Tesi di Anna Rondelli - Federazione Esperantista Italiana
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Tesi di Anna Rondelli - Federazione Esperantista Italiana
A mamma, babbo e Ele, e a tutti i miei amici, vecchi e nuovi, giovani e meno giovani! Solo i codardi chiedono al mattino della battaglia il calcolo delle probabilità; i forti e i costanti non sogliono chiedere quanto fortemente né quanto a lungo abbiano da combattere, ma come e dove, e non hanno bisogno se non di sapere per quale via e per quale scopo, e sperano dopo, e si adoperano, e combattono,e soffrono così, fino alla fine della giornata, lasciando a Dio gli adempimenti. C. Balbo. 1 2 INDICE: INTRODUZIONE 7 PARTE PRIMA CAPITOLO I. UNA NUOVA STORIA NELLA STORIA: LA FEDE BAHA’I I. 1: Persia, crogiolo di culture 13 I. 2: La fede Baha’i 17 I. 2. 1: Il Bab 18 I. 2. 2: Baha’u’llah 23 I. 2. 3: Abdu’ l’baha 36 I. 2 . 4: Shoghi Effendi 43 I. 2. 5: La casa universale di giustizia 47 I. 3: La fede Baha’i oggi 50 I. 4: Quale lingua per la religione Baha’i 54 3 CAPITOLO II. BAHA’I ED ESPERANTO: STORIA ED EVOLUZIONE DI UNA RELAZIONE LINGUISTICA II. 1: Alla ricerca della lingua universale II. 2: Presupposti per la nascita di una lingua ausiliaria 57 universale 58 II. 3: Una proposta ambiziosa 63 II. 4: Un rapporto fiorito nel tempo 67 II. 4. 1: Breve storia dell’esperanto e del primo esperantista: Ludwik Zamenhof 68 II. 5: Unità d’intenti, condivisione di scopi 71 II. 6: Un rapporto che continua ancora oggi 76 PARTE SECONDA CAPITOLO III. DI PADRE IN FIGLIA. LIDIA ZAMENHOF III. 1: La vita e la famiglia 81 III. 2: Gli anni della svolta 85 III. 3: La conversione 91 III. 4: Andata e ritorno 101 4 CAPITOLO IV. LA CONVERSIONE E LO STUDIO: ALESSANDRO BAUSANI IV. 1: Giovinezza e formazione 107 IV. 2: La conversione e la carriera accademica 112 IV. 3: Studi paralleli 116 IV. 4: Gli ultimi anni 119 CONCLUSIONI 121 APPENDICI AL TESTO I. Due tavole significative di Baha’u’llah I. 1: Lawh-i-Maqsud (o tavola di Maqsud) 125 I. 2: Tavola di Ishraqat (o tavola degli splendori) 133 II. Gli undici principi tratti dagli insegnamenti di Baha’u’llah e spiegati da Abdu’l’baha a Parigi 135 III. Frammenti di istruzione ed educazione Baha’i 138 IV. La collaborazione con gli esperantisti 141 V. Su Lidia Zamenhof 143 VI. Su Alessandro Bausani 144 VII. Schema riassuntivo: le guide della fede Baha’i 145 5 125 BIBLIOGRAFIA 147 6 INTRODUZIONE L’interesse per la minoranza Baha’i da parte di un linguista nasce anzitutto dalla volontà della minoranza stessa di definire una Lingua Ausiliaria Universale in grado di generare una comunicazione paritaria tra tutti i popoli e le Nazioni. Così un tema certamente poco conosciuto e inesplorato si rivela ricco e pieno di inattese scoperte. L’esplorazione condotta in questo lavoro si divide in due parti. La prima comprende i due capitoli iniziali, dove anzitutto si cerca di trovare risposta ad alcune domande di base: chi sono i Baha’i? Qual è la loro storia? Come si sono evoluti e quali sono i principi della loro fede? Se il primo capitolo presenta la storia della minoranza, il secondo approfondisce, alla luce delle concezioni religiose ed etiche del gruppo, la necessità comunicativa della comunità dei fedeli e il suo legame forte con la comunità esperantista internazionale. Si è cercato di trovare risposta ad alcuni quesiti riguardo a quale sia l’urgenza linguistica della minoranza e quale il suo progetto, e come si sia realizzato in maniera concreta tale disegno. La seconda parte del lavoro intende dare voce a due importanti figure del XX secolo, personalità tra le più rilevanti della comunità Baha’i internazionale: Lidia Zamenhof (1904 – 1943) e Alessandro Bausani (1921 – 1988), entrambi, in condizioni e circostanze differenti, entrati in contatto con la fede Baha’i, convertendosi e fornendo un apporto importante alla diffusione della fede nel mondo. 7 Dal punto di vista metodologico, la ricerca è stata possibile attraverso la consultazione di tre diverse tipologie di fonti. 1. Bibliografia scientifica. Preziosi per la ricerca e numerosi, testi sacri alla fede Baha’i, saggi critici, lettere e compilazioni, biografie. I testi sono stati consultati sia in lingua italiana sia in lingua inglese. 2. Ocean. Questo importante strumento telematico di ricerca permette di consultare in maniera veloce tutti i testi della fede Baha’i. Inserendo un argomento d’interesse all’interno del suo motore di ricerca, compaiono in schermata tutte le citazioni contenenti quello specifico argomento in tutti i testi della tradizione. 3. Membri della comunità. Certamente non hanno la rilevanza e la validità, ai fini degli studi, delle fonti librarie, ma il percorso qui presentato sarebbe stato impensabile senza l’aiuto, i consigli e il sostegno di alcuni fedeli Baha’i che ho avuto il piacere e la fortuna di conoscere. Ringrazio perciò i coniugi Maria Augusta Favali e Manoucher Hedayat, membri della comunità Baha’i della città Parma. Il ricordo va al signor Hedayat, prematuramente scomparso. Il testo si chiude poi con una appendice, che raccoglie alcuni testi, integrali o per excerpta, con lo scopo di permettere un approfondimento del percorso di studio: da un lato a offrire la possibilità di una lettura diretta di 8 alcune parole delle grandi guide della fede Baha’i, che evidenziano il valore della lingua ed educazione per questa minoranza religiosa; dall’altro a testimoniare attraverso alcune lettere e dichiarazioni ufficiali riguardanti sia il rapporto tra Baha’i ed esperanto, sia le personalità di spicco presentate ai capitoli III e IV. 9 10 PARTE PRIMA 11 12 I. UNA NUOVA STORIA NELLA STORIA: LA FEDE BAHA’I I. 1. PERSIA, CROGIOLO DI CULTURE All’interno del mondo orientale, la Persia rappresenta una regione importante sotto molteplici punti di vista: religioso, storico–culturale, politico, economico. Questo territorio –glorioso Impero sorto nel 700 a.C.– presenta due caratteristiche essenziali: è una regione che ha lottato da un lato per la propria autonomia, per migliorarsi e arricchirsi; dall’altro, proprio opponendosi a nemici e conquistatori, ha a lungo sofferto e subito gli scherni di usurpatori stranieri1. Per comprendere la vocazione alla pace e alla fratellanza della fede Baha’i, occorre conoscere alcune informazioni relative alla sua collocazione nello spazio e nel tempo: la storia della Persia, delle numerose dominazioni che si sono susseguite in questo territorio e la sua posizione geografica permettono di capire con maggiore chiarezza il motivo delle inclinazioni della minoranza presa in esame. Il vasto altopiano persiano è situato tra due grandi sistemi fluviali: a occidente la Mesopotamia, attraversata dai corsi del Tigri e dell’Eufrate; a oriente il grande bacino dell’Indo. Sono limitrofi a quest’ultimo le steppe dell’Asia Centrale, sede di molte popolazioni nomadi e ricche di oasi e valli fluviali minori (si pensi che sono qui collocati i bacini di ‘Amù Daryà e di Sìr Daryà, i più importanti della regione). L’area confina con Armenia e Caucaso, ma anche con India, Asia Centrale e 1 Per una più approfondita conoscenza della storia delle invasioni della Persia si consiglia la lettura di Bausani (1991) e di Benjamin (2003). 13 Cina: proprio questa collocazione geografica ha reso la Persia un grande crogiolo culturale, ponte importante tra popoli lontani e molto diversi. La storia della Persia, quale realtà politica e culturale nell’antico Oriente, fu molto simile a quella dell’Impero Romano in Occidente: fu un dominio che emanò leggi per il proprio popolo, animato da intenti civilizzatori, mosso dal desiderio di vivere una condizione di pace all’interno dell’Impero e di rispetto nel rapporto con le popolazioni o le realtà regionali confinanti2. Afferma Bausani (1991: 127): Affinché questa missione fosse realizzata, l’Impero Persiano si adoperò nella costruzione di un Paese giusto ed equo, in cui al centro era la persona e la sua formazione religiosa e civile. Infatti la cura per la costruzione di scuole, templi sacri e opere artistiche e architettoniche fu grande. In quei tempi la Persia rappresentava un punto di contatto e di passaggio di popoli differenti per cultura, sensibilità artistiche, tradizioni; ciò rese il Paese e la sua formazione storica e culturale da sempre sottoposta a influenze e contaminazioni, sia da oriente sia da occidente. Spesso però l’Impero si trovava ad affrontare minacce di invasione da parte di popolazioni o potenze straniere; questi fatti portarono la Persia e i numerosi suoi imperatori a rafforzare il proprio esercito, uno dei più 2 La fioritura dell’Impero Persiano tra VII e IV secolo a. C. viene qui solo accennata. Per una conoscenza completa e approfondita del periodo storico e dei cambiamenti nella dominazione persiana in tali secoli occorre fare riferimento ad almeno due testi che raccolgono in maniera dettagliata tutte le informazioni riguardanti l’argomento, privilegiando generalmente nel corso del lavoro la produzione baha’i: Bausani (1959 e 1962). 14 temibili allora conosciuti. Ciononostante le minacce esterne furono numerose e hanno attraversato la storia della Persia dall’antichità allo scorso secolo. Mesopotamia, India, popoli nomadi di varie provenienze (per lo più Turchi), hanno cercato di annettere porzioni di territorio dell’Impero o di inserirvisi con intenti minacciosi. Come resistere e rispondere a questi pericoli? Alessandro Bausani (1991: 129) spiega: Il mezzo scelto dalla cultura iranica è quello che chiamerei di continue “ri–arcaizzazioni”, che talora possono apparire, sì, artificiose, ma salvatrici. Pertanto la storia dell’Iran si può vedere come ritmata da una serie di periodi alterni di fortissima assimilazione prima e poi di fieri ripensamenti nazionali, ristrutturate in rinascite arcaizzanti di un presunto passato visto con occhi moderni. Un primo importante ciclo di invasioni si verificò nell’altopiano iranico tra il VI e il IV secolo a. C., quando diverse popolazioni –tra cui Sumeri, Assiri, Mesopotamici e Babilonesi– penetrarono con la violenza nel territorio dell’Impero. A questo lungo periodo di invasioni e soprusi seguì una prima “ri-arcaizzazione” ad opera della grande e potente dinastia degli Achemenidi: discendenza che annovera tra i suoi componenti Serse, Ciro e Dario, tra i più grandi imperatori persiani. La risposta alle incursioni fu decisa e profondamente nazionalistica: l’Impero combattè contro i nemici, riuscendo a ottenere nuovamente la propria autonomia, diffondendo un forte senso di appartenenza nel popolo. Il fenomeno delle “ri-arcaizzazioni” si manifestò una seconda volta, dopo la grande invasione di Alessandro il Macedone, alla fine del 15 IV secolo a. C., e altre occupazioni, seppur minori, di Seleucidi, Arsacidi e Parti (che avvennero tra il IV secolo a.C. e il III secolo d.C.). Anche in questo momento difficile la Persia, per allontanare la presenza degli usurpatori, tornò a diffondere un forte senso di unità e appartenenza, combattè per allontanare il nemico e delineò, nel tempo, una politica di difesa. Questi cambiamenti furono definiti dalla seconda grande dinastia che guidò l’Impero, quella dei Sasanidi. Ma ciò non fu sufficiente. Nel corso del VII secolo d.C. la forza persiana non riuscì a frenare la grandiosa invasione araba, che cambiò profondamente la storia, la cultura e la religione del Paese. Da questo momento le “ri-arcaizzazioni” furono sporadiche, tentativi talvolta ironici di cambiare un paese inserito, oramai, nel solido contesto geo– politico dell’Impero dei califfi (Ommiadi e Abbasidi). Solo nei secoli XIX e XX si verificheranno cambiamenti importanti, così elencabili a larghi tratti: una prima volta, nel secolo XIX, la Persia verrà sovrastata dal colonialismo europeo, diventando vassalla del Vecchio Continente. Nella seconda parte del secolo nacque, proprio in questa regione, la nuova fede Baha’i: in un periodo in cui l’internazionalismo rappresentava una corrente abbracciata da un numero sempre crescente di sostenitori3, questa fede mandò un messaggio di pace e unità a tutti e fra tutti i popoli del mondo. Un avvenimento particolarmente inatteso. La seconda volta avvenne nel secolo XX, quando la grande rivoluzione islamica guidata dall’ayatollah Khomeini e l’istituzione della Repubblica Islamica cambiarono profondamente il volto dell’Iran: il Paese si chiuse 3 L’internazionalismo rappresenta una delle più importanti correnti socio-‐politiche della storia contemporanea. Per una piena conoscenza della corrente internazionalista e della sua diffusione tra XIX e XX secolo si consiglia la lettura di Giltinan (1984). 16 a qualunque rapporto con l’Occidente, e si vide la diffusione di un’unica e sola fede, l’islam. È in questo clima di terrore, persecuzione e violenza che la fede Baha’i nasce e cresce, sviluppandosi dapprima nella sola Persia, dove ancora oggi rappresenta la minoranza religiosa più numerosa4, e successivamente nella quasi totalità dei Paesi del mondo. I. 2. LA FEDE BAHA’I Per conoscere la storia e le evoluzioni della fede Baha’i si deve anzitutto comprendere l’importanza di alcune figure che, martiri della nuova religione, hanno determinato e permesso la nascita di questa minoranza. Occorre perciò soffermarsi su ciascuna di esse per conoscerne il valore e la rilevanza che ebbero nella storia della minoranza. 4 L’indicazione aggiornata dei dati qui riportati viene fornita sul sito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite www.un.org (ultima consultazione in data 18/08/2011). 17 I. 2. 1. IL BAB Storicamente, l’Iran rappresenta il fulcro dell’Islam sciita5, che è riconosciuto come religione di Stato dal 1501. Nel corso del XIX secolo la condizione politica e sociale dell’Iran ha generato nel popolo un forte senso di insoddisfazione e di sfiducia nei confronti degli Ulama (il clero sciita). Di conseguenza sono prolificati movimenti eterodossi ai margini della fede ufficiale, avvenimento che turbò profondamente il clero locale. Tra le numerose minoranze, quella degli Shaykhi è particolarmente interessante: il fondatore, Ahmad Ahsa’i (1753 – 1826), insegnava ai suoi discepoli che l’ispirazione religiosa poteva essere ottenuta attraverso il contatto diretto con il profeta Maometto, e rifiutava l’interpretazione letterale del Corano. Alla sua morte il successore nominato fu Rashti (?–1844), figura chiave. In quanto discepolo di Ahmad Ahsa’i, aveva descritto il predecessore maestro e messaggero di dio, rintracciando in lui il primo di un ciclo di profeti. Rashti reputava imminente l’arrivo del prossimo profeta, che egli stesso definì Bab (che significa la Porta, il Messaggero), il dodicesimo, colui che riporterà ordine e pace sulla terra. Alla morte di Rashti, il movimento Shaykhi 5 Lo Sciismo – spesso chiamato anche “Islam Persiano” – indica un ramo minoritario dell’Islam. Questa confessione si può sinteticamente descrivere in alcuni aspetti: lo Sciismo riconosce un unico dio e crede nella verità del testo sacro del Corano; riconosce il profeta Maometto come autorità infallibile in maniera assoluta; crede nel valore dell’Imam (la Guida), figura inviata da dio agli uomini, affinché guidasse la comunità e garantisse la continua testimonianza della fede. Altre cariche religiose vengono considerate rilevanti dai fedeli sciiti; tra queste occorre menzionare l’Ayatollah (il Segno di dio): è un membro rilevante del clero sciita, erudito in materia religiosa e maestro di fede per i giovani credenti. Lo sciita riconosce, inoltre, la perpetua bontà e giustizia di dio e il libero arbitrio di ciascun soggetto. I fedeli sciiti credono in undici profeti che si sono manifestati nella storia e attendono il dodicesimo, che reputano il pacificatore della terra e del cosmo. Per approfondire lo sciismo e le sue differenze con il sunnismo si consiglia, tra gli altri, almeno Mervin (2001). 18 rimase senza una guida: ciò generò lotte e fratture all’interno del gruppo, situazione che rese necessario indicare un nuovo capo carismatico fuori dalla cerchia del movimento. Ha così inizio la ricerca della guida nella città di Shiraz, dove alcuni membri del movimento incontrarono un mercante di nome Shayyid Ali Muhammad Shirazi (1819 – 1850), che da tempo era membro del gruppo. L’incontro col mercante, fedele rigoroso e colto, già considerato da molti suoi concittadini un esempio di vita e di fede, pose fine alla ricerca del maestro: proclamato Bab e nuova guida spirituale, diede avvio a un movimento di nuova formazione che prese il nome di Babismo, accogliendo la maggior parte dei membri della minoranza Shaykhi. La proclamazione avvenne il 23 maggio del 1844, data che ancora oggi viene celebrata dai credenti Baha’i e chiamata il Giorno Glorioso. Il Bab e i suoi seguaci si trasferirono successivamente a Karbila (città nell’Iraq sud–orientale), dove il gruppo non fu accolto positivamente: il tribunale religioso locale giudicò il Babismo una setta infedele e blasfema; il Bab fu condannato agli arresti domiciliari, molti suoi seguaci furono incarcerati6. Nonostante la detenzione –e il tentativo non riuscito di fuga nel 1846, che portarono il profeta a vivere senza libertà, senza viveri, aggredito e malmenato–, il Bab riuscì a testimoniare la propria fede, creando stretti rapporti epistolari con alcuni discepoli liberi che inviò in tutta la regione. Seppure le condizioni non fossero favorevoli, il movimento crebbe in maniera sensibile e in tempi brevi: nel 1848 i seguaci del “Messaggero” erano circa centomila. Nello stesso 1848, il Bab scrisse un kud (codice) nel quale vennero raccolte tutte le leggi che dovevano essere seguite dal fedele Babi; nel 6 La complessa vicenda dell’incarcerazione del Bab e dei suoi seguaci viene raccolta con dovizia di particolari in Lassona (1981). 19 testo vengono descritte le norme tributarie, gli usi e i costumi, le festività e il nuovo calendario (che considera il 1844 l’anno d’inizio della Nuova Era – anno della proclamazione del Bab – e trova nel 9 e nel 19 i propri numeri sacri; l’anno, per esempio, era suddiviso in 19 mesi ciascuno di 19 giorni). Queste credenze si perpetuano nella successiva fede Baha’i, come anche la concezione, introdotta dal Bab, secondo la quale (Bab 1984: 32) dio è inconoscibile, inaccessibile, indescrivibile ed egli si fa conoscere all’uomo attraverso manifestazioni divine susseguenti. Il Bab considerò se stesso una manifestazione della Volontà Originaria7 succedendo a una lunga serie di grandi profeti: Adamo, Abramo, Mosè, Zoroastro, Gesù e Muhammad. Ciascuna di queste personalità religiose ha vissuto sulla terra per rispondere alle necessità dell’uomo vivente del suo tempo, ma sono tutte manifestazioni temporanee, destinate a lasciare spazio a nuove manifestazioni più rispondenti alle sempre più vive necessità dell’uomo e della storia. Lo stesso Bab si considera profeta al quale succederà un’altra importante personalità spirituale. Nel 1848 il “Messaggero” e i suoi discepoli, trasferitisi a Tabriz (città situata nell’Iran nord–occidentale), vennero incarcerati nello stesso anno 7 Questa è una tra le numerose espressioni che vengono utilizzate dai fedeli Babi e Baha’i per indicare dio, inconoscibile e indescrivibile. Per conoscere in maniera più dettagliata e completa il vocabolario della fede Baha’i, si consiglia di visitare il sito del professor Julio Savi: juliosavi.it/it/glossario-‐julio-savi.htm (ultima consultazione in data 14/08/2011). Savi, studioso e docente universitario, è attualmente membro della Assemblea Nazionale Baha’i e figura carismatica tra i fedeli italiani ed europei. 20 e sottoposti a un duro processo: gli Ulama richiedevano al Bab di dare prova della sua autorità divina, richiesta che venne da lui rifiutata e che lo portò a perdere il processo. Ciononostante, il profeta venne sostenuto da gruppi numerosi e vivaci di fedeli, che manifestarono per lui nelle strade della città: il fatto costrinse i membri del clero sciita a non condannare a morte il Bab, seppur accusato di blasfemia. Dopo un periodo di permanenza pacifica presso Tabriz, però, la guida spirituale venne minacciata in maniera violenta dal clero sciita, che continuò a vedere in lui una figura pericolosa: molti seguaci, infatti, consideravano il Bab il dodicesimo Imam, affermando così il falso e pronunciando parole blasfeme. Per questo motivo, tra il 1848 ed il 1849, il clero decise di reprimere in maniera violenta molti gruppi di discepoli del capo religioso, uccidendo circa tremila persone. I Babi cercarono di costituire eserciti o piccole schiere: lo scopo era quello di combattere contro il nemico e lottare per la libertà. Nonostante le forti motivazioni, i Babi furono sconfitti, molti dei sopravvissuti condannati a morte e il Bab fu incarcerato. Il 9 luglio del 1850, infine, il profeta fu torturato e condannato a morte, insieme a uno dei suoi discepoli più vicini. Per questo i Baha’i oggi ricordano il Bab come un martire glorioso; come ricorda Esslemont (1983: 43), il martirio del Bab appagò il suo più agognato desiderio e ispirò maggior zelo nei suoi seguaci. Tale era la fiamma del loro entusiasmo spirituale che l’amaro vento delle persecuzioni la fece divampare: maggiori gli sforzi per estinguerle, più vigorose divennero le fiamme. 21 I fedeli che ancora erano in vita sentivano la necessità di ritrovarsi e di nominare una nuova guida tra loro: occorreva indicare una tra le figure carismatiche fedeli al Bab che avevano personalmente collaborato con lui. Tra questi vi era un giovane, Mizra Husayn Ali Nuri, appartenente alla piccola nobiltà persiana, più conosciuto come Baha’u’llah. Convertito al Babismo, fu a fianco del profeta per molti anni, nei quali abbracciò la sua fede e le sue direttive. Alla morte del Bab, riuscì a ottenere la stima di molti Babi, creando un clima di positività, unità e pace. Nel 1852 i Babi si spostarono a Teheran, grande e prosperosa città, centro nel quale intendevano costruire la nuova vita della comunità. Qui una frangia poco numerosa e ribelle di seguaci del Bab cercò di assassinare lo scià, spinta probabilmente dal desiderio di vendicare la morte ingiusta del profeta: per questo molti tra i fedeli vennero imprigionati, torturati e, in alcuni casi, condannati a morte. Anche Baha’u’llah sarà rinchiuso nella prigione di Teheran, dove rimarrà per quattro mesi. Solo al termine di questo periodo di detenzione l’autorità persiana lo rilasciò, esiliandolo a Baghdad, nel vicino Iraq. Molti Babi lasciarono l’Iran per seguirlo. È in questo modo che ha avuto inizio la nuova epoca di Baha’u’llah, di cui il Bab fu precursore e maestro; il predecessore deve perciò essere reputato una personalità essenziale ai fini della comprensione della fede Baha’i e del suo sviluppo. 22 I. 2. 2. BAHA’U’LLAH Mizra Husayn Ali Nuri nacque a Teheran nel 1817. La sua famiglia apparteneva all’aristocrazia persiana, il padre fu governatore e ambasciatore dello scià di Persia. Il giovane, presto conosciuto come Baha’u’llah (che letteralmente significa “la Gloria di dio”), visse una giovinezza di studi e preghiera: era forte in lui il senso e il bisogno di religiosità, oltre a quello di giustizia e cambiamento. Nella ricerca di una fede che potesse rispondere appieno alle sue esigenze spirituali, Baha’u’llah rimase affascinato dal Babismo, che lo aveva attratto più di ogni altra esperienza religiosa ortodossa. Attraverso alcuni fedeli conosciuti a Teheran, il giovane Baha’u’llah comprese le leggi del Bab, accettandone la fede e la novità, e reputando il Babismo una innovazione concreta per l’uomo del suo tempo. Decise così di abbracciare definitivamente la fede Babi nel 1845, due anni prima di incontrare e conoscere, personalmente e in maniera approfondita, il Bab. Quando nel 1847, infatti, il Bab si trasferisce a Tabriz, seguito da numerosi seguaci, Baha’u’llah decide di aggregarsi al gruppo, desideroso di conoscere il profeta. L’incontro tra i due è determinante: il Bab riconosce in Baha’u’llah un uomo di grande fede, una persona mansueta ma decisa nel testimoniare la religione, un uomo che si è convertito con fermezza e che si è totalmente messo a disposizione della fede. Baha’u’llah, infatti, manifestò al Bab il suo desiderio di poterlo servire e seguire; e così fu. Fino alla morte del profeta, Baha’u’llah visse a stretto contatto col profeta, imparando la fede e accrescendo il suo senso di pace e giustizia universale. 23 Quando, nel 1850, il Bab fu massacrato e ucciso, i Babi furono costretti a fuggire dalla Persia e a rifugiarsi nei paesi vicini. Baha’u’llah, nel 1853, venne condannato all’esilio, che vivrà trasferendosi in diversi paesi del Medio Oriente. La prima destinazione fu Baghdad, nel vicino Iraq. Meta di molti esiliati, la città rappresentava il punto di raccolta dei Babi allontanati dalla Persia, che qui potevano ritrovarsi liberamente, pregare e convocare assemblee senza essere perseguitati. La folta comunità sentiva forte, però, la mancanza di una guida. All’interno del gruppo di credenti, come testimonia Esslemont (1983: 58), la figura di Baha’u’llah spicca per forza, dedizione e attenzione ai fedeli, decisione nella testimonianza, la sua personalità e la sua fede lo portarono ad ottenere una stima sempre crescente da parte dei credenti, molti dei quali lo vorrebbero a guida della comunità. L’invidia generata dalle doti di Baha’u’llah ha portato alcuni dei Babi, un esiguo gruppetto, a cercare di allontanarlo dal gruppo religioso, raccontando menzogne e cattiverie su di lui e mettendolo in cattiva luce di fronte ai seguaci del Bab. Questo ha determinato due conseguenze fondamentali: anzitutto molti dei fedeli Babi si discostarono, delusi, dalla comunità; in secondo luogo, lo stesso Baha’u’llah, schernito e maltrattato, decise di allontanarsi dalla città per ritirarsi a vita solitaria. 24 Nel 1854, infatti, dopo un anno a Baghdad, la “Gloria di dio” si trasferisce nel Kurdistan, nel deserto siriano di Sulaymaniyah, decidendo di rientrare a Baghdad dopo due anni di ritiro: qui fu accolto con gioia, come guida dalla comunità Babi. Rimase in Iraq fino al 1863. Il governo iracheno teneva da tempo sotto osservazione la minoranza dei Babi, trovando in essa un gruppo pacifico ma eterodosso e, per questo, pericoloso; inoltre il gruppo si arricchiva rapidamente di nuovi fedeli, fatto che non poteva non intimorire l’autorità locale. Per questi motivi, nello stesso 1863 Baha’u’llah venne mandato nuovamente in esilio: la destinazione, questa volta, fu Costantinopoli. La permanenza presso Costantinopoli fu breve: Baha’u’llah, la moglie, i figli e un importante seguito di credenti si trasferirono nell’attuale Turchia, rimanendovi per soli quattro mesi. La guida religiosa venne invitata ad andarsene anche da questa città, e insieme alla sua cerchia si spostò ad Adrianopoli, dove si aprì un periodo molto importante per i seguaci di Baha’u’llah, che rappresentò un momento di svolta. Nell’ottobre del 1864, la “Gloria di dio” rivela una grande verità ai suoi discepoli: è lui il Mazhar, la “Manifestazione di dio” che tutti stanno attendendo. Questa rivelazione investiva di diritto Baha’u’llah del compito di guida spirituale dei fedeli, che da quel momento diventarono una comunità con una nuova identità: nacquero così i Baha’i. L’attesa rivelazione generò, tuttavia, fratture all’interno della comunità: la maggior parte dei Babi accolse l’annuncio con gioia, mentre una minoranza fortemente legata alla figura del Bab non tollerò la rivelazione, giudicandola menzoniera. A causa delle diverse posizioni, i due gruppi vissero un periodo di forti sconti, lotte e agitazioni, che portarono le autorità di Adrianopoli a un intervento radicale: i fedeli del Bab vennero allontanati sull’isola di Cipro, mentre i Baha’i furono 25 esiliati a San Giovanni d’Acri8. In questa città–prigione i Baha’i furono accolti malamente; Esslemont (1983: 64-65) descrive così il periodo di detenzione: Colà giunti, dopo un estenuante viaggio per mare, Baha’u’llah e i suoi seguaci, 80 o 85 persone compresi donne e bambini, furono imprigionati nelle caserme. Il luogo era sporco e assai tetro, senza letti e comodità di qualsiasi tipo. La scarsezza dei viveri era tale che i prigionieri furono costretti ad implorare il permesso di acquistare il cibo. (…) Malaria, dissenteria e altre malattie infierirono, colpendo quasi tutto il gruppo. Tre soccomberono; i superstiti sopportarono indicibili sofferenze. Baha’u’llah fu dapprima incarcerato per due mesi, poi liberato, ma sempre considerato un soggetto pericoloso e blasfemo. Esslemont (1983: 66) descrive il periodo di detenzione dei Baha’i con parole positive, nonostante le condizioni di vita: Anche durante il peggior periodo della prigionia i Baha’i non si scoraggiarono e la loro serena fiducia nella pace e nella liberazione non fu mai scossa. Baha’u’llah fu sempre una guida carismatica, un costruttore di pace e di unità tra tutti i popoli, anche con quello ottomano che non accettava né lui 8 La città, una fortificazione di costruzione ottomana attualmente conosciuta come Akka (situata nello Stato di Israele), nel XIX e nel XX secolo fu utilizzata dall’Impero Ottomano come prigione e luogo di esilio. La città era accerchiata da mura e torrioni sorvegliati a vista ed era ricca di celle e sale di tortura. Si consiglia di consultare almeno Turchi (1996) per conoscere meglio la storia e l’architettura di questa città-‐prigione. 