nessuna verità - Mediateca Toscana
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RASSEGNA STAMPA CINEMATOGRAFICA NESSUNA VERITÀ Editore S.A.S. Via Bonomelli, 13 - 24122 BERGAMO Tel. 035/320.828 - Fax 035/320.843 - Email: [email protected] BODY OF LIES 2 Regia: Ridley Scott Interpreti: Leonardo Di Caprio (Roger Ferris), Russell Crowe (Ed Hoffman), Carice van Houten (Gretchen Ferris), Mark Strong (Hani), Michael Gaston (Holiday), Vince Colosimo (Skip), Oscar Isaac (Bassam), Golshifteh Farahani (Aisha), Ali Suliman (Omar Sadiki), Ali Khalil (Zayed Ibishi), Jamil Khoury (Marwan), Mehdi Nebbou (Nizar), Lubna Azabal Genere: Drammatico - Origine: Stati Uniti d'America - Anno: 2008 - Soggetto: David Ignatius (romanzo) - Sceneggiatura: William Monahan Fotografia: Alexander Witt - Musica: Marc Streitenfeld - Montaggio: Pietro Scalia - Durata: 128' - Produzione: Ridley Scott e Donald De Line per Scott Free Productions, De Line Pictures - Distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia (2008) Leggo sull'ultimo Variety che "Body of Lies" (titolo originale di "Nessuna verità") al Domestic Box Office ha incassato in 5 settimane circa 37 milioni di dollari. Pochi davvero per un film a grande spettacolo, con sensazionali scene d'azione, che mobilita due star come Leonardo Di Caprio e Russell Crowe. La spiegazione del parziale insuccesso sta nel fatto che gli americani non vogliono guardare in faccia la paurosa realtà del momento, preferiscono spettacoli più spensierati (in soli tre giorni, tanto per restare in campo spie, lo scervellato "Quantum of Solace" può vantare 67 milioni). Insomma quello di Ridley Scott è un peccato di serietà: e lo prova il modo in cui il suo sceneggiatore William Monahan ha ripulito lo scadente romanzo originario (Newton Compton) del giornalista del Washington Post David Ignatius: via le scene di sesso e altre banalità tipiche del thrilling. Per non parlare del finale, che sulla pagina festeggia un matrimonio e sullo schermo è ben più amaro e credibile: sono passati i tempi in cui Hollywood concludeva "Moby Dick" (quello muto, con John Barrymore) mandando a nozze il capitano Ahab anziché farlo stritolare fra le fauci dalla balena. Adesso succede spesso il contrario, cioè che i film rispecchiano il mondo in cui viviamo con più rigore della letteratura di genere. C'è tuttavia un difetto del libro che Scott non è riuscito a correggere ed è la farraginosità a volte oscura di una trama dove tutti tradiscono tutti e sono pronti a tutto. Per cui l'agente Di Caprio, pur capace di uccidere a sangue freddo, conserva una residua dose di umanità rispetto a Crowe suo cinico superiore, che se ne sta in un comodo ufficio a Langley o addi- rittura con i bambini nella quiete di casa sua. Per quasi un'ora di film i due non s'incontrano, parlano a un telefonino segreto e non di rado si scontrano perché il primo si sente forte dell'esperienza di chi opera sul campo e l'altro ha la freddezza machiavellica di chi vede le cose da migliaia di chilometri di distanza. Inutile dire che gli attori sono bravissimi, ma in un film in cui anche i comprimari sono impeccabili si ritaglia un bel numero anche Mark Strong nei panni dell'ambigua e ben vestita superspia giordana. Merita spiegare, a questo punto, che gli interpreti sono facilitati da un regista avido di verità capace di seguirli con otto occhi, tante sono a volte le macchine da presa pronte a catturare da ogni parte gesti, espressioni e intonazioni da offrire all'oculata scelta del supermontatore Pietro Scalia. L'opinione del capoccione CIA (come non condividerla?) è che rispetto al terrorismo si è scatenato un conflitto globale senza alcuna possibilità di pervenire a trattativa; e che siamo bersagli facili per un nemico in grado di clonare all'infinito i fanatici pronti a 'fare martirio' sacrificando