio è inconoscibile, inaccessibile, indescrivibile ed egli si fa conoscere
all’uomo attraverso manifestazioni divine susseguenti.
Il Bab considerò se stesso una manifestazione della Volontà
Originaria7 succedendo a una lunga serie di grandi profeti: Adamo,
Abramo, Mosè, Zoroastro, Gesù e Muhammad. Ciascuna di queste
personalità religiose ha vissuto sulla terra per rispondere alle necessità
dell’uomo vivente del suo tempo, ma sono tutte manifestazioni
temporanee, destinate a lasciare spazio a nuove manifestazioni più
rispondenti alle sempre più vive necessità dell’uomo e della storia. Lo
stesso Bab si considera profeta al quale succederà un’altra importante
personalità spirituale.
Nel 1848 il “Messaggero” e i suoi discepoli, trasferitisi a Tabriz (città
situata nell’Iran nord–occidentale), vennero incarcerati nello stesso anno
7
Questa è una tra le numerose espressioni che vengono utilizzate dai fedeli Babi e Baha’i per indicare dio, inconoscibile e indescrivibile. Per conoscere in maniera più dettagliata e completa il vocabolario della fede Baha’i, si consiglia di visitare il sito del professor Julio Savi: juliosavi.it/it/glossario-­‐julio-savi.htm (ultima consultazione in data 14/08/2011). Savi, studioso e docente universitario, è attualmente membro della Assemblea Nazionale Baha’i e figura carismatica tra i fedeli italiani ed europei. 20 e sottoposti a un duro processo: gli Ulama richiedevano al Bab di dare
prova della sua autorità divina, richiesta che venne da lui rifiutata e che
lo portò a perdere il processo.
Ciononostante, il profeta venne sostenuto da gruppi numerosi e vivaci
di fedeli, che manifestarono per lui nelle strade della città: il fatto
costrinse i membri del clero sciita a non condannare a morte il Bab,
seppur accusato di blasfemia. Dopo un periodo di permanenza pacifica
presso Tabriz, però, la guida spirituale venne minacciata in maniera
violenta dal clero sciita, che continuò a vedere in lui una figura
pericolosa: molti seguaci, infatti, consideravano il Bab il dodicesimo
Imam, affermando così il falso e pronunciando parole blasfeme. Per
questo motivo, tra il 1848 ed il 1849, il clero decise di reprimere in
maniera violenta molti gruppi di discepoli del capo religioso, uccidendo
circa tremila persone. I Babi cercarono di costituire eserciti o piccole
schiere: lo scopo era quello di combattere contro il nemico e lottare per
la libertà. Nonostante le forti motivazioni, i Babi furono sconfitti, molti
dei sopravvissuti condannati a morte e il Bab fu incarcerato. Il 9 luglio
del 1850, infine, il profeta fu torturato e condannato a morte, insieme a
uno dei suoi discepoli più vicini. Per questo i Baha’i oggi ricordano il
Bab come un martire glorioso; come ricorda Esslemont (1983: 43),
il martirio del Bab appagò il suo più agognato desiderio e ispirò maggior
zelo nei suoi seguaci. Tale era la fiamma del loro entusiasmo spirituale che
l’amaro vento delle persecuzioni la fece divampare: maggiori gli sforzi per
estinguerle, più vigorose divennero le fiamme.
21 I fedeli che ancora erano in vita sentivano la necessità di ritrovarsi e di
nominare una nuova guida tra loro: occorreva indicare una tra le figure
carismatiche fedeli al Bab che avevano personalmente collaborato con
lui. Tra questi vi era un giovane, Mizra Husayn Ali Nuri, appartenente
alla piccola nobiltà persiana, più conosciuto come Baha’u’llah.
Convertito al Babismo, fu a fianco del profeta per molti anni, nei quali
abbracciò la sua fede e le sue direttive. Alla morte del Bab, riuscì a
ottenere la stima di molti Babi, creando un clima di positività, unità e
pace.
Nel 1852 i Babi si spostarono a Teheran, grande e prosperosa città,
centro nel quale intendevano costruire la nuova vita della comunità. Qui
una frangia poco numerosa e ribelle di seguaci del Bab cercò di
assassinare lo scià, spinta probabilmente dal desiderio di vendicare la
morte ingiusta del profeta: per questo molti tra i fedeli vennero
imprigionati, torturati e, in alcuni casi, condannati a morte. Anche
Baha’u’llah sarà rinchiuso nella prigione di Teheran, dove rimarrà per
quattro mesi. Solo al termine di questo periodo di detenzione l’autorità
persiana lo rilasciò, esiliandolo a Baghdad, nel vicino Iraq. Molti Babi
lasciarono l’Iran per seguirlo.
È in questo modo che ha avuto inizio la nuova epoca di Baha’u’llah, di
cui il Bab fu precursore e maestro; il predecessore deve perciò essere
reputato una personalità essenziale ai fini della comprensione della fede
Baha’i e del suo sviluppo.
22 I. 2. 2. BAHA’U’LLAH
Mizra Husayn Ali Nuri nacque a Teheran nel 1817. La sua famiglia
apparteneva all’aristocrazia persiana, il padre fu governatore e
ambasciatore dello scià di Persia. Il giovane, presto conosciuto come
Baha’u’llah (che letteralmente significa “la Gloria di dio”), visse una
giovinezza di studi e preghiera: era forte in lui il senso e il bisogno di
religiosità, oltre a quello di giustizia e cambiamento. Nella ricerca di una
fede che potesse rispondere appieno alle sue esigenze spirituali,
Baha’u’llah rimase affascinato dal Babismo, che lo aveva attratto più
di ogni altra esperienza religiosa ortodossa. Attraverso alcuni fedeli
conosciuti a Teheran, il giovane Baha’u’llah comprese le leggi del Bab,
accettandone la fede e la novità, e reputando il Babismo una
innovazione concreta per l’uomo del suo tempo. Decise così di
abbracciare definitivamente la fede Babi nel 1845, due anni prima di
incontrare e conoscere, personalmente e in maniera approfondita, il Bab.
Quando nel 1847, infatti, il Bab si trasferisce a Tabriz, seguito da
numerosi seguaci, Baha’u’llah decide di aggregarsi al gruppo,
desideroso di conoscere il profeta. L’incontro tra i due è determinante: il
Bab riconosce in Baha’u’llah un uomo di grande fede, una persona
mansueta ma decisa nel testimoniare la religione, un uomo che si è
convertito con fermezza e che si è totalmente messo a disposizione della
fede. Baha’u’llah, infatti, manifestò al Bab il suo desiderio di poterlo
servire e seguire; e così fu. Fino alla morte del profeta, Baha’u’llah visse
a stretto contatto col profeta, imparando la fede e accrescendo il suo
senso di pace e giustizia universale.
23 Quando,
nel
1850,
il
Bab
fu
massacrato e ucciso, i Babi furono
costretti a fuggire dalla Persia e a
rifugiarsi nei paesi vicini. Baha’u’llah,
nel 1853, venne condannato all’esilio,
che vivrà trasferendosi in diversi paesi
del Medio Oriente.
La prima destinazione fu Baghdad,
nel vicino Iraq. Meta di molti esiliati,
la città rappresentava il punto di raccolta dei Babi allontanati dalla
Persia, che qui potevano ritrovarsi liberamente, pregare e convocare
assemblee senza essere perseguitati. La folta comunità sentiva forte,
però, la mancanza di una guida. All’interno del gruppo di credenti, come
testimonia Esslemont (1983: 58),
la figura di Baha’u’llah spicca per forza, dedizione e attenzione ai fedeli,
decisione nella testimonianza, la sua personalità e la sua fede lo portarono
ad ottenere una stima sempre crescente da parte dei credenti, molti dei
quali lo vorrebbero a guida della comunità.
L’invidia generata dalle doti di Baha’u’llah ha portato alcuni dei Babi,
un esiguo gruppetto, a cercare di allontanarlo dal gruppo religioso,
raccontando menzogne e cattiverie su di lui e mettendolo in cattiva luce
di fronte ai seguaci del Bab. Questo ha determinato due conseguenze
fondamentali: anzitutto molti dei fedeli Babi si discostarono, delusi,
dalla comunità; in secondo luogo, lo stesso Baha’u’llah, schernito e
maltrattato, decise di allontanarsi dalla città per ritirarsi a vita solitaria.
24 Nel 1854, infatti, dopo un anno a Baghdad, la “Gloria di dio” si
trasferisce nel Kurdistan, nel deserto siriano di Sulaymaniyah,
decidendo di rientrare a Baghdad dopo due anni di ritiro: qui fu accolto
con gioia, come guida dalla comunità Babi. Rimase in Iraq fino al 1863.
Il governo iracheno teneva da tempo sotto osservazione la minoranza
dei Babi, trovando in essa un gruppo pacifico ma eterodosso e, per
questo, pericoloso; inoltre il gruppo si arricchiva rapidamente di nuovi
fedeli, fatto che non poteva non intimorire l’autorità locale. Per questi
motivi, nello stesso 1863 Baha’u’llah venne mandato nuovamente in
esilio: la destinazione, questa volta, fu Costantinopoli.
La permanenza presso Costantinopoli fu breve: Baha’u’llah, la moglie,
i figli e un importante seguito di credenti si trasferirono nell’attuale
Turchia, rimanendovi per soli quattro mesi. La guida religiosa venne
invitata ad andarsene anche da questa città, e insieme alla sua cerchia si
spostò ad Adrianopoli, dove si aprì un periodo molto importante per i
seguaci di Baha’u’llah, che rappresentò un momento di svolta.
Nell’ottobre del 1864, la “Gloria di dio” rivela una grande verità ai suoi
discepoli: è lui il Mazhar, la “Manifestazione di dio” che tutti stanno
attendendo. Questa rivelazione investiva di diritto Baha’u’llah del
compito di guida spirituale dei fedeli, che da quel momento diventarono
una comunità con una nuova identità: nacquero così i Baha’i. L’attesa
rivelazione generò, tuttavia, fratture all’interno della comunità: la
maggior parte dei Babi accolse l’annuncio con gioia, mentre una
minoranza fortemente legata alla figura del Bab non tollerò la
rivelazione, giudicandola menzoniera. A causa delle diverse posizioni, i
due gruppi vissero un periodo di forti sconti, lotte e agitazioni, che
portarono le autorità di Adrianopoli a un intervento radicale: i fedeli del
Bab vennero allontanati sull’isola di Cipro, mentre i Baha’i furono
25 esiliati a San Giovanni d’Acri8. In questa città–prigione i Baha’i furono
accolti malamente; Esslemont (1983: 64-65) descrive così il periodo di
detenzione:
Colà giunti, dopo un estenuante viaggio per mare, Baha’u’llah e i suoi
seguaci, 80 o 85 persone compresi donne e bambini, furono imprigionati
nelle caserme. Il luogo era sporco e assai tetro, senza letti e comodità di
qualsiasi tipo. La scarsezza dei viveri era tale che i prigionieri furono
costretti ad implorare il permesso di acquistare il cibo. (…) Malaria,
dissenteria e altre malattie infierirono, colpendo quasi tutto il gruppo. Tre
soccomberono; i superstiti sopportarono indicibili sofferenze.
Baha’u’llah fu dapprima incarcerato per due mesi, poi liberato, ma
sempre considerato un soggetto pericoloso e blasfemo. Esslemont
(1983: 66) descrive il periodo di detenzione dei Baha’i con parole
positive, nonostante le condizioni di vita:
Anche durante il peggior periodo della prigionia i Baha’i non si
scoraggiarono e la loro serena fiducia nella pace e nella liberazione non fu
mai scossa.
Baha’u’llah fu sempre una guida carismatica, un costruttore di pace e di
unità tra tutti i popoli, anche con quello ottomano che non accettava né lui
8
La città, una fortificazione di costruzione ottomana attualmente conosciuta come Akka (situata nello Stato di Israele), nel XIX e nel XX secolo fu utilizzata dall’Impero Ottomano come prigione e luogo di esilio. La città era accerchiata da mura e torrioni sorvegliati a vista ed era ricca di celle e sale di tortura. Si consiglia di consultare almeno Turchi (1996) per conoscere meglio la storia e l’architettura di questa città-­‐prigione. 26 Figura 1: La stella a nove punte. Porta scritto La gloria delle glorie. né i suoi discepoli. Nel 1879 ottenne il permesso di lasciare Akka per
ritirarsi a vita privata presso la villa di Bahji, a pochi chilometri dalla città
fortificata, per trascorrere in ritiro e preghiera i suoi ultimi anni di vita. Il 29
maggio del 1892, all’età di 75 anni, la più recente9 “Manifestazione di
9
La fede Baha’i crede nella successione incessante delle “Manifestazioni di dio”, profeti e uomini scelti da dio che hanno il compito di diffondere, ciascuno in un preciso momento della storia, la fede nel padre. Baha’u’llah rappresenta l’ultima delle Manifestazioni che sono state inviate sulla terra. Shoghi Effendi (1982: 60) riporta alcune parole di Baha’u’llah che spiegano con chiarezza la fede dei Baha’i nella successione delle Manifestazioni: Tutti i profeti di dio dimorano nel medesimo tabernacolo, si librano nello stesso cielo, sono seduti sullo stesso trono, proferiscono la stessa parola e proclamano la medesima fede. Questi esponenti dell’unità di dio e canali dei suoi incessanti detti hanno diffuso la luce della loro invisibile beltà sull’umanità e continueranno sino alla fine a prodigare nuove rivelazioni della sua possanza e ulteriori prove della sua inimmaginabile gloria. Sostenere che una particolare religione è in sé certezza conclusiva (….) altro non è che pura blasfemia. Esse differiscono soltanto nell’intensità della loro rivelazione e nella relativa potenza della loro luce, e ciò non a motivo di intrinseche incapacità da parte di alcuno di essi a dispiegare in più completa misura la gloria del messaggio a lui affidato, ma piuttosto a cagione dell’immaturità e dell’impreparazione della gente della sua età d’apprendere e assorbire totalmente le potenzialità latenti nella sua fede. 27 dio10” Baha’u’llah, morì, lasciando quattro figli e un gruppo numeroso di
fedeli. Come documenta Warburg (2001: 32),
Con lui si è avuto il primo germoglio della fede, che nel XX secolo
conobbe la diffusione in tutto il mondo.
La fede Baha’i promuove e sostiene alcuni principi generali che sono
stati raccolti da Baha’u’llah in un ampio corpus di testi da lui scritti11.
Tutti sono stati stilati durante il periodo dell’esilio o della prigionia.
Come afferma Alessandro Bausani (1991: 140),
in quarant’anni di esili e imprigionamenti, Baha’u’llah produsse un
vasto numero di scritti che costituiscono le Sacre scritture della
religione da lui fondata, la fede Baha’i. Egli proclamò l’unità
dell’umanità e delle religioni e la pace universale; proclamò
l’essenziale armonia della fede e della scienza, la necessità
dell’educazione universale e l’uguaglianza dei diritti dei sessi. Stabilì
inoltre principi essenziali per l’esistenza e il funzionamento di una
comunità mondiale dei suoi seguaci, che si sarebbero autogovernati
10
La consultazione e lo studio di numerosi testi sul Bahaismo hanno messo in luce un fatto importante: i testi della religione Baha’i o di autori che hanno abbracciato questa fede, usano il termine Dio con iniziale maiuscola. Altrove, autori non convertiti a questa fede riportano il termine dio con iniziale minuscola. Si è compiuta qui la scelta di indicare il nome con la iniziale minuscola, reputando questa posizione maggiormente oggettiva e distaccata. 11
I testi venivano scritti da un amanuense, Mirzà Aqa Jan, fedele Baha’i e intimo amico di Baha’u’llah. Mentre la “Manifestazione” dettava il testo, l’amanuense raccoglieva tutte le sue parole in forma scritta e in lingua persiana. Questo è il metodo voluto e autorizzato dallo stesso Baha’u’llah. Tutti i testi del fondatore e dei suoi successori sono raccolti sia in lingua persiana sia in lingua inglese. Nel corso del XX secolo, la Casa Universale di Giustizia ha permesso che i testi sacri di Baha’u’llah e dei suoi successori fossero tradotti in altre numerose lingue. 28 tramite istituzioni elettive, dedicandosi agli interessi e al bene
dell’intera umanità.
Figura 2: Il più grande nome, simbolo di appartenenza a dio. La prima opera che deve essere menzionata è, per importanza, il testo del
Kitab–i–Aqdas, conosciuto in Occidente come Il libro più santo. Il testo
viene composto a San Giovanni d’Acri nel 1873, in lingua persiana
moderna, e indirizzato a diversi destinatari: si rivolge ai re e allo Scià, ai
governanti delle Nazioni, alle guide religiose e al genere umano.
Rappresenta il più importante testo per i fedeli, poiché al suo interno
vengono fornite dalla “Manifestazione di dio” le indicazioni per la vita del
credente. È scorretto, però, indicare questo sacro testo come una semplice
compilazione di modi di vivere; tutt’altro: esso raccoglie i principi etici e
morali della vita del fedele Baha’i, affronta temi quali il rapporto tra fedele
e politica, amministrazione pubblica, leggi penali, condizioni e principi
sociali. Il testo tradotto giunse in Europa e in Occidente solo nel 1992.
Nella prefazione, redatta dalla Casa Universale di Giustizia, si dichiara
(1995: I):
Nel 1986 la Casa Universale di Giustizia decise che era arrivato il
momento in cui non solo era possibile, ma era indispensabile
procedere alla traduzione inglese del testo integrale del Più Santo
29 Libro e ne inserì la realizzazione fra le mète del Piano di Sei Anni
(1986-1992).
Per il suo valore il testo fu così tradotto dapprima in lingua inglese, poi in
molte altre lingue.
Occorre a questo punto presentare i princìpi che Baha’u’llah sostenne e
diffuse, proponendo perciò un piccolo elenco nel quale sono indicati i valori
fondamentali del Bahaismo:
• Unità (Unity).
Baha’u’llah esorta i suoi fedeli a opporsi a qualsiasi tipo di
frammentazione, sia tra uomini, sia tra popoli, sia tra nazioni. Solo
vivendo nella ricerca dell’unità si può raggiungere una vita di
serenità, priva di scontri razziali, superando le differenze religiose e
sociali. L’unità viene considerata a due livelli: da un lato vi è l’unità
di dio, unico e indivisibile. Non accettare questa verità significa non
conoscere dio e non abbracciare la fede Baha’i. Inoltre ogni credente
viene invitato a essere testimone dell’unico dio tra gli uomini. Come
afferma lo stesso Baha’u’llah nella Preghiera quotidiana del
pomeriggio12 (Dono 2008: 13)
12
Il Baha’i non riceve sacramenti, non viene guidato da un clero e da sacerdoti: la fede coincide con la vita del fedele, con le sue opere e la sua testimonianza. Inoltre egli è chiamato alla preghiera, principalmente personale ma anche in gruppo, durante l’arco delle 24 ore. Le preghiere, pronunciate direttamente da Baha’u’llah, rappresentano la concreta decisione di aderire alla fede e di seguire la volontà di dio. Durante l’anno, poi, i fedeli Baha’i vivono diverse celebrazioni e festività comunitarie. A tal riguardo si consiglia, come approfondimento, Bausani (1991: 473-­‐503) al capitolo intitolato Ricorrenze Baha’i.
30 Io faccio testimonianza, o mio dio, che tu mi hai creato per conoscerti
e adorarti. Attesto in questo momento la mia debolezza e la tua
potenza, la mia povertà e la tua ricchezza.
Non v’è altro dio all’infuori di te, l’unico aiuto nel pericolo, colui che
esiste da sé.
Dall’altro lato vi è invece l’unità tra gli uomini, che nasce dalla fede
nell’unico dio e che rappresenta la sola strada per migliorare il
mondo. L’uomo può ottenere risposte alle proprie domande
esistenziali e al proprio bisogno di serenità solo seguendo le
indicazioni della Manifestazione.
Figura 3: La fratellanza tra i popoli e le religioni. •
Pace e non violenza (Peace and Non Violence).
Conseguenza diretta dell’unità, rappresenta il principio supremo
perseguito dal fedele Baha’i, che conduce una vita mite, di
disponibilità e obbedienza, che accetta il suo prossimo e apprezza le
sue diversità. La pace nasce come valore nelle parole di Baha’u’llah
per divenire modus vivendi dei suoi fedeli, aspetto al quale il
31 credente viene educato sin dall’infanzia e che promuove e ricerca in
ogni ambito di vita: nell’amministrazione dei bene e delle ricchezze,
nella legge, nell’incontro con popoli e religioni diverse. Proprio il
desiderio di costruire la pace, dentro sé, tra gli uomini e tra le
Nazioni, ha generato in Baha’u’llah la volontà di compilare un
sistema di leggi e regole di vita che coadiuvassero questo sentimento
e lo rendessero possibile; inoltre, a partire da tale principio, il
fondatore della fede Baha’i ha esortato i suoi fedeli e gli uomini tutti
alla definizione di una Lingua Ausiliaria Universale, affinché fosse
realizzabile l’idea di un mondo unito e in armonia.
Proprio per questo carattere mite e non violento, molti Baha’i sono
stati perseguitati, torturati, deportati. Ricorda Bausani (1991: 30):
Nessuno si è fatto mai uccidere per le teorie di Kant o di Hegel, ma
la fede Baha’i irrorò la pianta dei propri insegnamenti col sangue di
circa ventimila martiri, gli ultimi dei quali uccisi in tempi anche
molto vicini ai nostri.
• Eguaglianza (Equality).
Anche in questo caso il principio illumina due aspetti. La parità è,
anzitutto, tra uomo e donna. La donna ha lo stesso valore, le
medesime capacità e la stessa dignità dell’uomo o del marito. Solo in
una condizione paritaria sarà possibile l’unità assoluta tra i due
coniugi all’interno della vita matrimoniale. La donna viene poi
considerata una figura privilegiata all’interno della fede Baha’i:
essendo generatrice della prole, ella deve essere educata e istruita in
32 maniera eccellente. Scrive a riguardo Abdu’l’baha, figlio del profeta
(1987 (a): 64):
Occorre preoccuparsi di tutti i mezzi che servono a educare le
bambine; d’insegnare i vari rami del sapere, le buone maniere, un
giusto modo di vivere, lo sviluppo di un buon carattere, la castità e la
costanza, la perseveranza, la forza, la determinazione, la fermezza di
intenti, l’economia domestica, l’educazione dei bambini e tutto
quanto concerne in speciale modo le necessità delle ragazze affinché queste bambine, allevate nella roccaforte di tutte le
perfezioni, e protette da un buon carattere, possano, quando
diverranno madri, educare i loro figli sin dalla prima infanzia in
modo che abbiano un buon carattere e si comportino bene.
In secondo luogo la parità deve esistere tra le razze. Tutti gli
individui godono di pari dignità. L’accettazione di questo permette
una vita senza conflitti, a livello sia locale sia globale; inoltre i
Baha’i trovano nell’incontro tra le diversità un’importante fonte di
arricchimento per ogni uomo e per il mondo. La parità rappresenta
allora un valore a cui non si può rinunciare.
• Storia e tempo (History and Time).
Di queste due realtà in continuo divenire, mantenendo una profonda
continuità con i principi religiosi e educativi del Babismo,
Baha’u’llah scrive (1999: I):
33 Così, sia pure in forma allusiva, queste due preziose operette
mistiche ci ripropongono i due fondamentali insegnamenti della
religione Baha’i:
1) evoluzione nel tempo, 2) unità nell’ora presente. Cioè: 1)
ininterrotta
successione
delle
Manifestazioni
divine,
dalle
inconoscibili origini fino a Baha’u’llah attraverso Abramo, Mosè,
Zoroastro, Cristo, Muhammad, il Bab (1819 - 1850) e Baha’u’llah e,
ancora, fra oltre mille anni, attraverso Manifestazioni ancora a
venire, e unità sostanziale di quel Logos eterno che in tutte quelle si
manifesta, 2) missione specifica della Manifestazione divina di
questa era, consistente nella realizzazione, sia spirituale sia pratica,
dell’unità del genere umano, non mediante vecchi schemi sacerdotali
e sacramentali, ma attraverso l’obbedienza ai semplici principi
amministrativi, fondamentali dati divinamente da Baha’u’llah.
Come afferma lo stesso fondatore del Bahaismo, la storia e il tempo
tendono al continuo mutamento e muovono verso il progressivo
miglioramento. È per questo motivo che anche le “Manifestazioni di
dio” cambiano, poiché si rendono visibili per volontà di dio e in
relazione alle necessità dell’uomo nei diversi tempi storici.
Questi sono perciò i capisaldi della nuova fede di Baha’u’llah.
Il primo testo del fondatore viene seguito da una numerosa serie di scritti
di vario argomento, volti ad affrontare in maniera approfondita le principali
tematiche che riguardano la vita del credente Baha’i; la vastità della cultura
e del sapere di Baha’u’llah lo ha reso capace di trattare del rapporto tra
individuo e società, di leggi e politica, di spirito e corpo. Numerose sono le
34 raccolte di preghiere del fondatore e le lettere13 con le quali Baha’u’llah
rispose alle molte missive che gli venivano inviate da fedeli o curiosi: in
questi casi, la “Manifestazione di dio” rispondeva alle domande poste dai
suoi interlocutori, ribattendo non con brevi affermazioni, ma con lunghi
testi di carattere sacro e ascetico, volti a spiegare in maniera esauriente le
singole problematiche e a illuminare il cammino di tutti i fedeli.
La morte raggiunse Baha’u’llah nel 1892; nove giorni prima
dell’ascensione14 fu data lettura del testamento del fondatore, scritto
autonomamente. Tra le volontà lasciate alla famiglia e ai suoi seguaci, il
fondatore indica il nome del suo successore alla guida della comunità
religiosa: il figlio primogenito Abbas Effendi, successivamente conosciuto
come Abdu’l’baha.
13
Due tra le lettere scritte da Baha’u’llah, scelte tra le altre poiché testimoniano in maniera chiara l’importanza della Lingua Ausiliaria Universale per la fede Baha’ì, vengono riportate in appendice a questo testo (pagine 123–132). L’epistolografia completa della “Manifestazione di dio” è raccolta in Baha’u’llah (1981). 14
Nella religione Baha’i il termine ascensione implica il passaggio dal mondo terreno al mondo dei defunti. A differenza della tradizione cristiana, l’ascensione viene considerata dal fedele Baha’i un fatto unicamente spirituale. Il passaggio da questo mondo all’altro è descritto con chiarezza in Abdu’l’baha (2006: 148): “Non è un fatto materiale, ma spirituale e divino. E così anche la sua ascensione (di Baha’u’llah) al cielo, non è un'ascensione materiale, ma unicamente spirituale”. Il corpo di Baha’u’llah è oggi custodito a Haifa, nel mausoleo a lui unicamente riservato sul Monte Carmelo. Per conoscere la concezione della morte e dell’aldilà per i fedeli Baha’i, si consiglia la lettura di Baha’u’llah (2002), testo rivelato dalla “Manifestazione di dio” che affronta i temi della morte, dell’ascensione e del paradiso. 35 I. 2. 3 ABDU’L’BAHA
Abbas Effendi nacque il 23 maggio
del 1844 a Teheran. Fin dall’infanzia
fu educato alla religiosità e alla
fratellanza. La famiglia visse però
momenti molto duri e difficili, legati
alla prigionia di Baha’u’llah e ai
continui esili a cui tutti furono
costretti. Dopo la prigionia a Teheran,
Baha’u’llah
si
ricongiunse
alla
famiglia, abbandonando la Persia alla
volta dell’ Iraq.