26 Figura 1: La stella a nove punte. Porta scritto La gloria delle glorie. né i suoi discepoli. Nel 1879 ottenne il permesso di lasciare Akka per ritirarsi a vita privata presso la villa di Bahji, a pochi chilometri dalla città fortificata, per trascorrere in ritiro e preghiera i suoi ultimi anni di vita. Il 29 maggio del 1892, all’età di 75 anni, la più recente9 “Manifestazione di 9 La fede Baha’i crede nella successione incessante delle “Manifestazioni di dio”, profeti e uomini scelti da dio che hanno il compito di diffondere, ciascuno in un preciso momento della storia, la fede nel padre. Baha’u’llah rappresenta l’ultima delle Manifestazioni che sono state inviate sulla terra. Shoghi Effendi (1982: 60) riporta alcune parole di Baha’u’llah che spiegano con chiarezza la fede dei Baha’i nella successione delle Manifestazioni: Tutti i profeti di dio dimorano nel medesimo tabernacolo, si librano nello stesso cielo, sono seduti sullo stesso trono, proferiscono la stessa parola e proclamano la medesima fede. Questi esponenti dell’unità di dio e canali dei suoi incessanti detti hanno diffuso la luce della loro invisibile beltà sull’umanità e continueranno sino alla fine a prodigare nuove rivelazioni della sua possanza e ulteriori prove della sua inimmaginabile gloria. Sostenere che una particolare religione è in sé certezza conclusiva (….) altro non è che pura blasfemia. Esse differiscono soltanto nell’intensità della loro rivelazione e nella relativa potenza della loro luce, e ciò non a motivo di intrinseche incapacità da parte di alcuno di essi a dispiegare in più completa misura la gloria del messaggio a lui affidato, ma piuttosto a cagione dell’immaturità e dell’impreparazione della gente della sua età d’apprendere e assorbire totalmente le potenzialità latenti nella sua fede. 27 dio10” Baha’u’llah, morì, lasciando quattro figli e un gruppo numeroso di fedeli. Come documenta Warburg (2001: 32), Con lui si è avuto il primo germoglio della fede, che nel XX secolo conobbe la diffusione in tutto il mondo. La fede Baha’i promuove e sostiene alcuni principi generali che sono stati raccolti da Baha’u’llah in un ampio corpus di testi da lui scritti11. Tutti sono stati stilati durante il periodo dell’esilio o della prigionia. Come afferma Alessandro Bausani (1991: 140), in quarant’anni di esili e imprigionamenti, Baha’u’llah produsse un vasto numero di scritti che costituiscono le Sacre scritture della religione da lui fondata, la fede Baha’i. Egli proclamò l’unità dell’umanità e delle religioni e la pace universale; proclamò l’essenziale armonia della fede e della scienza, la necessità dell’educazione universale e l’uguaglianza dei diritti dei sessi. Stabilì inoltre principi essenziali per l’esistenza e il funzionamento di una comunità mondiale dei suoi seguaci, che si sarebbero autogovernati 10 La consultazione e lo studio di numerosi testi sul Bahaismo hanno messo in luce un fatto importante: i testi della religione Baha’i o di autori che hanno abbracciato questa fede, usano il termine Dio con iniziale maiuscola. Altrove, autori non convertiti a questa fede riportano il termine dio con iniziale minuscola. Si è compiuta qui la scelta di indicare il nome con la iniziale minuscola, reputando questa posizione maggiormente oggettiva e distaccata. 11 I testi venivano scritti da un amanuense, Mirzà Aqa Jan, fedele Baha’i e intimo amico di Baha’u’llah. Mentre la “Manifestazione” dettava il testo, l’amanuense raccoglieva tutte le sue parole in forma scritta e in lingua persiana. Questo è il metodo voluto e autorizzato dallo stesso Baha’u’llah. Tutti i testi del fondatore e dei suoi successori sono raccolti sia in lingua persiana sia in lingua inglese. Nel corso del XX secolo, la Casa Universale di Giustizia ha permesso che i testi sacri di Baha’u’llah e dei suoi successori fossero tradotti in altre numerose lingue. 28 tramite istituzioni elettive, dedicandosi agli interessi e al bene dell’intera umanità. Figura 2: Il più grande nome, simbolo di appartenenza a dio. La prima opera che deve essere menzionata è, per importanza, il testo del Kitab–i–Aqdas, conosciuto in Occidente come Il libro più santo. Il testo viene composto a San Giovanni d’Acri nel 1873, in lingua persiana moderna, e indirizzato a diversi destinatari: si rivolge ai re e allo Scià, ai governanti delle Nazioni, alle guide religiose e al genere umano. Rappresenta il più importante testo per i fedeli, poiché al suo interno vengono fornite dalla “Manifestazione di dio” le indicazioni per la vita del credente. È scorretto, però, indicare questo sacro testo come una semplice compilazione di modi di vivere; tutt’altro: esso raccoglie i principi etici e morali della vita del fedele Baha’i, affronta temi quali il rapporto tra fedele e politica, amministrazione pubblica, leggi penali, condizioni e principi sociali. Il testo tradotto giunse in Europa e in Occidente solo nel 1992. Nella prefazione, redatta dalla Casa Universale di Giustizia, si dichiara (1995: I): Nel 1986 la Casa Universale di Giustizia decise che era arrivato il momento in cui non solo era possibile, ma era indispensabile procedere alla traduzione inglese del testo integrale del Più Santo 29 Libro e ne inserì la realizzazione fra le mète del Piano di Sei Anni (1986-1992). Per il suo valore il testo fu così tradotto dapprima in lingua inglese, poi in molte altre lingue. Occorre a questo punto presentare i princìpi che Baha’u’llah sostenne e diffuse, proponendo perciò un piccolo elenco nel quale sono indicati i valori fondamentali del Bahaismo: • Unità (Unity). Baha’u’llah esorta i suoi fedeli a opporsi a qualsiasi tipo di frammentazione, sia tra uomini, sia tra popoli, sia tra nazioni. Solo vivendo nella ricerca dell’unità si può raggiungere una vita di serenità, priva di scontri razziali, superando le differenze religiose e sociali. L’unità viene considerata a due livelli: da un lato vi è l’unità di dio, unico e indivisibile. Non accettare questa verità significa non conoscere dio e non abbracciare la fede Baha’i. Inoltre ogni credente viene invitato a essere testimone dell’unico dio tra gli uomini. Come afferma lo stesso Baha’u’llah nella Preghiera quotidiana del pomeriggio12 (Dono 2008: 13) 12 Il Baha’i non riceve sacramenti, non viene guidato da un clero e da sacerdoti: la fede coincide con la vita del fedele, con le sue opere e la sua testimonianza. Inoltre egli è chiamato alla preghiera, principalmente personale ma anche in gruppo, durante l’arco delle 24 ore. Le preghiere, pronunciate direttamente da Baha’u’llah, rappresentano la concreta decisione di aderire alla fede e di seguire la volontà di dio. Durante l’anno, poi, i fedeli Baha’i vivono diverse celebrazioni e festività comunitarie. A tal riguardo si consiglia, come approfondimento, Bausani (1991: 473-‐503) al capitolo intitolato Ricorrenze Baha’i. 30 Io faccio testimonianza, o mio dio, che tu mi hai creato per conoscerti e adorarti. Attesto in questo momento la mia debolezza e la tua potenza, la mia povertà e la tua ricchezza. Non v’è altro dio all’infuori di te, l’unico aiuto nel pericolo, colui che esiste da sé. Dall’altro lato vi è invece l’unità tra gli uomini, che nasce dalla fede nell’unico dio e che rappresenta la sola strada per migliorare il mondo. L’uomo può ottenere risposte alle proprie domande esistenziali e al proprio bisogno di serenità solo seguendo le indicazioni della Manifestazione. Figura 3: La fratellanza tra i popoli e le religioni. • Pace e non violenza (Peace and Non Violence). Conseguenza diretta dell’unità, rappresenta il principio supremo perseguito dal fedele Baha’i, che conduce una vita mite, di disponibilità e obbedienza, che accetta il suo prossimo e apprezza le sue diversità. La pace nasce come valore nelle parole di Baha’u’llah per divenire modus vivendi dei suoi fedeli, aspetto al quale il 31 credente viene educato sin dall’infanzia e che promuove e ricerca in ogni ambito di vita: nell’amministrazione dei bene e delle ricchezze, nella legge, nell’incontro con popoli e religioni diverse. Proprio il desiderio di costruire la pace, dentro sé, tra gli uomini e tra le Nazioni, ha generato in Baha’u’llah la volontà di compilare un sistema di leggi e regole di vita che coadiuvassero questo sentimento e lo rendessero possibile; inoltre, a partire da tale principio, il fondatore della fede Baha’i ha esortato i suoi fedeli e gli uomini tutti alla definizione di una Lingua Ausiliaria Universale, affinché fosse realizzabile l’idea di un mondo unito e in armonia. Proprio per questo carattere mite e non violento, molti Baha’i sono stati perseguitati, torturati, deportati. Ricorda Bausani (1991: 30): Nessuno si è fatto mai uccidere per le teorie di Kant o di Hegel, ma la fede Baha’i irrorò la pianta dei propri insegnamenti col sangue di circa ventimila martiri, gli ultimi dei quali uccisi in tempi anche molto vicini ai nostri. • Eguaglianza (Equality). Anche in questo caso il principio illumina due aspetti. La parità è, anzitutto, tra uomo e donna. La donna ha lo stesso valore, le medesime capacità e la stessa dignità dell’uomo o del marito. Solo in una condizione paritaria sarà possibile l’unità assoluta tra i due coniugi all’interno della vita matrimoniale. La donna viene poi considerata una figura privilegiata all’interno della fede Baha’i: essendo generatrice della prole, ella deve essere educata e istruita in 32 maniera eccellente. Scrive a riguardo Abdu’l’baha, figlio del profeta (1987 (a): 64): Occorre preoccuparsi di tutti i mezzi che servono a educare le bambine; d’insegnare i vari rami del sapere, le buone maniere, un giusto modo di vivere, lo sviluppo di un buon carattere, la castità e la costanza, la perseveranza, la forza, la determinazione, la fermezza di intenti, l’economia domestica, l’educazione dei bambini e tutto quanto concerne in speciale modo le necessità delle ragazze affinché queste bambine, allevate nella roccaforte di tutte le perfezioni, e protette da un buon carattere, possano, quando diverranno madri, educare i loro figli sin dalla prima infanzia in modo che abbiano un buon carattere e si comportino bene. In secondo luogo la parità deve esistere tra le razze. Tutti gli individui godono di pari dignità. L’accettazione di questo permette una vita senza conflitti, a livello sia locale sia globale; inoltre i Baha’i trovano nell’incontro tra le diversità un’importante fonte di arricchimento per ogni uomo e per il mondo. La parità rappresenta allora un valore a cui non si può rinunciare. • Storia e tempo (History and Time). Di queste due realtà in continuo divenire, mantenendo una profonda continuità con i principi religiosi e educativi del Babismo, Baha’u’llah scrive (1999: I): 33 Così, sia pure in forma allusiva, queste due preziose operette mistiche ci ripropongono i due fondamentali insegnamenti della religione Baha’i: 1) evoluzione nel tempo, 2) unità nell’ora presente. Cioè: 1) ininterrotta successione delle Manifestazioni divine, dalle inconoscibili origini fino a Baha’u’llah attraverso Abramo, Mosè, Zoroastro, Cristo, Muhammad, il Bab (1819 - 1850) e Baha’u’llah e, ancora, fra oltre mille anni, attraverso Manifestazioni ancora a venire, e unità sostanziale di quel Logos eterno che in tutte quelle si manifesta, 2) missione specifica della Manifestazione divina di questa era, consistente nella realizzazione, sia spirituale sia pratica, dell’unità del genere umano, non mediante vecchi schemi sacerdotali e sacramentali, ma attraverso l’obbedienza ai semplici principi amministrativi, fondamentali dati divinamente da Baha’u’llah. Come afferma lo stesso fondatore del Bahaismo, la storia e il tempo tendono al continuo mutamento e muovono verso il progressivo miglioramento. È per questo motivo che anche le “Manifestazioni di dio” cambiano, poiché si rendono visibili per volontà di dio e in relazione alle necessità dell’uomo nei diversi tempi storici. Questi sono perciò i capisaldi della nuova fede di Baha’u’llah. Il primo testo del fondatore viene seguito da una numerosa serie di scritti di vario argomento, volti ad affrontare in maniera approfondita le principali tematiche che riguardano la vita del credente Baha’i; la vastità della cultura e del sapere di Baha’u’llah lo ha reso capace di trattare del rapporto tra individuo e società, di leggi e politica, di spirito e corpo. Numerose sono le 34 raccolte di preghiere del fondatore e le lettere13 con le quali Baha’u’llah rispose alle molte missive che gli venivano inviate da fedeli o curiosi: in questi casi, la “Manifestazione di dio” rispondeva alle domande poste dai suoi interlocutori, ribattendo non con brevi affermazioni, ma con lunghi testi di carattere sacro e ascetico, volti a spiegare in maniera esauriente le singole problematiche e a illuminare il cammino di tutti i fedeli. La morte raggiunse Baha’u’llah nel 1892; nove giorni prima dell’ascensione14 fu data lettura del testamento del fondatore, scritto autonomamente. Tra le volontà lasciate alla famiglia e ai suoi seguaci, il fondatore indica il nome del suo successore alla guida della comunità religiosa: il figlio primogenito Abbas Effendi, successivamente conosciuto come Abdu’l’baha. 13 Due tra le lettere scritte da Baha’u’llah, scelte tra le altre poiché testimoniano in maniera chiara l’importanza della Lingua Ausiliaria Universale per la fede Baha’ì, vengono riportate in appendice a questo testo (pagine 123–132). L’epistolografia completa della “Manifestazione di dio” è raccolta in Baha’u’llah (1981). 14 Nella religione Baha’i il termine ascensione implica il passaggio dal mondo terreno al mondo dei defunti. A differenza della tradizione cristiana, l’ascensione viene considerata dal fedele Baha’i un fatto unicamente spirituale. Il passaggio da questo mondo all’altro è descritto con chiarezza in Abdu’l’baha (2006: 148): “Non è un fatto materiale, ma spirituale e divino. E così anche la sua ascensione (di Baha’u’llah) al cielo, non è un'ascensione materiale, ma unicamente spirituale”. Il corpo di Baha’u’llah è oggi custodito a Haifa, nel mausoleo a lui unicamente riservato sul Monte Carmelo. Per conoscere la concezione della morte e dell’aldilà per i fedeli Baha’i, si consiglia la lettura di Baha’u’llah (2002), testo rivelato dalla “Manifestazione di dio” che affronta i temi della morte, dell’ascensione e del paradiso. 35 I. 2. 3 ABDU’L’BAHA Abbas Effendi nacque il 23 maggio del 1844 a Teheran. Fin dall’infanzia fu educato alla religiosità e alla fratellanza. La famiglia visse però momenti molto duri e difficili, legati alla prigionia di Baha’u’llah e ai continui esili a cui tutti furono costretti. Dopo la prigionia a Teheran, Baha’u’llah si ricongiunse alla famiglia, abbandonando la Persia alla volta dell’ Iraq. L’arrivo a Baghdad segnò l’inizio di un nuovo periodo per la famiglia del profeta: Abdu’l’baha (che letteralmente significa “Servo della gloria”) crebbe seguendo il padre, accogliendo la fede e abbracciando le scritture, dimostrando dedizione e dando prova del suo discernimento. Non frequentò mai né scuole né università: il suo unico maestro fu Baha’u’llah. Questo gli permise di essere sempre a disposizione del padre e sempre a servizio della famiglia, divenendo, soprattutto negli ultimi anni di vita del padre, il vero sostegno e la vera guida del nucleo familiare. Anche dopo il matrimonio, contratto nel 1873 (che lo renderà padre di quattro figlie), Abdu’l’baha si divise, su richiesta del padre, tra fede e famiglia, assolvendo a compiti e responsabilità sempre maggiori. Il 20 maggio del 1892, quando la morte di Baha’u’llah era imminente, venne data lettura del testamento della “Manifestazione di dio”, nel quale è riportato il nome del figlio primogenito come guida dei fedeli Baha’i. Già da tempo era chiara l’intenzione del padre, che autorizzò il figlio a essere non solo suo successore, ma anche interprete delle sacre scritture e dei suoi insegnamenti. 36 La scelta del “Servo di dio” non fu però accolta con gioia da tutti i Baha’i: come già era accaduto a Baha’u’llah in giovinezza, così accadeva ad Abdu’l’baha, aggredito da un gruppo minoritario di Baha’i ribelli, guidati dal fratellastro Muhammad Alì (1853 – 1937). Questa frangia accusò Abdu’l’baha di fronte al governo turco di essere violento, pronto ad attaccare il loro Paese e desideroso di rovesciare il governo. Queste accuse ingenerarono nel governo turco sospetti verso i Baha’i e la loro nuova guida, sospetto sostenuto anche dalle numerose richieste di esilio di questa comunità da parte di altri autorevoli paesi orientali. L’autorità turca decise allora di rinchiudere per una seconda volta la comunità Baha’i entro le mura della città–prigione di Akka. Anche durante la prigionia Abdu’l’baha continuò la sua attività di guida spirituale e di testimone della fede; Esslemont (1983: 94) dichiara a tal proposito: Era consuetudine di Abdu’l’baha distribuire doni ai poveri della prigione. Nella sua scarsa dispensa egli trovava qualcosa da dare a ciascuno dei bisognosi che domandavano la sua assistenza. (…) Era un’accolta di gente miserrima di ogni specie, uomini, donne, bambini, persone dall’aspetto disperato (…) Egli passava rapidamente dall’uno all’altro, si soffermava a volte per dire una parola di conforto o di incoraggiamento, (…), sussurrava parole consolanti e si informava dello stato dei troppo deboli e degli infermi, rivolgendo a loro parole di speranza e amore. La sua predisposizione alla diffusione e alla testimonianza dei princìpi della fede Baha’i fu da subito chiara. Nel 1908, però, la situazione cambiò profondamente: i Giovani Turchi, dopo un periodo di aspre rivolte, riuscirono a imporsi sul governo, ottenendo la liberazione di prigionieri 37 politici e religiosi. Tra i liberati vi furono Abdu’l’baha e i suoi seguaci; molti membri del governo e lo Scià, invece, furono rinchiusi in carcere. La liberazione e l’abbandono della città di Akka aprirono una nuova fase della vita di Abdu’l’baha, che decise di abbandonare la Galilea per trasferirsi nella città di Haifa, in Israele. Qui erano migrati alcuni Baha’i, i quali avevano acquistato qualche possedimento sul Monte Carmelo, collina che domina la città e che oggi è la sede del Centro mondiale della fede Baha’i. La permanenza di Abdu’l’baha nella città fu breve, poiché nel 1910 si trasferì ad Alessandria d’Egitto. Sin dal momento della scarcerazione, il “Servo della gloria” progettò viaggi in Europa e nel mondo per diffondere la fede rivelata dal padre; i suoi spostamenti furono rapidi e i suoi soggiorni brevi. La personale vocazione alla missione che Abdu’l’baha aveva, lo portò a viaggiare anzitutto in Europa. Nel 1911 partì per Londra, dove entrò da subito in contatto con molti illustri membri di altre confessioni, stringendo con loro legami cordiali e rispettosi. Incontrò personalità politiche e sociali, persone comuni, molti dei quali vengono attratti dalla sua personalità. Ricorda Esslemont (1983: 98): Parlò alle Congregazioni religiose del reverendo R. J. Campbell hall City Temple, a quella dell’arcidiacono Wilberforce a St. John; parlò a Westminster, dialogò con l’arcivescovo di Canterbury e fu a colazione con il sindaco. Hanno così inizio le prime conversioni europee, destinate a crescere nel corso del XX secolo in maniera esponenziale. Tra le conversioni più celebri occorre ricordare quella della regina Maria di Romania, che nel 1923 38 abbracciò la fede Baha’i in seguito all’amicizia con la fedele statunitense Marta Root15. Abdu’l’baha rimase in Gran Bretagna per due soli mesi, decidendo di visitare Parigi: questo fu per lui uno dei viaggi più ricchi ed entusiasmanti che trovò folle numerose di ascoltatori curiosi e interessati al Bahaismo. Le conversioni furono molte: il “Servo della gloria” ebbe il merito di trasmettere la bellezza della fede, di testimoniare la necessità di una nuova giustizia e di un’etica uguale per tutti, di mostrare la convenienza morale e umana della sua religione. Alessandro Bausani (1991: 30) scrive: Le sue dottrine hanno un duplice carattere: esse sono da una parte conferma delle fondamentali dottrine etiche di tutte le religioni, dall’altra aggiungono a queste una dimensione planetaria dei principi moderni intesi come dottrine religiose: Abdu’l’baha, figlio del fondatore e maggiore propagatore della fede Baha’i in Occidente, le ha riassunte in dodici principi che alle nostre orecchie suonano come piuttosto familiari: ricerca della verità, educazione per tutti, più equa ripartizione della ricchezza, con mezzi non violenti, uguaglianza dei diritti fra uomo e donna, abolizione dei pregiudizi religiosi, razziali, patriottici, di classe, accordo fra religione e scienza,… Non dunque (…) complicate elucubrazioni metafisiche, ma rinascita moderna dell’antica etica monoteista. L’anno seguente, nel 1912, viaggiò negli Stati Uniti, esperienza determinante per la storia della fede Baha’i. La città di Chicago aveva una piccola ma energica comunità di fedeli, nata per lo più attorno alla figura di 15 La storia della celebre conversione è raccolta in maniera accurata in Garis (1983), a cui si rimanda per conoscere dettagli e particolari della celebre conversione. 39 Ibrahim George Kheiralla (1849 – 1929) che, trasferitosi dalla Persia negli Stati Uniti, diffuse la fede in molte città americane, soprattutto della East Coast. Decise allora di invitare Abdu’l’baha nel nuovo continente per un viaggio attraverso importanti città degli Stati Uniti. Sbarcò a New York, dove cominciò i suoi colloqui e i suoi incontri con personalità civili, sociali e religiose; tra questi conobbe il vescovo della città, monsignor Pith, col quale mantenne un fraterno rapporto epistolare16. Visitò San Francisco, San Diego, Denver, attraversando gli Stati Uniti fino a giungere alla costa del Pacifico. Il viaggio terminò il 5 dicembre del 1912, quando Abdu’l’baha salpò verso la Gran Bretagna. Il viaggio nel Nord America provocò una grande serie di conversioni; attualmente i fedeli Baha’i negli Stati Uniti sono circa trentamila17. Nel 1913 ha inizio il secondo ciclo di visite di Abdu’l’baha attraverso l’Europa: La Gran Bretagna e in particolare Londra, Liverpool, Brighton, Bristol, Edimburgo18 sono le prime mete, seguite dalla Francia, la Germania, l’Ungheria e l’Austria. Sarà un anno interamente dedicato alla missione nel mondo. Tornerà ad Alessandria nell’inverno del 1913; da qui si recherà a Haifa per restare per un periodo prolungato, riposare e accompagnare la numerosa comunità Baha’i lì presente. 16 I luoghi visitati da Abdu’l’baha e i discorsi tenuti da lui nel viaggio negli Stati Uniti sono raccolti in Abdu’l’baha (1998). 17 Tutti i dati possono essere reperiti consultando il sito internet della comunità Baha’i americana www.bahai.org (ultima consultazione in data 13/08/2011). 18 Abdu’l’baha ha rappresentato la guida Baha’i più sensibile al problema della definizione di una Lingua Ausiliaria Universale proposta dal padre. I suoi numerosi viaggi di missione hanno approfondito nel “Servo della gloria” la consapevolezza della necessità di una lingua universale, evento che ha favorito la crescita di legami sempre più stretti tra i Baha’i e gli esperantisti. A Edimburgo, ad esempio, Abdu’l’baha ha incontrato la comunità degli esperantisti britannici, dialogando con loro sulla necessità di costruire concretamente una Lingua ausiliaria Universale, al fine di favorire l’unità e l’eguaglianza in tutta la Terra. Di questo argomento si tratterà in maniera approfondita all’interno del capitolo secondo di questo testo. 40 Nel 1914 l’Europa venne attraversata dalla Grande Guerra, che costrinse il “Servo della gloria” a rimanere a Haifa. La passione di Abdu’l’baha generò nuovo vigore nei fedeli, che trovarono la guida sempre più carismatica, piena di fede e obbedienza: esortava i fratelli a vivere con sempre maggior ardore l’appartenenza al Bahaismo. Lo si comprende chiaramente dalle sue parole (1987: 221): Today, thank god, the holy spirit speaks again to the world! The constellation of love, wisdom and power once again sending the divine light from the horizon to give joy to all those who turn their eyes toward the light of god. Baha’u’llah has torn the veil of prejudice and superstition that the souls of drowned men. We pray god that the breath of the holy spirit can give new hope and to revive the people, awakening in men a desire to do the will of god. May the hearts and souls be quickened; and we glad of their rebirth. Mankind, then, will wear a new look: the splendor of the love of god, and will rise the dawn of a new creation. Then the mercy of Merciful will bestow on mankind, and everyone will wake up to a new life. It is my ardent desire that you’d put all your will to work for this glorious end, you are loving and faithful workers in building this new spiritual civilization, you are the chosen of god to put an effect with the willing obedience to its supreme design. You will have a safe and successful solicitation because the standards of the gods was lifted up and the sun of righteousness of god has appeared on the horizon at the sight of all men. [Oggi, grazie a dio, lo spirito santo parla di nuovo al mondo! Le costellazioni dell’amore, della saggezza e del potere ancora una volta mandano luce dall’orizzonte divino per dare gioia a tutti coloro che volgono lo sguardo verso la luce di dio. Baha’u’llah ha lacerato il velo del pregiudizio e della superstizione che soffocava le anime degli uomini. Preghiamo dio perché l’alito dello spirito santo possa di nuovo dare la speranza e rianimare il popolo, svegliando negli 41 uomini il desiderio di fare la volontà di dio. Possano i cuori e le anime essere vivificati, e rallegrarsi della loro rinascita. L’umanità, allora, indosserà una nuova veste: quella dello splendore dell’amore di dio, e sorgerà l’alba d’una nuova creazione. Allora la misericordia del misericordioso si riverserà sul genere umano, ed ognuno si sveglierà ad una vita nuova. È mio ardente desiderio che voi poniate tutta la vostra volontà a lavorare per questo fine glorioso; che siate fedeli e amorevoli lavoratori nel costruire questa nuova civiltà spirituale; che siate gli eletti di dio per porre ad effetto con volenterosa obbedienza i suoi supremi disegni. Avrete un sicuro e sollecito successo, perché lo stendardo della divinità è stato levato in alto e il sole della rettitudine divina è apparso sull’orizzonte alla vista di tutti gli uomini.] Il “Servo della gloria” si dedicò anche all’assistenza agli infermi, alla coltivazione dei campi (che portavano abbondanti provviste alla comunità e garantivano lavoro a molti Baha’i), alla costruzione di nuovi luoghi di ritrovo per i credenti, allo studio delle lingue: conosceva il persiano e l’inglese, imparò il turco e l’esperanto. Gli ultimi anni vennero trascorsi da Abdu’l’baha sempre a Haifa; nel 1918 venne investito della carica di Cavaliere dell’Impero Britannico19 e continuò a mantenere importanti rapporti di fiducia e amicizia con personalità sia dell’Oriente sia dell’Occidente. Morì il 28 novembre del 1921, nella sua abitazione; fu la guida più carismatica e divulgatrice che i Baha’i abbiano mai avuto. 