Questa è l`acqua (configurazione standard o visione profonda?) di

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Questa è l`acqua (configurazione standard o visione profonda?) di
 Questa è l’acqua
(configurazione standard o visione profonda?)
di David Foster Wallace
Ci sono questi due giovani pesci che nuotano insieme, e a un certo punto incontrano
un pesce più vecchio che nuota in direzione opposta, il quale fa un cenno di saluto e
dice, “‘Giorno, ragazzi, com’è l’acqua?”. I due giovani pesci continuano a nuotare per
un po’, e infine uno dei due si rivolge all’altro e fa, “Che diavolo è l’acqua?”
Se temete che io intenda presentarmi a voi come il pesce vecchio che spiega cos’è
l’acqua, non preoccupatevi. Non sono il vecchio e saggio pesce. Il punto fondamentale
della storiella dei pesci è che le realtà più ovvie, ubique e importanti spesso sono
quelle più difficili da vedere e di cui è più difficile parlare. Detto in questi termini,
naturalmente, non è che un luogo comune -ma il fatto è che, nelle trincee quotidiane
dell’esistenza adulta, i luoghi comuni possono essere una questione di vita o di morte.
Potrebbe suonare come un’iperbole, o un’insensata astrazione. Scendiamo nel
concreto, allora
Viene fuori che una grossa percentuale delle cose di cui tendo ad essere
automaticamente sicuro è completamente sbagliata e illusoria. Ecco un esempio
dell’assoluta erroneità di qualcosa di cui tendo ad essere automaticamente certo: ogni
cosa, nella mia esperienza immediata, conferma la mia profonda convinzione che sono
io il centro assoluto dell’universo, la persona più reale, vivida e importante che esista.
Raramente parliamo di questa sorta di egocentrismo naturale, di base, perché ispira
una forte repulsione sociale, ma in fondo lo stesso vale per ognuno di noi. È la nostra
configurazione standard, quella che ci ritroviamo installata nei nostri circuiti a partire
dalla nascita. Pensateci: nessuna delle esperienze che avete vissuto era incentrata su
qualcuno che non foste voi stessi. Il mondo di cui fate l’esperienza è proprio di fronte
a voi, o dietro di voi, o alla vostra sinistra, o alla vostra destra, sul vostro
teleschermo, sul vostro monitor, o quel che è. I pensieri e i sentimenti degli altri vi
devono essere comunicati in qualche modo, ma i vostri sono così immediati, urgenti,
reali -ci siamo capiti. Ma vi prego, non temete che mi metta a predicarvi la
compassione o l’empatia o le cosiddette “virtù”. Non è una questione di virtù -è una
questione di scegliere se impegnarmi a modificare o a liberarmi dalla mia
conformazione standard, naturale, impiantata nei circuiti, che consiste nell’essere
profondamente e letteralmente incentrato su di me, nell’osservare ed interpretare
ogni cosa attraverso questa lente del sé.
Per fare un esempio, poniamo che oggi sia una giornata normale, vi alzate al mattino,
vi recate sul luogo del vostro impegnativo lavoro, e lavorate sodo per nove o dieci ore,
e alla fine della giornata siete stanchi, sfiniti, e volete soltanto tornare a casa, fare
una buona cena e magari rilassarvi per un paio d’orette e poi andare in branda presto,
perché il giorno dopo vi toccherà alzarvi e rifare tutto da capo. Ma in quel momento vi
ricordate che non avete più cibo a casa -non avete avuto tempo per fare la spesa
questa settimana, per via del vostro impegnativo lavoro- e quindi adesso, dopo il
lavoro, vi tocca mettervi in auto e andare al supermercato. Siamo alla fine della
giornata lavorativa, e il traffico è pesante, per cui ci vuole più tempo per arrivare al
negozio, e quando finalmente siete lì il supermercato è affollatissimo, perché
naturalmente è l’unico momento in cui tutti gli altri lavoratori riescono ad andare a far
compere, e il negozio è di una luminosità fluorescente e spaventosa, e al suo interno
vengono diffuse innocue musichette che uccidono l’anima, o un pop commerciale, ed è
l’ultimissimo posto in cui vorreste essere, ma non è che potete entrare e uscire
velocemente: dovete vagare lungo tutte le corsie affollate dell’immenso e
iperilluminato negozio per trovare ciò che volete, e dovete manovrare il vostro carrello
pieno di cianfrusaglie in mezzo a tutte le altre persone stanche che si affrettano con i
loro carrelli, e poi naturalmente ci sono quei vecchi glacialmente lenti e gli sballati e i
ragazzi che vi bloccano la corsia, e dovete stringere i denti e cercare di chiedere loro
gentilmente di lasciarvi passare, e dopo tutto questo, alla fine, avete le vostre
provviste per la cena, solo che adesso viene fuori che non ci sono abbastanza casse
aperte, malgrado sia l’ora di punta, per cui la fila è incredibilmente lunga, che è una
cosa stupida e vi fa infuriare, ma non potete riversare la vostra furia sulla donna che
sta lavorando freneticamente alla cassa.
