L`impresa sociale in Europa
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L`impresa sociale in Europa
L’impresa sociale in Europa 1 2 Indice CAPITOLO 1 ECONOMIA SOCIALE E IMPRESA SOCIALE IN EUROPA ................................................................................... 4 1.1. Le società cooperative in Europa ............................................................................................................4 1.2. Imprese sociali ........................................................................................................................................5 1.2.1. Mappatura delle imprese sociali in Europa ............................................................................... 6 1.2.2. Diffusione dell’impresa sociale in Europa .................................................................................. 9 CAPITOLO 2 STRATEGIA EUROPEA A FAVORE DELL’IMPRESA SOCIALE ..............................................................................15 2.1. La strategia Europa 2020: introduzione agli obiettivi e ai regolamenti dei Fondi Europei ................. 15 2.1.1. Quadro Strategico Comune per i fondi europei 2014-2020 ..................................................... 16 2.1.2. Europa 2020 e la crescente attenzione per le Imprese sociali ................................................. 18 2.2. Politiche europee per l’economia sociale e l’imprenditorialità sociale ............................................... 21 2.2.1. Iniziativa per l’imprenditoria sociale (Social Business Initiative) ............................................. 22 2.2.2. Misure per migliorare l’accesso ai finanziamenti alle imprese sociali..................................... 25 2.3. Alcuni Programmi Europei di Finanziamento diretto di particolare interesse per le imprese e gli imprenditori sociali ..................................................................................................................................... 26 2.3.1. Horizon 2020 ............................................................................................................................ 26 2.3.2. Creative Europe........................................................................................................................ 27 2.3.3. Programma per l’occupazione e l’Innovazione Sociale (EaSI) ................................................. 28 2.3.4. Erasmus Plus ............................................................................................................................ 30 CAPITOLO 3 SISTEMI DI FINANZIAMENTO PUBBLICO NAZIONALI PER L’IMPRESA SOCIALE ....................................................32 3.1. Buone pratiche di finanziamento pubblico / privato per l’impresa sociale ......................................... 33 3.1.1. Regno Unito: Big Society Capital (BSC) .................................................................................... 33 3.1.2. Francia: nuova legge e nuove risorse ...................................................................................... 34 3.1.3. Italia: Programma Fertilità ...................................................................................................... 35 3.1.4. Italia: progetto Start-up imprenditoria sociale, Unioncamere ................................................ 36 3.1.4. Lombardia: Fondo Jeremie FSE ................................................................................................ 37 CAPITOLO 4 RETI STRATEGICHE ...............................................................................................................................39 4.1. Reti di rappresentanza dell’Economia Sociale e delle imprese sociali ................................................ 39 4.2. Reti europee per la promozione dell’Economia Sociale e dell’impresa sociale .................................. 40 4.2. Reti scientifiche di ricerca e di supporto all’imprenditoria sociale ...................................................... 42 RIFERIMENTI NORMATIVI .......................................................................................................................................44 BIBLIOGRAFIA .......................................................................................................................................................46 3 CAPITOLO 1 ECONOMIA SOCIALE E IMPRESA SOCIALE IN EUROPA Sebbene le organizzazioni dell’economia sociale abbiano avuto un importante ruolo nella storia politica, economica e sociale europea, sono state riconosciute come categoria a sé stante di attori solo recentemente. Ciò che le distingue dalle imprese tradizionali è lo scopo generale della loro attività, non orientato al profitto e alla distribuzione dell’utile, bensì all’offerta di beni e servizi (incluse le opportunità lavorative) ai propri membri o comunità di riferimento e il perseguimento di obiettivi di interesse generale. Il concetto di interesse generale racchiude un grande numero di attività che hanno un forte impatto sul benessere e la qualità della vita della società contribuendo ad un suo sviluppo economico e sociale sostenibile in termini di soddisfazione dei bisogni primari, inclusione sociale, crescita economica e tutela dell’ambiente. Il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) definisce pertanto l’Economia Sociale come “l’insieme delle imprese formalmente costituite con autonomia decisionale create per soddisfare i bisogni dei propri membri attraverso la produzione di beni e l’offerta di servizi (inclusi quelli assicurativi e finanziari), dove sia il processo decisionale, sia la distribuzione degli utili non è direttamente connessa alla quota di capitale versata da ogni socio.” Storicamente, le organizzazione dell’Economia Sociale si raggruppano in 4 grandi categorie la cui forma giuridica varia secondo il Paese: società cooperative, mutue, fondazioni e associazioni. A queste si aggiungono le imprese sociali, comparse nel panorama europeo solo recentemente. Le imprese sociali, come definite dalla Commissione Europea, possono assumere qualsiasi forma giuridica riconosciuta, tuttavia, per le sue caratteristiche che si vedranno nel paragrafo seguente, la maggior parte delle imprese sociali europee sono costituite in forma cooperativa. 1.1. Le società cooperative in Europa La Commissione Europea riconosce come ufficiale la definizione di società cooperativa data dalla International Cooperative Alliance: “associazione autonoma di persone unite volontariamente per perseguire le proprie aspirazioni e i propri bisogni economici, sociali e culturali attraverso un’impresa a proprietà comune e democraticamente controllata”1. Le cooperative sono quindi imprese costituite per rispondere ai bisogni dei propri soci. Tutte le imprese esistono per perseguire gli interessi di un preciso gruppo di stakeholder, tuttavia, in una cooperativa la remunerazione del capitale (in alcuni casi permessa) deve essere sempre subordinata ad altri interessi (ad esempio all’integrazione di soggetti svantaggiati). Il movimento cooperativo ha un ruolo fondamentale nel tessuto socio-economico europeo: all’interno dell’Unione Europea ci sono 250.000 cooperative che occupano circa 5.4 milioni di persone; inoltre, 1 cittadino su 3 è socio di una cooperativa (163 milioni). A livello produttivo le cooperative ricoprono quote importanti di mercato nella maggior parte del Paesi dell’Unione Europea, in particolare in agricoltura (83% in Olanda, il 79% in Finlandia, il 55% in Italia e il 50% in Francia), tutela delle foreste (60% in Svezia e 31% in Finlandia), nel settore bancario (50% in Francia, 37% a Cipro, 35% in Finlandia, 1 International Cooperative Alliance, 1995. Definizione adottata anche nella Raccomandazione ILO 193/2002. 4 31% in Austria e 21% in Germania), commercio al dettaglio (le cooperative di consumo detengono una quota di mercato del 36% in Finlandia e del 20% in Svezia), settore farmaceutico e della cura della persona (21% in Spagna e 18% in Belgio), nel settore informatico e nell’artigianato. In Italia il fenomeno è ancora più accentuato rappresentando le cooperative quasi il 15% dell’economia totale. 1.2. Imprese sociali Recentemente nel panorama dell’Economia Sociale europea e mondiale2 sono emerse le Imprese Sociali. Sebbene non vi sia ancora una definizione comune del termine impresa sociale, in Europa il concetto si sta diffondendo per identificare un “modo differente di fare impresa” in cui le imprese sono create per perseguire un obiettivo sociale. La Commissione Europea le definisce come: “ attori dell’economia sociale il cui obiettivo principale non è generare utili per i suoi proprietari e azionisti ma esercitare un impatto sociale. Essa opera sul mercato producendo beni e servizi in modo imprenditoriale e innovativo e destinando i propri utili principalmente alla realizzazione di obiettivi sociali. È gestita in modo responsabile e trasparente, in particolare coinvolgendo dipendenti, clienti e altri soggetti interessati dalle sue attività commerciali”3. Più completa e articolata è la definizione di impresa sociale elaborata dal network Emes e che si articola in due dimensioni: economico-imprenditoriale e sociale. La prima prevede la sussistenza di quattro requisiti: una produzione di beni e/o servizi in forma continuativa e professionale; un elevato grado di autonomia sia nella costituzione che nella gestione; l’assunzione da parte dei fondatori e dei proprietari di un livello significativo di rischio economico; la presenza, accanto a volontari o utenti, di un certo numero di lavoratori retribuiti. La dimensione sociale richiede invece il possesso delle seguenti caratteristiche: avere come esplicito obiettivo quello di produrre benefici a favore della comunità nel suo insieme o di gruppi svantaggiati; essere un’iniziativa collettiva, cioè promossa non da un singolo imprenditore, ma da un gruppo di cittadini; avere un governo affidato esclusivamente o prevalente mente a portatori di interesse diversi dai proprietari del capitale; garantire una partecipazione ai processi decisionali allargata, in grado di coinvolgere tutti o quasi i gruppi interessati all’attività; prevedere la non distribuzione degli utili, o al più una distribuzione limitata, e quindi la loro assegnazione ad un fondo indivisibile tra i proprietari, sia durante la vita dell’impresa che in caso di suo scioglimento4. Il concetto di impresa sociale si sovrappone quindi a quello tradizionale di organizzazione di economia sociale e supera i vincoli dettati dalla forma giuridica, in quanto un’organizzazione che scegli di operare secondo i principi dell’impresa sociale può costituirsi secondo la forma che più le si addice. Ciò che distingue le imprese sociali da un’associazione è la fonte dei ricavi: in un’impresa sociale almeno il 50% dei ricavi proviene da attività commerciali, riducendo sensibilmente la dipendenza da finanziamenti pubblici o donazioni. 2 In particolare in Asia, dove il premio Nobel Muhammad Yunus ha elaborato il concetto di “social business”, e nell’America del Nord. 3 COM (2011) 682 Def. “Iniziativa per l’imprenditoria sociale. Costruire un ecosistema per promuovere le imprese sociali al centro dell’economia e dell’innovazione sociale”. 4 C. Borzaga, J. Defourny (a cura di), “The Emergence of Social Enterprises”, Routledge; trad. italiana: ”L’impresa sociale in prospettiva europea”. J. Defourny, M. Nyssens (eds), “Social Enterprise in Europe: Recent Trends and Developments”, Emes WP n. 08/01, 2008. 5 Nella definizione di “impresa sociale” la Commissione intende quindi includere le imprese : Per le quali l’obiettivo sociale o socio-culturale di interesse comune è la ragione d’essere dell’azione commerciale, che spesso si traduce in un livello elevato di innovazione sociale; I cui utili sono principalmente reinvestiti nella realizzazione di tale obiettivo sociale; Di cui le modalità di organizzazione o il sistema di proprietà riflettono la missione, in quanto si basano su principi democratici o partecipativi o mirano alla giustizia sociale . Può dunque trattarsi: Di imprese che forniscono servizi sociali e/o beni e servizi destinati a un pubblico vulnerabile (accesso all’alloggio e alle cure, assistenza a persone anziane o disabili, inclusione di gruppi vulnerabili, assistenza all’infanzia, accesso all’impiego e alla formazione, gestione della dipendenza…); e/o Di imprese le cui modalità di produzione di beni o servizi perseguono un obiettivo di natura sociale (integrazione sociale e professionale tramite l’accesso al lavoro di persone svantaggiate soprattutto in ragione di una scarsa qualificazione o di problemi sociali o professionali che ne determinano l’esclusione e l’emarginazione), ma la cui attività può riguardare beni o servizi non di natura sociale. 1.2.1. Mappatura delle imprese sociali in Europa Come visto, allo stato attuale non è possibile definire uno “statuto” giuridico formale dell’impresa sociale a livello europeo [Oecd, European Union, 2013]. Esistono piuttosto diverse esperienze frutto di specifiche condizioni socio economiche e tradizioni giuridiche ancorate a livello nazionale e locale. In termini generali la gran parte delle imprese sociali in Europa si è sviluppata utilizzando la forma giuridica della cooperativa e dell’associazione. Le imprese sociali sono prevalentemente costituite in forma associativa nei paesi dove il modello associativo consente un certo grado di libertà rispetto alla vendita di beni e servizi in regime di mercato. Viceversa, nei paesi dove le associazioni sono più limitate nello svolgimento di attività commerciali, come è il caso dei paesi nordici, le imprese sociali fanno riferimento alla forma giuridica cooperativa [Borzaga, Galera, 2009]. Oltre a questa prima partizione generale è possibile rilevare due ulteriori aspetti rilevanti nella normazione sull’impresa sociale. Il primo riguarda la distinzione tra impianti normativi che hanno definito una forma giuridica specifica modificando e adattando a figure preesistenti e impianti che invece hanno definito un ”innesto” applicabile a varie figure giuridiche. La definizione di una forma giuridica specifica ha caratterizzato soprattutto la fase nascente della normazione, mentre invece l’applicazione a un più ampio spettro di figure giuridiche è prerogativa della legislazione più recente. 