la nascita e lo sviluppo della letteratura moderna per l`infanzia libri
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JoLIE 2:2 (2009) LA NASCITA E LO SVILUPPO DELLA LETTERATURA MODERNA PER L'INFANZIA LIBRI DI TESTO E LETTERATURA PER L'INFANZIA NELL’OTTTOCENTO IN ITALIA: IL GIANNETTO E IL GIANNETTINO Donatella Lombello University of Padova, Italy Abstract This paper intends to explore the role of humour in children’s literature. If humour and laughter provoke the rupture of mental schemas, adoption of other points of view in everyday life, the ability to find ineptitudes and to experiment forms of indulgence towards rigidities of which one becomes aware, who are the authors who write humoristic texts, and how is it taken by the young reader? Key words: Humour; Laughter; Children’s Literature; Education; Il Giannetto. I. Letteratura per l’infanzia Nel voler scandire alcune fondamentali fasi relative alla genesi e allo sviluppo della Letteratura per l’infanzia in Italia, è forse utile precisare che essa è disciplina presente nell’ambito accademico italiano dal 1962 (a partire dall’ateneo di Padova, e poi nelle sedi di Bari, Roma e Firenze) e che, con alterne collocazioni giuridicoaccademiche, dal 1992 è incardinata tra gli insegnamenti di area storico-pedagogica delle Facoltà di Scienze della Formazione. Le diciture che definiscono questo insegnamento in Italia sono attualmente diversificate: Letteratura per l’infanzia, Letteratura per ragazzi, Letteratura per ragazzi e giovani adulti, Letteratura per l’infanzia e la preadolescenza, Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza…, ma tutte intendono riferirsi all’insieme di opere scritte intenzionalmente per l’infanzia o delle quali l’infanzia si è appropriata (si pensi, ad esempio, a I viaggi di Gulliver) . É anche da precisare che quando si parla d’infanzia, ci si riferisce al lettore in età evolutiva (dagli zero ai 18 anni), ovvero, ad «ogni essere umano in età inferiore ai diciotto anni, a meno che secondo le leggi suo Stato, sia divenuto prima maggiorenne», secondo la definizione di infanzia della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia (art.1, Parte prima) del 20 novembre 1989 (G.U. 11-06-1991). Negli anni Settanta del secolo scorso Anna Maria Bernardinis 154 Donatella LOMBELLO adottò la dizione Letteratura giovanile ad indicare l’insieme delle opere rivolte al giovane destinatario ( o da lui prescelte) non tanto volendo ancorare il sintagma alla esclusiva denotazione anagrafica del lettore in età evolutiva, quanto piuttosto volendo valorizzare la dimensione culturale-pedagogica della relazione (giovane) lettore-testo, (giovane) lettore-lettura, (giovane) lettore-letteratura, come condizione di apertura di ciascun soggetto al proprio processo di formazione e di ricerca di senso nel dialogo con gli autori, di auto-realizzazione che, pur prendendo avvio nell’arco anagrafico che si estende dall’età infantile fino alle soglie dell’età adulta, assume tuttavia i caratteri della perenne scoperta, dell’incontro-dialogo tra lettore-autore senza soluzione di continuità1. E’ importante sottolineare che nella elaborazione epistemologica della studiosa patavina permangono integri, da un lato, la creatività espressiva e stilistica dell’autore (dell’illustratore), dall’altro la libera scelta del lettore che, in autonomia, predilige autori, trame e percorsi letterari in relazione al senso e alle «risposte» che egli, con maggiore o minore grado di consapevolezza, sente significative per sé, per la propria crescita interiore e psicologica, emozionale, affettiva, estetica, etica, cognitiva. In questo senso l’elaborazione della pedagogia della lettura e della letteratura della seconda metà del Novecento ha, in un qualche modo, sgombrato il campo ( pedagogico) dai retaggi della concezione ottocentesca che voleva una letteratura «educativa» in quanto proponente (ovvero impositiva di) modelli di comportamento, ai quali far aderire il lettore. Il dibattito critico del secondo dopoguerra ha anche permesso di superare, in ambito epistemologico, la cosiddetta pregiudiziale crociana, di negazione di una letteratura, come di un’arte, «per bambini», cioè con attributi-limiti