Lei e lui. La decisione

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Lei e lui. La decisione
Estratto da “SANVOLTAIRE” di G.B. CONTRI, pag 79
LEI E LUI. LA DECISIONE (I)
Chi è Lui?, e Lei?, protagonisti del più lussureggiante episodio del Libro più celebre, nella sua seconda e
nuova parte (non accettata da tutti: solo da chi è affezionato a Lui, e a Lei).
Chi è Lui, molti presumono di possedere le categorie per saperlo: è il tema principale del dramma, e è lei a
provare la risposta per tutti.
Chi è Lei? Il fatto curioso è che nel testo non ha nome, né gli esegeti sono mai riusciti a dargliene uno. Sarà
lui a riconoscerla. Per la verità, una sua designazione è data, “peccatrice”, nel senso della vox populi: la vox dei
le assegnerà un senso inedito.
Lei, informazioni: - donna: sembra ovvio ma non è così, di donne in senso riduttivamente biogiuridico ce
n’è tante, - peccatrice: informazione essenziale ma equivoca, - coraggiosa: con un suo progetto entra non
invitata in un ambiente a Lei ostile (e anche a Lui), in cui tiene il campo con forza; - straniera: almeno per la
morale del milieu; - temuta. Benché l’ambiente le sia ostile, nessuno osa fermarla nella sua azione
determinatissima, hanno paura, c’è l’idea di una personalità di rilievo pubblico, “donna pubblica” in ogni
senso; - donna di classe: quali donne saprebbero escogitare l’artificio sincero della sua messinscena
drammatica?; - decisa: l’azione è premeditata, e Lei va diritta allo scopo, non avendo occhi che per Lui.
Lui, informazioni limitate (sarà Lei a farle crescere, scatenando e le reazioni degli astanti, e l’intervento più
che informativo di Lui); - ospite d’onore di un banchetto a buon livello politico e culturale: onore sì ma
avaro, formalità con pericolo, è chiaro che l’hanno invitato perché gli vogliono prendere le misure, e le
misure si prendono anche per la bara; - indipendenza di giudizio: formalmente onorato dal padrone di casa,
personalmente ma non meno pubblicamente e formalmente onorato dall’arrogante intrusa, non esita a
scegliere da che parte stare; - uno che sa: chi è Lui, e in rapporto a Lui chi sono gli altri, e chi è Lei; - uno
che…: ma tutto il resto lo verremo a sapere con la mediazione di Lei.
Arriviamo alla scena della decisione, che dall’ingresso nella sala alla serie di atti lenti fino all’ultimo, non può
prendere meno di tanti silenziosi, fascinosi, interminabili minuti. Lasciamola raccontare al Libro, questa che
è l’insuperata in tutta la letteratura amorosa antica o moderna, orientale o occidentale, compreso il Cantico:
«Gli girò attorno, si posò ai suoi piedi, prese a piangere con l’umore delle sue lacrime bagnava i suoi piedi, e
gli asciugava i piedi con i capelli, e li copriva di baci, il cospargeva di profumo».
La Regina di Saba non ha tanto onorato Salomone, né lui lei. Sacrificio regale.
Fino a questo punto il convito si svolgeva freddino, indegno delle cronache. Da ora, si prende posizione: su
Lui, e su Lei con Lui.
Il clima, s’è detto, è indefinibilmente duro, sordamente sinistro, c’è aria di radicalizzazione trattenuta ma
possibile: non è la stagione degli amori.
Strano però: non è stagione, eppure l’eccezionale scena accade, e Lui – gli altri sono paralizzati – La lascia
fare, anzi La approva senza riserve. Tant’è vero che contrappone, punto per punto, con quasi legalistica
puntigliosità – di legge se ne intende – i singoli atti di Lei agli atti mancati dal padrone di casa quanto ai
doveri dell’ospitalità. Gli da del cialtrone. Lei, la difende a dir poco. Momento di imbarazzo anche per
l’esegeta: che ci sia sotto qualcosa? Ma no, replica Lui, è tutto sopra. E collegandosi con l’azione di Lei
manda tutto sottosopra.
Vediamo gli atti impliciti nella serie degli atti fisici. L’atto di Lei è un atto di… Punti di sospensione: la
risposta che sembra ovvia non è quella giusta. Il primo atto di Lei, la decisione premeditata di fare ciò che
farà, non é d’amore: è di fede. Quale fede? Una fede aleggiante sopra gli atti, ispirazione difforme dall’atto
esteriore? Non è così: in Lei interiore e esteriore sono distinti ma corrispondenti senza smarginature.
Nella sua premeditazione, Lei ha fede (primo atto), quale?: che Lui onorerà l’atto di onore quindi di amore
di Lei (il secondo). Lei – che agendo così affida la propria esistenza attuale, futura e sociale, non al proprio
atto ma alla risposta a esso che riceverà da Lui – ha investito tutto su Lui. La parola “salvezza” del testo è
semplicemente adeguata. Rischio massimo, non quello fasullo, mini-max di Pascal. Rischia anche
l’imputazione di averLo compromesso: ma sa che non sarà Lui a imputarglielo.