6 Tabella 1.1. Imprese sociali regolate utilizzando la forma giuridica cooperativa Paese Italia Forma giuridica Cooperativa sociale Legge L. 381/1991 e leggi regionali di recepimento (in Lombardia L.R. 21/03) Società cooperativa sociale; Società cooperativa di integrazione lavorativa Legge nazionale 27/1999 e leggi regionali adottate in 12 regioni autonome tra il 1993 e il 2003 Portogallo Cooperativa di solidarietà sociale Codice della cooperazione (L. n° 51/96) e decreto legislativo n° 7/98 Francia Società cooperativa di interesse collettivo Legge 17 luglio 2001 Spagna Polonia Ungheria Grecia Cooperativa sociale Cooperativa sociale Cooperativa sociale Settori di attività inserimento lavorativo (tipo B) servizi di assistenza nei settori della salute, educazione, cultura e qualsiasi attività di natura sociale inserimento lavorativo - Inserimento al lavoro di gruppi vulnerabili - Produzione o fornitura di beni e servizi di interesse collettivo - Inserimento lavorativo di persone svantaggiate (disabili, disoccupati di lungo periodo, ex tossicodipendenti, ecc.) - Creazione di opportunità occupazionali e risposta a bisogni di soggetti svantaggiati - Inserimento lavorativo di soggetti vulnerabili (nel caso delle KoiSPE di persone con disturbi psichici) - Produzione di beni e servizi a carattere sociale a favore di anziani, bambini, disabili, malati cronici - Produzione di beni e servizi a favore della collettività e dello sviluppo regionale e locale Legge aprile 2006 Legge 2006 Legge 2716/1999 che istituisce le cooperative sociali a responsabilità limitata (KoiSPE) e Legge 4019/2011 che istituisce le imprese cooperative sociali (KoinSEP) servizi sociali (tipo A) Nel primo caso è stata la forma cooperativa quella che, più di altre, si è dimostrata più confacente rispetto alla gestione di attività d’impresa per finalità “sociali”. L’adattamento rispetto alle forme cooperative “tradizionali” si è sostanziato soprattutto nell’allargamento della sfera dei beneficiari oltre 7 la compagine associativa, identificandoli con la “comunità” o con gruppi portatori di bisogni o forme di svantaggio sociale (ad esempio le persone diversamente abili). Nel secondo caso l’intervento normativo ha riguardato l’identificazione delle peculiarità e dei vincoli di cui devono farsi carico le diverse forme organizzative e giuridiche che intendono costituirsi o trasformarsi in imprese sociali. A questo livello l’attività del legislatore si è concentrata su aspetti quali: l’esplicitazione delle finalità di interesse collettivo dell’impresa, il settore di intervento, l’assetto di governance e la partecipazione degli stakeholder, la distribuzione degli utili, ecc. Tabella 1.2. Imprese sociali regolate utilizzando diverse forme giuridiche Paese Belgio (“imprese a scopo sociale” Legge 13/1995) Forme giuridiche Società a responsabilità limitata, cooperative Distribuzione degli utili E’ prevista una limitata possibilità di redistribuire gli utili Governance Scopo sociale Natura partecipativa Attività che hanno l’obiettivo di realizzare obiettivi sociali. Deve risultare dagli atti costitutivi indicati dalla legislazione che cosa costituisca un obiettivo sociale. Italia (“impresa sociale” - legge n. 118/05 e decreti attuativi) Tutte le forme giuridiche privatistiche del codice civile Divieto alla distribuzione degli utili (sia diretta che indiretta) Natura partecipativa Produzione e scambio di beni e servizi di utilità sociale (assistenza socio sanitaria, educazione e formazione, ambiente, cultura, turismo sociale, inserimento lavorativo, ecc.) in vista di obiettivi di interesse generale Finlandia (“impresa sociale” legge n. 1351/03) Tutte le imprese a prescindere dalla forma giuridica e dalla struttura proprietaria Consentita la distribuzione dei profitti senza alcun limite Nessuna indicazione rispetto alla natura partecipativa Le imprese sociali devono impiegare almeno il 30% di persone disabili e disoccupati di lungo periodo Regno Unito (Community Interest Company regulations 2005) Tutte le imprese regolate dal Companies Act of 1985 E’ consentita una parziale distribuzione dei profitti Natura partecipativa Ampio spettro di attività che risponde ai bisogni della comunità. La finalità sociale viene validata da un’autorità di controllo (Regulator) Slovenia (Legge sull’imprenditoriali tà sociale 2011) Tutte le forme giuridiche non aventi scopo di lucro Non consentita Nessuna indicazione rispetto alla natura partecipativa Almeno il 50% dei ricavi deve derivare da “attività sociali” come definite per legge. Oppure almeno un terzo dei devono essere vulnerabili 8 Lituania (“impresa sociale” –legge 01/06/2004 Tutte le imprese a prescindere dalla forma giuridica (imprese individuali, S.p.a., enti pubblici) Consentita Nessuna indicazione rispetto alla natura partecipativa Almeno il 40% dei dipendenti deve essere costituito da persone svantaggiate, e comunque il loro numero non deve essere inferiore a 4. Il principale obiettivo di tali organizzazioni deve essere l’inclusione lavorativa di soggetti svantaggiati e lo sviluppo di capacità lavorative e sociali La seconda distinzione riguarda l’identificazione o meno di settori di attività nei quali le imprese sociali devono operare. Come nel caso precedente è possibile identificare una chiara tendenza evolutiva a “liberalizzare” gli ambiti di intervento. Se nei primi provvedimenti normativi prevaleva un’impostazione restrittiva che associava il modello dell’impresa sociale a determinati settori (i servizi di welfare ad esempio), nelle legislazioni più recenti si nota, seppur con diversi livelli di intensità, l’intenzione del legislatore di promuovere l’impresa sociale in ambiti diversi o, come nel caso del Regno Unito, non ponendo alcun vincolo in tal senso. Sono infatti storicamente due i settori di attività che hanno visto un considerevole sviluppo delle imprese sociali: l’inserimento lavorativo e la produzione di servizi, in particolare di welfare. Recentemente, si è assistito ad un ampliamento in nuovi ambiti di interesse per la comunità, come i settori educativo, culturale, e ambientale. Inoltre lo sviluppo del concetto di impresa sociale ha consentito altresì un ampliamento delle attività che sono qualificate come attività di impresa sociale, tra cui l’offerta di servizi di interesse generale quali il trasporto pubblico, il micro-credito, l’accesso all’acqua potabile e altri servizi, il commercio equo e solidale e la gestione di siti protetti dal punto di vista ambientale. In generale, le imprese sociali possono potenzialmente operare in qualsiasi settore di attività che sia di interesse per la comunità in senso lato o per particolari gruppi svantaggiati della popolazione. 1.2.2. Diffusione dell’impresa sociale in Europa Si stima che l’Economia Sociale in Europa (misurata come aggregato di imprese sociali, cooperative, mutue, associazioni e fondazioni) occupa più di 14.5 milioni di persone, circa il 6,5% della forza lavoro nell’Europa a 27 e circa il 7,4% nell’Europa a 155. 5 Commissione Europea (2013) “Social Economy and Social Entrepreneurship”, Social Europe Guide, Volume 4 9 Figura 1.1. Occupazione generata dall’Economia Sociale per Paese Meno del 2% Tra il 2% e il 5% Tra il 5% e il 9% Tra il 9% e l’11% Più dell’11% Fonte: Commissione Europea (2013) Uno studio del 20096 stima che la quota della popolazione attiva interessata dall’imprenditoria sociale7 sia pari al 4,1% in Belgio, al 7,5% in Finlandia, al 3,1% in Francia, al 3,3% in Italia, al 5,4% in Slovenia e al 5,7% nel Regno Unito. Delle imprese create in Europa, circa una su quattro sarebbe quindi un’impresa sociale. Questo dato sale a una su tre in Belgio, Finlandia e Francia . Queste imprese sono spesso più produttive e competitive di quanto si creda grazie al fortissimo impegno personale dei dipendenti e alle migliori condizioni di lavoro che esse offrono8 . In questo paragrafo vengono proposti alcuni approfondimenti relativi alla diffusione dell’impresa sociale in alcuni paesi europei – Italia, Belgio, Francia, Regno Unito, Spagna (regione Andalusia), Lituania e Grecia - concentrando l’attenzione su due livelli di analisi. 6 Terjesen, S., Lepoutre, J., Justo, R. e Bosma, N. 2011. Global Entrepreneurship Monitor Report on Social Entrepreneurship http://www.gemconsortium.org/about.aspx?page=pub_gem_special_topic_reports 7 Definita in questa sede come “un’attività che ha un obiettivo sociale, ambientale o di interesse generale. Può includere la fornitura di servizi o di formazione a persone socialmente svantaggiate o disabili, l’utilizzo degli utili per obiettivi di intento sociale, l’organizzazione di gruppi di aiuto reciproco per un’azione di interesse generale, ecc.”, ibidem, pag. 44. 8 A titolo d’esempio, in Francia le assenze per malattia in questo tipo di imprese sono decisamente inferiori rispetto al resto delle imprese: 5,5% contro il 22%, “Absence au travail pour des raisons de santé dans l’économie sociale”, Chorum, aprile 2011, http://www.cides.chorum.fr. 10 Le imprese sociali istituzionali ovvero i modelli più consolidati per i quali è disponibile un riconoscimento in termini normativi e, più in generale, una conoscenza approfondita rispetto alle caratteristiche costitutive e ai settori di attività. Le imprese sociali emergenti, ovvero i soggetti che presentano, nei fatti, caratteristiche di impresa sociale, ma per i quali non esiste un riconoscimento giuridico, oppure questo è disponibile ma non ancora adeguatamente implementato. Imprese sociali riconosciute Denominazione e normativa Società a finalità sociale (SFS), legge n. 13/1995 Imprese di inserimento Unità (anno) 400 (2007) 300 (2006) Mission / Settori Belgio Attività che hanno l’obiettivo di realizzare obiettivi sociali. Deve risultare dagli atti costitutivi indicati dalla legislazione che cosa costituisca un obiettivo sociale. Incentivi - - - Società cooperativa di interesse collettivo (Scic) Legge 17 luglio 2001 Imprese di inserimento 170 (2010) Cooperazione sociale (l. n. 381/91 e applicazioni regionali) 11.264 (2011) 2.300 (2004) Francia Produzione o fornitura di beni e servizi di interesse collettivo Inserimento nel mondo del lavoro di soggetti svantaggiati Italia Specializzata nella produzione di servizi socio assistenziali (tipo A) e inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati (tipo B) Scic: - supporto all’impresa: fino a un massimo di 100mila euro per spese gestionali - sostegno agli investimenti: fino al 15% dei costi di investimento o il 7,5% per le imprese con più di 50 addetti - aiuti alla formazione: finanziamento fino al 70% dei costi per la formazione In generale ogni regione stabilisce modalità di accesso ai Fondi di sostegno all’investimento. - - - 11 Assistenza degli uffici per l’impiego, per l’inserimento e la formazione Riduzione dell’IVA del 6% per le imprese sociali operanti nel settore dell’inserimento lavorativo e sociale Clausole sociali negli appalti pubblici Società pubbliche di investimento per sostenere le imprese sociali. Riduzione Iva per le cooperative di tipo A Esenzione oneri sociali per i lavoratori in inserimento nelle cooperative di tipo B Riconosciute come Onlus Riconosciute come cooperative a mutualità prevalente Esenzione e riduzione aliquote tasse regionali Accesso privilegiato a contratti con enti pubblici Impresa sociale 365 (2011) Community Interest Company (CIC), regulations 2005 3.773 (2010) Altre forme di impresa sociale (ad esempio Social firms) 15.000 (2005) Imprese di inserimento (l. n. 44/2007) - Cooperative e imprese di lavoro (normativa regionale) 10.059 (2008) Impresa sociale (l. 01/06/2004) 137 (2012) in continua crescita - Applicabile a tutte le forme giuridiche private, assumendo vincoli quali natura non lucrativa, coinvolgimento degli stakeholder, rendicontazione sociale Diffuse in particolar modo nel settore dell’istruzione Regno Unito - Tutte le imprese. - Ampio spettro di attività che risponde ai bisogni della comunità. - La finalità sociale viene validata da un’autorità di controllo Inserimento lavorativo Social housing Mutue Spagna - Andalusia Inserimento lavorativo di fasce deboli della popolazione (normativa nazione) Attività economiche diverse finalizzate alla produzione di beni e servizi di interesse collettivo Lituania - Applicabile a tutte le imprese - Almeno il 40% dei dipendenti deve essere costituito da persone svantaggiate, e comunque il loro numero non deve essere inferiore a4 - Il principale obiettivo deve essere l’inclusione lavorativa di soggetti svantaggiati e lo sviluppo di capacità lavorative e sociali - - - - OTS (Office for the Third Sector) finanzia una vasta gamma di iniziative a favore delle imprese sociali che includono lo sviluppo di infrastrutture che la fornitura di servizi Business Link è un programma che consente alle imprese di accedere a misure pubbliche di sostegno Incentivi alla creazione d’impresa e a nuovi posti di lavoro - - - - 12 Nessun incentivo specifico, si ereditano quelli delle forme giuridiche prescelte Unica eccezione: legge finanziaria 2007 cita le imprese sociali tra i soggetti che posso accedere a finanziamenti pubblici per le scuole private Nessuna tassazione sui profitti Almeno il 5% del valore totale dei contratti messi a gara da autorità nazionali deve essere destinato a procedure semplificate per imprese sociali Parziale restituzione del costo degli stipendi e dei contributi previdenziali Sussidi per l’adattamento delle strutture per garantire l’accesso a persone con disabilità Sussidi per la formazione dei lavoratori Sussidi per il rimborso di assistenti linguistici o dei costi di trasporto speciale Grecia Società cooperative a responsabilità limitata (KoiSPE) (l. 2716/1999) Imprese cooperative sociali (KoinSEP) (l. 4019/2011) 16 (2013) 274 (2013) - Inclusione lavorativa di soggetti con malattie psichiche - Inserimento lavorativo di soggetti vulnerabili - Produzione di beni e servizi a carattere sociale a favore di anziani, bambini, disabili, malati cronici - Produzione di beni e servizi a favore della collettività e dello sviluppo regionale e locale - Incentivi finanziari Incentivi fiscali - Incentivi finanziari Incentivi fiscali Il quadro conoscitivo che scaturisce dalla rilevazione in ambito europeo appare decisamente frammentario e non in grado di fornire informazioni precise anche su parametri elementari come il numero di unità organizzative chiaramente identificabili come “imprese sociali”. Ciò ha impedito di effettuare comparazioni dirette tra paesi e di proporre misure rispetto all’impatto sui principali parametri economici e sociali (incidenza sul Prodotto interno lordo, sull’occupazione, sul comparto dei servizi ecc.). La presenza di una legge in materia rappresenta certamente un elemento utile a circoscrivere il fenomeno in termini dimensionali, ma va comunque ricordato che l’applicazione dei soli criteri formalmente previsti in sede normativa intercetta solo una parte, spesso minoritaria, del fenomeno. I casi – paese riassunti nei punti seguenti sono emblematici in tal senso. 