Economia, Islam e politica nei paesi del Medio Oriente e del Nord

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Economia, Islam e politica nei paesi del Medio Oriente e del Nord
Economia, Islam
e politica
nei paesi del Medio Oriente
e del Nord Africa
Giovanni Carbone
Università degli Studi di Milano
[email protected]
Economia e politica nella Primavera araba
I ‘paesi MENA’ (Middle East & North Africa) dal Marocco all’Iran
I paesi MENA
•
•
(Hamaui – Ruggerone 2011)
fino al XX secolo visti per lo più come territori poveri, inospitali e di scarso
interesse (eccezione coste fertili Mediterraneo e su bacini di Nilo e Eufrate)
1930s scoperto il petrolio, 1950s inizio sfruttamento sistematico, 1960s-1970s
nazionalizzazione delle riserve petrolifere
Alcuni aspetti comuni:
•
•
•
•
•
cultura/religione, lingua, divisioni etniche, colonizzazione occidentale limitata
popolazione giovane e istruita, elevata disoccupazione e inflazione (soprattutto
alimentare)
scarse industrializzazione/esportazioni/integrazione nell’economia mondiale (eccetto
petrolio)
disuguaglianze, sussidi statali
corruzione/clientelismo, scarse libertà civili e politiche, longevità governanti
Alcune differenze:
•
•
•
•
dimensioni demografiche: Egitto/Iran versus Bahrain/Oman/Qatar
Pil pro capite: Qatar/Kuwait/UAE versus Egitto/Marocco/Iraq/Yemen
esportatori petrolio (Algeria/Libia/Iraq/Iran/Arabia Saudita) versus importatori
(Egitto/Tunisia/Giordania/Marocco/Siria)
monarchie (e.g. Marocco, Arabia S.) versus repubbliche (e.g. Egitto, Libia, Siria, Iran)
1914
Post 1920
Italia:
• età mediana: 44.3
• Pil (2011): $ 2.195 mld
• Pil pc PPP (2011): $ 32.672
Fonte: Hamaui – Ruggerone (2011:15)
Paesi non liberi
nelle diverse regioni del mondo
“La perdurante assenza di un singolo
regime democratico nel mondo arabo è
una stupefacente anomalia – la
principale eccezione alla globalizzazione
della democrazia” (Diamond 2010:93)
100
1973
2011
90
80
70
%
paesi
«non liberi»
60
50
40
30
20
10
0
Americhe
Asia-pacifico
Europa centro
orientale
MENA
Africa subsahariana
Europa
occidentale
Fonte: Hamaui, su dati Freedom House, 2011
Reddito pro-capite e democrazia:
teoria della modernizzazione e l’anomalia dei paesi MENA
7,00
Indice di democrazia
6,00
5,00
Libano 9,39
4,00
Kuwait 11,04
Marocco 8,16
3,00
Giordania 8,51
Algeria 8,77
Yemen 7,85
Egitto 8,48
Tunisia 8,74
2,00
Bahrain 10,15
Oman 10,09
Iran 9,29
Iraq 8,39
Emirati Arabi 2,80
Qatar 2,80
Arabia Saudita 10,08
Siria 8,23
1,00
Libia 9,84
0,00
5,00
6,00
7,00
8,00
9,00
10,00
11,00
12,00
Reddito Pro Capite (in LOG)
Democrazia = Diritti Politici in FH (media 2006-2011, scala invertita)
Reddito = Pil pro capite PPA (media 2005-2009, log)
Fonte: Hamaui – Ruggerone (2011:61)
Petrolio e democrazia nei paesi MENA:
la struttura dell’economia (ruolo del petrolio) allontana la democrazia
Democrazia = media Polity2 (trasformata in scala 1-10)
Fonte: Ross (2009)
La struttura dell’economia
“You give me $18-a-barrel oil and I will give
you political and economic reform from
Algeria to Iran”
(Thomas Friedman, NYT, 30 Jan. 2005)
La chiave è la struttura dell’economia (Diamond 2010, Hamaui –
Ruggerone 2011):
ƒ “maledizione del petrolio”: non una sola democrazia tra i 23 paesi cui
maggior parte introiti statali da esportazioni petrolio e gas (Diamond 2010)
ƒ stati rentier (redditieri/basati sulle rendite)
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
ricchi di introiti petroliferi
protetti da pressioni per accountability: politicamente irresponsabili
(“nessuna rappresentanza senza tassazione”, Huntington) + sussidi
burocratizzati, con apparati polizieschi e di intelligence (mukhabarat) molto
sviluppati e ben finanziati per repressione selettiva
soffocano società civile autonoma e economia industriale/di mercato
occasionali cicli di liberalizzazione, non lineare, per accomodare pressioni
prima di nuove chiusure (e.g. Giordania 1990s, Siria 2000-01, Egitto 2004-05)
aiuti internazionali talvolta surrogano il petrolio nel dar vita o sostenere regimi
basati sulle rendite (e.g. Egitto, Marocco, Giordania – Siria/Russia 2013?)