eteronomi, e al contempo di impossibilità da parte dei bambini di gustare, per la loro condizione di minorità-immaturità, il mondo dell’arte2. È da ricordare che Giuseppe Lombardo Radice contrappone altri criteri estetici a quelli di Croce, allorché egli, nelle sue Lezioni di didattica, afferma: «È un buon libro per ragazzi quello che può essere gustato, senza restrizioni e riserve, anche dagli adulti. Non tutto ciò che è scritto per gli adulti vale per il bambino, ma tutto ciò che vale per i bambini deve valere anche per gli adulti, se è opera d’arte» (1970:184)3. Si sa come il pedagogista siciliano, che sarà poi estensore dei Programmi gentiliani per la scuola elementare del 1923, nel formulare le linee della propria 1 A tal proposito, oltre ai lavori di A. M. Bernardinis, specie: (1971) Pedagogia delle letteratura giovanile.(Padova: Liviana); (1976) Itinerari. Guida storico-critica. (Milano: Fabbri); la voce Letteratura giovanile in Nuovo Dizionario di Pedagogia, a cura di G. Flores D’Arcais (1987) Cinisello Balsamo: Edizioni Paoline, 692-704. Si vedano anche il saggio di R. Lollo 2002:37-68, ed il suo volume EAd., (2003) Sulla letteratura per l’infanzia, Brescia: La Scuola. 2 Affermava il filosofo e critico letterario napoletano: «Lo splendido sole dell’arte pura non può essere contenuto dall’occhio ancora debole dei bambini» (Croce 1905) Luigi Capuana-Neera. «La Critica». Vol.III Bari: Laterza, 352), sottolineando altresì come la letteratura per ragazzi non potesse essere letteratura in quanto imparentata con la «musa bonaria» della pedagogia (Croce 1913, La letteratura della Nuova Italia. Bari: Laterza, 352-353). 3 Le Lezioni furono pubblicate nel 1912. La nascita e lo sviluppo della letteratura moderna per l'infanzia 155 pedagogia della lettura, abbia valorizzato con particolare insistenza la fruizione estetica dell’incontro con gli autori da parte degli allievi, ed abbia al contempo esplicitato la sua ferma opposizione ad ogni funzionalizzazione della lettura4, ovvero alla mescolanza dell’abilità con l’abito e il gusto: «è frequentissimo il caso di veder trasformare la lettura in esercizio grammaticale, o in spigolatura lessicale. Errore didattico che genera il più grave perturbamento all’esercizio di leggere! […] prendere la poesia, il racconto per avvolgerli nella ragnatela grammaticale; far ricercare tutti i nomi, tutti gli aggettivi, tutti i pronomi e gli altri accidenti; far «analizzare» – come si dice – le funzioni della proposizione, e le disposizioni sintattiche della poesia e del racconto, significa sacrificare la lettura e far diventare noiosa l’ora destinata ad essa, che dovrebbe essere di tutta la giornata la più desiderata ed attesa. Sacrificio non insignificante, perché si uccide il gusto del leggere, e si riduce il tempo dedicato alla lettura, la quale viene perciò danneggiata e qualitativamente e quantitativamente. Gli esercizi di grammatica debbono stare da sé, indipendenti dalla lettura, come esercizi speciali, in ore speciali. L’ora di lettura è sacra alla lettura». (1970: 184)5 All’affacciarsi del ventunesimo secolo , e in tutta la prima metà del Novecento, si intensifica lo spessore dei problemi sulla pedagogia della letteratura per l’infanzia, aperti nel corso dell’Ottocento, fino alla svolta del secondo dopoguerra, con le proposte inaugurate, ad esempio, da Gianni Rodari, direttore, per i primi due anni, del settimanale per bambini «Il Pioniere» (1950) e scrittore di libri per ragazzi, e da case editrici innovative, come quella di Rosellina Archinto, la Emme di Milano. Nell’attuale nuovo orientamento pedagogico, definitosi e consolidatosi nel corso dei decenni che chiudono il vecchio millennio, il giovane lettore acquista una centralità nuova, caratterizzata dall’autonomia di scelta che egli è messo in grado di operare, grazie alle molteplici offerte di trame narrative, di tipi editoriali, di formati, di illustrazioni che l’adulto (educatore, insegnante, bibliotecario, genitore…) gli propone: sollecitando, incuriosendo, intrattenendo, fornendo le 4 «Nelle classi superiori, dalla terza in su, dove l’ambito delle letture è più vasto, il leggere non è solo esercizio, ma anche e soprattutto fruizione artistica, della quale quasi mai accade di dover render conto, scolasticamente parlando, sulla quale non si ricevono «classificazioni», che non dà luogo ad interrogatorii. Il valore della fruizione artistica è essenzialmente nel rapimento della fantasia, nella commozione senza turbamento del sentimento, nella nobilitazione spirituale che la lettura dà […]» (Lombardo Radice 1970:189). 