13 In Belgio, oltre alle “imprese a scopo sociale” riconosciute da un’apposita normativa (circa 400), si segnala la presenza di “imprese di inserimento lavorativo” (poco più di 300) regolate con provvedimenti nazionali e locali. A queste si aggiunge un insieme difficilmente quantificabile di associazioni che svolgono attività di tipo commerciale, in quanto in Belgio la forma associativa può essere utilizzata anche per questi scopi. In Francia si presenta una situazione simile a quella belga: a fronte di un limitato sviluppo delle “società cooperative di interesse collettivo” (circa 170 unità) sono attive circa 2.300 imprese per l’integrazione lavorativa che impiegano oltre 220mila addetti, oltre a un numero consistente di associazioni che hanno sviluppato al loro interno attività di produzione di beni e servizi. Nel Regno Unito il settore dell’imprenditoria sociale è quantificabile in 15mila organizzazioni che creano 775mila posti di lavoro e generano un giro d’affari pari a 22,3 miliardi di euro; dunque ben oltre il pur dinamico comparto delle Community Interest Company (poco più di 3.700 imprese riconosciute da una legge approvata nel 2005). In Spagna a Andalusia si segnala, oltre alle cooperative di inserimento lavorativo, una significativa presenza nell’ambito delle organizzazioni di “economia sociale” (imprese cooperative) e di un emergente “terzo settore di azione sociale”. In Italia, per avere un quadro delle imprese sociali, dobbiamo aggiungere alle 365 imprese sociali formalmente riconosciute dalla legge 155/2006 altre 620, di cui 566 attive che recano la dicitura “impresa sociale” nella propria ragione sociale. Guardando oltre i confini normativi, ad ampliare il potenziale di imprenditorialità sociale, vi sono poi oltre 22.468 organizzazioni nonprofit diverse dalle imprese sociali e dalle cooperative sociali con carattere produttivo con finalità sociale e 88.445 imprese commerciali rientrati nei settori indicati dalla legge sulle imprese sociali . Come visto, a seconda del livello di sviluppo dei sistemi di welfare, della società civile, del mercato finanziario e delle politiche dedicate all’imprenditoria sociale in ogni paese, vi sono notevoli differenze in merito alle aree di intervento delle imprese sociali. Una ricerca svolta all’interno del Settimo Programma Quadro ha studiato i comportamenti di mercato di oltre 600 imprese sociali in tutta Europa che ci fornisce una mappatura delle aree di maggior interesse per tali imprese. Tabella 1.3. Mappatura delle aree di attività delle imprese sociali in Europa Area di attività % Servizi sociali 16.7% Occupazione e formazione 14.88% Ambiente 14.52% Educazione 14.52% Sviluppo economico, sociale e della comunità 14.34% Cultura, arte e attività ricreative 14.34% Salute 6.9% Housing 2.72% Associazioni d’impresa 2% Advocacy, politica e giurisprudenza 1.63% Altro 4.72% Totale 100% Fonte: Dati SELUSI www. selusi.eu 14 CAPITOLO 2 STRATEGIA EUROPEA A FAVORE DELL’IMPRESA SOCIALE 2.1. La strategia Europa 2020: introduzione agli obiettivi e ai regolamenti dei Fondi Europei Nel marzo 2010 la Commissione Europea (CE) ha lanciato la strategia EUROPA 2020 “per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva". Con questo documento la CE propone gli obiettivi e i criteri generali per la programmazione dei Fondi 2014-2020, affrontando grandi sfide quali l’uscita dalla crisi, la globalizzazione delle relazioni economiche, il cambiamento climatico, la scarsità delle risorse (acqua, energia, materie prime), l’evoluzione demografica e, non ultimi, i contrasti sociali. Europa 2020 si incardina su re priori , concepite per rafforzarsi a vicenda: 1. crescita intelligente: sviluppare un'economia basata sulla conoscenza e sull'innovazione; 2. crescita sostenibile: promuovere un'economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva; 3. crescita inclusiva: promuovere un'economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale. Le tre priorità, nell’intenzione della Commissione, delineano un quadro dell'economia di mercato sociale europea per il XXI secolo. Il perseguimento di queste priorità deve portare al raggiungimento, entro il 2020, di 5 obiettivi generali: 1. Innalzamento al 75% del tasso di occupazione (per la fascia di età compresa tra i 20 e i 64 anni); 2. Aumento degli investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione al 3% del PIL dell’UE (pubblico e privato insieme); 3. Raggiungimento dei traguardi "20/20/20" in materia di clima/energia (compreso un incremento del 30% della riduzione delle emissioni se le condizioni lo permettono); 4. Riduzione del tasso di abbandono scolastico al di sotto del 10% e aumento al 40% dei giovani laureati (30-35 anni); 5. Almeno 20 milioni di persone a rischio o in situazione di povertà ed emarginazione in menò. Questi obiettivi sono connessi tra di loro. Per favorirne la realizzazione la Commissione presenta sette Iniziative Faro per catalizzare i progressi relativi a ciascun tema prioritario: 1. L'Unione dell'innovazione; 2. Youth on the move; 3. Un'agenda europea del digitale; 15 4. Un'Europa efficiente sotto il profilo delle risorse; 5. Una politica industriale per l'era della globalizzazione; 6. Un'agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro; 7. Piattaforma europea contro la povertà. 2.1.1. Quadro Strategico Comune per i fondi europei 2014-2020 Nell’ottobre 2011 la Commissione Europea ha presentato le proposte regolamentari per i Fondi 20142020. Il pacchetto comprende i regolamenti dedicati ai singoli Fondi e un regolamento generale (detto anche regolamento orizzontale o ombrello) che definisce alcuni criteri generali di programmazione. I principi alla base della proposta sono: perseguire priorità politiche chiave, con una particolare attenzione allo sviluppo sostenibile che è un principio orizzontale che riguarda tutti i fondi; rafforzamento dell’approccio partenariale e della governance multi-livello; parità di genere e non discriminazione. Alcuni aspetti qualificanti delle proposte della Commissione sono: il coordinamento della politica di coesione con quella di sviluppo rurale e con le altre politiche UE; la definizione di un numero limitato di priorità, rispetto alle quali concentrare gli investimenti; la concentrazione sui risultati, che devono essere chiaramente collegati al raggiungimento degli obiettivi fissati in UE 2020; la semplificazione sia delle norme generali (regolamento finanziario) sia di quelle che regolano settori specifici (ad es. fondi strutturali); la condizionalità macro economica, attraverso controlli che dovrebbero evitare che l’efficacia dei fondi sia messa a repentaglio da politiche macroeconomiche non sane dei singoli Stati membri; la massimizzazione dell’effetto leva dei fondi attraverso l’utilizzo di strumenti finanziari innovativi. Il regolamento orizzontale traccia il percorso che porterà alla definizione dei singoli programmi operativi regionali (POR), concepito per rafforzare l’approccio strategico. Il percorso parte dal livello comunitario sulla base del Quadro Strategico Comune (Common Strategic Framework) al quale si dovranno ispirare i singoli Stati membri per mettere a punto i Contratti di Partenariato (Partnership Contract) che definiranno a livello nazionale obiettivi e strategia per l’utilizzo dei Fondi nel loro complesso. Sulla base dei contenuti fissati nel Contratto di Partenariato potranno 16 essere implementati i POR, cioè i Programmi operativi (Operational Programmes) dei singoli fondi a livello regionale, ovviamente tenuto conto delle indicazioni contenute nei rispettivi regolamenti. Questa impostazione rafforza il livello nazionale rispetto ai cicli di programmazione precedenti e mira a una maggiore sinergia e coerenza dei singoli POR all’interno della strategia nazionale. Un aspetto qualificante della proposta dell’UE è la concentrazione delle risorse dei Fondi rispetto ad alcune priori fondamentali: 1. FESR (Fondo europeo sviluppo regionale): il 60% delle risorse deve essere destinato a ricerca, innovazione e competitività delle PMI, il 20% all’efficienza energetica ed energie rinnovabili, il 5% allo sviluppo urbano sostenibile; si tratta quindi di criteri molto stringenti. 2. FSE (Fondo sociale europeo): Il 20% della spesa dovrà essere riservato all’inclusione sociale. 3. FEASR (Fondo europeo per lo sviluppo rurale): Il 5% della spesa deve essere destinato ai programmi di sviluppo locale in aree rurali basati sul metodo LEADER. Un punto essenziale del Regolamento Orizzontale, è l’enunciazione di 11 obiettivi tematici, che discendono dalle tre priorità generali di Europa 2020 (crescita intelligente, sostenibile e inclusiva). Tali obiettivi - come meglio chiarito più avanti - sono ripresi dal Quadro Strategico Comune e rappresentano i cardini fondamentali della strategia UE per i Fondi 2014-2020. Al fine di promuovere approcci integrati in materia di sviluppo territoriale, la proposta di regolamento orizzontale prevede meccanismi destinati a facilitare lo sviluppo degli approcci a livello locale e sub-regionale. Si tratta in sostanza del metodo Leader, da tempo utilizzato in ambito rurale per impostare e attuare piani di sviluppo locale (che si conferma obbligatorio nel caso del FEASR e al quale è attribuita una riserva di risorse di almeno il 5%) e degli Investimenti territoriali integrati (ITI) per il FESR, il FSE e - nelle aree in cui opera - il Fondo di coesione. Questi due strumenti hanno lo scopo di impegnare i soggetti regionali e locali e le collettività locali nell'attuazione dei programmi. La proposta di regolamento orizzontale introduce inoltre nuovi meccanismi per incoraggiare lo sviluppo di operazioni integrate. Ciò consente a un beneficiario unico di attuare congiuntamente un certo numero di progetti a partire da diverse fonti dei Fondi del QSC e, in taluni casi, con altri strumenti dell'Unione. Il Quadro Strategico Comune è stato proposto dalla CE nel marzo 2012. Il SC è inteso dall’UE come uno strumento per assicurare una programmazione strategica coerente per tutti i Fondi, un quadro di riferimento unitario che assicuri il raggiungimento dei target di Europa 2020. Il QSC si incardina sugli 11 obiettivi tematici introdotti dal Regolamento Orizzontale. Per ciascuno di essi, definisce: le azioni-chiave, cioè le possibili linee di intervento implementabili dai singoli Fondi; una serie di principi generali per l’impostazione della strategia; i criteri di coordinamento e integrazione tra i Fondi e tra questi e le altre iniziative gestite direttamente dall’UE. Gli 11 obiettivi individuati sono connessi tra loro, mirando nel complesso a creare un circolo virtuoso tra innovazione, sostenibilità e sviluppo sociale. La Commissione europea attribuisce una particolare rilevanza all’obiettivo della ricerca e innovazione, al quale assegna il ruolo trasversale di stimolo del 17 cambiamento necessario per ottenere risultati importanti per tutti gli altri obiettivi, siano questi legati alla competitività delle imprese, all’ambiente o alle sfide sociali emergenti. Per queste ragioni gli obiettivi (e in particolare il primo) presentano un forte legame con Horizon 2020, il nuovo programma europeo per la ricerca e l’innovazione, varato nel novembre 2011. Per quanto concerne il legame obiettivi-Fondi, secondo quanto espresso dal QSC: 1. il FESR contribuirà a tutti gli obiettivi tematici e si concentrerà sui settori d'investimento collegati al contesto nel quale operano le imprese (infrastrutture, servizi alle imprese, sostegno alle imprese, innovazione, ICT e ricerca) e alla fornitura di servizi ai cittadini in alcuni settori (energia, servizi online, istruzione, infrastrutture sanitarie, sociali e di ricerca, accessibilità, qualità dell'ambiente). Per le regioni maggiormente sviluppate sono presenti importanti limitazioni (ad esempio sono esclusi gli investimenti in infrastrutture, comprese quelle ICT) e le indicazioni di concentrazione della spesa sono selettive e orientate a ricerca e innovazione, PMI e risorse energetiche; 2. il FSE sarà indirizzato verso quattro obiettivi tematici: l occupazione e la mobilità professionale; l'istruzione, le competenze e l'apprendimento permanente; l'integrazione sociale e la lotta contro la povertà; il rafforzamento delle capacità amministrative (quest’ultimo con limitate possibilità per le regioni più sviluppate). Le azioni sostenute dal FSE contribuiranno inoltre agli altri obiettivi tematici, puntando a creare le competenze necessarie per la loro implementazione; 3. il FEASR si baserà su sei specifiche priorità, che costituiscono una declinazione degli obiettivi ai quali è collegato, operando sostanzialmente con una complementarietà con FESR e FSE sia di tipo settoriale (agricoltura e foreste) che territoriale (il FEASR si occuperà di alcune azioni nelle aree rurali marginali). Al FEASR, inoltre, la Commissione attribuisce un ruolo importante nel raggiungimento degli obiettivi ambientali. Sintetizzando, quindi, L’UE propone, attraverso Europa 2020, una strategia concentrata su alcune priorità, innervata dall’innovazione e mirata a competitività, sostenibilità e inclusione sociale, spingendo sulla necessità di integrare l’azione dei Fondi anche all’interno dei programmi attuativi regionali. Il percorso tracciato dall’UE per giungere ai singoli programmi regionali assegna, inoltre, rispetto al passato, un ruolo più importante al livello nazionale e rende quindi necessario che le Regioni siano in grado di negoziare in modo consapevole i contenuti strategici che saranno fissati nel Contratto di partenariato tra lo Stato e l’UE. In sostanza, la Commissione intende coordinare maggiormente i programmi gestiti direttamente (come ad es. Horizon 2020) con la politica di coesione, ossia con i programmi gestiti direttamente dagli Stati membri e dalle Regioni che vengono invitati, come vedremo nei prossimi paragrafi, a investire sempre di più nell’impresa sociale migliorandone l’accesso ai Fondi. 