19 Nel settembre del 1918, nel corso della Prima Guerra Mondiale, le truppe dell’Impero Britannico attaccarono l’Impero Ottomano per ottenere il dominio sulla Palestina. La battaglia di Megiddo (conosciuta anche come la battaglia dell’Armageddon) portò alla resa delle forze ottomane. I Baha’i, seguendo l’esempio di Abdu’l’baha, aiutarono i feriti, condivisero le provviste con le truppe Inglesi e si resero utili alla ricostruzione e all’amministrazione della nuova Palestina. Per i suoi meriti umani e civili, il governo Inglese decise di nominare Abdu’l’baha Cavaliere dell’Impero Britannico, con una cerimonia solenne avvenuta il 27 aprile presso la città di Haifa. Per informazioni più complete a riguardo si veda almeno Cline (2000), che tratta approfonditamente questo avvenimento. 42 Oggi restano tutti i suoi scritti e le conversazioni tenuti in molti luoghi in Europa e nel mondo e raccolti da convertiti sia orientali sia occidentali; come ricorda Esslemont (1983: 105), questa è la prova che le fatiche della sua vita non erano state vane, che gli ideali di Baha’u’llah, che erano stati la sua ispirazione, la sua vita, cominciavano a penetrare nel mondo, abbattendo le barriere. I. 2. 4. SHOGHI EFFENDI Shoghi Effendi (1897 – 1957), nipote di Abdu’l’baha, venne istruito presso l’Università inglese di Oxford: per questo conosceva in maniera approfondita la cultura occidentale, le tradizioni europee, la lingua inglese. Venne designato successore alla guida della comunità Baha’i dallo stesso nonno, il quale raccolse le ultime volontà nel suo testamento autografo. Consapevole della crescita del numero di fedeli Baha’i, sia in Oriente sia in Occidente, Abdu’l’baha propose ai posteri di impegnarsi nella costituzione di Assemblee Spirituali20 capaci di guidare le comunità distribuite sul territorio. A guida dell’intera congregazione, Abdu’l’baha 20 Assemblee costituite da nove membri, unicamente di sesso maschile, nominati annualmente, presenti sul territorio locale e nazionale, hanno un carattere principalmente sociale: diffondono i principi da pace, unità e parità, sostengono la fede dei credenti, dialogano con le altre religioni presenti nel territorio, amministrano i beni materiali della comunità. 43 pone la figura del Custode della Causa21 di dio, accompagnato nel suo compito di guida e testimone santo dalle Ayadiyi-Amru’llah (Hands of the Cause of god, Mani della Causa di dio, chiamati anche Custodi), assemblea che ha lo scopo di assistere il capo nella direzione della comunità dei fedeli e nella testimonianza della fede. Nel suo testamento, Abdu’l’baha ha dichiarato (1987 (b): 18-23 passim): Dopo la dipartita di questo essere ingiustamente trattato, incombe l’obbligo agli Aghsan (i Rami), agli Afnan (i Ramoscelli) dell’albero di loto sacro, alle Mani (i Pilastri) della Causa di dio e agli amanti della bellezza di Abha, di volgersi a Shoghi Effendi – il giovane ramo sbocciato dai due santi e sacri alberi di loto e il frutto cresciuto dall’unione dei due germogli dell’albero della santità – poiché egli è il segno di dio, il ramo prescelto, il Custode della Causa di dio, colui al quale devono rivolgersi tutti gli Aghsan, gli Afnan, le Mani della Causa di dio e tutti i suoi diletti. Egli è l’interprete delle parole di dio e a lui succederà il primo nato della sua discendenza diretta. […] Incombe l’obbligo al Custode della Causa di dio di designare, durante il tempo della sua vita, colui che dovrà essere suo successore, affinché non sorgano divergenze dopo la sua dipartita. Colui che è designato deve manifestare in sé distacco da ogni cosa terrena, deve essere l’essenza della purezza, deve dimostrare in se stesso timore di dio, saggezza, sapienza e cultura. […] 21 Il termine Causa indica, per i Baha’i, la fede e lo scopo della fede, che è la diffusione della religione tra gli uomini. La Causa ha inizio, perciò, con l’accettazione della “Manifestazione di dio”, continua in maniera sostanziosa con l’attività missionaria di Abdu’l’baha e prosegue con il Custode. 44 Le Mani della Causa di dio debbono essere nominate e designate dal Custode della Causa di dio. Gli obblighi delle Mani della Causa sono quelli di diffondere fragranze divine, di edificare le anime degli uomini, di promuovere il sapere, di migliorare il carattere di tutti gli uomini e di essere, in ogni tempo e in ogni condizione, affrancati e staccati dalle cose terrene. Essi debbono manifestare timore di dio nella loro condotta, nelle loro maniere nelle loro azioni e nelle loro parole. Il corpo delle Mani della Causa di dio è sotto la direzione del Custode della Causa. Egli deve spronarli a sforzarsi e ad impegnare al massimo la loro capacità di diffondere i dolci aromi di dio e di guidare i popoli tutti del mondo, perché la luce della guida divina illumina tutto l’universo. Pur essendo a conoscenza delle volontà del “Servo della gloria”, numerosi responsabili della fede Baha’i non accolsero con obbedienza la nomina di Shoghi Effendi, che cercarono in molti modi di ostacolare e screditare. Il Custode fu, per questo, costretto a scomunicare diversi credenti e a ricostruire, seguendo le indicazioni del nonno, la struttura della comunità Baha’i. Shoghi ha fornito indicazioni e principi di azione per edificare la nuova organizzazione della comunità dei Baha’i, chiamata dal Custode Administrative Order of Baha’u’llah Faith (Ordine Amministrativo della fede di Baha’u’llah). Come indicato da Abdu’l’baha nel testamento, l’Ordine Amministrativo si basa su Assemblee Spirituali locali, nominate annualmente dai membri delle singole comunità. I credenti sono chiamati a nominare anche i componenti delle Assemblee Spirituali Nazionali, eletti durante i raduni 45 nazionali annuali dei fedeli22. Pur avendo gli stessi scopi di quelle locali, le Assemblee Spirituali Nazionali hanno anche una funzione di controllo del funzionamento, della gestione e dell’operato delle singole comunità locali. Inoltre, nel 1953 Effendi fissa il Baha’i international decade for education and consolidation - 1953/1963 (Piano internazionale decennale Baha’i per l’istruzione e il consolidamento -1953/1963), documento nel quale vengono elencate in forma scritta le intenzioni, gli scopi e le strategie amministrative, etiche e missionarie della comunità dei credenti. Oltre alla definizione di questo preciso sistema amministrativo, Shoghi, che fu un grande conoscitore dei testi sacri della fede Baha’i, si occupò della traduzione delle sacre scritture Baha’i in lingua inglese. Così il “Custode” visse la sua vocazione missionaria mettendosi al servizio delle comunità Baha’i occidentali sempre crescenti, permettendo loro la conoscenza vera della fede di Baha’u’llah. I numerosi testi tradotti resero possibile la conferma della fede Baha’i come religione minoritaria in tutta Europa. Dopo aver atteso a Haifa la conclusione della Seconda Guerra Mondiale, Shoghi radunò un gruppo di Baha’i americani che investì del titolo di “Maestri Itineranti della Fede”. Come negli Stati Uniti, così anche in Europa le comunità di fedeli aumentarono, sia nel numero di comunità sia nel numero di aderenti. Attualmente il numero dei Baha’i in tutta Europa è di circa venticinquemila23. 22 Solo alcuni tra questi vengono ammessi al voto: l’elenco dei nomi degli aventi diritto viene stilato dai membri dell’Assemblea uscente. 23 Fonte di queste informazione è il sito web dell’Organizzazione delle Nazioni Unite www.un.org (ultima consultazione in data 16/08/2011). 46 Anche Shoghi, come Abdu’l’baha, ha poi svolto attività di testimonianza viaggiando in tutto il mondo, in modo particolare in Europa (Italia, Svizzera e Gran Bretagna furono le mete principali). È proprio nel corso della sua visita a Londra del 1957 che il “Custode” viene colto da un malore letale. Non aveva lasciato testamento, né aveva figli maschi che potessero succedergli direttamente. Così le “Mani della causa” raccolsero temporaneamente la guida della comunità Baha’i fino al 1963, anno della nascita del nuovo organo assembleare di direzione dei fedeli di tutto il mondo: la Casa Universale di Giustizia. La figura di Shoghi Effendi, perciò, si pone in continuità con quella dei suoi predecessori. Le parole di Warburg (2001: 33) ci consentono di capire quale importanza il “Custode” ha avuto nella storia della fede Baha’i nel XX secolo: Dopo la seconda guerra mondiale prende il via in Europa una sistematica missione Baha’i. (…) Il risultato di questa operazione é stato che il movimento Baha’i, sebbene originario dell’Iran, ha conquistato una sua posizione in Europa. (…) L’iniziativa parte da Shoghi Effendi e la missione sarebbe stata irrealizzabile senza di lui. I. 2. 5: LA CASA UNIVERSALE DI GIUSTIZIA Nel 1963 la fede Baha’i ha assistito a una svolta: da quell’anno la guida dei fedeli non coincise più con un singolo uomo, nominato e prescelto dal suo predecessore, ma un gruppo di uomini di fede che sono responsabili della guida della comunità mondiale. La prima idea della Baytu’l’adl 47 (Universal House of Justice, Casa Universale di Giustizia) venne proposta da Baha’u’llah al fine di assicurare una guida sicura ai fedeli e di costituire un organo che collabori alla costruzione della pace; queste le parole della “Manifestazione di dio” (1978: 368) questa casa di giustizia promulga le leggi e il governo dà loro forza esecutiva. Il corpo legislativo deve rafforzare l’esecutivo e l’esecutivo deve aiutare e assistere il corpo legislativo, così che mediante la stretta unione e l’armonia tra queste due forze si possa rinvigorire e consolidare il fondamento dell’equità e della giustizia e tutte le regioni del mondo possano divenire il paradiso. La proposta, però, non trovò alcuna realizzazione pratica fino agli anni Sessanta. Shoghi Effendi si impegnò alla costruzione della Casa di Giustizia, testimoniando ai suoi confratelli la necessità di un organo di tal specie. Il “Custode” (1982: 128) sosteneva la necessità di un sistema federale mondiale che governi tutta la terra, esercitando un’autorità indiscutibile sulle sue inconcepibilmente vaste risorse, fornendo e incorporando gli ideali dell’oriente e dell’occidente liberati dal tormento e dalle sofferenze delle guerre (…); un sistema nel quale la forza divenga serva della giustizia, la cui esistenza sia sostenuta dal riconoscimento universale di un solo dio e della sua alleanza con una rivelazione unica e comune. Il progetto si sarebbe realizzato solo dopo la morte del “Custode”. 48 La Casa Universale di Giustizia è un’assemblea di nove pari, tutti di sesso maschile, eletti ogni cinque anni dai membri delle Assemblee Spirituali Nazionali. Esercita una funzione direttiva, propositiva e di controllo per tutte le comunità, locali e nazionali: è sostenitrice della vera fede, amministra i beni e le ricchezze, dialoga con le potenze internazionali ed è l’unico organo che ha il diritto di promulgare gli Annual Plans (Piani Annuali). Dall’anno della sua fondazione a oggi, la Casa Universale di Giustizia detiene il diritto–dovere, accettato da tutti i Baha’i, di guidare la fede. E così continuerà ad essere, sostengono i Baha’i, fino all’avvento della prossima Manifestazione di dio. 49 I. 3: LA FEDE BAHA’I OGGI La comunità Baha’i attualmente conta quasi cinque milioni di fedeli distribuiti in centonovanta Paesi di tutti i continenti; in Europa sono circa venticinquemila, mentre la comunità italiana ne raccoglie seimila24. Ogni anno le comunità Baha’i nazionali riferiscono alla Casa Universale di Giustizia il numero degli aderenti, affinché l’evoluzione numerica della comunità sia sempre monitorata. Le comunità Baha’i nel mondo sono circa sedicimila25. Warburg (2001: 70-71) così presenta i gruppi di fedeli: La tipica comunità Baha’i occidentale è etnicamente composita. Una stima indica che la metà dei membri delle comunità Baha’i europee è originaria del proprio paese, mentre gli iraniani si attestano fra il 25 e il 40%. Il resto sono Baha’i di altre nazionalità e, con un aumento progressivo, di paesi extra-occidentali. Messo da parte l’aspetto della composizione etnica, le comunità Baha’i rispecchiano generalmente la composizione della popolazione rispetto al sesso, alla distribuzione delle fasce di età e alla struttura familiare. La sede in cui vengono amministrate tutte le attività della comunità Baha’i internazionale, il Centro Mondiale della fede Baha’i, si trova a Haifa, sul Monte Carmelo: nel 1891 questa ampia collina fu visitata da Baha’u’llah, il quale indicò al figlio, suo successore, che quello sarebbe stato il luogo 24 I dati sono stati raccolti dal sito internet della comunità Baha’i internazionale www.bahai.org (ultima consultazione in data 20/08/2011). 25 Le assemblee spirituali locali sono circa sedicimila; attorno a queste crescono le comunità. Il dato viene riportato in Warburg (2001: 71). 50 privilegiato per l’edificazione della loro sede. Attesta Warburg (2001: 7677): La storia del Centro Mondiale della fede Baha’i di Haifa risale al 1891, anno in cui Baha’u’llah fece un viaggio da Bahji ad [sic] Haifa e sul Monte Carmelo. Si dice che un giorno, mentre stava sulla montagna, nel punto che domina Haifa, egli indicò ad Abdu’l’baha un luogo più a valle, sulle pendici del monte (…). In seguito a questo episodio, Abdu’l’baha comincia delle lunghe trattative con i proprietari del terreno in vista di un possibile acquisto (…). All’interno del Centro Mondiale si trovano la sala delle riunioni della Casa Universale di Giustizia, ma anche gli Archivi Internazionali, il Centro Internazionale di insegnamento della fede, il Centro per lo studio dei Testi e la Biblioteca Internazionale Baha’i26. Dal 1963 a oggi, la Casa Universale di Giustizia si è impegnata nella edificazione di Centri di studio della fede (con particolare riferimento al Centro Internazionale di insegnamento, sorto nel 1973), case editrici, organizzazioni economico-sociali (la Comunità Internazionale Baha’i, fondata nel 1948, è stata riconosciuta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite nel 197027), organizzazioni in difesa della donna e dei diritti umani. 26 Maggiori informazioni riguardo l’architettura del Centro Mondiale della fede Baha’i e sulla collocazione al suo interno delle sedi sopraelencate sono reperibili in Braun (1982) e Warburg (2001). 27 La Comunità internazionale Baha’i è stata riconosciuta dall’ONU come organizzazione non-‐ governativa a carattere consultivo; cfr. Warburg (2001: 92). 51 Come ancora testimonia Warburg (2001: 80), i Baha’i collaborano con ONU e UNICEF per la costruzione concreta di un mondo equo, nel quale le razze siano abolite e le violenze abbiano fine. La resistenza pacifica dei fedeli Baha’i alla violenza coincide anzitutto con l’opposizione alle persecuzioni. Soprattutto nel mondo orientale, i Baha’i vengono ancora oggi torturati ed uccisi; le prime persecuzioni si verificarono contro i Babi e continuarono con i primi seguaci di Baha’u’llah. In Warburg (2001: 108-109) si legge che, i Baha’i desiderano creare un nuovo mondo unificato da una sola religione e vogliono crearlo adesso, perché il redentore (il Bab) è arrivato. È proprio questa posizione a risultare inaccettabile agli sciiti, perché accettarla significherebbe riconoscere il ritorno dell’imam e perciò la fine dell’islam. Ma la violenza contro la minoranza Baha’i raggiunse il culmine nel 1979, in seguito alla rivoluzione di Khomeini e alla costituzione della Repubblica Islamica dell’Iran. Durante la rivoluzione (così Warburg 2001: 110-111), i cristiani, gli ebrei e le minoranze zoroastriane sono menzionate come minoranze religiose legittime, ma non altrettanto i Baha’i, sebbene essi costituiscano la più numerosa minoranza religiosa della nazione, con un numero di circa 300.000 membri. Ciò ha creato uno degli importanti argomenti giuridici per negare i diritti civili ai 52 Baha’i iraniani. (…) Uno dei modi più efficaci per praticare persecuzioni non sanguinarie è quello di privare le persone della possibilità di istruirsi e di lavorare. Alcune misure possono essere riassunte come segue: • Nel 1979 un decreto impedisce a studenti e professori baha’i di essere ammessi o di insegnare in qualsiasi università iraniana. • Nel 1979 il Ministero dell’Istruzione richiede che tutti gli insegnanti baha’i siano licenziati. • Nel 1982 sono licenziati tutti i Baha’i che lavorano nel settore pubblico e ai pensionati è bloccata l’erogazione delle pensioni. • Nel 1984 è richiesto ai pubblici dipendenti licenziati di ripagare i salari e gli stipendi che hanno percepito durante gli anni della loro attività statale. (…) Le persecuzioni fisiche sono state numerose e violente. Vengono puniti per immoralità e adulterio i coniugi uniti dal matrimonio baha’i, rito non riconosciuto dalla Repubblica; le pene da scontare sono la prigionia in isolamento, la tortura, in caso di ribellione, e la pena di morte, in caso di fuga. Parallelamente a queste informazioni segue un fatto rassicurante: dal 1985 la Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite ha approvato diciotto risoluzioni sulla violazione dei diritti umani in Iran e ciascuno menziona i Baha’i28. L’attività pacifica dei Baha’i oggi continua in tutto il mondo, in collaborazione con numerose organizzazioni pacifiche e con membri di altre religioni. 28 I dati vengono raccolti dal sito www.un.org (ultima consultazione in data 18/08/2011). 53 I. 4. QUALE LINGUA PER LA RELIGIONE BAHA’I A chiusura di questo capitolo occorre soffermarsi, seppur brevemente, sulla scelta compiuta da Shoghi Effendi per la lingua di diffusione dei sacri testi della Fede Baha’i. La decisione presa porta a questa riflessione: Baha’u’llah aveva deciso che i suoi testi sarebbero stati scritti in persiano moderno, una lingua parlata dai suoi concittadini e ricca di prestiti dell’arabo, e ciò avrebbe permesso alla “Manifestazione” di poter testimoniare la propria fede a molte popolazioni e Nazioni dell’Oriente. Nel corso della prima metà del XX secolo, il “Custode” traduce in lingua inglese la maggior parte degli scritti di Baha’u’llah, affinché anche il mondo occidentale potesse conoscere il pensiero e la religione Baha’i da questo lavoro oneroso e complesso. La Casa Universale di Giustizia (1995: IV), giudicando il lavoro di Effendi, ha dichiarato: L’arabo e l’inglese, pur avendo entrambi un ricco vocabolario e vari stili espressivi, hanno forme molto diverse. L’arabo del Kitab-i-Aqdas è caratterizzato da un’estrema concisione e nitidezza di espressione. È tipico di questo stile che una connotazione ovvia non debba essere esplicitamente espressa. Ciò rappresenta un problema per i lettori di provenienza religiosa e letteraria completamente diversa da quella araba. La traduzione letterale di un passo di chiaro significato in arabo può risultare oscura in inglese. Pertanto diventa necessario inserire nella traduzione inglese di tali passi quell’elemento della frase araba che nell’originale è ovviamente implicito. Nello stesso tempo, è essenziale evitare di estrapolare questo metodo al punto da aggiungere ingiustificatamente all’originale o da limitarne il significato. Trovare un giusto equilibrio fra bellezza e chiarezza espressiva da un lato e traduzione letterale dall’altro è uno dei maggiori problemi con cui i traduttori hanno dovuto cimentarsi e che ha comportato ripetute 54 revisioni della traduzione di alcuni passi. Un altro grande problema sono le implicazioni legali di alcuni vocaboli arabi che hanno una gamma di significati diversi dai corrispondenti vocaboli inglesi. È chiaro che la traduzione delle sacre scritture richiede una cura e una fedeltà particolari. Ciò è estremamente importante nel caso di un libro di leggi, dove è vitale che il lettore non sia tratto in inganno o trascinato in dispute infruttuose. Come era stato previsto, la traduzione del Libro più Santo è stata un lavoro della massima difficoltà, che ha richiesto consultazioni con esperti in molti paesi. Poiché Shoghi Effendi aveva già tradotto circa un terzo del testo, nella traduzione degli altri passi è stato necessario puntare verso tre qualità: precisione del significato, bellezza dell’inglese e conformità con lo stile usato da Shoghi Effendi. Siamo ora soddisfatti di constatare che la traduzione è giunta a rappresentare un’accettabile versione dell’originale. In tal modo sia Oriente sia Occidente sono stati raggiunti dagli scritti della fede Baha’i. Preziose indicazioni riguardo alla lingua dei testi sacri vengono presentate anche in Bausani (1991: 148-149): Per la concezione Baha’i, sono parola di dio tutte le opere e gli scritti delle figure dei fondatori della fede. Le quali sono due e abbracciano un periodo di “efflusso di parola sacra” della durata di più o meno 77 anni. Il primo è il Bab (…) il cui ministerio durò dal 1844, anno della sua manifestazione a Shiraz, al 1850, anno della sua fucilazione a Tabriz. Egli è l’annunciatore della successiva manifestazione divina, Baha’u’llah, il cui ministerio durò dalla prima presa di coscienza della sua funzione sacra fino alla sua morte in esilio ad Akka nel 1892. Quella (la rivelazione) di Baha’u’llah non è nemmeno essa definitiva inquntochè la Fede Baha’i è l’unica religione organizzata che ammette 55 una rivelazione anche nel futuro, ma è strettamente obbligante per il credente Baha’i per l’epoca attuale. (…) Le lingue in cui queste parole sono formulate sub specie humana sono arabo, persiano, inglese. Le guide della fede Baha’i, perciò, hanno compiuto una scelta determinante nel secolo scorso: tradurre i testi sacri della loro propria religione in lingua inglese. La diffusione dei testi in Occidente ha però dato avvio a una numerosa serie di conversioni alla fede Baha’i, che ha originato una nuova necessità linguistica: tradurre i testi sacri in altre lingue occidentali. Tale scelta ha implicato per la Casa Universale di Giustizia l’accettazione di queste lingue come validi veicoli della fede e la necessità di una traduzione precisa di ciascun singolo testo: esse sono tutte traduzioni accurate dal persiano delle sacre scritture e hanno il medesimo valore dei testi originariamente scritti dal Bab e da Baha’u’llah. Attualmente i testi del “Profeta” e della “Manifestazione di dio” sono tradotti in 298 lingue e diffusi in tutto il mondo. 56 II. BAHA’I ED ESPERANTO: STORIA ED EVOLUZIONE DI UNA RELAZIONE LINGUISTICA II. 1. ALLA RICERCA DELLA LINGUA UNIVERSALE Prima di approfondire la relazione linguistica tra fede Baha’i ed esperanto, occorre soffermarsi sul significato della lingua universale. Il XIX e il XX secolo hanno rappresentato due secoli nei quali principalmente è emersa e sbocciata la necessità di individuare una lingua universale, ovvero uno strumento in grado di mettere in contatto paesi e popoli lontani, tra loro distanti e apparentemente destinati a una condizione di incomunicabilità29. La storia, nel suo corso, ha messo sempre più in evidenza la necessità di definire una lingua universale: l’avvento delle guerre mondiali, la globalizzazione imperante, i contatti tra mercati e culture, hanno reso evidente il valore ideale di questo strumento di coesione e comunicazione. Le esigenze politiche e sociali hanno determinato come conseguenza in numerosi linguisti l’interesse per la ricerca di una Lingua Ausiliaria Universale, ovvero uno strumento concreto, accettato universalmente e in grado di rendere possibili le comunicazioni internazionali. Eco (1993: 358-360) sostiene energicamente la diffusione di una Lingua Ausiliaria Universale e sottolinea come, attraverso decisioni politiche compiute dai singoli governi e sostenute dai media, sarebbe possibile propagare tale strumento linguistico. Egli afferma: 29 Per approfondire e conoscere la storia e lo sviluppo delle Lingue Ausiliarie fra XIX e XX secolo, si consiglia Astori (2010). 