Il ruolo dell`ufficiale giudiziario
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Il ruolo dell`ufficiale giudiziario
La rete degli interventi contro la violenza N. 199/200 27 Il ruolo dell’ufficiale giudiziario Paolo Bischèri Referente della Polizia di Stato per la task force interistituzionale, Asl 9 Procura della Repubblica di Grosseto Abstract Le attività investigative svolte dagli organi di Polizia Giudiziaria per i reati cd di violenza domestica seguono sostanzialmente le procedure attuate per qualsiasi altro tipo di crimine. Questa tipologia di reati però, il più delle volte, avviene in ambiti molto privati e per questo motivo esistono maggiori difficoltà per la ricerca delle prove. Vi è quindi la necessità di un’adeguata preparazione professionale non solo degli investigatori ma anche di tutte le altre professionalità che possono venire in contatto con le vittime. Un’adeguata accoglienza ed un appropriato supporto a chi ha subìto una violenza, potranno essere garantiti solo attraverso una vera collaborazione interistituzionale, una cooperazione che metta al centro dell’attenzione il problema delle stesse vittime nei suo vari e complessi aspetti. Solo in questo caso le vittime avranno fiducia e potranno essere di aiuto alle attività investigative. La conoscenza delle procedure e la collaborazione tra le diverse istituzioni, saranno assicurati solo a seguito di un’adeguata formazione che dovrà essere eseguita dalle varie professionalità in maniera congiunta e non in modo separato. Dovendo parlare di attività investigative in tema di violenza domestica, prima di fornire al lettore alcuni spunti di riflessione sulle modalità operative da adottare, appare opportuno fare una breve introduzione su quelli che sono i fondamentali compiti della polizia giudiziaria. A seguito della commissione di un fatto che potrebbe configurare un reato, la polizia giudiziaria, oltre ad acquisire gli elementi che permettono di valutare la fondatezza della notitia criminis, dà inizio alla cosiddetta attività investigativa che ha come scopo sia quello dell’acquisizione delle fonti di prova, che quello dell’individuazione dell’autore/i. Secondo quanto previsto dal Codice di procedura penale, infatti, le indagini condotte dalla polizia giudiziaria sono finalizzate a impedire che i reati producano ulteriori conseguenze, alla ricerca degli autori, al compimento degli atti necessari ad assicurare le fonti di prova, nonché alla raccolta di tutto quanto servirà per l’applicazione della legge penale. In questa prima fase, la polizia giudiziaria agirà d’iniziativa, ma avrà l’obbligo di comunicare, senza ritardo e comunque nel rispetto di quanto stabilito dal Codice di procedura penale (art. 347 c.p.p.), l’avvenuta acquisizione della notizia di reato alla competente Auto- rità Giudiziaria che, dal quel momento, avrà la titolarità delle attività di indagine che saranno quindi coordinate dal Pubblico Ministero. Nella complessa e articolata attività investigativa, la ricerca delle fonti di prova riveste una particolare rilevanza e le attività finalizzate a quest’obiettivo dovranno essere eseguite nel pieno rispetto delle norme previste dal Codice di procedura penale. Da questo punto di vista infatti, non è solo importante che la raccolta delle fonti di prova sia realizzata in maniera approfondita e completa ma è altrettanto fondamentale che avvenga nel rispetto di tutte le procedure e garanzie previste dalla legge. Anche nello svolgimento delle indagini per casi di violenza domestica, è necessario rispettare quanto appena detto. è chiaro però, che i casi di maltrattamento in famiglia e più in generale situazioni di violenza familiari presentano delle peculiarità che richiedono attenzioni e strategie investigative particolari e quindi professionalità adeguate. Una delle principali difficoltà che si possono riscontrare nel condurre indagini per questo tipo crimini è dovuta al fatto che, molto spesso, le violenze e i maltrattamenti avvengono proprio all’interno delle nostre abitazioni, in ambienti privati, con pochi testimoni e quindi con molte 28 La rete degli interventi contro la violenza difficoltà nell’acquisizione delle cosiddette fonti di prova. Ecco perché molta importanza è data proprio alle informazioni fornite dalle