L’arrivo a Baghdad segnò l’inizio di un nuovo periodo per la famiglia del
profeta: Abdu’l’baha (che letteralmente significa “Servo della gloria”)
crebbe seguendo il padre, accogliendo la fede e abbracciando le scritture,
dimostrando dedizione e dando prova del suo discernimento. Non frequentò
mai né scuole né università: il suo unico maestro fu Baha’u’llah. Questo gli
permise di essere sempre a disposizione del padre e sempre a servizio della
famiglia, divenendo, soprattutto negli ultimi anni di vita del padre, il vero
sostegno e la vera guida del nucleo familiare. Anche dopo il matrimonio,
contratto nel 1873 (che lo renderà padre di quattro figlie), Abdu’l’baha si
divise, su richiesta del padre, tra fede e famiglia, assolvendo a compiti e
responsabilità sempre maggiori. Il 20 maggio del 1892, quando la morte di
Baha’u’llah era imminente, venne data lettura del testamento della
“Manifestazione di dio”, nel quale è riportato il nome del figlio primogenito
come guida dei fedeli Baha’i. Già da tempo era chiara l’intenzione del
padre, che autorizzò il figlio a essere non solo suo successore, ma anche
interprete delle sacre scritture e dei suoi insegnamenti.
36 La scelta del “Servo di dio” non fu però accolta con gioia da tutti i Baha’i:
come già era accaduto a Baha’u’llah in giovinezza, così accadeva ad
Abdu’l’baha, aggredito da un gruppo minoritario di Baha’i ribelli, guidati
dal fratellastro Muhammad Alì (1853 – 1937). Questa frangia accusò
Abdu’l’baha di fronte al governo turco di essere violento, pronto ad
attaccare il loro Paese e desideroso di rovesciare il governo. Queste accuse
ingenerarono nel governo turco sospetti verso i Baha’i e la loro nuova
guida, sospetto sostenuto anche dalle numerose richieste di esilio di questa
comunità da parte di altri autorevoli paesi orientali. L’autorità turca decise
allora di rinchiudere per una seconda volta la comunità Baha’i entro le mura
della città–prigione di Akka. Anche durante la prigionia Abdu’l’baha
continuò la sua attività di guida spirituale e di testimone della fede;
Esslemont (1983: 94) dichiara a tal proposito:
Era consuetudine di Abdu’l’baha distribuire doni ai poveri della
prigione. Nella sua scarsa dispensa egli trovava qualcosa da dare a
ciascuno dei bisognosi che domandavano la sua assistenza. (…) Era
un’accolta di gente miserrima di ogni specie, uomini, donne,
bambini,
persone
dall’aspetto
disperato
(…)
Egli
passava
rapidamente dall’uno all’altro, si soffermava a volte per dire una
parola di conforto o di incoraggiamento, (…), sussurrava parole
consolanti e si informava dello stato dei troppo deboli e degli
infermi, rivolgendo a loro parole di speranza e amore.
La sua predisposizione alla diffusione e alla testimonianza dei princìpi della
fede Baha’i fu da subito chiara. Nel 1908, però, la situazione cambiò
profondamente: i Giovani Turchi, dopo un periodo di aspre rivolte,
riuscirono a imporsi sul governo, ottenendo la liberazione di prigionieri
37 politici e religiosi. Tra i liberati vi furono Abdu’l’baha e i suoi seguaci;
molti membri del governo e lo Scià, invece, furono rinchiusi in carcere.
La liberazione e l’abbandono della città di Akka aprirono una nuova fase
della vita di Abdu’l’baha, che decise di abbandonare la Galilea per
trasferirsi nella città di Haifa, in Israele. Qui erano migrati alcuni Baha’i, i
quali avevano acquistato qualche possedimento sul Monte Carmelo, collina
che domina la città e che oggi è la sede del Centro mondiale della fede
Baha’i. La permanenza di Abdu’l’baha nella città fu breve, poiché nel 1910
si trasferì ad Alessandria d’Egitto. Sin dal momento della scarcerazione, il
“Servo della gloria” progettò viaggi in Europa e nel mondo per diffondere
la fede rivelata dal padre; i suoi spostamenti furono rapidi e i suoi soggiorni
brevi.
La personale vocazione alla missione che Abdu’l’baha aveva, lo portò a
viaggiare anzitutto in Europa. Nel 1911 partì per Londra, dove entrò da
subito in contatto con molti illustri membri di altre confessioni, stringendo
con loro legami cordiali e rispettosi. Incontrò personalità politiche e sociali,
persone comuni, molti dei quali vengono attratti dalla sua personalità.
Ricorda Esslemont (1983: 98):
Parlò alle Congregazioni religiose del reverendo R. J. Campbell hall
City Temple, a quella dell’arcidiacono Wilberforce a St. John; parlò
a Westminster, dialogò con l’arcivescovo di Canterbury e fu a
colazione con il sindaco.
Hanno così inizio le prime conversioni europee, destinate a crescere nel
corso del XX secolo in maniera esponenziale. Tra le conversioni più celebri
occorre ricordare quella della regina Maria di Romania, che nel 1923
38 abbracciò la fede Baha’i in seguito all’amicizia con la fedele statunitense
Marta Root15.
Abdu’l’baha rimase in Gran Bretagna per due soli mesi, decidendo di
visitare Parigi: questo fu per lui uno dei viaggi più ricchi ed entusiasmanti
che trovò folle numerose di ascoltatori curiosi e interessati al Bahaismo. Le
conversioni furono molte: il “Servo della gloria” ebbe il merito di
trasmettere la bellezza della fede, di testimoniare la necessità di una nuova
giustizia e di un’etica uguale per tutti, di mostrare la convenienza morale e
umana della sua religione. Alessandro Bausani (1991: 30) scrive:
Le sue dottrine hanno un duplice carattere: esse sono da una parte
conferma delle fondamentali dottrine etiche di tutte le religioni,
dall’altra aggiungono a queste una dimensione planetaria dei principi
moderni intesi come dottrine religiose: Abdu’l’baha, figlio del
fondatore e maggiore propagatore della fede Baha’i in Occidente, le
ha riassunte in dodici principi che alle nostre orecchie suonano come
piuttosto familiari: ricerca della verità, educazione per tutti, più equa
ripartizione della ricchezza, con mezzi non violenti, uguaglianza dei
diritti fra uomo e donna, abolizione dei pregiudizi religiosi, razziali,
patriottici, di classe, accordo fra religione e scienza,… Non dunque
(…) complicate elucubrazioni metafisiche, ma rinascita moderna
dell’antica etica monoteista.
L’anno seguente, nel 1912, viaggiò negli Stati Uniti, esperienza
determinante per la storia della fede Baha’i. La città di Chicago aveva una
piccola ma energica comunità di fedeli, nata per lo più attorno alla figura di
15
La storia della celebre conversione è raccolta in maniera accurata in Garis (1983), a cui si rimanda per conoscere dettagli e particolari della celebre conversione. 39 Ibrahim George Kheiralla (1849 – 1929) che, trasferitosi dalla Persia negli
Stati Uniti, diffuse la fede in molte città americane, soprattutto della East
Coast. Decise allora di invitare Abdu’l’baha nel nuovo continente per un
viaggio attraverso importanti città degli Stati Uniti. Sbarcò a New York,
dove cominciò i suoi colloqui e i suoi incontri con personalità civili, sociali
e religiose; tra questi conobbe il vescovo della città, monsignor Pith, col
quale mantenne un fraterno rapporto epistolare16. Visitò San Francisco, San
Diego, Denver, attraversando gli Stati Uniti fino a giungere alla costa del
Pacifico. Il viaggio terminò il 5 dicembre del 1912, quando Abdu’l’baha
salpò verso la Gran Bretagna. Il viaggio nel Nord America provocò una
grande serie di conversioni; attualmente i fedeli Baha’i negli Stati Uniti
sono circa trentamila17.
Nel 1913 ha inizio il secondo ciclo di visite di Abdu’l’baha attraverso
l’Europa: La Gran Bretagna e in particolare Londra, Liverpool, Brighton,
Bristol, Edimburgo18 sono le prime mete, seguite dalla Francia, la
Germania, l’Ungheria e l’Austria. Sarà un anno interamente dedicato alla
missione nel mondo. Tornerà ad Alessandria nell’inverno del 1913; da qui
si recherà a Haifa per restare per un periodo prolungato, riposare e
accompagnare la numerosa comunità Baha’i lì presente.
16
I luoghi visitati da Abdu’l’baha e i discorsi tenuti da lui nel viaggio negli Stati Uniti sono raccolti in Abdu’l’baha (1998). 17
Tutti i dati possono essere reperiti consultando il sito internet della comunità Baha’i americana www.bahai.org (ultima consultazione in data 13/08/2011). 18
Abdu’l’baha ha rappresentato la guida Baha’i più sensibile al problema della definizione di una Lingua Ausiliaria Universale proposta dal padre. I suoi numerosi viaggi di missione hanno approfondito nel “Servo della gloria” la consapevolezza della necessità di una lingua universale, evento che ha favorito la crescita di legami sempre più stretti tra i Baha’i e gli esperantisti. A Edimburgo, ad esempio, Abdu’l’baha ha incontrato la comunità degli esperantisti britannici, dialogando con loro sulla necessità di costruire concretamente una Lingua ausiliaria Universale, al fine di favorire l’unità e l’eguaglianza in tutta la Terra. Di questo argomento si tratterà in maniera approfondita all’interno del capitolo secondo di questo testo. 40 Nel 1914 l’Europa venne attraversata dalla Grande Guerra, che costrinse il
“Servo della gloria” a rimanere a Haifa. La passione di Abdu’l’baha generò
nuovo vigore nei fedeli, che trovarono la guida sempre più carismatica,
piena di fede e obbedienza: esortava i fratelli a vivere con sempre maggior
ardore l’appartenenza al Bahaismo. Lo si comprende chiaramente dalle sue
parole (1987: 221):
Today, thank god, the holy spirit speaks again to the world! The
constellation of love, wisdom and power once again sending the
divine light from the horizon to give joy to all those who turn their
eyes toward the light of god. Baha’u’llah has torn the veil of
prejudice and superstition that the souls of drowned men. We pray
god that the breath of the holy spirit can give new hope and to revive
the people, awakening in men a desire to do the will of god. May the
hearts and souls be quickened; and we glad of their rebirth.
Mankind, then, will wear a new look: the splendor of the love of
god, and will rise the dawn of a new creation. Then the mercy of
Merciful will bestow on mankind, and everyone will wake up to a
new life. It is my ardent desire that you’d put all your will to work
for this glorious end, you are loving and faithful workers in building
this new spiritual civilization, you are the chosen of god to put an
effect with the willing obedience to its supreme design. You will
have a safe and successful solicitation because the standards of the
gods was lifted up and the sun of righteousness of god has appeared
on the horizon at the sight of all men.
[Oggi, grazie a dio, lo spirito santo parla di nuovo al mondo! Le
costellazioni dell’amore, della saggezza e del potere ancora una
volta mandano luce dall’orizzonte divino per dare gioia a tutti coloro
che volgono lo sguardo verso la luce di dio. Baha’u’llah ha lacerato
il velo del pregiudizio e della superstizione che soffocava le anime
degli uomini. Preghiamo dio perché l’alito dello spirito santo possa
di nuovo dare la speranza e rianimare il popolo, svegliando negli
41 uomini il desiderio di fare la volontà di dio. Possano i cuori e le
anime essere vivificati, e rallegrarsi della loro rinascita. L’umanità,
allora, indosserà una nuova veste: quella dello splendore dell’amore
di dio, e sorgerà l’alba d’una nuova creazione. Allora la misericordia
del misericordioso si riverserà sul genere umano, ed ognuno si
sveglierà ad una vita nuova. È mio ardente desiderio che voi poniate
tutta la vostra volontà a lavorare per questo fine glorioso; che siate
fedeli e amorevoli lavoratori nel costruire questa nuova civiltà
spirituale; che siate gli eletti di dio per porre ad effetto con
volenterosa obbedienza i suoi supremi disegni. Avrete un sicuro e
sollecito successo, perché lo stendardo della divinità è stato levato in
alto e il sole della rettitudine divina è apparso sull’orizzonte alla
vista di tutti gli uomini.]
Il “Servo della gloria” si dedicò anche all’assistenza agli infermi, alla
coltivazione dei campi (che portavano abbondanti provviste alla comunità e
garantivano lavoro a molti Baha’i), alla costruzione di nuovi luoghi di
ritrovo per i credenti, allo studio delle lingue: conosceva il persiano e
l’inglese, imparò il turco e l’esperanto. Gli ultimi anni vennero trascorsi da
Abdu’l’baha sempre a Haifa; nel 1918 venne investito della carica di
Cavaliere dell’Impero Britannico19 e continuò a mantenere importanti
rapporti di fiducia e amicizia con personalità sia dell’Oriente sia
dell’Occidente. Morì il 28 novembre del 1921, nella sua abitazione; fu la
guida più carismatica e divulgatrice che i Baha’i abbiano mai avuto.
19
Nel settembre del 1918, nel corso della Prima Guerra Mondiale, le truppe dell’Impero Britannico attaccarono l’Impero Ottomano per ottenere il dominio sulla Palestina. La battaglia di Megiddo (conosciuta anche come la battaglia dell’Armageddon) portò alla resa delle forze ottomane. I Baha’i, seguendo l’esempio di Abdu’l’baha, aiutarono i feriti, condivisero le provviste con le truppe Inglesi e si resero utili alla ricostruzione e all’amministrazione della nuova Palestina. Per i suoi meriti umani e civili, il governo Inglese decise di nominare Abdu’l’baha Cavaliere dell’Impero Britannico, con una cerimonia solenne avvenuta il 27 aprile presso la città di Haifa. Per informazioni più complete a riguardo si veda almeno Cline (2000), che tratta approfonditamente questo avvenimento. 42 Oggi restano tutti i suoi scritti e le conversazioni tenuti in molti luoghi in
Europa e nel mondo e raccolti da convertiti sia orientali sia occidentali;
come ricorda Esslemont (1983: 105), questa è
la prova che le fatiche della sua vita non erano state vane, che gli
ideali di Baha’u’llah, che erano stati la sua ispirazione, la sua vita,
cominciavano a penetrare nel mondo, abbattendo le barriere.
I. 2. 4. SHOGHI EFFENDI
Shoghi Effendi (1897 – 1957), nipote di Abdu’l’baha, venne istruito
presso l’Università inglese di Oxford: per questo conosceva in maniera
approfondita la cultura occidentale, le
tradizioni europee, la lingua inglese. Venne
designato successore alla guida della
comunità Baha’i dallo stesso nonno, il
quale raccolse le ultime volontà nel suo
testamento autografo. Consapevole della
crescita del numero di fedeli Baha’i, sia in
Oriente sia in Occidente, Abdu’l’baha
propose ai posteri di impegnarsi nella
costituzione di Assemblee Spirituali20 capaci di guidare le comunità
distribuite sul territorio. A guida dell’intera congregazione, Abdu’l’baha
20
Assemblee costituite da nove membri, unicamente di sesso maschile, nominati annualmente, presenti sul territorio locale e nazionale, hanno un carattere principalmente sociale: diffondono i principi da pace, unità e parità, sostengono la fede dei credenti, dialogano con le altre religioni presenti nel territorio, amministrano i beni materiali della comunità. 43 pone la figura del Custode della Causa21 di dio, accompagnato nel suo
compito di guida e testimone santo dalle Ayadiyi-Amru’llah (Hands of the
Cause of god, Mani della Causa di dio, chiamati anche Custodi), assemblea
che ha lo scopo di assistere il capo nella direzione della comunità dei fedeli
e nella testimonianza della fede. Nel suo testamento, Abdu’l’baha ha
dichiarato (1987 (b): 18-23 passim):
Dopo la dipartita di questo essere ingiustamente trattato, incombe
l’obbligo agli Aghsan (i Rami), agli Afnan (i Ramoscelli) dell’albero
di loto sacro, alle Mani (i Pilastri) della Causa di dio e agli amanti
della bellezza di Abha, di volgersi a Shoghi Effendi – il giovane
ramo sbocciato dai due santi e sacri alberi di loto e il frutto cresciuto
dall’unione dei due germogli dell’albero della santità – poiché egli è
il segno di dio, il ramo prescelto, il Custode della Causa di dio, colui
al quale devono rivolgersi tutti gli Aghsan, gli Afnan, le Mani della
Causa di dio e tutti i suoi diletti. Egli è l’interprete delle parole di dio
e a lui succederà il primo nato della sua discendenza diretta.
[…]
Incombe l’obbligo al Custode della Causa di dio di designare,
durante il tempo della sua vita, colui che dovrà essere suo
successore, affinché non sorgano divergenze dopo la sua dipartita.
Colui che è designato deve manifestare in sé distacco da ogni cosa
terrena, deve essere l’essenza della purezza, deve dimostrare in se
stesso timore di dio, saggezza, sapienza e cultura.
[…]
21
Il termine Causa indica, per i Baha’i, la fede e lo scopo della fede, che è la diffusione della religione tra gli uomini. La Causa ha inizio, perciò, con l’accettazione della “Manifestazione di dio”, continua in maniera sostanziosa con l’attività missionaria di Abdu’l’baha e prosegue con il Custode. 44 Le Mani della Causa di dio debbono essere nominate e designate dal
Custode della Causa di dio. Gli obblighi delle Mani della Causa sono
quelli di diffondere fragranze divine, di edificare le anime degli
uomini, di promuovere il sapere, di migliorare il carattere di tutti gli
uomini e di essere, in ogni tempo e in ogni condizione, affrancati e
staccati dalle cose terrene. Essi debbono manifestare timore di dio
nella loro condotta, nelle loro maniere nelle loro azioni e nelle loro
parole. Il corpo delle Mani della Causa di dio è sotto la direzione del
Custode della Causa. Egli deve spronarli a sforzarsi e ad impegnare
al massimo la loro capacità di diffondere i dolci aromi di dio e di
guidare i popoli tutti del mondo, perché la luce della guida divina
illumina tutto l’universo.
Pur essendo a conoscenza delle volontà del “Servo della gloria”, numerosi
responsabili della fede Baha’i non accolsero con obbedienza la nomina di
Shoghi Effendi, che cercarono in molti modi di ostacolare e screditare. Il
Custode fu, per questo, costretto a scomunicare diversi credenti e a
ricostruire, seguendo le indicazioni del nonno, la struttura della comunità
Baha’i.
Shoghi ha fornito indicazioni e principi di azione per edificare la nuova
organizzazione della comunità dei Baha’i, chiamata dal Custode
Administrative Order of Baha’u’llah Faith (Ordine Amministrativo della
fede di Baha’u’llah).
Come indicato da Abdu’l’baha nel testamento, l’Ordine Amministrativo si
basa su Assemblee Spirituali locali, nominate annualmente dai membri
delle singole comunità. I credenti sono chiamati a nominare anche i
componenti delle Assemblee Spirituali Nazionali, eletti durante i raduni
45 nazionali annuali dei fedeli22. Pur avendo gli stessi scopi di quelle locali, le
Assemblee Spirituali Nazionali hanno anche una funzione di controllo del
funzionamento, della gestione e dell’operato delle singole comunità locali.
Inoltre, nel 1953 Effendi fissa il Baha’i international decade for education
and consolidation - 1953/1963 (Piano internazionale decennale Baha’i per
l’istruzione e il consolidamento -1953/1963), documento nel quale vengono
elencate in forma scritta le intenzioni, gli scopi e le strategie
amministrative, etiche e missionarie della comunità dei credenti.
Oltre alla definizione di questo preciso sistema amministrativo, Shoghi,
che fu un grande conoscitore dei testi sacri della fede Baha’i, si occupò
della traduzione delle sacre scritture Baha’i in lingua inglese. Così il
“Custode” visse la sua vocazione missionaria mettendosi al servizio delle
comunità Baha’i occidentali sempre crescenti, permettendo loro la
conoscenza vera della fede di Baha’u’llah.
I numerosi testi tradotti resero possibile la conferma della fede Baha’i
come religione minoritaria in tutta Europa. Dopo aver atteso a Haifa la
conclusione della Seconda Guerra Mondiale, Shoghi radunò un gruppo di
Baha’i americani che investì del titolo di “Maestri Itineranti della Fede”.
Come negli Stati Uniti, così anche in Europa le comunità di fedeli
aumentarono, sia nel numero di comunità sia nel numero di aderenti.
Attualmente il numero dei Baha’i in tutta Europa è di circa
venticinquemila23.
22
Solo alcuni tra questi vengono ammessi al voto: l’elenco dei nomi degli aventi diritto viene stilato dai membri dell’Assemblea uscente. 23
Fonte di queste informazione è il sito web dell’Organizzazione delle Nazioni Unite www.un.org (ultima consultazione in data 16/08/2011). 46 Anche Shoghi, come Abdu’l’baha, ha poi svolto attività di testimonianza
viaggiando in tutto il mondo, in modo particolare in Europa (Italia, Svizzera
e Gran Bretagna furono le mete principali). È proprio nel corso della sua
visita a Londra del 1957 che il “Custode” viene colto da un malore letale.
Non aveva lasciato testamento, né aveva figli maschi che potessero
succedergli direttamente. Così le “Mani della causa” raccolsero
temporaneamente la guida della comunità Baha’i fino al 1963, anno della
nascita del nuovo organo assembleare di direzione dei fedeli di tutto il
mondo: la Casa Universale di Giustizia.
La figura di Shoghi Effendi, perciò, si pone in continuità con quella dei
suoi predecessori. Le parole di Warburg (2001: 33) ci consentono di capire
quale importanza il “Custode” ha avuto nella storia della fede Baha’i nel
XX secolo:
Dopo la seconda guerra mondiale prende il via in Europa una
sistematica missione Baha’i. (…) Il risultato di questa operazione é
stato che il movimento Baha’i, sebbene originario dell’Iran, ha
conquistato una sua posizione in Europa. (…) L’iniziativa parte da
Shoghi Effendi e la missione sarebbe stata irrealizzabile senza di lui.
I. 2. 5: LA CASA UNIVERSALE DI GIUSTIZIA
Nel 1963 la fede Baha’i ha assistito a una svolta: da quell’anno la guida
dei fedeli non coincise più con un singolo uomo, nominato e prescelto dal
suo predecessore, ma un gruppo di uomini di fede che sono responsabili
della guida della comunità mondiale. La prima idea della Baytu’l’adl
47 (Universal House of Justice, Casa Universale di Giustizia) venne proposta
da Baha’u’llah al fine di assicurare una guida sicura ai fedeli e di costituire
un organo che collabori alla costruzione della pace; queste le parole della
“Manifestazione di dio” (1978: 368)
questa casa di giustizia promulga le leggi e il governo dà loro forza
esecutiva. Il corpo legislativo deve rafforzare l’esecutivo e
l’esecutivo deve aiutare e assistere il corpo legislativo, così che
mediante la stretta unione e l’armonia tra queste due forze si possa
rinvigorire e consolidare il fondamento dell’equità e della giustizia e
tutte le regioni del mondo possano divenire il paradiso.
La proposta, però, non trovò alcuna realizzazione pratica fino agli anni
Sessanta. Shoghi Effendi si impegnò alla costruzione della Casa di
Giustizia, testimoniando ai suoi confratelli la necessità di un organo di tal
specie. Il “Custode” (1982: 128) sosteneva la necessità di
un sistema federale mondiale che governi tutta la terra, esercitando
un’autorità indiscutibile sulle sue inconcepibilmente vaste risorse,
fornendo e incorporando gli ideali dell’oriente e dell’occidente
liberati dal tormento e dalle sofferenze delle guerre (…); un sistema
nel quale la forza divenga serva della giustizia, la cui esistenza sia
sostenuta dal riconoscimento universale di un solo dio e della sua
alleanza con una rivelazione unica e comune.
Il progetto si sarebbe realizzato solo dopo la morte del “Custode”.
48 La Casa Universale di Giustizia è un’assemblea di nove pari, tutti di sesso
maschile, eletti ogni cinque anni dai membri delle Assemblee Spirituali
Nazionali. Esercita una funzione direttiva, propositiva e di controllo per
tutte le comunità, locali e nazionali: è sostenitrice della vera fede,
amministra i beni e le ricchezze, dialoga con le potenze internazionali ed è
l’unico organo che ha il diritto di promulgare gli Annual Plans (Piani
Annuali).
Dall’anno della sua fondazione a oggi, la Casa Universale di Giustizia
detiene il diritto–dovere, accettato da tutti i Baha’i, di guidare la fede. E
così continuerà ad essere, sostengono i Baha’i, fino all’avvento della
prossima Manifestazione di dio.
49 I. 3: LA FEDE BAHA’I OGGI
La comunità Baha’i attualmente conta quasi cinque milioni di fedeli
distribuiti in centonovanta Paesi di tutti i continenti; in Europa sono circa
venticinquemila, mentre la comunità italiana ne raccoglie seimila24. Ogni
anno le comunità Baha’i nazionali riferiscono alla Casa Universale di
Giustizia il numero degli aderenti, affinché l’evoluzione numerica della
comunità sia sempre monitorata.
Le comunità Baha’i nel mondo sono circa sedicimila25. Warburg (2001:
70-71) così presenta i gruppi di fedeli:
La tipica comunità Baha’i occidentale è etnicamente composita. Una
stima indica che la metà dei membri delle comunità Baha’i europee è
originaria del proprio paese, mentre gli iraniani si attestano fra il 25
e il 40%. Il resto sono Baha’i di altre nazionalità e, con un aumento
progressivo, di paesi extra-occidentali. Messo da parte l’aspetto della
composizione etnica, le comunità Baha’i rispecchiano generalmente
la
composizione
della
popolazione
rispetto
al
sesso,
alla
distribuzione delle fasce di età e alla struttura familiare.
La sede in cui vengono amministrate tutte le attività della comunità Baha’i
internazionale, il Centro Mondiale della fede Baha’i, si trova a Haifa, sul
Monte Carmelo: nel 1891 questa ampia collina fu visitata da Baha’u’llah, il
quale indicò al figlio, suo successore, che quello sarebbe stato il luogo
24
I dati sono stati raccolti dal sito internet della comunità Baha’i internazionale www.bahai.org (ultima consultazione in data 20/08/2011). 25
Le assemblee spirituali locali sono circa sedicimila; attorno a queste crescono le comunità. Il dato viene riportato in Warburg (2001: 71). 50 privilegiato per l’edificazione della loro sede. Attesta Warburg (2001: 7677):
La storia del Centro Mondiale della fede Baha’i di Haifa risale al
1891, anno in cui Baha’u’llah fece un viaggio da Bahji ad [sic] Haifa
e sul Monte Carmelo. Si dice che un giorno, mentre stava sulla
montagna, nel punto che domina Haifa, egli indicò ad Abdu’l’baha
un luogo più a valle, sulle pendici del monte (…). In seguito a questo
episodio, Abdu’l’baha comincia delle lunghe trattative con i
proprietari del terreno in vista di un possibile acquisto (…).
All’interno del Centro Mondiale si trovano la sala delle riunioni della Casa
Universale di Giustizia, ma anche gli Archivi Internazionali, il Centro
Internazionale di insegnamento della fede, il Centro per lo studio dei Testi e
la Biblioteca Internazionale Baha’i26.
Dal 1963 a oggi, la Casa Universale di Giustizia si è impegnata nella
edificazione di Centri di studio della fede (con particolare riferimento al
Centro Internazionale di insegnamento, sorto nel 1973), case editrici,
organizzazioni economico-sociali (la Comunità Internazionale Baha’i,
fondata nel 1948, è stata riconosciuta dall’Organizzazione delle Nazioni
Unite nel 197027), organizzazioni in difesa della donna e dei diritti umani.
26
Maggiori informazioni riguardo l’architettura del Centro Mondiale della fede Baha’i e sulla collocazione al suo interno delle sedi sopraelencate sono reperibili in Braun (1982) e Warburg (2001). 27
La Comunità internazionale Baha’i è stata riconosciuta dall’ONU come organizzazione non-­‐
governativa a carattere consultivo; cfr. Warburg (2001: 92). 51 Come ancora testimonia Warburg (2001: 80),
i Baha’i collaborano con ONU e UNICEF per la costruzione
concreta di un mondo equo, nel quale le razze siano abolite e le
violenze abbiano fine.