57 Se a una decisione politica di accompagnasse una campagna pianificata dei media, la LIA (Lingua Internazionale Ausiliaria) potrebbe facilmente diffondersi. (…) Se questa decisione politica non c’è stata fin’ora, ed è apparsa difficilissima da sollecitare, questo non vuol dire che essa non possa essere presa in futuro. L’augurio di Eco è stato profeticamente anticipato da L.L. Zamenhof e da alcune guide della fede Baha’i, figure che hanno concretamente collaborato alla diffusione di una lingua universale, sostenuta da ideali di pace e armonia, nella speranza di rendere possibile la relazione tra i popoli. Tale ricerca rappresenta un esempio per i governi di oggi e di domani e un auspicio per l’intera società moderna. II. 2. PRESUPPOSTI PER LA NASCITA DI UNA LINGUA AUSILIARIA UNIVERSALE Come illustrato precedentemente, la fede Baha’i si basa su un nucleo di principi, che sono guida delle azioni di ciascun fedele e scopo di ogni attività e relazione. E fra questi la pace universale, considerata come premessa principale e privilegiata, sulla quale trovano fondamento tutti i successivi princìpi della fede, e che si lega alla necessità di una lingua universale, che possa rendere concreta l’ipotesi di unità e pace tra i popoli tutti della terra. Alcune parole pronunciate da Baha’u’llah (1985: 272-274) permettono di comprendere con ulteriore chiarezza quanto affermato: 58 Verrà il tempo in cui sarà universalmente sentita l’imperiosa necessità di costruire una vasta assemblea di tutti gli uomini. I potenti e i re della terra dovranno intervenirvi e, partecipando alle sue deliberazioni, prendere in considerazione le vie ed i mezzi che formano le fondamenta della grande pace mondiale fra gli uomini. Una simile pace esige che, per amore della tranquillità dei popoli della terra, le grandi potenze si decidano a riconciliarsi completamente fra loro. Se un re si levasse in armi contro un altro, tutti dovrebbero sorgere uniti contro di lui e impedirglielo. Se ciò ha luogo, le Nazioni del mondo non avranno bisogno di alcun altro armamento che di quello necessario per conservare la sicurezza dei loro regni e mantenere l’ordine interno nei loro territori. Così si garantirà la pace e la serenità di ogni popolo, di ogni governo e di ogni Nazione. Noi osiamo sperare che i re e i sovrani della terra, gli specchi del benevolo ed onnipotente nome di dio, possano elevarsi a questo grado e proteggere l’umanità dal massacro e dalla tirannia. Si avvicina il giorno in cui tutti i popoli della terra adotteranno una lingua universale ed un’unica scrittura. Quando ciò si sarà raggiunto, a qualsiasi viaggiatore arrivando da una qualsiasi città, sembrerà di entrare a casa sua. Tutto ciò è obbligatorio ed assolutamente essenziale. Incombe ad ogni uomo d’intuito e comprensione di sforzarsi di porre in azione e tradurre nella realtà ciò che è stato scritto. È un vero uomo colui che si dedica a servire l’intera razza umana. Il grande essere dice: benedetto e felice è colui che si leva a promuovere i migliori interessi dei popoli e delle tribù della terra. Non ci si deve gloriare di amare la propria patria ma piuttosto di amare il mondo intero. La terra è un solo paese e l’umanità i suoi cittadini. Dalla proposta linguistica di Baha’u’llah emerge particolarmente significativa, dunque, una necessità che presenta sia un aspetto religioso sia un aspetto pratico; la definizione di una lingua universale rappresenta infatti 59 uno degli scopi della fede Baha’i, in quanto ritrae la ricerca dell’unità e della fratellanza tra uomini e popoli della terra, oltre ad essere conseguenza inevitabile di questa stessa ricerca. Anche Effendi (1982: 39–40), seguendo gli insegnamenti della “Manifestazione di dio”, stila un elenco di Luci dell’unità (Unity’s lights), ossia sette principi–guida da perseguire per raggiungere l’unità. La prima luce è l’unità in campo politico, e i primi bagliori già li possiamo discernere. La seconda luce è l’unità di pensiero nelle imprese del mondo, il cui adempimento sarà ben presto testimoniato. La terza luce è l’unità nella libertà, che presto si realizzerà. La quarta luce è l’unità della religione, che è la pietra angolare di tutto l’edificio e che, per il potere di dio, sarà rivelata in tutto il suo fulgore. La quinta luce è l’unità delle nazioni –unità che sarà senza dubbio stabilita in questo secolo, sì che tutti i popoli del mondo si reputeranno come cittadini di una comune patria. La sesta luce è l’unità delle razze, che fa di tutti coloro che dimorano sulla terra popoli e genti della medesima razza. La settima luce è l’unità dell’idioma, cioè la scelta di una lingua universale cui tutti i popoli saranno educati e nella quale converseranno. Tutto ciò avverrà inevitabilmente, ché il potere del regno di dio presterà aiuto e soccorso. L’adozione di un unico idioma non è dunque un aspetto secondario o marginale, ma fattore essenziale per la realizzazione della fede e della pace universale. Dall’altro lato la lingua universale dà avvio alla ricerca di una realtà linguistica che concretamente possa unire tutti gli uomini, che possa essere appresa, parlata e scritta in tutti gli angoli del mondo e da tutte le Nazioni 60 esistenti. Certamente la proposta di Baha’u’llah è ambiziosa e di non facile realizzazione, ma ha dato spazio a una serie di ricerche in ambito linguistico di particolare rilievo. Le proposte di Baha’u’llah, poi sostenute da tutti i suoi successori alla guida della comunità dei fedeli, prendono forma in un momento storico importante, durante il periodo in cui la “Manifestazione di dio” vive in condizioni di prigionia presso Akka30. La situazione in cui i fedeli Baha’i sono costretti a vivere è proibitiva, in un frangente in cui l’Europa stava divenendo teatro di numerosi conflitti politici e militari, che hanno inevitabilmente condotto allo scoppio della Grande Guerra. La dimensione di caos e di disordine in cui il mondo e i popoli vivono, oltre all’incapacità della politica di rispondere ai veri bisogni dell’uomo e della società, conducono Baha’u’llah a sentire ancora più forte l’esigenza della edificazione di una pace per tutti. Ripercorrendo le volontà di Baha’u’llah, il Custode della fede, Shoghi Effendi (1982: 207) affronta il tema dell’unità: L’unità del mondo è la meta per la quale questa umanità afflitta sta lottando. Il periodo della fondazione delle Nazioni è ormai terminato e sta giungendo al suo culmine l’anarchia inerente alle sovranità nazionali. Questo mondo in crescita verso la maturità deve abbandonare un tale feticcio, instaurare una volta per sempre il meccanismo che meglio potrà incarnare tale fondamentale principio della sua vita. 30 Cfr. supra pagina 26 del presente testo. 61 E la lingua perciò rappresenta uno strumento essenziale al raggiungimento del progetto di costruzione della pace universale. La visione linguistica introdotta da Baha’u’llah apre a una interessante innovazione: l’idioma non costituisce una barriera tra popoli e genti, non rispecchia un’area geografica limitata abitata da parlanti autoctoni. Non è una barriera. Nel momento in cui lo scopo di essa è la comunicazione libera e paritaria tra uomini, essa diviene un tramite nelle comunicazioni e un punto di forza nel dialogo internazionale. La lingua pensata e proposta da Baha’u’llah, infatti, ha questo preciso scopo. Da un punto di vista prettamente linguistico, la volontà di Baha’u’llah è quella di creare una Lingua Ausiliaria Universale o Internazionale (LAI), ovvero un idioma pianificato che viene istituito poiché ha uno scopo di ausiliarietà. La definizione di Gobbo (2009: 70-72) permette di comprendere al meglio cosa sia una LAI: Le lingue pianificate sono sistemi linguistici completi definiti per iscritto da un pianificatore linguistico, detto glottoteta, per i fini più diversi. Corollario di questa definizione è il seguente: le lingue pianificate condividono tutte le proprietà fondamentali delle lingue storico–naturali, in particolare l’arbitrarietà e la biplanarità del segno: ciò significa che è sempre individuabile un inventario dei fonemi nel piano della seconda articolazione del segno, e una morfosintassi nel piano della prima articolazione. Tra le proprietà fondamentali che distinguono le lingue storico-naturali dagli altri sistemi semiotici, rimane fuori la proprietà storica del parlato: invariabilmente il glottoteta scrive la struttura della lingua pianificata prima che questa venga parlata da una comunità – se mai ciò accade. [...] Se una lingua viene pianificata per semplificare la comunicazione tra parlanti la cui madrelingua è diversa, magari per contesti di comunicazione scientifica, il suo scopo principale è 62 l’ausiliarità. Tutti i progetti di lingue pianificate con questo scopo vengono detti Lingue Ausiliarie Internazionali (LAI). Ben si comprende allora il respiro delle idee di Baha’u’llah: tutto, ogni progetto, ogni proposta, viene indicato in funzione del raggiungimento della pace e del bene comune. II. 3. UNA PROPOSTA AMBIZIOSA La volontà di Baha’u’llah in ambito linguistico emerge nitidamente dalle sue parole, trascritte in due Tavole31: quella di Ishraqat e quella di Maqsud32. Alcuni passi degli scritti della “Manifestazione di dio” mostrano il chiaro desiderio di costituire una lingua universale, desiderio affiancato da una richiesta accorata di ascolto da parte degli uomini e dei potenti della terra. Ecco quanto scritto da Baha’u’llah (1981: 149): […] che le diverse lingue siano ridotte a una sola lingua e similmente che le scritture usate nel mondo siano limitate a un’unica scrittura. Incombe a tutte le Nazioni di nominare un gruppo di uomini intelligenti ed eruditi i quali indicano una riunione e, dopo essersi consultati, scelgano uno fra i vari idiomi esistenti, o ne creino uno nuovo, da insegnare ai bambini in tutte le scuole del mondo. 31 Ovvero epistole inviate dalla “Manifestazione di dio” a specifici interlocutori. Le Tavole hanno un chiaro e marcato intento dottrinale. 32 Le due tavole sono integralmente riproposte in appendice (pp. 123–132). 63 Tutto ciò è obbligatorio e assolutamente essenziale. Incombe ad ogni uomo illuminato e perspicace cercare di mettere in atto ciò che è stato scritto. Ancora Baha’u’llah (1981: 116-117): Sin dall’inizio dei tempi la luce dell’umanità ha effuso sulla terra il suo divino fulgore, e per i popoli del mondo il massimo strumento per promuovere quell’unità è comprendere reciproche scritture e idiomi. In epistole precedenti abbiamo ordinato ai fiduciari della Casa di Giustizia di scegliere una lingua tra le esistenti o di adottarne una nuova, e in egual maniera una scrittura comune, e di insegnarle entrambe in tutte le scuole del mondo. Così la terra sarà considerata un unico paese e una sola patria. Il più glorioso frutto dell’albero del sapere è questo eccelso detto: di un solo albero siete tutti frutti, di uno stesso ramo le foglie. La penna gloriosa raccomanda a tutti l’istruzione e l’educazione dei bambini. Guarda ciò che la volontà di dio, al nostro arrivo nella città prigione, ha rivelato e scritto nel libro santissimo (il Kitab-i Aqdas o Il Libro più Santo, ndr). Ad ogni padre è stato ordinato di educar figli e figlie nell’arte del leggere e dello scrivere ed in tutto quello che è stato disposto nella santa tavola. In quanto a colui che trascura ciò che gli è stato comandato, se è ricco, i fiduciari devono prendergli ciò che è necessario per l’istruzione dei figli, e se non lo è, tale compito ricade sulla Casa di Giustizia. In verità noi abbiamo fatto di essa un ausilio per i poveri e per i bisognosi. Colui che educa il proprio figlio o il figlio di un altro, è come se educasse uno dei miei figli; su di lui si posino la mia gloria, la mia gentilezza amorevole, la mia misericordia, che hanno pervaso il mondo. 64 In queste parole si mettono in luce alcuni punti particolarmente significativi che ribadiamo. Anzitutto, l’adozione di una Lingua Ausiliaria Universale non coincide con l’abolizione delle lingue madri, ma corrisponde a una scelta fraterna, che vede tutti i popoli coinvolti in accordo tra loro: la Lingua Ausiliaria non elimina le lingue proprie dei singoli popoli, che vengono rispettate e accettate nelle loro diversità. Si propone l’assunzione di un idioma comune, insegnato ai fanciulli e a tutte le popolazioni accanto all’insegnamento della lingua materna; in questo senso le parole di Baha’u’llah rendono evidente come la lingua non sia solo una barriera o un confine difficile da valicare, ma possa essere sfruttato come momento di comunione tra le Nazioni. In secondo luogo la selezione di una Lingua Ausiliaria Universale permette di raggiungere in maniera concreta lo scopo della fede Baha’i: una comunicazione mondiale libera, aperta, generatrice di pace e unità; nel rispetto per ogni cultura e storia, Baha’u’llah evidenzia il fatto che solo una lingua ausiliaria può permettere, in maniera concreta e fattiva, un dialogo paritario e universale, in cui vengano preservate con cura le diversità culturali, restando comunque forti le richieste di una reale relazione linguistica tra tutte le genti da parte della “Manifestazione di dio”. Le affermazioni di Baha’u’llah conducono a una conclusione ineludibile: individuare un idioma comune e diffusibile universalmente è necessità primaria. Se la Lingua Ausiliaria Universale non viene individuata e insegnata, la pace mondiale sarà duramente ostacolata. Recuperando le indicazioni paterne, Abdu’l’baha scrive (1982: 232): Diversity of languages has been a fruitful cause of discord. The function of language is to convey the thought and purpose of one to 65 another. Therefore, it matters not what language man speaks or employs. Sixty years ago Baha’u’llah advocated one language at the greatest means of unity and the basis of international conference. He wrote to the kings and rulers of the various Nations, recommending that one language should be sanctioned and adopted by all governments. According to this each Nation should acquire the universal language in addition to its native tongue. The world would then be in close communication, consultation would become general, and dissensions due to diversity of speech would be removed. [La diversità delle lingue è stata una causa fruttuosa di discordia. La funzione del linguaggio è quella di comunicare il pensiero e lo scopo di uno ad un altro. Perciò non importa quale lingua l’uomo parla o impiega. Sessant’anni fa Baha’u’llah trovò nella lingua il più grande mezzo di unità e la base della conferenza internazionale. Egli scrisse ai re e ai governanti delle varie Nazioni, raccomandando che una lingua dovesse essere selezionata e adottata da tutti i governi. Secondo ciò ciascuna Nazione dovrebbe acquisire il linguaggio universale oltre alla sua lingua nativa. Il mondo sarebbe quindi in stretta comunicazione, la consultazione sarebbe diventata generale e i dissensi dovuti alla diversità di parola sarebbero stati rimossi.] L’ausiliarità corrisponde, perciò, al migliore strumento per generare un dialogo unitario nell’assoluto rispetto delle diversità culturali, sociali, linguistiche e storiche. Certamente questa è una prospettiva ambiziosa, ma in grado di coadiuvare concretamente la comunicazione globale e la serenità nelle relazioni internazionali. 66 II. 4. UN RAPPORTO FIORITO NEL TEMPO L’augurio di Baha’u’llah fu seguito dai numerosi che credevano in lui, ma fino all’inizio del XX secolo non fu cercata una risposta reale e concreta alle indicazioni della “Manifestazione di dio”. Baha’u’llah non aveva indicato, né in forma scritta né durante conversazioni e colloqui sul tema della lingua universale, quale dovesse essere l’idioma da conoscere e utilizzare per dare avvio alla comunicazione globale ed egualitaria. Non conoscendo l’Occidente, la sua storia e i suoi cambiamenti, Baha’u’llah non fu in grado di scegliere una lingua per tutti, ma ebbe il merito di essere precursore, profeta di un avvenimento che si sarebbe delineato nei decenni successivi. Chi ha reso possibile la nascita di un rapporto reale tra la fede Baha’i e una lingua universale è stato Abdu’l’baha. Nel corso dei suoi numerosi viaggi in Europa e negli Stati Uniti, il figlio della “Manifestazione di dio” ha avuto l’opportunità di entrare in contatto con persone appartenenti a religioni e culture diverse. La grande disponibilità al dialogo della giovane guida Baha’i lo ha condotto a incontrare, all’inizio del 1913, anche gruppi di esperantisti inglesi e francesi, in occasione di assemblee aperte sul tema della ricerca della lingua universale33. Le possibilità di incontro con queste comunità hanno acceso in Abdu’l’baha l’interesse a conoscere la storia dell’esperanto, la sua evoluzione e la sua diffusione. 33 Analoghe occasioni di dialogo con gruppi di esperantisti si verificarono durante altri viaggi europei: a Zurigo, nell’estate del 1913, e a Berna, nell’autunno del medesimo anno. Una più accurata e dettagliata esemplificazione di tali incontri e dialoghi è raccolta in Esslemont (1983:95-‐ 102). 67 II. 4. 1. BREVE STORIA DELL’ESPERANTO E DEL PRIMO ESPERANTISTA: LUDWIK ZAMENHOF34 Appassionato conoscitore della cultura occidentale, Abdu’l’baha segue con interesse lo sviluppo dell’esperanto, lingua pianificata pensata e progettata dal medico polacco Ludwik Lejzer Zamenhof (1859 – 1917) 35. Cresciuto a Bialystok, nell’attuale Polonia, Ludwik Zamenhof appartiene a una famiglia ebrea. I suoi genitori, Markus e Rozalia, crescono i loro nove figli nella fede della venuta del messia, nel rapporto fraterno e pacifico con gli altri, nel rispetto delle altrui e delle proprie tradizioni. L’Impero russo (al quale allora apparteneva la città di Bialystok) della seconda metà del XIX secolo rappresentava, soprattutto nei territori più periferici, un crogiolo di culture, religioni e tradizioni, un luogo di incontro e, spesso, di scontro, tra uomini di provenienze ed estrazioni molto diverse. Ludwik cresce perciò a contatto con ortodossi, cattolici, ebrei, e sin dall’infanzia percepisce la difficoltà della convivenza tra uomini così diversi, il problema della discriminazione e della disuguaglianza. Markus aveva educato i figli alla lettura delle sacre scritture e dialogava con loro in lingua yiddish. A scuola, però, Ludwik si rivolgeva a docenti e compagni in lingua russa; con alcuni amici parlava anche in lituano, lingua originaria della famiglia Zamenhof. Il grande numero di lingue che Ludwik conosceva e le tante e diverse occasioni d’uso di ciascuna di queste, generò 34 Per ottenere maggiori informazioni riguardo alla storia dell’esperanto e del suo fondatore, si consiglia la seguente bibliografia minima: Amerio – Bonvecchiato – Fighiera (1999), Boulton (1980), Gobbo (2009), Zamenhof (1963)[1887]. 35 Nel 1887, Zamenhof pubblicò il manuale/manifesto della nuova lingua internazionale, intitolato Fundamento de esperanto. (Fondamento di esperanto), che raccoglie le sedici regole fondamentali della lingua, quarantadue esercizi e il vocabolario universale. Per la comprensione della sintassi e del lessico dell’esperanto si consiglia almeno Astori (1996). 68 nel fanciullo un desiderio: nonostante la giovane età Ludwik voleva rintracciare un’unica lingua, di cui avrebbero potuto usufruire tutte le genti del mondo. Nel 1916, ormai alla fine dei suoi anni, Zamenhof sosteneva, come riportato da Privat (1931: 18): The diversity of the languages was the only or at the least the chief cause that separates the human family and divides it into hostile factions. I was educated as an idealist: I was taught that all men are brothers, and meanwhile on the street and in the courtyards everything at every step caused me to feel that men did not exist: there were only Russians, Poles, Germans, Jews, etc.. This always greatly tormented my young soul.. I told myself that when I was older, I would not fail to do away with this evil. (La diversità delle lingue è stato l’unico o almeno la causa principale che separa la famiglia umana e la divide in fazioni ostili. Sono stato educato come un idealista: mi è stato insegnato che tutti gli uomini sono fratelli, e intanto sulla strada e nel cortile tutto ad ogni passo mi ha fatto sentire che gli uomini non esistevano: c’erano solo Russi, Polacchi, Tedeschi, Ebrei, ecc.. Questo ha sempre molto tormentato la mia giovane anima. Dissi a me stesso che quando ero più grande non avrei mancato di farla finita con questo male.) Così nel 1874, all’età di 15 anni, Zamenhof lavora alla creazione di una lingua universale che possa essere diffusa tra tutti i popoli e le Nazioni. Inizia così a progettare una lingua del tutto nuova: su un piccolo quaderno raccoglie appunti, considerazioni lessicali e morfologiche, regole e piccole frasi. È un tesoro prezioso. 69 Nel 1878 tutta la famiglia di Ludwik si trasferisce a Varsavia, dove il padre era diventato insegnante di lingue. Nel frattempo, Ludwik ha già terminato la pianificazione della sua nuova lingua, chiamata Lingwe Universala, che nasce ufficialmente il 5 dicembre del 1878. Per l’occasione Zamenhof compone una poesia36: Malamikete de las nacjes Kadò, kadò, jam temp’ està! La tot’ homoze in familje Konunigare so debà. (L’odio delle nazioni, Scompare, scompare, è ormai il momento! Tutta l’umanità in una famiglia, Deve diventare unita.) I genitori iscrivono Ludwik alla facoltà di Medicina: la passione per le lingue e per la Lingwe Universala (passione che condivideva con alcuni amici) lo rendeva, però, distaccato dagli studi universitari; il padre, a conoscenza dei suoi interessi linguistici, bruciò il prezioso taccuino in cui il figlio aveva raccolto tutta la struttura della nuova lingua e scelse di far proseguire gli studi a Ludwik presso l’ateneo di Mosca. Nonostante l’inserimento in un nuovo contesto socio-culturale e la ferma decisione di terminare con successo gli studi, in Ludwik rimane il desiderio di creare una lingua universale: entrato in contatto con circoli sionisti, Zamenhof percepisce fortemente la necessità di una lingua che possa unire gli ebrei dislocati in ogni parte della terra, ma anche i non ebrei. Nel 1881, in seguito all’assassinio dello Zar Alessandro II, rientra a Varsavia, dove consegue la laurea e inizia la propria attività di medico; alterna il lavoro 36 Il testo è citato in Boulton (1980: 15). 70 ambulatoriale alla ridefinizione di una lingua pianificata, compiendo uno sforzo creativo e mnemonico (cerca di ricordare le regole della Lingwe Universala andate perdute). Solo Klara, futura moglie del dottor Zamenhof, è a conoscenza del progetto di Ludwik, che dà avvio a un processo glottopoietico completamente nuovo, strutturando una lingua con una propria grammatica, un lessico ricco e una intenzione chiara: mettere in comunicazione parlanti di ogni parte del mondo, di ogni tradizione e provenienza. Il 26 luglio del 1887 viene pubblicato il primo libro della lingua internazionale che porta la firma del Doktoro Esperanto, il “dottore che spera”. Nasce in questa data l’esperanto, una nuova Lingua Ausiliaria Universale. II. 5. UNITÀ D’INTENTI, CONDIVISIONE DI SCOPI Nel 1907, nel corso del suo viaggio a Londra, Zamenhof pronuncia queste parole riportateci da Boulton (1980: 49): The ultimate purpose of all men should be: to create harmonious humanity. [Lo scopo supremo di tutti gli uomini dovrebbe essere: creare un’umanità armoniosa.] 71 Nel corso di un dialogo con un gruppo di esperantisti britannici avvenuto nello stesso 1907 presso l’Accademia d’Arte e Cultura di Londra37, il Dottor Esperanto esprime con chiarezza le intenzioni della sua lingua, lo scopo ultimo della sua glottopoiesi: il raggiungimento di una condizione di armonia nell’umanità. Pur nella difficoltà di realizzazione di questo intento, l’esperanto avrebbe, secondo il progetto ideale di Zamenhof, facilitato una relazione equilibrata tra gli uomini. Tale similarità di intenti e la condivisione dello spirito di unità tra gli uomini apre la possibilità di una relazione fraterna tra la fede Baha’i, in cerca di una Lingua Ausiliaria Universale da adottare, e l’esperanto: entrambe le realtà vivono e germogliano in un medesimo momento storico, avendo così la possibilità di percorrere una strada insieme. I fedeli Baha’i e gli esperantisti condividono condizioni simili: in entrambi i casi si tratta di comunità dislocate in lontani angoli del mondo, ma che raccolgono al loro interno uomini e donne di ogni estrazione sociale. Zamenhof era inoltre particolarmente vicino ai principi della fede Baha’i. Pur essendo ebreo, anche se non praticante, creò una filosofia teistica chiamata Homaranismo38, alla quale di Dottor Esperanto dedicò moltissime 37 Il dato è recuperato da Boulton (1980: 53). 38 La filosofia teistica di Zamenhof propone ideali di fratellanza e rispetto reciproco. La dottrina, che raccoglie gli intenti e i propositi più sentiti dal Doktoro Esperanto, non è mai riuscita, però, a creare un movimento consistente e compatto. Per approfondimenti riguardo lo Homaranismo si consiglia la lettura di Duc – Goinaz (2002) e la Dichiarazione dello Homaranismo, in Dietterle (1929: 342-‐361). Proprio in questo testo vengono indicati i dogmi a fondamento della dottrina. Di particolare interesse il IX, che riflette una chiara concezione linguistica. Conscio che la lingua deve essere per l’uomo non un fine ma solo un rimedio, non uno strumento per dividere ma per unire, e che lo sciovinismo linguistico è una delle cause principali di odio fra gli uomini, non devo mai guardare a una lingua nazionale o a un dialetto come ad una mia cosa sacra, come qualcosa da amare, né fare di essa un mio stendardo 72 energie; tale filosofia religiosa mira a creare una rete di rapporti umani volti alla generazione di una unica umanità coesa. Zamenhof non impose mai agli esperantisti di accettare tale filosofia, ma cercò sempre di sensibilizzare i suoi seguaci alla causa della coesione globale. Lo stesso Zamenhof scrive, riferendosi allo Homaranismo (Privat 1931: 100), it is indeed the object of my whole life. I would give up everything for it. The separation and hatred between the races will completely disappear only when mankind has one language and one religion. [ è davvero l’oggetto della mia intera vita. Vorrei abbandonare ogni cosa per questo. La separazione e l’odio tra le razze saranno completamente scomparsi solo quando l’umanità avrà una sola lingua e una sola religione.] Disposto a sacrificare la propria fede ebraica per giungere all’unità e alla pace, Zamenhof, senza esserne consapevole, vive una grossa continuità di intenti con la fede Baha’i. Durante i suoi viaggi in Francia, Austria e Gran Bretagna (che visitò tra il 1909 e il 1913), Ludwik viene a conoscenza dell’esistenza del Bahaismo, della figura carismatica di Abdu’l’baha e dei dialoghi proficui che la giovane guida Baha’i ha intrattenuto con molti esperantisti in questi paesi europei: era diventato chiaro a entrambi che la medesima visione del mondo, della lingua e delle necessità dell’umanità li rendeva compagni, anche se a distanza. di battaglia. [...] Qualunque sia la mia lingua materna o personale, devo possedere anche quella lingua neutrale – umana che i miei contemporanei utilizzano per i rapporti internazionali, affinché io non necessiti per mia colpa di imporre ad altri la mia lingua e perché io abbia il diritto morale di desiderare che gli altri non impongano a me la loro, e perché io possa su base non sciovinista servire alla cultura neutrale – umana. 73 Abdu’l’baha e Ludwik Zamenhof non si incontrarono mai. Ciononostante Zamenhof indirizzò diverse righe di elogio e di stima ad Abdu’l’baha, che definì in questo modo39: La personon de Abdu’l’baha kaj lian laboradon mi tre alte estimas: mi vidas en li unu el la plej grandaj bonfarantoj de la homaro. [Stimo molto profondamente la personalità di Abdu’l’baha e il suo lavoro: io vedo in lui uno dei più grandi benefattori dell’umanità.] Per questo, molti dei seguaci di Zamenhof si interessarono alla fede Baha’i, conoscendone i principi, avvicinandosi alle loro comunità e creando con loro, anzitutto, una rete di rapporti umani. Anche numerosi fedeli Baha’i, su caloroso consiglio di Abdu’l’baha, iniziarono a frequentare gruppi di esperantisti, presenti sia in Europa sia negli Stati Uniti: molti Baha’i iniziarono ad apprendere la lingua pianificata, a scriverla, leggerla e parlarla. Afferma Abdu’l’baha (1987: 70–71): Sia innalzato lo stendardo dell’unità della razza umana. Esso farà della terra uno stato universale; sarà causa di amicizia fra l’umana progenie e stimolerà la solidarietà fra le varie razze. Adesso, sia lodato iddio, il dottor Zamenhof ha inventato l’esperanto, che possiede tutte le qualità intrinseche per diventare il mezzo internazionale di comunicazione. Dobbiamo essergli tutti grati e riconoscenti per il suo nobile sforzo, perché in questa maniera egli ha reso un grande servizio ai suoi simili. Mediante gli sforzi incessanti e i sacrifici dei suoi propugnatori, l’esperanto diverrà 39 La citazione è riportata dal mensile Star of the West (1984: 299). 74 universale. Ciascuno di noi deve studiare questa lingua e divulgarla il più possibile, acciocché a poco a poco essa possa sempre più essere adottata e accettata da tutte le Nazioni e governi del mondo, sì da diventare parte dell’insegnamento in tutte le scuole. Io spero che l’esperanto sarà adottato come lingua ufficiale in tutte le conferenze internazionali e nei congressi del futuro, così che tutti i popoli debbano imparare soltanto due idiomi: il proprio e quello internazionale. L’unione perfetta tra tutti i popoli sarà allora realizzata. Sulla base di queste indicazioni, molti fedeli si avvicinarono all’apprendimento della lingvo internacia. Tra i primi e più noti seguaci di Baha’u’llah che strinsero rapporti con gli esperantisti, vi fu anzitutto la giovane figlia del dottor Zamenhof, Lidia, che dedicò la sua breve vita alla diffusione dell’esperanto, decidendo in giovane età di convertirsi alla fede Baha’i; e accanto a lei Martha Root, insegnante, ma soprattutto maestra di vita e di fede di Lidia. L’ultima figura di rilievo nella storia del rapporto linguistico e ideale tra esperanto e fede Baha’i è l’austriaco Auguste Forel40 (1848 – 1931): docente di psichiatria presso l’ateneo di Zurigo, amico intimo di Zamenhof e propagatore sia dell’esperanto sia della filosofia dello Homaranismo. Shoghi Effendi (2004: 375) riporta alcune parole dello psichiatra: 40 Uno tra i più importanti pionieri della disciplina psichiatrica tra XIX e XX secolo, Forel fu anche membro di rilievo della comunità esperantista. Amico intimo di L.L. Zamenhof, il dottore fu un propagatore della lingua esperanto, promuovendo corsi di lingua, diffondendo la LAI e la filosofia dello Homaranismo. Nel 1920 Forel conobbe la fede Baha’i attraverso alcuni membri della minoranza che viaggiarono in Europa assieme ad Abdu’l’baha. In quello stesso anno lo psichiatra decise di convertirsi alla fede Baha’i, contribuendo alla definizione di rapporti sempre più stretti tra esperantisti e seguaci di Baha’u’llah. 75 Nel 1920, in una dichiarazione fatta nel suo testamento, il Dottor Auguste Forel afferma: “A Karlsrhue sono venuto a conoscenza di una religione mondiale sopraconfessionale dei Baha’i, fondata in Oriente settant’anni fa da un persiano, Baha’u’llah. Questa è la vera religione del social welfare, senza dogmi né sacerdoti, che lega tra loro tutti gli uomini di questo nostro piccolo globo terrestre. Io sono divenuto Baha’i. Potesse questa religione vivere e prosperare per il bene dell’umanità! Questo è il mio più ardente desiderio. [...] Il movimento Baha’i per l’unità dell’umanità è, secondo la mia considerazione, il più grande movimento che oggi lavora per la pace universale e la fratellanza”. Ciascuna di queste personalità, secondo le proprie inclinazioni, ha reso possibile la diffusione nel mondo occidentale di questa relazione tra Esperanto e fede Baha’i. II. 6. UN RAPPORTO CHE CONTINUA ANCORA OGGI Nonostante né Abdu’l’baha né la Casa Universale di Giustizia abbiano indicato in maniera ufficiale e definitiva una Lingua Ausiliaria Universale, la stima fra Zamenhof e Abdu’l’baha e l’opera di testimonianza di alcuni dei suoi più famosi seguaci ha permesso la nascita della Baha’i Esperanto Ligo41 (B.E.L.: la Lega Baha’i Esperantista). 