5 I corsivi delle diverse citazioni sono presenti nell’edizione a cura di G. Russo. Il pedagogista afferma ancora: «Chi legge deve raccogliersi e interrogare se stesso, per intendere appieno ciò che il libro vien presentando, e metterlo in relazione con il proprio mondo spirituale […]. Perciò sono compatibili con tale necessità spirituale tutti gli esercizi preparatorii che si vogliono […]. Per esempio: il maestro prima di iniziare la nuova pagina di lettura richiama le precedenti […] espone il nuovo brano di lettura […] legge lui, a voce alta, prima di far leggere: illustra, parafrasa, commenta procurando di avvincere e commuovere il suo uditorio […]. Esercizi di preparazione alla lettura possono essere in genere tutte le lezioni di geografia, di storia, di scienze naturali, etc. etc. Non si leggerà, supponiamo Tamburino sardo del De Amicis senza aver parlato, in altre ore, di guerre dell’indipendenza, né Dagli Appennini alle Ande, senza aver fatto, prima e indipendentemente, qualche cenno speciale di geografia» (1970:186-187 e n. 1.) 156 Donatella LOMBELLO «occasioni», predisponendo l’ambiente (casa, scuola, biblioteca, centri culturali e di aggregazione giovanile) per formare quel gusto e quella passione di leggere che il giovane lettore saprà declinare su temi, autori, illustratori di volta in volta preferiti. Nell’attuale concezione pedagogica si mantengono, dunque, distinte le aree di responsabilità dell’adulto e del piccolo-giovane lettore. Oggi, dunque, se l’adulto predispone e offre (testi, percorsi…), la libertà di scelta è lasciata al lettore (che acquisisce nel tempo il gusto e la capacità di operare le proprie scelte), a differenza della modalità relazionale ottocentesca, nella quale l’adulto è invece il decisore di modi, tempi, contenuti di lettura, ai quali il piccologiovane lettore deve necessariamente conformarsi. Nella concezione ottocentesca l’adulto, pertanto, si impone (nelle scelte di lettura, negli acquisti del libro), così come l’autore impone valori, ideologie, exempla-modelli di comportamento: le figure dell’autore-genitore-maestro agiscono, nella generalità dei casi, tutte congiuntamente nelle forme dell’obbligo e del controllo sulle nuove generazioni6 La letteratura per l’infanzia ottocentesca, infatti, se si caratterizza per la dignità di scrittura e per la cifra stilistica di una letterarietà certo salvaguardata, essa è altresì legittimata dalla sua ineliminabile valenza «educativa», essendo, pertanto, strettamente imparentata con la «musa bonaria della pedagogia», icasticamente evocata nella nota espressione crociana. E’ da ricordare che il diffondersi della letteratura per l’infanzia nel corso dell’Ottocento dipende da una «domanda» che si forma assai lentamente, trovando tuttavia un punto di positiva svolta grazie all’Unità e a consecutive misure legislative. Si pensi alla legge di Gabrio Casati, (R.D. 13/11/1859), che regola tutta la pubblica istruzione fino alla riforma gentiliana del 1923, e poi a quella di Michele Coppino (L. 15 luglio 1877, n. 3961) che introduce l’obbligo (gratuito e aconfessionale) scolastico elementare, pur largamente disatteso fino e oltre lo spirare del secolo7. È specie a partire da queste premesse legislative che si diffonde l’uso del libro di testo, se non sistematicamente tra le classi popolari, almeno tra le classi medio-basse e medie, provocando in seguito anche una dinamizzazione nella pubblicazione di altri libri, per la lettura nel tempo post-scolastico dei piccoli allievi. 