2.1.2. Europa 2020 e la crescente attenzione per le Imprese sociali Nell’attuale momento di crisi, dove le premesse della Strategia Europa 2020 sono peggiorate in termini sia di occupazione che di povertà, il ruolo dell'economia sociale può essere ancora più cruciale per il raggiungimento degli obiettivi quantitativi imposti dalla Commissione Europea. Dagli studi e dalle 18 ricerche più recenti, come pure dall'esperienza pratica, emerge il potenziale dell'economia sociale in questo campo. La struttura organizzativa e il sistema di valori delle imprese dell'economia sociale spiegano perché le loro funzioni obiettivo costituiscono una matrice pluridimensionale che integra obiettivi, di natura economica e sociale, rendendoli compatibili tra di loro, di modo che tutte le imprese dell'economia sociale producono importanti benefici macroeconomici e sociali per la società. Per quanto riguarda la crescita intelligente, è stato evidenziato che l'economia sociale contribuisce allo sviluppo di un'economia basata sulla conoscenza e sull'innovazione. Il suo potenziale è evidente in tutte le sue forme organizzative ed attività economiche. Vi sono molti esempi di innovazione organizzativa o sociale promossa dalle cooperative e da altre imprese del genere nell'industria, nell'agricoltura, nei servizi e nel settore finanziario. In quest'ultimo settore, le banche etiche e il microcredito hanno proliferato e hanno avuto un impatto sociale estremamente positivo. In termini di crescita sostenibile, le imprese dell'economia sociale sono caratterizzate da sistemi di valori che si traducono in solidarietà con il loro contesto ambientale, nell'internalizzazione dei costi sociali e nella creazione di esternalità positive. Nel caso delle cooperative, che accumulano attivi indivisibili e applicano il principio delle "porte aperte", la solidarietà viene esercitata anche nel corso di un certo arco di tempo, per gli anni a venire, dal momento che tali fondi forniscono alle generazioni future un capitale produttivo che consente loro di seguire un percorso di crescita sostenibile. Per quanto riguarda gli obiettivi occupazionali, si è evidenziato nella prassi che l'economia sociale contribuisce efficacemente a contrastare la disoccupazione, la precarietà del lavoro e l'esclusione sociale e occupazionale nei gruppi vulnerabili. Nello specifico campo della lotta contro la povertà e l'esclusione sociale, le imprese sociali hanno acquisito importanza non solo nell'Europa settentrionale e in quella meridionale, ma anche nei nuovi Stati membri dell'Europa centrorientale. Va tuttavia ricordato che non soltanto le imprese sociali, bensì tutte le imprese dell'economia sociale, qualunque sia il loro settore di attività, contribuiscono in maniera efficace a una crescita inclusiva. L'utilità sociale delle imprese dell'economia sociale non deriva dalla loro specifica attività produttiva ma dal loro sistema organizzativo e dei loro valori, che vedono una prevalenza dei diritti delle persone su quelli del capitale e sono caratterizzati da meccanismi che garantiscono la distribuzione equa del reddito e della ricchezza che esse generano. È evidente, quindi, che l'economia sociale, nel complesso, svolge un ruolo indispensabile per la costruzione dell'Europa e può contribuire alle priorità di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Tuttavia, solo all'inizio del 2011 l'agenda della Commissione ha effettivamente dato spazio all'economia sociale, o più precisamente alle imprese sociali. Ciò è avvenuto per varie ragioni: la gravità della crisi economica e il fatto che le istituzioni europee venissero sempre più chiamate in causa hanno indotto la Commissione a cercare soluzioni alternative. Una nuova ondata di richieste sociali e istituzionali, come la lettera aperta dell'ottobre 2010, proveniente dal mondo accademico e intitolata “Dalle parole ai fatti: sostegno alle cooperative e imprese sociali per un’Europa più inclusiva, sostenibile e prospera”; la risoluzione del Parlamento europeo del 2009 sull'economia sociale (relazione Toia) o il parere del CESE (il Comitato Economico Sociale Europeo) sul tema “Diversità delle forme di impresa”, hanno indotto la Commissione a dedicare maggiore attenzione all'economia sociale. L'applicazione della legislazione europea sulle piccole imprese (Small Business Act), adottata nel 2008, richiedeva una revisione, cosa che ha richiamato l'attenzione sulle imprese sociali; e, non da ultimo, vi sono stati fattori indiretti, come il 19 fatto che alcuni soggetti decisionali politici europei si sono accorti dell'elevato profilo delle imprese sociali. Il nuovo atteggiamento della Commissione è stato influenzato da due differenti linee di forza: 1. il 23 febbraio 2011, la Commissione ha pubblicato la comunicazione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Riesame dello Small Business Act per l'Europa [COM(2011) 78 final], il cui obiettivo generale era fare il punto dell'applicazione di questa normativa e valutare le nuove esigenze delle PMI europee nell'attuale clima economico. La comunicazione cita in particolare l'economia sociale e impegna la Commissione ad "adottare, entro il 2011, una iniziativa per le imprese sociali, riguardante in modo specifico le imprese che perseguono obiettivi sociali". Di conseguenza, il 25 ottobre 2011, la Commissione ha presentato una nuova comunicazione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - l’“Iniziativa per l'imprenditoria sociale - Costruire un ecosistema per promuovere le imprese sociali al centro dell’economia e dell’innovazione sociale" [COM 2011- 682 final]. Al tempo stesso, il 26 ottobre, il CESE ha presentato un parere sul tema Imprenditoria sociale e impresa sociale9; 2. il 13 aprile 2011, la Commissione ha presentato una comunicazione al Consiglio, al Parlamento europeo, al CESE e al Comitato delle regioni: Atto per il mercato unico - Dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia “Insieme per una nuova cresci a”10. L'ottava di queste leve è l'imprenditoria sociale, identificata con l'economia sociale. L'obiettivo è "favorire lo sviluppo delle imprese che hanno scelto – al di là della ricerca legittima di un profitto finanziario – di perseguire anche obiettivi di interesse generale, di sviluppo sociale, etico o ambientale", concetto ribadito anche nel secondo Atto per il mercato unico – Insieme per una nuova crescita11. L’insieme di questi contenuti assegna una nuova centralità alle organizzazioni dell’economia sociale, sia come veicolo di coesione che come agenti di un rinnovato approccio all’innovazione ed è finalizzato a sostenere la missione dell’imprenditoria sociale in una fase di grande criticità dell’Europa, sia per gli effetti di una crisi economica che non è solo congiunturale, sia per il deficit di legittimazione delle proprie istituzioni. Del resto i dati parlano chiaro: la rilevazione dell’Eurobarometro 2012 indica che per l’80% dei cittadini europei il livello di povertà nel proprio contesto di vita è in crescita e che per il 18% si vedrà radicalmente diminuire il reddito disponibile nel corso dell’anno, mentre per il 30% vi è incertezza circa la possibilità di mantenere il proprio lavoro. Esistono sicuramente significative differenze tra paesi, ma anche le economie cosiddette trainanti del Nord Europa non sono certo impermeabili alla crisi. La risposta di politica europea a questo stato di cose è, o dovrebbe essere, la strategia Europa 2020 che però fino ad oggi ha faticato a trasformarsi da dichiarazione d’intenti a una vera e propria politica industriale e sociale [Commissione Europea 2013, COM 2012 795]. D’altro canto essa propone l’obiettivo di generare 7,6 milioni di posti di lavoro aggiuntivi operando in tre aree principali: green economy, servizi sanitari e di cura alla persona (che hanno segnato un +10% di occupazione nel 9 CESE, parere esplorativo sul tema “Imprenditoria sociale e impresa sociale”, 2012/C 24/01, Relatrice: Rodert COM (2011) 206 Def. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni; “L’Atto per il mercato unico - Dodici leve per stimolare la crescita e rafforzare la fiducia “Insieme per una nuova crescita” 11 COM (2012) 573 Def. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni; “L’Atto per il mercato unico - Insieme per una nuova crescita” 10 20 triennio), nuove ecnologie dell’informazione e comunicazione. Appare chiaro che, anche non considerando settori ad elevato valore aggiunto tecnologico, le cooperative e le imprese sociali siano molto ben posizionate in ambiti dove è possibile generare questa nuova occupazione e dunque questo comparto si caratterizza per un ruolo forte come veicolo per uscire dalla crisi, a patto di assegnare la giusta priorità ad ambiti fin qui considerati residuali. 2.2. Poli iche europee per l’economia sociale e l’imprendi oriali sociale Le istituzioni europee hanno cercato di promuovere lo sviluppo dell’economia sociale e dell’imprenditorialità sociale attraverso una serie di iniziative politiche. La prima Convention della società civile organizzata a livello europeo dal CESE nell’ottobre del 1999 confermò l’importante ruolo delle organizzazioni della società civile per lo sviluppo di un modello partecipativo di società e per la formulazione e l’implementazione di politiche che accrescano la fiducia nel processo democratico. In quest’occasione fu riconosciuta all’economia sociale, per il suo carattere inclusivo degli stakeholder, la sua importanza nella trasformazione del sistema di welfare europeo e nel coinvolgimento dei cittadini nel trovare soluzioni alle sfide della società. In seguito, nel 2003, il Consiglio dell’Unione Europea adottò un Regolamento sullo Statuto per la Società Cooperativa Europea (SCE) con lo scopo di supportare lo sviluppo transnazionale delle cooperative. Mentre, nel 2004 la Commissione Europea emanò la “Comunicazione sulla promozione delle società cooperative in Europa” con particolare enfasi sui nuovi Stati membri dove il movimento cooperativo e relativamente poco sviluppato. La crescente attenzione per l’imprenditoria sociale ha poi aperto una nuova stagione di politiche a favore delle imprese che producono beni di interesse collettivo ad elevato impatto sociale che riguardano, in particolare, la creazione di un sistema dedicato di finanziamenti pubblici e privati per l’utilizzo nel modo più proficuo da parte di queste imprese delle opportunità messe in campo dalla nuova programmazione dei Fondi 2014-2020. Le politiche di indirizzo che informano le linee guida per la gestione dei Fondi Europei emanate dalla Comunità Europea sotto forma di Comunicazioni agli Stati membri prevedono, infatti, da un lato azioni specifiche di finanziamento per l’impresa sociale e dall’altro l’introduzione esplicita di una priorità d’investimento “imprese sociali” nei regolamenti FESR e FSE a partire dal 2014, al fine di fornire una base giuridica chiara e permettere agli Stati membri e alle regioni di includere azioni mirate nei propri programmi a titolo FSE e FESR per il periodo 2014-202012. Tutte questioni che investono non solo le tecnostrutture e le lobbies comunitarie, ma impattano sui territori, in particolare sugli ambiti regionali che sono indirizzati, dalle raccomandazioni dell’UE, a includere azioni mirate nei propri programmi d’intervento che la Comunità Europea vuole sempre più coordinati e sinergici nel raggiungimento di obiettivi specifici. 12 "Gli Stati membri sono invitati a prendere debitamente in considerazione gli investimenti sociali nella programmazione dei fondi dell'UE, in particolare dell'FSE, per il periodo 2014-2020. Dovranno esplorare la possibilità di mettere a punto formule di finanziamento e di ingegnerie finanziarie innovative, ricavando insegnamenti dalle esperienze relative in particolare alle obbligazioni di investimento sociale, al microfinanziamento e all'aiuto alle imprese sociali. La Commissione darà un sostegno attivo agli Stati membri nella loro programmazione, sulla base degli orientamenti contenuti nella presente strategia e di altri orientamenti tematici operativi, ad esempio sull innovazione sociale, la deistituzionalizzazione e la sanità.” - Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni, dal significativo sottotitolo "Investire nel settore sociale a favore della crescita e della coesione, in particolare attuando il Fondo sociale europeo nel periodo 2014-2020" del febbraio 2013. 21 L'Unione Europea di fatto nell’affrontare la sfida di una rapida uscita dalla crisi e rimessa dell'economia su un sentiero di crescita sostenibile, concen ra la sua a enzione sull’impresa sociale. La strategia di uscita dalla crisi comporta il ripristino di solide finanze pubbliche, riforme strutturali che favoriscano la crescita e investimenti mirati alla crescita e all'occupazione. A partire da ciò i Fondi europei possono dare un contributo importante alla crescita sostenibile, all'occupazione e alla competitività, e altresì incrementare la convergenza degli Stati Membri e delle regioni meno sviluppate con il resto dell'Unione Europea. Al fine di garantire impatti economici, ambientali e sociali di lunga durata, nella sua proposta per il Quadro Finanziario Pluriennale 2014-2020 la Commissione ha proposto un nuovo approccio per l'utilizzo dei Fondi. Principi quali il forte allineamento con le priorità politiche dell’agenda Europa 2020, la condizionalità macroeconomiche ed ex ante, la concentrazione tematica e gli incentivi legati al conseguimento di risultati sono volti a tradursi in una spesa più efficace. L’approccio pone l’accento sull’esigenza di una definizione chiara e rigorosa dell’ordine delle priorità e dei risultati, distante da una “cultura del diritto”. I Fondi costituiranno quindi un’importante fonte d’investimento pubblico e fungeranno da catalizzatore per la crescita sostenibile e l'occupazione supportando gli investimenti in capitale fisico e umano, e al contempo fungeranno da mezzi efficaci per sostenere l'attuazione delle Raccomandazioni Specifiche per Paese emesse nel contesto del Semestre Europeo. L’approccio è in linea con l'appello del Consiglio Europeo del 29 giugno 2012 circa l'uso del budget dell'Unione. 