41 Numerose e sempre aggiornate informazioni riguardanti la storia, le attività e la presenza sul territorio della B.E.L. sono reperibili sul sito web www.bel.bahai.de (ultima consultazione in data 19/08/2011). 76 Fondata nel 1972 a Portland (Oregon, USA) durante il cinquantasettesimo Congresso Universale di Esperanto, la Lega vuole incoraggiare i rapporti tra i due movimenti in tutto il mondo: nel 1981 la B.E.L. viene riconosciuta dall’ONU tra le assemblee che hanno il merito di aver promosso la pace e la fratellanza all’umanità tutta. Inizialmente la B.E.L. si è occupata, creando commissioni linguistiche specifiche, di tradurre tutti i testi sacri della fede Baha’i in esperanto, al fine di produrre precise e meticolose traduzioni. La Lega, composta da circa 200 membri, ha vissuto però un periodo travagliato, legato prevalentemente al desiderio di alcuni membri e piccoli gruppi di ottenere il potere e la guida dell’intera comunità. Nel 1976, viene nominato segretario generale Paulo Amorim Cardoso42, una guida operativa e ideale all’interno della B.E.L. che ha saputo ristabilire la pace interna: Cardoso ha avuto il merito di entrare in contatto con numerosi enti, nazionali e internazionali, con lo scopo di diffondere l’esperanto e collaborare alla costruzione di un progetto di pace universale; è con lui, inoltre, che la Lega ha vissuto un periodo di grande operosità, caratterizzato dalla diffusione di numerosi testi Baha’i tradotti in esperanto e diffusi in molti paesi del mondo. Le iniziative di Cardoso hanno aperto la strada alle attività di ricerca e propagazione dell’esperanto e del Bahaismo, così come avviene ancora oggi. Attualmente la Lega internazionale ha sede a San Paolo, in Brasile; da essa dipendono le assemblee nazionali e locali, diffuse principalmente in Europa, America Settentrionale e America Meridionale. 42 Il dato viene recuperato da Warburg (2001: 128), di cui almeno si consiglia la lettura per conoscere più approfonditamente la storia,l’evoluzione e l’organizzazione interna della B.E.L. 77 78 PARTE SECONDA 79 80 III: DI PADRE IN FIGLIA. LIDIA ZAMENHOF III. 1. LA VITA E LA FAMIGLIA Nata nel 1904 a Varsavia, Lidia43 fu la terza e ultima figlia di Klara e Ludwik Zamenhof, dopo Adam e Zofia, che erano già grandi: costretto ad allontanarsi dai territori dall’Impero Russo a causa dei continui scherni riservati agli ebrei (praticanti e non), nel 1906 Adam si iscrisse alla facoltà di Medicina presso Losanna, lasciando così Varsavia; lo stesso percorso formativo scelto da Zofia, che raggiunse il fratello in Svizzera nel 1907: la più giovane figlia Zamenhof venne così investita di tutte le attenzioni da parte dei genitori. La nascita di Lidia avvenne in un periodo molto intenso per Ludwik, il quale lavorava moltissimo ed era spesso chiamato a partecipare a convegni e congressi in ogni angolo d’Europa. In tutti i momenti della sua giornata, Zamenhof si dedicava alla causa esperantista, alla diffusione della lingua universale, alla stesura di articoli specialistici; rispondeva alle lettere di molti esperantisti da tutto il mondo, scriveva libri e si occupava di insegnare la lingvo internacia a studenti di ogni provenienza, razza ed età. 43 Per una più ampia conoscenza della figura di Lidia si consiglia almeno la seguente bibliografia minima: Dratwer (1980), Garis (1983), Heller (1985). 81 Come si legge in Heller (1985: 21), la bambina crebbe in un clima culturale “moderno”: casa Zamenhof era frequentata da uomini provenienti sia da Oriente sia da Occidente. Qui si parlavano molte lingue diverse: Ludwik conosceva il russo, il polacco, il lituano, l’inglese, il francese e l’esperanto; Lidia osservava sin da piccola il padre nelle sue riunioni, seguendolo in molti congressi e prendendo lezioni di lingue. I genitori decisero di non iscrivere la figlia minore ai primi anni scolastici; fu la madre Klara la sua tutrice: la istruì alle lettere, alla storia e alle scienze, ma soprattutto venne educata ai principi dello Homaranismo, alla fiducia nell’umanità, nella fratellanza e nella pace. Lidia crebbe con una grande sensibilità e un forte senso di giustizia e uguaglianza e volle imparare l’esperanto. La madre le aveva insegnato qualche regola e qualche vocabolo; all’età di nove anni Lidia imparò facilmente la lingua da autodidatta, stupendo grandemente genitori e fratelli. Nel 1913 Klara e Ludwik parteciparono al nono Congresso Universale di Esperanto a Berna44. Proprio in Svizzera vivevano e lavoravano i due figli più grandi dei coniugi Zamenhof, entrambi divenuti medici, e in questa occasione la famiglia si riunì: Lidia seguì il padre e la madre in ogni loro 44 La capitale della Svizzera ospitò la nona edizione del Congresso. Zamenhof propose il primo Congresso Internazionale di Esperanto nel 1905, a Boulogne-‐sur-‐Mer, in Francia. Il Congresso aveva lo scopo di dare un forma chiara al movimento esperantista e dei principi-‐guida riconosciuti da tutti i membri della comunità. Qui è stato approvato il Fundamento de Esperanto, è stata presentata e riconosciuta la bandiera esperantista come anche l’Akademio de Esperanto, organo che valuta l’integrità della lingua esperanto e ne studia le evoluzioni. 82 spostamento, insistendo per partecipare alle riunioni del Congresso. Al termine del convegno, la famiglia Zamenhof giunse in Gran Bretagna, dove si tennero alcune lezioni di esperanto e conferenze nelle più importanti città dell’Isola. Edimburgo45 rappresentò la meta più interessante: qui Ludwik incontrò un gruppo di esperantisti che avevano dialogato con Abdu’l’baha e elogiavano la ricerca di fratellanza e unità della giovane guida Baha’i. Pur non conoscendosi, Zamenhof e Abdu’l’baha provavano rispetto e stima reciproci. Al rientro in Polonia nel 1914, Lidia viene iscritta alla Modern school for girls di Varsavia. La scuola iniziò in un momento importante per la storia contemporanea: l’anno dello scoppio della Grande Guerra. Mentre Klara e Ludwik giravano l’Europa diffondendo l’esperanto e lo Homaranismo, Lidia studiava le scienze, le lettere e le religioni. Tra il 1915 ed il 1917, la famiglia di Lidia si trovò a vivere il periodo più drammatico della sua storia: nel 1915 la Polonia, sfortunatamente collocata tra due potenze con forti sentimenti anti–semiti (la Germania e l’Impero Russo), venne invasa dalle truppe tedesche, venendo coinvolta negli scontri armati. Molti ebrei polacchi furono portati in campi di raccolta e detenzione, altri vennero obbligati a prendere le armi e partire per il fronte. Ludwik cercò di preservare la sua famiglia, trasferendosi in Svizzera, paese dichiaratosi neutrale. Nel 1916 il Doktoro Esperanto venne raggiunto da alcuni esperantisti svizzeri; tra questi vi era Edmond Privat46, che diventerà amico personale e 45 L’incontro con la comunità Baha’i avvenne in occasione di una conferenza alla quale Zamenhof presenziò il 19 novembre del 1913 presso il City Hall di Edimburgo. La notizia è recuperata da Lamberti (1991: 139-‐143). 46 Edmond Privat (1889 -‐ 1962), giornalista e scrittore, nato e cresciuto in Svizzera, era di origini persiane. L’amicizia con Zamenhof lo portò ad ottenere numerosi incarichi e responsabilità 83 fidato di Zamenhof. Gli anni di amicizia furono molto fruttuosi: i due cercarono di diffondere i principi dello Homaranismo tra il popolo, creando occasioni di dialogo e conferenze. Progettarono anche di scrivere diversi volumi insieme. Ma i tentativi non poterono proseguire: il 14 aprile del 1917 Ludwik Zamenhof morì. Gli anni successivi alla morte del padre furono molto intensi per tutti i membri della famiglia Zamenhof: Adam venne assunto nell’ospedale di Varsavia, Zofia proseguì i suoi studi in Ucraina e Bielorussia, Klara prese la guida del movimento esperantista e continuò a partecipare ai numerosi congressi che si svolgevano in molte capitali europee. Nel 1921 Lidia ottenne il diploma e decise di iscriversi alla facoltà di Legge dell’ateneo di Varsavia, mossa dal desiderio di poter cooperare alla costruzione della giustizia e della fratellanza. Infatti Lidia scrisse, come riportato in Heller (1985: 34): The study of law is the best way to help men achieve justice and equality. [Lo studio della legge è la strada migliore per aiutare gli uomini a raggiungere la giustizia e l’uguaglianza.] all’interno del movimento esperantista europeo. Alla morte di entrambi i coniugi, fu uno tra i principali responsabili nella realizzazione dei Congressi Universali dell’Esperanto. Per conoscere in maniera più dettagliata la storia e la formazione di Privat, qui presentata per tratti essenziali, si consiglia la lettura di Farrok (1991). Si segnala poi Martinelli (2006), testo interamente dedicato alla storia e alle opere di Privat. 84 III. 2: GLI ANNI DELLA SVOLTA Nel 1922 Lidia era entrata alla facoltà di Legge, ma con grandi difficoltà. L’ingresso nella vita accademica fu duro, a causa soprattutto delle numerose norme anti-semite che vennero introdotte dall’ateneo di Varsavia. Heller (1985: 52) descrive in maniera chiara la condizione degli studenti ebrei in quel momento storico: There was a larger number of jews in the universities. Angered by this, anti-semitic polish students and nationalistic political parties called for restrictions on the number of jews students. The same year Lidia entered college; quotas limiting jews were introduced at one polish university, in the schools of law and medicine. [Vi era un maggior numero di ebrei nelle università. Arrabbiati per questo, gli studenti anti-semiti polacchi e i partiti politici nazionalisti votarono per le restrizioni sul numero degli studenti ebrei. Lo stesso anno Lidia entrò al college; il numero limite degli ebrei fu introdotto in una università polacca, nelle scuole di legge e medicina.] Durante il periodo universitario Lidia alternava agli studi di legge molte attività vòlte a diffondere l’esperanto: in particolare aiutò la madre Klara nell’organizzazione di molti convegni, e soprattutto del Sedicesimo Congresso Universale dell’Esperanto, che si tenne a Vienna nel 1924 e vide tra i relatori Edmond Privat, le cui parole vengono così riportate da Heller (1985: 53): The world war had killed not only million of young men, it had also put an end to ancient knighthood, to the old era. A new time, a new 85 epoch for mankind has begun, also a new knighthood. the knighthood of the new era is no longer the heroes of force and arms. They are no longer covered by shining silver or gold armour. They hands no longer hold iron weapons; are the knights of the ideal on of love for mankind. Their strength, the spirit; their arms, convictions and example. The mysterious force, of which Zamenhof sang, unites them and sends them throughout the entire world to fulfil their task and bring humanity toward more light, more peace, more justice. Our task is very clear: we must slay the dark dragon of misunderstanding among peoples, we must spread that language in which dwells the youthful spirit of the new humanity. [La Guerra mondiale aveva ucciso non solo milioni di giovani, ma aveva anche posto fine alla figura del cavaliere antico, di epoca antica. Un nuovo tempo, una nuova epoca per l’umanità è iniziata, anche una nuova cavalleria. Il cavalierato della nuova era non sono più gli eroi della forza e delle armi. Non sono più coperti da una splendente armatura d’argento o d’oro. Hanno mani che non reggono più armi di ferro; sono i cavalieri dell’ideale dell’amore per l’umanità. La loro forza, lo spirito; le loro braccia, le convinzioni e l’esempio. La forza misteriosa, di cui Zamenhof cantava, li unisce e li invia in tutto il mondo per svolgere il loro compito e portare l’umanità verso più luce, più pace, più giustizia. Il nostro compito è molto chiaro: dobbiamo uccidere il drago oscuro dell’incomprensione tra i popoli, dobbiamo diffondere la lingua in cui abita lo spirito giovane della nuova umanità.] Queste parole fecero nascere in Lidia il desiderio di impegnarsi nella costruzione di una nuova era: toccata dalla violenza del primo conflitto mondiale e dal trattamento riservato agli ebrei in Polonia, voleva contribuire alla nascita di un’umanità in cui la pace e la fratellanza potessero concretamente esistere tra i popoli. Perché questo desiderio 86 potesse realizzarsi, Lidia decise di dedicarsi ancora di più alle attività di diffusione della lingua internazionale e dello Homaranismo, e fu chiamata a responsabilità importanti e a ruoli di rilievo all’interno della comunità esperantista. Heller (1985: 54) afferma a tale riguardo: She attended many of the specialist meeting and congress and took part in the meeting of the esperanto’s students, where she was chosen to serve as secretary of the international association of esperantist students. (...) she really made her presence, and her convictions known. [Ha frequentato molti dei meeting e dei congressi specialistici e ha preso parte alle riunioni degli studenti di esperanto, dove è stata scelta per collaborare come segretaria dell’associazione internazionale degli studenti esperantisti. (…) ha veramente mostrato la sua presenza, e ha fatto conoscere le sue convinzioni.] Divenuta giovane figura di spicco all’interno della comunità, Lidia lavorò per raggiungere numerosi obiettivi concreti: primo tra tutti quello di opporsi agli scismi che si erano creati all’interno della comunità in seguito alla morte del Doktoro Esperanto. Dratwer (1980: 64) descrive così Lidia nella sua ricerca di unità all’interno della comunità esperantista: The esperantists would soon learn that here was another Zamenhof, who would speak her mind and express her convictions openly and fearlessly. As she did that day in Vienna, Lidia (...) warned against anything that might lead to division or schism in the esperanto movement. 87 [Gli esperantisti impararono presto che era un’altra Zamenhof, che avrebbe parlato con la sua mente e avrebbe espresso le sue convinzioni apertamente e senza paura. Come ha fatto quel giorno a Vienna, Lidia (…) metteva in guardia contro qualsiasi cosa che avrebbe potuto portare alla divisione o allo scisma nel movimento esperantista.] Nell’inverno dello stesso 1924 un altro lutto colpì la famiglia Zamenhof: Klara, già da tempo malata di cancro, morì il 6 dicembre. L’evento segnò la famiglia e impose la necessità di individuare nuove figure capaci di guidare la comunità mondiale degli esperantisti, seguendo le indicazioni e gli intenti di Zamenhof padre ma sapendo rispondere alle esigenze emergenti di una società che stava cambiando. In seguito alla scomparsa di Klara, venne affidato a Edmond Privat il compito di lavorare per la ricostruzione di un movimento esperantista unitario e di resistere agli attacchi dei molti nazionalisti che si schieravano contro la sua esistenza: a Privat va riconosciuto lo sforzo di aver reso l’esperanto una Lingua Ausiliaria Universale internazionalmente riconosciuta e utilizzata. Esempio di questo è il fatto che nel 1925 la League of the Nations47 propose a tutti i paesi membri, su suggerimento del consigliere Privat, di riconoscere l’esperanto come Lingua Ausiliaria, utilizzabile in particolare per le comunicazioni radio e telegrafiche. 47 Il Consiglio della Società delle Nazioni è un organo politico internazionale nato al termine del primo conflitto mondiale, nel 1919, durante il Congresso di Pace di Parigi. Privat fu nominato consigliere onorario nel 1922: fu portavoce del movimento esperantista in questo organo, tutelando e diffondendo i principi e i diritti della minoranza, lottò lungamente affinché l’esperanto fosse una lingua insegnata nelle scuole del mondo: questo avrebbe facilitato il dialogo costruttivo e pacifico tra i popoli e le Nazioni, principio ispiratore che animava i paesi membri della Società delle Nazioni. Per una maggiore e più approfondita conoscenza dei principi, della storia e della costituzione della Società delle Nazioni, si consiglia la lettura almeno di Baldoni (1976). 88 Nonostante le iniziali opposizioni della Francia, il riconoscimento fu possibile; Heller (1985: 57) testimonia la realizzazione dell’intento di Privat anche in un altro luogo del mondo: infatti, in 1925 Persia48 introduced a resolution that esperanto be recognized as a clear language for telegraphy, which was unanimously accepted by the language of the League of Nations as well as the Universal Telegraph Union. The International Labour Office, which was supported by the League, began to use esperanto, as did various commercial and scientific organizations. [ nel 1925 la Persia ha presentato una risoluzione affinché l’esperanto potesse essere riconosciuto come un linguaggio chiaro alla telegrafia, come è stato unanimemente accettato dalla lingua della Società delle Nazioni, come anche dall’Unione Universale del Telegrafo. L’Ufficio Internazionale del Lavoro, che è stato sostenuto dalla Lega, ha iniziato a usare l’esperanto, come hanno fatto anche diverse organizzazioni commerciali e scientifiche.] Gradualmente l’esperanto si diffondeva a livello internazionale: si ampliava il numero di vocaboli, si realizzavano glossari, nasceva una letteratura e si componevano addirittura canzoni. Oltre a quello di Privat, anche il lavoro di Lidia era incessante. Dratwer (1980: 102), con ironia e chiarezza, descrive così la giovane: 48 Non devono essere dimenticate le origini persiane di Privat, che nel corso della sua vita mantenne un legame stretto con la terra natia, nella quale, grazie alle sue mansioni istituzionali, ebbe la possibilità di conoscere politici e uomini importanti della società. 89 We esperantist young men used to say Lidia Zamenhof had only one lover, which is the esperanto language! [Noi giovani esperantisti eravamo soliti dire che Lidia Zamenhof aveva solo un amante, che è la lingua esperanto!] Lidia lavorò in particolare alla traduzione di molti testi della letteratura polacca e all’insegnamento della lingua esperanto a bambini e ragazzi. Aveva infatti una certezza così testimoniata da Heller (1985: 60-61): she believed that peace would not come until there was brotherhood and justice among all the peoples of the world. But this could not occur until they could communicate with each other. Esperanto, she believed, was the ideal mean for that. [ credeva che la pace non sarebbe giunta fino a quando non ci fosse stata fratellanza e giustizia fra tutti i popoli del mondo. Ma questo non poteva accadere fino a che non potevano comunicare tra loro. L’esperanto, ha creduto, era il mezzo ideale per questo.] Alternava il lavoro per il movimento allo studio universitario e incontrava uomini e donne da tutto il mondo, giovani esperantisti che si interessavano alla lingua e allo Homaranismo, che volevano far vista alla tomba dei coniugi Zamenhof; realizzò il diciassettesimo Congresso Universale dell’Esperanto, che si sarebbe tenuto nell’agosto del 1925 a Ginevra. 90 III. 3: LA CONVERSIONE Nell’agosto del 1925 Lidia partì da Varsavia per raggiungere Ginevra. Come narrano le parole di Dratwer (1980: 108), la giovane non immaginava quello che le sarebbe accaduto. When in the summer of 1925 I took a train to go from Warsaw to Vienna and from Vienna to Geneva in order to attend the esperanto congress held that year in the City of the Nations, I did not imagine that each turn of the weels was bringing me nearer to a contact which was to mean life for me. [Quando nell’estate del 1925 ho preso un treno per andare da Varsavia a Vienna e da Vienna a Ginevra per partecipare al congresso di esperanto celebrato nella Città delle Nazioni, non immaginavo che ogni giro delle ruote mi stava portando più vicino al contatto che doveva significare la vita per me.] Nella città, riunitisi molti esperantisti provenienti da ogni parte del mondo, si ritrovavano a Ginevra anche fedeli appartenenti a una minoranza religiosa ancora poco conosciuta in Europa: i Baha’i guidati da Marta Root49, desiderando entrare in contatto con gli esperantisti che lì si 49 Marta Root nasce nel 1872 negli Stati Uniti. Dopo aver conseguito la laurea nel 1895 inizia la sua attività di insegnante di lettere e viene assunta dal Pittsburgh Chronicle Telegraph come giornalista freelance. Per motivi di lavoro conosce il giornalista Roy Wilhelm, fedele Baha’i, che la introduce alla religione di Baha’u’llah: l’interesse che Marta provava per questa minoranza la porta a incontrare Abdu’l’baha, che conosce personalmente durante la sua visita a Chicago nel 1911. È questo incontro a determinarne la conversione. Nel 1912 la giornalista decide di abbandonare gli Stati Uniti e il proprio lavoro di freelance per insegnare e diffondere nel mondo i principi della fede Baha’i: viaggia in Europa, in Oceania, in Asia. I viaggi europei sono proficui: nel 1923 Marta conosce la regina Maria di Romania, con la quale stringe un rapporto di stima; la regina si convertì alla fede Baha’i proprio quell’anno, divenendo la prima sovrana a professare questa fede. Nel 1925 Marta incontra Lidia Zamenhof che, convertitasi al Bahaismo, decide di 91 riunivano, riconoscendo in loro una vicinanza di intenti e di principi, avevano scelto la stessa città per il loro convegno. Marta, in modo particolare, considerava l’esperanto il modello di Lingua Ausiliaria Universale migliore: era una lingua che lei conosceva e parlava fluentemente, e che insegnava a molti dei fedeli Baha’i. Marta viene così descritta da Heller (1985: 64-65): Marta sympathized wholeheartedly with the principles of esperantism, believing that the international auxiliary language ought to be a natural one. To people who have travelled and met the statesmen and the masses in different lands it is evident that any national tongue in not only not acceptable as a universal helplanguage, but it is unsuitable to the international though content of a new universal cycle. [Marta simpatizzava con tutto il cuore per i principi dell’esperantismo, credendo che la lingua ausiliaria internazionale dovesse essere naturale. Per le persone che hanno viaggiato e hanno incontrato gli statisti e le masse in terre differenti, è evidente che qualsiasi lingua nazionale non solo non è accettabile come lingua ausiliaria universale, ma è inadatta al contenuto internazionale di un nuovo ciclo universale.] imitare Marta viaggiando tra le comunità Baha’i ed esperantiste del mondo. Amica personale di Shoghi Effendi, Marta viene da lui nominata una delle Mani della causa di dio nel 1931. Il “Custode” l’ha definita the pride of Baha’i teachers, whether men or women, in both the East and the West [l’orgoglio degli insegnanti Baha’I, uomini o donne, sia in Oriente sia in Occidente]. Malata di cancro al seno, Marta muore a Honolulu, nelle isole Hawaii, nel settembre del 1939. Una biografia completa e dettagliata di Marta Root è raccolta in Garis (1983). 92 Il suo credo in un rapporto di fratellanza assoluta tra Baha’i ed esperantisti emerge chiaramente dalle parole della stessa Marta riportate in Garis (1983: 34): Our aim is the same as yours: the Baha’i movement is the “esperanto” of religions. [Il nostro obiettivo è uguale al loro: il movimento Baha’i è “l’esperanto” delle religioni.] Come molti altri esperantisti, Lidia venne invitata a partecipare a una delle conferenze del congresso Baha’i,cui prese parte, incuriosita dalla proposta, insieme alla sorella Zofia. Qui, per la prima volta, le figlie del Doktoro Esperanto sentirono parlare di Baha’u’llah, di Abdu’l’baha, e, assieme ai loro nomi, sentirono menzionare più volte quello del padre. Durante la conferenza prese la parola Adelbert Muhlschlegel50, docente universitario, che in fluente esperanto indicò alla platea i principi rivelati da Baha’u’llah ai suoi fedeli, i passi compiuti da Abdu’l’baha e la grande vicinanza con Ludwik Zamenhof. Muhlschlegel concluse il suo intervento con queste parole come riportate in Heller (1985: 66): This was ordained many decades ago by a prophet in an uncivilized oriental land. Dr L.L. Zamenhof during his blessed life carried out that esperanto inner idea, the spirit of the future new humanity, the 50 Adelbert Muhlschlegel (1897 -‐ 1980) fu docente universitario di Scienze naturali presso l’ateneo di Ginevra, scrittore e fedele Baha’i. All’interno del movimento ebbe numerose responsabilità; fu amico personale di Shoghi Effendi che, nel 1952, lo nominò tra i membri delle dodici “Mani della causa di dio”. Notizie più ricche e complete sono indicate in Effendi (1976). 93 spirit of Baha’u’llah. Because of that, Dr Zamenhof was a true Baha’i. And all Baha’i in the whole world honour him as an ideal model, love him as majistro[sic]51 and brother. [Questo è stato ordinate molti decenni fa a un profeta in una terra incivile orientale. Il dottor L.L. Zamenhof nel corso della sua vita beata ha portato alla luce l’idea interiore dell’esperanto, lo spirito del futuro dell’umanità nuova, lo spirito di Baha’u’llah. Per questo, il dottor Zamenhof era un vero Baha’i. E tutti i Baha’i in tutto il mondo a lui rendono onore come un modello ideale, lo amano come majistro e fratello.] Quel giorno Lidia e Marta Root si conobbero, mantenendo da quel momento rapporti stretti. Alla conclusione dei lavori del congresso esperantista e del meeting Baha’i, Lidia rientrò a Varsavia. Qui trovò una condizione politico-sociale complessa: le misure restrittive nei confronti degli ebrei si inasprivano, al punto che molti ebrei polacchi decisero di lasciare la Prussia cercando nuove mete. Nel frattempo in Europa stavano nascendo nuovi partiti e gruppi politici nazionalisti che intimorivano le altre potenze europee, non ultimi il Fascismo in Italia e il Nazismo in Germania. I cambiamenti politici in atto non li spaventavano: cercarono anzi di intensificare le attività di diffusione dei princìpi esperantisti, mostrando il forte desiderio da loro nutrito di costruire un senso di unità e fratellanza tra singoli e Nazioni. Il 18 aprile 1926 Marta e Lidia si incontrarono per la seconda volta, in occasione dell’inaugurazione del monumento dedicato a Ludwik Zamenhof, avvenuta in quell’anno a Danzica. All’evento parteciparono in moltissimi. Come testimonia Heller (1985: 68-69), 51 In esperanto “maestro”. È uno dei numerosi appellativi di Ludwik Zamenhof. 