6 Precisa Renata Lollo: «L’adulto che si esprime nel ruolo autoriale non manifesta incertezza e, direttamente o indirettamente, fa passare attraverso il ruolo un’altra più impegnativa auctoritas, quella di maestro» (2003:45-46). Afferma, altresì, Vittorio Spinazzola: «Il genitore che comprava il libro per i suoi figli rifletteva la mentalità di un ceto mediamente colto, disposto a valorizzare l’opera dei narratori per ragazzi se e solo in quanto avesse la certezza che l’autore collaborava con lui nel compito di trasmettere e divulgare il patrimonio di idee e di sensibilità che aveva sorretto la sua formazione. Ciò implicava, anzi presupponeva che il testo non trasgredisse, pur nella sua cordialità discorsiva, i requisiti di decoro ritenuti più indispensabili secondo i criteri di gusto linguistico-letterario maggiormente accreditati» (V. Spinazzola 1997, Pinocchio & C. La Grande narrativa italiana per ragazzi. Milano: Il Saggiatore:16). 7 L’analfabetismo in Italia, che raggiunge il 75% nel 1861, discende al 50% nel 1901. La nascita e lo sviluppo della letteratura moderna per l'infanzia 157 Di certo, intorno al 1860, troviamo un Centro-Nord, per motivi storicoculturali8, più attento e predisposto a recepire l’attenzione all’infanzia, alla sua educazione e alla sua istruzione, che si riflette anche sulla produzione e sul consumo dei libri per l’infanzia. Ed infatti, pur nei dislivelli e negli squilibri di alfabetizzazione, istruzione e cultura detti, nel periodo postunitario acquista notevole impulso l’editoria: la produzione di libri cosiddetti «scolastico-educativi»9, costituita di 149 titoli nel 1846, si quadruplica nel ventennio successivo, raggiungendo il numero di 608 unità nel 1863, mentre l’attenzione mirata alla pubblicazione di libri di testo solo per le scuole elementari fa raggiungere, nel 1872, la quota di ben 149 testi diversi (Ragone, 1983). Nell’Italia postunitaria «le scuole sono letteralmente inondate da una gran massa di libri, manuali, opuscoli» (Boero & De Luca 1995: 21-22) il piccolo lettore coincide prevalentemente con l’allievo, poiché è da precisare che i libri di testo per l’istruzione elementare, per quasi tutto l’Ottocento, sono contemporaneamente dei libri di fiction e di divulgazione10 ;l’insieme delle nozioni è infatti quasi sempre immerso in un contesto narrativo, che ne costituisce il filo di sviluppo. Per i libri scolastici vi è una sorta di cliché: essi non solo sono «soggetti ad una estrema rigidità di struttura e di linguaggio»(Boero & De Luca 1995:22) , ma i relativi autori spesso non esitano «a compilare opere che sono rimaneggiamenti di quelle di maggior successo»(Boero & De Luca 1995:21-22) . 8 « Al momento dell’unificazione in Italia sono individuabili tre aree di scolarizzazione: l’area settentrionale,dove per antica tradizione i governi avevano provveduto [a creare] un sistema scolastico organico configurato sul modello austriaco (nel Lombardo-Veneto già dal 1818 il governo austriaco aveva istituito la scuola popolare dell’obbligo); l’area toscana, dove l’iniziativa privata aveva supplito alle carenze di interventi statali […]notevole il fermento di iniziative didattiche promosso dalla rivista del Lambruschini «Guida dell’educatore» fondata nel 1836); […] l’area del Sud e delle Isole, dove il sottosviluppo sociale e la secolare miseria erano tra le cause maggiori del degrado della scuola, e dove si registravano le punte più alte di analfabetismo alimentato anche da una classe dirigente spesso ostile alla diffusione dell’istruzione di base, considerata veicolo di idee sovversive» (E. Sordina 1984:21) La formazione del lettore nel curriculum scolastico italiano: dalle origini delle scuola dell’obbligo alla situazione attuale in A. M. Bernardinis (a cura di) Educazione alla lettura nel tempo scolastico e nel tempo libero giovanile. «Quaderni del Settore di Ricerca sulla lettura e la letteratura giovanile», Padova: Dipartimento di Scienze dell’Educazione. . 9 Si veda G. Ragone (1983:700) La letteratura e il consumo: un profilo dei generi e dei modelli nell’editoria italiana (1845-1925) in Letteratura italiana, 2, Produzione e consumo. Torino: Einaudi, 1983:700, che nel suo saggio ci fa conoscere anche l’evoluzione del quadro complessivo della produzione e del consumo di libri nel periodo considerato. 