2.2.1. Iniziativa per l’imprenditoria sociale (Social Business Initiative) L’azione di policy making in ambito comunitario a favore dell’imprenditoria sociale ha conosciuto recentemente un’importante rilancio grazie alla Comunicazione della Commissione Europea “Social Business Initiative” (“Iniziativa per l’Imprenditorialità Sociale”)13. L’estensore del documento ha scelto di non proporre schemi giuridico formali – opzione peraltro complicata da un contesto europeo che come si è avuto modo di verificare è estremamente frammentato – ma piuttosto di puntare su tre diversi aspetti. Il primo riguarda il riconoscimento di un elevato valore sociale ad alcuni macro ambiti di attività all’interno dei quali le imprese sociali operano già da tempo e in numero piuttosto significativo, come i servizi sociali e le attività di inclusione attraverso il lavoro a favore di persone svantaggiate. Il secondo aspetto riguarda la destinazione della ricchezza generata dall’impresa, prevedendo che gli utili vengano reinvestiti, anche se non totalmente, per la realizzazione dello scopo sociale allentando quindi in vincolo non profit. Ultimo aspetto, e forse più evidente, riguarda la capacità dell’impresa sociale di generare un impatto non solo economico e occupazionale ma anche sociale, avendo come riferimento il benessere dei beneficiari diretti e indiretti delle attività e, a caduta, il sistema socio – economico e politico in cui l’impresa opera. Un impatto quindi che è anche sistemico perché volto a ridefinire i metodi di azione e i sistemi di regolazione. Anche per questa ragione l’impatto generato dalle imprese sociali dovrà essere efficacemente rendicontato in modo da legittimare la missione distintiva di queste imprese, mentre sul piano gestionale consentirà di attrarre risorse di vario tipo mobilitate da soggetti diversi sulla base dei risultati raggiunti. Per permettere alle imprese sociali di sfruttare appieno il proprio potenziale, la Commissione propone un piano di azioni che si inserisce nel sostegno generale all’innovazione sociale e che agevolerà 13 COM(2011) 682 Def. “Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni “Social Business Initiative. Creating a favourable climate for social enterprises, key stakeholders in the social economy and innovation” 22 l’instaurazione di un ecosistema adeguato, in stretta collaborazione con gli attori del settore e gli Stati membri. Le misure sono di vario genere e riguardano: Misure volte a migliorare il contesto legale delle imprese sociali: 1. Proposta di istituire uno statuto della fondazione europea (proposta della Commissione europea del febbraio del 2012) e semplificazione del regolamento relativo allo statuto della società cooperativa europea nel 2012. Uno studio sulla situazione delle mutue è stato pubblicato dalla Commissione il 16 novembre 2012. 2. Nel settore degli appalti pubblici, proposta di un regime specifico e razionalizzato per i servizi sociali; maggiore concentrazione sull’elemento della qualità nell’aggiudicazione dei contratti; possibilità di tener conto, nei criteri di aggiudicazione, delle condizioni di lavoro delle persone che partecipano alla produzione di beni e servizi, ed estensione della possibilità di appalti riservati alle imprese sociali (proposta della Commissione del dicembre 2011). 3. Semplificazione dell’applicazione delle regole in materia di aiuti di Stato ai servizi sociali e ai servizi locali (esonero dall’obbligo di notifica) (proposta della Commissione del dicembre 2011). Misure volte a migliorare la visibilità delle imprese sociali: 1. Tracciare un quadro esauriente delle imprese sociali in Europa per individuare buone pratiche e raccogliere dati attendibili sull’economia sociale (studio lanciato in aprile 2013). 2. Creare una banca dati pubblica delle etichette e certificazioni applicabili alle imprese sociali in Europa, per migliorarne la visibilità e la comparabilità (lavoro in corso presso la Commissione europea). 3. Promuovere l’apprendimento reciproco e il rafforzamento delle capacità delle amministrazioni nazionali e regionali, e aiutarle a porre in essere strategie integrate per sostenere le imprese sociali (lavoro in corso presso la Commissione europea). 4. Creare una piattaforma di informazione e di scambio, centralizzata e multilingue, per le imprese sociali e i loro partner (lavoro in corso presso la Commissione europea). 23 Misure intese a migliorare l’accesso delle imprese sociali ai finanziamen i: 1. Sviluppare un quadro normativo europeo sui fondi europei per l’imprenditoria sociale (proposta della Commissione europea del dicembre 2011; adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio in marzo 2013). 2. Favorire lo sviluppo del microcredito in Europa (lavoro in corso presso la Commissione europea). 3. Creare uno strumento finanziario europeo da 92,28 milioni di euro per agevolare l’accesso al finanziamento per le imprese sociali (proposta della Commissione europea dell’ottobre 2011operativa a decorrere dal 2014). 4. Introdurre una priori d’inves imen o a favore delle imprese sociali nei regolamenti FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) e FSE (Fondo sociale europeo) (proposta della Commissione europea dell’ottobre 2011) Disposizioni di così ampio respiro hanno inevitabilmente innescato un processo di implementazione che merita di essere attivamente monitorato. Se è vero infatti che l’Iniziativa per l’imprenditoria sociale è “figlia” di importanti dispositivi come l’Atto per il mercato unico, è altrettanto evidente che questo stesso documento presenta importanti riflessi nella produzione di policy a livello europeo. Nello specifico può essere ricordato il follow up della Commissione Europea per ciascuno dei punti che definiscono il Piano d’azione per l’imprenditoria sociale, in particolare per quanto riguarda l’etichettatura dei fondi d’investimento dedicati all’imprenditoria sociale allo scopo di renderli maggiormente riconoscibili facilitando l’incontro tra domanda e offerta. Anche altre istituzioni europee hanno contribuito al dibattito innescato dall’Iniziativa per l’imprenditoria sociale. In particolare vanno segnalate alcuni importanti pareri del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) che approfondiscono i contenuti della Comunicazione sia in termini generali che su questioni specifiche come i finanziamenti [CESE, 2012] e il rapporto Becker del Parlamento Europeo [European Parliament, 2012]. In particolare il CESE riconosce il ruolo fondamentale delle imprese sociali come motore dell’innovazione sociale ed evidenzia l’importanza del miglioramento delle possibilità di accesso ai finanziamenti per questi soggetti in quanto si osserva tra gli istituti di credito una carenza di strumenti appropriati di valutazione del merito creditizio e, quindi, una scarsa propensione a riconoscere il valore aziendale e la solidità economica delle imprese sociali. Sempre in ambito di finanziamento si dovrà dare particolare attenzione alle forme ibride d’investimento, più adatte alle imprese sociali poiché combinano elementi di valutazione di tipo solidale ed elementi di tipo finanziario. Secondo il CESE, per assicurare l’adeguata visibilità delle imprese sociali occorre disporre strumenti che permettano di valorizzarne e valutarne l’impatto e l’efficacia sociale e creare una banca dati pubblica per confrontare i diversi modelli attivi a livello europeo per tali misurazioni. Il CESE si esprime anche sulla riforma degli ordinamenti giuridici per creare un ambiente più favorevole all’imprenditoria sociale, in particolare sottolinea l’importanza di un maggior coinvolgimento dei cittadini e della valorizzazione del sistema delle mutue come strumento di protezione sociale per il mantenimento di un welfare inclusivo14. Infine, un ulteriore rilevante punto di caduta è rappresentato dal gruppo di esperti europei sull’impresa sociale (GECES), i cui componenti sono stati selezionati in parte per cooptazione da amministrazioni comunitarie, nazionali e locali e in parte attraverso un bando rivolto a ricercatori e practitioners. I lavori del GECES sia nelle plenarie che nei sottogruppi contribuiranno a consolidare le disposizioni della Comunicazione e fare in modo che esse diventino parte integrante delle politiche ordinarie di sviluppo, anche a livello nazionale e regionale. Gli Stati membri stanno infatti negoziando le risorse dei fondi strutturali per il prossimo periodo di programmazione rispetto alle quali, va ribadito, l’impresa sociale dovrà rappresentare una priorità di intervento. 14 Parere CESE in merito alla COM (2011) 682 Def. . “Iniziativa per l’imprenditoria sociale. Costruire un ecosistema per promuovere le imprese sociali al centro dell’economia e dell’innovazione sociale”, Relatore: Guerini. 24 Per quanto riguarda i programmi diretti di finanziamento, a Settembre 2013 il Parlamento europeo ha raggiunto un accordo politico sul programma dell'UE per l'occupazione e l'innovazione sociale, il nuovo programma per l’occupazione e l’innovazione sociale che sarà meglio descritto nei paragrafi seguenti. 2.2.2. Misure per migliorare l’accesso ai finanziamenti alle imprese sociali Un’altra misura adottata dalla Comunità Europea al fine di migliorare l’accesso al credi o delle imprese sociali consiste nell’aver modificato i requisiti di accesso ai finanziamenti UE a start-up e imprese sociali, in base a nuovi criteri volti a migliorare l’accesso al credito delle PMI e quindi la crescita competitiva del tessuto produttivo comunitario. Si tratta dei regolamenti del Single Market Act che riguardano i fondi destinati alla fornitura di capitali per le piccole e medie imprese nella fase di avvio delle attività (startup) e imprenditoria sociale (con focus sugli strumenti di investimento disponibili, strumenti di debito e piccoli prestiti). Per queste due categorie di destinatari dei finanziamenti UE, sono state istituite rispettivamente le denominazioni EuVeca ed EuSef. Con il nuovo settennato prendono, dunque, il via le nuove norme comunitarie per i gestori dei fondi di venture capital e dei fondi destinati all’imprenditoria sociale che prevedono: requisiti uniformi a livello comunitario per i gestori di organismi di investimento collettivo, relativamente al portafoglio e alle tecniche di investimento e alle imprese ammissibili; regole uniformi per categorie di investitori ai quali il fondo europeo si può indirizzare e per l’organizzazione interna dei soggetti gestori che li commercializzano; passaporto europeo per i manager di venture capital che assicuri parità di condizioni per gli operatori di mercato. La Commissione europea ha presentato, inoltre, una proposta di regolamento relativa a nuove misure volte a creare un mercato solido per i fondi di investimento in imprese sociali. L'imprenditoria sociale, infatti, pur essendo un settore che ricopre un ruolo strategico nelle società dei Paesi membri, soprattutto in questa fase di crisi, (rappresenta già il 10% delle imprese europee e offre 11 milioni di posti di lavoro retribuiti) e nonostante i frequenti contributi pubblici, dipende fortemente da finanziamenti privati che operano tramite fondi di investimento destinati specificatamente alle imprese a carattere sociale. Questi fondi di investimento specializzati sono tuttavia ancora scarsi o comunque insufficienti. In particolare gli investimenti transfrontalieri nel settore risultano troppo complicati e costosi. La Commissione propone quindi alcune misure per far fronte a tale situazione e mira a gettare le basi di un mercato solido per i fondi d’investimento in imprese sociali introducendo in particolare un marchio UE, EuSef, legato al “Fondo europeo per l’imprendi oria sociale” che permetterà agli investitori di reperire più facilmente i fondi specializzati nel finanziamento di imprese europee a carattere sociale. Inoltre, le nuove norme proposte consentiranno di semplificare e uniformare alcune disposizioni nazionali per permettere una raccolta di fondi in tutta Europa. Nell’aprile di quest’anno è stato approvato il “Regolamen o del Parlamen o Europeo e del Consiglio relativo ai fondi europei per l’imprendi oria sociale” che stabilisce i requisiti del marchio Eusef che, se soddisfatti, permetteranno ai 25 gestori di un fondo d’investimento sociale di commercializzarlo in tutta Europa. Per ottenere il marchio Eusef di "fondo sociale" occorrerà dimostrare che una quota elevata degli investimenti (pari ad almeno il 70% del capitale versato dagli investitori) è destinata a imprese sociali e dovranno fornire informazioni chiare e concrete sulla destinazione degli investimenti. Sulla scia dell’approvazione del Regolamento, nel maggio 2013, è nato un primo fondo (Social Impact Accelerator) gestito da un partenariato pubblico-privato paneuropeo che si propone di affrontare il crescente bisogno di disponibilità di capitale proprio per sostenere le imprese sociali. Il SIA, che si configura come un fondo di fondi, si propone di mobilitare un importo iniziale di 60 milioni di euro di capitali per investimenti in fondi di impatto sociale. Crédit Coopératif e Deutsche Bank si sono uniti al gruppo BEI - FEI per sperimentare il partenariato pubblico-privato nel settore e altri investitori privati hanno manifestato la loro intenzione di aderire all’operazione. Il SIA, gestito dal FEI, fornirà finanziamenti azionari a fondi che finanziano, a loro volta, imprese sociali in tutta Europa e stimolerà la crescita di fondi simili. Al di là di semplici obiettivi di ritorno finanziario, questi fondi cercano di innescare un positivo cambiamento sociale come risultato dell’impatto dell’investimento in attività consapevoli. Tale impatto sarà misurato attraverso un nuovo quadro di riferimento per la quantificazione e il reporting delle metriche di impatto a tutti i livelli della catena di investimento che il FEI ha messo a punto e che potrebbe diventare un riferimento per tutte le organizzazioni che hanno bisogno di verificare l'efficacia degli interventi. Oltre ad accrescere la disponibilità di finanziamenti per le imprese sociali attraverso l’investimento, SIA mira a sviluppare le infrastrutture del mercato esistente per l’impatto sociale in modo tale che questo sia sostenibile a lungo termine. Il lancio del SIA è un primo passo nella strategia del Gruppo BEI nell’ambito dell’investimento sull’impatto sociale e risponde al più ampio obiettivo della politica dell’Unione europea di istituire uno strumento a livello europeo dedicato al sostegno dell’inclusione sociale e delle imprese sociali in Europa. 