Numero 5/15 Novembre-dicembre Anno XCIV

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Numero 5/15 Novembre-dicembre Anno XCIV
Disegno di Federico Campana
Numero 5/15
Novembre-dicembre
L’OTAF si presenta:
Anno XCIV
Inaugurazione Casa Iris a Massagno
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ceramiche
mosaici
pietre naturali
pietre artificiali
Come una lettera
a Gesù bambino
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Rivista illustrata
della Svizzera italiana
pubblicata dalla
Fondazione OTAF
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aro Marco sono io Federico, io
volevo dirvi se per caso avessi un giorno libero per fare una
parlata. Se hai un giorno libero se avesse un tempo di parlare, quando volete voi. Non vi do fretta, non per decidere
adesso, ma quando volete voi signor Marco. P.S. Scusate se
non scrivo mai in corsivo perché non sono mai riuscito. Ecco una caramella, spero è di vostro gusto il limone.» (n.d.r.
in fondo alla lettera stava appiccicata davvero una caramella). Ho conservato questo biglietto e ogni volta che lo
rileggo mi stupisce per la naturalezza e la delicatezza con
cui Federico ha espresso una sua aspettativa con l’aggiunta, originale e con un pizzico di geniale furbizia, di…una
caramella. Mi ha fatto piacere, tanto che la caramella è ancora lì, in fondo alle parole di Federico. Il periodo natalizio
è quanto mai propizio per esprimere i propri desideri in attesa che d’incanto, quanto atteso, lo si trovi lì... sotto l’albero di Natale. Le aspettative degli utenti che vengono accolti all’OTAF valgono tutto l’anno e sebbene non tutti i
desideri e le speranze siano facili da esprimere e da comprendere, per coloro che si assumono il compito di accompagnare i nostri assistiti, esse rivestono un’importanza fondamentale ed è imperativo tenerne conto. Non a caso le
aspettative dell’utente fanno parte integrante del piano individuale di ciascuno di loro. Ma cosa si aspettano da noi
i nostri utenti? Siano esse persone adulte o ancora minorenni, capaci di intendere e volere o in grado solo con l’aiuto di persone di riferimento: genitori o rappresentanti legali esterni (con le ben immaginabili difficoltà di interpretare
in modo corretto i bisogni del proprio assistito), le attese e
le speranze sono del tutto simili alle nostre. Per un bambino, il desiderio di sentirsi parte integrante dell’asilo o della
classe di scuola speciale, poi quello di diventare adulto e di
finalmente trovare un lavoro o un’occupazione che piace;
magari anche la morosa e chissà un domani avere una famiglia. Per coloro che vivono nelle nostre strutture abitative, alcuni da una vita, il piacere di sentirsi a casa e di poter
arredare la propria camera secondo i propri gusti e, perché
no, scegliere il colore delle pareti (come è stato fatto presso il foyer casa Iris riedificato a Massagno e inaugurato lo
scorso mese di novembre). Poi ci sono le aspettative di coloro che sono affetti da gravi malattie, delle quali bisogna
essere in grado di cogliere anche il benché minimo segnale. Verso queste persone, saper riconoscere con l’animo e
la mente anche reconditi bisogni e soddisfarli a volte attraverso semplici attenzioni e riguardi, produce grande sollievo. Ho anche ben presente, qualche anno fa, una donna
che, attiva nel laboratorio tessile, avrebbe desiderato ancor di più girare tutto il giorno a bordo di un autobus cittadino, mentre un altro mi diceva che sarebbe venuto volentieri nel nostro laboratorio agricolo “La fattoria”, ma non
certo per lavorare. Due esempi che potrebbero scoraggiare
educatori navigati, ma se queste sono le aspettative, è bene quanto meno ascoltarle; magari prendendosi “un giorno libero per fare una parlata”. Aspettative e desideri che
possono e devono essere ascoltati ancora prima che arrivi Gesù bambino.
Marco Canonico
Redattore responsabile
[email protected]
In copertina
Buone Feste da tutta la Redazione di “Semi di bene”
e arrivederci all’anno prossimo!