Ad ogni modo, riuscite ad arrivare in cima alla fila, pagate il vostro cibo, e aspettate
che l’assegno o la carta vengano riconosciuti da una macchina, e quindi vi sentite dire
“buona giornata” in una voce che è chiaramente la voce della morte, e poi vi tocca
portare le vostre inquietanti e logorate buste di plastica con dentro la vostra spesa nel
vostro carrello attraverso il parcheggio affollato, dissestato e ghiaioso, e cercare di
sistemare le buste nella vostra macchina in modo che durante il ritorno a casa la
spesa non fuoriesca dai sacchetti e si metta a rotolare nell’abitacolo, e poi dovete
ritornare a casa guidando attraverso il traffico lento, pesante e infestato di SUV
dell’ora di punta.
Il punto è che piccole e frustranti cazzate come questa sono esattamente quelle che
richiedono una scelta. Perché le code e le corsie affollate e le lunghe file alla cassa mi
danno tempo di pensare, e se non compio una scelta cosciente riguardo al modo di
pensare e alle cose a cui prestare attenzione, mi ritroverò incazzato e depresso ogni
volta che vado a far compere, perché la mia configurazione naturale è la certezza che
situazioni come questa in realtà riguardano solamente me, la mia fame e la mia
stanchezza e il mio desiderio di tornarmene semplicemente a casa, e sembrerà che
tutti gli altri mi stiano solamente tra i piedi, e chi è tutta questa gente che mi sta tra i
piedi? E guardate quanto sia repellente la maggior parte di loro, e quanto sembrino
stupidi e bovini e vitrei e inumani qui in coda alla cassa, o quanto siano fastidiose e
scortesi le persone che parlano a voce alta al telefonino in mezzo alla fila, e guardate
quanto tutto questo sia profondamente ingiusto: ho lavorato sodo tutto il giorno, sto
morendo di fame e sono stanco, e non posso neppure tornare a casa a mangiare e
rilassarmi per colpa di questi maledetti stupidi.