Nella fede di questa gran donna c’è persino il calcolo: calcola tutto, ogni mossa, compreso il rendersi
sospesa all’incalcolabilità della risposta di Lui. L’atto di amore è la celebrazione che Lei fa di questo 80
incalcolabile atteso con certezza. Che non si fa attendere: il perdono infatti è l’incalcolabile – non
l’irrazionale – per definizione, è il concetto giuridico di grazia da parte di chi ha il potere di conferirla. Ed è
proprio ciò che a Lui viene obiettato a causa di lei: per chi si prende? Chi è Lui?
Per saperlo, tutti devono passare per Lei. Chi è Lei? Nella tensione di una realtà di guerra non ancora
guerreggiata – l’ho detto, non è stagione di amori e Lei lo sa – Lei interviene in un clamoroso silenzio con
una scena d’amore, e quasi senza veli eppure non è una Salomè. Niente di più sconveniente, stridentemente:
non per ragioni morali ma politiche. Imbarazzo di tutti, compreso l’esegeta quando fa il Professore.
Le obiezioni arrivano subito, ma non siamo ingenui, le obiezioni a Lei hanno come bersaglio Lui: che farà?
E Lui si schiera. Decide per Lei decisa. Si allea a Lei. Perdono compreso, e fondante: La allea
oggettivamente a Lui. Ora lo scandalo è totale, un incendio. Con i suoi atti Lei ha fatto precipitare la
situazione: nella coscienza politica e nell’efficacia dell’azione, è Giuditta rediviva. Nell’amore, nell’iniziativa,
la supera. Poi Giovanna D’Arco, forse, le sarà pari: nella militia.
È qui che l’esegeta moralista fa il suo comico storico splash. Lei, dice Lui, ha “amato”, e rincara persino: ha
amato superficialmente, “molto”. Ma ditemi voi, con quale fatuità mentale e nullità d’esperienza si è potuto
attribuire a Lui la romanticheria di un’apologia dell’amore peripatetico? «In fondo sono care ragazze… ». È
il feuilleton eretto a principio ermeneutico. Anche le “ragazze” si sbellicherebbero.
Dopo la decisione di Lei, la decisione di Lui: Ha amato…me !
Ecco tutto: “Me” significa: tra tutti mi ha riconosciuto come l’unico degno dell’amore, il che vale per voi
come per Lei. Non solo, ma facendo in questo contesto e momento mi ha dato modo di realizzare il mio
mandato, datomi da uno pari a me nell’amore, ossia di dirvelo: chi sono. Una collaborazione così non ve la
sognate nemmeno. Lei lo ha fatto pubblicamente: cioè ha fatto dell’onore – atto pubblico di assenso a chi
sono e al mio compito – la prova dell’amore, senza di che la parola “amore” è stupida, vana o offensiva.
“Me” significa ancora: l’unico caso in cui l’atto di amore rende decaduta la più tradizionale e inevitabile delle
distinzioni, quella tra privato e pubblico, personale e politico. Senza effluvi su piazza di sublimate private
interiorità, in cui ogni 2lui” si riduce a un pretesto indifferente, e anche “lei”.
Ma allora, in questa situazione analoga a quell’altra, che precipita in “Scribi e Farisei ipocriti” – in cui questi
sono imputati di un solo peccato: l’immoralità della loro morale positiva in blocco -, quale è il peccato di
Lei? È quello che Lei ha cessato di commettere nel momento in cui ne ha trasferito tutti i fattori su di Lui.
O anche: tutti quelli che senza Lui erano inevitabili. La morale immorale è tutta peccato, perché tutta
costruita – a mio parere assiomaticamente – sul “senza Lui”. Trasferiti su Lui, i gesti di Lei non hanno più
ragione di essere imputabili semplicemente perché la ragione, ratio, diventa Lui, reale. Allora, quale peccato?
Ma sicuro: meretrix, p…a.
Ma qui c’è un’altra finezza di Lui quando precisa: “i suoi numerosi peccati. Ossia, non che lei “lo” abbia fatto
tante volte, ma che possono essere i più diversi, in ogni lei o lui. Tutti i peccati senza Lui sono da meretrix;
non necessariamente “quello”. C’è qualcosa di gaio quando è Lui a chiamarLa così. Invece la morale
immorale – che del senza-Lui si fa una ragione: mentre Lei ha ragione a mettersi con Lui – è massiccia,
ottusa, cupa, minacciosa, programmatica, totalitaria, senza ritorno né appello, perdono neanche parlarne. È
maleodorante (“sepolcro imbiancato”) senza il profumo della donna.
La decisione di una è stata decisione per tutti (Dedicato).
18 aprile 1992. Questo scritto è nato nella conversazione con Raffaella Colombo, cui è dedicato.
Ha ragione la traduzione iconografica a rappresentare la “Maddalena” come pensiero senza poesia, ossia come cogitans,
memor Domini.