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09-05-2010
IL SOLE 24 ORE
PRIMA PAGINA
9 MAGGIO, SAN BEATO / 2
Due euro sono meglio di uno?
Luigi Zingales
di Luigi Zingales
Spesso le difficoltà della vita allontanano anche le coppie più innamorate. Quando le differenze di vedute diventano
insanabili, a nulla serve ricordare l'amore che fu. Cercare di attribuire la responsabilità del fallimento è
controproducente. Non fa che peggiorare le cose. Meglio una separazione consensuale e, come dicono gli inglesi,
move on.
Lo stesso vale per l'euro. Fu un matrimonio d'amore. Contro il pessimismo della ragione, i padri fondatori addussero
l'ottimismo della volontà: la speranza (illusione?) che le ovvie incompatibilità sarebbero state superate in corso
d'opera. A chi (gli economisti americani) diceva che l'area dell'euro non era fatta per avere una sola valuta, si ribattè
che parlavano per invidia o, peggio, per paura che l'euro avrebbe un giorno soppiantato il dollaro.
Come in molte coppie, l'attrazione fatale nasceva dalla diversità. L'Europa del Sud cercava un impegno esterno che le
desse la disciplina monetaria e fiscale che non era stata in grado di darsi da sola.
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Il Nord dell'Europa sperava che il Sud con il matrimonio mettesse la testa a posto ed evitasse, con le sue continue
svalutazioni, di creare tensioni sul mercato dei cambi e delle esportazioni. Come in molte coppie, quella diversità,
inizialmente così attraente, è divenuta insostenibile con gli anni.
La teoria economica suggerisce che per condividere la stessa moneta un'area geografica deve soddisfare due
condizioni. La prima è che abbia un'economia relativamente omogenea, sottoposta agli stessi shock. Se parte
dell'economia si basa sul petrolio e parte su high tech, gli shock saranno molto diversi e la politica monetaria che si
addice a un'area non funzionerà nell'altra.
La seconda condizione, ancora più importante, è la mobilità interna. Se il Texas (economia tradizionalmente basata
sul petrolio) riesce a convivere con la California (più basata sull'high tech) è perché i californiani si muovono
facilmente in Texas e viceversa, tanto che Austin (Texas) è diventata una delle capitali dei personal computer.
Lo stesso non vale per l'Europa. Non solo il Nord dell'Europa, basato principalmente sull'industria manifatturiera
avanzata, è molto diverso economicamente dal Sud, basato sul turismo. Ma la mobilità è molto limitata. Quella poca
che esiste è dal Sud verso il Nord, non viceversa.
Dall'introduzione dell'euro il Sud ha avuto una crescita dei prezzi più elevata del Nord. Paradossalmente questa
crescita è stata "colpa" dell'euro. L'introduzione di una moneta unica ha prodotto una riduzione dei tassi d'interesse
per i paesi del Sud Europa che ha favorito un boom immobiliare. Fossimo stati negli Stati Uniti, gli abitanti del
Michigan e del Minnesota si sarebbero trasferiti in Florida e Louisiana. Così non è in Europa. I tedeschi e gli olandesi
in Grecia e Spagna ci vanno in vacanza, non a lavorare.
Il risultato di questa segmentazione è che i prezzi nel Sud Europa sono cresciuti per molti anni più che nel Nord,
senza che il mercato interno costringesse a un reallineamento. Ora, finito il boom immobiliare, il Sud si trova ad
essere molto meno competitivo del Nord.
Senza l'opzione di svalutare, ci sono solo tre possibili forme di aggiustamento. La prima è che i prezzi al Sud crescano
meno dei prezzi al Nord. Il problema è che, con la bassa crescita mondiale e la politica monetaria della Bce, i prezzi al
Nord difficilmente cresceranno più del 2 per cento.
Per recuperare differenziali del 20-30% (tali sono quelli dei paesi meridionali) il Sud deve subire molti anni d'inflazione
a tasso zero o peggio di deflazione. L'elevato livello d'indebitamento privato di paesi come la Grecia e la Spagna,
però, rende questa deflazione estremamente costosa. Se i prezzi scendono e il debito rimane fisso in termini nominali,
ci saranno fallimenti a catena. La crisi del governo greco "ce n'est qu'un début": il problema si trasferirà presto al
settore privato.
Un'alternativa è che i paesi del Nord accettino un livello d'inflazione più elevato, rendendo possibile ai paesi del Sud di
recuperare competitività senza dover accettare una pericolosa deflazione. Ma questo equivale a chiedere al proprio
coniuge di non essere più se stesso per salvare il matrimonio. I tedeschi non accetteranno. La loro condizione per
l'unione era che la Bce avrebbe seguito la stessa rigida politica monetaria della Bundesbank. Quest'accordo è stato
incorporato nei trattati e difficilmente potrà essere modificato, soprattutto senza il consenso tedesco. E i tedeschi non
vedono perché debbano accettare l'odiata inflazione per rimediare agli errori altrui.