94 five hundred people had gathered, including representatives of the jewish community, of esperanto societies and educational institutions, as well as reporters, photographers and some government officials. Several people had come from the provinces, and some, including Marta Root, from the other countries. [ cinquecento persone si erano riunite, comprendendo rappresentative della comunità ebraica, di società di esperanto e le istituzioni educative, oltre a giornalisti, fotografi e alcuni funzionari del governo. Diverse persone erano venute dalla provincia, e alcuni, tra cui Marta Root, dagli altri paesi.] Marta, donna molto colta, pronunciò il suo discorso commemorativo; Lidia, come anche molti esperantisti lì riuniti, rimase molto stupita dalle parole della giornalista (Heller 1985: 69). The Baha’i movement is one form of Homaranismo. Abdu’l’baha’s words praising Zamenhof and esperanto, and Dr Zamenhof’s statements about the Baha’i faith (…) expressing his interest in the Baha’i movement as one of the great world movements which, like Esperanto, insist on the brotherhood of mankind. [Il movimento Baha’i è una forma di Homaranismo. Le parole di Abdu’l’baha lodano Zamenhof e l’esperanto, e il dottor Zamenhof fa dichiarazioni sulla fede Baha’i, (…) esprimendo il suo interesse per il movimento Baha’i in quanto uno dei grandi movimenti mondiali che, come l’esperanto, insiste sulla fratellanza tra gli uomini.] Marta rimase in Prussia per le due settimane successive all’inaugurazione. Durante questo soggiorno fu a stretto contatto con Lidia, alla quale dava 95 lezioni di lingua inglese in cambio di conversazioni in esperanto. I dialoghi tra loro, di carattere prevalentemente religioso, colpirono profondamente la Zamenhof, che descrive così il rapporto con Marta (Dratwer 1980: 112): Soon she told me what was the cause to which she was sacrificing her life. I can’t say I accepted it at once. Too long was I indifferent to matters of faith. I remember asking her whether an atheist can be a Baha’i. And when she told me that the Baha’i do believe in the existence of god I decided within myself: well, I’m not going to be a Baha’i. But Marta could not be discouraged easily. She knew how to be patient, to be faithful and to pray. It was her pure and spiritual personality which appealed to me at the time more than any written statements. [Presto mi ha detto quale fosse il motivo per cui aveva sacrificato la sua vita. Non posso dire che ho accettato immediatamente. Troppo a lungo sono stata indifferente alle questioni di fede. Ricordo di averle chiesto se un ateo possa essere Baha’i. E quando mi ha detto che i Baha’i credono nell’esistenza di dio ho deciso dentro di me: bene, io non ho intenzione di essere Baha’i. Ma Marta non poteva essere facilmente scoraggiata. Ha saputo essere paziente, essere fedele e pregare. Era la sua personalità pura e spirituale che mi piaceva, al momento più di qualsiasi dichiarazione scritta.] Lidia, che per lungo tempo non aveva avuto interessi religiosi, era scettica riguardo a dio e alla fede; Marta le spiegò la storia della fede Baha’i e delle sue guide, i suoi capisaldi, le sue attività e le sue azioni. Lidia ritrovò un interesse per questi princìpi, gli stessi che la madre e il padre le avevano insegnato sin dall’infanzia. La stessa Lidia afferma, come testimoniato da Dratwer (1980: 114): 96 It seems to me that esperanto is a school in which Baha’i can educate themselves. The Baha’i movement is a step forward, it is larger. (…) In the teaching of Baha’u’llah I found the universality which only the truly god-given teaching can give to searching mankind. that is why it attracted me at the beginning. [Mi sembra che l’esperanto sia una scuola nella quale i Baha’i possono educare loro stessi. Il movimento Baha’i è un passo avanti, è più grande. (…) Nell’insegnamento di Baha’u’llah ho trovato l’universalità che solo l’insegnamento veramente dato da dio può dare all’umanità che ricerca. È per questo che mi ha attratto dall’inizio.] Questo periodo trascorso insieme a Marta segnò la definitiva conversione di Lidia alla fede Baha’i. Da quel momento anche i rapporti tra i due movimenti divennero molto più numerosi e stretti: nell’agosto del 1926 si tenne il diciassettesimo Congresso Mondiale di Esperanto a Edimburgo, città molto cara ai Baha’i in quanto una delle mete dei viaggi europei di Abdu’l’baha. Il congresso vide tra gli interlocutori molti dei membri della comunità internazionale Baha’i, che rinnovarono la loro vicinanza al movimento esperantista; tra questi Sigfried Schopflocher (1877 - 1953), nominato da Shoghi Effendi una delle “Mani della causa di dio”52, affermò (Heller 1985: 68): We are part of the same body and we walk together toward the same goal. 52 Per approfondire i temi legati alla elezione delle “Mani della causa di dio”, ai membri di questo consiglio e agli anni di elezione, si consiglia Effendi (1976). 97 [Siamo parte di uno stesso corpo e camminiamo insieme verso la stessa meta.] Lidia, sempre più legata al movimento e alla fede Baha’i, aveva iniziato anche un rapporto epistolare con Shoghi Effendi, in particolare domandando al “Custode” il permesso di visitare Haifa, the holy land. La guida Baha’i negò, per motivi di sicurezza, il consenso alla partenza della giovane convertita, costretta ad attendere fino al 1930. Solo in quell’anno, infatti, Shoghi Effendi permise a Lidia di visitare la terra sacra ai fedeli Baha’ì. Il viaggio di Lidia durò due settimane, durante le quali conobbe l’assetto organizzativo della comunità Baha’i, conobbe fedeli e visitò i monumenti lì presenti. Fu per lei un’esperienza importante, come viene riportato in Heller con queste parole (1985: 87): Again I was sad, very sad on that last morning, ascending Mount Carmel for the last time. (…) My heart, my head, my soul, the air itself seemed to be made of lead. I prostrated myself for the last prayer. And as I was praying, the felling of despondency began to grow less heavy. Little by little the despondency disappeared. And when it had disappeared a joy came. A joy with no outward cause. A joy born in the heart as if the heart was suddenly touched by a smiling sunray. That joy kept growing as a sea tide, until it flooded my soul. (…) All sadness, all doubts, all the dark hours of battle were gone and joy was there, a heaven sent joy, a divine confirmation. Whoever receives such a confirmation, forgets his doubts. Whoever experiences once such a joy, cannot be truly unhappy even in the darkest hours of his life. [Ancora una volta ero triste, molto triste in quell’ultimo mattino, salendo il Monte Carmelo per l’ultima volta. (…) Il mio cuore, la 98 mia testa, la mia anima, l’aria stessa sembravano di piombo. Mi sono prostrata per l’ultima preghiera. E mentre stavo pregando, l’abbattimento iniziò a divenire meno pesante. A poco a poco lo sconforto scomparve. E quando scomparve venne una gioia. Una gioia senza causa verso l’estremo. Una gioia, che nasce nel cuore come se il cuore fosse stato improvvisamente toccato da un raggio di sole sorridente. Quella gioia continuò a crescere come una marea del mare, fino a quando non ha inondato la mia anima. (…) Ogni tristezza, tutti i dubbi, tutte le ore buie della battaglia erano spariti e la gioia era lì, il paradiso ha inviato la gioia, una conferma divina. Chi riceve tale conferma dimentica i suoi dubbi. Chi fa esperienza una volta di una tale gioia, non può essere veramente infelice, anche nelle ore più buie della sua vita.] Rientrata da Haifa, la vocazione di Lidia all’insegnamento della lingua esperanto fu ancora più forte: a Varsavia aprì numerose classi di lingua internazionale per bambini e ragazzi, promuovendo seminari per studenti universitari e scrivendo per riviste e giornali. Tra il 1931 e il 1933 collaborò alla terza riedizione della Enciklopedio de Esperanto53 e tradusse in lingua internazionale il testo di Baha’u’llah Kitab-i-Iqan (The Book of Certitude, il Libro della Certezza) e i discorsi che Abdu’l’baha tenne nel 1911 a Parigi. In una lettera inviatale dal “Custode” riportata da Heller, si legge (1985: 77): I can assure you that the members of the world wide Baha’i community follow with increasing interest and genuine hope the 53 Alla prima edizione dell’Enciclopedia dell’esperanto, stampata a Bucarest nel 1914, ne seguirono numerose successive. L’enciclopedia raccoglie cronologia, notizie, storia, personaggi del movimento esperantista ed è compilata interamente e unicamente in esperanto. 99 progress of your labour, and feel that by your high endeavours you are promoting one of the outsiding principles proclaimed by Baha’u’llah. They share with me the fervent hope that in the days to come closer bonds of cooperation and fellowship may bind the esperantist of the world with our beloved faith, and that the establishment and maintenance of intimate relationships between Baha’i and esperantist may prove conducive to the betterment of mankind. [Vi posso assicurare che i membri della comunità Baha’i di tutto il mondo seguono con crescente interesse e genuina speranza il progetto del vostro lavoro e sentono che attraverso i vostri grandi sforzi state promuovendo uno dei principi proclamati da Baha’u’llah. Essi condividono con me la fervida speranza che, nei giorni che verranno, legami più stretti di cooperazione e amicizia potrebbero legare gli esperantisti del mondo alla nostra amata fede, e che l’istituzione e il mantenimento di rapporti intimi tra Baha’i ed esperantisti può risultare favorevole al miglioramento del genere umano.] La “figlia dell’esperanto”, appellativo con il quale spesso veniva chiamata Lidia, si occupò anche di realizzare il diciannovesimo Congresso universale dell’Esperanto, tenutosi a Oxford nel 1933. Il complesso periodo politico che l’Europa e il mondo stavano attraversando, dai totalitarismi nazionalisti alla crisi economica globale, riverberarono nel suo discorso inaugurale al Congresso di quell’anno, come descritto da Heller (1985: 90-91): In dark time of crisis, when mankind is wandering aimlessly like a flock of sheep, we talk about a prophet. The prophet was greater than man, yet not god. The prophet could be compared to rays of sunlight that warm the earth. He is not the great sun itself, although 100 he bring to the earth the sun’s essence: light and warmth. The prophets are like the moon, shining down upon the earth, although their light came not from themselves but from the sun. Today we believe in the prophet that will save us. [Nel buio tempo di crisi, quando l’umanità sta vagando senza meta come un gregge di pecore, noi parliamo di un profeta. Il profeta è più grande dell’uomo, non ancora dio. Il profeta potrebbe essere paragonato ai raggi di sole che riscaldano la terra. Non è il grande sole stesso, anche se porta sulla terra l’essenza del sole: luce e calore. I profeti sono come la luna, che splende giù sulla terra, anche se la loro luce non è venuta da loro stessi, ma dal sole. Oggi crediamo nel profeta che ci salverà. Il Congresso raccolse un grande successo di pubblico: esperantisti, fedeli Baha’i, uomini provenienti da Nazioni diverse e da esperienze religiose differenti. Tra questi occorre ricordare almeno il cattolico Andrei Cseh54, che fu allievo e amico di Lidia. III. 4: ANDATA E RITORNO Dal 1934 Lidia viaggiò moltissimo, in Europa e negli Stati Uniti. Marta Root l’aveva più volte invitata ad abbandonare Varsavia, bersaglio degli interessi di Hitler. Inoltre la “figlia dell’esperanto”, in quanto interprete e donna di fede, avrebbe potuto mettere a disposizione del mondo la sua 54 Andrei Cseh (1891-‐1964) fu una figura importante per la carriera professionale di Lidia: insieme i due aprirono una classe di esperanto in Romania, da cui Cseh proveniva. Maggiori informazioni a riguardo sono reperibili in Heller (1985: 128 e ss). 101 personalità e professionalità. Lidia descrive così il suo lavoro nella testimonianza di Dratwer (1980: 51): My job is teaching the language to young children esperanto and university students. But I do not teach only that the values of brotherhood and peace, the desire for unity, the necessity of faith... are all topics that I face with them, because those who learn the language to include a new way of living in harmony. [Il mio lavoro consiste nell’insegnamento della lingua esperanto ai giovani ragazzi e studenti universitari. Ma non insegno solo questo: i valori della fratellanza e della pace, il desiderio di unità, la necessità della fede... sono tutti argomenti che affronto con loro, perché chi impara la lingua comprenda un nuovo modo di vivere in armonia.] Lidia decide così di accogliere l’invito a partire, e inizia per lei un lungo periodo di peregrinazioni: Marsiglia, Cannes, Bordeaux, Colonia, Stoccolma. E proprio a Stoccolma, in quello stesso 1934, Lidia apre il ventiseiesimo Congresso Universale dell’Esperanto e fonda, insieme a Marta Root, the Union of Esperantist Women. Conclusosi il congresso, Lidia continuò a spostarsi di città in città, visitando comunità Baha’i ed esperantiste. Nel biennio 1934-1936 fu poi in Italia, a Napoli, e visitò Malta, Tripoli e l’Alsazia. Al termine di questo biennio, Lidia fu esortata da Shoghi Effendi a partire per gli Stati Uniti, dove le comunità esperantiste e Baha’i erano ancora poco numerose. Heller (1985: 145) riporta le parole scritte da Effendi: 102 It would be splendid if you could visit the United States where the friends are so eager to meet you and accord you a hearty welcome. You will let me know, I trust, whenever you decide to visit them, for I wish to introduce you to them in a befitting manner. [Sarebbe splendido se potessi visitare gli Stati Uniti dove gli amici sono così ansiosi di conoscerti e darti un cordiale benvenuto. Mi farai sapere, spero, ogni volta che decidi di far loro visita, perché voglio presentarti in maniera adeguata.] Lidia seguì il suggerimento del “Custode”, giungendo negli Stati Uniti nel 1937. Scrisse prima di lasciare l’Europa (Heller 1985: 151): I pray Baha’u’llah may enable me to serve in America, to give his message to some of the esperantists and to help the Baha’i friends to know this language that has been created through the creative power of god’s word. [Prego Baha’u’llah che mi permetta di servire in America, per dare il suo messaggio ad alcuni degli esperantisti e per aiutare gli amici Baha’i a conoscere questo linguaggio che è stato creato attraverso la Potenza creatrice della parola di dio.] La signorina Zamenhof rappresentava perciò un tramite privilegiato tra la fede Baha’i e gli esperantisti, ed era la prova della grande vicinanza tra i due movimenti. Il “Custode”, poi, valorizzava e sosteneva i rapporti tra Baha’i ed esperantisti, riconoscendo la necessità e l’importanza per i fedeli di conoscere e parlare un’unica lingua, che potesse essere strumento per il dialogo tra tutti i popoli. Dice infatti Effendi (Heller 1985: 155): 103 The Baha’i are advised to study esperanto only on consideration of the fact that the learning of this language can considerably facilitate intercommunication between individuals, groups and assemblies through the Baha’i world in the present stage of the evolution of the faith. [I Baha’i sono invitati a studiare l’esperanto solo in considerazione del fatto che l’apprendimento di questo linguaggio può notevolmente facilitare la comunicazione tra gli individui, i gruppi e le assemblee nel mondo Baha’i in questo attuale stadio dell’evoluzione della fede.] La giovane esperantista aveva perciò il compito di insegnare la lingua internazionale e di visitare le comunità Baha’i d’America, ma era anche l’immagine reale della fratellanza tra i due movimenti. Lidia viaggiò moltissimo, incontrando numerosi fedeli in molte città: fu a Boston, New York, Detroit, Cleveland; in ogni città visitò le società esperantiste, conobbe molti emigrati europei e strinse legami con alcuni dei responsabili della comunità Baha’i americana, in particolare con Horace Holley55 . Nel 1938 la Germania nazista invase l’Austria, esplicitando l’intenzione di iniziare un nuovo conflitto in Europa: Lidia, per sicurezza personale, chiese al governo degli Stati Uniti il permesso di soggiorno, ma la richiesta le fu negata. Il governo americano non consentiva permanenze così prolungate in quel momento storico, e invitò la giovane esperantista a rientrare nel paese 55 Horace Holley (1887 -‐ 1960), era un fedele Baha’i. Convertitosi dopo aver incontrato Abdu’l’baha durante i suoi viaggi negli Stati Uniti, strinse rapporti stretti con Marta Root e Shoghi Effendi. Conobbe Lidia e con lei imparò la lingua esperanto. Nel 1952 fu nominato da Shoghi Effendi tra le “Mani della causa di dio”. È possibile reperire maggiori informazioni sulla storia di Holley facendo riferimento al completo volume Esslemont (1983). 104 d’origine. Nonostante tutti i tentativi da parte dei Baha’i americani, Lidia fu costretta a rientrare in Europa. Il dolore e il timore per il rientro in Polonia in un momento così delicato non la fermano. Ecco cosa scrive Lidia come riportato in Heller (1985: 227): I have a important work to do in Poland: to raise up believers in Baha’u’llah. [Ho avuto un lavoro importante da fare in Polonia: far sorgere i credenti in Baha’u’llah.] Lidia riuscì a continuare la propria attività di insegnante di esperanto e conobbe diversi convertiti alla fede Baha’i. Nel 1939 la guerra aveva avuto inizio, e gli Zamenhof vissero un periodo molto duro: nel 1940 tutta la famiglia venne arrestata, prima Adam, poi Stephen, il cugino, a seguire Zofia e Lidia. Il Terzo Reich teneva sotto stretto controllo il movimento esperantista, come descrive chiaramente Heller (1985: 236): Although esperanto had been forbidden in Germany for three years, and in Austria since the Anshluss, the SS and the Gestapo had continued to consider the movement a threat to the Reich. An eleven page internal report in 1940 show detailed knowledge of Dr Zamenhof and his philosophy of Homaranismo. After the war, SS colonel Josef Meissinger, head of the Security Police in Warsaw, admitted he had receives special orders from Berlin, directing him to imprison the Zamenhofs. [Anche se l’esperanto era stato proibito in Germania per tre anni, e in Austria dall’Anshluss, le SS e la Gestapo avevano continuato a considerare il movimento una minaccia per il Reich. Un rapporto 105 interno di undici pagine nel 1940 mostrò una conoscenza dettagliata del dottor Zamenhof e della sua filosofia dell’Homaranismo. Dopo la guerra, il colonnello delle SS Josef Meissinger, capo della polizia di sicurezza a Varsavia, ammise che aveva ricevuto ordini speciali da Berlino, che gli imponevano di imprigionare gli Zamenhof.] La famiglia fu inizialmente alloggiata nel Ghetto di Varsavia, dove vivevano tutti insieme. Ma fu solo una soluzione temporanea, in quanto nel 1942 gli Zamenhof furono inviati nel campo di sterminio di Treblinka, nella Polonia nord-orientale. Nel numero del milione e duecentomila56 ebrei che vi morirono, vi fu anche Lidia Zamenhof, nel 1943. Il corpo venne ritrovato solo quando, nel 1944, vennero demolite tutte le strutture di detenzione e sterminio (crf. Heller 1985: 248). La comunità Baha’i internazionale fu scossa dalla notizia della scomparsa di Lidia, e Shoghi Effendi scrisse queste parole in suo ricordo, ancora una volta in Heller (1985: 252): Her services, her tenacity, modesty and unwavering devotion will always keep her memory alive. [I suoi servizi, la sua tenacia, la modestia e la devozione incrollabile manterranno sempre vivo il suo ricordo.] Oggi il corpo di Lidia è sepolto nel cimitero ebraico di Varsavia. 56 Il campo fu attivo solo nel 1942 e nel 1943. 106 IV. LA CONVERSIONE E LO STUDIO: ALESSANDRO BAUSANI IV. 1: GIOVINEZZA E FORMAZIONE Alessandro Bausani57 nasce il 29 maggio del 1921 in una famiglia cattolica di Roma. La madre, Maria, era lontana dalla Chiesa Cattolica, mentre il padre, Giovanni, era un uomo dalla fede salda e inflessibile. Alessandro riceve sin da bambino una rigida educazione alla fede: il padre gli impone la lettura del Vangelo, lo porta alla messa quotidiana e gli fa ricevere tutti i sacramenti. Negli anni dell’adolescenza il giovane Bausani viene introdotto alla lettura di testi che sono capisaldi della fede cristiana cattolica, come le Confessioni di Sant’Agostino e la Summa Theologiae di San Tommaso d’Aquino, ma anche San Girolamo, San Francesco... Nonostante la giovane età, Alessandro viene segnato da queste letture, che accrescono in lui il desiderio della fede e gli fanno vivere una intensa esperienza di Dio. Come Grieco (1979: 37) ha narrato, riflettendo su quel periodo vissuto da Bausani: L’educazione e le letture lo indussero a scegliere come “casa ideale il convento”, a sognare un rapporto mistico con Dio, una vita equamente divisa fra il lavoro e la preghiera e a concepire un senso antico dei valori umani. 57 Per conoscere in maniera più approfondita la biografia e la personalità di Alessandro Bausani si consiglia almeno la lettura di Grieco (1979), Savi (2008), Scarcia (1999). 107 Iscrittosi al liceo classico, si dedica agli studi umanistici, storici e filosofici e si dedica allo studio della linguistica, materia che affascina il giovane studente romano. Al termine del liceo, si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma, dove ha a possibilità di proseguire e approfondire i suoi interessi e le sue passioni. Proprio in questi anni scopre la cultura mediorientale, si interessa alla Persia e alle sue molteplici anime. Quella che dapprima appariva unicamente una passione casuale, diviene invece fatto determinante della sua vocazione professionale: dopo aver conseguito la laurea a pieni voti nel 1943, ottiene una borsa di studio come assistente della cattedra di Lingua e Letteratura Persiana alla Sapienza, vincendo la cattedra come docente ordinario nel 1963. La carriera professionale di Bausani ha inizio a Roma, città che lo porterà a conoscere e frequentare numerosi intellettuali e uomini di cultura provenienti sia da oriente sia da occidente, e che gli apriranno numerose altre strade nel panorama degli studi orientali in Italia. L’intero periodo degli studi è caratterizzato da un forte travaglio personale e spirituale. Per quanto la scelta del cattolicesimo non corrispondesse appieno alle sue esigenze, la formazione cristiana fu per lui decisiva. Come sottolinea Grieco (1979: 38): La formazione familiare aveva reso il suo spirito inguaribilmente religioso. 108 Sull’importanza dell’educazione cristiana ricevuta, si è espresso anche Scarcia58 (1999: 485), collega di Bausani: Non si insisterà mai abbastanza sul cattolicesimo di Bausani: nel senso etimologico, e nella convinzione che l’appartenenza a una comunità vera fosse e sia la condizione necessaria, se non sufficiente, della robustezza di una coscienza religiosa vera. E non solo comunità, ma anche comunità ortodossa, perché sono le ortodossie quelle che vale la pena sociale di preservare, magari inghiottendo rospi e lacrime, e lavorando per raffinarle da dentro. Gli anni universitari furono determinanti per la storia della conversione di Bausani: l’incontro con la filosofia e lo studio della storia lo portarono ad allontanarsi progressivamente dalla Chiesa Cattolica e ad avvicinarsi a ideali comunisti e di socialismo utopico. Nel 1944 aveva incontrato un gruppo di studenti comunisti, una frangia di ragazzi che accolsero Bausani e lo introdussero ai testi di Marx ed Engels, alla storia della rivoluzione russa, di Lenin e Stalin. Bausani stava attraversando un momento di profonda ricerca spirituale, che lo portò ad aprirsi a numerose proposte e filosofie: oltre alle teorie socialiste, iniziò proprio in questi anni a studiare in maniera approfondita le dottrine e le religioni d’Oriente. Quelli che erano studi a cui era obbligato dal suo mestiere, divenirono sempre più argomenti interessanti e persuasivi. Il suo bisogno di religiosità però non trovava risposta. Grieco (1979: 40) riporta una frase di Bausani a tal riguardo: 58 Gian Roberto Scarcia è professore ordinario di Lingua e Letteratura Persiana presso l’università Ca’Foscari di Venezia. Fu collega di Bausani a Venezia dal 1981 al 1987: in quegli anni i due collaborarono presso il dipartimento di Studi Euro-‐Asiatici, dipartimento di cui Scarcia è attualmente direttore. 109 Sono sempre stato convinto che la religione è una cosa importante. Così importante che di fronte a essa non è possibile avere un atteggiamento neutro. Infatti, nei suoi riguardi non c’è che questa alternativa: o la si accetta, o la si combatte, come superstizione, stregoneria. Lo studio e le ricerche in ambito accademico lo inducono a desiderare sempre più una fede concreta, reale, che Bausani descrive così nelle parole di Grieco (1979: 42): Mi è sempre interessata una politica divina per l’unificazione e la santificazione della società umana. Non nutrivo alcun interesse verso la mistica intesa in senso troppo esoterico e personalistaindividualista, né verso l’occultismo inteso, come è comunemente, non come pura scienza di psicologia paranormale, ma come spiritualità superiore alla religione. Ho sempre considerato entrambe le cose un pericolo per la vita religiosa da due punti di vista: dell’etica individuale perché […]spingono alla superbia, “peccato” massimo nella vita religiosa, e quello dell’etica sociale perché fatalmente […] individualistici, portano delle a religioni, sottolineare creando aspetti dogmi personali, conoscitivi pseudoscientifici e quindi, discordie. Non mi interessavano nemmeno quelle teorie scientifiche che “porterebbero” a Dio, alla spiritualità, perché nessuna teoria scientifica porta a Dio, anzi le teorie portano a un Dio sbagliato, al dio del paganesimo eterno, non al Dio d’Abramo, d’Isacco e Giacobbe, al Dio legislatore e sovrano etico dell’universo. In cerca di risposte e deluso sia in ambito politico sia in ambito spirituale, decide di allontanarsi dal gruppo degli studenti comunisti della Sapienza nel 110 1946, in attesa di un cambiamento importante. Riporta con lucidità il motivo che in quegli anni lo portò al distacco da questa frangia di giovani (cfr. Grieco 1979: 45) Senza Dio la rivoluzione, qualsiasi rivoluzione, è destinata a fallire. Nel 1947 un insegnante italo-americano, Philip Amalfi Marangella59, pioniere della fede Baha’i, si iscrisse ad alcuni corsi presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’università La Sapienza e fece qui conoscenza con il giovane borsista Bausani. Marangella, venuto in Italia per diffondere la fede Baha’i, strinse subito amicizia con Bausani, e trovò in lui un giovane colto e interessato alla fede. Durante la sua permanenza a Roma, l’italo-americano presenta a Bausani Ugo Giachery60, medico e fedele Baha’i. I dialoghi tra i tre divennero sempre più intimi: Bausani domandava e otteneva risposte che lo persuasero, nonostante la rivoluzionarietà della fede che i due nuovi amici gli proponevano. Nel 1948, dopo solo un anno di permanenza, Marangella fece ritorno negli Stati Uniti e Bausani rimase con Giachery, figura chiave nella storia personale e spirituale dell’islamista italiano. Dopo due anni di amicizia e convivenza, Bausani decise di 59 Philip Amalfi Marangella (1895 -‐ 1974), di origini italiane, si trasferì durante l’infanzia negli Stati Uniti, dove si convertì alla fede Baha’i nel 1913, in seguito al suo incontro personale con Abdu’l’baha. Informazioni approfondite sulla figura di questo importante pioniere della fede possono essere reperite in Harper (1997: 121-‐133). 60 Ugo Giachery (1896-‐1989) nacque a Palermo in una famiglia aristocratica e benestante. Si trasferì negli Stati Uniti nel 1915, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale: qui conobbe la fede Baha’i, Abdu’l’baha e Amalfi Marangella, con il quale strinse una profonda amicizia. Rientrò a Roma nel 1947, dove fu insegnante di matematica e fisica in numerosi licei. Shoghi Effendi lo nominò uno delle Mani della causa di dio nel 1951; Giachery ebbe sempre grandi responsabilità all’interno della comunità Baha’i italiana. Per informazioni biografiche più dettagliate si consiglia almeno la lettura di Harper (1997). 