olii da cucina
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Gusto e salute, il difficile compromesso degli olii da cucina Non tutti gli olii vegetali sono uguali. A distinguerli è il gusto, il costo, le proprietà e anche gli effetti sulla salute. Una guida ci aiuta a capire come scegliere l’olio più adatto alle nostre esigenze di Silvia Pasqualotto APPROFONDIMENTI C'è quello extra vergine di oliva, quello di mais, quello di arachidi, quello di sesamo, il molto discusso olio di palmae persino il più 'esotico' olio di canapa. Orientarsi in cucina è difficile, soprattutto se non si conoscono proprietà e caratteristiche delle varie sostanze. “Spesso inoltre a confondere le idee si aggiungono le credenze popolari e le abitudini - come quella di riutilizzare l'olio della frittura - nate nel passato, quando l'unico imperativo era risparmiare” racconta Stefania Ruggeri, nutrizionista e ricercatrice presso Crea, l'istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione e autrice - assieme allo chef Gabriele Rubini - della nuova edizione de “La nuova dieta mediterranea”. Con lei abbiamo cercato di capire come scegliere l'olio giusto, evitare errori grossolani e salvaguardare la nostra salute. Un'ampia scelta. “Gli olii vegetali si ricavano dai frutti, dai semi e da cereali come il mais. E sono da preferire a quelli animali come il burro e lo strutto perché contengono acidi grassi insaturi, meno dannosi di quelli saturi presenti nelle adiposità animali” rivela Ruggeri. Non tutti gli olii vegetali però sono uguali. A distinguerli è il gusto, il costo ma soprattutto gli effetti sulla nostra salute. “Da questo punto di vista - chiarisce Ruggeri – dobbiamo distinguere tra gli olii più ricchi di acidi grassi monoinsaturi - come quello extra vergine di oliva - e quelli più ricchi di acidi grassi polinsaturi che sono, ad esempio, quello di girasole e quello di mais”. Olii polinsaturi e raffinati. Gli olii vegetali come quelli di mais, di semi di girasole, contengono soprattutto acidi grassi polinsaturi sono caratterizzati da legami molecolari più deboli che li rendono poco stabili e quindi inadatti alle alte temperature. “Meglio, quindi, utilizzarli a crudo - rivela la nutrizionista - e di non superare 1-2 cucchiai alla settimana”. Infatti questi olii subiscono quasi sempre un processo di raffinazione. “La raffinazione serve per rimuovere le impurità, l'odore o il sapore sgradevole e per migliorarne il colore. Tuttavia comporta anche la perdita di alcuni principi bioattivi vegetali benefici e la formazione degli 'acidi grassi trans', molto nocivi per la salute perché responsabili dell'aumento del colesterolo” continua l'esperta. Olii monoinsaturi e spremuti a freddo. All'interno di questa categoria c'è l'olio extra vergine di oliva. “I suoi effetti benefici sono noti da molti anni spiega Ruggeri - ma oggi sappiamo che la responsabilità è di una sostanza chiamata acido oleico che riduce il rischio di patologie cardiovascolari. Inoltre l'olio extravergine d'oliva contiene polifenoli, e in particolare una sostanza l’oleuropeina, sostanze antiossidanti che hanno un'azione benefica sul colesterolo e attivano il sistema antiossidante dell’organismo ”. Attenzione alla cottura. Utilizzare olio durante la cottura serve per non far attaccare i cibi e anche per renderli più gustosi perché durante il processo di cottura gli alimenti assorbono anche l'aroma di queste sostanze. Tuttavia, perché l'olio possa esaltare il sapore di un piatto, bisogna usarlo con cura. Altrimenti si rischia di avere pietanze dai sapori spenti e di eliminare vitamine e sostanze nutritive. “Bisogna ad esempio fare molta attenzione alla temperatura. Nel caso della frittura, se è troppo alta l'olio rischia di deteriorarsi ma se è troppo bassa, il tempo di cottura si allungherà e il cibo assorbirà troppo olio. La regola è quella di non superare mai il cosiddetto 'punto di fumo': la temperatura oltre la quale l'olio si decompone e produce un fumo bluastro. In questa fase si forma una sostanza tossica chiamata acroleina che irrita il fegato e la mucosa gastrica e che è potenzialmente cancerogena” afferma la nutrizionista. Come si frigge? Per evitare rischi per la salute e assicurarsi una cottura perfetta, la nutrizionista consiglia di: Non fare mai imbrunire l'olio. “Per verificare se è la temperatura è giusta per iniziare a friggere si può fare una prova immergendo un pezzetto di mollica o un bastoncino di legno. Se intorno si formano delle bollicine vuol dire che l'olio ha raggiunto la temperatura giusta”. Non aggiungere mai olio durante la frittura. “In questo modo si abbassa il punto di fumo e si rischia la produzione di acroleina”. Immergere completamente l'alimento nell'olio. “Molte persone pensano erroneamente che sia più salutare usare poco olio ma è un'idea sbagliata. Se infatti il cibo è completamente immerso si cuocerà prima e assorbirà meno olio”. Un trucco è quello di dividere gli alimenti in piccoli pezzi così da rendere più veloce la fase di frittura. Inoltre il cibo dovrebbe essere sempre molto freddo, basta metterlo 20 minuti prima in frigorifero . “Anche questo accelera i tempi di frittura”. Non friggere cibo bagnato. “In questo modo si facilità l'alterazione dell'olio e quindi la produzione di sostanze nocive”. Non riutilizzare mai l'olio della frittura. “Per quanto riguarda invece le cotture al forno o in padella - continua Ruggeri - il consiglio è quello di non esagerare mai e di utilizzare sempre l’olio extravergine di oliva”. Attenzione alle dosi. Quando si parla di olio, quello che conta non è solo la qualità, ma anche la quantità. “Un'alimentazione mediterranea corretta - spiega l'esperta - prevedrebbe di introdurre una quota di grassi non superiore al 35% del fabbisogno energetico totale. Per fare un esempio, nel caso di una donna adulta, questo corrisponde a 3 cucchiai di olio”. Una soluzione per non sforare e avere cibi saporiti è quella di mischiare l'olio con altre sostanza per fare salsine e vinaigrette. La nutrizionista consiglia di “unire olio e aceto o emulsionare l'olio con un po' di salsa di soia senza sale”. Come si conserva. Per evitare che l'olio diventi rancido o sviluppi un cattivo odore, il consiglio è quello di conservarlo in un luogo buio, asciutto e lontano da fonti di calore. “Inoltre andrebbe sempre scelto quello in confezioni di latta o di vetro scuro che evitano che si deteriori per l'esposizione alla luce”, raccomanda Ruggeri. Importante anche rispettare la data di scadenza che, per legge, deve essere riportata sulla confezione. “In genere la durata di un olio di oliva (con contenitore chiuso) è di circa un anno. Mentre se la bottiglia è stata aperta è meglio utilizzarlo il prima possibile. Un consiglio per chi vive da solo è quello di preferire confezioni più piccole”. E se si ha il dubbio che quella bottiglia d'olio che conservavamo con cura non sia più buona? “Esiste un metodo degli assaggiatori di olio che possiamo però ripetere facilmente a casa per verificare se è rancido. Basta metterne una piccola quantità in un bicchierino di plastica e scaldarlo qualche minuto con la mano, tenendo il bicchiere chiuso con l’altra. A questo punto si può assaggiare l'olio e verificare se è ancora buono” conclude l'esperta.