10 «Nella scuola dei primi anni di Unità nazionale, il libro di testo scolastico riveste un ruolo totalizzante e assume un carattere enciclopedico. Svolge contemporaneamente diverse funzioni: è strumento di alfabetizzazione delle nuove generazioni, organizza l’insieme delle nozioni ritenute adatte ad avviare all’ «unità intellettuale e morale» che i programmi auspicano, assumendo così il ruolo di mezzo di «socializzazione politica» per le masse popolari, è anche guida didattica per gli insegnanti, i quali non ricevono alcuna formazione professionale» (Boero 1995:12-13). 158 Donatella LOMBELLO II. «Pane e onore. Migliaia di persone non leggeranno forse altro libro» Prototipo e paradigma dei libri di testo è quel Giannetto, pubblicato nel 1837 da un uomo di scuola: Luigi Alessandro Parravicini, milanese, direttore didattico della Imperiale Regia Scuola a Como e poi a Venezia. L’opera è suddivisa in sei nuclei cospicui di trattazione enciclopediconozionistica: 1) l’uomo, i suoi bisogni, i suoi desideri; 2) mestieri, arti e scienze; 3) geografia; 4) scienze naturali; 5) racconti sui doveri dei fanciulli; 6) racconti morali tratti dalla storia d’Italia (Boero 1995:13), saldamente intessuti nella trama narrativa. Il Giannetto racconta infatti, in 784 pagine, sulla scia del self helpismo11, la storia dell’ascesa sociale del protagonista, che, da figlio di «onesto e probo» commerciante, diviene ricco e stimato industriale, e poi anche «benefattore della patria» e «padre dei poveri» (Boero & De Luca 1995:13) Il testo, definito «romanzo» dalla commissione giudicatrice della «Società fiorentina per le scuole del mutuo insegnamento», presieduta di Gino Capponi, che lo premiò nel dicembre del 1836, rispondeva ai requisiti del bando, fatto circolare tre anni prima, che richiedeva la stesura di un’opera attraverso cui «i giovinetti» potessero essere iniziati «a tutti quei doveri che l’uomo dabbene deve poi adempiere nel progresso della vita»12. La motivazione per l’attribuzione del premio al Giannetto è esplicitata nella Relazione, che così recita: «[…] l’autore ha ben meritato della umanità, a profitto della quale con assoluta abdicazione d’ogni pretensione letteraria egli ha voluto spendere e comunicare le vaste sue cognizioni» (Parravicini 1846: V-XII)13,e nella quale si riconosce che il «romanzo» vince il premio « pel felice divisamento di trarre le norme della morale dai fatti, e la sostanza della istruzione dai naturali incidenti d’una vita non favolosa, ma piene d’avvenimenti impressivi e verosimili» (Parravicini 1846: VII). Motto del Giannetto è «Pane e onore. Migliaia di persone non leggeranno forse altro libro»: predizione quanto mai veritiera, visto l’immediato successo riscosso, e poi mantenuto per tutto l’Ottocento e fino alle soglie del nuovo secolo, e attestato dalle numerose edizioni diffuse in tutte le parti dell’Italia risorgimentale e postunitaria14. Se la motivazione della Commissione guidata dal Capponi ritiene vincente la coniugazione dell’«educazione dell’intelletto» con quella «dell’animo» (Parravicini 1846:X) anche Raffaello Lambruschini, dalle pagine della sua «Guida 11 Si ricordi tutta la letteratura del self helpismo, avviata dall’inglese Samuel Smiles nella seconda metà dell’Ottocento, richiamante la possibilità di auto-riscatto di ogni popolano attraverso la perseverante applicazione nel lavoro e nell’istruzione. Si veda M. Stival (1995:69-94). 12 Si veda Del Corno (2004:47-60). 13 Stralci della Relazione sono anche riportati in V. Vergani, & M.L. Meacci (1984) 18001945. Rilettura storica dei libri di testo della scuola elementare (pp. 15-16). Pisa: Pacini. 14 «Il libro, dopo la prima, ebbe edizioni piemontesi […], toscane […], campane […], pugliesi […], venete […], emiliane […], siciliane […] toccò nel 1889 la 64esima edizione; la 69 uscì nel 1910» (Boero - C. De Luca, n. 18, 1985:320). La nascita e lo sviluppo della letteratura moderna per l'infanzia 159 dell’educatore» si compiace, in una recensione del 1837, per la scelta della «Illustre Società fiorentina», e preconizza, dal canto suo, che l’opera «in successive edizioni si può venire sempre più perfezionando»15. Il Giannetto sembra dunque voler rispondere ad un bisogno di educazione di base per i «giovinetti», ma anche per tutto il popolo, essendo pensato come uno strumento di istruzione e di «buon» comportamento da estendersi a tutte le età delle