La resistenza pacifica dei fedeli Baha’i alla violenza coincide anzitutto con
l’opposizione alle persecuzioni. Soprattutto nel mondo orientale, i Baha’i
vengono ancora oggi torturati ed uccisi; le prime persecuzioni si
verificarono contro i Babi e continuarono con i primi seguaci di
Baha’u’llah. In Warburg (2001: 108-109) si legge che,
i Baha’i desiderano creare un nuovo mondo unificato da una sola
religione e vogliono crearlo adesso, perché il redentore (il Bab) è
arrivato. È proprio questa posizione a risultare inaccettabile agli
sciiti, perché accettarla significherebbe riconoscere il ritorno
dell’imam e perciò la fine dell’islam.
Ma la violenza contro la minoranza Baha’i raggiunse il culmine nel 1979,
in seguito alla rivoluzione di Khomeini e alla costituzione della Repubblica
Islamica dell’Iran. Durante la rivoluzione (così Warburg 2001: 110-111),
i cristiani, gli ebrei e le minoranze zoroastriane sono menzionate
come minoranze religiose legittime, ma non altrettanto i Baha’i,
sebbene essi costituiscano la più numerosa minoranza religiosa della
nazione, con un numero di circa 300.000 membri. Ciò ha creato uno
degli importanti argomenti giuridici per negare i diritti civili ai
52 Baha’i iraniani. (…) Uno dei modi più efficaci per praticare
persecuzioni non sanguinarie è quello di privare le persone della
possibilità di istruirsi e di lavorare. Alcune misure possono essere
riassunte come segue:
• Nel 1979 un decreto impedisce a studenti e professori baha’i di
essere ammessi o di insegnare in qualsiasi università iraniana.
• Nel 1979 il Ministero dell’Istruzione richiede che tutti gli
insegnanti baha’i siano licenziati.
• Nel 1982 sono licenziati tutti i Baha’i che lavorano nel settore
pubblico e ai pensionati è bloccata l’erogazione delle pensioni.
• Nel 1984 è richiesto ai pubblici dipendenti licenziati di ripagare i
salari e gli stipendi che hanno percepito durante gli anni della loro
attività statale.
(…) Le persecuzioni fisiche sono state numerose e violente.
Vengono puniti per immoralità e adulterio i coniugi uniti dal
matrimonio baha’i, rito non riconosciuto dalla Repubblica; le pene
da scontare sono la prigionia in isolamento, la tortura, in caso di
ribellione, e la pena di morte, in caso di fuga.
Parallelamente a queste informazioni segue un fatto rassicurante: dal 1985
la Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha approvato diciotto
risoluzioni sulla violazione dei diritti umani in Iran e ciascuno menziona i
Baha’i28.
L’attività pacifica dei Baha’i oggi continua in tutto il mondo, in
collaborazione con numerose organizzazioni pacifiche e con membri di
altre religioni.
28
I dati vengono raccolti dal sito www.un.org (ultima consultazione in data 18/08/2011). 53 I. 4. QUALE LINGUA PER LA RELIGIONE BAHA’I
A chiusura di questo capitolo occorre soffermarsi, seppur brevemente,
sulla scelta compiuta da Shoghi Effendi per la lingua di diffusione dei sacri
testi della Fede Baha’i. La decisione presa porta a questa riflessione:
Baha’u’llah aveva deciso che i suoi testi sarebbero stati scritti in persiano
moderno, una lingua parlata dai suoi concittadini e ricca di prestiti
dell’arabo, e ciò avrebbe permesso alla “Manifestazione” di poter
testimoniare la propria fede a molte popolazioni e Nazioni dell’Oriente.
Nel corso della prima metà del XX secolo, il “Custode” traduce in lingua
inglese la maggior parte degli scritti di Baha’u’llah, affinché anche il
mondo occidentale potesse conoscere il pensiero e la religione Baha’i da
questo lavoro oneroso e complesso. La Casa Universale di Giustizia (1995:
IV), giudicando il lavoro di Effendi, ha dichiarato:
L’arabo e l’inglese, pur avendo entrambi un ricco vocabolario e vari
stili espressivi, hanno forme molto diverse. L’arabo del Kitab-i-Aqdas
è caratterizzato da un’estrema concisione e nitidezza di espressione. È
tipico di questo stile che una connotazione ovvia non debba essere
esplicitamente espressa. Ciò rappresenta un problema per i lettori di
provenienza religiosa e letteraria completamente diversa da quella
araba. La traduzione letterale di un passo di chiaro significato in arabo
può risultare oscura in inglese. Pertanto diventa necessario inserire
nella traduzione inglese di tali passi quell’elemento della frase araba
che nell’originale è ovviamente implicito. Nello stesso tempo, è
essenziale evitare di estrapolare questo metodo al punto da aggiungere
ingiustificatamente all’originale o da limitarne il significato. Trovare
un giusto equilibrio fra bellezza e chiarezza espressiva da un lato e
traduzione letterale dall’altro è uno dei maggiori problemi con cui i
traduttori hanno dovuto cimentarsi e che ha comportato ripetute
54 revisioni della traduzione di alcuni passi. Un altro grande problema
sono le implicazioni legali di alcuni vocaboli arabi che hanno una
gamma di significati diversi dai corrispondenti vocaboli inglesi. È
chiaro che la traduzione delle sacre scritture richiede una cura e una
fedeltà particolari. Ciò è estremamente importante nel caso di un libro
di leggi, dove è vitale che il lettore non sia tratto in inganno o
trascinato in dispute infruttuose. Come era stato previsto, la traduzione
del Libro più Santo è stata un lavoro della massima difficoltà, che ha
richiesto consultazioni con esperti in molti paesi. Poiché Shoghi
Effendi aveva già tradotto circa un terzo del testo, nella traduzione
degli altri passi è stato necessario puntare verso tre qualità: precisione
del significato, bellezza dell’inglese e conformità con lo stile usato da
Shoghi Effendi. Siamo ora soddisfatti di constatare che la traduzione è
giunta a rappresentare un’accettabile versione dell’originale.
In tal modo sia Oriente sia Occidente sono stati raggiunti dagli scritti della
fede Baha’i.
Preziose indicazioni riguardo alla lingua dei testi sacri vengono presentate
anche in Bausani (1991: 148-149):
Per la concezione Baha’i, sono parola di dio tutte le opere e gli scritti
delle figure dei fondatori della fede. Le quali sono due e abbracciano
un periodo di “efflusso di parola sacra” della durata di più o meno 77
anni. Il primo è il Bab (…) il cui ministerio durò dal 1844, anno della
sua manifestazione a Shiraz, al 1850, anno della sua fucilazione a
Tabriz. Egli è l’annunciatore della successiva manifestazione divina,
Baha’u’llah, il cui ministerio durò dalla prima presa di coscienza della
sua funzione sacra fino alla sua morte in esilio ad Akka nel 1892.
Quella (la rivelazione) di Baha’u’llah non è nemmeno essa definitiva
inquntochè la Fede Baha’i è l’unica religione organizzata che ammette
55 una rivelazione anche nel futuro, ma è strettamente obbligante per il
credente Baha’i per l’epoca attuale. (…) Le lingue in cui queste parole
sono formulate sub specie humana sono arabo, persiano, inglese.
Le guide della fede Baha’i, perciò, hanno compiuto una scelta
determinante nel secolo scorso: tradurre i testi sacri della loro propria
religione in lingua inglese. La diffusione dei testi in Occidente ha però dato
avvio a una numerosa serie di conversioni alla fede Baha’i, che ha originato
una nuova necessità linguistica: tradurre i testi sacri in altre lingue
occidentali. Tale scelta ha implicato per la Casa Universale di Giustizia
l’accettazione di queste lingue come validi veicoli della fede e la necessità
di una traduzione precisa di ciascun singolo testo: esse sono tutte traduzioni
accurate dal persiano delle sacre scritture e hanno il medesimo valore dei
testi originariamente scritti dal Bab e da Baha’u’llah.
Attualmente i testi del “Profeta” e della “Manifestazione di dio” sono
tradotti in 298 lingue e diffusi in tutto il mondo.
56 II. BAHA’I ED ESPERANTO: STORIA ED EVOLUZIONE DI UNA
RELAZIONE LINGUISTICA II. 1. ALLA RICERCA DELLA LINGUA UNIVERSALE
Prima di approfondire la relazione linguistica tra fede Baha’i ed esperanto,
occorre soffermarsi sul significato della lingua universale.
Il XIX e il XX secolo hanno rappresentato due secoli nei quali
principalmente è emersa e sbocciata la necessità di individuare una lingua
universale, ovvero uno strumento in grado di mettere in contatto paesi e
popoli lontani, tra loro distanti e apparentemente destinati a una condizione
di incomunicabilità29.
La storia, nel suo corso, ha messo sempre più in evidenza la necessità di
definire una lingua universale: l’avvento delle guerre mondiali, la
globalizzazione imperante, i contatti tra mercati e culture, hanno reso
evidente il valore ideale di questo strumento di coesione e comunicazione.
Le esigenze politiche e sociali hanno determinato come conseguenza in
numerosi linguisti l’interesse per la ricerca di una Lingua Ausiliaria
Universale, ovvero uno strumento concreto, accettato universalmente e in
grado di rendere possibili le comunicazioni internazionali.
Eco (1993: 358-360) sostiene energicamente la diffusione di una Lingua
Ausiliaria Universale e sottolinea come, attraverso decisioni politiche
compiute dai singoli governi e sostenute dai media, sarebbe possibile
propagare tale strumento linguistico. Egli afferma:
29
Per approfondire e conoscere la storia e lo sviluppo delle Lingue Ausiliarie fra XIX e XX secolo, si consiglia Astori (2010). 57 Se a una decisione politica di accompagnasse una campagna
pianificata dei media, la LIA (Lingua Internazionale Ausiliaria)
potrebbe facilmente diffondersi. (…) Se questa decisione politica non
c’è stata fin’ora, ed è apparsa difficilissima da sollecitare, questo non
vuol dire che essa non possa essere presa in futuro.
L’augurio di Eco è stato profeticamente anticipato da L.L. Zamenhof e da
alcune guide della fede Baha’i, figure che hanno concretamente collaborato
alla diffusione di una lingua universale, sostenuta da ideali di pace e
armonia, nella speranza di rendere possibile la relazione tra i popoli. Tale
ricerca rappresenta un esempio per i governi di oggi e di domani e un
auspicio per l’intera società moderna.
II. 2. PRESUPPOSTI PER LA NASCITA DI UNA LINGUA
AUSILIARIA UNIVERSALE
Come illustrato precedentemente, la fede Baha’i si basa su un nucleo di
principi, che sono guida delle azioni di ciascun fedele e scopo di ogni
attività e relazione. E fra questi la pace universale, considerata come
premessa principale e privilegiata, sulla quale trovano fondamento tutti i
successivi princìpi della fede, e che si lega alla necessità di una lingua
universale, che possa rendere concreta l’ipotesi di unità e pace tra i popoli
tutti della terra.
Alcune parole pronunciate da Baha’u’llah (1985: 272-274) permettono di
comprendere con ulteriore chiarezza quanto affermato:
58 Verrà il tempo in cui sarà universalmente sentita l’imperiosa
necessità di costruire una vasta assemblea di tutti gli uomini. I
potenti e i re della terra dovranno intervenirvi e, partecipando alle
sue deliberazioni, prendere in considerazione le vie ed i mezzi che
formano le fondamenta della grande pace mondiale fra gli uomini.
Una simile pace esige che, per amore della tranquillità dei popoli
della terra, le
grandi potenze si decidano
a riconciliarsi
completamente fra loro. Se un re si levasse in armi contro un altro,
tutti dovrebbero sorgere uniti contro di lui e impedirglielo. Se ciò ha
luogo, le Nazioni del mondo non avranno bisogno di alcun altro
armamento che di quello necessario per conservare la sicurezza dei
loro regni e mantenere l’ordine interno nei loro territori. Così si
garantirà la pace e la serenità di ogni popolo, di ogni governo e di
ogni Nazione. Noi osiamo sperare che i re e i sovrani della terra, gli
specchi del benevolo ed onnipotente nome di dio, possano elevarsi a
questo grado e proteggere l’umanità dal massacro e dalla tirannia. Si
avvicina il giorno in cui tutti i popoli della terra adotteranno una
lingua universale ed un’unica scrittura. Quando ciò si sarà raggiunto,
a qualsiasi viaggiatore arrivando da una qualsiasi città, sembrerà di
entrare a casa sua. Tutto ciò è obbligatorio ed assolutamente
essenziale. Incombe ad ogni uomo d’intuito e comprensione di
sforzarsi di porre in azione e tradurre nella realtà ciò che è stato
scritto. È un vero uomo colui che si dedica a servire l’intera razza
umana. Il grande essere dice: benedetto e felice è colui che si leva a
promuovere i migliori interessi dei popoli e delle tribù della terra.
Non ci si deve gloriare di amare la propria patria ma piuttosto di
amare il mondo intero. La terra è un solo paese e l’umanità i suoi
cittadini.
Dalla proposta linguistica di Baha’u’llah emerge particolarmente
significativa, dunque, una necessità che presenta sia un aspetto religioso sia
un aspetto pratico; la definizione di una lingua universale rappresenta infatti
59 uno degli scopi della fede Baha’i, in quanto ritrae la ricerca dell’unità e
della fratellanza tra uomini e popoli della terra, oltre ad essere conseguenza
inevitabile di questa stessa ricerca. Anche Effendi (1982: 39–40), seguendo
gli insegnamenti della “Manifestazione di dio”, stila un elenco di Luci
dell’unità (Unity’s lights), ossia sette principi–guida da perseguire per
raggiungere l’unità.
La prima luce è l’unità in campo politico, e i primi bagliori già li
possiamo discernere. La seconda luce è l’unità di pensiero nelle
imprese del mondo, il cui adempimento sarà ben presto testimoniato.
La terza luce è l’unità nella libertà, che presto si realizzerà. La quarta
luce è l’unità della religione, che è la pietra angolare di tutto
l’edificio e che, per il potere di dio, sarà rivelata in tutto il suo
fulgore. La quinta luce è l’unità delle nazioni –unità che sarà senza
dubbio stabilita in questo secolo, sì che tutti i popoli del mondo si
reputeranno come cittadini di una comune patria. La sesta luce è
l’unità delle razze, che fa di tutti coloro che dimorano sulla terra
popoli e genti della medesima razza. La settima luce è l’unità
dell’idioma, cioè la scelta di una lingua universale cui tutti i popoli
saranno educati e nella quale converseranno.
Tutto ciò avverrà inevitabilmente, ché il potere del regno di dio
presterà aiuto e soccorso.
L’adozione di un unico idioma non è dunque un aspetto secondario o
marginale, ma fattore essenziale per la realizzazione della fede e della pace
universale.
Dall’altro lato la lingua universale dà avvio alla ricerca di una realtà
linguistica che concretamente possa unire tutti gli uomini, che possa essere
appresa, parlata e scritta in tutti gli angoli del mondo e da tutte le Nazioni
60 esistenti. Certamente la proposta di Baha’u’llah è ambiziosa e di non facile
realizzazione, ma ha dato spazio a una serie di ricerche in ambito linguistico
di particolare rilievo.
Le proposte di Baha’u’llah, poi sostenute da tutti i suoi successori alla
guida della comunità dei fedeli, prendono forma in un momento storico
importante, durante il periodo in cui la “Manifestazione di dio” vive in
condizioni di prigionia presso Akka30. La situazione in cui i fedeli Baha’i
sono costretti a vivere è proibitiva, in un frangente in cui l’Europa stava
divenendo teatro di numerosi conflitti politici e militari, che hanno
inevitabilmente condotto allo scoppio della Grande Guerra. La dimensione
di caos e di disordine in cui il mondo e i popoli vivono, oltre all’incapacità
della politica di rispondere ai veri bisogni dell’uomo e della società,
conducono Baha’u’llah a sentire ancora più forte l’esigenza della
edificazione di una pace per tutti.
Ripercorrendo le volontà di Baha’u’llah, il Custode della fede, Shoghi
Effendi (1982: 207) affronta il tema dell’unità:
L’unità del mondo è la meta per la quale questa umanità afflitta sta
lottando. Il periodo della fondazione delle Nazioni è ormai terminato
e sta giungendo al suo culmine l’anarchia inerente alle sovranità
nazionali. Questo mondo in crescita verso la maturità deve
abbandonare un tale feticcio, instaurare una volta per sempre il
meccanismo che meglio potrà incarnare tale fondamentale principio
della sua vita.
30
Cfr. supra pagina 26 del presente testo. 61 E la lingua perciò rappresenta uno strumento essenziale al raggiungimento
del progetto di costruzione della pace universale. La visione linguistica
introdotta da Baha’u’llah apre a una interessante innovazione: l’idioma non
costituisce una barriera tra popoli e genti, non rispecchia un’area geografica
limitata abitata da parlanti autoctoni. Non è una barriera. Nel momento in
cui lo scopo di essa è la comunicazione libera e paritaria tra uomini, essa
diviene un tramite nelle comunicazioni e un punto di forza nel dialogo
internazionale.
La lingua pensata e proposta da Baha’u’llah, infatti, ha questo preciso
scopo. Da un punto di vista prettamente linguistico, la volontà di
Baha’u’llah è quella di creare una Lingua Ausiliaria Universale o
Internazionale (LAI), ovvero un idioma pianificato che viene istituito
poiché ha uno scopo di ausiliarietà. La definizione di Gobbo (2009: 70-72)
permette di comprendere al meglio cosa sia una LAI:
Le lingue pianificate sono sistemi linguistici completi definiti per
iscritto da un pianificatore linguistico, detto glottoteta, per i fini più
diversi. Corollario di questa definizione è il seguente: le lingue
pianificate condividono tutte le proprietà fondamentali delle lingue
storico–naturali, in particolare l’arbitrarietà e la biplanarità del
segno: ciò significa che è sempre individuabile un inventario dei
fonemi nel piano della seconda articolazione del segno, e una
morfosintassi nel piano della prima articolazione. Tra le proprietà
fondamentali che distinguono le lingue storico-naturali dagli altri
sistemi semiotici, rimane fuori la proprietà storica del parlato:
invariabilmente il glottoteta scrive la struttura della lingua
pianificata prima che questa venga parlata da una comunità – se mai
ciò accade. [...] Se una lingua viene pianificata per semplificare la
comunicazione tra parlanti la cui madrelingua è diversa, magari per
contesti di comunicazione scientifica, il suo scopo principale è
62 l’ausiliarità. Tutti i progetti di lingue pianificate con questo scopo
vengono detti Lingue Ausiliarie Internazionali (LAI).
Ben si comprende allora il respiro delle idee di Baha’u’llah: tutto, ogni
progetto, ogni proposta, viene indicato in funzione del raggiungimento della
pace e del bene comune.
II. 3. UNA PROPOSTA AMBIZIOSA
La volontà di Baha’u’llah in ambito linguistico emerge nitidamente dalle
sue parole, trascritte in due Tavole31: quella di Ishraqat e quella di
Maqsud32. Alcuni passi degli scritti della “Manifestazione di dio” mostrano
il chiaro desiderio di costituire una lingua universale, desiderio affiancato
da una richiesta accorata di ascolto da parte degli uomini e dei potenti della
terra. Ecco quanto scritto da Baha’u’llah (1981: 149):
[…] che le diverse lingue siano ridotte a una sola lingua e
similmente che le scritture usate nel mondo siano limitate a un’unica
scrittura. Incombe a tutte le Nazioni di nominare un gruppo di
uomini intelligenti ed eruditi i quali indicano una riunione e, dopo
essersi consultati, scelgano uno fra i vari idiomi esistenti, o ne creino
uno nuovo, da insegnare ai bambini in tutte le scuole del mondo.
31
Ovvero epistole inviate dalla “Manifestazione di dio” a specifici interlocutori. Le Tavole hanno un chiaro e marcato intento dottrinale. 32
Le due tavole sono integralmente riproposte in appendice (pp. 123–132). 63 Tutto ciò è obbligatorio e assolutamente essenziale. Incombe ad ogni
uomo illuminato e perspicace cercare di mettere in atto ciò che è
stato scritto.
Ancora Baha’u’llah (1981: 116-117):
Sin dall’inizio dei tempi la luce dell’umanità ha effuso sulla terra il
suo divino fulgore, e per i popoli del mondo il massimo strumento
per promuovere quell’unità è comprendere reciproche scritture e
idiomi. In epistole precedenti abbiamo ordinato ai fiduciari della
Casa di Giustizia di scegliere una lingua tra le esistenti o di adottarne
una nuova, e in egual maniera una scrittura comune, e di insegnarle
entrambe in tutte le scuole del mondo. Così la terra sarà considerata
un unico paese e una sola patria. Il più glorioso frutto dell’albero del
sapere è questo eccelso detto: di un solo albero siete tutti frutti, di
uno stesso ramo le foglie.
La penna gloriosa raccomanda a tutti l’istruzione e l’educazione dei
bambini. Guarda ciò che la volontà di dio, al nostro arrivo nella città
prigione, ha rivelato e scritto nel libro santissimo (il Kitab-i Aqdas o
Il Libro più Santo, ndr). Ad ogni padre è stato ordinato di educar
figli e figlie nell’arte del leggere e dello scrivere ed in tutto quello
che è stato disposto nella santa tavola. In quanto a colui che trascura
ciò che gli è stato comandato, se è ricco, i fiduciari devono
prendergli ciò che è necessario per l’istruzione dei figli, e se non lo
è, tale compito ricade sulla Casa di Giustizia. In verità noi abbiamo
fatto di essa un ausilio per i poveri e per i bisognosi. Colui che educa
il proprio figlio o il figlio di un altro, è come se educasse uno dei
miei figli; su di lui si posino la mia gloria, la mia gentilezza
amorevole, la mia misericordia, che hanno pervaso il mondo.
64 In queste parole si mettono in luce alcuni punti particolarmente
significativi che ribadiamo. Anzitutto, l’adozione di una Lingua Ausiliaria
Universale non coincide con l’abolizione delle lingue madri, ma
corrisponde a una scelta fraterna, che vede tutti i popoli coinvolti in accordo
tra loro: la Lingua Ausiliaria non elimina le lingue proprie dei singoli
popoli, che vengono rispettate e accettate nelle loro diversità. Si propone
l’assunzione di un idioma comune, insegnato ai fanciulli e a tutte le
popolazioni accanto all’insegnamento della lingua materna; in questo senso
le parole di Baha’u’llah rendono evidente come la lingua non sia solo una
barriera o un confine difficile da valicare, ma possa essere sfruttato come
momento di comunione tra le Nazioni.
In secondo luogo la selezione di una Lingua Ausiliaria Universale
permette di raggiungere in maniera concreta lo scopo della fede Baha’i: una
comunicazione mondiale libera, aperta, generatrice di pace e unità; nel
rispetto per ogni cultura e storia, Baha’u’llah evidenzia il fatto che solo una
lingua ausiliaria può permettere, in maniera concreta e fattiva, un dialogo
paritario e universale, in cui vengano preservate con cura le diversità
culturali, restando comunque forti le richieste di una reale relazione
linguistica tra tutte le genti da parte della “Manifestazione di dio”.
Le affermazioni di Baha’u’llah conducono a una conclusione ineludibile:
individuare un idioma comune e diffusibile universalmente è necessità
primaria. Se la Lingua Ausiliaria Universale non viene individuata e
insegnata, la pace mondiale sarà duramente ostacolata. Recuperando le
indicazioni paterne, Abdu’l’baha scrive (1982: 232):
Diversity of languages has been a fruitful cause of discord. The
function of language is to convey the thought and purpose of one to
65 another. Therefore, it matters not what language man speaks or
employs. Sixty years ago Baha’u’llah advocated one language at the
greatest means of unity and the basis of international conference. He
wrote to the kings and rulers of the various Nations, recommending
that one language should be sanctioned and adopted by all
governments. According to this each Nation should acquire the
universal language in addition to its native tongue. The world would
then be in close communication, consultation would become general,
and dissensions due to diversity of speech would be removed.
[La diversità delle lingue è stata una causa fruttuosa di discordia. La
funzione del linguaggio è quella di comunicare il pensiero e lo scopo
di uno ad un altro. Perciò non importa quale lingua l’uomo parla o
impiega. Sessant’anni fa Baha’u’llah trovò nella lingua il più grande
mezzo di unità e la base della conferenza internazionale. Egli scrisse
ai re e ai governanti delle varie Nazioni, raccomandando che una
lingua dovesse essere selezionata e adottata da tutti i governi.
Secondo ciò ciascuna Nazione dovrebbe acquisire il linguaggio
universale oltre alla sua lingua nativa. Il mondo sarebbe quindi in
stretta comunicazione, la consultazione sarebbe diventata generale e
i dissensi dovuti alla diversità di parola sarebbero stati rimossi.]
L’ausiliarità corrisponde, perciò, al migliore strumento per generare un
dialogo unitario nell’assoluto rispetto delle diversità culturali, sociali,
linguistiche e storiche. Certamente questa è una prospettiva ambiziosa, ma
in grado di coadiuvare concretamente la comunicazione globale e la
serenità nelle relazioni internazionali.
66 II. 4. UN RAPPORTO FIORITO NEL TEMPO
L’augurio di Baha’u’llah fu seguito dai numerosi che credevano in lui, ma
fino all’inizio del XX secolo non fu cercata una risposta reale e concreta
alle indicazioni della “Manifestazione di dio”.
Baha’u’llah non aveva indicato, né in forma scritta né durante
conversazioni e colloqui sul tema della lingua universale, quale dovesse
essere l’idioma da conoscere e utilizzare per dare avvio alla comunicazione
globale ed egualitaria. Non conoscendo l’Occidente, la sua storia e i suoi
cambiamenti, Baha’u’llah non fu in grado di scegliere una lingua per tutti,
ma ebbe il merito di essere precursore, profeta di un avvenimento che si
sarebbe delineato nei decenni successivi.
Chi ha reso possibile la nascita di un rapporto reale tra la fede Baha’i e una
lingua universale è stato Abdu’l’baha. Nel corso dei suoi numerosi viaggi in
Europa e negli Stati Uniti, il figlio della “Manifestazione di dio” ha avuto
l’opportunità di entrare in contatto con persone appartenenti a religioni e
culture diverse. La grande disponibilità al dialogo della giovane guida
Baha’i lo ha condotto a incontrare, all’inizio del 1913, anche gruppi di
esperantisti inglesi e francesi, in occasione di assemblee aperte sul tema
della ricerca della lingua universale33. Le possibilità di incontro con queste
comunità hanno acceso in Abdu’l’baha l’interesse a conoscere la storia
dell’esperanto, la sua evoluzione e la sua diffusione.
33
Analoghe occasioni di dialogo con gruppi di esperantisti si verificarono durante altri viaggi europei: a Zurigo, nell’estate del 1913, e a Berna, nell’autunno del medesimo anno. Una più accurata e dettagliata esemplificazione di tali incontri e dialoghi è raccolta in Esslemont (1983:95-­‐
102). 67 II. 4. 1. BREVE STORIA DELL’ESPERANTO E DEL PRIMO
ESPERANTISTA: LUDWIK ZAMENHOF34
Appassionato conoscitore della cultura occidentale, Abdu’l’baha segue
con interesse lo sviluppo dell’esperanto, lingua pianificata pensata e
progettata dal medico polacco Ludwik Lejzer Zamenhof (1859 – 1917) 35.
Cresciuto a Bialystok, nell’attuale Polonia, Ludwik Zamenhof appartiene a
una famiglia ebrea. I suoi genitori, Markus e Rozalia, crescono i loro nove
figli nella fede della venuta del messia, nel rapporto fraterno e pacifico con
gli altri, nel rispetto delle altrui e delle proprie tradizioni.
L’Impero russo (al quale allora apparteneva la città di Bialystok) della
seconda metà del XIX secolo rappresentava, soprattutto nei territori più
periferici, un crogiolo di culture, religioni e tradizioni, un luogo di incontro
e, spesso, di scontro, tra uomini di provenienze ed estrazioni molto diverse.