2.3. Alcuni Programmi Europei di Finanziamento diretto di particolare interesse per le imprese e gli imprenditori sociali 2.3.1. Horizon 2020 Horizon 2020 è il nuovo programma europeo per la Ricerca e l’Innovazione, presentato nel novembre 2011. Questo nuovo strumento è considerato dalla Commissione fondamentale per la realizzazione degli obiettivi della strategia “Europa 2020” e dell iniziativa "Unione dell'innovazione". Il nuovo sistema di finanziamento integrerà in un’unica cornice le attuali opportunità di sovvenzione UE destinate alle attività di Ricerca: 26 Il Programma Quadro per la ricerca e lo sviluppo (VII Programma Quadro); Il Programma uadro per la Competitività e l’Innovazione (CIP); L’Istituto Europeo per l’Innovazione e la Tecnologia (EIT). Il budget di Horizon 2020 proposto per il periodo 2014-2020 ammonta a circa 70,2 miliardi di euro e sarà suddiviso su tre obiettivi chiave: 1. Scienza di eccellenza: il 32% del budget sarà destinato alle eccellenze della ricerca scientifica europea, primi fra tutti il Consiglio Europeo della Ricerca e le Azioni del Programma Marie Curie che sostengono la formazione, la mobilità e lo sviluppo delle capacità dei ricercatori europei; 2. Leadership industriale: contribuire ad affermare il primato industriale nell’innovazione con un bilancio pari al 22% del totale, di cui 7,7 miliardi di euro dedicati alle PMI; 3. Sfide della società: il 39% del budget sarà stanziato per affrontare i principali problemi sociali dell’Unione (sanità, evoluzione demografica e benessere, sicurezza alimentare, agricoltura sostenibile, ricerca marina, bioeconomia, energia sicura, trasporti intelligenti, interventi per il clima). Horizon 2020 vuole anche garantire un’adeguata partecipazione delle imprese, in modo particolare delle PMI a cui saranno destinate misure specifiche. La principale novità per le PMI è rappresentata da "Cosme", un pacchetto da 2,03 miliardi che ha lo scopo di rafforzare la competitività delle piccole e medie imprese attraverso la promozione dell'accesso al credito e una maggiore cultura imprenditoriale. Horizon 2020 prevede inoltre una serie di importanti novità: Una maggiore semplificazione attraverso un'architettura più semplice del programma, un unico insieme di regole; Un approccio inclusivo aperto ai nuovi partecipanti, anche coloro con idee poco convenzionali, per garantire che ricercatori e innovatori eccellenti di tutta Europa e di altri paesi possano partecipare e partecipino effettivamente; Integrazione della ricerca e dell'innovazione grazie a un'offerta di finanziamenti coerenti, senza soluzione di continuità, dall'idea alla commercializzazione; Sostegno all'innovazione e alle attività pre-commerciali, per offrire uno stimolo economico diretto; un forte accento posto sulla creazione di opportunità commerciali a partire dalle nostre risposte alle grandi preoccupazioni condivise dai cittadini europei e di altri paesi, ossia le "sfide della società"; Più possibilità per i nuovi partecipanti e per gli scienziati giovani e promettenti di proporre le loro idee e ottenere finanziamenti. 2.3.2. Creative Europe Creative Europe 2014-2020 è il nuovo programma dedicato alla cultura e al settore creativo, dal patrimonio culturale alle arti dello spettacolo, dall’audiovisivo alla musica e alla radio, dall’architettura 27 al design, all’editoria, agli archivi e alle biblioteche. Riunisce sotto un unico quadro di finanziamento tre programmi del settennato precedente: CULTURE + MEDIA + MEDIA MUNDUS. Il settore culturale e creativo rappresenta circa il 4,5 % del PIL europeo e occupa il 3,8 della forza lavoro dell’UE. Il programma è attualmente sottoposto alla valutazione del Consiglio e del Parlamento Europeo. Creative Europe introduce per la prima volta uno specifico strumento finanziario per agevolare l’accesso al credito da parte dei piccoli operatori e delle PMI dei settori culturali e creativi. Il bilancio proposto è di 1,8 miliardi di Euro in 7 anni, che rappresenta un incremento del 37% rispetto agli attuali livelli di spesa. Il bilancio sarà così ripartito: 55% per la sezione cinematografica e audiovisiva (900 milioni €); 30% per la sezione culturale (500 milioni €); 15% per la sezione transettoriale (210 milioni € per lo strumento finanziario + 60 milioni € per il sostegno alla cooperazione politica transnazionale). Il programma prende in considerazione quattro sfide principali: 1. Un mercato culturale frammentato; 2. Il cambiamento digitale; 3. L’accesso ai finanziamenti; 4. La mancanza di dati. Gli obiettivi generali del programma sono: proteggere e promuovere la diversità culturale e linguistica; rafforzare la competitività del settore culturale e creativo in un’ottica di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, quindi in sintonia con le priorità di Europa 2020. Gli obiettivi specifici sono: aumentare la capacità di operare a livello transnazionale; promuovere la circolazione delle opere culturali e degli operatori europei raggiungendo nuovi pubblici; rafforzare la capacità finanziaria delle PMI ed operatori; sostenere la cooperazione politica transnazionale Le nuove priorità si focalizzeranno su capacitybuilding e sulla circolazione transnazionale. 2.3.3. Programma per l’occupazione e l’Innovazione Sociale (EaSI) Il Programma per l’occupazione e l’innovazione sociale (EaSI) finanzierà le politiche dell’Unione in materia di occupazione, politica sociale e inclusione. Il programma si propone di sostenere la Commissione, gli Stati membri e i principali soggetti interessati nell'elaborazione, nel coordinamento e nell'attuazione di riforme efficaci miranti a risolvere i seguenti problemi di lungo termine: 28 Alti tassi di disoccupazione, in particolare fra i lavoratori poco qualificati, i più anziani, i migranti e le persone disabili; Un mercato del lavoro sempre più frammentato, caratterizzato dall'emergenza di forme di lavoro più flessibili e di altre problematiche che influiscono sulla sicurezza del posto di lavoro; Un numero inaccettabilmente elevato di persone che vivono sotto la soglia di povertà e nell'esclusione sociale. A breve termine, il programma si propone di affrontare i seguenti problemi/bisogni: La necessità di disporre di dati, statistiche e indicatori attendibili, comparabili e accessibili a livello dell'UE; La necessità di un adeguato sostegno finanziario ai responsabili politici al fine di sperimentare, valutare e applicare su più ampia scala soluzioni innovative; La mobilità geografica limitata in Europa e il sostegno insufficiente all'adeguamento tra domanda e offerta di lavoro; La difficoltà di accesso ai finanziamenti e al microcredito per le imprese sociali e i disoccupati, le persone a rischio di perdere il lavoro e i lavoratori appartenenti a categorie svantaggiate, ad esempio giovani, anziani o immigrati. Per far fronte a queste problematiche e contribuire alla realizzazione degli obiettivi della strategia Europa 2020, il programma, unirà in un unico quadro di finanziamento i tre strumenti attualmente in uso (Progress, Eures, Microfinanza) che saranno rafforzati e migliorati. 1. Asse Progress (Programma attuale per l’occupazione e la solidarietà sociale) che sostiene lo sviluppo, l'attuazione, il monitoraggio e la valutazione della politica occupazionale e sociale dell'Unione e della sua legislazione in materia di condizioni di lavoro. Le azioni “Parità di genere” e “Diversità e lotta contro la discriminazione”, non faranno più parte del Programma, ma confluiranno nei futuri programmi di finanziamento per il settore giustizia. 2. Asse EURES (la rete di servizi per l’impiego e la mobilità professionale) che sostiene attività svolte dalla rete EURES, ossia i servizi specializzati designati dagli Stati membri per sviluppare gli scambi e la diffusione di informazioni e altre forme di cooperazione destinate a promuovere la mobilità geografica dei lavoratori; in particolare la nuova proposta intende rafforzare il sostegno allo sviluppo di programmi mirati di mobilità per colmare carenze di lavoratori in determinati settori del mercato del lavoro, accrescere le possibilità di impiego sviluppando mercati del lavoro aperti e accessibili a tutti. 3. Asse Progress "Microfinanza e imprenditorialità sociale", che agevola l'accesso ai finanziamenti per gli imprenditori, soprattutto quelli più lontani dal mercato del lavoro, i gruppi vulnerabili e le microimprese. In particolare la nuova proposta faciliterà l'accesso ai finanziamenti per le imprese sociali. Il sostegno allo sviluppo delle imprese sociali sarà la vera novità di quest’asse rispetto all’attuale progress di microfinanza lanciato nel 2010 a cui si aggiunge anche un maggiore supporto ai fornitori di microcredito attraverso il finanziamento della capacity building di questi soggetti. 29 La proposta di budget complessivo è di 958, 19 milioni di euro, così ripartiti sui tre assi: Il 60% per l’asse Progress, di cui almeno il 17% dovrà essere assegnato alla sperimentazione sociale; Il 15% per l’asse EURES; Il 20% per l’asse Micro finanza e Imprenditoria sociale. La dotazione finanziaria prevista è di 850 milioni di euro. 2.3.4. Erasmus Plus Erasmus Plus è il nuovo programma dedicato all’istruzione, alla formazione e alla mobilità di personale, di studenti a vari livelli e di giovani. Gli obiettivi del nuovo programma rimangono quelli dei programmi 2007-2013 che esso va a sostituire (Programma di apprendimento permanente; Gioventù in Azione; Erasmus Mundus; Tempus; Edulink; Alfa; Programma di cooperazione bilaterale con i Paesi industrializzati), ovvero, la modernizzazione dei sistemi di istruzione e formazione europei, l’incremento delle competenze dei cittadini e il conseguente aumento dell’occupabilità. Il programma si distingue, però, per l’introduzione di 2 nuovi elementi: 1. Il sistema di garanzia e prestiti per aiutare gli studenti a livello di master a finanziare i loro studi all’estero per acquisire le abilità necessarie per posti di lavoro ad alta intensità di conoscenze; 2. Creazione di 400 tra: “Alleanze della conoscenza”: partenariati su ampia scala tra le istituzioni di istruzione superiore e le imprese per promuovere la creatività, l'innovazione e l'imprenditorialità offrendo nuove opportunità di apprendimento e qualifiche; “Alleanze di competenze settoriali”: partenariati tra gli erogatori di istruzione e formazione e le imprese per promuovere l'occupabilità formando nuovi curricula a specificità settoriale e forme innovative di insegnamento e formazione professionali. Prevede tre tipi di azioni fondamentali: Il programma si articola su cinque pilastri: 1. La mobilità individuale ai fini di apprendimento dedicata al personale (insegnanti, formatori, dirigenti scolastici e operatori giovanili), agli studenti dell’istruzione superiore e della formazione professionale, agli studenti frequentatori di master specialistici transnazionali, ai giovani (volontariato e scambi giovanili); 2. Cooperazione per l'innovazione e le buone pratiche: rafforzamento dei partenariati innovativi tra istituti di istruzione e imprese e di partenariati strategici con i Paesi della politica europea di vicinato e con le economie emergenti; 3. Sostegno alla riforma delle politiche che punteranno a rafforzare gli strumenti e l'impatto dei metodi aperti di coordinamento nei settori dell'istruzione, della formazione e della gioventù, ad 30 attuare la strategia Europa 2020 e a promuovere il dialogo politico con paesi terzi e organizzazioni internazionali. 4. Iniziativa Jean Monnet dedicata alle istituzioni interessate ad assicurarsi il riconoscimento della qualità dei loro programmi di studio in ambito di integrazione europea e ad una rete di Professori che sostengono con la loro attività di ricerca la governance e la definizione delle politiche dell'UE. 5. Azioni nel settore dello sport per svilupparne una dimensione europea. Il budget dedicato al programma è di 14,77 miliardi di euro; un incremento del 40% rispetto alla precedente programmazione che indica la grande enfasi dell’Unione Europea su questi temi ed in particolare verso il primo pilastro che otterrà il 63% delle risorse e il secondo pilastro che ne otterrà il 25%. 31 CAPITOLO 3 SISTEMI DI FINANZIAMENTO PUBBLICO NAZIONALI PER L’IMPRESA SOCIALE Nell’ambito di un’attività di assistenza tecnica realizzata nel 2010 su incarico di Finlombarda, Euricse ha realizzato una prima ricognizione delle iniziative di sostegno finanziario pubblico su cui possono contare le imprese sociali in alcuni paesi europei (oltre a Italia – e, in specifico, la regione Lombardia - si trattava di Belgio, Francia, Regno Unito e Spagna). Ciò ha consentito di comporre un database con oltre 25 misure (oltre a quelle già attive in Lombardia e gestite dalla stessa Finlombarda) [Euricse, 2010]. E’ parso utile quindi riconsiderare e aggiornare questa banca dati allo scopo di verificare l’evoluzione nel breve periodo del finanziamento pubblico all’imprenditoria sociale in una fase in cui, come si è avuto modo di argomentare, è ulteriormente cresciuto l’interesse per questo modello d’impresa, proprio da parte di soggetti finanziari. In termini generali si trattava di linee finanziarie non specialistiche, dove cioè le imprese sociali non apparivano in veste di beneficiario diretto ed esclusivo. In sede di analisi si evidenziava così, ancora una volta, lo scarso livello di istituzionalizzazione del fenomeno anche guardando ad altri comparti a esso prossimi come il settore non profit, l’economia sociale, ecc. Per quanto riguarda la tipologia del finanziamento nella maggior parte dei casi si trattava di prestiti a tasso agevolato e con modalità di restituzione del capitale differite su ampi archi temporali. Non mancavano contributi a fondo perduto, ma questi costituivano una parte limitata del finanziamento. L’accesso ai fondi riguardava in via quasi esclusiva le organizzazioni di impresa sociale e i soggetti che le promuovono e gestiscono (soci, lavoratori, ecc.), anche se si segnalavano iniziative che finanziano la domanda di beni e di servizi che queste imprese intendono soddisfare. Riassumendo le misure di finanziamento pubblico all’impresa sociale rilevate nell’ambito dell’assistenza tecnica insistevano principalmente su tre macro aree. L’avvio e, in misura minore, la ristrutturazione e il consolidamento di iniziative d’impresa sociale, in particolare finanziando i progetti d’impresa di alcune fasce “fasce deboli” della popolazione come giovani e donne. Il sostegno allo sviluppo nell’ambito di settori a “elevata vocazione” per le imprese sociali, in particolare quando si tratta di attività di inclusione sociale e lavorativa, oltre a servizi di cura, educazione, animazione, ecc. La creazione di imprese sociali “community based”, come esito di percorsi di autorganizzazione della società civile che viene incentivata a farsi direttamente carico della gestione di beni e servizi di interesse collettivo. Gli interventi di finanziamento alimentati da fondi pubblici si concentravano soprattutto su iniziative volte a favorire l’inclusione nel mercato del lavoro promuovendo a tal fine l’autoimprenditorialità dei beneficiari e/o l’avvio di imprese specializzate nell’inserimento lavorativo. Risultavano meno frequenti incentivi per startup che non riconoscono questa finalità di inclusione come obiettivo diretto o anche solo indiretto dell’iniziativa. 