111 abbracciare la fede Baha’i, divenendo membro della comunità di Roma, allora guidata da Giachery stesso. La conversione avvenne ufficialmente 1° marzo del 1950. IV. 2: LA CONVERSIONE E LA CARRIERA ACCADEMICA Entrato a far parte della comunità di Roma, Bausani si riconosce sempre più nella fede di Baha’u’llah, comprendendo in maniera sempre più chiara il valore dell’incontro con la minoranza religiosa. È persuaso dalla profondità della fede e dalla sua dimensione globale: un messaggio spirituale aperto a tutti in tutto il mondo. Afferma lo stesso Bausani (1991: 31), ripercorrendo i primi anni di adesione alla comunità Baha’i: La sua patria [della fede Baha’i] è il mondo, il suo prossimo l’umanità intera. Perciò cercai una fede veramente ecumenica, universale nel senso più completo della parola. E quindi apprezzai molto il fatto che le dottrine Baha’i avevano un duplice carattere: esse sono da una parte una conferma delle fondamentali dottrine etiche di tutte le religioni, dall’altra aggiungono a queste una dimensione planetaria dei principi moderni intesi come dottrine religiose. Aderire alla fede Baha’i implicò un graduale e determinante cambiamento in Bausani: impegnarsi nella religione significa per il giovane romano cambiare se stesso, vivere una nuova vita e accettare nuove responsabilità. 112 Questo viene testimoniato dallo stesso Bausani (1991: 501) quando ripercorre la storia della sua conversione: Già nel 1953 riconobbi la grande responsabilità relativa all’accettazione del nuovo messaggio: quale responsabilità e quale pericolo di un’ancor più sottile tentazione, in questo! Perché quello che ha obbedito alla chiamata si presuppone che sia passato attraverso un processo di purificazione interiore quale quello di Mosè, e sia svenuto, morto al mondo. Il riconoscimento del rango di Baha’u’llah è solo l’inizio di un processo così descritto in una lettera scritta da Shoghi Effendi: «Quando si diventa Baha’i, ciò che avviene in realtà è l’inizio dello sviluppo del seme dello spirito nell’anima umana». In quel momento dunque essere religioso per me significò compiere lo sforzo di uniformarmi alle leggi della Manifestazione di Dio per acquisire capacità che mi consentano di realizzarne gli scopi sulla terra. La responsabilità che deriva dall’adesione alla fede viene quindi constatata e accettata da Bausani, che inizia a dedicare tutta la sua vita alla diffusione del messaggio Baha’i e a uniformarsi alle leggi della “Manifestazione di dio”. L’adesione al credo Baha’i determina anche il percorso di studi e la carriera accademica di Bausani: nel 1954 Alessandro diventa lettore di lingua persiana e assistente della cattedra di Letteratura Persiana presso l’università La Sapienza. L’attitudine agli studi e la grande curiosità portano Bausani a collaborare con l’accademia di Studi Orientali di Napoli61, dove otterrà la cattedra di Letteratura Persiana nel 1956. Appassionato di lingue 61 Oggi l’ateneo è conosciuto con il nome di Università degli studi di Napoli “l’Orientale”. 113 orientali e storia delle religioni, in particolar modo si interessò all’Islam e al suo Corano62, che studiò approfonditamente: fu il primo docente universitario italiano a insegnare Islamismo e Storia delle Religioni del Medio ed Estremo Oriente, dapprima a Napoli poi a Roma. La sua grande cultura lo rese da subito molto noto nell’ambito degli studi storico-letterari e linguistici orientali. La grandezza di Bausani professore stava nel suo desiderio di conoscere e nella sua capacità di dialogo con insegnanti e studenti: era questo lo strumento che utilizzava per conoscere la realtà e diffondere, attraverso la docenza, i principi di Baha’u’llah. Savi (2008: 20) riporta così il ricordi di Bausani professore: Profondamente convinto di aver avuto un privilegio, di aver incontrato una verità sconvolgente, egli mise le sue capacità e la sua fama al servizio dell’insegnamento e della difesa dei principi della sua fede. Ma naturalmente lo fece nel modo Baha’i: nel pieno rispetto della libertà degli interlocutori, senza imporre spiegazioni non richieste o indebitamente insistere su opinioni contestate. La sua carriera professionale era diventata specchio del suo ardore per la fede e prova della sua conversione; numerosi erano gli amici che lo sostenevano nella sua adesione, come altrettanto numerosi erano coloro i quali, soprattutto in ambito accademico, lo emarginavano e lo consideravano folle. Questo atteggiamento che alcuni tenevano nei suoi confronti era legato al fatto che la religione Baha’i era una fede minoritaria, 62 La prima traduzione integrale dall’arabo del testo del Corano viene pubblicata da Bausani nel 1955, quando il giovane accademico aveva 33 anni. La traduzione di Bausani è ancora oggi considerata “la migliore traduzione del Corano a tutt’oggi esistente nel nostro Paese” come ricorda Scarcia (1999: 487). 114 sconosciuta, che dall’Oriente era lentamente penetrata in Occidente, in un contesto e una tradizione, perciò, molto differenti da una minoranza di questo genere. Ricorda Bausani (1991: 104-105): Una delle frasi che più facilmente si sente in Italia, sulle labbra di chi, anche colto e intellettuale, venga a sapere della fede Baha’i è: «Ma perché nessuno vi conosce?» oppure «Si tratta di una oscura setta orientale? Chi ne ha mai sentito parlare!» e simili. Nel nostro paese, evidentemente, persino gli intellettuali sono pronti a giudicare benevolmente solo quello che già conoscono, e se un movimento qualsiasi è (per loro) sconosciuto lo guardano con sospetto come chi si avvicini a un cibo strano. Continuo, su enciclopedie e enciclopediette, a vedere definita ancora adesso la fede Baha’i come una «setta musulmana» e questo persino da parte di autorevoli giornalisti. I pregiudizi attorno alla fede Baha’i portarono Bausani a una serie di scelte importanti negli studi: accanto allo studio delle religioni, a quello del Corano, alla conoscenza della poesia e della prosa persiana, Bausani iniziò un’attività di raccolta di informazioni, testi, citazioni, fonti storiche, al fine di raccogliere materiale utile alla definizione della storia, all’evoluzione e alle figure principali della fede in cui credeva. Dagli anni Sessanta Bausani iniziò perciò un importante lavoro di ricerca, che lo condusse a pubblicare numerosi volumi fino all’anno della sua scomparsa: tra questi occorre ricordare Persia religiosa da Zaratustra a Baha’u’llah (1959), I Persiani (1962), Saggi sulla fede Baha’i (1991). 115 Presero avvio, perciò, due distinti percorsi di studi che hanno avuto il merito di rendere Bausani fra i più famosi e islamisti e storici dell’Oriente esistiti in Italia nel XX secolo. IV. 3: STUDI PARALLELI Possiamo affermare che Bausani fu pioniere degli studi sulla fede Baha’i nel nostro paese. Dopo aver raccolto tutte le fonti in arabo, in persiano e in inglese, il professore iniziò un lungo lavoro di ricostruzione dell’evoluzione della fede attraverso i testi e attraverso la storia della minoranza e delle sue guide. Savi (2008: 22) ne descrive così le ricerche: Bausani si occupò di descrivere la Fede Baha’í dal punto di vista della storia e della tipologia della religione e ne incominciò a studiare il linguaggio da un punto di vista letterario. Tutto intento com’era a valorizzare la fede Baha’í come rivelazione di leggi, piuttosto che di verità mistiche, si occupò solo tardivamente e brevemente dello studio degli aspetti teologici e filosofici della fede. Il risultato più evidente delle ricerche compiute da Bausani è rappresentato dal testo Saggi sulla fede Baha’i, scritto tra il 1981 e il 1988 dall’islamista e pubblicato postumo solo nel 1991. Il volume testimonia la grande accortezza di Bausani nella trattazione e il suo interesse ad affrontare una numerosa serie di sfaccettature e aspetti della minoranza. Alessandro si spinge in questi studi nell’intento di analizzare in maniera scientifica e storica la propria religione, come egli stesso dichiara: 116 Ricordo di aver scritto qualche tempo fa che non pensavo fosse ancora il momento di studiare la fede Baha’i dal punto di vista storico e scientifico. Mi sembrava inconcepibile come suggerire che i cristiani del I secolo dopo Cristo avrebbero potuto scrivere della loro religione da un punto di vista scientifico. Pensavo che noi Baha’i fossimo troppo interessati, troppo coinvolti nella storia Baha’i per scriverne in modo obiettivo. I dotti libri Baha’i che sono finora stati pubblicati mi hanno convinto del contrario (1991: 10). E più avanti commenta: La fede Baha’i come oggetto di studio non è un complesso di libri, bensì un organismo vivente e il modo in cui questo organismo vivente vive la sua vita (1991: 100). Attraverso la stesura e la diffusione di questi testi, Bausani fu missionario della fede a cui apparteneva. Molti italiani si convertirono al Bahaismo attraverso la lettura dei suoi libri, altri invece criticarono le posizioni della fede, prendendo le distanze sia dalla minoranza sia dall’autore del testo. Savi (2008: 36) ricorda così l’incomprensione che vigeva attorno all’islamista: Si spiega così la pragmaticità del suo spesso incompreso impegno missionario, che lo portò a operare attivamente nella comunità Baha’i italiana e a scrivere su Opinioni Baha’i, il periodico missionario del movimento e in termini che si distanziavano dai rigorosi impegni con i quali aveva parlato spesso del movimento. Il suo impegno appassionato fu spesso guardato con pregiudizio e 117 cattiveria e per questo un così grande studioso finì per essere un emarginato. La dedizione alla missione e alla diffusione del messaggio di Baha’u’llah emerse con chiarezza negli anni dell’insegnamento universitario, durante i quali Bausani si dedicò alla creazione di piccole accademie libere di studenti e professori di ogni provenienza religiosa, razziale, culturale e sociale. L’unità tra le genti era per lui uno scopo reale, un obiettivo da raggiungere. Tema delle numerose lezioni extra-curriculari tenute dal professore era spesso la lingua e le lingue. Conoscitore di molti idiomi orientali, Bausani amava la lingua in tutti i suoi molteplici aspetti. Savi ricorda così la passione del professore (2008: 38): Profondo conoscitore della parola, Bausani era un genio delle lingue e le imparò con una facilità estrema fino a parlarne più di trenta. Quando era adolescente ne inventò perfino una per gioco, che chiamò Markusko. Era pertanto ben conscio del grande valore di questo strumento verbale che qualche antica Manifestazione di dio ha insegnato al genere umano. La grande curiosità e l’amore per la conoscenza permisero a Bausani di vivere perciò rapporti e dialoghi con persone di ogni credo e provenienza, e gli permisero di divenire esperto conoscitore delle religioni e delle culture sia occidentali sia orientali. Bausani (1974: 110) racconta questo suo carattere cosi: 118 Per me la conoscenza di cose, la quantità di informazioni, insomma quello che si chiama ora con disprezzo “nozionismo” è, sì, rovinoso per i cretini, ma è un elemento essenziale della cultura. La sua passione per la cultura fu perciò lo strumento attraverso il quale edificò la fede Baha’i in Italia e convertì numerosi italiani. IV. 4: GLI ULTIMI ANNI Nel 1975 Bausani fu eletto tra i nove membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale, a cui partecipò fino all’anno della morte. Gli impegni accademici erano paralleli a quelli per la fede, ai quali si dedicava in entrambi i casi con grande ardore. Nel 1980 Bausani scoprì di essere affetto dal morbo di Parkinson, malattia degenerativa che lo portò a un rapido peggioramento delle proprie condizioni di salute. Nonostante la malattia, si dedicò pienamente all’insegnamento all’università di Venezia e scrisse molti libri. La morte lo colse il 12 marzo del 1988, all’età di sessantasette anni. 119 120 CONCLUSIONI Come testimoniato dal percorso compiuto, il comune desiderio che nasce nei fedeli Baha’i e negli esperantisti è quello di individuare una lingua universale, uno strumento che permetta relazioni paritarie e globali, che faciliti la comunicazione e la pace tra le genti. La prima parte di questo lavoro ha presentato le opere Baha’i nate da questo forte desiderio di unità umana e linguistica: l’analisi dei testi e della critica ha messo in luce il rapporto di grande affinità e amicizia che, nel corso del XX secolo, si è fortificato nel mondo tra i Baha’i e gli esperantisti. Questo aspetto ha permesso il delinearsi di una più articolata analisi dell’esigenza di una Lingua Ausiliaria Universale da parte della minoranza, e ha mostrato il ruolo fondamentale dell’esperanto per soddisfare in maniera concreta tale necessità in ambito linguistico. Lo studio svolto ha fatto emergere lo stretto legame tra la minoranza religiosa e la comunità esperantista, mettendo in evidenza la condivisione di scopi e intenti etici tra le due parti: l’armonia, la pace universale, la ricerca di un rapporto paritario ed eguale tra tutti gli uomini, pur nelle loro differenze, emerge come dato fondamentale dalla ricerca. Sul riconoscimento dell’esigenza di unità tra gli uomini si basa il rapporto tra due mondi, quello Baha’i e quello esperantista, rapporto che continua ancora oggi e che vede nella ricerca della lingua universale lo strumento privilegiato per raggiungere in maniera concreta l’armonia tra gli tutti gli uomini. 121 Nella seconda parte del lavoro è invece emerso il valore di due importanti figure della cultura europea che hanno vissuto come scopo della loro vita quello di diffondere la lingua universale e i principi della pace globale: Lidia Zamenhof e Alessandro Bausani. I due exempla hanno fortemente concorso alla creazione del progetto di una società nuova, pacifica, giusta, ciascuno attraverso il proprio lavoro e le proprie opere. Fra le priorità del presente studio vi è la volontà di porre domande antiche e insieme sempre nuove: oggi è davvero possibile vivere una condizione di pace universale e di comunicazione libera tra tutti i popoli e le genti del mondo? Che cosa può rendere realmente possibile questo? La lingua universale rappresenta davvero uno strumento valido nella costruzione della pace? La ricerca condotta in queste pagine vuole fra l’altro testimoniare il tentativo che alcuni uomini e donne hanno compiuto e stanno compiendo per la costruzione di una nuova società e di una pace per tutti, e vuole essere uno degli esempi esistenti degli sforzi che alcuni compiono per questa causa. 122 APPENDICI AL TESTO 123 124 I. DUE TAVOLE SIGNIFICATIVE DI BAHA’U’LLAH. I. 1: LAWH – I – MAQSUD (o Tavola di Maqsud). Questa epistola viene indirizzata al fedele Baha’i Mirza Maqsud, uno tra i primi credenti residenti a Damasco. La versione integrale della Tavola di Masqud è raccolta nel testo Tavole di Baha’u’llah (1981: 143–160). In segno di rispetto, i Baha’i non scrivevano direttamente a Baha’u’llah, ma si rivolgevano al suo amanuense, Mirza Aqa Jan, soprannominato “Servo di dio” e “Servitore personale”, come viene indicato nel testo “Punto Primo”. Mirza Aqa Jan scriveva la risposta sotto forma di lettera, nella quale citava le parole di Baha’u’llah, ma in effetti tale risposta era interamente dettata da Baha’u’llah stesso. Pertanto tutte le parti della tavola, anche quelle che sembrano apparentemente parole di Mirza Aqa Jan, sono sacre scritture rivelate da Baha’u’llah. La Tavola di Maqsud è concepita in questi termini. Egli è dio, esaltato egli sia, il signore della maestà e della forza. Qui si ritrova una importante nota di metodo. In segno di rispetto, i fedeli Baha’ i non potevano rivolgersi al Grande Essere in maniera diretta, ma solo ricorrendo ad un intermediario: il suo amanuense. Quest’ultimo era collaboratore intimo e fidato di Baha’u’llah, ma anche mediatore, al quale i fedeli scrivevano per ottenere risposte, consigli e preghiere dall’essere supremo. Le risposte di Baha’u’llah vengono sempre scritte in forma di lettera e contengono le parole dettate direttamente da Baha’u’llah al suo scrivano e servitore. Una lode eccelsa al di sopra di ogni menzione o descrizione si confà all’adorato, possessore di tutte le cose visibili e invisibili, che ha conferito al Punto Primo autorità di rivelare innumerevoli libri ed epistole e che, mediante il potere della sua sublime parola, ha tratto all’esistenza l’intera creazione, delle generazioni passate e di quelle più recenti. Inoltre, essendo l’uomo incapace di comprendere ciò che è sgorgato dalla penna gloriosa ed è stato vergato nei Suoi Libri celestiali, secondo la sua trascendente saggezza egli ha in ogni età e ciclo inviato un messaggero divino che rianimasse con le vive acque della Sua parola le anime avvilite e afflitte, 125 uno che in verità è l’espositore, il vero interprete. In ogni tempo e circostanza agli uomini necessita qualcuno che li esorti, li guidi, li istruisca e li ammaestri: perciò egli ha inviato i suoi messaggeri, i suoi profeti e i suoi eletti, che rivelino alle genti il divino scopo per cui furono rivelati i libri e suscitati i messaggeri e ciascuno abbia contezza del pegno di Dio, latente nella realtà di ogni anima. L’uomo è il talismano supremo. La mancanza di un’adeguata educazione lo ha però privato di ciò che internamente possiede. Da una parola uscita dalla bocca di dio egli è stato tratto all’esistenza; da un’altra è stato guidato a riconoscere la sorgente da cui attingere la sua educazione e da un’altra ancora gli furono garantiti rango e destino. Il grande essere considera l’uomo come una miniera ricca di gemme di inestimabile valore. Soltanto l’educazione può rivelarne i tesori e permettere all’umanità di goderne. Se l’uomo meditasse su ciò che le scritture inviate dal cielo della santa volontà di dio hanno rivelato, riconoscerebbe senza indugio che il loro scopo è quello che tutti gli uomini si considerino come un’anima sola, acciocché il sigillo che porta incise le parole «il regno sarà di dio» s’imprima in ogni cuore e la luce della divina munificenza, della grazia e della misericordia avviluppi tutta l’umanità. L’unico vero dio, sia esaltata la sua gloria, non ha desiderato nulla per sé. La fedeltà degli uomini non gli giova, né li nuoce la loro perversità. L’uccello del reame dei detti lancia continuamente questo appello: «tutto ho voluto per te, e te pure, per amor tuo». Se i sapienti e i saggi d’oggigiorno permettessero all’umanità di aspirare la fragranza della fraternità e dell’amore, ogni cuore sensibile comprenderebbe il significato della vera libertà e scoprirebbe il segreto della pace indisturbata e dell’assoluta tranquillità. Se la terra raggiungesse questo stadio e fosse illuminata dalla sua luce, se ne potrebbe veramente dire: «non vi vedrai né depressioni né colline!». […] 126 Osservate i disordini che da lunghi anni tormentano la terra e l’agitazione che si è impossessata dei suoi popoli. Essa è stata o sfigurata dalle guerre o tormentata da improvvise e inattese calamità. Benché il mondo sia pieno di miserie e afflizioni, pure, nessuno si è soffermato a riflettere quale possa esserne la causa o la fonte. Ogniqualvolta il consigliere verace ha pronunziato una parola di ammonimento, ecco che tutti lo hanno accusato di essere un seminatore di discordia e hanno respinto il suo appello. Com’è sbalorditivo e sconcertante questo comportamento! Può dirsi che non si trovino due uomini esteriormente e interiormente uniti. I segni della discordia e della malizia appaiono dappertutto, benché tutti gli uomini siano stati creati per l’unione e l’armonia. Il grande essere dice che è stato innalzato il tabernacolo dell’unione; non vi considerate estranei l’uno all’altro. Siete frutti di un unico albero e foglie di un solo ramo. Nutriamo speranza che la luce della giustizia risplenda sul mondo e lo purifichi dalla tirannide. Se i sovrani e i re della terra, simboli del potere di dio, esaltata ne sia la gloria, sorgessero e si decidessero a dedicarsi a ciò che può favorire i più alti interessi dell’intera umanità, certamente fra i figli degli uomini verrebbe fondato il regno della giustizia e il fulgore della sua luce ammanterebbe tutta la terra. Il grande essere dice: la struttura della stabilità e dell’ordine mondiale è stata eretta sulle due colonne gemelle della ricompensa e del castigo, che continueranno a sorreggerla. E in un’altra occasione egli ha proferito in lingua eloquente quanto segue: la giustizia ha ai suoi ordini una forza possente. Essa non è altro che la ricompensa e la punizione per le opere umane. Mediante il potere di questa forza il tabernacolo dell’ordine è innalzato in tutto il mondo, così che, per timore della punizione, i malvagi tengano a freno la propria natura. […] Desideroso di rivelare i fondamenti della pace e della tranquillità del mondo e del progresso dei suoi popoli, il grande essere ha scritto: verrà il 127 tempo in cui sarà universalmente sentita l’imperiosa necessità di costituire una vasta assemblea di tutti gli uomini. I potenti e i re della terra dovranno intervenirvi e, partecipando alle sue deliberazioni, prendere in considerazione le vie e i mezzi che costituiscono le fondamenta della grande pace mondiale fra gli uomini. Una simile pace esige che per amore della tranquillità dei popoli della terra, le grandi potenze si decidano a riconciliarsi pienamente fra di loro. Se un re si levasse in armi contro un altro, tutti dovranno sorgere uniti contro di lui ed impedirglielo. Se ciò accadrà le Nazioni del mondo non avranno bisogno di alcun altro armamento oltre a quello necessario per conservare la sicurezza dei loro regni e mantenere l’ordine interno nei loro territori. Così si garantirà la pace e la serenità di tutti i popoli, i governi e le Nazioni. Osiamo sperare che i re e i sovrani della terra, specchi del benevolo e onnipotente nome di dio, assurgano a questo grado e proteggano l’umanità dal massacro e dalla tirannia. Dice inoltre: fra le cose che condurranno all’unità e alla concordia, sì che il mondo intero venga stimato un solo paese, v’è questa: che le diverse lingue siano ridotte a una sola lingua e similmente che le scritture usate nel mondo siano limitate a un'unica scrittura. Incombe a tutte le Nazioni di nominare un gruppo di uomini intelligenti ed eruditi i quali indicano una riunione e, dopo essersi consultati, scelgano uno fra i vari idiomi esistenti, o ne creino uno nuovo, da insegnare ai bambini in tutte le scuole del mondo. Si avvicina il giorno in cui tutti i popoli della terra adotteranno una lingua universale e un’unica scrittura. Quando ci si sarà giunti, in qualsiasi città arrivino, ai viaggiatori sembrerà di entrare a casa propria. Tutto ciò è obbligatorio e assolutamente essenziale. Incombe ad ogni uomo illuminato e perspicace cercare di mettere in atto ciò che è stato scritto. […] 128 Il grande essere dice: il firmamento della scienza politica è rischiarato e illuminato dal fulgore della luce di queste benedette parole che sono albeggiate dall’Oriente del volere di dio. È doveroso che ogni governante soppesi quotidianamente il proprio essere sulla bilancia dell’equità e della giustizia e poi giudichi fra gli uomini e li consigli di fare ciò che volga i loro passi verso la via della saggezza e della comprensione: questi sono il cardine e l’essenza della scienza politica. In queste parole ogni saggio illuminato percepirà prontamente ciò che favorisce mete come il benessere, la sicurezza e la protezione dell’umanità e la salvezza delle vite umane. Gli uomini perspicaci che si dissetassero all’oceano di intimi significati in esse contenuto e ne prendessero coscienza ne attesterebbero la sublimità e la grandezza. Se quest’umile creatura esprimesse ciò che percepisce, tutti proclamerebbero la consumata saggezza di dio. I segreti della scienza politica e ciò che serve oggi ai popoli sono racchiusi in queste parole. Quest’umile servo supplica ardentemente l’unico vero dio -esaltata sia la sua gloria- di illuminare gli occhi dei popoli del mondo, sì che tutti riconoscano ciò che in questo giorno è indispensabile. È un vero uomo colui che si dedica a servire l’intera razza umana. Il grande essere dice: benedetto e felice è colui che si leva a promuovere i migliori interessi dei popoli e delle tribù della terra. In un altro passo egli ha proclamato: non ci si deve gloriare di amare la propria patria ma piuttosto di amare il mondo intero. La terra è un solo paese e l’umanità i suoi cittadini. Queste esortazioni all’unione e alla concordia, che la penna dell’eccelso ha scritto nei libri dei profeti, si riferiscono ad argomenti ben precisi, non a un’unione che porti alla disunione o a una concordia che ingeneri discordia. È questo lo stadio in cui ad ogni cosa è assegnata una misura, lo stadio in cui ogni anima meritevole avrà la sua mercede. Benedetto chi comprende il significato e afferra l’intenzione di queste parole e mal incolga 129 agl’incuranti. Di questo rendono ampia testimonianza tutti i segni della natura, nella loro intima essenza. Ogni saggio perspicace è ben conscio di ciò che abbiamo menzionato, al contrario di coloro che si sono smarriti lungi dalle sorgenti vive dell’imparzialità e vagolano inquieti nelle selvagge lande dell’ignoranza e del cieco fanatismo. Il grande essere dice: o figli degli uomini! Lo scopo fondamentale che anima la fede di dio e la sua religione è quello di salvaguardare gli interessi della razza umana, svilupparne l’unità e accrescere lo spirito d’amore e di fraternità fra gli uomini. Non sia mai che diveniate fonti di contrasti e discordie, di odio e inimicizia. Questa è la retta Via, queste sono le fondamenta solide e incrollabili. Qualsiasi cosa sarà edificata su queste fondamenta, i casi e le vicende del mondo non potranno mai intaccarne la resistenza, né potrà minarne la struttura il fluire di innumerevoli secoli. È nostra speranza che i capi delle religioni e i sovrani del mondo si levino uniti per riformare questa era e rialzarne le sorti. Riflettano sui suoi bisogni, si consiglino e, dopo matura deliberazione, somministrino il rimedio adatto a codesto mondo infermo e profondamente angustiato. Il grande essere dice: il cielo della divina saggezza è rischiarato dai due astri della consultazione e della compassione. Consultatevi su tutte le questioni, poiché la consultazione è il faro che rischiara il cammino e conferisce comprensione. Al principio di ogni impresa, è doveroso considerarne i fini. Tra tutte le arti e le scienze, indirizzate i bambini a studiare quelle che risultino vantaggiose all’uomo, che ne garantiscano il progresso e ne elevino il rango. Così verranno dispersi i fetidi odori dell’arbitrio e così, grazie ai nobili sforzi dei capi delle nazioni, tutti vivranno protetti, sicuri e in pace. 130 Il grande essere dice: i dotti devono indirizzare il popolo verso quei rami del sapere che sono utili, sì che essi stessi e tutti gli altri uomini ne possano trarre beneficio. Gli studi accademici che principiano e terminano con mere parole non hanno mai avuto né avranno mai alcun valore. La maggior parte degli eruditi dottori di Persia dedica tutta la vita allo studio di una filosofia il cui ultimo frutto è fatto di sole parole. Incombe a coloro che detengono il potere di usare moderazione in ogni cosa. Chiunque oltrepassi i limiti della moderazione cessa d’esercitare una benefica influenza. Riflettete, per esempio, su valori come la libertà, la civiltà e simili. Per quanto buoni possano essere considerati da molte persone intelligenti, pure, se spinti all’eccesso, possono esercitare sugli uomini un’ influenza deleteria. […] E ancora dice: nel cielo della vera comprensione, fulgida risplende la luce di due astri: tolleranza e giustizia. O amico mio! Vasti oceani si trovano racchiusi entro questo breve detto: beato chi ne comprende il valore, ne beve a sazietà e ne afferra il significato e mal incolga agl’incuranti. Quest’umile creatura supplica i popoli del mondo di praticare l’equità, sì che il loro tenero, delicato e prezioso udito che è stato creato per dare ascolto alle parole della saggezza sia liberato da impedimenti e allusioni, da oziose fantasie e vane immagini che «né ingrassano né spengono la fame», così che il vero consigliere si degni di esporre ciò che è fonte di benedizione per l’umanità e del sommo bene per tutte le Nazioni. […] Il grande essere dice: l’uomo munito di una vasta erudizione e il saggio dotato di penetrante saggezza sono come gli occhi per il corpo del genere umano; se dio vorrà, la terra non verrà mai privata di questi due sommi doni. Ciò che è stato esposto e che sarà rivelato nel futuro non è che un 131 pegno dell’ardente desiderio di questo servo di dedicarsi al servizio di tutte le tribù della terra. O amico mio! In tutte le evenienze ci si deve attenere a quei mezzi che promuovano la sicurezza e la tranquillità tra i popoli del mondo. Il grande essere dice: in questo giorno glorioso tutto quello che vi purifica dalla corruzione e vi conduce verso la pace e la quiete è in verità la retta via. Voglia dio che i popoli del mondo siano condotti a riconoscere il loro vero tornaconto grazie ai degni sforzi compiuti dai loro sovrani e da quelli, fra loro, che sono saggi e dotti. Per quanto tempo ancora si ostinerà l’umanità nel suo traviamento? Per quanto tempo ancora continuerà l’ingiustizia? Per quanto tempo ancora il caos e la confusione regneranno fra gli uomini? Per quanto tempo ancora la discordia sconvolgerà il volto della società? Quest’umile servo è attonito, perché tutti gli uomini sono dotati della capacità di vedere e udire, ma li troviamo orbati del privilegio di servirsene. Questo servo è stato spinto a vergare queste righe in virtù del tenero amore che nutre per te. Da ogni parte soffiano i venti della disperazione e la lotta che divide e affligge la razza umana aumenta quotidianamente. Si possono già scorgere i segni di imminenti agitazioni e caos, dato che la situazione generale appare lamentevolmente difettosa. Imploro dio, sia esaltata la sua gloria, che si degni di ridestare i popoli della terra, conceda che la loro condotta divenga finalmente loro vantaggiosa e li aiuti a compiere ciò che si addice al loro stadio. 