Ludwik cresce perciò a contatto con ortodossi, cattolici, ebrei, e sin
dall’infanzia percepisce la difficoltà della convivenza tra uomini così
diversi, il problema della discriminazione e della disuguaglianza.
Markus aveva educato i figli alla lettura delle sacre scritture e dialogava
con loro in lingua yiddish. A scuola, però, Ludwik si rivolgeva a docenti e
compagni in lingua russa; con alcuni amici parlava anche in lituano, lingua
originaria della famiglia Zamenhof. Il grande numero di lingue che Ludwik
conosceva e le tante e diverse occasioni d’uso di ciascuna di queste, generò
34
Per ottenere maggiori informazioni riguardo alla storia dell’esperanto e del suo fondatore, si consiglia la seguente bibliografia minima: Amerio – Bonvecchiato – Fighiera (1999), Boulton (1980), Gobbo (2009), Zamenhof (1963)[1887]. 35
Nel 1887, Zamenhof pubblicò il manuale/manifesto della nuova lingua internazionale, intitolato Fundamento de esperanto. (Fondamento di esperanto), che raccoglie le sedici regole fondamentali della lingua, quarantadue esercizi e il vocabolario universale. Per la comprensione della sintassi e del lessico dell’esperanto si consiglia almeno Astori (1996). 68 nel fanciullo un desiderio: nonostante la giovane età Ludwik voleva
rintracciare un’unica lingua, di cui avrebbero potuto usufruire tutte le genti
del mondo.
Nel 1916, ormai alla fine dei suoi anni, Zamenhof sosteneva, come
riportato da Privat (1931: 18):
The diversity of the languages was the only or at the least the chief
cause that separates the human family and divides it into hostile
factions. I was educated as an idealist: I was taught that all men are
brothers, and meanwhile on the street and in the courtyards
everything at every step caused me to feel that men did not exist:
there were only Russians, Poles, Germans, Jews, etc.. This always
greatly tormented my young soul.. I told myself that when I was
older, I would not fail to do away with this evil.
(La diversità delle lingue è stato l’unico o almeno la causa principale
che separa la famiglia umana e la divide in fazioni ostili. Sono stato
educato come un idealista: mi è stato insegnato che tutti gli uomini
sono fratelli, e intanto sulla strada e nel cortile tutto ad ogni passo mi
ha fatto sentire che gli uomini non esistevano: c’erano solo Russi,
Polacchi, Tedeschi, Ebrei, ecc.. Questo ha sempre molto tormentato
la mia giovane anima. Dissi a me stesso che quando ero più grande
non avrei mancato di farla finita con questo male.)
Così nel 1874, all’età di 15 anni, Zamenhof lavora alla creazione di una
lingua universale che possa essere diffusa tra tutti i popoli e le Nazioni.
Inizia così a progettare una lingua del tutto nuova: su un piccolo quaderno
raccoglie appunti, considerazioni lessicali e morfologiche, regole e piccole
frasi. È un tesoro prezioso.
69 Nel 1878 tutta la famiglia di Ludwik si trasferisce a Varsavia, dove il
padre era diventato insegnante di lingue. Nel frattempo, Ludwik ha già
terminato la pianificazione della sua nuova lingua, chiamata Lingwe
Universala, che nasce ufficialmente il 5 dicembre del 1878. Per l’occasione
Zamenhof compone una poesia36:
Malamikete de las nacjes
Kadò, kadò, jam temp’ està!
La tot’ homoze in familje
Konunigare so debà.
(L’odio delle nazioni,
Scompare, scompare, è ormai il momento!
Tutta l’umanità in una famiglia,
Deve diventare unita.)
I genitori iscrivono Ludwik alla facoltà di Medicina: la passione per le
lingue e per la Lingwe Universala (passione che condivideva con alcuni
amici) lo rendeva, però, distaccato dagli studi universitari; il padre, a
conoscenza dei suoi interessi linguistici, bruciò il prezioso taccuino in cui il
figlio aveva raccolto tutta la struttura della nuova lingua e scelse di far
proseguire gli studi a Ludwik presso l’ateneo di Mosca.
Nonostante l’inserimento in un nuovo contesto socio-culturale e la ferma
decisione di terminare con successo gli studi, in Ludwik rimane il desiderio
di creare una lingua universale: entrato in contatto con circoli sionisti,
Zamenhof percepisce fortemente la necessità di una lingua che possa unire
gli ebrei dislocati in ogni parte della terra, ma anche i non ebrei. Nel 1881,
in seguito all’assassinio dello Zar Alessandro II, rientra a Varsavia, dove
consegue la laurea e inizia la propria attività di medico; alterna il lavoro
36
Il testo è citato in Boulton (1980: 15). 70 ambulatoriale alla ridefinizione di una lingua pianificata, compiendo uno
sforzo creativo e mnemonico (cerca di ricordare le regole della Lingwe
Universala andate perdute). Solo Klara, futura moglie del dottor Zamenhof,
è a conoscenza del progetto di Ludwik, che dà avvio a un processo
glottopoietico completamente nuovo, strutturando una lingua con una
propria grammatica, un lessico ricco e una intenzione chiara: mettere in
comunicazione parlanti di ogni parte del mondo, di ogni tradizione e
provenienza.
Il 26 luglio del 1887 viene pubblicato il primo libro della lingua
internazionale che porta la firma del Doktoro Esperanto, il “dottore che
spera”. Nasce in questa data l’esperanto, una nuova Lingua Ausiliaria
Universale.
II. 5. UNITÀ D’INTENTI, CONDIVISIONE DI SCOPI
Nel 1907, nel corso del suo viaggio a Londra, Zamenhof pronuncia queste
parole riportateci da Boulton (1980: 49):
The ultimate purpose of all men should be: to create harmonious
humanity.
[Lo scopo supremo di tutti gli uomini dovrebbe essere: creare
un’umanità armoniosa.]
71 Nel corso di un dialogo con un gruppo di esperantisti britannici avvenuto
nello stesso 1907 presso l’Accademia d’Arte e Cultura di Londra37, il
Dottor Esperanto esprime con chiarezza le intenzioni della sua lingua, lo
scopo ultimo della sua glottopoiesi: il raggiungimento di una condizione di
armonia nell’umanità. Pur nella difficoltà di realizzazione di questo intento,
l’esperanto avrebbe, secondo il progetto ideale di Zamenhof, facilitato una
relazione equilibrata tra gli uomini.
Tale similarità di intenti e la condivisione dello spirito di unità tra gli
uomini apre la possibilità di una relazione fraterna tra la fede Baha’i, in
cerca di una Lingua Ausiliaria Universale da adottare, e l’esperanto:
entrambe le realtà vivono e germogliano in un medesimo momento storico,
avendo così la possibilità di percorrere una strada insieme. I fedeli Baha’i e
gli esperantisti condividono condizioni simili: in entrambi i casi si tratta di
comunità dislocate in lontani angoli del mondo, ma che raccolgono al loro
interno uomini e donne di ogni estrazione sociale.
Zamenhof era inoltre particolarmente vicino ai principi della fede Baha’i.
Pur essendo ebreo, anche se non praticante, creò una filosofia teistica
chiamata Homaranismo38, alla quale di Dottor Esperanto dedicò moltissime
37
Il dato è recuperato da Boulton (1980: 53). 38
La filosofia teistica di Zamenhof propone ideali di fratellanza e rispetto reciproco. La dottrina, che raccoglie gli intenti e i propositi più sentiti dal Doktoro Esperanto, non è mai riuscita, però, a creare un movimento consistente e compatto. Per approfondimenti riguardo lo Homaranismo si consiglia la lettura di Duc – Goinaz (2002) e la Dichiarazione dello Homaranismo, in Dietterle (1929: 342-­‐361). Proprio in questo testo vengono indicati i dogmi a fondamento della dottrina. Di particolare interesse il IX, che riflette una chiara concezione linguistica. Conscio che la lingua deve essere per l’uomo non un fine ma solo un rimedio, non uno strumento per dividere ma per unire, e che lo sciovinismo linguistico è una delle cause principali di odio fra gli uomini, non devo mai guardare a una lingua nazionale o a un dialetto come ad una mia cosa sacra, come qualcosa da amare, né fare di essa un mio stendardo 72 energie; tale filosofia religiosa mira a creare una rete di rapporti umani volti
alla generazione di una unica umanità coesa. Zamenhof non impose mai
agli esperantisti di accettare tale filosofia, ma cercò sempre di sensibilizzare
i suoi seguaci alla causa della coesione globale. Lo stesso Zamenhof scrive,
riferendosi allo Homaranismo (Privat 1931: 100),
it is indeed the object of my whole life. I would give up everything
for it. The separation and hatred between the races will completely
disappear only when mankind has one language and one religion.
[ è davvero l’oggetto della mia intera vita. Vorrei abbandonare ogni
cosa per questo. La separazione e l’odio tra le razze saranno
completamente scomparsi solo quando l’umanità avrà una sola
lingua e una sola religione.]
Disposto a sacrificare la propria fede ebraica per giungere all’unità e alla
pace, Zamenhof, senza esserne consapevole, vive una grossa continuità di
intenti con la fede Baha’i. Durante i suoi viaggi in Francia, Austria e Gran
Bretagna (che visitò tra il 1909 e il 1913), Ludwik viene a conoscenza
dell’esistenza del Bahaismo, della figura carismatica di Abdu’l’baha e dei
dialoghi proficui che la giovane guida Baha’i ha intrattenuto con molti
esperantisti in questi paesi europei: era diventato chiaro a entrambi che la
medesima visione del mondo, della lingua e delle necessità dell’umanità li
rendeva compagni, anche se a distanza.
di battaglia. [...] Qualunque sia la mia lingua materna o personale, devo possedere anche quella lingua neutrale – umana che i miei contemporanei utilizzano per i rapporti internazionali, affinché io non necessiti per mia colpa di imporre ad altri la mia lingua e perché io abbia il diritto morale di desiderare che gli altri non impongano a me la loro, e perché io possa su base non sciovinista servire alla cultura neutrale – umana. 73 Abdu’l’baha e Ludwik Zamenhof non si incontrarono mai. Ciononostante
Zamenhof indirizzò diverse righe di elogio e di stima ad Abdu’l’baha, che
definì in questo modo39:
La personon de Abdu’l’baha kaj lian laboradon mi tre alte estimas:
mi vidas en li unu el la plej grandaj bonfarantoj de la homaro.
[Stimo molto profondamente la personalità di Abdu’l’baha e il suo
lavoro: io vedo in lui uno dei più grandi benefattori dell’umanità.]
Per questo, molti dei seguaci di Zamenhof si interessarono alla fede
Baha’i, conoscendone i principi, avvicinandosi alle loro comunità e creando
con loro, anzitutto, una rete di rapporti umani. Anche numerosi fedeli
Baha’i, su caloroso consiglio di Abdu’l’baha, iniziarono a frequentare
gruppi di esperantisti, presenti sia in Europa sia negli Stati Uniti: molti
Baha’i iniziarono ad apprendere la lingua pianificata, a scriverla, leggerla e
parlarla. Afferma Abdu’l’baha (1987: 70–71):
Sia innalzato lo stendardo dell’unità della razza umana. Esso farà
della terra uno stato universale; sarà causa di amicizia fra l’umana
progenie e stimolerà la solidarietà fra le varie razze. Adesso, sia
lodato iddio, il dottor Zamenhof ha inventato l’esperanto, che
possiede tutte le qualità intrinseche per diventare il mezzo
internazionale di comunicazione. Dobbiamo essergli tutti grati e
riconoscenti per il suo nobile sforzo, perché in questa maniera egli
ha reso un grande servizio ai suoi simili. Mediante gli sforzi
incessanti e i sacrifici dei suoi propugnatori, l’esperanto diverrà
39
La citazione è riportata dal mensile Star of the West (1984: 299). 74 universale. Ciascuno di noi deve studiare questa lingua e divulgarla
il più possibile, acciocché a poco a poco essa possa sempre più
essere adottata e accettata da tutte le Nazioni e governi del mondo, sì
da diventare parte dell’insegnamento in tutte le scuole. Io spero che
l’esperanto sarà adottato come lingua ufficiale in tutte le conferenze
internazionali e nei congressi del futuro, così che tutti i popoli
debbano imparare soltanto due idiomi: il proprio e quello
internazionale. L’unione perfetta tra tutti i popoli sarà allora
realizzata.
Sulla base di queste indicazioni, molti fedeli si avvicinarono
all’apprendimento della lingvo internacia. Tra i primi e più noti seguaci di
Baha’u’llah che strinsero rapporti con gli esperantisti, vi fu anzitutto la
giovane figlia del dottor Zamenhof, Lidia, che dedicò la sua breve vita alla
diffusione dell’esperanto, decidendo in giovane età di convertirsi alla fede
Baha’i; e accanto a lei Martha Root, insegnante, ma soprattutto maestra di
vita e di fede di Lidia. L’ultima figura di rilievo nella storia del rapporto
linguistico e ideale tra esperanto e fede Baha’i è l’austriaco Auguste Forel40
(1848 – 1931): docente di psichiatria presso l’ateneo di Zurigo, amico
intimo di Zamenhof e propagatore sia dell’esperanto sia della filosofia dello
Homaranismo. Shoghi Effendi (2004: 375) riporta alcune parole dello
psichiatra:
40
Uno tra i più importanti pionieri della disciplina psichiatrica tra XIX e XX secolo, Forel fu anche membro di rilievo della comunità esperantista. Amico intimo di L.L. Zamenhof, il dottore fu un propagatore della lingua esperanto, promuovendo corsi di lingua, diffondendo la LAI e la filosofia dello Homaranismo. Nel 1920 Forel conobbe la fede Baha’i attraverso alcuni membri della minoranza che viaggiarono in Europa assieme ad Abdu’l’baha. In quello stesso anno lo psichiatra decise di convertirsi alla fede Baha’i, contribuendo alla definizione di rapporti sempre più stretti tra esperantisti e seguaci di Baha’u’llah. 75 Nel 1920, in una dichiarazione fatta nel suo testamento, il Dottor
Auguste Forel afferma:
“A Karlsrhue sono venuto a conoscenza di una religione mondiale
sopraconfessionale dei Baha’i, fondata in Oriente settant’anni fa da
un persiano, Baha’u’llah. Questa è la vera religione del social
welfare, senza dogmi né sacerdoti, che lega tra loro tutti gli uomini
di questo nostro piccolo globo terrestre. Io sono divenuto Baha’i.
Potesse questa religione vivere e prosperare per il bene dell’umanità!
Questo è il mio più ardente desiderio. [...]
Il movimento Baha’i per l’unità dell’umanità è, secondo la mia
considerazione, il più grande movimento che oggi lavora per la pace
universale e la fratellanza”.
Ciascuna di queste personalità, secondo le proprie inclinazioni, ha reso
possibile la diffusione nel mondo occidentale di questa relazione tra
Esperanto e fede Baha’i.
II. 6. UN RAPPORTO CHE CONTINUA ANCORA OGGI
Nonostante né Abdu’l’baha né la Casa Universale di Giustizia abbiano
indicato in maniera ufficiale e definitiva una Lingua Ausiliaria Universale,
la stima fra Zamenhof e Abdu’l’baha e l’opera di testimonianza di alcuni
dei suoi più famosi seguaci ha permesso la nascita della Baha’i Esperanto
Ligo41 (B.E.L.: la Lega Baha’i Esperantista).
41
Numerose e sempre aggiornate informazioni riguardanti la storia, le attività e la presenza sul territorio della B.E.L. sono reperibili sul sito web www.bel.bahai.de (ultima consultazione in data 19/08/2011). 76 Fondata nel 1972 a Portland (Oregon, USA) durante il cinquantasettesimo
Congresso Universale di Esperanto, la Lega vuole incoraggiare i rapporti tra
i due movimenti in tutto il mondo: nel 1981 la B.E.L. viene riconosciuta
dall’ONU tra le assemblee che hanno il merito di aver promosso la pace e la
fratellanza all’umanità tutta.
Inizialmente la B.E.L. si è occupata, creando commissioni linguistiche
specifiche, di tradurre tutti i testi sacri della fede Baha’i in esperanto, al fine
di produrre precise e meticolose traduzioni. La Lega, composta da circa 200
membri, ha vissuto però un periodo travagliato, legato prevalentemente al
desiderio di alcuni membri e piccoli gruppi di ottenere il potere e la guida
dell’intera comunità. Nel 1976, viene nominato segretario generale Paulo
Amorim Cardoso42, una guida operativa e ideale all’interno della B.E.L. che
ha saputo ristabilire la pace interna: Cardoso ha avuto il merito di entrare in
contatto con numerosi enti, nazionali e internazionali, con lo scopo di
diffondere l’esperanto e collaborare alla costruzione di un progetto di pace
universale; è con lui, inoltre, che la Lega ha vissuto un periodo di grande
operosità, caratterizzato dalla diffusione di numerosi testi Baha’i tradotti in
esperanto e diffusi in molti paesi del mondo. Le iniziative di Cardoso hanno
aperto la strada alle attività di ricerca e propagazione dell’esperanto e del
Bahaismo, così come avviene ancora oggi.
Attualmente la Lega internazionale ha sede a San Paolo, in Brasile; da essa
dipendono le assemblee nazionali e locali, diffuse principalmente in
Europa, America Settentrionale e America Meridionale.
42
Il dato viene recuperato da Warburg (2001: 128), di cui almeno si consiglia la lettura per conoscere più approfonditamente la storia,l’evoluzione e l’organizzazione interna della B.E.L. 77 78 PARTE SECONDA
79 80 III: DI PADRE IN FIGLIA. LIDIA ZAMENHOF
III. 1. LA VITA E LA FAMIGLIA
Nata nel 1904 a Varsavia, Lidia43 fu la terza e ultima figlia di Klara e
Ludwik Zamenhof, dopo Adam e Zofia, che erano già grandi: costretto ad
allontanarsi dai territori dall’Impero Russo a causa dei continui scherni
riservati agli ebrei (praticanti e non), nel 1906 Adam si iscrisse alla facoltà
di Medicina presso Losanna, lasciando così Varsavia; lo stesso percorso
formativo scelto da Zofia, che raggiunse il fratello in Svizzera nel 1907: la
più giovane figlia Zamenhof venne così investita di tutte le attenzioni da
parte dei genitori.
La nascita di Lidia avvenne in un periodo molto intenso per Ludwik, il
quale lavorava moltissimo ed era spesso chiamato a partecipare a convegni
e congressi in ogni angolo d’Europa. In tutti i momenti della sua giornata,
Zamenhof si dedicava alla causa esperantista, alla diffusione della lingua
universale, alla stesura di articoli specialistici; rispondeva alle lettere di
molti esperantisti da tutto il mondo, scriveva libri e si occupava di insegnare
la lingvo internacia a studenti di ogni provenienza, razza ed età.
43
Per una più ampia conoscenza della figura di Lidia si consiglia almeno la seguente bibliografia minima: Dratwer (1980), Garis (1983), Heller (1985). 81 Come si legge in Heller (1985: 21),
la bambina crebbe in un clima culturale “moderno”: casa Zamenhof
era frequentata da uomini provenienti sia da Oriente sia da
Occidente.
Qui si parlavano molte lingue diverse: Ludwik conosceva il russo, il
polacco, il lituano, l’inglese, il francese e l’esperanto; Lidia osservava sin
da piccola il padre nelle sue riunioni, seguendolo in molti congressi e
prendendo lezioni di lingue. I genitori decisero di non iscrivere la figlia
minore ai primi anni scolastici; fu la madre Klara la sua tutrice: la istruì alle
lettere, alla storia e alle scienze, ma soprattutto venne educata ai principi
dello Homaranismo, alla fiducia nell’umanità, nella fratellanza e nella pace.
Lidia crebbe con una grande sensibilità e un forte senso di giustizia e
uguaglianza e volle imparare l’esperanto. La madre le aveva insegnato
qualche regola e qualche vocabolo; all’età di nove anni Lidia imparò
facilmente la lingua da autodidatta, stupendo grandemente genitori e
fratelli.
Nel 1913 Klara e Ludwik parteciparono al nono Congresso Universale di
Esperanto a Berna44. Proprio in Svizzera vivevano e lavoravano i due figli
più grandi dei coniugi Zamenhof, entrambi divenuti medici, e in questa
occasione la famiglia si riunì: Lidia seguì il padre e la madre in ogni loro
44
La capitale della Svizzera ospitò la nona edizione del Congresso. Zamenhof propose il primo Congresso Internazionale di Esperanto nel 1905, a Boulogne-­‐sur-­‐Mer, in Francia. Il Congresso aveva lo scopo di dare un forma chiara al movimento esperantista e dei principi-­‐guida riconosciuti da tutti i membri della comunità. Qui è stato approvato il Fundamento de Esperanto, è stata presentata e riconosciuta la bandiera esperantista come anche l’Akademio de Esperanto, organo che valuta l’integrità della lingua esperanto e ne studia le evoluzioni. 82 spostamento, insistendo per partecipare alle riunioni del Congresso. Al
termine del convegno, la famiglia Zamenhof giunse in Gran Bretagna, dove
si tennero alcune lezioni di esperanto e conferenze nelle più importanti città
dell’Isola. Edimburgo45 rappresentò la meta più interessante: qui Ludwik
incontrò un gruppo di esperantisti che avevano dialogato con Abdu’l’baha e
elogiavano la ricerca di fratellanza e unità della giovane guida Baha’i. Pur
non conoscendosi, Zamenhof e Abdu’l’baha provavano rispetto e stima
reciproci.
Al rientro in Polonia nel 1914, Lidia viene iscritta alla Modern school for
girls di Varsavia. La scuola iniziò in un momento importante per la storia
contemporanea: l’anno dello scoppio della Grande Guerra. Mentre Klara e
Ludwik giravano l’Europa diffondendo l’esperanto e lo Homaranismo,
Lidia studiava le scienze, le lettere e le religioni.
Tra il 1915 ed il 1917, la famiglia di Lidia si trovò a vivere il periodo più
drammatico della sua storia: nel 1915 la Polonia, sfortunatamente collocata
tra due potenze con forti sentimenti anti–semiti (la Germania e l’Impero
Russo), venne invasa dalle truppe tedesche, venendo coinvolta negli scontri
armati. Molti ebrei polacchi furono portati in campi di raccolta e
detenzione, altri vennero obbligati a prendere le armi e partire per il fronte.
Ludwik cercò di preservare la sua famiglia, trasferendosi in Svizzera, paese
dichiaratosi neutrale.
Nel 1916 il Doktoro Esperanto venne raggiunto da alcuni esperantisti
svizzeri; tra questi vi era Edmond Privat46, che diventerà amico personale e
45
L’incontro con la comunità Baha’i avvenne in occasione di una conferenza alla quale Zamenhof presenziò il 19 novembre del 1913 presso il City Hall di Edimburgo. La notizia è recuperata da Lamberti (1991: 139-­‐143). 46
Edmond Privat (1889 -­‐ 1962), giornalista e scrittore, nato e cresciuto in Svizzera, era di origini persiane. L’amicizia con Zamenhof lo portò ad ottenere numerosi incarichi e responsabilità 83 fidato di Zamenhof. Gli anni di amicizia furono molto fruttuosi: i due
cercarono di diffondere i principi dello Homaranismo tra il popolo, creando
occasioni di dialogo e conferenze. Progettarono anche di scrivere diversi
volumi insieme. Ma i tentativi non poterono proseguire: il 14 aprile del
1917 Ludwik Zamenhof morì.
Gli anni successivi alla morte del padre furono molto intensi per tutti i
membri della famiglia Zamenhof: Adam venne assunto nell’ospedale di
Varsavia, Zofia proseguì i suoi studi in Ucraina e Bielorussia, Klara prese la
guida del movimento esperantista e continuò a partecipare ai numerosi
congressi che si svolgevano in molte capitali europee.
Nel 1921 Lidia ottenne il diploma e decise di iscriversi alla facoltà di
Legge dell’ateneo di Varsavia, mossa dal desiderio di poter cooperare alla
costruzione della giustizia e della fratellanza. Infatti Lidia scrisse, come
riportato in Heller (1985: 34):
The study of law is the best way to help men achieve justice and
equality.
[Lo studio della legge è la strada migliore per aiutare gli uomini a
raggiungere la giustizia e l’uguaglianza.]
all’interno del movimento esperantista europeo. Alla morte di entrambi i coniugi, fu uno tra i principali responsabili nella realizzazione dei Congressi Universali dell’Esperanto. Per conoscere in maniera più dettagliata la storia e la formazione di Privat, qui presentata per tratti essenziali, si consiglia la lettura di Farrok (1991). Si segnala poi Martinelli (2006), testo interamente dedicato alla storia e alle opere di Privat. 84 III. 2: GLI ANNI DELLA SVOLTA
Nel 1922 Lidia era entrata alla facoltà di Legge, ma con grandi difficoltà.
L’ingresso nella vita accademica fu duro, a causa soprattutto delle
numerose norme anti-semite che vennero introdotte dall’ateneo di Varsavia.
Heller (1985: 52) descrive in maniera chiara la condizione degli studenti
ebrei in quel momento storico:
There was a larger number of jews in the universities. Angered by
this, anti-semitic polish students and nationalistic political parties
called for restrictions on the number of jews students. The same year
Lidia entered college; quotas limiting jews were introduced at one
polish university, in the schools of law and medicine.
[Vi era un maggior numero di ebrei nelle università. Arrabbiati per
questo, gli studenti anti-semiti polacchi e i partiti politici nazionalisti
votarono per le restrizioni sul numero degli studenti ebrei. Lo stesso
anno Lidia entrò al college; il numero limite degli ebrei fu introdotto
in una università polacca, nelle scuole di legge e medicina.]
Durante il periodo universitario Lidia alternava agli studi di legge molte
attività vòlte a diffondere l’esperanto: in particolare aiutò la madre Klara
nell’organizzazione di molti convegni, e soprattutto del Sedicesimo
Congresso Universale dell’Esperanto, che si tenne a Vienna nel 1924 e vide
tra i relatori Edmond Privat, le cui parole vengono così riportate da Heller
(1985: 53):
The world war had killed not only million of young men, it had also
put an end to ancient knighthood, to the old era. A new time, a new
85 epoch for mankind has begun, also a new knighthood. the
knighthood of the new era is no longer the heroes of force and arms.
They are no longer covered by shining silver or gold armour. They
hands no longer hold iron weapons; are the knights of the ideal on of
love for mankind. Their strength, the spirit; their arms, convictions
and example. The mysterious force, of which Zamenhof sang, unites
them and sends them throughout the entire world to fulfil their task
and bring humanity toward more light, more peace, more justice.
Our task is very clear: we must slay the dark dragon of
misunderstanding among peoples, we must spread that language in
which dwells the youthful spirit of the new humanity.
[La Guerra mondiale aveva ucciso non solo milioni di giovani, ma
aveva anche posto fine alla figura del cavaliere antico, di epoca
antica. Un nuovo tempo, una nuova epoca per l’umanità è iniziata,
anche una nuova cavalleria. Il cavalierato della nuova era non sono
più gli eroi della forza e delle armi. Non sono più coperti da una
splendente armatura d’argento o d’oro. Hanno mani che non reggono
più armi di ferro; sono i cavalieri dell’ideale dell’amore per
l’umanità. La loro forza, lo spirito; le loro braccia, le convinzioni e
l’esempio. La forza misteriosa, di cui Zamenhof cantava, li unisce e
li invia in tutto il mondo per svolgere il loro compito e portare
l’umanità verso più luce, più pace, più giustizia. Il nostro compito è
molto
chiaro:
dobbiamo
uccidere
il
drago
oscuro
dell’incomprensione tra i popoli, dobbiamo diffondere la lingua in
cui abita lo spirito giovane della nuova umanità.]