32 Ancora una volta il contesto italiano, e in particolare lombardo, si confermava un benchmark europeo, inducendo così a ricercare negli altri paesi singoli elementi di eccellenza che potevano essere trasferiti in ambito locale, piuttosto che assetti di policy tout court. Sono state a tal fine individuate alcune best practices di finanziamento pubblico che si caratterizzavano per i seguenti aspetti: i) la selettività rispetto ai beneficiari; ii) la continuità nel tempo e, non ultimo; iii) l’innovazione nelle forme di sostegno. Le misure selezionate hanno messo in luce alcune interessanti soluzioni gestionali: Si basano spesso su una programmazione multilivello ove si esplicitano le linee guida del sostegno, i tempi e le modalità di attuazione; Promuovono forme di collaborazione tra soggetti gestori pubblici, privati oltre agli stessi beneficiari, sia in sede di pianificazione delle politiche sia per l’implementazione delle singole linee di finanziamento; Prevedono una gestione locale dei fondi grazie ad enti e antenne territoriali della Pubblica Amministrazione; a tale proposito va ricordato che la maggior parte delle imprese sociali sono organizzazioni di piccole dimensioni che operano per scelta strategica in contesti territoriali ristretti cercando di intercettare e di rispondere alle specifiche esigenze che si lì manifestano. Non si segnalavano, infine, casi di particolare rilevanza per quanto guarda la valutazione d’impatto delle misure di finanziamento, considerando, per quanto possibile, anche i beneficiari indiretti (famiglie, comunità locali, ecc.) e prospettive temporali oltre il breve periodo. Si tratta di un limite piuttosto consistente considerando che si tratta di imprese che producono beni fruibili da una pluralità di attori e i cui benefici, spesso, sono visibili oltre l’orizzonte temporale del finanziamento. 3.1. Buone pra iche di finanziamen o pubblico / priva o per l’impresa sociale Il quadro generale delineato grazie all’assistenza tecnica può essere approfondito e ulteriormente aggiornato guardando a buone pratiche di finanziamento pubblico all’impresa sociale che hanno introdotto elementi di innovazione e che, almeno in parte, si sono sviluppate nell’ultimo triennio. I casi presentati di seguito mettono peraltro in luce una progressiva perdita di leadership da parte del contesto italiano a favore di nuovi paesi europei – il Regno Unito su tutti – e delle nuove iniziative in ambito comunitario. 3.1.1. Regno Unito: Big Society Capital (BSC) Si tratta di una società di investimenti sociali costituita dal governo inglese per finanziare imprese sociali e altre iniziative a elevato impatto sociale. E’ uno strumento operativo di finanza sociale che contribuisce a realizzare l’azione del governo attualmente in carica guidato dal conservatore David Cameron e che si basa, appunto, sulla “Big Society”, ovvero su un sistema sociale in grado di rispondere ai propri bisogni di protezione e sicurezza sociale. Il BSC è stato formalmente proposto dalla Presidenza 33 del Consiglio dei ministri del Regno Unito nel maggio 2011, quale parte di una più ampia strategia di sviluppo del mercato degli investimenti sociali nel Regno Unito. Esso si propone di fornire servizi finanziari alle organizzazioni del settore sociale, di raccogliere denaro per realizzare maggiori investimenti nel settore e di aiutare tali organizzazioni a diventare più solide e stabili. Il finanziamento governativo al fondo sarà assicurato mediante assegnazione di somme depositate presso conti correnti bancari dormienti, secondo quanto disposto dalla legge del 2008 sui “Conti correnti inattivi presso banche e istituti di credito edilizio”. Se un conto corrente bancario è rimasto inattivo per almeno quindici anni, la banca può trasferirne il saldo a uno speciale Fondo al quale il titolare del conto corrente può richiedere le somme di cui è titolare. Le somme non reclamate saranno trasmesse dal Fondo al BSC. In via generale, il BSC opererà attraverso intermediari finanziari specializzati in investimenti sociali (la cui esatta denominazione è “Social Investment and Finance Intermediaries” – SIFIs), al fine di sviluppare un mercato di intermediazione finanziaria nel settore sociale fronteggiando i problemi di accesso al credito in questo comparto. Il capitale iniziale di 400 milioni di sterline derivanti dai conti dormienti acquisiti dallo Stato è stato ulteriormente incrementato con ulteriori 200 milioni di sterline, messi a disposizione dalle quattro maggiori banche private inglesi. Il BSC è stato formalmente costituito nel 2012 e opera nella veste di broker indipendente e privato del settore sociale. Sarà obbligato a rendicontare in maniera trasparente sia i suoi risultati economici sia il suo impatto sociale, e mirerà al raggiungimento dell’autosufficienza economica nel lungo periodo dopo una parziale erosione del proprio capitale nei primi cinque anni di attività [Big Society Capital, 2013]. Nel dicembre 2011 la Commissione Europea ha autorizzato, alla luce della disciplina europea degli aiuti di stato, un finanziamento fino a un massimo di 400 milioni di sterline da concedersi dal Governo del Regno Unito per la costituzione della BSC. L’autorizzazione rilasciata dalla Commissione ha durata limitata a cinque anni. Dovranno inoltre essere notificati alla Commissione sia qualsiasi aiuto di stato ulteriore ai 400 milioni di sterline, sia qualsiasi incremento del patrimonio del BSC oltre la soglia di 600 milioni di sterline nel suddetto periodo. Questa decisione della Commissione europea dimostra che la disciplina comunitaria degli aiuti di stato non necessariamente impedisce politiche di sviluppo di cooperative, imprese sociali o altri enti a finalità sociale. La Commissione ha approvato rapidamente la proposta del governo inglese sulla base dell’assunzione di specifici impegni. La misura non particolarmente elevata dei proposti aiuti di stato e gli attesi benefici sociali e ambientali dell’intervento sono stati fondamentali ai fini della decisione. In ogni caso, la decisione costituisce ulteriore dimostrazione dell’approccio favorevole da parte dell’Unione Europea alle cooperative e alle imprese sociali, il cui ruolo fondamentale viene così riconosciuto. 3.1.2. Francia: nuova legge e nuove risorse In Francia si assiste a un importante fermento intorno al settore dell’Economia Sociale e Solidale (ESS) che indica l’insieme delle iniziative economiche (cooperative, imprese sociali, mutue, associazioni e fondazioni) a finalità sociale e che rappresenta a oggi il 10% del PIL e il 10% degli occupati. Parte del merito di questo nuovo interesse si deve alle iniziative intraprese dal Ministro con delega all’economia sociale e solidale Benoît Hamon, (tra l’altro ministero creato ex novo dal Presidente Hollande nel 2012 e interno al Ministero dell’economia e delle finanze), che fin dall’inizio del suo mandato ha attirato 34 l’attenzione sulla realtà e sulle potenzialità di sviluppo, anche e soprattutto occupazionali, del settore. uesto impegno si è concretizzato in un progetto di legge sull’economia sociale e solidale presentata il 24 luglio u.s. al Consiglio dei Ministri. La proposta di legge, oltre a definire giuridicamente l’ESS e i criteri affinché un’impresa possa essere considerata tale, presenta 5 grandi assi di intervento: 1) aumento del finanziamento delle imprese dell’economia sociale e solidale; 2) creazione di un “potere di agire” in capo ai dipendenti, ad esempio, imponendo all’imprenditore intenzionato a chiudere l’impresa, un dovere preventivo di informazione (di due mesi) dei lavoratori, così da permettere ai dipendenti di verificare la possibilità di costituire una SCOP (cioè una cooperativa di lavoratori/recuperata); 3) potenziamento dell’occupazione a livello locale, ad esempio, tramite la creazione di Poli Territoriali di cooperazione economica (PTCE) per realizzare impieghi non delocalizzabili; 4) consolidamento del modello economico delle imprese dell’ESS modernizzando il quadro giuridico delle cooperative, il quadro istituzionale e giuridico delle mutue e, più in generale, rafforzando la definizione legislativa del settore; 5) impostazione delle politiche pubbliche per l’ESS sul lungo periodo, ad esempio, rafforzando la missione e le competenze di organismi già esistenti (come il Consiglio Superiore dell’ESS – CSESS), e migliorare il coordinamento a livello territoriale, ad esempio modernizzando la rete delle Camere regionali dell’ESS (CRESS). L’obiettivo della legge è quindi triplice: il riconoscimento dell’ESS, la sua strutturazione e il suo sviluppo a cui va unito l’aspetto occupazionale che viene stimato in ulteriori migliaia di posti di lavoro da aggiungere ai già 2,4 milioni di occupati del settore. Nell’attesa di valutare le reali ricadute della legge una volta che sarà approvata e a pieno regime, va ricordato come essa s’inserisca in un insieme variegato di nuove opportunità messe in opera per rafforzare il settore. Tra le principali si possono ricordare: 1) la Banca Pubblica per gli Investimenti che mette a disposizione, in concomitanza con l’approvazione della legge, 500 milioni di euro in finanziamenti per l’ESS (creazione di un fondo dei fondi, prestiti partecipativi, garanzie per prestiti bancari, creazione di fondi per sostenere le strutture a forte impatto sociale); 2) “investimenti per il futuro”, misura lanciata nel 2009, viene rifinanziato con 80 milioni di euro per call for project nel settore; 3) il Governo, a titolo sperimentale per 3 anni, mette a disposizione delle Regioni un fondo per l’innovazione sociale di 20 milioni di euro per sviluppare progetti socialmente innovanti; 4) si sta sperimentando la creazione di un sito centralizzato per il crowfunding di progetti a impatto sociale. 3.1.3. Italia: Programma Fertilità Il programma è finalizzato a sostenere la nascita e lo sviluppo delle realtà di cooperazione sociale. L’obiettivo generale è valorizzare le esperienze dell’impresa sociale come leva per lo sviluppo economico, rafforzando ed estendendo i sistemi territoriali di welfare e creando nuove opportunità produttivo - occupazionali. La particolarità di “Fertilità” è data dal coinvolgimento attivo in sede progettuale di più soggetti. Il soggetto destinatario al quale vengono riconosciute agevolazioni a fondo perduto relativamente agli investimenti realizzati e i costi generali nel triennio successivo alla presentazione della domanda di ammissione alle agevolazioni. Il soggetto promotore al quale sono riconosciuti i costi sostenuti per le attività di orientamento, formazione, assistenza alla progettazione tutoraggio. La presentazione dei progetti può avvenire secondo due modalità: 1) progetti singoli da parte di ciascun promotore; 2) progetti “a grappolo” la cui operatività integrata consenta operazioni di filiera, produttiva e di integrazione sociale. Il soggetto tutor, in grado di offrire un servizio di consulenza allo start-up del progetto d’impresa nei primi 2 esercizi successivi alla presentazione della domanda di 35 ammissione alle agevolazioni. Un soggetto partner finanziario il quale ha assicurato i mezzi finanziari necessari alla realizzazione dell’iniziativa imprenditoriale in forma di finanziamento anticipato. Altri soggetti partner (pubblici e/o privati) in grado di apportare specifiche competenze per la buona riuscita del progetto di tutoraggio. Con il primo bando sono stati stanziati circa 30 milioni di euro, una parte dei quali provenienti dai fondi strutturali europei, sono stati riconosciuti ammissibili 182 progetti di cui finanziabili 160. I destinatari sono per il 47,5 % del sud Italia. A fronte di capitale sottoscritto di 11,7 milioni di euro, sono stati realizzati investimenti per 35,6 milioni di euro. Su un totale di 1.228 nuovi occupati, poco più della metà (696) sono lavoratori svantaggiati. Il buon risultato dell’iniziativa ha indotto alcune regioni del sud a istituire un bando “Fertilità” locale sulla base delle linee guide del progetto nazionale. Inoltre su sollecitazione delle principali organizzazioni di rappresentanza della cooperazione sociale si discute della possibilità far divenire tale strumento di incentivazione permanente attraverso un meccanismo a sportello: ciò determinerebbe nei limiti dello stanziamento previsto una politica di sviluppo delle cooperative sociali basata su una programmazione reale. 3.1.4. Italia: progetto Start-up imprenditoria sociale, Unioncamere Il sistema camerale è impegnato da anni in azioni di promozione a favore dell’economia sociale. Presso le Camere di Commercio e le Unioni regionali stanno sorgendo dei “Comitati per l’imprenditoria sociale e il microcredito” (detti CISeM) con funzioni specifiche di osservatorio e promozione. Nel 2013 Unioncamere ha lanciato l’iniziativa di sistema Start up imprenditoria sociale, il cui obiettivo è favorire la nascita di 400 nuove imprese sociali. È attualmente in atto la prima fase del progetto di selezione degli aspiranti imprenditori che intendono che avviare una nuova impresa sociale nel territorio provinciale di riferimento di una delle Camere aderenti all’iniziativa (38 su tutto il territorio nazionale), nei settori d’intervento “a utilità sociale” (D.lgs 155/06 e dalla Legge 381/9115). Possono, inoltre, essere presentate idee ricadenti anche in altri settori d’attività a condizione che le iniziative imprenditoriali siano finalizzate all’inserimento lavorativo delle persone definite “svantaggiate”. All’iniziativa possono partecipare anche società e organizzazioni già costituite, a patto che abbiano intenzione di trasformarsi in impresa sociale. I selezionati potranno beneficiare di informazioni e orientamento di base per l’avvio d’impresa, nonché di formazione e accompagnamento all’elaborazione del loro business plan. Tali servizi verranno erogati dalle Camere di commercio provinciali ad opera di tutor specializzati che assisteranno i proponenti nello sviluppo del progetto di impresa; nel raccordo con il sistema del credito e del micro-credito; nella costituzione della società. 15 Assistenza sociale; assistenza sanitaria; assistenza socio-sanitaria; educazione, istruzione e formazione; tutela ambientale e dell’ecosistema; tutela dei beni culturali; turismo sociale; formazione post-universitaria; ricerca ed erogazione di servizi culturali; formazione extra-scolastica. 