Oppure, se mi trovo in una modalità socialmente orientata della mia configurazione
standard, posso trascorrere il tempo in mezzo al traffico ad arrabbiarmi e sentirmi
disgustato di fronte agli enormi, stupidi e ingombranti SUV e Hummer e pickup V12
che bruciano le loro tossiche e menefreghiste taniche da quaranta galloni di benzina, e
posso rimuginare sul fatto che gli adesivi patriottici o religiosi sui paraurti sembrano
trovarsi sempre sui veicoli più grandi e disgustosamente menefreghisti, guidati dai
conducenti più brutti, arroganti e aggressivi, che di solito stanno parlando al
telefonino mentre tagliano la strada alla gente per poter avanzare di sei stupidi metri
nella coda, e posso pensare a quanto ci disprezzeranno i figli dei nostri figli per aver
sprecato tutto il carburante del futuro e probabilmente per aver incasinato il clima, e a
quanto siamo tutti viziati, stupidi e disgustosi, e a quanto faccia schifo tutto questo…
Se scelgo di pensare a questo modo, bene, lo facciamo in tanti -non fosse che pensare
in questo modo tende ad essere così semplice e automatico che non si tratta di una
scelta. Pensare in questo modo è la mia configurazione standard. È il modo
automatico e inconsapevole in cui penso quando mi trovo in quelle situazioni noiose,
frustranti e affollate della vita di un adulto nelle quali agisco in base all’automatica e
inconsapevole convinzione che io sono il centro del mondo, e che i miei bisogni
immediati e i miei sentimenti sono ciò che dovrebbe determinare le priorità del
mondo. Il fatto è che ovviamente ci sono modi diversi di pensare a situazioni di questo
tipo. In questo traffico, tutti questi veicoli fermi e ozianti sulla mia strada: non è
impossibile che alcune delle persone in questi SUV abbiano subito in passato qualche
orribile incidente d’auto, e per loro adesso guidare è così traumatico che i loro
psicoterapeuti hanno praticamente ordinato loro di prendersi un grande e grosso SUV,
in modo che si sentano abbastanza sicuri da poter guidare; o che l’Hummer che mi ha
appena tagliato la strada potrebbe essere guidato da un padre il cui figlioletto giace
ferito o malato nel sedile di fianco a lui, e che cerca di raggiungere in fretta l’ospedale,
e la sua fretta è assai superiore e più giustificata rispetto alla mia -sono io, in realtà, a
stargli tra i piedi.
Di nuovo, vi prego di non pensare che io vi stia dando qualche consiglio morale, o che
stia dicendo che “dovreste” pensare in questo modo, o che qualcuno si aspetta che lo
facciate automaticamente, perché è difficile, richiede volontà e sforzo mentale, e se
siete come me in alcuni giorni non sarete in grado di farlo, o più semplicemente non
ne avrete voglia. Ma la maggior parte dei giorni, se siete abbastanza consapevoli da
poter scegliere, potete scegliere di guardare diversamente questa signora grassa,
vitrea e ipertruccata che ha appena urlato in faccia al figlioletto mentre siete in coda
alla cassa -forse non è sempre così; forse è stata sveglia per tre notti di fila a reggere
la mano del marito che sta morendo di cancro alle ossa, o forse questa stessa donna è
l’impiegata di basso livello della motorizzazione che non più tardi di ieri ha aiutato il
vostro coniuge a risolvere un angosciante problema di protocollo tramite un qualche
atto di cortesia burocratica. Chiaramente, nessuna di queste cose è probabile, ma al
tempo stesso non è impossibile -dipende soltanto da ciò che volete prendere in
considerazione. Se siete automaticamente sicuri di conoscere qual è la realtà, e chi e
cosa è davvero importante -se volete operare secondo la vostra configurazione
standard- allora voi, come me, non prenderete in considerazione possibilità che non
siano insignificanti e fastidiose. Ma se imparate davvero come pensare, a cosa
prestare attenzione, scoprirete che ci sono altre opzioni. Avrete il potere di vivere una
situazione affollata, rumorosa, lenta, da inferno del consumatore, non soltanto come
dotata di significato, ma anche sacra, animata dalla stessa forza che accende le stelle
-compassione, amore, l’unità profonda di tutte le cose. Non è che questa roba mistica
sia necessariamente vera: l’unica Verità con la V maiuscola è che siete voi a decidere
in che modo cercare di guardarla. Siete voi a decidere coscientemente cosa ha
significato e cosa non ne ha. Siete voi a decidere cosa venerare.