Queste parole fecero nascere in Lidia il desiderio di impegnarsi nella
costruzione di una nuova era: toccata dalla violenza del primo conflitto
mondiale e dal trattamento riservato agli ebrei in Polonia, voleva
contribuire alla nascita di un’umanità in cui la pace e la fratellanza
potessero concretamente esistere tra i popoli. Perché questo desiderio
86 potesse realizzarsi, Lidia decise di dedicarsi ancora di più alle attività di
diffusione della lingua internazionale e dello Homaranismo, e fu chiamata a
responsabilità importanti e a ruoli di rilievo all’interno della comunità
esperantista. Heller (1985: 54) afferma a tale riguardo:
She attended many of the specialist meeting and congress and took
part in the meeting of the esperanto’s students, where she was
chosen to serve as secretary of the international association of esperantist students. (...) she really made her presence, and her
convictions known.
[Ha frequentato molti dei meeting e dei congressi specialistici e ha
preso parte alle riunioni degli studenti di esperanto, dove è stata
scelta
per
collaborare
come
segretaria
dell’associazione
internazionale degli studenti esperantisti. (…) ha veramente mostrato
la sua presenza, e ha fatto conoscere le sue convinzioni.]
Divenuta giovane figura di spicco all’interno della comunità, Lidia lavorò
per raggiungere numerosi obiettivi concreti: primo tra tutti quello di opporsi
agli scismi che si erano creati all’interno della comunità in seguito alla
morte del Doktoro Esperanto. Dratwer (1980: 64) descrive così Lidia nella
sua ricerca di unità all’interno della comunità esperantista:
The esperantists would soon learn that here was another Zamenhof,
who would speak her mind and express her convictions openly and
fearlessly. As she did that day in Vienna, Lidia (...) warned against
anything that might lead to division or schism in the esperanto
movement.
87 [Gli esperantisti impararono presto che era un’altra Zamenhof, che
avrebbe parlato con la sua mente e avrebbe espresso le sue
convinzioni apertamente e senza paura. Come ha fatto quel giorno a
Vienna, Lidia (…) metteva in guardia contro qualsiasi cosa che
avrebbe potuto portare alla divisione o allo scisma nel movimento
esperantista.]
Nell’inverno dello stesso 1924 un altro lutto colpì la famiglia Zamenhof:
Klara, già da tempo malata di cancro, morì il 6 dicembre. L’evento segnò la
famiglia e impose la necessità di individuare nuove figure capaci di guidare
la comunità mondiale degli esperantisti, seguendo le indicazioni e gli intenti
di Zamenhof padre ma sapendo rispondere alle esigenze emergenti di una
società che stava cambiando.
In seguito alla scomparsa di Klara, venne affidato a Edmond Privat il
compito di lavorare per la ricostruzione di un movimento esperantista
unitario e di resistere agli attacchi dei molti nazionalisti che si schieravano
contro la sua esistenza: a Privat va riconosciuto lo sforzo di aver reso
l’esperanto
una
Lingua
Ausiliaria
Universale
internazionalmente
riconosciuta e utilizzata. Esempio di questo è il fatto che nel 1925 la League
of the Nations47 propose a tutti i paesi membri, su suggerimento del
consigliere Privat, di riconoscere l’esperanto come Lingua Ausiliaria,
utilizzabile in particolare per le comunicazioni radio e telegrafiche.
47
Il Consiglio della Società delle Nazioni è un organo politico internazionale nato al termine del primo conflitto mondiale, nel 1919, durante il Congresso di Pace di Parigi. Privat fu nominato consigliere onorario nel 1922: fu portavoce del movimento esperantista in questo organo, tutelando e diffondendo i principi e i diritti della minoranza, lottò lungamente affinché l’esperanto fosse una lingua insegnata nelle scuole del mondo: questo avrebbe facilitato il dialogo costruttivo e pacifico tra i popoli e le Nazioni, principio ispiratore che animava i paesi membri della Società delle Nazioni. Per una maggiore e più approfondita conoscenza dei principi, della storia e della costituzione della Società delle Nazioni, si consiglia la lettura almeno di Baldoni (1976). 88 Nonostante le iniziali opposizioni della Francia, il riconoscimento fu
possibile; Heller (1985: 57) testimonia la realizzazione dell’intento di Privat
anche in un altro luogo del mondo: infatti,
in 1925 Persia48 introduced a resolution that esperanto be
recognized as a clear language for telegraphy, which was
unanimously accepted by the language of the League of Nations as
well as the Universal Telegraph Union. The International Labour
Office, which was supported by the League, began to use esperanto,
as did various commercial and scientific organizations.
[
nel 1925 la Persia ha presentato una risoluzione affinché
l’esperanto potesse essere riconosciuto come un linguaggio chiaro
alla telegrafia, come è stato unanimemente accettato dalla lingua
della Società delle Nazioni, come anche dall’Unione Universale del
Telegrafo. L’Ufficio Internazionale del Lavoro, che è stato sostenuto
dalla Lega, ha iniziato a usare l’esperanto, come hanno fatto anche
diverse organizzazioni commerciali e scientifiche.]
Gradualmente l’esperanto si diffondeva a livello internazionale: si
ampliava il numero di vocaboli, si realizzavano glossari, nasceva una
letteratura e si componevano addirittura canzoni. Oltre a quello di Privat,
anche il lavoro di Lidia era incessante. Dratwer (1980: 102), con ironia e
chiarezza, descrive così la giovane:
48
Non devono essere dimenticate le origini persiane di Privat, che nel corso della sua vita mantenne un legame stretto con la terra natia, nella quale, grazie alle sue mansioni istituzionali, ebbe la possibilità di conoscere politici e uomini importanti della società. 89 We esperantist young men used to say Lidia Zamenhof had only one
lover, which is the esperanto language!
[Noi giovani esperantisti eravamo soliti dire che Lidia Zamenhof
aveva solo un amante, che è la lingua esperanto!]
Lidia lavorò in particolare alla traduzione di molti testi della letteratura
polacca e all’insegnamento della lingua esperanto a bambini e ragazzi.
Aveva infatti una certezza così testimoniata da Heller (1985: 60-61):
she believed that peace would not come until there was
brotherhood and justice among all the peoples of the world. But this
could not occur until they could communicate with each other.
Esperanto, she believed, was the ideal mean for that.
[ credeva che la pace non sarebbe giunta fino a quando non ci fosse
stata fratellanza e giustizia fra tutti i popoli del mondo. Ma questo
non poteva accadere fino a che non potevano comunicare tra loro.
L’esperanto, ha creduto, era il mezzo ideale per questo.]
Alternava il lavoro per il movimento allo studio universitario e incontrava
uomini e donne da tutto il mondo, giovani esperantisti che si interessavano
alla lingua e allo Homaranismo, che volevano far vista alla tomba dei
coniugi Zamenhof; realizzò il diciassettesimo Congresso Universale
dell’Esperanto, che si sarebbe tenuto nell’agosto del 1925 a Ginevra.
90 III. 3: LA CONVERSIONE
Nell’agosto del 1925 Lidia partì da Varsavia per raggiungere Ginevra.
Come narrano le parole di Dratwer (1980: 108), la giovane non immaginava
quello che le sarebbe accaduto.
When in the summer of 1925 I took a train to go from Warsaw to
Vienna and from Vienna to Geneva in order to attend the esperanto
congress held that year in the City of the Nations, I did not imagine
that each turn of the weels was bringing me nearer to a contact
which was to mean life for me.
[Quando nell’estate del 1925 ho preso un treno per andare da
Varsavia a Vienna e da Vienna a Ginevra per partecipare al
congresso di esperanto celebrato nella Città delle Nazioni, non
immaginavo che ogni giro delle ruote mi stava portando più vicino al
contatto che doveva significare la vita per me.]
Nella città, riunitisi molti esperantisti provenienti da ogni parte del mondo,
si ritrovavano a Ginevra anche fedeli appartenenti a una minoranza
religiosa ancora poco conosciuta in Europa: i Baha’i guidati da Marta
Root49, desiderando entrare in contatto con gli esperantisti che lì si
49
Marta Root nasce nel 1872 negli Stati Uniti. Dopo aver conseguito la laurea nel 1895 inizia la sua attività di insegnante di lettere e viene assunta dal Pittsburgh Chronicle Telegraph come giornalista freelance. Per motivi di lavoro conosce il giornalista Roy Wilhelm, fedele Baha’i, che la introduce alla religione di Baha’u’llah: l’interesse che Marta provava per questa minoranza la porta a incontrare Abdu’l’baha, che conosce personalmente durante la sua visita a Chicago nel 1911. È questo incontro a determinarne la conversione. Nel 1912 la giornalista decide di abbandonare gli Stati Uniti e il proprio lavoro di freelance per insegnare e diffondere nel mondo i principi della fede Baha’i: viaggia in Europa, in Oceania, in Asia. I viaggi europei sono proficui: nel 1923 Marta conosce la regina Maria di Romania, con la quale stringe un rapporto di stima; la regina si convertì alla fede Baha’i proprio quell’anno, divenendo la prima sovrana a professare questa fede. Nel 1925 Marta incontra Lidia Zamenhof che, convertitasi al Bahaismo, decide di 91 riunivano, riconoscendo in loro una vicinanza di intenti e di principi,
avevano scelto la stessa città per il loro convegno. Marta, in modo
particolare, considerava l’esperanto il modello di Lingua Ausiliaria
Universale migliore: era una lingua che lei conosceva e parlava
fluentemente, e che insegnava a molti dei fedeli Baha’i. Marta viene così
descritta da Heller (1985: 64-65):
Marta
sympathized
wholeheartedly
with
the
principles
of
esperantism, believing that the international auxiliary language
ought to be a natural one. To people who have travelled and met the
statesmen and the masses in different lands it is evident that any
national tongue in not only not acceptable as a universal helplanguage, but it is unsuitable to the international though content of a
new universal cycle.
[Marta
simpatizzava
con
tutto
il
cuore
per
i
principi
dell’esperantismo, credendo che la lingua ausiliaria internazionale
dovesse essere naturale. Per le persone che hanno viaggiato e hanno
incontrato gli statisti e le masse in terre differenti, è evidente che
qualsiasi lingua nazionale non solo non è accettabile come lingua
ausiliaria universale, ma è inadatta al contenuto internazionale di un
nuovo ciclo universale.]
imitare Marta viaggiando tra le comunità Baha’i ed esperantiste del mondo. Amica personale di Shoghi Effendi, Marta viene da lui nominata una delle Mani della causa di dio nel 1931. Il “Custode” l’ha definita the pride of Baha’i teachers, whether men or women, in both the East and the West [l’orgoglio degli insegnanti Baha’I, uomini o donne, sia in Oriente sia in Occidente]. Malata di cancro al seno, Marta muore a Honolulu, nelle isole Hawaii, nel settembre del 1939. Una biografia completa e dettagliata di Marta Root è raccolta in Garis (1983). 92 Il suo credo in un rapporto di fratellanza assoluta tra Baha’i ed esperantisti
emerge chiaramente dalle parole della stessa Marta riportate in Garis (1983:
34):
Our aim is the same as yours: the Baha’i movement is the
“esperanto” of religions.
[Il nostro obiettivo è uguale al loro: il movimento Baha’i è
“l’esperanto” delle religioni.]
Come molti altri esperantisti, Lidia venne invitata a partecipare a una delle
conferenze del congresso Baha’i,cui prese parte, incuriosita dalla proposta,
insieme alla sorella Zofia. Qui, per la prima volta, le figlie del Doktoro
Esperanto sentirono parlare di Baha’u’llah, di Abdu’l’baha, e, assieme ai
loro nomi, sentirono menzionare più volte quello del padre. Durante la
conferenza prese la parola Adelbert Muhlschlegel50, docente universitario,
che in fluente esperanto indicò alla platea i principi rivelati da Baha’u’llah
ai suoi fedeli, i passi compiuti da Abdu’l’baha e la grande vicinanza con
Ludwik Zamenhof. Muhlschlegel concluse il suo intervento con queste
parole come riportate in Heller (1985: 66):
This was ordained many decades ago by a prophet in an uncivilized
oriental land. Dr L.L. Zamenhof during his blessed life carried out
that esperanto inner idea, the spirit of the future new humanity, the
50
Adelbert Muhlschlegel (1897 -­‐ 1980) fu docente universitario di Scienze naturali presso l’ateneo di Ginevra, scrittore e fedele Baha’i. All’interno del movimento ebbe numerose responsabilità; fu amico personale di Shoghi Effendi che, nel 1952, lo nominò tra i membri delle dodici “Mani della causa di dio”. Notizie più ricche e complete sono indicate in Effendi (1976). 93 spirit of Baha’u’llah. Because of that, Dr Zamenhof was a true
Baha’i. And all Baha’i in the whole world honour him as an ideal
model, love him as majistro[sic]51 and brother.
[Questo è stato ordinate molti decenni fa a un profeta in una terra
incivile orientale. Il dottor L.L. Zamenhof nel corso della sua vita
beata ha portato alla luce l’idea interiore dell’esperanto, lo spirito del
futuro dell’umanità nuova, lo spirito di Baha’u’llah. Per questo, il
dottor Zamenhof era un vero Baha’i. E tutti i Baha’i in tutto il
mondo a lui rendono onore come un modello ideale, lo amano come
majistro e fratello.]
Quel giorno Lidia e Marta Root si conobbero, mantenendo da quel
momento rapporti stretti. Alla conclusione dei lavori del congresso
esperantista e del meeting Baha’i, Lidia rientrò a Varsavia. Qui trovò una
condizione politico-sociale complessa: le misure restrittive nei confronti
degli ebrei si inasprivano, al punto che molti ebrei polacchi decisero di
lasciare la Prussia cercando nuove mete. Nel frattempo in Europa stavano
nascendo nuovi partiti e gruppi politici nazionalisti che intimorivano le altre
potenze europee, non ultimi il Fascismo in Italia e il Nazismo in Germania.
I cambiamenti politici in atto non li spaventavano: cercarono anzi di
intensificare le attività di diffusione dei princìpi esperantisti, mostrando il
forte desiderio da loro nutrito di costruire un senso di unità e fratellanza tra
singoli e Nazioni.
Il 18 aprile 1926 Marta e Lidia si incontrarono per la seconda volta, in
occasione dell’inaugurazione del monumento dedicato a Ludwik Zamenhof,
avvenuta in quell’anno a Danzica. All’evento parteciparono in moltissimi.
Come testimonia Heller (1985: 68-69),
51
In esperanto “maestro”. È uno dei numerosi appellativi di Ludwik Zamenhof. 94 five hundred people had gathered, including representatives of the
jewish
community,
of
esperanto
societies
and
educational
institutions, as well as reporters, photographers and some
government officials. Several people had come from the provinces,
and some, including Marta Root, from the other countries.
[
cinquecento
persone
si
erano
riunite,
comprendendo
rappresentative della comunità ebraica, di società di esperanto e le
istituzioni educative, oltre a giornalisti, fotografi e alcuni funzionari
del governo. Diverse persone erano venute dalla provincia, e alcuni,
tra cui Marta Root, dagli altri paesi.]
Marta, donna molto colta, pronunciò il suo discorso commemorativo;
Lidia, come anche molti esperantisti lì riuniti, rimase molto stupita dalle
parole della giornalista (Heller 1985: 69).
The Baha’i movement is one form of Homaranismo. Abdu’l’baha’s
words praising Zamenhof and esperanto, and Dr Zamenhof’s
statements about the Baha’i faith (…) expressing his interest in the
Baha’i movement as one of the great world movements which, like
Esperanto, insist on the brotherhood of mankind.
[Il movimento Baha’i è una forma di Homaranismo. Le parole di
Abdu’l’baha lodano Zamenhof e l’esperanto, e il dottor Zamenhof fa
dichiarazioni sulla fede Baha’i, (…) esprimendo il suo interesse per
il movimento Baha’i in quanto uno dei grandi movimenti mondiali
che, come l’esperanto, insiste sulla fratellanza tra gli uomini.]
Marta rimase in Prussia per le due settimane successive all’inaugurazione.
Durante questo soggiorno fu a stretto contatto con Lidia, alla quale dava
95 lezioni di lingua inglese in cambio di conversazioni in esperanto. I dialoghi
tra loro, di carattere prevalentemente religioso, colpirono profondamente la
Zamenhof, che descrive così il rapporto con Marta (Dratwer 1980: 112):
Soon she told me what was the cause to which she was sacrificing
her life. I can’t say I accepted it at once. Too long was I indifferent
to matters of faith. I remember asking her whether an atheist can be
a Baha’i. And when she told me that the Baha’i do believe in the
existence of god I decided within myself: well, I’m not going to be a
Baha’i. But Marta could not be discouraged easily. She knew how to
be patient, to be faithful and to pray. It was her pure and spiritual
personality which appealed to me at the time more than any written
statements.
[Presto mi ha detto quale fosse il motivo per cui aveva sacrificato la
sua vita. Non posso dire che ho accettato immediatamente. Troppo a
lungo sono stata indifferente alle questioni di fede. Ricordo di averle
chiesto se un ateo possa essere Baha’i. E quando mi ha detto che i
Baha’i credono nell’esistenza di dio ho deciso dentro di me: bene, io
non ho intenzione di essere Baha’i. Ma Marta non poteva essere
facilmente scoraggiata. Ha saputo essere paziente, essere fedele e
pregare. Era la sua personalità pura e spirituale che mi piaceva, al
momento più di qualsiasi dichiarazione scritta.]
Lidia, che per lungo tempo non aveva avuto interessi religiosi, era scettica
riguardo a dio e alla fede; Marta le spiegò la storia della fede Baha’i e delle
sue guide, i suoi capisaldi, le sue attività e le sue azioni. Lidia ritrovò un
interesse per questi princìpi, gli stessi che la madre e il padre le avevano
insegnato sin dall’infanzia. La stessa Lidia afferma, come testimoniato da
Dratwer (1980: 114):
96 It seems to me that esperanto is a school in which Baha’i can educate
themselves. The Baha’i movement is a step forward, it is larger. (…)
In the teaching of Baha’u’llah I found the universality which only
the truly god-given teaching can give to searching mankind. that is
why it attracted me at the beginning.
[Mi sembra che l’esperanto sia una scuola nella quale i Baha’i
possono educare loro stessi. Il movimento Baha’i è un passo avanti,
è più grande. (…) Nell’insegnamento di Baha’u’llah ho trovato
l’universalità che solo l’insegnamento veramente dato da dio può
dare all’umanità che ricerca. È per questo che mi ha attratto
dall’inizio.]
Questo periodo trascorso insieme a Marta segnò la definitiva conversione di
Lidia alla fede Baha’i.
Da quel momento anche i rapporti tra i due movimenti divennero molto
più numerosi e stretti: nell’agosto del 1926 si tenne il diciassettesimo
Congresso Mondiale di Esperanto a Edimburgo, città molto cara ai Baha’i
in quanto una delle mete dei viaggi europei di Abdu’l’baha. Il congresso
vide tra gli interlocutori molti dei membri della comunità internazionale
Baha’i, che rinnovarono la loro vicinanza al movimento esperantista; tra
questi Sigfried Schopflocher (1877 - 1953), nominato da Shoghi Effendi
una delle “Mani della causa di dio”52, affermò (Heller 1985: 68):
We are part of the same body and we walk together toward the same
goal.
52
Per approfondire i temi legati alla elezione delle “Mani della causa di dio”, ai membri di questo consiglio e agli anni di elezione, si consiglia Effendi (1976). 97 [Siamo parte di uno stesso corpo e camminiamo insieme verso la
stessa meta.]
Lidia, sempre più legata al movimento e alla fede Baha’i, aveva iniziato
anche un rapporto epistolare con Shoghi Effendi, in particolare
domandando al “Custode” il permesso di visitare Haifa, the holy land. La
guida Baha’i negò, per motivi di sicurezza, il consenso alla partenza della
giovane convertita, costretta ad attendere fino al 1930. Solo in quell’anno,
infatti, Shoghi Effendi permise a Lidia di visitare la terra sacra ai fedeli
Baha’ì. Il viaggio di Lidia durò due settimane, durante le quali conobbe
l’assetto organizzativo della comunità Baha’i, conobbe fedeli e visitò i
monumenti lì presenti. Fu per lei un’esperienza importante, come viene
riportato in Heller con queste parole (1985: 87):
Again I was sad, very sad on that last morning, ascending Mount
Carmel for the last time. (…) My heart, my head, my soul, the air
itself seemed to be made of lead. I prostrated myself for the last
prayer. And as I was praying, the felling of despondency began to
grow less heavy. Little by little the despondency disappeared. And
when it had disappeared a joy came. A joy with no outward cause. A
joy born in the heart as if the heart was suddenly touched by a
smiling sunray. That joy kept growing as a sea tide, until it flooded
my soul. (…) All sadness, all doubts, all the dark hours of battle
were gone and joy was there, a heaven sent joy, a divine
confirmation. Whoever receives such a confirmation, forgets his
doubts. Whoever experiences once such a joy, cannot be truly
unhappy even in the darkest hours of his life.
[Ancora una volta ero triste, molto triste in quell’ultimo mattino,
salendo il Monte Carmelo per l’ultima volta. (…) Il mio cuore, la
98 mia testa, la mia anima, l’aria stessa sembravano di piombo. Mi sono
prostrata per l’ultima preghiera. E mentre stavo pregando,
l’abbattimento iniziò a divenire meno pesante. A poco a poco lo
sconforto scomparve. E quando scomparve venne una gioia. Una
gioia senza causa verso l’estremo. Una gioia, che nasce nel cuore
come se il cuore fosse stato improvvisamente toccato da un raggio di
sole sorridente. Quella gioia continuò a crescere come una marea del
mare, fino a quando non ha inondato la mia anima. (…) Ogni
tristezza, tutti i dubbi, tutte le ore buie della battaglia erano spariti e
la gioia era lì, il paradiso ha inviato la gioia, una conferma divina.
Chi riceve tale conferma dimentica i suoi dubbi. Chi fa esperienza
una volta di una tale gioia, non può essere veramente infelice, anche
nelle ore più buie della sua vita.]
Rientrata da Haifa, la vocazione di Lidia all’insegnamento della lingua
esperanto fu ancora più forte: a Varsavia aprì numerose classi di lingua
internazionale per bambini e ragazzi, promuovendo seminari per studenti
universitari e scrivendo per riviste e giornali. Tra il 1931 e il 1933 collaborò
alla terza riedizione della Enciklopedio de Esperanto53 e tradusse in lingua
internazionale il testo di Baha’u’llah Kitab-i-Iqan (The Book of Certitude, il
Libro della Certezza) e i discorsi che Abdu’l’baha tenne nel 1911 a Parigi.
In una lettera inviatale dal “Custode” riportata da Heller, si legge (1985:
77):
I can assure you that the members of the world wide Baha’i
community follow with increasing interest and genuine hope the
53
Alla prima edizione dell’Enciclopedia dell’esperanto, stampata a Bucarest nel 1914, ne seguirono numerose successive. L’enciclopedia raccoglie cronologia, notizie, storia, personaggi del movimento esperantista ed è compilata interamente e unicamente in esperanto. 99 progress of your labour, and feel that by your high endeavours you
are promoting one of the outsiding principles proclaimed by
Baha’u’llah. They share with me the fervent hope that in the days to
come closer bonds of cooperation and fellowship may bind the
esperantist of the world with our beloved faith, and that the
establishment and maintenance of intimate relationships between
Baha’i and esperantist may prove conducive to the betterment of
mankind.
[Vi posso assicurare che i membri della comunità Baha’i di tutto il
mondo seguono con crescente interesse e genuina speranza il
progetto del vostro lavoro e sentono che attraverso i vostri grandi
sforzi state promuovendo uno dei principi proclamati da Baha’u’llah.
Essi condividono con me la fervida speranza che, nei giorni che
verranno, legami più stretti di cooperazione e amicizia potrebbero
legare gli esperantisti del mondo alla nostra amata fede, e che
l’istituzione e il mantenimento di rapporti intimi tra Baha’i ed
esperantisti può risultare favorevole al miglioramento del genere
umano.]
La “figlia dell’esperanto”, appellativo con il quale spesso veniva chiamata
Lidia, si occupò anche di realizzare il diciannovesimo Congresso universale
dell’Esperanto, tenutosi a Oxford nel 1933. Il complesso periodo politico
che l’Europa e il mondo stavano attraversando, dai totalitarismi nazionalisti
alla crisi economica globale, riverberarono nel suo discorso inaugurale al
Congresso di quell’anno, come descritto da Heller (1985: 90-91):
In dark time of crisis, when mankind is wandering aimlessly like a
flock of sheep, we talk about a prophet. The prophet was greater
than man, yet not god. The prophet could be compared to rays of
sunlight that warm the earth. He is not the great sun itself, although
100 he bring to the earth the sun’s essence: light and warmth. The
prophets are like the moon, shining down upon the earth, although
their light came not from themselves but from the sun. Today we
believe in the prophet that will save us.
[Nel buio tempo di crisi, quando l’umanità sta vagando senza meta
come un gregge di pecore, noi parliamo di un profeta. Il profeta è più
grande dell’uomo, non ancora dio. Il profeta potrebbe essere
paragonato ai raggi di sole che riscaldano la terra. Non è il grande
sole stesso, anche se porta sulla terra l’essenza del sole: luce e
calore. I profeti sono come la luna, che splende giù sulla terra, anche
se la loro luce non è venuta da loro stessi, ma dal sole. Oggi
crediamo nel profeta che ci salverà.
Il Congresso raccolse un grande successo di pubblico: esperantisti, fedeli
Baha’i, uomini provenienti da Nazioni diverse e da esperienze religiose
differenti. Tra questi occorre ricordare almeno il cattolico Andrei Cseh54,
che fu allievo e amico di Lidia.
III. 4: ANDATA E RITORNO
Dal 1934 Lidia viaggiò moltissimo, in Europa e negli Stati Uniti. Marta
Root l’aveva più volte invitata ad abbandonare Varsavia, bersaglio degli
interessi di Hitler. Inoltre la “figlia dell’esperanto”, in quanto interprete e
donna di fede, avrebbe potuto mettere a disposizione del mondo la sua
54
Andrei Cseh (1891-­‐1964) fu una figura importante per la carriera professionale di Lidia: insieme i due aprirono una classe di esperanto in Romania, da cui Cseh proveniva. Maggiori informazioni a riguardo sono reperibili in Heller (1985: 128 e ss). 101 personalità e professionalità. Lidia descrive così il suo lavoro nella
testimonianza di Dratwer (1980: 51):
My job is teaching the language to young children esperanto and
university students. But I do not teach only that the values of
brotherhood and peace, the desire for unity, the necessity of faith...
are all topics that I face with them, because those who learn the
language to include a new way of living in harmony.
[Il mio lavoro consiste nell’insegnamento della lingua esperanto ai
giovani ragazzi e studenti universitari. Ma non insegno solo questo: i
valori della fratellanza e della pace, il desiderio di unità, la necessità
della fede... sono tutti argomenti che affronto con loro, perché chi
impara la lingua comprenda un nuovo modo di vivere in armonia.]
Lidia decide così di accogliere l’invito a partire, e inizia per lei un lungo
periodo di peregrinazioni: Marsiglia, Cannes, Bordeaux, Colonia,
Stoccolma. E proprio a Stoccolma, in quello stesso 1934, Lidia apre il
ventiseiesimo Congresso Universale dell’Esperanto e fonda, insieme a
Marta Root, the Union of Esperantist Women.
Conclusosi il congresso, Lidia continuò a spostarsi di città in città,
visitando comunità Baha’i ed esperantiste. Nel biennio 1934-1936 fu poi in
Italia, a Napoli, e visitò Malta, Tripoli e l’Alsazia.
Al termine di questo biennio, Lidia fu esortata da Shoghi Effendi a partire
per gli Stati Uniti, dove le comunità esperantiste e Baha’i erano ancora poco
numerose. Heller (1985: 145) riporta le parole scritte da Effendi:
102 It would be splendid if you could visit the United States where the
friends are so eager to meet you and accord you a hearty welcome.