Effetti evitati quando un’economia di mercato e uno stato/sistema di tassazione
sviluppati prima dell’avvento introiti petroliferi (e.g. Norvegia, Gran Bretagna)
Potenziale svolta sarebbe netta e duratura riduzione prezzo del petrolio?
Spiegazioni alternative o complementari
dell’assenza di democrazia nel mondo arabo
i.
basso livello di sviluppo? no, diversi MENA sono ricchi o relativamente ricchi, e
qualche esperienza democratica si trova ad ogni livello di sviluppo
ii.
eterogeneità etnica? sì, elevata (Hamaui – Ruggerone 2011); no, non più che in
paesi asiatici o africani (Diamond 2010) [TAB]
iii. no esportazione istituzioni occidentali: paesi poveri, scarso interesse,
colonizzazione limitata con protettorati (di autorità locali) più che colonie
(Hamaui – Ruggerone 2011)
iv. assenza di sostegno popolare? no, in realtà ampio sostegno (vedi Arab
Barometer in Tessler et al. 2012)
v.
regimi autoritari esistenti sostenuti/favoriti da:
ƒ
Occidente (alleanze per petrolio e per conflitto israelo-palestinese)
ƒ
secolaristi di opposizione timorosi dell’Islam politico (Lust 2011)
vi. religione (Islam) non favorevole? Questione complessa:
ƒ
difficile distinguerne l’effetto da petrolio, anche per sorprendente sovrapposizione
geografica: nel 2008, 51% export e 62% riserve petrolifere mondiali da paesi a
maggioranza musulmana, pur se questi rappresentano solo il 23% degli stati
indipendenti (Ross 2012:231)
Arab
Barometer:
risultati
indagini
2010-2011
“Support for
democracy in these
countries is higher
than in many
longstanding
democracies”
(Tessler et al. 2012)
Fonte: Tessler et al., «New findings on Arabs and democracy», Journal of Democracy, 23 (4), 2012, p.91
Paesi islamici
-------------*
*Mauritania errato:
non democratico per CGV
(né per FH/PIV)
‘Paese musulmano’:
se > 70% pop. musulmana (dati Alesina et al. 2003)
‘Paese democratico’:
riferimento al 2008 (dati di Cheibub – Gandhi – Vreeland 2010)
6/35 = 17.1 % sono ‘democratici’:
“il gap democratico … è arabo più che
musulmano” (Diamond 2010) ?
Fonte: Hamaui – Ruggerone (2011:83)
Islam e democrazia
(Hamaui – Ruggerone 2011)
Alcune caratteristiche teologico-dogmatiche dell’Islam:
• *impossibile dissociazione tra sfera religiosa e politica: “nell’Islam, Dio è Cesare”
(Huntington), una spinta verso elementi/sistemi teocratici
• sharia (legge islamica) non solo per sfera rapporto uomo-Dio, ma principi di condotta
per ogni settore della vita pubblica dell’umma (comunità dei credenti)
• disposizioni giuridiche comportamentali (ortoprassia: ‘retto comportamento’), più che
complesse formulazioni dogmatiche (ortodossia: ‘retta opinione’)
• importanza tradizione in ogni campo: richiami all’ «età dell’oro» e attitudine a
perpetuare, invece che innovare
• centralità del gruppo/comunità (famiglia, clan, etnia, ecc.), più che dell’individuo
• *no uguaglianza di genere (ma suffragio femminile ormai quasi ovunque) [TAB]
Perché l’Islam potrebbe avere effetto negativo su democrazia?
1. richiamo alla sharia presente in molte costituzioni arabe
e.g. Costituzione Egitto 2012 (art.2): «l’Islam è la religione dello stato, e l’arabo è la sua
lingua ufficiale. I principi della legge islamica (sharia) costituiscono la fonte principale
della legislazione»
2. musulmani più credenti e osservanti [TAB]
3. elezioni recenti mostrano forza partiti di ispirazione islamica (e.g. Ennahda,
F&JP/Fratelli musulmani)
Il diritto di voto per le donne
1953
1959
1952
1963
1989
1958/
1980
1963
2005
1962
1963
1956
2015
(exp.)
2002
1999
2006
1997
1967/1970
Fonte: womensuffrage.org
Islam e
democrazia:
alcuni studi
mostrano una
relazione
negativa
(e.g. Ross 2012)
L’effetto dell’Islam
• né l’analisi dottrinale, né l’evidenza storica, né quella econometrica
sono in grado di dare risposte definitive. Anche se dall’evidenza
empirica l’Islam sembra più un ostacolo alla democrazia che alla
crescita economica (Hamaui – Ruggerone 2011:7ss.,99):
a)
Islam è ostacolo alla democrazia (Barro - McCleary 1999, Porta et al.
1999, Fish 2002, Rowley - Smith 2009, Maseland e van Hoorn 2009,
Ross 2012, Potrafke 2012).