classi più povere: appunto per quelle «migliaia di persone che non leggeranno forse altro libro» distribuite in tutte le località di un’Italia frammentata, politicamente prima dell’Unità, e culturalmente dopo. E ininfluente appare il negativo giudizio di De Sanctis che, all’inizio degli anni Settanta, comparando l’autore del Giannetto ai coevi Taverna, Thouar, Lambruschini, Tommaseo, ne definisce gli scritti «troppo aridi per il popolo, troppo uniformi, destituiti d’immaginazione, in lingua poco precisa» (1953:216) e che giudica inadeguato al clima risorgimentale il messaggio sotteso all’opera, volto «a rendere gli animi pazienti, disciplinati, disposti all’obbedienza» (1953:216), se nel 1874 il pedagogista Vincenzo De Castro definisce il libro di Parravicini il più popolare d’Italia16. La diffusione del testo del Parravicini è ampia poiché, insieme con le opere del Cantù, del Thouar e del Mayer, tutti esponenti del Gabinetto Vieusseux, del Tarra, e, più tardi, con quelle della Baccini, della Percoto, della Morandi, di Sailer, dello Stoppani17, il Giannetto fa anche parte delle raccolte per le biblioteche scolastiche, o dei «premi» consegnati agli scolari meritevoli. III. «Miscere utile dulci» Nel 1881 fu istituita la Commissione ministeriale che doveva presiedere alla scelta dei libri di testo, nell’ambito di quell’editoria scolastica che la stessa Commissione aveva definito «tropicale ricchezza della flora libraria elementare italiana»18. Scardinare gli orientamenti pedagogici correnti, che, come si è visto, puntavano ad esaltare esplicitamente, o implicitamente attraverso l’offerta di esempi e modelli, i valori del patriottismo, della fede 19, a formare le qualità morali 15 R. Lambruschini (1837) Notizie di libri utili, «Guida dell’educatore».a. II, n.23-24, p.418 (del Corno 2004:48.) Interessante la rassegna di Nicola Del Corno sui diversi consensi riscossi dall’opera parraviciniana: sia in ambienti progressisti, che in quelli moderati, come in quelli reazionari. 16 V. de Castro [senza titolo], «Enrico Pestalozzi», a.II, 1874, n. 3-4, p.43, cit. tratta Del Corno 2004:50. 17 Si veda A. Cibaldi 1967:156-159. 18 Si veda La scuola primaria dall’Unità alla riforma Gentile, catalogo della mostra omonima, Roma, 18. III – 13. VII. 1985, p. 105 (cit. tratta Boero - C. De Luca, 1995:321, n. 15). 19 Anche se la legge Coppino (l. 15 luglio 1877, n. 3961) aveva escluso la religione tra le materie oggetto d’esame e aveva introdotto, nel corso elementare inferiore, le prime nozioni dei doveri dell’uomo e del cittadino (Si veda G. Inzerillo 1974:78). 160 Donatella LOMBELLO e civili degli allievi, per «vivacizzare il rapporto con i giovani lettori» (Boero & De Luca 1995:22). sarebbe stato puro autolesionismo da parte degli autori, che si sarebbero visti esclusi dall’offerta formativa, dentro e fuori dalle aule scolastiche20. Capitò tuttavia a Collodi che, nel 1883, nella selezione della Commissione ministeriale21, si vide scartati i suoi libri, compreso il didascalico Giannettino, pubblicato dall’editore Paggi di Firenze nel 1876. Anche a seguito della pubblicazione de I racconti delle fate (1875), l’editore Paggi è certo di avere « sottomano l’uomo che cercava» (Cibaldi 1967: 163) l’uomo in grado di «stirar le grinze al Parravicini», l’uomo con «la cordialità sbrigativa che occorreva ai trattati scolastici […], libri di tiratura commercialmente produttiva » (Cibaldi 1964: 164). Ed infatti Collodi «a quel Giannetto così remoto e indistinto […] sostituisce […] un ragazzetto vivo con occhi limpidi e capelli rosso fiammanti. Quest’ultimo tratto basta a renderlo anticonvenzionale: gli dà quasi un distintivo di monelleria rivoluzionaria» (Cibaldi 1967: 163) L’esclusione dei libri del Collodi è fatta, dalla Commissione ministeriale, con la seguente motivazione: «han pregi molti di sostanza e di dettato, ma son concepiti in modo così romanzesco, da dar soverchio luogo al dolce, distraendo dall’utile; e sono scritti in stile così gaio, e non di rado così umoristicamente frivolo, da togliere ogni serietà all’insegnamento»22. Sembra essere, questa dichiarazione, il rovescio della medaglia della premiazione del Giannetto. La reazione dell’ufficialità scolastica si pone sulle difensive, per salvaguardare quei cardini pedagogici consolidati, e pur messi alla prova dall’«irruzione del Giannettino […] il primo scardinamento del sistema ideologico che sacrifica l’infanzia all’altare della morale borghese» (cited in Boero & De Luca 1995:22). L’apparizione del Giannettino imprime dunque un orientamento nuovo nella pedagogia del tempo, pur nell’impronta didascalico-educativa pur sempre ben marcata nell’opera. 