You will let me know, I trust, whenever you decide to visit them, for
I wish to introduce you to them in a befitting manner.
[Sarebbe splendido se potessi visitare gli Stati Uniti dove gli amici
sono così ansiosi di conoscerti e darti un cordiale benvenuto. Mi
farai sapere, spero, ogni volta che decidi di far loro visita, perché
voglio presentarti in maniera adeguata.]
Lidia seguì il suggerimento del “Custode”, giungendo negli Stati Uniti nel
1937. Scrisse prima di lasciare l’Europa (Heller 1985: 151):
I pray Baha’u’llah may enable me to serve in America, to give his
message to some of the esperantists and to help the Baha’i friends to
know this language that has been created through the creative power
of god’s word.
[Prego Baha’u’llah che mi permetta di servire in America, per dare il
suo messaggio ad alcuni degli esperantisti e per aiutare gli amici
Baha’i a conoscere questo linguaggio che è stato creato attraverso la
Potenza creatrice della parola di dio.]
La signorina Zamenhof rappresentava perciò un tramite privilegiato tra la
fede Baha’i e gli esperantisti, ed era la prova della grande vicinanza tra i
due movimenti. Il “Custode”, poi, valorizzava e sosteneva i rapporti tra
Baha’i ed esperantisti, riconoscendo la necessità e l’importanza per i fedeli
di conoscere e parlare un’unica lingua, che potesse essere strumento per il
dialogo tra tutti i popoli. Dice infatti Effendi (Heller 1985: 155):
103 The Baha’i are advised to study esperanto only on consideration of
the fact that the learning of this language can considerably facilitate
intercommunication between individuals, groups and assemblies
through the Baha’i world in the present stage of the evolution of the
faith.
[I Baha’i sono invitati a studiare l’esperanto solo in considerazione
del fatto che l’apprendimento di questo linguaggio può notevolmente
facilitare la comunicazione tra gli individui, i gruppi e le assemblee
nel mondo Baha’i in questo attuale stadio dell’evoluzione della
fede.]
La giovane esperantista aveva perciò il compito di insegnare la lingua
internazionale e di visitare le comunità Baha’i d’America, ma era anche
l’immagine reale della fratellanza tra i due movimenti.
Lidia viaggiò moltissimo, incontrando numerosi fedeli in molte città: fu a
Boston, New York, Detroit, Cleveland; in ogni città visitò le società
esperantiste, conobbe molti emigrati europei e strinse legami con alcuni dei
responsabili della comunità Baha’i americana, in particolare con Horace
Holley55 .
Nel 1938 la Germania nazista invase l’Austria, esplicitando l’intenzione di
iniziare un nuovo conflitto in Europa: Lidia, per sicurezza personale, chiese
al governo degli Stati Uniti il permesso di soggiorno, ma la richiesta le fu
negata. Il governo americano non consentiva permanenze così prolungate in
quel momento storico, e invitò la giovane esperantista a rientrare nel paese
55
Horace Holley (1887 -­‐ 1960), era un fedele Baha’i. Convertitosi dopo aver incontrato Abdu’l’baha durante i suoi viaggi negli Stati Uniti, strinse rapporti stretti con Marta Root e Shoghi Effendi. Conobbe Lidia e con lei imparò la lingua esperanto. Nel 1952 fu nominato da Shoghi Effendi tra le “Mani della causa di dio”. È possibile reperire maggiori informazioni sulla storia di Holley facendo riferimento al completo volume Esslemont (1983). 104 d’origine. Nonostante tutti i tentativi da parte dei Baha’i americani, Lidia fu
costretta a rientrare in Europa. Il dolore e il timore per il rientro in Polonia
in un momento così delicato non la fermano. Ecco cosa scrive Lidia come
riportato in Heller (1985: 227):
I have a important work to do in Poland: to raise up believers in
Baha’u’llah.
[Ho avuto un lavoro importante da fare in Polonia: far sorgere i
credenti in Baha’u’llah.]
Lidia riuscì a continuare la propria attività di insegnante di esperanto e
conobbe diversi convertiti alla fede Baha’i. Nel 1939 la guerra aveva avuto
inizio, e gli Zamenhof vissero un periodo molto duro: nel 1940 tutta la
famiglia venne arrestata, prima Adam, poi Stephen, il cugino, a seguire
Zofia e Lidia. Il Terzo Reich teneva sotto stretto controllo il movimento
esperantista, come descrive chiaramente Heller (1985: 236):
Although esperanto had been forbidden in Germany for three years,
and in Austria since the Anshluss, the SS and the Gestapo had
continued to consider the movement a threat to the Reich. An eleven
page internal report in 1940 show detailed knowledge of Dr
Zamenhof and his philosophy of Homaranismo. After the war, SS
colonel Josef Meissinger, head of the Security Police in Warsaw,
admitted he had receives special orders from Berlin, directing him to
imprison the Zamenhofs.
[Anche se l’esperanto era stato proibito in Germania per tre anni, e
in Austria dall’Anshluss, le SS e la Gestapo avevano continuato a
considerare il movimento una minaccia per il Reich. Un rapporto
105 interno di undici pagine nel 1940 mostrò una conoscenza dettagliata
del dottor Zamenhof e della sua filosofia dell’Homaranismo. Dopo
la guerra, il colonnello delle SS Josef Meissinger, capo della polizia
di sicurezza a Varsavia, ammise che aveva ricevuto ordini speciali
da Berlino, che gli imponevano di imprigionare gli Zamenhof.]
La famiglia fu inizialmente alloggiata nel Ghetto di Varsavia, dove
vivevano tutti insieme. Ma fu solo una soluzione temporanea, in quanto nel
1942 gli Zamenhof furono inviati nel campo di sterminio di Treblinka, nella
Polonia nord-orientale. Nel numero del milione e duecentomila56 ebrei che
vi morirono, vi fu anche Lidia Zamenhof, nel 1943. Il corpo venne ritrovato
solo quando, nel 1944, vennero demolite tutte le strutture di detenzione e
sterminio (crf. Heller 1985: 248).
La comunità Baha’i internazionale fu scossa dalla notizia della scomparsa
di Lidia, e Shoghi Effendi scrisse queste parole in suo ricordo, ancora una
volta in Heller (1985: 252):
Her services, her tenacity, modesty and unwavering devotion will
always keep her memory alive.
[I suoi servizi, la sua tenacia, la modestia e la devozione incrollabile
manterranno sempre vivo il suo ricordo.]
Oggi il corpo di Lidia è sepolto nel cimitero ebraico di Varsavia.
56
Il campo fu attivo solo nel 1942 e nel 1943. 106 IV. LA CONVERSIONE E LO STUDIO: ALESSANDRO BAUSANI
IV. 1: GIOVINEZZA E FORMAZIONE
Alessandro Bausani57 nasce il 29 maggio del 1921 in una famiglia
cattolica di Roma. La madre, Maria, era lontana dalla Chiesa Cattolica,
mentre il padre, Giovanni, era un uomo dalla fede salda e inflessibile.
Alessandro riceve sin da bambino una rigida educazione alla fede: il padre
gli impone la lettura del Vangelo, lo porta alla messa quotidiana e gli fa
ricevere tutti i sacramenti.
Negli anni dell’adolescenza il giovane Bausani viene introdotto alla lettura
di testi che sono capisaldi della fede cristiana cattolica, come le Confessioni
di Sant’Agostino e la Summa Theologiae di San Tommaso d’Aquino, ma
anche San Girolamo, San Francesco... Nonostante la giovane età,
Alessandro viene segnato da queste letture, che accrescono in lui il
desiderio della fede e gli fanno vivere una intensa esperienza di Dio. Come
Grieco (1979: 37) ha narrato, riflettendo su quel periodo vissuto da
Bausani:
L’educazione e le letture lo indussero a scegliere come “casa ideale
il convento”, a sognare un rapporto mistico con Dio, una vita
equamente divisa fra il lavoro e la preghiera e a concepire un senso
antico dei valori umani. 57
Per conoscere in maniera più approfondita la biografia e la personalità di Alessandro Bausani si consiglia almeno la lettura di Grieco (1979), Savi (2008), Scarcia (1999). 107 Iscrittosi al liceo classico, si dedica agli studi umanistici, storici e filosofici
e si dedica allo studio della linguistica, materia che affascina il giovane
studente romano. Al termine del liceo, si iscrive alla facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma, dove ha a possibilità di
proseguire e approfondire i suoi interessi e le sue passioni. Proprio in questi
anni scopre la cultura mediorientale, si interessa alla Persia e alle sue
molteplici anime. Quella che dapprima appariva unicamente una passione
casuale,
diviene
invece
fatto
determinante
della
sua
vocazione
professionale: dopo aver conseguito la laurea a pieni voti nel 1943, ottiene
una borsa di studio come assistente della cattedra di Lingua e Letteratura
Persiana alla Sapienza, vincendo la cattedra come docente ordinario nel
1963. La carriera professionale di Bausani ha inizio a Roma, città che lo
porterà a conoscere e frequentare numerosi intellettuali e uomini di cultura
provenienti sia da oriente sia da occidente, e che gli apriranno numerose
altre strade nel panorama degli studi orientali in Italia.
L’intero periodo degli studi è caratterizzato da un forte travaglio personale
e spirituale. Per quanto la scelta del cattolicesimo non corrispondesse
appieno alle sue esigenze, la formazione cristiana fu per lui decisiva. Come
sottolinea Grieco (1979: 38):
La formazione familiare aveva reso il suo spirito inguaribilmente
religioso.
108 Sull’importanza dell’educazione cristiana ricevuta, si è espresso anche
Scarcia58 (1999: 485), collega di Bausani:
Non si insisterà mai abbastanza sul cattolicesimo di Bausani: nel
senso etimologico, e nella convinzione che l’appartenenza a una
comunità vera fosse e sia la condizione necessaria, se non
sufficiente, della robustezza di una coscienza religiosa vera. E non
solo comunità, ma anche comunità ortodossa, perché sono le
ortodossie quelle che vale la pena sociale di preservare, magari
inghiottendo rospi e lacrime, e lavorando per raffinarle da dentro.
Gli anni universitari furono determinanti per la storia della conversione di
Bausani: l’incontro con la filosofia e lo studio della storia lo portarono ad
allontanarsi progressivamente dalla Chiesa Cattolica e ad avvicinarsi a
ideali comunisti e di socialismo utopico. Nel 1944 aveva incontrato un
gruppo di studenti comunisti, una frangia di ragazzi che accolsero Bausani e
lo introdussero ai testi di Marx ed Engels, alla storia della rivoluzione russa,
di Lenin e Stalin. Bausani stava attraversando un momento di profonda
ricerca spirituale, che lo portò ad aprirsi a numerose proposte e filosofie:
oltre alle teorie socialiste, iniziò proprio in questi anni a studiare in maniera
approfondita le dottrine e le religioni d’Oriente. Quelli che erano studi a cui
era obbligato dal suo mestiere, divenirono sempre più argomenti
interessanti e persuasivi. Il suo bisogno di religiosità però non trovava
risposta. Grieco (1979: 40) riporta una frase di Bausani a tal riguardo:
58
Gian Roberto Scarcia è professore ordinario di Lingua e Letteratura Persiana presso l’università Ca’Foscari di Venezia. Fu collega di Bausani a Venezia dal 1981 al 1987: in quegli anni i due collaborarono presso il dipartimento di Studi Euro-­‐Asiatici, dipartimento di cui Scarcia è attualmente direttore. 109 Sono sempre stato convinto che la religione è una cosa importante.
Così importante che di fronte a essa non è possibile avere un
atteggiamento neutro. Infatti, nei suoi riguardi non c’è che questa
alternativa: o la si accetta, o la si combatte, come superstizione,
stregoneria.
Lo studio e le ricerche in ambito accademico lo inducono a desiderare
sempre più una fede concreta, reale, che Bausani descrive così nelle parole
di Grieco (1979: 42):
Mi è sempre interessata una politica divina per l’unificazione e la
santificazione della società umana. Non nutrivo alcun interesse verso
la mistica intesa in senso troppo esoterico e personalistaindividualista, né verso l’occultismo inteso, come è comunemente,
non come pura scienza di psicologia paranormale, ma come
spiritualità superiore alla religione. Ho sempre considerato entrambe
le cose un pericolo per la vita religiosa da due punti di vista:
dell’etica individuale perché […]spingono alla superbia, “peccato”
massimo nella vita religiosa, e quello dell’etica sociale perché
fatalmente
[…]
individualistici,
portano
delle
a
religioni,
sottolineare
creando
aspetti
dogmi
personali,
conoscitivi
pseudoscientifici e quindi, discordie. Non mi interessavano
nemmeno quelle teorie scientifiche che “porterebbero” a Dio, alla
spiritualità, perché nessuna teoria scientifica porta a Dio, anzi le
teorie portano a un Dio sbagliato, al dio del paganesimo eterno, non
al Dio d’Abramo, d’Isacco e Giacobbe, al Dio legislatore e sovrano
etico dell’universo.
In cerca di risposte e deluso sia in ambito politico sia in ambito spirituale,
decide di allontanarsi dal gruppo degli studenti comunisti della Sapienza nel
110 1946, in attesa di un cambiamento importante. Riporta con lucidità il
motivo che in quegli anni lo portò al distacco da questa frangia di giovani
(cfr. Grieco 1979: 45)
Senza Dio la rivoluzione, qualsiasi rivoluzione, è destinata a fallire.
Nel 1947 un insegnante italo-americano, Philip Amalfi Marangella59,
pioniere della fede Baha’i, si iscrisse ad alcuni corsi presso la Facoltà di
Lingue e Letterature Straniere dell’università La Sapienza e fece qui
conoscenza con il giovane borsista Bausani. Marangella, venuto in Italia per
diffondere la fede Baha’i, strinse subito amicizia con Bausani, e trovò in lui
un giovane colto e interessato alla fede. Durante la sua permanenza a Roma,
l’italo-americano presenta a Bausani Ugo Giachery60, medico e fedele
Baha’i. I dialoghi tra i tre divennero sempre più intimi: Bausani domandava
e otteneva risposte che lo persuasero, nonostante la rivoluzionarietà della
fede che i due nuovi amici gli proponevano. Nel 1948, dopo solo un anno di
permanenza, Marangella fece ritorno negli Stati Uniti e Bausani rimase con
Giachery, figura chiave nella storia personale e spirituale dell’islamista
italiano. Dopo due anni di amicizia e convivenza, Bausani decise di
59
Philip Amalfi Marangella (1895 -­‐ 1974), di origini italiane, si trasferì durante l’infanzia negli Stati Uniti, dove si convertì alla fede Baha’i nel 1913, in seguito al suo incontro personale con Abdu’l’baha. Informazioni approfondite sulla figura di questo importante pioniere della fede possono essere reperite in Harper (1997: 121-­‐133). 60
Ugo Giachery (1896-­‐1989) nacque a Palermo in una famiglia aristocratica e benestante. Si trasferì negli Stati Uniti nel 1915, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale: qui conobbe la fede Baha’i, Abdu’l’baha e Amalfi Marangella, con il quale strinse una profonda amicizia. Rientrò a Roma nel 1947, dove fu insegnante di matematica e fisica in numerosi licei. Shoghi Effendi lo nominò uno delle Mani della causa di dio nel 1951; Giachery ebbe sempre grandi responsabilità all’interno della comunità Baha’i italiana. Per informazioni biografiche più dettagliate si consiglia almeno la lettura di Harper (1997). 111 abbracciare la fede Baha’i, divenendo membro della comunità di Roma,
allora guidata da Giachery stesso. La conversione avvenne ufficialmente
1° marzo del 1950.
IV. 2: LA CONVERSIONE E LA CARRIERA ACCADEMICA
Entrato a far parte della comunità di Roma, Bausani si riconosce sempre
più nella fede di Baha’u’llah, comprendendo in maniera sempre più chiara
il valore dell’incontro con la minoranza religiosa. È persuaso dalla
profondità della fede e dalla sua dimensione globale: un messaggio
spirituale aperto a tutti in tutto il mondo. Afferma lo stesso Bausani (1991:
31), ripercorrendo i primi anni di adesione alla comunità Baha’i:
La sua patria [della fede Baha’i] è il mondo, il suo prossimo
l’umanità intera. Perciò cercai una fede veramente ecumenica,
universale nel senso più completo della parola. E quindi apprezzai
molto il fatto che le dottrine Baha’i avevano un duplice carattere:
esse sono da una parte una conferma delle fondamentali dottrine
etiche di tutte le religioni, dall’altra aggiungono a queste una
dimensione planetaria dei principi moderni intesi come dottrine
religiose.
Aderire alla fede Baha’i implicò un graduale e determinante cambiamento
in Bausani: impegnarsi nella religione significa per il giovane romano
cambiare se stesso, vivere una nuova vita e accettare nuove responsabilità.
112 Questo viene testimoniato dallo stesso Bausani (1991: 501) quando
ripercorre la storia della sua conversione:
Già
nel
1953
riconobbi
la
grande
responsabilità
relativa
all’accettazione del nuovo messaggio: quale responsabilità e quale
pericolo di un’ancor più sottile tentazione, in questo! Perché quello
che ha obbedito alla chiamata si presuppone che sia passato
attraverso un processo di purificazione interiore quale quello di
Mosè, e sia svenuto, morto al mondo. Il riconoscimento del rango di
Baha’u’llah è solo l’inizio di un processo così descritto in una lettera
scritta da Shoghi Effendi: «Quando si diventa Baha’i, ciò che
avviene in realtà è l’inizio dello sviluppo del seme dello spirito
nell’anima umana». In quel momento dunque essere religioso per me
significò compiere lo sforzo di uniformarmi alle leggi della
Manifestazione di Dio per acquisire capacità che mi consentano di
realizzarne gli scopi sulla terra.
La responsabilità che deriva dall’adesione alla fede viene quindi constatata
e accettata da Bausani, che inizia a dedicare tutta la sua vita alla diffusione
del messaggio Baha’i e a uniformarsi alle leggi della “Manifestazione di
dio”.
L’adesione al credo Baha’i determina anche il percorso di studi e la
carriera accademica di Bausani: nel 1954 Alessandro diventa lettore di
lingua persiana e assistente della cattedra di Letteratura Persiana presso
l’università La Sapienza. L’attitudine agli studi e la grande curiosità portano
Bausani a collaborare con l’accademia di Studi Orientali di Napoli61, dove
otterrà la cattedra di Letteratura Persiana nel 1956. Appassionato di lingue
61
Oggi l’ateneo è conosciuto con il nome di Università degli studi di Napoli “l’Orientale”. 113 orientali e storia delle religioni, in particolar modo si interessò all’Islam e al
suo Corano62, che studiò approfonditamente: fu il primo docente
universitario italiano a insegnare Islamismo e Storia delle Religioni del
Medio ed Estremo Oriente, dapprima a Napoli poi a Roma.
La sua grande cultura lo rese da subito molto noto nell’ambito degli studi
storico-letterari e linguistici orientali. La grandezza di Bausani professore
stava nel suo desiderio di conoscere e nella sua capacità di dialogo con
insegnanti e studenti: era questo lo strumento che utilizzava per conoscere
la realtà e diffondere, attraverso la docenza, i principi di Baha’u’llah. Savi
(2008: 20) riporta così il ricordi di Bausani professore:
Profondamente convinto di aver avuto un privilegio, di aver
incontrato una verità sconvolgente, egli mise le sue capacità e la sua
fama al servizio dell’insegnamento e della difesa dei principi della
sua fede. Ma naturalmente lo fece nel modo Baha’i: nel pieno
rispetto della libertà degli interlocutori, senza imporre spiegazioni
non richieste o indebitamente insistere su opinioni contestate.
La sua carriera professionale era diventata specchio del suo ardore per la
fede e prova della sua conversione; numerosi erano gli amici che lo
sostenevano nella sua adesione, come altrettanto numerosi erano coloro i
quali, soprattutto in ambito accademico, lo emarginavano e lo
consideravano folle. Questo atteggiamento che alcuni tenevano nei suoi
confronti era legato al fatto che la religione Baha’i era una fede minoritaria,
62
La prima traduzione integrale dall’arabo del testo del Corano viene pubblicata da Bausani nel 1955, quando il giovane accademico aveva 33 anni. La traduzione di Bausani è ancora oggi considerata “la migliore traduzione del Corano a tutt’oggi esistente nel nostro Paese” come ricorda Scarcia (1999: 487). 114 sconosciuta, che dall’Oriente era lentamente penetrata in Occidente, in un
contesto e una tradizione, perciò, molto differenti da una minoranza di
questo genere. Ricorda Bausani (1991: 104-105):
Una delle frasi che più facilmente si sente in Italia, sulle labbra di
chi, anche colto e intellettuale, venga a sapere della fede Baha’i è:
«Ma perché nessuno vi conosce?» oppure «Si tratta di una oscura
setta orientale? Chi ne ha mai sentito parlare!» e simili. Nel nostro
paese, evidentemente, persino gli intellettuali sono pronti a giudicare
benevolmente solo quello che già conoscono, e se un movimento
qualsiasi è (per loro) sconosciuto lo guardano con sospetto come chi
si avvicini a un cibo strano. Continuo, su enciclopedie e
enciclopediette, a vedere definita ancora adesso la fede Baha’i come
una «setta musulmana» e questo persino da parte di autorevoli
giornalisti.
I pregiudizi attorno alla fede Baha’i portarono Bausani a una serie di scelte
importanti negli studi: accanto allo studio delle religioni, a quello del
Corano, alla conoscenza della poesia e della prosa persiana, Bausani iniziò
un’attività di raccolta di informazioni, testi, citazioni, fonti storiche, al fine
di raccogliere materiale utile alla definizione della storia, all’evoluzione e
alle figure principali della fede in cui credeva.
Dagli anni Sessanta Bausani iniziò perciò un importante lavoro di ricerca,
che lo condusse a pubblicare numerosi volumi fino all’anno della sua
scomparsa: tra questi occorre ricordare Persia religiosa da Zaratustra a
Baha’u’llah (1959), I Persiani (1962), Saggi sulla fede Baha’i (1991).
115 Presero avvio, perciò, due distinti percorsi di studi che hanno avuto il
merito di rendere Bausani fra i più famosi e islamisti e storici dell’Oriente
esistiti in Italia nel XX secolo.
IV. 3: STUDI PARALLELI
Possiamo affermare che Bausani fu pioniere degli studi sulla fede Baha’i
nel nostro paese. Dopo aver raccolto tutte le fonti in arabo, in persiano e in
inglese, il professore iniziò un lungo lavoro di ricostruzione dell’evoluzione
della fede attraverso i testi e attraverso la storia della minoranza e delle sue
guide. Savi (2008: 22) ne descrive così le ricerche:
Bausani si occupò di descrivere la Fede Baha’í dal punto di vista
della storia e della tipologia della religione e ne incominciò a
studiare il linguaggio da un punto di vista letterario. Tutto intento
com’era a valorizzare la fede Baha’í come rivelazione di leggi,
piuttosto che di verità mistiche, si occupò solo tardivamente e
brevemente dello studio degli aspetti teologici e filosofici della fede.
Il risultato più evidente delle ricerche compiute da Bausani è rappresentato
dal testo Saggi sulla fede Baha’i, scritto tra il 1981 e il 1988 dall’islamista e
pubblicato postumo solo nel 1991. Il volume testimonia la grande
accortezza di Bausani nella trattazione e il suo interesse ad affrontare una
numerosa serie di sfaccettature e aspetti della minoranza. Alessandro si
spinge in questi studi nell’intento di analizzare in maniera scientifica e
storica la propria religione, come egli stesso dichiara:
116 Ricordo di aver scritto qualche tempo fa che non pensavo fosse
ancora il momento di studiare la fede Baha’i dal punto di vista
storico e scientifico. Mi sembrava inconcepibile come suggerire che
i cristiani del I secolo dopo Cristo avrebbero potuto scrivere della
loro religione da un punto di vista scientifico. Pensavo che noi
Baha’i fossimo troppo interessati, troppo coinvolti nella storia
Baha’i per scriverne in modo obiettivo. I dotti libri Baha’i che sono
finora stati pubblicati mi hanno convinto del contrario (1991: 10).
E più avanti commenta:
La fede Baha’i come oggetto di studio non è un complesso di libri,
bensì un organismo vivente e il modo in cui questo organismo
vivente vive la sua vita (1991: 100).
Attraverso la stesura e la diffusione di questi testi, Bausani fu missionario
della fede a cui apparteneva. Molti italiani si convertirono al Bahaismo
attraverso la lettura dei suoi libri, altri invece criticarono le posizioni della
fede, prendendo le distanze sia dalla minoranza sia dall’autore del testo.
Savi (2008: 36) ricorda così l’incomprensione che vigeva attorno
all’islamista:
Si spiega così la pragmaticità del suo spesso incompreso impegno
missionario, che lo portò a operare attivamente nella comunità
Baha’i italiana e a scrivere su Opinioni Baha’i, il periodico
missionario del movimento e in termini che si distanziavano dai
rigorosi impegni con i quali aveva parlato spesso del movimento. Il
suo impegno appassionato fu spesso guardato con pregiudizio e
117 cattiveria e per questo un così grande studioso finì per essere un
emarginato.
La dedizione alla missione e alla diffusione del messaggio di Baha’u’llah
emerse con chiarezza negli anni dell’insegnamento universitario, durante i
quali Bausani si dedicò alla creazione di piccole accademie libere di
studenti e professori di ogni provenienza religiosa, razziale, culturale e
sociale. L’unità tra le genti era per lui uno scopo reale, un obiettivo da
raggiungere. Tema delle numerose lezioni extra-curriculari tenute dal
professore era spesso la lingua e le lingue.
Conoscitore di molti idiomi orientali, Bausani amava la lingua in tutti i
suoi molteplici aspetti. Savi ricorda così la passione del professore (2008:
38):
Profondo conoscitore della parola, Bausani era un genio delle lingue
e le imparò con una facilità estrema fino a parlarne più di trenta.
Quando era adolescente ne inventò perfino una per gioco, che
chiamò Markusko. Era pertanto ben conscio del grande valore di
questo strumento verbale che qualche antica Manifestazione di dio
ha insegnato al genere umano.
La grande curiosità e l’amore per la conoscenza permisero a Bausani di
vivere perciò rapporti e dialoghi con persone di ogni credo e provenienza, e
gli permisero di divenire esperto conoscitore delle religioni e delle culture
sia occidentali sia orientali. Bausani (1974: 110) racconta questo suo
carattere cosi:
118 Per me la conoscenza di cose, la quantità di informazioni, insomma
quello che si chiama ora con disprezzo “nozionismo” è, sì, rovinoso
per i cretini, ma è un elemento essenziale della cultura.
La sua passione per la cultura fu perciò lo strumento attraverso il quale
edificò la fede Baha’i in Italia e convertì numerosi italiani.
IV. 4: GLI ULTIMI ANNI
Nel 1975 Bausani fu eletto tra i nove membri dell’Assemblea Spirituale
Nazionale, a cui partecipò fino all’anno della morte. Gli impegni
accademici erano paralleli a quelli per la fede, ai quali si dedicava in
entrambi i casi con grande ardore.
Nel 1980 Bausani scoprì di essere affetto dal morbo di Parkinson, malattia
degenerativa che lo portò a un rapido peggioramento delle proprie
condizioni di salute. Nonostante la malattia, si dedicò pienamente
all’insegnamento all’università di Venezia e scrisse molti libri.
La morte lo colse il 12 marzo del 1988, all’età di sessantasette anni.
119 120 CONCLUSIONI
Come testimoniato dal percorso compiuto, il comune desiderio che nasce
nei fedeli Baha’i e negli esperantisti è quello di individuare una lingua
universale, uno strumento che permetta relazioni paritarie e globali, che
faciliti la comunicazione e la pace tra le genti.