Islam non è ostacolo alla democrazia (Noland 2003, Diamond 2010).
b)
Islam è ostacolo alla crescita: Porta et al. (1997), Barro e McCleary
(2003), Guiso, Sapienza e Zingales (2003), Kuran (2011).
Islam non è ostacolo alla crescita: Sala-i-Martin, Doppelhofer e Miller,
(2004), Noland (2003).
Le rivolte arabe
del 2011
•
paesi ‘maturi’ per la democratizzazione
•
ma rivolte per lo più non previste, come prevedibile … (‘prevedibilità
dell’imprevedibilità’, Kuran 1991)
•
l’impatto delle condizioni economiche (Hamaui – Ruggerone 2011):
• scarsa performance Pil pro capite 1980-2010, soprattutto nei paesi petroliferi, a
causa dell’enorme crescita demografica e di stati rentier senza investimenti in
diversificazione/integrazione in economia mondiale (salvo casi riforme, e.g.
Dubai, Egitto post-2004)
• crisi globale 2007-2009 ha aumentato disoccupazione in paesi avanzati e
ridotto opportunità migranti MENA (soprattutto da paesi non petroliferi, e.g.
Marocco e Egitto), obbligando i giovani istruiti a restare in patria in condizioni
insoddisfacenti (salari bassi, disoccupazione elevata + inflazione alimentare)
•
‘cascata rivoluzionaria’ nei & tra i paesi; avvio in paesi non petroliferi;
violenza variabile; stabilità monarchie
• reti e comunicazione dei social media ha facilitato organizzazione e diffusione di
proteste ‘orizzontali’, aggirando controllo pubblico
Fonte: Hamaui – Ruggerone (2011:19-20)
Fonte: Hamaui – Ruggerone (2011:22)
Fonte: Lagi et al. (2012)
“Throwing money at the street” (The Economist, 10 March 2011)
Ma come mai la Primavera ha coinvolto
diversi paesi in una stessa regione?
Teoria della diffusione democratica:
• “i paesi non democratici che sono circondati da democrazie hanno probabilità molto
maggiori di effettuare una transizione e consolidarsi rispetto ai paesi no democratici in
regioni non democratiche” (Doorenspleet – Kopecky 2008:707)
•
spiega sia l’assenza di transizioni pre-2011 che la successiva diffusione delle proteste
• “la democratizzazione non avviene solo con una concentrazione temporale [i.e. le
“ondate”] ma anche con una concentrazione spaziale”” (Doorenspleet – Kopecky
2008:706)
Evidenza: 1989 Europa orientale, 1990s Africa, 2011 Primavera araba?
Tre meccanismi causali:
1)
paesi diversi rispondono a condizioni interne simili in maniera indipendente
2)
i cambiamenti politici sono coordinati esternamente da un gruppo di nazioni o un
paese/organizzazione internazionale egemonico
3)
‘diffusione’ quando azioni/scelte in un paese influenzano quelli vicini attraverso
interdipendenza non coordinata, e.g. informazione/apprendimento
2011 & 1989
Somiglianze
Differenze
•
•
Specificità paesi comunisti (NO x MENA):
• trasformazioni strutturali equilibri potere
(fine ‘dottrina Brežnev’)
• economie non dipendenti da ricchezze
naturali (salvo Russia)
• forti legami Occidente/ruolo UE
• crollo autoritario ovunque
• leader carismatici dell’opposizione poi al
potere (Solidarność di L.Walesa, Forum
Civico di V.Havel)
•
•
area autoritaria
sviluppo economico spesso ‘maturo’,
ma difficili congiunture economiche
dissenso nascosto/dissimulato:
sorpresa osservatori
rapida diffusione/emulazione/
contagio tra paesi
Specificità paesi MENA:
• grandi risorse economiche per repressione
• legittimità monarchie
• proteste senza leader, no successive
affermazioni elettorali
• Islam politico e Islam radicale
Conclusioni diverse:
il confronto non porta all’ottimismo (Way 2011)
vs. la democratizzazione si sta radicando nelle società arabe (Roy 2012)
Riferimenti bibliografici
Diamond, Larry, “Why are there no Arab democracies?”, Journal of Democracy,
21(1), 2010, pp.93-104
Doorenspleet, Renske – Kopecky, Petr, “Against the odds: deviant cases of
democratization”, Democratization, 15 (4), 2008, pp. 697-713
Doorenspleet, Renske – Mudde, Cas, “Upping the odds: deviant democracies and
theories of democratization”, Democratization, 15 (4), 2008, pp. 815-832
Hamaui, Rony – Ruggerone, Luigi, Il Mediterraneo degli altri, 2011
Huntington, Samuel P., The Third Wave. Democratization in the Late Twentieth
Century, Norman, University of Oklahoma Press, 1991
Roy, Olivier, “The transformation of the Arab world”, Journal of Democracy,
23(3), 2012, pp.5-18
Way, Lucan, “The lessons of 1989”, Journal of Democracy, 22(4), 2011, pp.13-23