la propria vita per trascinarsene dietro molte altre. Le contromosse dell'occidente vanno dalla semiditattoriale restrizione delle libertà individuali ai campi di concentramento stile Guantanamo; ma ancor più preoccupa l'adozione della tortura come inevitabile strumento per strappare certe confessioni. Nell'emozionante serie televisiva '24' abbiamo visto perfino un nobilissimo presidente di colore (e il pensiero corre a Obama: sarà costretto a fare altrettanto?) controllare dal computer nello Studio ovale le violenze somministrate a un prigioniero renitente alle rivelazioni da cui dipende la sor- te di milioni di americani. Se si ricorda quanto ai tempi della guerra di Algeria pesò sull'opinione pubblica la rivelazione che i 'parà' francesi torturavano i patrioti del Fronte di liberazione, ci si rende conto di come un mondo imbarbarito sta avviandosi su una strada senza ritorno. E il peggio è (lo afferma nel film lo Scarpia giordano) che nemmeno la tortura funziona più: mentre i 'martiri' stringono i denti e muoiono, l'avvenire si fa sempre più cupo. Il Corriere della Sera - 21/11/08 Tullio Kezich E allora: primo film dell'era Obama o ultimo dell'era Bush? Trattando di Cia, Medio Oriente, Al Qaeda e bazzecole consimili, la domanda sorge spontanea, ma naturalmente va presa come un gioco. A raccontarne la storia, "Nessuna verità" ("Body of Lies") sembra un film-colomba, con l'intrepido e a suo modo generoso agente Di Caprio che rischia la pelle sul campo in Giordania e in Iraq, mentre il bolso e spietato dirigente Russell Crowe (20 kg in più per la parte: allora è un vizio!) lo comanda a distanza sabotando le sue iniziative più sagaci con una semplice telefonata da Langley, Virginia, sede della Cia. Magari mentre va al supermercato col Suv o porta a scuola i marmocchi. Viste sullo schermo le cose però sono più complicate. La contrapposizione fra i due protagonisti e il rispettivo modo di intendere la propria missione è così sfacciata e manichea che Scott sembra quasi prendersi in giro da solo, o fare la satira del film-di-spionaggio-impegnato di moda a Hollywood, con tutti i suoi cliché (l'arabo buono, quello ambiguo, la scena di tortura, il raid nel deserto, le riprese satellitari, fino all'intramontabi- le arrivano i nostri). A tratti però "Nessuna verità" sembra quasi un "Syriana" spiegato al popolo, cioè rimesso in ordine e dotato di volti, conflitti, sentimenti chiari. Laddove il bel film di Stephen Gaghan con George Clooney, infinitamente più ambizioso e originale di questo, anziché sbrogliare la matassa la aggrovigliava fino al parossismo. Dando forma cinematografica all'insieme caotico di forze, accidenti, spinte contrastanti, conflitti economici, culturali o religiosi, in gioco in Medio Oriente. Naturalmente al cinema è lecito anche semplificare e romanzare: è il trucco con cui Hollywood parla da sempre al mondo. Ma mostrare un giovane agente atletico e idealista (Di Caprio) che parla arabo, difende i collaboratori locali e si innamora pure di una (bellissima) iraniana, dominato da un ottuso burocrate sovrappeso che segue tutto sul megaschermo in ufficio mandando cinicamente al macello chi capita senza nemmeno migliorare le cose, è semplicistico e anche tedioso tanto sono scontati entrambi i personaggi. Non a caso invece il film si impenna ogni volta che entra in scena il suadente, impenetrabile, azzimatissimo capo dell'Intelligence giordana, Hani Pasha (l'inglese Mark Strong, ottimo attore e incredibile trasformista), l'unico cui lo script imbullonato di William Monahan conceda ampi margini d'ambiguità (oltre che il più fantastico guardaroba anglomane mai visto in un un thriller di ambientazione mediorientale). Così come è suggestiva l'idea della pseudo Al Qaeda creata ad arte con tanto di falso attentato e 'vittime' prese all'obitorio, per