5
Anno:
XCIV
no.
Sommario
Editoriale
5
Novembre
dicembre
OTAF e dintorni
-Casa Iris come un fiore
aperto sulla città
Marco Canonico
Hanno collaborato
a questo numero:
-Il buon messaggio di Casa Iris
Lorenza Bianchi
- Intervista all’architetto
Marino Borroni
Armando Boneff
Marco Cano­ni­co
Classe scuola
speciale del Liceo2
di Lugano-Savosa
8 Incontri
Settimana del Cervello della Svizzera italiana
Marco Canonico
Nikita Dehtevics
Sara Groisman
10 Solidarietà
El Hatillo: un paese da spostare in nome del carbone
Marco Canonico
Ja­vier Mar­­tinez
Giorgio Passera
Ro­berto Ron­­­­­co­roni
Mario Sajic
13 Il Quartiere delle
emozioni e dei sentimenti
Stephan Selhorst
Giorgio
Valsangiacomo
Le strutture-satellite dell’OTAF
Sommascona
Giorgio Passera
16
- Creare e condividere - Mario Sajic
- Intervista doppia con Lorena e Alessandra
19 Lavori in corso
Un Grazie speciale a tutti gli operai! - Nikita Dehtevics
Agenda OTAF
I Re Magi all’OTAF
20 Letture - Famiglie - Sara Groisman
23 Chissachilosà?
Nella nostra classe c’è un allievo che ha la passione dei
proverbi e dei detti popolari. Abbiamo pensato di vedere
se siete bravi come lui.
Classe scuola speciale del Liceo2 di Lugano-Savosa
24 Notiziario OTAF
- Timberland in Fattoria
- Un pomeriggio speciale con streghe e gatti neri
- Mercatino di Natale all’OTAF di Sorengo
25 La ricetta
Taxi Teheran - Stephan Selhorst
26 Passodopopasso
Valle di Blenio: i sentieri storici
Giorgio Valsangiacomo
29 Albo per gli amici
In memoria di Fiorenza Ferrini e Elena Pelli
Editore Fondazione OTAF, 6924 Sorengo, Tel. 091/ 985 33 33; Redattore responsabile Marco Canonico;
Abbonamenti annuo CHF. 30.- sostenitore CHF. 50.-; CCP 69-352-8; Tiratura 5’500 esemplari, esce 5 volte all’anno;
Stampa Tipografia Fontana Print, 6963 Pregassona; Grafica studio grafico Boneff, Lugano Tel. 091/ 994 73 33,
[email protected]; Copyright Riproduzione, solo con autorizzazione della redazione; www.otaf.ch 05-2015 SEMI DI BENE 3
OTAF e dintorni
Casa Iris come un fiore
aperto sulla città
«Ascolto la mia
squadra anche
quando non si F
sente nulla.»
L’Avv. Pier Mario Creazzo
Presidente della Fondazione OTAF
«
Pensaci, ora tocca a te.
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4 SEMI DI BENE 03-2015
acilitare in particolare
l’autonomia e le relazioni sociali, è l’obiettivo immediatamente percepibile che
la realizzazione della nuova casa Iris
di Massagno si è posta fin dai primi
lavori progettuali.» È questa infatti la
sfida che la Fondazione OTAF, presieduta
dall’avvocato Pier Mario Creazzo, assieme
al direttore Roberto Roncoroni e all’architetto Marino Borroni, ha voluto raccogliere, un anno fa, con la posa della prima
pietra di Casa Iris. È stato sufficiente un
anno di lavori per concretizzare questo
ambizioso progetto. Obiettivo raggiunto, come è stato ricordato dal presidente Pier Mario Creazzo, in occasione della
conferenza stampa tenutasi lo scorso 19
novembre e ribadito sabato 21 novembre
durante la cerimonia del taglio del nastro.