Perché c’è un’altra cosa vera, ed è questa: nelle trincee quotidiane della vita adulta,
l’ateismo non esiste. È impossibile non venerare qualcosa. Tutti venerano. L’unica
scelta che possiamo fare è cosa venerare. E un’ottima ragione per scegliere di
venerare qualche specie di divinità o di ente spirituale -Gesù Cristo o Allah, Jahvè o la
dea-madre di Wicca, le Quattro Nobili Verità o un qualche insieme infrangibile di
principi etici- è che praticamente qualunque altra cosa voi veneriate finisce per
mangiarvi vivi. Se venerate i soldi e gli oggetti -se è in essi che riponete il vero
significato della vita-, non ne avrete mai abbastanza. Non sentirete mai di averne
abbastanza. Questa è la verità. Venerate il vostro stesso corpo, la vostra bellezza e il
vostro fascino, e vi sentirete sempre brutti, e quando il tempo e l’età inizieranno a
farsi notare, morirete un milione di volte prima che essi vi abbandonino davvero. In
un certo modo, tutta questa roba la sappiamo già -è stata codificata in forma di miti,
proverbi, cliché, tranquillizzanti, epigrammi, parabole: lo scheletro di ogni grande
storia. Il trucco è mantenere salda davanti a voi la verità nella consapevolezza
quotidiana. Venerate il potere -vi sentirete deboli e impauriti, e avrete bisogno di un
potere sempre maggiore sugli altri per tenere a distanza la paura. Venerate la vostra
intelligenza, la vostra brillantezza -finirete col sentirvi stupidi, degli impostori, sempre
sul punto di essere smascherati.
La cosa insidiosa di queste forme di culto non è il fatto che siano malvagie o
peccaminose; è che sono inconsapevoli. Sono configurazioni standard. Sono quel tipo
di culto nel quale scivolate lentamente, giorno dopo giorno, diventando sempre più
selettivi riguardo a quello che osservate e al modo in cui misurate il valore, senza mai
essere pienamente consapevoli che lo state facendo. E il mondo non vi impedirà di
operare secondo la vostra configurazione standard, perché il mondo degli uomini e del
denaro e del potere procede piuttosto gradevolmente con il carburante della paura e
del disprezzo e della frustrazione e della bramosia e del culto di sé. La nostra attuale
cultura ha imbrigliato queste forze in modi che hanno procurato una straordinaria
ricchezza, comodità e libertà personale. Libertà di essere padroni dei nostri minuscoli
regni, grandi quanto un cranio, da soli al centro dell’intera creazione. Questo tipo di
libertà ha molti pregi. Ma ci sono molti tipi diversi di libertà, e del tipo più prezioso
non sentirete parlare granché nel grande mondo dei trionfi e dei risultati e delle
esibizioni. La libertà che davvero conta richiede attenzione, e consapevolezza, e
disciplina, e sforzo, e la capacità di interessarsi davvero alle altre persone e di
sacrificarsi per loro, continuamente, ogni giorno, in una moltitudine di piccoli e poco
attraenti modi. Questa è la vera libertà. L’alternativa è l’inconsapevolezza, la
configurazione standard, la “corsa di topi” -la costante e divorante sensazione di aver
posseduto e perduto qualcosa di infinito.
So che questa roba probabilmente non suona divertente e briosa o particolarmente
ispirante. Ma è, per quanto mi è dato di vedere, la verità, al netto di un bel po’ di
stronzate retoriche. Naturalmente, ne potete pensare quello che vi pare. Ma per
favore, non liquidatelo come il sermone di un qualche professorone che agita il dito.
Niente di tutto questo ha a che vedere con la morale, la religione o i dogmi, o con i
grandi ed eleganti dilemmi sulla vita dopo la morte. La Verità con la V maiuscola
riguarda la vita prima della morte. Riguarda la possibilità di riuscire ad arrivare ai
trent’anni, o ai cinquanta, senza che vi venga voglia di spararvi un colpo in testa.
Riguarda la semplice consapevolezza -consapevolezza di quello che è così vero ed
essenziale, così nascosto in bella vista attorno a tutti noi, che dobbiamo continuare a
ripeterci costantemente:
"Questa è l'acqua, questa è l'acqua; dietro questi eschimesi c'è molto più di quello che
sembra". Farlo, vivere in modo consapevole, adulto, giorno dopo giorno, è di una
difficoltà inimmaginabile. E questo dimostra la verità di un altro cliché: la vostra
cultura è realmente il lavoro di una vita, e comincia...adesso. Augurarvi buona fortuna
sarebbe troppo poco.
(fonte www.federicarossetti.blogspot.it - ringrazio il Prof. Lorenzo Notari per avermi
segnalato questo testo)