36 3.1.4. Lombardia: Fondo Jeremie FSE Il Fondo Jeremie FSE è uno degli strumenti d’ingegneria finanziaria attivati a valere sul PORL 2007-2013 – asse III “Inclusione sociale”, istituito con DGR 7687/2008 e successivamente rifinanziato con DGR 8982/2009, con una dotazione finanziaria complessiva pari a 20 milioni di euro, di cui 10 già impegnati. L’obiettivo della misura è di facilitare l’accesso al lavoro per categorie escluse o a rischio di esclusione sociale e di agevolare l’accesso al credito per microimprese, imprese individuali, istituzioni non profit e del settore sociale (come le cooperative sociali): più in particolare, l’intervento finanziario a oggi implementato si propone di cofinanziare, con istituti di credito selezionati attraverso procedura a evidenza pubblica, operazioni di ricapitalizzazione di cooperative sociali e di produzione e lavoro che occupano soggetti svantaggiati, operanti in Lombardia. La specifica forma tecnica di intervento consiste nella concessione di un micro-finanziamento dell’importo fisso di 4.000 euro a persone fisiche che utilizzino tali risorse per capitalizzare la cooperativa sociale o di produzione e lavoro presso cui prestano o presteranno attività in qualità di soci cooperatori. Possono risultare beneficiari al massimo 50 soci della medesima cooperativa: quest’ultima potrà essere ricapitalizzata dunque con un ammontare massimo di risorse finanziate dall’iniziativa pari a 200.000 euro. La durata del finanziamento è di 5 anni e l’erogazione da parte dell’istituto di credito avviene: Per il 50% dell’importo a valere sulle risorse del Fondo Jeremie FSE: limitatamente a tale quota, si prevede la trasformazione in contributo in caso di permanenza del socio cooperatore presso la cooperativa di riferimento per l’intera durata dell’intervento (5 anni); Per il 50% dell’importo a valere su risorse della Banca selezionata: tale importo è ammortizzato in rate mensili comprensive di interessi, sulla base dello spread definito dalla banca stessa in sede di partecipazione al bando di gara. Le risorse assegnate alle banche sono impegnate in misura frazionata (massimo 10% dell’importo) per la costituzione di un Fondo di Garanzia a copertura dell’80% delle prime perdite derivanti da eventuali mancati rimborsi dei finanziamenti concessi, limitatamente alla quota erogata a valere sulle risorse bancarie. I risultati raggiunti dall’intervento al 30 maggio 2010, ovvero a poco più di un semestre dall’avvio dell’operatività sui primi due lotti da 2,5 milioni di euro ciascuno assegnati, sono così riassumibili: 2.105 finanziamenti concessi ai soci per complessivi 8,4 milioni di euro; - 1.200 finanziamenti circa erogati ai soci per complessivi 4,8 milioni di euro; - 140 circa cooperative sociali e di produzione e lavoro capitalizzate. Rispetto alle dimensioni della cooperazione sociale lombarda, ciò vuol dire aver concesso finanziamenti al 3,6% circa dei 59.047 soci complessivi e di avere contribuito alla ricapitalizzazione di circa il 9,9% delle 1.420 cooperative sociali precedentemente censite (anno 2007). Dal punto di vista del grado di leverage con le risorse private, lo strumento permette teoricamente, al lordo della quota destinata al Fondo di 37 Garanzia (al massimo 10% dell’importo), un rapporto di leva 1:1, ovvero l’erogazione di risorse bancarie esattamente pari a quelle pubbliche utilizzate, con una conseguente attivazione di finanziamenti complessivi (pubblici più privati) di entità doppia rispetto ai fondi regionali impegnati. 38 CAPITOLO 4 RETI STRATEGICHE Le organizzazioni sociali presentano una tendenza naturale a formare gruppi basati su affinità e interessi economici e politici comuni. Alcuni gruppi di aziende e reti dell'economia sociale che si sono organizzati in modo da risultare competitivi sono dei veri e propri giganti a livello europeo. Si sono formati anche gruppi operanti nella sfera politica. L'economia sociale in Europa ha creato numerose organizzazioni che ne rappresentano gli interessi e, attraverso di loro, ha partecipato all'elaborazione e attuazione delle politiche nazionali ed europee ogni qualvolta questi processi abbiano aperto uno spazio di partecipazione per questo tipo di soggetto sociale. Nei diversi paesi europei, le associazioni che rappresentano le imprese e le organizzazioni dell'economia sociale sono sorte principalmente in base a una prospettiva settoriale, dando origine a organizzazioni, associazioni e piattaforme che rappresentano, fra l'altro, le cooperative di credito, dei lavoratori e agricole, nonché le mutue assicuratrici, gli enti e le associazioni previdenziali e altre organizzazioni non governative dedite ad attività sociali. uesto processo si è verificato anche a livello europeo, dove l’economia sociale (nel suo complesso o attraverso le "famiglie" che la compongono) storicamente ha svolto un ruolo in diverse politiche dell’UE. uest’aspetto è stato evidente sin dalla firma del Trattato di Roma, con la fondazione di Eurocoop, l’organizzazione che rappresenta le cooperative dei consumatori in Europa, e nello sviluppo della Politica agricola comune coadiuvato dalla Confederazione generale delle cooperative agricole nell’Unione europea (Cogeca). 4.1. Re i di rappresen anza dell’Economia Sociale e delle imprese sociali 39 CECODHAS (http://www.housingeurope.eu/), il Comitato europeo di coordinamento per gli alloggi sociali che comprende circa 41400 tra cooperative, enti pubblici e organizzazioni di volontariato che offrono servizio di housing in 19 Paesi. CECOP (http://www.cecop.coop/): Confederazione europea delle cooperative di produzione e lavoro, delle cooperative sociali e delle imprese partecipative attive in ambito industriale, dei servizi e dell’artigianato. CECOP ha soci in 17 Paesi europei tra cui 20 federazioni nazionali e 4 organizzazioni di sviluppo per la promozione delle imprese cooperative, per un totale di circa 50000 imprese. CICOPA (http://www.cicopa.coop): Organizzazione internazionale delle cooperative di produzione in diversi settori (costruzione, produzione industriale, servizi di interesse generale, trasporti, servizi intellettuali, attività artigianali, salute, assistenza, etc.). I membri sono associazioni di secondo livello di rappresentanza di cooperative nei settori citati. COGECA – European agri-cooperatives and farmers (http://www.copa-cogeca.be): Confederazione generale delle cooperative agricole nell’Unione europea. Ha 35 membri effettivi e 4 membri affiliati all’Unione Europea e rappresenta oltre 40000 cooperative. Cooperatives Europe (http://Coopseurope.coop) è l’organizzazione di raccolta di tutte le entità rappresentative del movimento cooperativo europeo che si rapporta ufficialmente con le istituzioni europee. Ha 91 organizzazioni membri provenienti da 35 Paesi europei e rappresenta oltre 160000 società cooperative. EABC – European Association of Co-operative Banks (http://www.eacb.coop/en/home.html): Associazione delle banche cooperative europee che rappresenta, promuove e difende gli interessi di 28 membri istituzionali e delle banche cooperative. Rappresenta circa 56 milioni di membri e 860000 lavoratori. EFC – European Foundation Centre (www.efc.be): Centro Europeo delle Fondazioni che racchiude circa 230 fondazioni e opera come ente filantropico europeo. EVPA – European Venture Philanthropy Association (http://evpa.eu.com): Associazione europea delle Associazioni di Venture Philanthropy. La rete racchiude più di 160 membri tra fondi di venture philanthropy, fondazioni erogative, imprese di private equity, philanthropy advisor e business school provenienti da 22 Paesi. EUROCOOP (http://www.eurocoop.org/it/): Comunità europea delle cooperative di consumo. I suoi membri sono le organizzazioni nazionali delle cooperative di consumatori di 18 paesi europei e 1 non europeo. Creato nel 1957, Euro Coop rappresenta oggi oltre 4.500 cooperative locali e regionali, i cui soci sono oltre 30 milioni di consumatori in tutta Europa. FEBEA – European Federation of Ethical and Alternative Banks (www.febea.org/home.php): Federazione europea delle banche etiche e alternative che rappresenta le 25 maggiori banche etiche europee al fine di promuovere la crescita di iniziative a favore della finanza etica. 4.2. Re i europee per la promozione dell’Economia Sociale e dell’impresa sociale 40 CEFEC – Social Firms Europe (http://socialfirmseurope.org/): Confederazione delle imprese sociali europee che promuove il modello dell’impresa sociale e della cooperazione sociale a livello europeo, nazionale e regionale. La piattaforma raccoglie dati sull’impresa sociale in Europa e il suo impatto nel sistema economico; favorisce lo scambio di buone pratiche tra i suoi membri; promuove e facilita la creazione di opportunità commerciali per le imprese sociali nei diversi paesi dell’Unione Europea. DIESIS – Europea Research and Development Service for the Social Economy (www.diesis.coop): rete che opera a supporto dell’Economia Sociale in Europa attraverso attività di ricerca, formazione e consulenza in vari ambiti (integrazione sociale, cittadinanza attiva, social housing, democrazia partecipata, etc.). La rete, attiva dal 1997, rappresenta migliaia di imprese sociali in tutta Europa. ENSIE – European Network for Social Integration Enterprises (www.ensie.org): Rete Europea per Imprese per l’Integrazione Sociale. Piattaforma europea per la rappresentanza, e lo sviluppo di reti e federazioni di imprese per l’integrazione sociale. Euclid Network (http://www.euclidnetwork.eu): network internazionale di leader del terzo settore e della società civile con l’obiettivo di rendere la società civile europea più forte, sostenibile e innovativa. Impact Hub (http://www.impacthub.net/): rete internazionale di comunità di incubazione e di sviluppo di imprenditoria e innovazione sociale. SEE – Social Enterprise Europe (www.socialenterpriseeurope.co.uk/): organizzazione nata nel Regno Unito con l’obiettivo di sviluppare un sistema di imprese sociali a livello europeo. Attualmente attiva in 5 paesi: Regno Unito, Germania, Svezia, Francia e Italia. SEN – Social Entrepreneurship Network (www.socialeconomy.pl): Rete dell’Imprenditoria Sociale. Rete promossa dalle autorità di gestione del Fondo Sociale Europeo di nove paesi e regioni allo scopo di scambiare conoscenze, esperienze e buone pratiche per sviluppare un supporto alle imprese sociali nell’ambito del FSE. Social Innovation Europe (https://webgate.ec.europa.eu/socialinnovationeurope/): osservatorio europeo sull’innovazione sociale che racchiude al suo interno diverse directory relative a studi, eventi, notizie sul mondo dell’innovazione sociale in Europa. SOCAP (http://socialcapitalmarkets.net/): evento annuale dedicato al tema degli investimenti etici e della finanza etica. TONIIC – Global Impact Investor Network (http://www.toniic.com/): piattaforma globale dedicata all’impact investing. La maggior parte di queste organizzazioni rappresentative a livello europeo è affiliata a propria volta a Social Economy Europe (http://www.socialeconomy.eu.org/), la conferenza permanente europea sulle cooperative, le mutue, le associazioni e le fondazioni, che al momento è il massimo interlocutore del settore per le istituzioni europee. Si tratta di una piattaforma creata nel novembre 2000 col nome di CEP-CMAF (Standing Conference of Cooperatives, Mutual Societies, Associations and Foundations Conferenza Europea Permanente del Comitato consultivo delle Cooperative, Mutue Associazioni e Fondazioni). In alcuni paesi, le associazioni rappresentative sono andate oltre il livello settoriale e hanno creato organizzazioni intersettoriali che fanno esplicito riferimento all’economia sociale. Esempi sono CEPES, la confederazione spagnola delle imprese dell’economia sociale, e la Pia aforma dell’economia sociale in Lussemburgo. Si sono realizzati anche dei raggruppamenti basati su altri criteri: negli ultimi 15 anni sono sorte reti congiunte di piattaforme di rappresentanza dell'economia sociale, enti governativi (come le giunte comunali) e/o società e altre organizzazioni sociali. È il caso di ESMED, la rete euro-mediterranea dell’economia sociale, composta da piattaforme nazionali dell’economia sociale e cooperativa di 41 Portogallo, Francia, Spagna, Italia, Marocco e Tunisia; di REVES, la rete europea delle città e delle regioni per l'economia sociale; e di FEDES, la federazione europea dei datori di lavoro nel settore sociale, tutte impegnate a promuovere attivamente l’economia sociale. 4.2. Re i scien ifiche di ricerca e di suppor o all’imprendi oria sociale 42 Aiccon – Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Non Profit (www.aiccon.it): centro Studi promosso dall’Università di Bologna, dal movimento cooperativo e da numerose realtà, pubbliche e private, operanti nell’ambito dell’Economia Sociale allo scopo di promuovere la cultura della cooperazione e del Non Profit, con particolare attenzione alle idealità, attività, prospettive e problemi delle Cooperative, delle Fondazioni, delle Organizzazioni non profit. CIRIEC - International Centre of Research and Information on the Public, Social and Cooperative Economy (http://www.ciriec.ulg.ac.be): organizzazione scientifica internazionale i cui aderenti comprendono organizzazioni in rappresentanza delle imprese del settore pubblico e dell’economia sociale e cooperativa di molti paesi europei, con ricercatori specializzati nel settore. EMES Network (www.emes.net): rete di ricerca europea comprendente centri di ricerca universitari e singoli ricercatori il cui obiettivo è costruire un impianto teorico ed empirico intorno al Terzo settore. EURICSE - European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises (www.euricse.eu): fondazione di ricerca creata per favorire la crescita e la diffusione di conoscenze e processi di innovazione delle cooperative, delle imprese sociali, delle organizzazioni non-profit e dei commons. GEM – Global Entrepreneurship Monitor (www.gemconsotium.org): organizzazione che elabora annualmente un rapporto sull’attività imprenditoriale in 50 paesi. Nel 2009 ha condotto un’indagine speciale per documentare la prevalenza delle imprese sociali. Iris Network – Associazione I aliana degli Is i u i di Ricerca sull’Impresa Sociale (www.irisnetwork.it). Associazione creata per promuovere e sostenere attività di indagine empirica e di riflessione teorica che favoriscono una conoscenza approfondita delle organizzazioni di impresa sociale, affermandone il ruolo e migliorando la loro capacità di intervento. La Revue des études cooperatives (www.recma.org): rivista per la diffusione e la promozione di studi e ricerche sulle organizzazioni dell’Economia Sociale in materia di scienze sociali, economia e giurisprudenza in Francia e nel mondo. SELUSI – Social Entrepreneur as Lead Users of Service Innovation (www.selusi.eu): progetto di ricerca finanziato dalla Commissione Europe che studia il comportamento delle imprese sociali nei mercati su un campione di 600 imprese sociali europee (Svezia, Ungheria, Spagna, Romania e Regno Unito). 43 TEPSIE – Theoretical, empirical and policy foundations fo social innovation in Europe (www.tepsie.eu): organizzazione fondata dalla Commissione Europea tra 6 Istituzioni Europee per indagare sulle barrier all’innovazione sociale e per identificare sistemi di misurazione dell’innovazione sociale. RIFERIMENTI NORMATIVI COM (2013) 83 Def. “Inves ire nel se ore sociale a favore della cresci a e della coesione, in particolare attuando il Fondo sociale europeo nel periodo lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2013:0083:FIN:it:PDF 2014-2020”, http://eur- COM (2012) 795 Def. “Piano d’azione imprendi oriali 2020. 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