La prima parte di questo lavoro ha presentato le opere Baha’i nate da
questo forte desiderio di unità umana e linguistica: l’analisi dei testi e della
critica ha messo in luce il rapporto di grande affinità e amicizia che, nel
corso del XX secolo, si è fortificato nel mondo tra i Baha’i e gli
esperantisti. Questo aspetto ha permesso il delinearsi di una più articolata
analisi dell’esigenza di una Lingua Ausiliaria Universale da parte della
minoranza, e ha mostrato il ruolo fondamentale dell’esperanto per
soddisfare in maniera concreta tale necessità in ambito linguistico.
Lo studio svolto ha fatto emergere lo stretto legame tra la minoranza
religiosa e la comunità esperantista, mettendo in evidenza la condivisione di
scopi e intenti etici tra le due parti: l’armonia, la pace universale, la ricerca
di un rapporto paritario ed eguale tra tutti gli uomini, pur nelle loro
differenze,
emerge
come
dato
fondamentale
dalla
ricerca.
Sul
riconoscimento dell’esigenza di unità tra gli uomini si basa il rapporto tra
due mondi, quello Baha’i e quello esperantista, rapporto che continua
ancora oggi e che vede nella ricerca della lingua universale lo strumento
privilegiato per raggiungere in maniera concreta l’armonia tra gli tutti gli
uomini.
121 Nella seconda parte del lavoro è invece emerso il valore di due importanti
figure della cultura europea che hanno vissuto come scopo della loro vita
quello di diffondere la lingua universale e i principi della pace globale:
Lidia Zamenhof e Alessandro Bausani. I due exempla hanno fortemente
concorso alla creazione del progetto di una società nuova, pacifica, giusta,
ciascuno attraverso il proprio lavoro e le proprie opere.
Fra le priorità del presente studio vi è la volontà di porre domande antiche
e insieme sempre nuove: oggi è davvero possibile vivere una condizione di
pace universale e di comunicazione libera tra tutti i popoli e le genti del
mondo? Che cosa può rendere realmente possibile questo? La lingua
universale rappresenta davvero uno strumento valido nella costruzione della
pace?
La ricerca condotta in queste pagine vuole fra l’altro testimoniare il
tentativo che alcuni uomini e donne hanno compiuto e stanno compiendo
per la costruzione di una nuova società e di una pace per tutti, e vuole
essere uno degli esempi esistenti degli sforzi che alcuni compiono per
questa causa.
122 APPENDICI AL TESTO
123 124 I. DUE TAVOLE SIGNIFICATIVE DI BAHA’U’LLAH.
I.
1: LAWH – I – MAQSUD (o Tavola di Maqsud).
Questa epistola viene indirizzata al fedele Baha’i Mirza Maqsud, uno tra i primi credenti
residenti a Damasco. La versione integrale della Tavola di Masqud è raccolta nel testo
Tavole di Baha’u’llah (1981: 143–160). In segno di rispetto, i Baha’i non scrivevano
direttamente a Baha’u’llah, ma si rivolgevano al suo amanuense, Mirza Aqa Jan,
soprannominato “Servo di dio” e “Servitore personale”, come viene indicato nel testo
“Punto Primo”. Mirza Aqa Jan scriveva la risposta sotto forma di lettera, nella quale
citava le parole di Baha’u’llah, ma in effetti tale risposta era interamente dettata da
Baha’u’llah stesso. Pertanto tutte le parti della tavola, anche quelle che sembrano
apparentemente parole di Mirza Aqa Jan, sono sacre scritture rivelate da Baha’u’llah. La
Tavola di Maqsud è concepita in questi termini. Egli è dio, esaltato egli sia, il signore
della maestà e della forza. Qui si ritrova una importante nota di metodo. In segno di
rispetto, i fedeli Baha’ i non potevano rivolgersi al Grande Essere in maniera diretta, ma
solo ricorrendo ad un intermediario: il suo amanuense. Quest’ultimo era collaboratore
intimo e fidato di Baha’u’llah, ma anche mediatore, al quale i fedeli scrivevano per
ottenere risposte, consigli e preghiere dall’essere supremo. Le risposte di Baha’u’llah
vengono sempre scritte in forma di lettera e contengono le parole dettate direttamente da
Baha’u’llah al suo scrivano e servitore.
Una lode eccelsa al di sopra di ogni menzione o descrizione si confà
all’adorato, possessore di tutte le cose visibili e invisibili, che ha conferito
al Punto Primo autorità di rivelare innumerevoli libri ed epistole e che,
mediante il potere della sua sublime parola, ha tratto all’esistenza l’intera
creazione, delle generazioni passate e di quelle più recenti. Inoltre, essendo
l’uomo incapace di comprendere ciò che è sgorgato dalla penna gloriosa ed
è stato vergato nei Suoi Libri celestiali, secondo la sua trascendente
saggezza egli ha in ogni età e ciclo inviato un messaggero divino che
rianimasse con le vive acque della Sua parola le anime avvilite e afflitte,
125 uno che in verità è l’espositore, il vero interprete. In ogni tempo e
circostanza agli uomini necessita qualcuno che li esorti, li guidi, li istruisca
e li ammaestri: perciò egli ha inviato i suoi messaggeri, i suoi profeti e i
suoi eletti, che rivelino alle genti il divino scopo per cui furono rivelati i
libri e suscitati i messaggeri e ciascuno abbia contezza del pegno di Dio,
latente nella realtà di ogni anima.
L’uomo è il talismano supremo. La mancanza di un’adeguata educazione
lo ha però privato di ciò che internamente possiede. Da una parola uscita
dalla bocca di dio egli è stato tratto all’esistenza; da un’altra è stato guidato
a riconoscere la sorgente da cui attingere la sua educazione e da un’altra
ancora gli furono garantiti rango e destino. Il grande essere considera
l’uomo come una miniera ricca di gemme di inestimabile valore. Soltanto
l’educazione può rivelarne i tesori e permettere all’umanità di goderne. Se
l’uomo meditasse su ciò che le scritture inviate dal cielo della santa volontà
di dio hanno rivelato, riconoscerebbe senza indugio che il loro scopo è
quello che tutti gli uomini si considerino come un’anima sola, acciocché il
sigillo che porta incise le parole «il regno sarà di dio» s’imprima in ogni
cuore e la luce della divina munificenza, della grazia e della misericordia
avviluppi tutta l’umanità. L’unico vero dio, sia esaltata la sua gloria, non ha
desiderato nulla per sé. La fedeltà degli uomini non gli giova, né li nuoce la
loro perversità. L’uccello del reame dei detti lancia continuamente questo
appello: «tutto ho voluto per te, e te pure, per amor tuo». Se i sapienti e i
saggi d’oggigiorno permettessero all’umanità di aspirare la fragranza della
fraternità e dell’amore, ogni cuore sensibile comprenderebbe il significato
della vera libertà e scoprirebbe il segreto della pace indisturbata e
dell’assoluta tranquillità. Se la terra raggiungesse questo stadio e fosse
illuminata dalla sua luce, se ne potrebbe veramente dire: «non vi vedrai né
depressioni né colline!». […]
126 Osservate i disordini che da lunghi anni tormentano la terra e l’agitazione
che si è impossessata dei suoi popoli. Essa è stata o sfigurata dalle guerre o
tormentata da improvvise e inattese calamità. Benché il mondo sia pieno di
miserie e afflizioni, pure, nessuno si è soffermato a riflettere quale possa
esserne la causa o la fonte. Ogniqualvolta il consigliere verace ha
pronunziato una parola di ammonimento, ecco che tutti lo hanno accusato
di essere un seminatore di discordia e hanno respinto il suo appello. Com’è
sbalorditivo e sconcertante questo comportamento! Può dirsi che non si
trovino due uomini esteriormente e interiormente uniti. I segni della
discordia e della malizia appaiono dappertutto, benché tutti gli uomini siano
stati creati per l’unione e l’armonia. Il grande essere dice che è stato
innalzato il tabernacolo dell’unione; non vi considerate estranei l’uno
all’altro. Siete frutti di un unico albero e foglie di un solo ramo. Nutriamo
speranza che la luce della giustizia risplenda sul mondo e lo purifichi dalla
tirannide. Se i sovrani e i re della terra, simboli del potere di dio, esaltata ne
sia la gloria, sorgessero e si decidessero a dedicarsi a ciò che può favorire i
più alti interessi dell’intera umanità, certamente fra i figli degli uomini
verrebbe fondato il regno della giustizia e il fulgore della sua luce
ammanterebbe tutta la terra. Il grande essere dice: la struttura della stabilità
e dell’ordine mondiale è stata eretta sulle due colonne gemelle della
ricompensa e del castigo, che continueranno a sorreggerla. E in un’altra
occasione egli ha proferito in lingua eloquente quanto segue: la giustizia ha
ai suoi ordini una forza possente. Essa non è altro che la ricompensa e la
punizione per le opere umane. Mediante il potere di questa forza il
tabernacolo dell’ordine è innalzato in tutto il mondo, così che, per timore
della punizione, i malvagi tengano a freno la propria natura. […]
Desideroso di rivelare i fondamenti della pace e della tranquillità del
mondo e del progresso dei suoi popoli, il grande essere ha scritto: verrà il
127 tempo in cui sarà universalmente sentita l’imperiosa necessità di costituire
una vasta assemblea di tutti gli uomini. I potenti e i re della terra dovranno
intervenirvi
e,
partecipando
alle
sue
deliberazioni,
prendere
in
considerazione le vie e i mezzi che costituiscono le fondamenta della
grande pace mondiale fra gli uomini. Una simile pace esige che per amore
della tranquillità dei popoli della terra, le grandi potenze si decidano a
riconciliarsi pienamente fra di loro. Se un re si levasse in armi contro un
altro, tutti dovranno sorgere uniti contro di lui ed impedirglielo. Se ciò
accadrà le Nazioni del mondo non avranno bisogno di alcun altro
armamento oltre a quello necessario per conservare la sicurezza dei loro
regni e mantenere l’ordine interno nei loro territori. Così si garantirà la pace
e la serenità di tutti i popoli, i governi e le Nazioni. Osiamo sperare che i re
e i sovrani della terra, specchi del benevolo e onnipotente nome di dio,
assurgano a questo grado e proteggano l’umanità dal massacro e dalla
tirannia.
Dice inoltre: fra le cose che condurranno all’unità e alla concordia, sì che
il mondo intero venga stimato un solo paese, v’è questa: che le diverse
lingue siano ridotte a una sola lingua e similmente che le scritture usate nel
mondo siano limitate a un'unica scrittura. Incombe a tutte le Nazioni di
nominare un gruppo di uomini intelligenti ed eruditi i quali indicano una
riunione e, dopo essersi consultati, scelgano uno fra i vari idiomi esistenti, o
ne creino uno nuovo, da insegnare ai bambini in tutte le scuole del mondo.
Si avvicina il giorno in cui tutti i popoli della terra adotteranno una lingua
universale e un’unica scrittura. Quando ci si sarà giunti, in qualsiasi città
arrivino, ai viaggiatori sembrerà di entrare a casa propria. Tutto ciò è
obbligatorio e assolutamente essenziale. Incombe ad ogni uomo illuminato
e perspicace cercare di mettere in atto ciò che è stato scritto. […]
128 Il grande essere dice: il firmamento della scienza politica è rischiarato e
illuminato dal fulgore della luce di queste benedette parole che sono
albeggiate dall’Oriente del volere di dio. È doveroso che ogni governante
soppesi quotidianamente il proprio essere sulla bilancia dell’equità e della
giustizia e poi giudichi fra gli uomini e li consigli di fare ciò che volga i
loro passi verso la via della saggezza e della comprensione: questi sono il
cardine e l’essenza della scienza politica. In queste parole ogni saggio
illuminato percepirà prontamente ciò che favorisce mete come il benessere,
la sicurezza e la protezione dell’umanità e la salvezza delle vite umane. Gli
uomini perspicaci che si dissetassero all’oceano di intimi significati in esse
contenuto e ne prendessero coscienza ne attesterebbero la sublimità e la
grandezza. Se quest’umile creatura esprimesse ciò che percepisce, tutti
proclamerebbero la consumata saggezza di dio. I segreti della scienza
politica e ciò che serve oggi ai popoli sono racchiusi in queste parole.
Quest’umile servo supplica ardentemente l’unico vero dio -esaltata sia la
sua gloria- di illuminare gli occhi dei popoli del mondo, sì che tutti
riconoscano ciò che in questo giorno è indispensabile.
È un vero uomo colui che si dedica a servire l’intera razza umana. Il
grande essere dice: benedetto e felice è colui che si leva a promuovere i
migliori interessi dei popoli e delle tribù della terra. In un altro passo egli ha
proclamato: non ci si deve gloriare di amare la propria patria ma piuttosto di
amare il mondo intero. La terra è un solo paese e l’umanità i suoi cittadini.
Queste esortazioni all’unione e alla concordia, che la penna dell’eccelso ha
scritto nei libri dei profeti, si riferiscono ad argomenti ben precisi, non a
un’unione che porti alla disunione o a una concordia che ingeneri discordia.
È questo lo stadio in cui ad ogni cosa è assegnata una misura, lo stadio in
cui ogni anima meritevole avrà la sua mercede. Benedetto chi comprende il
significato e afferra l’intenzione di queste parole e mal incolga
129 agl’incuranti. Di questo rendono ampia testimonianza tutti i segni della
natura, nella loro intima essenza. Ogni saggio perspicace è ben conscio di
ciò che abbiamo menzionato, al contrario di coloro che si sono smarriti
lungi dalle sorgenti vive dell’imparzialità e vagolano inquieti nelle selvagge
lande dell’ignoranza e del cieco fanatismo.
Il grande essere dice: o figli degli uomini! Lo scopo fondamentale che
anima la fede di dio e la sua religione è quello di salvaguardare gli interessi
della razza umana, svilupparne l’unità e accrescere lo spirito d’amore e di
fraternità fra gli uomini. Non sia mai che diveniate fonti di contrasti e
discordie, di odio e inimicizia. Questa è la retta Via, queste sono le
fondamenta solide e incrollabili. Qualsiasi cosa sarà edificata su queste
fondamenta, i casi e le vicende del mondo non potranno mai intaccarne la
resistenza, né potrà minarne la struttura il fluire di innumerevoli secoli. È
nostra speranza che i capi delle religioni e i sovrani del mondo si levino
uniti per riformare questa era e rialzarne le sorti. Riflettano sui suoi bisogni,
si consiglino e, dopo matura deliberazione, somministrino il rimedio adatto
a codesto mondo infermo e profondamente angustiato.
Il grande essere dice: il cielo della divina saggezza è rischiarato dai due
astri della consultazione e della compassione. Consultatevi su tutte le
questioni, poiché la consultazione è il faro che rischiara il cammino e
conferisce comprensione. Al principio di ogni impresa, è doveroso
considerarne i fini. Tra tutte le arti e le scienze, indirizzate i bambini a
studiare quelle che risultino vantaggiose all’uomo, che ne garantiscano il
progresso e ne elevino il rango. Così verranno dispersi i fetidi odori
dell’arbitrio e così, grazie ai nobili sforzi dei capi delle nazioni, tutti
vivranno protetti, sicuri e in pace.
130 Il grande essere dice: i dotti devono indirizzare il popolo verso quei rami
del sapere che sono utili, sì che essi stessi e tutti gli altri uomini ne possano
trarre beneficio. Gli studi accademici che principiano e terminano con mere
parole non hanno mai avuto né avranno mai alcun valore. La maggior parte
degli eruditi dottori di Persia dedica tutta la vita allo studio di una filosofia
il cui ultimo frutto è fatto di sole parole.
Incombe a coloro che detengono il potere di usare moderazione in ogni
cosa. Chiunque oltrepassi i limiti della moderazione cessa d’esercitare una
benefica influenza. Riflettete, per esempio, su valori come la libertà, la
civiltà e simili. Per quanto buoni possano essere considerati da molte
persone intelligenti, pure, se spinti all’eccesso, possono esercitare sugli
uomini un’ influenza deleteria. […]
E ancora dice: nel cielo della vera comprensione, fulgida risplende la luce
di due astri: tolleranza e giustizia.
O amico mio! Vasti oceani si trovano racchiusi entro questo breve detto:
beato chi ne comprende il valore, ne beve a sazietà e ne afferra il significato
e mal incolga agl’incuranti. Quest’umile creatura supplica i popoli del
mondo di praticare l’equità, sì che il loro tenero, delicato e prezioso udito
che è stato creato per dare ascolto alle parole della saggezza sia liberato da
impedimenti e allusioni, da oziose fantasie e vane immagini che «né
ingrassano né spengono la fame», così che il vero consigliere si degni di
esporre ciò che è fonte di benedizione per l’umanità e del sommo bene per
tutte le Nazioni. […]
Il grande essere dice: l’uomo munito di una vasta erudizione e il saggio
dotato di penetrante saggezza sono come gli occhi per il corpo del genere
umano; se dio vorrà, la terra non verrà mai privata di questi due sommi
doni. Ciò che è stato esposto e che sarà rivelato nel futuro non è che un
131 pegno dell’ardente desiderio di questo servo di dedicarsi al servizio di tutte
le tribù della terra.
O amico mio! In tutte le evenienze ci si deve attenere a quei mezzi che
promuovano la sicurezza e la tranquillità tra i popoli del mondo. Il grande
essere dice: in questo giorno glorioso tutto quello che vi purifica dalla
corruzione e vi conduce verso la pace e la quiete è in verità la retta via.
Voglia dio che i popoli del mondo siano condotti a riconoscere il loro vero
tornaconto grazie ai degni sforzi compiuti dai loro sovrani e da quelli, fra
loro, che sono saggi e dotti. Per quanto tempo ancora si ostinerà l’umanità
nel suo traviamento? Per quanto tempo ancora continuerà l’ingiustizia? Per
quanto tempo ancora il caos e la confusione regneranno fra gli uomini? Per
quanto tempo ancora la discordia sconvolgerà il volto della società?
Quest’umile servo è attonito, perché tutti gli uomini sono dotati della
capacità di vedere e udire, ma li troviamo orbati del privilegio di servirsene.
Questo servo è stato spinto a vergare queste righe in virtù del tenero amore
che nutre per te. Da ogni parte soffiano i venti della disperazione e la lotta
che divide e affligge la razza umana aumenta quotidianamente. Si possono
già scorgere i segni di imminenti agitazioni e caos, dato che la situazione
generale appare lamentevolmente difettosa. Imploro dio, sia esaltata la sua
gloria, che si degni di ridestare i popoli della terra, conceda che la loro
condotta divenga finalmente loro vantaggiosa e li aiuti a compiere ciò che si
addice al loro stadio.
132 2: TAVOLA DI ISHRAQAT (o Tavola degli Splendori).
Questa Tavola viene indirizzata a Jalil–Khu’i, uno tra i primi fedeli Baha’i della Persia.
Amico e discepolo di Baha’u’llah, alla sua morte abbandonò la fede Baha’i ripudiando i
suoi insegnamenti. Nella lunga lettera, Baha’u’llah raccoglie moniti, indicazioni e
consigli indirizzati all’amico; nella porzione finale dello scritto, stila un elenco di nove
Ishraq (splendori, ovvero principi che vogliono illuminare il cammino spirituale di ogni
fedele). Si riportano qui il sesto e il settimo Ishraq, di maggiore interesse ai fini del nostro
studio. La versione integrale della Tavola di Ishraqat è raccolta nel testo Tavole di
Baha’u’llah (1981: 91–122).
Incombe agli uomini della Casa di Giustizia di dio di fissare notte e dì lo
sguardo su ciò che è irradiato dalla penna della gloria per l’educazione dei
popoli, l’edificazione delle Nazioni, la protezione dell’uomo e la difesa del
suo onore. […]
Il sesto Ishraq
È unità e concordia fra i figli degli uomini. Sin dall’inizio dei tempi la luce
dell’umanità ha effuso sulla terra il suo divino fulgore, e per i popoli del
mondo il massimo strumento per promuovere quell’unità è comprendere
reciproche scritture e idiomi. In epistole precedenti abbiamo ordinato ai
fiduciari della Casa di Giustizia di scegliere una lingua tra le esistenti o di
adottarne una nuova, e in egual maniera una scrittura comune, e di
insegnarle entrambe in tutte le scuole del mondo. Così la terra sarà
considerata un unico paese e una sola patria. Il più glorioso frutto
dell’albero del sapere è questo eccelso detto: di un solo albero siete tutti
frutti, di uno stesso ramo le foglie. Non si glori l’uomo di amare la propria
133 patria, si glori invece di amare l’umanità. A questo proposito abbiamo già
rivelato ciò che verrà a ricostruire il mondo e unire le Nazioni: beati coloro
che vi provengono, beati coloro che agiscono in conformità.
Il settimo Ishraq
La penna gloriosa raccomanda a tutti l’istruzione e l’educazione dei
bambini. Guarda ciò che la volontà di dio, al nostro arrivo nella città
prigione, ha rivelato e scritto nel libro santissimo (il Kitab-i-Aqdas o il
Libro più Santo, ndr.). Ad ogni padre è stato ordinato di educare figli e
figlie nell’arte del leggere e dello scrivere ed in tutto quello che è stato
disposto nella santa tavola. In quanto a colui che trascura ciò che gli è stato
comandato, se è ricco, i fiduciari devono prendergli ciò che è necessario per
la loro istruzione, e se non lo è, tale compito ricade sulla Casa di Giustizia.
In verità noi abbiamo fatto di essa un ausilio per i poveri e per i bisognosi.
Colui che educa il proprio figlio o il figlio di un altro, è come se educasse
uno dei miei figli; su di lui si posino la mia gloria, la mia gentilezza
amorevole, la mia misericordia, che hanno pervaso il mondo. […]
I vantaggi che scaturiscono da questa divina parola si riverseranno su
coloro che ottemperano i suoi precetti.
134 II. GLI UNDICI PRINCIPI TRATTI DAGLI INSEGNAMENTI DI
BAHA’U’LLAH E SPIEGATI DA ABDU’L’BAHA A PARIGI.
Nel 1911 Abdu’l’baha compie un viaggio importante in Francia, visitando alcune delle
maggiori città del Paese. La permanenza a Parigi coincide con un periodo di intensa
missione e testimonianza per il figlio di Baha’u’llah, che incontra membri di chiese e
religioni diverse, entrando anche in contatto con personalità politiche e militari. Le parole
qui riportate, tratte dall’Antologia di Abdu’l’baha (1987: 49-56), sono state rivolte dal
“Servo di dio” all’assemblea degli esperantisti di Parigi, incontro importante che ha
aperto il fortunato rapporto tra Baha’i, esperantisti ed esperantofoni. Precedono e seguono
il principio ottavo, che si sofferma sulla necessità della definizione di una Lingua
Ausiliaria Universale, i seguenti principi, ivi sinteticamente enunciati:
1.- Il primo principio di Baha’u’llah è: La ricerca della Verità.
2.- Il secondo principio di Baha’u’llah è: L’unità della Razza Umana.
3.- Il terzo principio di Baha’u’llah è: La Religione deve essere causa d’amore e d’affetto.
4.- Il quarto principio di Baha’u’llah è: Unità della Religione e della Scienza.
5.- Il quinto principio di Baha’u’llah è: I pregiudizi di Religione, Razza o Sètta
distruggono le fondamenta dell’Umanità.
6.- Il sesto principio di Baha’u’llah è: Equilibrio nei mezzi di sussistenza.
7.- Il settimo principio di Baha’u’llah è: L’Uguaglianza degli uomini innanzi alla Legge.
9.- Il nono principio di Baha’u’llah è: La Religione non deve interessarsi di questioni
politiche.
10.- Il decimo principio di Baha’u’llah è: L’Educazione e l’Istruzione delle donne.
11.- L’undicesimo principio di Baha’u’llah è: Il potere dello Spirito Santo per mezzo del
quale si ottiene lo sviluppo spirituale.
Di seguito viene riportato il principio ottavo, dove si indica con chiarezza la necessità
della LAI al fine di raggiungere la pace universale.
135 8.– L’ottavo principio di Baha’u’llah è: La Pace Universale.
Un tribunale Supremo dovrà essere fondato dai popoli e dai governi di
tutte le Nazioni. Un tribunale composto di membri eletti da ogni paese e
governo. I membri di questo grande consesso dovranno riunirsi in perfetta
unità. Tutte le dispute di carattere internazionale dovranno essere sottoposte
a questo Tribunale il cui compito consisterà nell’arbitrare qualsiasi dissidio
che potrebbe essere causa di guerra. La missione di questo Tribunale
sarebbe, quindi, quella di prevenire le guerre. Uno dei più grandi passi
verso la Pace universale sarebbe l’adozione di una lingua universale.
Baha’u’llah ordina ai servi dell’umanità di riunirsi e scegliere una lingua
esistente o formarne una nuova. Questo fu rivelato nel Kitab-i-Aqdas (“Il
Libro Santissimo”) quaranta anni fa. Vi si dimostra che la questione della
diversità delle lingue è un problema molto arduo. Esistono nel mondo più di
ottocento lingue e non v’è persona che possa impararle tutte. Le varie razze
non sono così isolate come lo erano in passato; ora per poter mantenere
strette relazioni con tutti i paesi è necessario il saper parlare le loro lingue.
Una lingua universale renderebbe possibile le relazioni con tutte le nazioni.
Così sarebbe necessario conoscere due lingue soltanto; la madre lingua e
quella universale. Quest’ultima renderebbe possibile all’uomo di parlare
con qualsiasi uomo nel mondo! Una terza lingua non sarebbe necessaria.
Come sarebbe proficuo e riposante poter conversare con i membri di
qualsiasi razza o paese senza dover ricorrere ad un interprete! L’esperanto è
stato creato con questo scopo in vista; è un’eccellente invenzione e
un’ottima creazione, ma abbisogna di perfezionamenti. L’esperanto com’è
adesso è abbastanza difficile ad alcune persone. Un congresso
internazionale dovrebbe essere convocato con delegati di ogni nazione del
mondo, orientali ed occidentali senza distinzione. Questo congresso
dovrebbe formare una lingua facile per tutti, e ogni paese così ne trarrebbe
136 un grande beneficio. Fino a che questa lingua non sarà in uso, il mondo
continuerà a sentire il bisogno di un tale mezzo di comunicazione. La
differenza di favella è una delle più efficaci cause di avversione e diffidenza
che esista fra le nazioni, che rimangono separate più per la loro inabilità di
comprendere le loro rispettive lingue, che per qualsiasi altra ragione. Se
tutti potessero parlare una sola lingua, come sarebbe più facile servire
l’umanità!
E
perciò,
apprezzate
l’esperanto,
poiché
è
l’inizio
dell’adempimento di una delle più importanti leggi di Baha’u’llah, ma deve
essere migliorato e perfezionato.
137 III. FRAMMENTI DI ISTRUZIONE ED EDUCAZIONE LINGUISTICA
BAHA’I.
I frammenti qui presentati sono tratti da testi e compilazioni differenti.
a. è recuperato dalla compilazione Educazione Baha’i (1978: 15);
b. dalla Antologia di Abdu’l’baha (1987: 101);
c. è recuperato dal saggio "Baha’i Methods of Education", nella rivista Star of the West,
n. 9 (agosto 1918: 27).
d. è tratto dall’Epistola al figlio del lupo di Baha’u’llah (1980: 96).
e. è tratto da Abdu’l’baha, The Promulgation of Universal Peace (1982: 60-61).
f. proviene dalla rivista mensile Baha’i News, n. 109 (luglio 1937: 11).
a.
La conoscenza dell’unicità di dio è della massima importanza per
un’adeguata educazione e per l’insegnamento dei fanciulli. La cosa più
importante per i bambini, quella che deve precedere ogni altra cosa, è che
s’insegnino loro l’unicità di dio e le Leggi di dio. Perché mancando questo,
non si può inculcare il timor di dio, e mancando il timor di dio nasceranno
un’infinità di azioni odiose e abominevoli e verranno espressi sentimenti
che passeranno ogni limite.
b.