132 2: TAVOLA DI ISHRAQAT (o Tavola degli Splendori). Questa Tavola viene indirizzata a Jalil–Khu’i, uno tra i primi fedeli Baha’i della Persia. Amico e discepolo di Baha’u’llah, alla sua morte abbandonò la fede Baha’i ripudiando i suoi insegnamenti. Nella lunga lettera, Baha’u’llah raccoglie moniti, indicazioni e consigli indirizzati all’amico; nella porzione finale dello scritto, stila un elenco di nove Ishraq (splendori, ovvero principi che vogliono illuminare il cammino spirituale di ogni fedele). Si riportano qui il sesto e il settimo Ishraq, di maggiore interesse ai fini del nostro studio. La versione integrale della Tavola di Ishraqat è raccolta nel testo Tavole di Baha’u’llah (1981: 91–122). Incombe agli uomini della Casa di Giustizia di dio di fissare notte e dì lo sguardo su ciò che è irradiato dalla penna della gloria per l’educazione dei popoli, l’edificazione delle Nazioni, la protezione dell’uomo e la difesa del suo onore. […] Il sesto Ishraq È unità e concordia fra i figli degli uomini. Sin dall’inizio dei tempi la luce dell’umanità ha effuso sulla terra il suo divino fulgore, e per i popoli del mondo il massimo strumento per promuovere quell’unità è comprendere reciproche scritture e idiomi. In epistole precedenti abbiamo ordinato ai fiduciari della Casa di Giustizia di scegliere una lingua tra le esistenti o di adottarne una nuova, e in egual maniera una scrittura comune, e di insegnarle entrambe in tutte le scuole del mondo. Così la terra sarà considerata un unico paese e una sola patria. Il più glorioso frutto dell’albero del sapere è questo eccelso detto: di un solo albero siete tutti frutti, di uno stesso ramo le foglie. Non si glori l’uomo di amare la propria 133 patria, si glori invece di amare l’umanità. A questo proposito abbiamo già rivelato ciò che verrà a ricostruire il mondo e unire le Nazioni: beati coloro che vi provengono, beati coloro che agiscono in conformità. Il settimo Ishraq La penna gloriosa raccomanda a tutti l’istruzione e l’educazione dei bambini. Guarda ciò che la volontà di dio, al nostro arrivo nella città prigione, ha rivelato e scritto nel libro santissimo (il Kitab-i-Aqdas o il Libro più Santo, ndr.). Ad ogni padre è stato ordinato di educare figli e figlie nell’arte del leggere e dello scrivere ed in tutto quello che è stato disposto nella santa tavola. In quanto a colui che trascura ciò che gli è stato comandato, se è ricco, i fiduciari devono prendergli ciò che è necessario per la loro istruzione, e se non lo è, tale compito ricade sulla Casa di Giustizia. In verità noi abbiamo fatto di essa un ausilio per i poveri e per i bisognosi. Colui che educa il proprio figlio o il figlio di un altro, è come se educasse uno dei miei figli; su di lui si posino la mia gloria, la mia gentilezza amorevole, la mia misericordia, che hanno pervaso il mondo. […] I vantaggi che scaturiscono da questa divina parola si riverseranno su coloro che ottemperano i suoi precetti. 134 II. GLI UNDICI PRINCIPI TRATTI DAGLI INSEGNAMENTI DI BAHA’U’LLAH E SPIEGATI DA ABDU’L’BAHA A PARIGI. Nel 1911 Abdu’l’baha compie un viaggio importante in Francia, visitando alcune delle maggiori città del Paese. La permanenza a Parigi coincide con un periodo di intensa missione e testimonianza per il figlio di Baha’u’llah, che incontra membri di chiese e religioni diverse, entrando anche in contatto con personalità politiche e militari. Le parole qui riportate, tratte dall’Antologia di Abdu’l’baha (1987: 49-56), sono state rivolte dal “Servo di dio” all’assemblea degli esperantisti di Parigi, incontro importante che ha aperto il fortunato rapporto tra Baha’i, esperantisti ed esperantofoni. Precedono e seguono il principio ottavo, che si sofferma sulla necessità della definizione di una Lingua Ausiliaria Universale, i seguenti principi, ivi sinteticamente enunciati: 1.- Il primo principio di Baha’u’llah è: La ricerca della Verità. 2.- Il secondo principio di Baha’u’llah è: L’unità della Razza Umana. 3.- Il terzo principio di Baha’u’llah è: La Religione deve essere causa d’amore e d’affetto. 4.- Il quarto principio di Baha’u’llah è: Unità della Religione e della Scienza. 5.- Il quinto principio di Baha’u’llah è: I pregiudizi di Religione, Razza o Sètta distruggono le fondamenta dell’Umanità. 6.- Il sesto principio di Baha’u’llah è: Equilibrio nei mezzi di sussistenza. 7.- Il settimo principio di Baha’u’llah è: L’Uguaglianza degli uomini innanzi alla Legge. 9.- Il nono principio di Baha’u’llah è: La Religione non deve interessarsi di questioni politiche. 10.- Il decimo principio di Baha’u’llah è: L’Educazione e l’Istruzione delle donne. 11.- L’undicesimo principio di Baha’u’llah è: Il potere dello Spirito Santo per mezzo del quale si ottiene lo sviluppo spirituale. Di seguito viene riportato il principio ottavo, dove si indica con chiarezza la necessità della LAI al fine di raggiungere la pace universale. 135 8.– L’ottavo principio di Baha’u’llah è: La Pace Universale. Un tribunale Supremo dovrà essere fondato dai popoli e dai governi di tutte le Nazioni. Un tribunale composto di membri eletti da ogni paese e governo. I membri di questo grande consesso dovranno riunirsi in perfetta unità. Tutte le dispute di carattere internazionale dovranno essere sottoposte a questo Tribunale il cui compito consisterà nell’arbitrare qualsiasi dissidio che potrebbe essere causa di guerra. La missione di questo Tribunale sarebbe, quindi, quella di prevenire le guerre. Uno dei più grandi passi verso la Pace universale sarebbe l’adozione di una lingua universale. Baha’u’llah ordina ai servi dell’umanità di riunirsi e scegliere una lingua esistente o formarne una nuova. Questo fu rivelato nel Kitab-i-Aqdas (“Il Libro Santissimo”) quaranta anni fa. Vi si dimostra che la questione della diversità delle lingue è un problema molto arduo. Esistono nel mondo più di ottocento lingue e non v’è persona che possa impararle tutte. Le varie razze non sono così isolate come lo erano in passato; ora per poter mantenere strette relazioni con tutti i paesi è necessario il saper parlare le loro lingue. Una lingua universale renderebbe possibile le relazioni con tutte le nazioni. Così sarebbe necessario conoscere due lingue soltanto; la madre lingua e quella universale. Quest’ultima renderebbe possibile all’uomo di parlare con qualsiasi uomo nel mondo! Una terza lingua non sarebbe necessaria. Come sarebbe proficuo e riposante poter conversare con i membri di qualsiasi razza o paese senza dover ricorrere ad un interprete! L’esperanto è stato creato con questo scopo in vista; è un’eccellente invenzione e un’ottima creazione, ma abbisogna di perfezionamenti. L’esperanto com’è adesso è abbastanza difficile ad alcune persone. Un congresso internazionale dovrebbe essere convocato con delegati di ogni nazione del mondo, orientali ed occidentali senza distinzione. Questo congresso dovrebbe formare una lingua facile per tutti, e ogni paese così ne trarrebbe 136 un grande beneficio. Fino a che questa lingua non sarà in uso, il mondo continuerà a sentire il bisogno di un tale mezzo di comunicazione. La differenza di favella è una delle più efficaci cause di avversione e diffidenza che esista fra le nazioni, che rimangono separate più per la loro inabilità di comprendere le loro rispettive lingue, che per qualsiasi altra ragione. Se tutti potessero parlare una sola lingua, come sarebbe più facile servire l’umanità! E perciò, apprezzate l’esperanto, poiché è l’inizio dell’adempimento di una delle più importanti leggi di Baha’u’llah, ma deve essere migliorato e perfezionato. 137 III. FRAMMENTI DI ISTRUZIONE ED EDUCAZIONE LINGUISTICA BAHA’I. I frammenti qui presentati sono tratti da testi e compilazioni differenti. a. è recuperato dalla compilazione Educazione Baha’i (1978: 15); b. dalla Antologia di Abdu’l’baha (1987: 101); c. è recuperato dal saggio "Baha’i Methods of Education", nella rivista Star of the West, n. 9 (agosto 1918: 27). d. è tratto dall’Epistola al figlio del lupo di Baha’u’llah (1980: 96). e. è tratto da Abdu’l’baha, The Promulgation of Universal Peace (1982: 60-61). f. proviene dalla rivista mensile Baha’i News, n. 109 (luglio 1937: 11). a. La conoscenza dell’unicità di dio è della massima importanza per un’adeguata educazione e per l’insegnamento dei fanciulli. La cosa più importante per i bambini, quella che deve precedere ogni altra cosa, è che s’insegnino loro l’unicità di dio e le Leggi di dio. Perché mancando questo, non si può inculcare il timor di dio, e mancando il timor di dio nasceranno un’infinità di azioni odiose e abominevoli e verranno espressi sentimenti che passeranno ogni limite. b. Baha’u’llah è l’uno designato da dio per stabilire l’unità dell’umanità. I fanciulli devono inoltre divenire consci che la nostra consapevolezza di questo primo principio è la base di tutte le virtù umane ed il cardine intorno al quale ruotano tutti gli altri insegnamenti di Baha’u’llah. Ciò richiede di insegnare ai fanciulli il concetto di cittadino del mondo e l’abolizione di tutti i pregiudizi. Quando trasmetti la lieta novella, 138 dì: il promesso di tutte le genti del mondo è stato ora palesato; ogni popolo e ogni religione attendono un promesso e Baha’u’llah è l’atteso da tutti; perciò la causa di Baha’u’llah porterà l’unità del genere umano. c. Pensieri di pace universale devono essere instillati nella mente di tutti gli studenti, così che essi possano diventare l’esercito della pace, i veri servi del consesso politico: il mondo intero. Dio è il padre di tutti, l’umanità i suoi figli. Questo globo è una sola dimora. Le nazioni sono i membri di una famiglia. Le madri in casa, gli insegnanti a scuola, i professori negli istituti, i rettori nelle università devono insegnare questi ideali ai giovani, dalla culla alla maturità. d. I fanciulli hanno bisogno di essere consapevoli del pieno significato e delle implicazioni del principio di necessità di una lingua universale promosso da Baha’u’llah. Voi e gli altri funzionari del governo dovete indire una riunione e scegliere una delle varie lingue e anche una delle scritture esistenti, oppure creare un nuovo idioma e una nuova grafia, da insegnare ai bambini nelle scuole di tutto il mondo. Così essi ne imparerebbero solo due, quella materna e l’altra che tutti i popoli del mondo parlerebbero. e. Se non si realizzerà l’unità delle lingue, la più grande pace e l’unità del mondo umano non potranno essere completamente organizzate e instaurate, perché funzione del linguaggio è descrivere i misteri e i segreti dei cuori umani. Il cuore è come uno scrigno e il linguaggio ne è la chiave. Solo usando la chiave possiamo aprire lo scrigno e guardare le gemme che contiene. Perciò la questione della lingua ausiliaria internazionale è della 139 massima importanza. Con questo mezzo diventano possibili un’educazione ed un’istruzione internazionali e possono essere acquisite le testimonianze e la storia del passato. La conoscenza dei fatti del mondo umano dipende dalla lingua. La spiegazione dei divini insegnamenti può avvenire solo attraverso questo mezzo. Finché perdurerà la diversità delle lingue e l’incomprensione di quelle diverse dalla propria, questi gloriosi fini non potranno essere realizzati. Quindi, il primo vero servizio da compiere per il mondo dell’uomo è istituire questo mezzo internazionale ausiliare di comunicazione, che diventerebbe motivo di tranquillità per l’umano consesso. Per mezzo di tale lingua scienze e arti si diffonderanno fra le nazioni ed essa dimostrerà di essere strumento di progresso e sviluppo di tutte le razze. f. Sul tema dell’esperanto: deve essere chiaro ai credenti che se l’insegnamento di tale lingua è stato più volte incoraggiato da Abdu’l’baha, non vi sono riferimenti suoi o di Baha’u’llah che ci facciano ritenere che essa si svilupperà necessariamente nella lingua ausiliare internazionale del futuro. Baha’u’llah ha specificato nei suoi scritti che tale lingua potrà essere scelta fra quelle esistenti o che ne sarà creata una completamente nuova per essere usata quale mezzo di comunicazione tra le nazioni e i popoli del mondo. In virtù di questa scelta finale, si raccomanda ai Baha’i di studiare l’esperanto unicamente per il fatto che il suo apprendimento potrà considerevolmente agevolare le comunicazioni fra i singoli, i gruppi e le assemblee nel mondo Baha’i nel momento attuale dell’evoluzione della fede. 140 IV. LA COLLABORAZIONE CON GLI ESPERANTISTI. Si riporta di seguito una lettera del 1986 inviata dalla Casa Universale di Giustizia ad alcune Assemblee Nazionali Baha’i. La missiva invita i fedeli Baha’i a un coinvolgimento crescente nel rapporto con le comunità esperantiste, rapporto importante per la definizione di una lingua comune e di una pace universale. Cari amici Baha’i, ispiranti relazioni sono pervenute al Centro Mondiale sul successo del Congresso Universale Esperantista in Cina e sulla partecipazione dei membri della Baha’i Esperanto-Ligo. Il prossimo Congresso avrà luogo a Varsavia, capitale della Polonia e città natale di Ludwik Zamenhof, inventore dell’esperanto e padre di Lidia, devota seguace di Baha’u’llah. Riteniamo che, nell’ambito dei loro sforzi per la promozione della pace, i Baha’i d’Europa farebbero bene a collaborare maggiormente con il movimento esperantista e incoraggiamo i Baha’i che ne sentono il bisogno ad adoperarsi in questo campo, a imparare l’esperanto e a partecipare attivamente alle iniziative del Movimento. Come sapete, sia Abdu’l’baha sia Shoghi Effendi hanno spiegato chiaramente che non v’è alcuna certezza che l’esperanto sia alla fine scelto come lingua ausiliaria internazionale; tuttavia Abdu’l’baha incoraggiò gli amici orientali e occidentali a impararlo come passo pratico nella promozione del concetto dell’adozione di una lingua ausiliaria internazionale intesa ad abbattere le barriere che si oppongono alla comprensione fra i popoli. Perciò i seguaci di Baha’u’llah, come già collaborano con molti individui e associazioni diversi nella promozione di progetti di sviluppo sociale ed economico e per la fondazione della pace mondiale, così alcuni di loro 141 possono proporsi di collaborare attivamente con gli esperantisti, coi quali -lo vedranno- condividono molti ideali. 142 V. SU LIDIA ZAMENHOF. La poesia qui presentata appartiene alla raccolta Rhyme Portraits,del poeta ungherese Kalman Kolocsay. L’autore, amico personale di L.L. Zamenhof ed esperantofono, scrive questo componimento nel 1931, desiderando mettere in evidenza le doti umane e spirituali della giovane “figlia dell’esperanto”. Il testo, seguito da traduzione in lingua inglese, è pubblicato in Heller (1985: 96-97). Lidia Zamenhof , kor’ fervora Vartante patran sent - heredon, Jen, sercas sorcan sav - rimedon Por mond’ amara kaj dolora. Lidia Zamenhof, fervent heart, heir to her father’s tenderness, seeks healing spells to save and bless this suffering world in bitter smart; Kaj kun entusiasmo kora Servadas la Bahaan kredon, Lidia Zamenhof, kor’ fervora, Vartante Patran sent - heredon. and passionately plays her part, of Baha’i a votaress, Lidia Zamenhof, fervent heart, Heir to her father’s tenderness. El sent’ profunda, pens’ valora, En sino havas rican bedon, El ili plektas flor - bukedon: Novelojn kun enhav’ trezora, Lidia Zamenhof, kor’ fervora. From thoughts and feelings set apart, Her garden in the mind’s recess, She makes a treasure to possess, A bunch of stories by her art, Lidia Zamenhof, fervent heart. 143 VI. SU ALESSANDRO BAUSANI. Si propone il messaggio inviato dall’Assemblea Spirituale Nazionale dei Baha’i d’Italia ai fedeli Baha’i nel giorno della morte di Alessandro Bausani, il 15 marzo 1988. Dall’Assemblea Spirituale Nazionale dei Baha’i d’Italia. Siamo profondamente rattristati per la scomparsa del professor Alessandro Bausani. La sua morte priva la comunità mondiale Baha’i di uno dei suoi pochi eminenti studiosi internazionali e amici italiani, di uno dei suoi più illustri credenti. Lunghi furono gli anni dei suoi incrollabili servizi: fu membro dell’Assemblea Spirituale Nazionale, servendo la causa, dandole autorità e prestigio, assicurando grande onore alla fede. Rimarrà permanente e amorevole il ricordo di lui nella comunità italiana. Porgiamo sentite condoglianze a parenti e amici, assicurando le nostre preghiere. 144 VII. SCHEMA RIASSUNTIVO: LE GUIDE DELLA FEDE BAHA’I. • Baha’u’llah, il Giorno Glorioso (1817 - 1892). • Abdu’l’baha, il Servo di dio (1844 - 1921). • Shoghi Effendi, il Custode della causa di dio (1897 - 1957). • Casa Universale di Giustizia (dal 1963): Sede: Centro Mondiale della Fede Baha’i a Haifa. Assemblee Spirituali Nazionali: eleggono i nove pari membri della Casa Universale di Giustizia. Assemblee Spirituali Locali: eleggono i nove pari membri dell’Assemblea Spirituale Nazionale. 145 146 BIBLIOGRAFIA: Abdu’l’baha 1976. Abdu’l’baha. La saggezza di Abdu’l’Baha. Raccolta dei discorsi tenuti da Abdu’l’baha a Parigi nel 1911 e a Londra nel 1912-1913. Casa Editrice Baha’i, Roma 1976. Abdu’l’baha 1982. Abdu’l’baha. The promulgation of Universal Peace. Baha’i Publishing Trust, Wilmette 1982. Abdu’l’baha 1987 (a). Abdu’l’baha. Antologia. Casa Editrice Baha’i, Roma 1987. Abdu’l’baha 1987 (b). Abdu’l’baha. Ultime volontà e testamento. Casa Editrice Baha’i, Roma 1987. Abdu’l’baha 1998. Abdu’l’baha. Talks delivered by Abdu’l’baha during his visit to the United States in 1912. Baha’i Publishing Trust, Wilmette 1998. Abdu’l’baha 2006. Abdu’l’baha. Le lezioni di San Giovanni d’Acri. Casa Editrice Baha’i, Roma 2006. Amerio - Bonvecchiato - Fighiera 1999. Amerio, F.- Bonvecchiato, G.- Fighiera, G. C. Esperanto: dati e fatti. FEIFondo Manelli, Milano 1999. Astori 1996. Astori, D. Parlo esperanto. Manuale di conversazione. Garzanti Editore, Milano 1996. 147 Astori 2008. Astori, D. “Pianificazione linguistica e identità: il caso emblematico dell’esperanto”, in Metàbasis, rivista internazionale di filosofia on line: www.metabasis.it. Maggio 2008. Astori 2010. Astori, D. “Saussure e il dibattito (inter)linguistico sulle lingue internazionali ausiliarie a cavallo fra XIX e XX secolo”, in Atti del sodalizio glottologico milanese,n. XIX (pp. 102-120). Università degli Studi, Milano. 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Helen Basset Hornoby, a cura di. Casa Editrice Baha’i, Roma 2006. The adoption of universal language. Eshan Bayat, a cura di. Baha’i Publishing Trust, Wilmette 2008. Una fede comune. Messaggio della Casa Universale di Giustizia ai capi religiosi del mondo. Casa Editrice Baha’i, Roma 2002. 155 156 RINGRAZIAMENTI Tengo anzitutto a ringraziare la mia mamma e il mio babbo perché sono fantastici. Grazie per a vostra fede, la vostra grande disponibilità al Mistero, grazie per il bene che mi volete e perché mi avete voluta sempre. Grazie per avermi permesso di studiare e per avermi accompagnato fino qui con grande affettuosità e con discrezione. Grazie Ele perché sei la sorella migliore che potessi avere, per la tua sorellanza grande nonostante la distanza, perché sei sempre seria con me, e non mi lasci in pace con le tue domande. Grazie ai miei nonni carissimi, Lidia e Rino, Gaura e Umberto per tutte le vostre preghiere, per la vostra simpatia, il vostro aiuto e la vostra fede. Siete eccezionali! Grazie al mio unico e preferitissimo zio Silvio perché sei il migliore in assoluto! Grazie per il bene infinito, per i tuoi giudizi sani e puntuali, perché non ti fai abbattere mai. Tvb! Grazie ai miei amici di Parma, la compagnia che veramente mi ha fatto affezionare al movimento. Grazie perché mi avete voluta e accompagnata con grande libertà e nonostante il mio ruvido modo di essere. Grazie agli amici del gruppetto, troppo bello! Tom e Gino, Lollo, che amici! Fra, grazie per la tua sana follia, per le nostre discussioni calcistiche (se non ci fossi stato tu il nostro diciottesimo scudetto sarebbe stato meno gustoso!). Grazie per la nostra grande amicizia. Guido, sei l’amico migliore che potessi trovare, una compagnia così vera l’ho sperimentata raramente. Grazie per la tua fede, la tua disponibilità a lasciarti fare. E grazie per il bene grande che mi vuoi. Rita, grazie per la tua compagnia presente e affettuosa. Grazie per avermi sempre sostenuta e grazie perché lo fai ancora. E grazie perché per le tue molteplici interpretazioni della regola del fuori gioco! Eli, sei una leonessa. E sei la migliore capo segreteria che il CLU potesse avere. Grazie per i richiami e la grande sincerità. Sei una grande! Grazie alle mie compagne d’appartamento per la grande pazienza e la compagnia. Alle, nonostante tutto sei nel mio cuore. Sei una tra le amiche più grandi e serie che ho trovato. Miati, sei F U O R I! Ma sei rigorosamente la migliore. Grazie per le tue grandi domande, per la tua ricerca continua di senso, per la tua follia e la tua grande accoglienza. Anna Fiacca, ti metto qui, nel mio appa, perché sei una di noi. Sei fantastica. 157 Continua così e porta avanti con l’onore delle Anne! Chiara Minne, grazie per il tuo aplombe e la tua serietà, continua così! Fra, Gabri, Waleeeee grazie di tutto. Grazie a tutti tutti, Ali (che amica! Sei una sorpresa sempre nuova ogni volta e sei una amica matura), Anna A, Fil Costa (IDOLO), Uta, Vero, Sandra, Clizia, Anna Braco (Anna, che donna eccezionale. Sei una grande. E grazie mille ancora per gli esami di latino! W LA MAGICA E GLI AMICI DI IMOLA!),Isa, Brio, Tommi, David (sei un grande e ti voglio molto bene!), Marco, Polly, Pelvini… Eccezionali. Per ultime: ringrazio la V, perché sei una grande! Grazie per il tuo aiuto sempre presente, i tuoi giudizi chiari, le tue sclerate.. Grazie per la bellissima amicizia che ci lega nonostante la mia spigolosità. Grazie per la pazienza e le preghiere, perché analizzi le mie fissazioni e nonostante la mia follia non mi molli mai. Non temere nulla V, la strada è bella! Maddi, grazie perché in questi anni sei stata una sorella, per come sei cambiata e ti sei messa in discussione, per i passi buoni fatti insieme e personalmente. Grazie per tutto l’aiuto che sempre mi dai e per la tua grande fede. Grazie per le nostre avventure più che bizzarre (non le scrivo perché chi legge non ci crederebbe!!), grazie per le partite al Tapas, grazie per il nostro amore per il Milan, perché I CAMPIONI DELL’ITALIA SIAMO NOI e perché abbiamo visto Eto’o che vendeva le rose sul metrò! E già che ci siamo.. Visto che ci si sposa una volta nella vita: mi portate Ibra si o no?!?! (la gente penserà che sono pazza ma poi dirà che siete delle pessime amiche se non realizzate il desiderio della futura sposina.. pensateci bene!). Grazie a tutti gli amici del Camerun, Armel, Gautier, Raymond, Elodie, Brice, Serge: non siete assolutamente normali ma vi voglio molto bene! Grazie per le nostre uscite e le partite di calcio! Grazie agli amici di Imola, vecchi e nuovi. Abdhul sei un grande, sono contentissima di averti come amico visto che sei molto serio e maturo! Grazie a Palmino e Lucia (e a Raffaele)! Grazie a Palmone e l’Ilaria, alla Marica, a Pollo e la Claudia (superlativa! Venite a vivere a Imola!), a Giamma e la Cate, Scric (grazie per l’amicizia, la disponibilità enorme e l’aiuto per la tesi!), Andrea e l’Elisa, Gianni, Don Paso (sei diventato un nostro caro amico e la nostra è una amicizia produttiva, seria. Troppo bello!), la Kate e la Martina Baroncini (siete il segno che se alla base c’è Altro, l’amicizia dura per sempre senza affievolirsi mai), Alberto, Flash (come al solito non ho parole per descriverti. Grazie perché mi farai da 158 autista al matrimonio, per la tua passione per gruppi musicali di scarsa qualità o probabilmente inesistenti. Per le partite del Milan con Super Cesare -Cesare, che eroeeee!!- A casa nostra ci sarà sempre posto per te!), Zio, Grazia Nofe, sei una grande amica e una matta. Ti voglio molto bene. W Dima! E poi grazie ai miei nuovi amici di GS!! Nonostante è da poco che ci frequentiamo ho già capito che è il rapporto con voi è una grande avventura e una sfida costante.. nonché una delle cose più divertenti che potessero succedermi! Grazie soprattutto ai maschioni, belli e bravi, del gruppetto, Jack, Dade, Tommi, Andre, Luca, Greg, Gaddo (il nostro gruppetto è il migliore!), a Pietro Villa, Baro, Pelle.. Grazie anche alle donne, la Benny, la Pisa, le Irene, Chiara, Cate, Ceci.. con voi mi sono sentita subito a casa! Grazie anche a Don Zanotti e Don Sam (siete fuori!) per avermi coinvolto in questa bella amicizia. Grazie al Professor Astori, per essere stato un grande maestro, per le preziose correzioni, per la simpatia, per i dialoghi profondissimi e per essere stato sempre sincero e davvero disponibile nel rapporto con me. Gatto, grazie perché sei stato il migliore compagno di corso che potessi avere. Sei un genio (per questo ti detesto) ma sei anche un grande uomo.. non fermarti mai! E poi c’è Lello! Grazie di tutto, dei pranzi e delle cene, dei posti prenotati sul tuo divano per la partita, della piscina e dei film.. Ma grazie soprattutto per la tua fede, perché come mi guardi tu non mi guarda nessuno, perché prendi sempre tutto senza paura e con grande maturità. Grazie per la tua semplicità, la tua disponibilità a Gesù e al movimento. Grazie perché andiamo sempre all’Origine e perché mi aiuti sempre a giudicare le cose senza nascondermi. Ci attende una strada bellissima che sono davvero curiosa di percorrere! 159 160