20 «Dalla fine degli anni ‘70 convivono due modelli di pubblico, due modelli di cultura. Il sistema formativo tende a resistere al nuovo, seguendo la via consueta del compromesso moderato, rafforzato in questo dalla necessità di mediazione, dall’esigenza di costituire un modello nazionale d’istruzione in cui possano riconoscersi tutti gli strati colti del paese, in prevalenza di tipo arretrato. Inoltre gli operatori del sistema formativo erano fortemente legati alla tradizione degli intellettualipedagoghi, un ceto non ancora integrato in una cultura dei consumi, difensori quindi della tendenza «tosco-piemontese» e della sua integrazione con le tradizioni umanistico-pedagogiche delle zone arretrate. In questa seconda fase, tuttavia, la struttura formativa si mostra notevolmente logorata e impoverita […]» (Ragone, 1980:707). 21 Quindici anni più tardi la Commissione Centrale per i libri di testo, nella relazione del 14 agosto 1896, stabilì: a) di non approvare i libri di lettura la cui struttura non fosse «coordinata alle necessità pratiche della scuola»; b) di far confluire i migliori tra i libri scartati nell’elenco dei libri «raccomandabili per letture domestiche, per premio, per biblioteche scolastiche» (Stival 1995:70). 22 La scuola primaria dall’Unità alla riforma Gentile. Catalogo della mostra, Roma 18 marzo-13 luglio 1985, p.105, cit. tratte Boero & De Luca 1995:22. La nascita e lo sviluppo della letteratura moderna per l'infanzia 161 Come già ebbe a rilevare Luigi Santucci: «Lo spostamento che il Collodi segna dalla tendenza pedagogica, allora assai forte, a quella più liberamente educativa, è rilevabile, ancor prima di entrare nell’aperto mare di Pinocchio, già nei due libri didascalico-borghesi: il Giannettino e il Minuzzolo. I quali si affrancano dal precettorismo della matrice da cui nascono (il Giannetto del Parravicini) e s’incamminano verso la libertà dell’invenzione su binari, se non ancora di poesia, già di arte fresca e duttile» (1994:188). Ma intanto anche la prima puntata della Storia di un burattino era apparsa il 7 luglio 1881, tra le colonne del «Giornale per i bambini» e Pinocchio « viene al mondo per mandare in solaio il personaggio pedagogico del Thouar e del Parravicini («Il ragazzo per benino», lo definisce Giuseppe Fanciulli) e riconsegnare il piccolo lettore alle fate di perraultiana memoria. O meglio: non proprio a quelle di Perrault, che si presentavano con una celtica evanescenza di contorni, ma una fata sui generis , ben più viva e concreta, impastata tutta all’italiana e intrisa di pittoresco folclore: la Bambina dai capelli turchini» (1994:172). Ma intanto Collodi, col Giannettino, se strizza l’occhio connivente al mondo infantile, non lascia la presa nei confronti di quella « borghesia della nuova Italia garbata ed educata [che] non era pronta alle novità totali» (Cibaldi 1967:163), e rassicura il mondo degli adulti, e lo invoglia ad acquistare un’opera che sa unire al dilettevole l’utile : «dopo averci messo davanti un ragazzetto antiretorico […] nella seconda parte […] l’ingombro nozionistico è più invadente. Sovrabbonda e sommerge ogni residua volontà di racconto […]» (1994: 172). IV. Istruire il popolo quanto basta, educarlo più che si può Certo è che il clima culturale e pedagogico non concede deroghe ai fini educativi cui la scuola deve mirare, volti all’educazione morale, del carattere, della volontà, alla conformità e all’ossequio alle regole del mondo adulto del ceto dominante, al rispetto delle virtù e al rifiuto dei vizi da questo di volta in volta indicati23. Le stesse finalità espresse dal ministro Guido Baccelli, nella Relazione a S. M. il Re per i Programmi del 1894, insistono nell’«istruire il popolo quanto basta, educarlo