Baha’u’llah è l’uno designato da dio per stabilire l’unità
dell’umanità. I fanciulli devono inoltre divenire consci che la nostra
consapevolezza di questo primo principio è la base di tutte le virtù umane
ed il cardine intorno al quale ruotano tutti gli altri insegnamenti di
Baha’u’llah. Ciò richiede di insegnare ai fanciulli il concetto di cittadino del
mondo e l’abolizione di tutti i pregiudizi. Quando trasmetti la lieta novella,
138 dì: il promesso di tutte le genti del mondo è stato ora palesato; ogni popolo
e ogni religione attendono un promesso e Baha’u’llah è l’atteso da tutti;
perciò la causa di Baha’u’llah porterà l’unità del genere umano.
c.
Pensieri di pace universale devono essere instillati nella mente di
tutti gli studenti, così che essi possano diventare l’esercito della pace, i veri
servi del consesso politico: il mondo intero. Dio è il padre di tutti, l’umanità
i suoi figli. Questo globo è una sola dimora. Le nazioni sono i membri di
una famiglia. Le madri in casa, gli insegnanti a scuola, i professori negli
istituti, i rettori nelle università devono insegnare questi ideali ai giovani,
dalla culla alla maturità.
d.
I fanciulli hanno bisogno di essere consapevoli del pieno significato
e delle implicazioni del principio di necessità di una lingua universale
promosso da Baha’u’llah. Voi e gli altri funzionari del governo dovete
indire una riunione e scegliere una delle varie lingue e anche una delle
scritture esistenti, oppure creare un nuovo idioma e una nuova grafia, da
insegnare ai bambini nelle scuole di tutto il mondo. Così essi ne
imparerebbero solo due, quella materna e l’altra che tutti i popoli del mondo
parlerebbero.
e.
Se non si realizzerà l’unità delle lingue, la più grande pace e l’unità
del mondo umano non potranno essere completamente organizzate e
instaurate, perché funzione del linguaggio è descrivere i misteri e i segreti
dei cuori umani. Il cuore è come uno scrigno e il linguaggio ne è la chiave.
Solo usando la chiave possiamo aprire lo scrigno e guardare le gemme che
contiene. Perciò la questione della lingua ausiliaria internazionale è della
139 massima importanza. Con questo mezzo diventano possibili un’educazione
ed un’istruzione internazionali e possono essere acquisite le testimonianze e
la storia del passato. La conoscenza dei fatti del mondo umano dipende
dalla lingua. La spiegazione dei divini insegnamenti può avvenire solo
attraverso questo mezzo. Finché perdurerà la diversità delle lingue e
l’incomprensione di quelle diverse dalla propria, questi gloriosi fini non
potranno essere realizzati. Quindi, il primo vero servizio da compiere per il
mondo dell’uomo è istituire questo mezzo internazionale ausiliare di
comunicazione, che diventerebbe motivo di tranquillità per l’umano
consesso. Per mezzo di tale lingua scienze e arti si diffonderanno fra le
nazioni ed essa dimostrerà di essere strumento di progresso e sviluppo di
tutte le razze.
f.
Sul tema dell’esperanto: deve essere chiaro ai credenti che se
l’insegnamento di tale lingua è stato più volte incoraggiato da Abdu’l’baha,
non vi sono riferimenti suoi o di Baha’u’llah che ci facciano ritenere che
essa si svilupperà necessariamente nella lingua ausiliare internazionale del
futuro. Baha’u’llah ha specificato nei suoi scritti che tale lingua potrà essere
scelta fra quelle esistenti o che ne sarà creata una completamente nuova per
essere usata quale mezzo di comunicazione tra le nazioni e i popoli del
mondo. In virtù di questa scelta finale, si raccomanda ai Baha’i di studiare
l’esperanto unicamente per il fatto che il suo apprendimento potrà
considerevolmente agevolare le comunicazioni fra i singoli, i gruppi e le
assemblee nel mondo Baha’i nel momento attuale dell’evoluzione della
fede.
140 IV. LA COLLABORAZIONE CON GLI ESPERANTISTI.
Si riporta di seguito una lettera del 1986 inviata dalla Casa Universale di Giustizia ad
alcune Assemblee Nazionali Baha’i. La missiva invita i fedeli Baha’i a un
coinvolgimento crescente nel rapporto con le comunità esperantiste, rapporto importante
per la definizione di una lingua comune e di una pace universale.
Cari amici Baha’i,
ispiranti relazioni sono pervenute al Centro Mondiale sul successo del
Congresso Universale Esperantista in Cina e sulla partecipazione dei
membri della Baha’i Esperanto-Ligo. Il prossimo Congresso avrà luogo a
Varsavia, capitale della Polonia e città natale di Ludwik Zamenhof,
inventore dell’esperanto e padre di Lidia, devota seguace di Baha’u’llah.
Riteniamo che, nell’ambito dei loro sforzi per la promozione della pace, i
Baha’i d’Europa farebbero bene a collaborare maggiormente con il
movimento esperantista e incoraggiamo i Baha’i che ne sentono il bisogno
ad adoperarsi in questo campo, a imparare l’esperanto e a partecipare
attivamente alle iniziative del Movimento. Come sapete, sia Abdu’l’baha
sia Shoghi Effendi hanno spiegato chiaramente che non v’è alcuna certezza
che l’esperanto sia alla fine scelto come lingua ausiliaria internazionale;
tuttavia Abdu’l’baha incoraggiò gli amici orientali e occidentali a impararlo
come passo pratico nella promozione del concetto dell’adozione di una
lingua ausiliaria internazionale intesa ad abbattere le barriere che si
oppongono alla comprensione fra i popoli.
Perciò i seguaci di Baha’u’llah, come già collaborano con molti individui
e associazioni diversi nella promozione di progetti di sviluppo sociale ed
economico e per la fondazione della pace mondiale, così alcuni di loro
141 possono proporsi di collaborare attivamente con gli esperantisti, coi quali
-lo vedranno- condividono molti ideali.
142 V. SU LIDIA ZAMENHOF.
La poesia qui presentata appartiene alla raccolta Rhyme Portraits,del poeta ungherese
Kalman Kolocsay. L’autore, amico personale di L.L. Zamenhof ed esperantofono, scrive
questo componimento nel 1931, desiderando mettere in evidenza le doti umane e
spirituali della giovane “figlia dell’esperanto”. Il testo, seguito da traduzione in lingua
inglese, è pubblicato in Heller (1985: 96-97).
Lidia Zamenhof , kor’ fervora
Vartante patran sent - heredon,
Jen, sercas sorcan sav - rimedon
Por mond’ amara kaj dolora.
Lidia Zamenhof, fervent heart,
heir to her father’s tenderness,
seeks healing spells to save and
bless
this suffering world in bitter
smart;
Kaj kun entusiasmo kora
Servadas la Bahaan kredon,
Lidia Zamenhof, kor’ fervora,
Vartante Patran sent - heredon.
and passionately plays her part,
of Baha’i a votaress,
Lidia Zamenhof, fervent heart,
Heir to her father’s tenderness.
El sent’ profunda, pens’ valora,
En sino havas rican bedon,
El ili plektas flor - bukedon:
Novelojn kun enhav’ trezora,
Lidia Zamenhof, kor’ fervora.
From thoughts and feelings set
apart,
Her garden in the mind’s recess,
She makes a treasure to possess,
A bunch of stories by her art,
Lidia Zamenhof, fervent heart.
143 VI. SU ALESSANDRO BAUSANI.
Si propone il messaggio inviato dall’Assemblea Spirituale Nazionale dei Baha’i d’Italia
ai fedeli Baha’i nel giorno della morte di Alessandro Bausani, il 15 marzo 1988.
Dall’Assemblea Spirituale Nazionale dei Baha’i d’Italia.
Siamo profondamente rattristati per la scomparsa del professor Alessandro
Bausani. La sua morte priva la comunità mondiale Baha’i di uno dei suoi
pochi eminenti studiosi internazionali e amici italiani, di uno dei suoi più
illustri credenti. Lunghi furono gli anni dei suoi incrollabili servizi: fu
membro dell’Assemblea Spirituale Nazionale, servendo la causa, dandole
autorità e prestigio, assicurando grande onore alla fede. Rimarrà
permanente e amorevole il ricordo di lui nella comunità italiana.
Porgiamo sentite condoglianze a parenti e amici, assicurando le nostre
preghiere.
144 VII. SCHEMA RIASSUNTIVO: LE GUIDE DELLA FEDE BAHA’I.
• Baha’u’llah, il Giorno Glorioso (1817 - 1892).
• Abdu’l’baha, il Servo di dio (1844 - 1921).
• Shoghi Effendi, il Custode della causa di dio (1897 - 1957).
• Casa Universale di Giustizia (dal 1963):
 Sede: Centro Mondiale della Fede Baha’i a Haifa.
 Assemblee Spirituali Nazionali: eleggono i nove pari
membri della Casa Universale di Giustizia.
 Assemblee Spirituali Locali: eleggono i nove pari
membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale.
145 146 BIBLIOGRAFIA:
Abdu’l’baha 1976.
Abdu’l’baha. La saggezza di Abdu’l’Baha. Raccolta dei discorsi tenuti da
Abdu’l’baha a Parigi nel 1911 e a Londra nel 1912-1913. Casa Editrice
Baha’i, Roma 1976.
Abdu’l’baha 1982.
Abdu’l’baha. The promulgation of Universal Peace. Baha’i Publishing
Trust, Wilmette 1982.
Abdu’l’baha 1987 (a).
Abdu’l’baha. Antologia. Casa Editrice Baha’i, Roma 1987.
Abdu’l’baha 1987 (b).
Abdu’l’baha. Ultime volontà e testamento. Casa Editrice Baha’i, Roma
1987.
Abdu’l’baha 1998.
Abdu’l’baha. Talks delivered by Abdu’l’baha during his visit to the United
States in 1912. Baha’i Publishing Trust, Wilmette 1998.
Abdu’l’baha 2006.
Abdu’l’baha. Le lezioni di San Giovanni d’Acri. Casa Editrice Baha’i,
Roma 2006.
Amerio - Bonvecchiato - Fighiera 1999.
Amerio, F.- Bonvecchiato, G.- Fighiera, G. C. Esperanto: dati e fatti. FEIFondo Manelli, Milano 1999.
Astori 1996.
Astori, D. Parlo esperanto. Manuale di conversazione. Garzanti Editore,
Milano 1996.
147 Astori 2008.
Astori, D. “Pianificazione linguistica e identità: il caso emblematico
dell’esperanto”, in Metàbasis, rivista internazionale di filosofia on line:
www.metabasis.it. Maggio 2008.
Astori 2010.
Astori, D. “Saussure e il dibattito (inter)linguistico sulle lingue
internazionali ausiliarie a cavallo fra XIX e XX secolo”, in Atti del
sodalizio glottologico milanese,n. XIX (pp. 102-120). Università degli
Studi, Milano.
Bab 1978.
Bab. Selected Writings from The Bab. Baha’i World Centre, Haifa 1978.
Bab 1984.
Bab. Antologia. Casa Editrice Baha’i, Roma 1984.
Baha’u’llah 1978.
Baha’u’llah. La proclamazione di Baha’u’llah ai re e ai governanti del
mondo. Casa Editrice Baha’i, Roma 1978.
Baha’u’llah 1980.
Baha’u’llah. L’epistola al figlio del Lupo. Casa Editrice Baha’i, Roma
1980.
Baha’u’llah 1981.
Baha’u’llah. Tavole di Baha’u’llah. Casa Editrice Baha’i, Roma 1981.
Baha’u’llah 1985.
Baha’u’llah. Spigolature dagli scritti. Casa Editrice Baha’i, Roma 1985.
Baha’u’llah 1994.
Baha’u’llah. Il libro della Certezza. Casa Editrice Baha’i, Roma 1994.
Baha’u’llah 1995.
Baha’u’llah. Kitab-i-Aqdas. Il libro più santo. Casa Editrice Baha’i, Roma
1995.
148 Baha’u’llah 2003.
Baha’u’llah. Le Sette Valli e le Quattro Valli. Casa Editrice Baha’i, Roma
2003.
Baha’u’llah 2005.
Baha’u’llah. Le parole celate. Casa Editrice Baha’i, Roma 2005.
Baha’u’llah 2008.
Baha’u’llah. Un dono di preghiere e scritti Baha’i, Casa Editrice Baha’i,
Roma 2008.
Baldoni 1976.
Baldoni, C. La Società delle Nazioni: nozioni generali. CEDAM, Padova
1976.
Bausani 1959.
Bausani, A. Persia Religiosa. Il Saggiatore, Milano 1959.
Bausani 1962.
Bausani, A. I Persiani. Sansoni, Firenze 1962.
Bausani 1974.
Bausani, A. Le lingue inventate. Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini Editore,
Roma 1974.
Bausani 1991.
Bausani, A. Saggi sulla fede Baha’i. Casa Editrice Baha’i, Roma 1991.
Benjamin 2003.
Benjamin, S. G. Persia. Kessinger Publishing, Liverpool 2003.
Boulton 1980.
Boulton, M. Zamenhof, Creator of Esperanto. Routledge and Kegan Paul,
Londra 1980.
149 Braun 1982.
Braun, E. A Crown of Beauty. The Baha’i Faith and the Holy Land. George
Roland, Oxford 1982.
Casadei 1974.
Casadei, F. Breve dizionario di linguistica. Laterza, Bari 1974.
Castiglioni 2005.
Castiglioni, I. La comunicazione interculturale: competenze e pratiche.
Carocci, Roma 2005.
Cline 2000.
Cline, E. H. The battles of Armageddon: Megiddo and the Jezreel Valley.
University of Michigan Press, Ann Arbor 2000.
Dall’Aquila - Iannaccaro 2004.
Dall’Aquila,V. - Iannaccaro, G. La pianificazione linguistica: lingue,
società e istituzioni. Carocci, Roma 2004.
Desailly 1983.
Desailly, P. Making the world peace real: the Baha’i faith and Esperanto.
Baha’i Publishing Trust, Wilmette 1983.
Dietterle 1929.
Dietterle, J. A cura di. Originala Verkaro. Ferdinand Hirt & Sohn, Leipzig
1929.
Dratwer 1980.
Dratwer, I. Lidia Zamenhof. Vivo kaj Agado.La Laguna, Antwerp 1980.
Duc - Goinaz 2002.
Duc - Goinaz, M. Plena Vortaro de Esperanto. SAT (Sannacieca Associo
Tutmonda), Alicante 2002.
Eco 1991.
Eco, U. Le lingue perfette nel secolo dell’utopia. Bompiani, Milano 1991.
150 Eco 1993.
Eco, U. La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea. Laterza, Bari
1993.
Effendi 1976.
Effendi, S. Principles of Baha’i Administration. Baha’i Publishing Trust,
Wilmette 1976.
Effendi 1982.
Effendi, S. L’ordine mondiale di Baha’u’llah. Casa Editrice Baha’i, Roma
1982.
Effendi 2002.
Effendi, S. Il nostro destino glorioso. Lettere all’Italia. Casa Editrice
Baha’i, Roma 2002.
Effendi 2004.
Effendi, S. Dio passa nel mondo. Casa Editrice Baha’i, Roma 2004.
Esslemont 1983.
Esslemont, J. E. Baha’u’llah e la Nuova Era. Casa Editrice Baha’i, Roma
1983.
Faizi 1979.
Faizi, G. La fede Baha’i. Una introduzione. Casa Editrice Baha’i, Roma
1979.
Farrok 1991.
Farrok, M. La pensée et l’action d’Edmond Privat (1889 - 1962). Peter
Lang, Berlino 1991.
Garis 1983.
Garis, M. R. Martha Root, Lioness at the Threshold. Baha’i Publishing
Trust, Wilmette 1983.
151 Ghiretti 2007.
Ghiretti,
M.
Storia
Mondadori,Milano 2007.
dell’antigiudaismo
e
dell’antisemitismo.
Giltinan 1984.
Giltinan, G. Internazionalismo nel cuore. Guns of Brixtan, Wessex 1984.
Gobbo 2009.
Gobbo, F. Fondamenti di interlinguistica ed esperantologia; pianificazione
linguistica e lingue pianificate. Raffaello Cortina Editore, Milano 2009.
Grieco 1979.
Grieco, G. Il bisogno di Dio. Rusconi, Milano 1979.
Harper 1997.
Harper, B. Luci di fortezza. Casa Editrice Baha’i, Roma 1997.
Heller 1985.
Heller, W. Lidia: The life of Lidia Zamenhof, Daughter of Esperanto.
George Ronald, Oxford 1985.
Lamberti 1991.
Lamberti, V. Una voce per il mondo. Lejzer Zamenhof il creatore
dell’esperanto. Mursia, Milano 1991.
Lessona 1981.
Lessona, M. I Babi. Casa Editrice Baha’i, Roma 1981.
Marrone 2004.
Marrone, C. Le lingue utopiche. Nuovi Equilibri, Viterbo 2004.
Martinelli 2006.
Martinelli, P. Edmond Privat. L’uomo e l’opera. Centro Italiano di
Interlinguistica, Milano 2006.
Merin 2001.
Merin, S. L’islam, fondamenti e dottrine. Mondadori, Milano 2001.
152 Migliorini 1948.
Migliorini, B. Lingua e cultura. Tumminelli Editore, Roma 1948.
Nabil - i ‘A‘zam 1978.
Nabil - i ‘A‘zam. Gli araldi dell’aurora. Casa Editrice Baha’ i, Roma 1978.
Privat 1931.
Privat, E. Life of Zamenhof. George Roland, Oxford 1931.
Saronne 1978.
Saronne, E. T. Capire la linguistica. CLUEB, Bologna 1978.
Savi 2008.
Savi, J. L’esperienza religiosa di Alessandro Bausani. Casa Editrice Baha’i,
Roma 2008.
Scarcia Amoretti - Rostagno 1991.
Scarcia Amoretti, B. - Rostagno, L. Yad Nama. In memoria di Alessandro
Bausani. Casa Editrice Bardi, Roma 1991.
Scarcia 1999.
Scarcia, G. Quattro incursioni, in Oriente Moderno, vol.18. Pubblicazione
dell’Istituto per l’Oriente, Roma 1999.
Terracini 1957.
Terracini, B. Conflitti di lingue e di cultura. Neri Pozza Editore, Venezia
1957.
Tonini 1999.
Tonini, C. Operazione Madagascar: la questione ebraica in Polonia,
1918 - 1968. CLUEB, Bologna 1999.
Turchi 1996.
Turchi, D. San Giovanni d’Acri, Akko: storia e cultura di una città portuale
del mediterraneo. Graffiti Editore, Varese 1996.
153 Dono 2008.
Un dono di preghiere e scritti Baha’i rivelati da Baha’u’llah, dal Bab e da
Abdu’l’baha. Casa Editrice Baha’i, Roma 2008.
Warburg 2001.
Warburg, M. I Baha’i. Casa Editrice Elledici, Torino 2001.
Zamenhof 1963.
Zamenhof, L.L. Fundamento de esperanto. Esperantaj francaj eldonoj,
Marmande 1963 [1887].
Zuffada 1984.
Zuffada, L. Il Custode. La vita. Casa Editrice Baha’ i, Roma 1984.
RIVISTE E PERIODICI:
A journal of Baha’i studies. Pubblicazione dell’Associazione per gli studi
Baha’i, Ottawa [1988-].
Baha’i News. Mensile dell’Assemblea spirituale Nazionale Baha’i degli
Stati Uniti e del Canada [1978-].
Bahaismo kaj Esperanto. Mensile della Baha’i Esperanto-Ligo, Hofeim
[2009-].
Note Baha’i. Mensile dell’Assemblea spirituale Nazionale Baha’i italiana
[1974-2003].
Opinioni Baha’i. Trimestrale edito dalla Casa Editrice Baha’i, Roma
[2003-].
Star of the West. Mensile edito da George Roland, Oxford [1920-].
154 COMPILAZIONI:
Educazione Baha’i. Dipartimento di ricerca della Casa Universale di
Giusitiza, a cura di. Casa Editrice Baha’i, Roma 1978.
La promessa della pace mondiale. Messaggio della Casa Universale di
Giustizia. Casa Editrice Baha’i, Roma 1995.
Luci di Guida. Helen Basset Hornoby, a cura di. Casa Editrice Baha’i,
Roma 2006.
The adoption of universal language. Eshan Bayat, a cura di. Baha’i
Publishing Trust, Wilmette 2008.
Una fede comune. Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai capi
religiosi del mondo. Casa Editrice Baha’i, Roma 2002.
155 156 RINGRAZIAMENTI
Tengo anzitutto a ringraziare la mia mamma e il mio babbo perché sono
fantastici. Grazie per a vostra fede, la vostra grande disponibilità al Mistero,
grazie per il bene che mi volete e perché mi avete voluta sempre. Grazie per
avermi permesso di studiare e per avermi accompagnato fino qui con
grande affettuosità e con discrezione. Grazie Ele perché sei la sorella
migliore che potessi avere, per la tua sorellanza grande nonostante la
distanza, perché sei sempre seria con me, e non mi lasci in pace con le tue
domande. Grazie ai miei nonni carissimi, Lidia e Rino, Gaura e Umberto
per tutte le vostre preghiere, per la vostra simpatia, il vostro aiuto e la vostra
fede. Siete eccezionali! Grazie al mio unico e preferitissimo zio Silvio
perché sei il migliore in assoluto! Grazie per il bene infinito, per i tuoi
giudizi sani e puntuali, perché non ti fai abbattere mai. Tvb!
Grazie ai miei amici di Parma, la compagnia che veramente mi ha fatto
affezionare al movimento. Grazie perché mi avete voluta e accompagnata
con grande libertà e nonostante il mio ruvido modo di essere. Grazie agli
amici del gruppetto, troppo bello! Tom e Gino, Lollo, che amici! Fra,
grazie per la tua sana follia, per le nostre discussioni calcistiche (se non ci
fossi stato tu il nostro diciottesimo scudetto sarebbe stato meno gustoso!).
Grazie per la nostra grande amicizia. Guido, sei l’amico migliore che
potessi trovare, una compagnia così vera l’ho sperimentata raramente.
Grazie per la tua fede, la tua disponibilità a lasciarti fare. E grazie per il
bene grande che mi vuoi. Rita, grazie per la tua compagnia presente e
affettuosa. Grazie per avermi sempre sostenuta e grazie perché lo fai
ancora. E grazie perché per le tue molteplici interpretazioni della regola del
fuori gioco! Eli, sei una leonessa. E sei la migliore capo segreteria che il
CLU potesse avere. Grazie per i richiami e la grande sincerità. Sei una
grande! Grazie alle mie compagne d’appartamento per la grande pazienza e
la compagnia. Alle, nonostante tutto sei nel mio cuore. Sei una tra le amiche
più grandi e serie che ho trovato. Miati, sei F U O R I! Ma sei
rigorosamente la migliore. Grazie per le tue grandi domande, per la tua
ricerca continua di senso, per la tua follia e la tua grande accoglienza. Anna
Fiacca, ti metto qui, nel mio appa, perché sei una di noi. Sei fantastica.
157 Continua così e porta avanti con l’onore delle Anne! Chiara Minne, grazie
per il tuo aplombe e la tua serietà, continua così! Fra, Gabri, Waleeeee
grazie di tutto. Grazie a tutti tutti, Ali (che amica! Sei una sorpresa sempre
nuova ogni volta e sei una amica matura), Anna A, Fil Costa (IDOLO),
Uta, Vero, Sandra, Clizia, Anna Braco (Anna, che donna eccezionale. Sei
una grande. E grazie mille ancora per gli esami di latino! W LA MAGICA
E GLI AMICI DI IMOLA!),Isa, Brio, Tommi, David (sei un grande e ti
voglio molto bene!), Marco, Polly, Pelvini… Eccezionali.
Per ultime: ringrazio la V, perché sei una grande! Grazie per il tuo aiuto
sempre presente, i tuoi giudizi chiari, le tue sclerate.. Grazie per la
bellissima amicizia che ci lega nonostante la mia spigolosità. Grazie per la
pazienza e le preghiere, perché analizzi le mie fissazioni e nonostante la mia
follia non mi molli mai. Non temere nulla V, la strada è bella! Maddi,
grazie perché in questi anni sei stata una sorella, per come sei cambiata e ti
sei messa in discussione, per i passi buoni fatti insieme e personalmente.
Grazie per tutto l’aiuto che sempre mi dai e per la tua grande fede. Grazie
per le nostre avventure più che bizzarre (non le scrivo perché chi legge non
ci crederebbe!!), grazie per le partite al Tapas, grazie per il nostro amore per
il Milan, perché I CAMPIONI DELL’ITALIA SIAMO NOI e perché
abbiamo visto Eto’o che vendeva le rose sul metrò! E già che ci siamo..
Visto che ci si sposa una volta nella vita: mi portate Ibra si o no?!?! (la
gente penserà che sono pazza ma poi dirà che siete delle pessime amiche se
non realizzate il desiderio della futura sposina.. pensateci bene!).
Grazie a tutti gli amici del Camerun, Armel, Gautier, Raymond, Elodie,
Brice, Serge: non siete assolutamente normali ma vi voglio molto bene!
Grazie per le nostre uscite e le partite di calcio!
Grazie agli amici di Imola, vecchi e nuovi. Abdhul sei un grande, sono
contentissima di averti come amico visto che sei molto serio e maturo!
Grazie a Palmino e Lucia (e a Raffaele)! Grazie a Palmone e l’Ilaria, alla
Marica, a Pollo e la Claudia (superlativa! Venite a vivere a Imola!), a
Giamma e la Cate, Scric (grazie per l’amicizia, la disponibilità enorme e
l’aiuto per la tesi!), Andrea e l’Elisa, Gianni, Don Paso (sei diventato un
nostro caro amico e la nostra è una amicizia produttiva, seria. Troppo
bello!), la Kate e la Martina Baroncini (siete il segno che se alla base c’è
Altro, l’amicizia dura per sempre senza affievolirsi mai), Alberto, Flash
(come al solito non ho parole per descriverti. Grazie perché mi farai da
158 autista al matrimonio, per la tua passione per gruppi musicali di scarsa
qualità o probabilmente inesistenti. Per le partite del Milan con Super
Cesare -Cesare, che eroeeee!!- A casa nostra ci sarà sempre posto per te!),
Zio, Grazia Nofe, sei una grande amica e una matta. Ti voglio molto bene.
W Dima!
E poi grazie ai miei nuovi amici di GS!! Nonostante è da poco che ci
frequentiamo ho già capito che è il rapporto con voi è una grande avventura
e una sfida costante.. nonché una delle cose più divertenti che potessero
succedermi! Grazie soprattutto ai maschioni, belli e bravi, del gruppetto,
Jack, Dade, Tommi, Andre, Luca, Greg, Gaddo (il nostro gruppetto è il
migliore!), a Pietro Villa, Baro, Pelle.. Grazie anche alle donne, la Benny,
la Pisa, le Irene, Chiara, Cate, Ceci.. con voi mi sono sentita subito a
casa! Grazie anche a Don Zanotti e Don Sam (siete fuori!) per avermi
coinvolto in questa bella amicizia.
Grazie al Professor Astori, per essere stato un grande maestro, per le
preziose correzioni, per la simpatia, per i dialoghi profondissimi e per
essere stato sempre sincero e davvero disponibile nel rapporto con me.
Gatto, grazie perché sei stato il migliore compagno di corso che potessi
avere. Sei un genio (per questo ti detesto) ma sei anche un grande uomo..
non fermarti mai!
E poi c’è Lello! Grazie di tutto, dei pranzi e delle cene, dei posti prenotati
sul tuo divano per la partita, della piscina e dei film.. Ma grazie soprattutto
per la tua fede, perché come mi guardi tu non mi guarda nessuno, perché
prendi sempre tutto senza paura e con grande maturità. Grazie per la tua
semplicità, la tua disponibilità a Gesù e al movimento. Grazie perché
andiamo sempre all’Origine e perché mi aiuti sempre a giudicare le cose
senza nascondermi. Ci attende una strada bellissima che sono davvero
curiosa di percorrere!
159 160