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Sopravvissuto – The Martian
A due anni di distanza dal controverso Prometheus Ridley Scott (Alien, Blade Runner) torna al genere
fantascientifico con un film a metà tra Apollo 13 di Ron Howard e Cast Away di Robert Zemeckis. Ad
accompagnare il tutto, un Matt Damon (Will Hunting – genio ribelle, Invictus – L’invincibile) in buona forma ne
supporta l’operazione. Un film che strizza l’occhio al grande pubblico e riesce quindi a farsi piacere, risultando
però carente in qualche momento della narrazione. Adattamento del best-seller L’uomo di Marte di Andy Weir.
L’astronauta Mark Watney (Matt Damon) viene erroneamente abbandonato su Marte dai suoi compagni. Bloccato
sul Pianeta Rosso, Mark dovrà cercare di sopravvivere con i pochi mezzi a disposizione e le sue conoscenze,
tentando al tempo stesso di comunicare con la NASA per riuscire così a tornare a casa.
Scott torna nello spazio con una storia più scientifica che fantascientifica, ed è proprio questa la peculiarità che
elettrizza ed attira alla visione. L’unico elemento fantascientifico è riscontrato nella presenza di esseri umani sul
Pianeta Rosso, evento non ancora accaduto nella realtà. Per il resto, la pellicola pone le basi su leggi scientifiche
che non sminuiscono la spettacolarità della messa in scena, ma anzi la innalzano fino alle stelle! Complici di ciò
sono anche la sorprendente scenografia, che sembra riproporre in alcune composizioni la grandiosità del Gran
Canyon, e l’ottima fotografia, che completa perfettamente il quadro visivo. Gli effetti speciali, inoltre, non si
mostrano mai invasivi e sono un buon collante tra realtà e finzione.
La narrazione è fluida e lineare, riuscendo a dividersi equilibratamente tra Marte e la Terra. Ridley Scott utilizza
tutti i suoi assi nella manica magistralmente, raccontando la storia con webcam private, camere a circuito chiuso,
oggettive, GoPro, suitcam, dimostrando tutta la sua leggendaria abilità nel dirigere. L’immagine è sempre il punto
di forza del britannico, che ambisce alla ricerca della perfezione visiva (riuscendovi il più delle volte). Altro
importante elogio va dato anche al montatore Pietro Scalia (tra cui ricordiamo Black Hawk Down – Blck Hawk
abbattuto e Il gladiatore), che ci riserva un montaggio serrato e conciso, ma al tempo stesso invisibile. Buona
anche la scelta delle musiche, perlopiù hit di successo, che rendono il film più ritmato, anche se alle volte risultano
po’ irruenti.
La sceneggiatura di Drew Goddard (regista tra gli altri di Quella casa nel bosco) è di buon calibro, ma denota
qualche punto di perplessità che, se giustamente raddrizzato, avrebbe innalzato maggiormente la forza narrativa
della storia. Goddard riesce a mostrare perfettamente la scientificità del lungometraggio, ed anche a saper
aggiungere adeguatamente la comicità nella vicenda, complice anche una colonna sonora che difficilmente spiace
allo spettatore. D’altro canto, in questa modalità il dramma e la tensione vengono messi da parte per concentrarsi
sull’ottimismo del protagonista. L’intento di Ridley Scott e Goddard era per l’appunto questo: comporre un’opera
che fosse un elogio alla vita e un invito a non rinunciare mai alla speranza. Il messaggio sarebbe stato potenziato
ancor di più se si fossero mostrate maggiormente (ma non esageratamente) le disavventure del protagonista, per
poi essere sbaragliate dalla sua incredibile caparbietà. Non bisogna tuttavia fraintendere: è giusta la presenza
della comicità, altrimenti la visione diventerebbe monotona e difficile da seguire, anche se in questo caso il bel
messaggio proposto viene alleviato e non ha l’efficacia desiderata.
Il protagonista si fa subito benvolere dal pubblico grazie alla faccia da divo di Matt Damon che lo incarna. Quella
trasposta dall’attore è di certo una delle sue prove più interessanti, ma Damon non riesce ad aggiungere altro al
ruolo e al personaggio. Mark Watney non è solo un’astronauta, ma anche uno scopritore, un botanico, un
colonizzatore che crede nella vita e non è disposto a rinunciarvi. Oltre a ciò, però egli è anche un uomo. Come
ogni essere umano anche lui ha dei sentimenti e soffre la solitudine. In questo caso la narrazione si sarebbe
potuta soffermare di più sulla paura del protagonista, sul suo disagio nell’essere l’unico essere su un pianeta dove
non vi è vita. Si sarebbe magari potuto evidenziare, oltre alla comicità e alla positività dell’astronauta, anche il
dramma vissuto dal protagonista di fronte alla morte più imminente. Il passaggio attraverso le due emozioni
opposte, avrebbero potuto delineare un ritratto psicologico più approfondito e sfaccettato, mostrando anche
momenti di squilibrio di grandiosa umanità.
La figura di Mark Watney è poeticamente resa in contrapposizione rispetto agli addetti della NASA; si potrebbe
quasi dire ironicamente che sono di due pianeti differenti! Il primo ha un amore immenso per la vita, essendo
anche botanico: malgrado la situazione sia difficile, egli non rinuncia mai a credere in essa, mentre gli operatori
della NASA pensano a livello economico e di dispendio di risorse. La vicenda di questo “Marziano” provocherà
negli abitanti della Terra un senso di fratellanza e di valorizzazione della vita umana; che metteranno da parte
divergenze ed interessi personali pur di compiere il salvataggio dell’astronauta.
Il film, in sostanza, si fa apprezzare dallo spettatore, malgrado qualche suo difetto, ed è una visione che di certo
non spiace per chi è affamato di cinema o fantascienza. Quello che si può rimproverare al lungometraggio è la
mancanza di un colpo d’ala che renderebbe Sopravvissuto – The Martian uno dei migliori lavori di Ridley Scott
degli anni duemila. Malgrado ciò, questa sua opera è la riconferma delle eccellenti doti di un regista che ha ancora
molto da narrare e illustrare nel panorama cinematografico.
Lorenzo Infanti