Era infatti dal 1994, ha spiegato Creazzo,
che gli ospiti del foyer casa Iris risiedevano
presso una struttura della Cassa pensione
dei dipendenti dello Stato del Canton Ticino, nel quartiere le Brughette a Barbengo, beneficiando di condizioni abitative
confortevoli certo, ma con il passare degli anni sorbendosi i disagi del traffico in
costante aumento. Tempi di trasferte da
Barbengo a Sorengo sempre più lunghi
uniti a una logistica che non consentiva
agli ospiti grandi opportunità di contatti sociali al di fuori del quartiere, hanno
spinto l’OTAF a considerare uno spostamento dell’intera struttura verso la città di Lugano. Il lascito ereditario da parte degli eredi di Giuseppe e Anita Poretti
costituto da una casa familiare di tre piani e due appartamenti in via Morena 6
Inaugurato sabato 21 novembre
il nuovo foyer OTAF a Massagno
alla presenza delle autorità
politiche e religiose.
a Massagno e l’interesse della Fondazione Heinz Vom Scheidt che ha assunto gli
oneri dell’intera riedificazione stanziando
circa 4 milioni di franchi, hanno reso possibile la realizzazione della nuova struttura. Con il nuovo edificio di Massagno, ha
aggiunto il direttore Roncoroni, si è chiuso
simbolicamente il triangolo costituito dal
foyer Casa Gaia di via Solaro 3 sempre a
Massagno e dal foyer Casa Ninfea in via
Cortivallo 2 a Besso, ma si aprono nuove
opportunità di contatto e di scambi tra
gli utenti residenti, oltre a evidenti agevolazioni situandosi tutte e tre le case in
prossimità del centro di Lugano. Questo
il compito affidato a Massimo Conforti,
responsabile di Casa Iris e ai suoi collaboratori. Dal 17 ottobre i 12 utenti adulti (5 donne e 7 uomini), hanno traslocato
e vivono nella nuova Casa Iris, accolti “a
braccia aperte”, come ha sottolineato il
sindaco di Massagno, architetto Giovanni
Bruschetti. Nel solco della tradizione della popolazione massagnese, ha continuato il sindaco Bruschetti il giorno dell’inau-
gurazione, poter ampliare le opportunità
di incontro con delle persone bisognose
di aiuto è «un atto benefico significativo, è un messaggio di speranza e di gioia
di stare insieme». Un sentimento di gioia
espresso anche dal direttore del Dipartimento della sanità e della socialità (DSS),
il Consigliere di Stato Paolo Beltraminelli
che rivolgendosi agli utenti, ai familiari,
al personale e ai numerosi amici presenti, ha ricordato l’importanza che iniziative come l’edificazione del foyer Casa Iris,
rivestono per la socialità. «È un settore,
quello degli invalidi e degli anziani in costante crescita nei confronti del quale,
senza l’aiuto dei cittadini contribuenti e
dei benefattori, non si potrebbe rispondere ai bisogni, come invece si fa in modo esemplare.» Amicizia e calore umano che traspaiono anche dai caldi color
arancio e giallo intenso che tinteggiano
i sei piani della nuova Casa Iris e che sottolineano altresì profondi valori cristiani,
come ha concluso Don Krystian Nowicki benedicendo la struttura e i presenti.
di
Marco
Canonico
05-2015 SEMI DI BENE 5
Il buon messaggio di Casa Iris
C
Giovanni Bruschetti sindaco di Massagno, Paolo Beltraminelli Consigliere di Stato e Roberto Roncoroni direttore della Fondazione OTAF.
asa Iris è stato, in ordine
di tempo, il quarto foyer
esterno aperto dall’OTAF
(dopo casa Gaia nel 1991, casa Bianca
nel 1992 e casa Ninfea nel 1993). Ricordando quei mesi di marzo e aprile del
lontano 1994 – nel corso dei quali utenti ed educatori di allora erano impegnati
ad organizzare il trasloco e a fare le prime timide esperienze di vita in comune Stefano Cesalli, all’epoca responsabile del
foyer, rilevava che “la maggiore difficoltà
riscontrata fu quella relativa alla ricerca
di un nome per la casa”. Infatti ognuno
aveva il suo ideale e dava un valore diverso alla propria abitazione. Dopo qualche
mese di intensi dialoghi e dibattiti, la scelta ricadde sul nome Iris, come il fiore che
donato significa “buon messaggio” (rif.
articolo apparso sulla nostra rivista Semi
di Bene n. 3/97 dal titolo “Il foyer Casa
Iris”). Nel corso del 2010 la Fondazione
OTAF, grazie ad un lascito ereditario del
defunto signor Francesco Poretti di Mas-
sagno, ha acquisito la particella e la casa
con 3 appartamenti sita in Via Morena 6.