stesse vittime. Le dichiarazioni rese da parte di chi è oggetto di maltrattamenti devono essere considerate un punto di partenza fondamentale per la ricostruzione dei fatti e per l’attribuzione delle responsabilità; senza la collaborazione dei diretti interessati tutte le altre attività investigative saranno molto più difficoltose. Il primo passo, sarà quello di ottenere la fiducia delle vittime, accogliendole e supportandole per quanto loro è accaduto e aiutandole a superare le eventuali difficoltà che potrebbero verificarsi nel corso dell’iter investigativo e processuale. Si tratta di un cammino che, molto spesso, oltre a essere lungo, può rivelarsi pieno di insidie e difficoltà, che possono determinare nelle vittime sentimenti di scoraggiamento e persino perdita di fiducia nelle istituzioni. Da questo punto di vista un’accoglienza multiprofessionale appare la modalità più adatta a rassicurare le vittime accompagnandole così in un percorso virtuoso. Il progetto Codice Rosa – percorso rosa, nato e attuato in provincia di Grosseto, ha un obiettivo basilare: il “problema della vittima” e “la persona” in quanto vittima, devono essere messe sempre al centro dell’attenzione. Gli operatori sociosanitari, le Forze dell’Ordine e le altre figure professionali chiamate a intervenire, lo devono fare agendo in sinergia e in maniera coordinata sui vari aspetti della problematica. è evidente che il fenomeno della violenza è composto da vari aspetti ognuno dei quali deve essere gestito nel migliore dei modi da parte degli organi competenti. La violenza è un problema sanitario nel momento in cui una vittima deve farsi curare in un Pronto Soccorso o in un altro presidio medico; nello stesso tempo ha anche un aspetto giudiziario (con le conseguenti procedure investigative e giudiziarie). Infine, la violenza può avere anche una rilevanza socioassistenziale nel momento in cui, ad esempio, le vittime necessitano di un aiuto per la risoluzione di altri problemi, molti di questi di natura pratica, quali ad esempio la ricerca di un luogo dove rifugiarsi oppure un adeguato supporto psicologico atto a superare il loro periodo di grave difficoltà. Ecco allora che per essere effettivamente d’aiuto a queste persone tutte le professionalità dovranno essere adeguatamente coordinate tra di loro. Entrando nello specifico possiamo dire che i medici, le Forze dell’Ordine, gli assistenti sociali e le altre figure professionali coinvolte dovranno collaborare insieme per prendersi veramente in carico la vittima, accompagnandola così attraverso un percorso che tenderà alla risolu- N. 199/200 zione e all’aiuto di tutte le persone coinvolte (in molti casi vi sono più vittime). Le procedure non sono e non possono essere rigide e, per ogni caso, si dovranno tenere in dovuta considerazione le caratteriste di quella specifica situazione. Solo garantendo alle vittime un reale aiuto, queste persone potranno fidarsi e così collaborare, dando il loro contributo alla riuscita dell’attività investigativa. Nei casi di violenza domestica, un ruolo determinante nelle attività investigative è svolto anche da tutte quelle persone che a qualsiasi titolo sono venute a conoscenza della vicenda (cosiddette persone informate sui fatti). Le testimonianze possono essere dirette, ovvero rilasciate da soggetti che hanno assistito direttamente ai fatti, oppure indirette, allorquando le informazioni sono pervenute da terze persone (ad esempio il racconto della vittima fatto a un altro soggetto). Un numero consistente di informazioni, permetterà infatti, all’investigatore, una ricostruzione più precisa e puntuale dell’intera vicenda, non dimenticando che anche in questo caso la collaborazione da parte delle varie professionalità ha un ruolo estremamente importante. Accade spesso che le vittime di violenza accedano ai nostri Pronti Soccorsi, raccontando storie di infortuni che, molto spesso, nascondono fatti di violenza. è opportuno precisare che si tratta di soggetti che richiedono frequentemente di cure mediche e non in tutti i casi sono riconosciute come vittime di violenza. Un operatore sanitario (medico o infermiere) ben formato sarà quindi in grado di intercettare e assistere queste vittime, oltre a essere un valido collaboratore per gli stessi investigatori. è