L'unica via d'uscita indolore sarebbe che il Sud Europa guadagnasse di competitività rispetto al Nord aumentando la
produttività. Ma questo richiede riforme, tempo e investimenti. Se le ripercussioni della crisi greca possono aver
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aumentato la pressione per le riforme, hanno ridotto drammaticamente il tempo a disposizione e gli incentivi a
investire. Quanti anni di disoccupazione a due cifre sono disposti a sopportare greci e spagnoli?
La maggior parte degli economisti accetta quest'analisi: perfino il premio Nobel Stiglitz, che non può certo essere
accusato di essere un economista di destra. Dove nasce il disaccordo è sul rimedio. Molti, tra cui Stiglitz, sostengono
che la soluzione alla crisi attuale è un'ulteriore integrazione politica e fiscale. Certo che se il governo europeo potesse
prendere a prestito come tale e destinare le risorse raccolte al Sud, la crisi attuale potrebbe essere alleviata.
Il ragionamento è corretto, ma solleva due grossi problemi. Il primo politico. Politicamente non è facile spiegare ai
tedeschi che devono indebitarsi maggiormente (e quindi pagare maggiori tasse in futuro) per risolvere i problemi dei
loro cugini greci e spagnoli. Non lo può fare un governo elettoralmente debole e diviso come quello della Merkel. Ma
probabilmente non potrebbe farlo neppure il governo del miglior leader tedesco.
Noi italiani, che viviamo in un paese che parla la stessa lingua e che, nel bene e nel male, è unito da 150 anni, stiamo
muovendoci verso il federalismo fiscale, che contribuirà a ridurre i trasferimenti dal Nord al Sud. Come possiamo
aspettarci che le nazioni europee vadano in direzione assolutamente opposta, nonostante la mancanza di una storia
unitaria?
Il secondo problema è economico. I trasferimenti alleviano i problemi economici nel breve periodo, ma non li risolvono.
Anzi li cronicizzano. Grazie ai sussidi le aree fuori mercato possono permettersi di rimanere tali, senza aggiustare i
prezzi. Il nostro Mezzogiorno ha un livello di prezzi superiore alla sua produttività media. Sessant'anni di trasferimenti
non hanno alleviato questo problema, lo hanno trasformato in gangrena. Vogliamo forse meridionalizzare il Sud
d'Europa?
L'unica soluzione rimasta è riconoscere le differenze insanabili e spezzare consensualmente l'area euro. In economia
il male maggiore è l'incertezza. La crisi greca ha seminato il dubbio che uno o più paesi possano uscire dall'euro.
Difficilmente tale dubbio potrà essere fugato. Ma il mercato non ha idea di come tale uscita possa avvenire. Travolti
dalla passione amorosa, i fondatori dell'euro si rifiutarono di considerare una via d'uscita. L'euro, si diceva, è
irreversibile. Ma perfino la Chiesa, che non riconosce il divorzio, in situazioni estreme ha una procedura per la
separazione. Perché l'euro no?
Questa mancanza di regole sta gettando il panico nei mercati finanziari e paralizzando gli investimenti. Chi uscirà per
primo? Come verranno trattati i contratti in euro di questo paese? Quali conseguenze avrà sugli altri paesi e sulle loro
banche? Una separazione pilotata e rapida sarebbe il male minore.
Creando due blocchi, ridurrebbe lo stigma su ogni singolo paese e consentirebbe al Sud di continuare a detenere una
valuta liquida. La svalutazione dell'euro-sud rispetto all'euro-nord ridurrebbe il peso del debito pubblico e privato e
permetterebbe un recupero di competitività che rilancerebbe l'economia. Eliminata l'incertezza gli investimenti
riprenderebbero.
Inconcepibile? Perfino gli Stati Uniti lo fecero negli anni 30. Di fronte ai costi economici e sociali prodotti dalla Grande
Depressione, gli Stati Uniti abbandonarono la parità aurea e trasformarono tutti i contratti scritti in dollari-oro in
contratti in dollari carta svalutati. Perché gli stati del Sud Europa non dovrebbero abbandonare la parità con l'euro e
trasformare i contratti scritti in euro in contratti in uno svalutato euro-sud?
Una legittima passione per l'unità europea ha accecato i padri fondatori dell'euro. Come due innamorati che sperano
che il loro matrimonio eliminerà i rispettivi difetti, i padri fondatori si sono illusi che l'Unione Europea avrebbe creato lo
spirito europeo. In verità, la libera circolazione delle persone, le borse di studio Erasmus e l'uso sempre più diffuso
dell'inglese stanno lentamente formando uno spirito europeo.
Ma ci vorranno molti decenni, forse secoli, prima che un cittadino finlandese consideri un greco alla stregua del suo
vicino di casa. Più di un millennio di divisioni non si cancella nello spazio di un decennio. Un'unione coatta non aiuta
l'economia, ma neppure le possibilità di un'unione futura. Per salvare lo spirito europeo è meglio un divorzio
consensuale, che preservi l'unione economica senza forzare quella monetaria. L'alternativa, uno stillicidio di litigi e
recriminazioni, potrebbe essere devastante.
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