La ristrutturazione dell’edificio esistente,
su un terreno che, stando al piano regolatore, permette l’edificazione di sei piani, non costituiva una soluzione razionale;
inoltre non avrebbe permesso di realizzare un foyer che fosse funzionale e rispondente alle nostre esigenze.
Dopo attenta analisi, il Consiglio di Fondazione ha quindi incaricato l’architetto
Marino Borroni di elaborare un progetto per la realizzazione di uno stabile da
adibire a foyer per persone invalide. Dopo aver ottenuto la licenza di costruzione
nel mese di ottobre 2013 la Fondazione
OTAF ha trovato nella Fondazione Heinz
Vom Scheidt il partner disponibile ad assumersi l’onere dell’investimento. Il progetto approvato ed il sedime sono stati quindi venduti dall’OTAF alla predetta
Fondazione. Nel mese di aprile 2014 sono iniziati i lavori di costruzione del nuovo edificio.
I colori scelti dagli utenti
All’inizio di aprile 2015 gli utenti, gli
educatori, i familiari e i rappresentanti legali hanno effettuato una visita del
cantiere. È stata l’occasione per presentare i nuovi spazi abitativi e per permettere agli ospiti di esprimere qualche loro desiderio (come la scelta della camera
o il colore del tinteggio delle pareti). Nel
corso della settimana dal 12 al 16 ottobre gli utenti si sono trasferiti nel nostro
centro di vacanza a Sommascona-Olivone, accompagnati da un gruppo di operatori mentre gli altri collaboratori del foyer
casa Iris, con il supporto del nostro servizio interno di manutenzione, hanno effettuato il trasloco.
Sabato 17 ottobre gli utenti sono rientrati dal loro soggiorno in Valle di Blenio e hanno fatto il loro ingresso nella nuova casa.
Con un investimento complessivo di CHF
3’985’000 è stato realizzato un palazzo
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Squadra e squadrante
disegnano Casa Iris
• Piano interrato: autorimessa per 8 posti auto, locale lavanderia, locali tecnici e depositi.
• Piano terreno: soggiorno, cucina e zona giardino esterna.
• 1./ 2./ 3. piano: 4 camere per piano,
ognuna dotata di servizio WC e doccia e di un locale deposito per la biancheria; al primo piano si trova un bagno assistito.
• 4. piano: 2 appartamenti che sono stati
collegati per realizzare un’unità abitativa, in collaborazione con la Fondazione
ARES, per persone adulte con disturbo
dello spettro autistico. Si tratta di un
progetto che diventerà operativo con
l’inizio del 2016 e per il quale stiamo
attualmente definendo i vari aspetti.
• 5. piano: 2 appartamenti singoli (uno
da 2 ½ locali e uno da 3 ½ locali) che
negli intendimenti dell’OTAF e d’accordo con il Consiglio della Fondazione
Vom Scheidt verranno messi a disposizione come appartamenti protetti. Abbiamo già preso contatto con i vari servizi sul territorio (Ufficio degli invalidi e
Pro Infirmis) per valutare possibili candidati interessati ad affittare uno degli
appartamenti.
La struttura è aperta tutti i giorni dell’anno e la copertura da parte del personale è garantita:
• nei giorni feriali dalle ore 16.00 circa alle ore 10.00 circa del giorno successivo;
•sabato e domenica e durante i giorni
di chiusura delle strutture diurne a Sorengo 24 ore su 24;
• in caso di malattia dell’utente 24 ore
su 24.