più che si può»24. Nel 1886 esce Cuore, «libro scolasticamente programmatico… scritto per far amare la scuola» (Cibaldi 1967:175, la scuola che «agisce da filtro ideologico e da motore di integrazione […] luogo di formazione etica e civile […] vista come il 23 «Il rischio» – afferma Renata Lollo – «di far diventare la (necessaria) acculturazione un (tranquillizzante) conformismo appare tutt’altro che assente, e provoca sul lungo termine non solo auspicabili tensioni generazionali, ma pericolose e rimosse dissociazioni tra i principi proclamati, in genere assoluti, come la libertà, la giustizia, il coraggio e la loro interpretazione e realizzazione concreta, troppo spesso pretestuosamente trattenuta entro confini, realistici e immaginari, controllati dalla cultura adulta» (2003:46). 24 Relazione a S.M. il Re per i Programmi del 1894: si veda F. V. Lombardi (1975) I programmi per la scuola elementare dal 1860 al 1955. Brescia: La Scuola. 162 Donatella LOMBELLO fulcro di una emancipazione universale dei popoli e scandita al proprio interno dalla cronaca degli avvenimenti infantili e adulti (familiari, sociali, politici) e dalla esaltazione di un ideale di vita (eroica e civile, fondata sulla dedizione e sul sacrificio)» (Cambi 1985:90). Intanto tre anni prima erano incominciate le puntate (ben 150) de La tigre della Malesia di Salgari: due diverse modalità di scrittura per le giovani generazioni dell’Italia umbertina, l’una che ci rimanda un’immagine d’infanzia imbrigliata «dal sentimento – emotività – patetismo» (Cibaldi 1967:111), nella dipendenza dal mondo adulto e nel rispetto delle norme del conformismo borghese; l’altra25, che «si distaccò dalle convenzioni antiche, si oppose ai pudori, alle paure, alle perplessità delle vecchie generazioni […] [le cui] prospettive eroiche e fiabesche […] alimentarono la smania di grandezza delle generazioni postrisorgimentali, ma i cui eroi furono reclutati «tra i vinti, gli oppressi e di colore» (Lombello Soffiato 1993:46). References Boero, P., & C. Luca (1995). La letteratura per l’infanzia. Roma-Bari: Laterza. Cambi, F. (1985). Collodi, De Amicis, Rodari. Tre immagini d’infanzia. Bari: Dedalo. Cibaldi, A. (1967). Storia della letteratura per l’infanzia e l’adolescenza. Brescia: La Scuola. de Sanctis, F. (1953). La letteratura italiana nel secolo XIX, Vol. II, Cesare Cantù e la letteratura popolare, lezione XVI. Bari: Laterza. del Corno, N. (2004). Alle origini del long seller: il Giannetto del Parravicini. In L. Finocchi, & A.G. Marchetti (Eds.), Editori e piccoli lettori tra Otto e Novecento (pp. 4760). Milano: F.Angeli. Inzerillo, G. (1974). Storia della politica scolastica in Italia. Roma: Editori Riuniti. Lollo, R. (2002). La letteratura per l’infanzia tra questioni epistemologiche e istanze educative. In A. Ascenzi (Ed.), La letteratura per l’infanzia oggi (pp. 37-68). Milano: Vita e Pensiero. Lollo, R. (2003). La letteratura per l’infanzia tra questioni epistemologiche e istanze educative. Brescia: La Scuola. Lombardo-Radice, G. (1970). Lezioni di didattica e ricordi di esperienza magistrale. 36º ed. a cura di G. Russo. Firenze: Sandron. 25 Sarà sconsigliata nel cattolico Manuale di letture per le biblioteche, le famiglie, le scuole di Giovanni Casati del 1928. In S. Gonzato (Ed.) (1991). In cima alla collina senza un ruggito.Io sono la tigre. Atti del convegno nazionale di Verona, 26. I. Verona: Banca Popolare di Verona: 8. La nascita e lo sviluppo della letteratura moderna per l'infanzia 163 Lombello Soffiato, D. (1993). Un «capitano» di biblioteca: Emilio Salgari tra novel e romance. «Sfoglialibro», supplemento a «Biblioteche oggi», 11, n. 5-6. Parravicini, A.L. (1846). Giannetto. Livorno: Antonelli e C. Ragone, G. (1983). La letteratura e il consumo: un profilo dei generi e dei modelli nell’editoria italiana (1845-1925). Letteratura italiana, 2, Produzione e consumo. Torino: Einaudi. Santucci, L. (1994). La letteratura infantile. Bologna: Boni editore, n.2. Stival, M. (1995). La biblioteca dell’araba fenice. Dalla «abitudine della buona lettura» alla scrittura di risonanza. In A.M. Bernardinis (Ed.) Per una pedagogia della biblioteca giovanile (pp. 69-94). Padova: Imprimitur.