stanare i terroristi veri. Peccato che arrivi verso la fine, quando ormai ci siamo stancati di interessarci a figure così improbabili come quelle toccate in sorte ai due divi di turno. Il Messaggero - 21/11/08 Fabio Ferzetti Ridley Scott è un grande professionista e non soffre del complesso dell'autore. Vale a dire che la sua filmografia può tranquillamente comprendere, senza provocare scandali, alcuni capolavori, molti prodotti medi e persino un po' di fiaschi. Con "Nessuna verità" si posiziona a metà strada, riuscendo a tenere sveglia l'attenzione del pubblico, sfruttando il carisma dei divi ed estraendo dettagli incisivi dal tema consunto, ma nel contempo - soffrendo per una sceneggiatura (firmata William Monahan e tratta dal romanzo di David Ignatius) alquanto frammentaria e un compiaciuto quanto ingenuo didascalismo che finiscono con il rendere prevedibile e manierata la gestione del plot spionistico. Di Caprio, pienamente a suo agio nel ruolo, è il risoluto ma idealista agente Cia Ferris, che si dedica alla caccia senza quartiere dei terroristi di Al Qaida; mentre Crowe, invecchiato e appesantito oltremisura, è il suo referente Hoffman che - perfettamente camuffato nell'identità di cittadino qualunque - gli impartisce gli ordini da un telefono protetto, determina le tattiche al computer e mantiene il controllo della situazione da un'anonima periferia statunitense. Nell'occasione il primo, operativo tra Giordania, Emirati, Siria e Iraq sulle tracce della 'mente' di funesti attentati, deve per necessità e convinzione confrontarsi col fascinoso capo dei servizi segreti giordani, mentre il secondo s'ingegna a telecomandarlo portando a scuola i figli o passeggiando con il cane. A questo punto il non inedito contrasto tra l'umanità masochistica di Ferris e la cinica disillusione di Hoffman potrebbe anche funzionare, se non fosse per il ritmo stranamente compassato dei doppi o tripli giochi, tranelli e voltafaccia deputati a promuovere la suspense. Certo a Scott non si può rimproverare a cuor leggero questa pecca, perché il veterano non nutre alcuna voglia di conformarsi all'effettismo vorticoso dei recenti film d'azione. Però il cuore del film pulsa a intermittenza e il doping 'politicamente corretto' frena ulteriormente la sua vitalità stilistica; come dimostra il messaggio finale sull'impossibilità di rispettare qualsivoglia principio etico nel caos mediorientale, davvero troppo fiacco per imprimere alle immagini la spinta verso un risultato memorabile. Il Mattino - 22/11/08 Valerio Caprara Leo Di Caprio, con la barbetta incolta e Le ferite multiple dell'agente CIA Roger Ferris, in Medio Oriente per indagare su micidiali attentati in Europa, e il suo superiore, per lo più voce all'altro capo di una linea telefonica protetta: il veterano Ed Hoffman, un Russell Crowe invecchiato e appesantito ad hoc, che decide dagli States, tra la pipì di un figlio e la partita di un altro, vita e morte di Ferris & Co. Sono loro i protagonisti di "Nessuna verità" ("Body of Lies") di Ridley Scott, tratto dal romanzo del columnist del Washington Post David Ignatius. Ennesimo esempio di cinema Usa embedded - accezione positiva - nello status quo geopolitico della superpotenza, "Nessuna verità" vale a Di Caprio la sfida con Ledger ai prossimi Oscar, la quarta volta chez Scott per Crowe, la ribalta al fascinoso Mark Strong (il capo dei servizi giordani) e, per tutti, un apologo della dissimulazione, tra doppi giochi, tranelli, mezze verità e piene menzogne. Formato action e ratio psicologica, lussuosa e già vista confezione, un manipolo di premi Oscar nei credits, impeccabili effetti speciali e due argini: l'innocuo "Spy Game" del fratello di Ridley, Tony Scott, e il più complesso "Syriana". In medio stat virtus? Rivista del Cinematografo - 2008-11-61 Federico Pontiggia