però altrettanto importante che questi soggetti non vengano lasciati soli ma siano adeguatamente supportati da una squadra specializzata (composta oltre che da sanitari anche dalle altre professionalità) che possa guidarli e assisterli in caso di necessità. Volendo dare un taglio pratico a quanto appena affermato possiamo dire ad esempio, che conoscere come una persona è arrivata in Pronto Soccorso (accompagnata dal marito, compagno o da altra persona), conoscere il suo comportamento all’interno della struttura ospedaliera e quello del suo accompagnatore (spesso troppo presente, fin troppo amorevole e attento nei confronti della sua vittima) sono informazioni che possono essere di aiuto nella conduzione delle attività investigative (e nell’individuazione delle vittime). E ancora, sapere sin da subito dove, come e quando sono state causate le lesioni e capire se il loro racconto è compatibile con quanto riscontrato sulla sua persona, ovvero se quelle lesioni sono effettivamente cau- N. 199/200 sa di quanto dichiarato o se vi sono dei dubbi sulla dinamica. E ancora, conoscere il luogo in cui si è verificato il fatto, nei casi più gravi, può permettere un immediato sopralluogo da parte delle Forze dell’Ordine e, nel caso, l’intervento di personale della Polizia Scientifica che può acquisire altri elementi di prova utili per le attività di indagine. Tutto questo non è certo una cosa facile; infatti pur non essendo medici o infermieri, conosciamo bene le difficoltà che vi sono nell’operare in un Pronto Soccorso con continue emergenze e magari con un numero elevato di pazienti. Questo però non ci deve scoraggiare se vogliamo collaborare e contribuire a sconfiggere questo tipo di fatti. La violenza sessuale Una particolare attenzione deve essere riservata ai casi di violenza sessuale. Per questa tipologia di reato oltre a essere valido quanto sopra detto, occorre fare alcune precisazioni soprattutto per quanto riguarda gli accertamenti che vengono effettuati in un Pronto Soccorso. Le vittime che accedono al Pronto Soccorso riferendo di aver subìto una violenza sessuale, come è prassi, vengono sottoposte a un particolare protocollo sanitario che, oltre a prendere in considerazione gli aspetti sanitari, ha dei rilevanti aspetti medico-legali. In effetti gli accertamenti sanitari che vengono operati su questi pazienti hanno anche una grande importanza per le successive attività investigative che devono essere operate nell’immediatezza dei fatti. In tutti questi casi le procedure integrate (sanitarie e investigative) devono tenere nella dovuta considerazione le La rete degli interventi contro la violenza 29 normative, al fine di garantire non solo la corretta acquisizione delle fonti di prova ma anche la loro regolare custodia. I reperti prelevati quindi non solo dovranno essere stati raccolti in maniera corretta, ma dovrà essere garantito il rispetto della catena di custodia di queste fonti di prova. L’attuazione della corretta procedura dovrà essere quindi documentata in maniera dettagliata avendo cura di indicare anche le modalità di custodia dei reperti nonché le persone che li hanno avuti in consegna. Da quanto appena detto emerge che molta importanza viene demandata alla scrupolosa compilazione della cartelle cliniche (e nei casi previsti dalla legge anche dei referti) sulle quali saranno annotati con cura tutti passaggi procedurali messi in atto e tutti gli operatori che hanno collaborato alle attività. In conclusione possiamo affermare che la più volte richiamata sinergia e collaborazione richiesta sarà possibile solo grazie a un’adeguata formazione di tutte le professionalità; una formazione che è opportuno venga fatta in maniera congiunta e non a comparti separati. è infatti molto importante che gli operatori sanitari, Forze dell’Ordine, assistenti sociali, si confrontino in momenti formativi comuni. Conoscere le rispettive procedure, le necessità e le stesse difficoltà di ogni professione chiamata a intervenire in soccorso o aiuto delle vittime di violenza è un aspetto determinante sia per collaborare attivamente che per la ricerca e valutazione delle procedure integrate che tengano conto delle varie esigenze operative. Il tutto, è bene ribadirlo, sempre nel prioritario interesse e tutela delle vittime.