Nella fascia diurna dei giorni feriali gli
utenti frequentano il centro diurno o i
laboratori protetti a Sorengo.
La Fondazione Heinz Vom Scheidt
La Fondazione Heinz Vom Scheidt di
Lugano è un’istituzione che persegue
scopi esclusivamente benefici, nel solco di quanto fece lo stesso Heinz Vom
Scheidt, un imprenditore tedesco di successo che amava e frequentava il Ticino
e che ha manifestato la sua grande sensibilità verso i meno fortunati costituendo importanti istituzioni benefiche sia in
Germania che da noi.
R
«
idendo e scherzando
sono cinquant’anni
che tiro righe con la
squadra e lo squadrante! Ho iniziato come
apprendista presso lo studio dell’architetto
Chiesa e - lo dico con un pizzico di ironia
- mi ero posto l’obiettivo di lavorare tranquillamente fino alla pensione e poi…e poi
eccomi qua a lavorare più di prima!» Marino Borroni, classe 1946, di Bosco Luganese, persona pacata e discreta l’abbiamo incontrato in occasione dell’inaugurazione
del nuovo foyer Casa Iris, edificio progettato dall’omonima EMMEBI architettura SA
di cui è responsabile.
Chi è l’architetto Marino Borroni?
Sono una persona cui non è mai piaciuto troppo apparire, non ho mai cercato di
farmi pubblicità; al contrario amo la discrezione e può darsi che questa mia caratteristica sia stata vincente nei rapporti di fiducia che mi sembra di aver costruito con la
Fondazione OTAF.
Come è arrivata la commissione
per Casa Iris?
La collaborazione con l’OTAF risale al 2000
con la ristrutturazione della Casa di vacanza
di Sommascona, quale incaricato della direzione lavori, tramite l’architetto Luciano Molteni. Nel 2007 tramite l’allora segretario generale della Fondazione Roberto Roncoroni,
mi venne affidata la ristrutturazione della parte più vecchia della casa di vacanza di Somascona, quella che sui muri portava ancora il
nome di “Ospizio Humanitas Sommascona”
Nel 2011 fui interpellato di nuovo in occasione della ristrutturazione dell’ex casa del
personale e oggi “Casa OTAF” di Sorengo.
Il mandato più recente è stato invece quello del 2013 per la progettazione e direzione lavori della nuova Casa Iris di Massagno.
Lavori che si sono protratti fino a quest’anno. La felice collaborazione con l’OTAF non
è ancora terminata. Infatti, continuo ad occuparmi della direzione lavori per l’edificazione di Casa Nava (secondo il progetto dell’architetto Mario Botta).
A quali bisogni doveva
rispondere Casa Iris?
Casa Iris doveva sorgere su una superficie relativamente piccola, dunque si trattava di sfruttare al massimo le possibilità edificatorie estendosi in altezza.
OTAF e dintorni
OTAF e dintorni
Per questo si è pensato ad un
edificio di 6 piani destinati ad
accogliere le persone disabili del
foyer di Barbengo, cercando di
ottenere spazi per appartamenti protetti.Conosciute le esigenze particolari della committenza
(12 camere con doccia per disa- Arch. Marino Borroni
bili e spazi comuni), si è iniziato
di
a schizzare le varie possibilità tenendo conMarco
to dei 200 m2 disponibili per oiano e delle
Canonico
caratteristiche di esigenze particolari dei disabili. Dopo vari schizzi e varianti, discusse
con il Consiglio di fondazione, si sono ottenuti al piano terreno spazi comuni, su tre piani le camere per disabili con relativi sevizi e
due piani con quattro appartamenti protetti.
Quali difficoltà ha incontrato
nella progettazione e quali nella fase
di realizzazione?
Non è stato facile edificare in una zona residenziale. Il rischio di fare danni alle strutture esistenti era alto, dovendo in certi casi
lavorare vicinissimi ai confini degli altri residenti. Un’altra difficoltà era rappresentata
dai tempi stretti di consegna dell’opera. In
questo un grande merito va alle maestranze dell’impresa Ugo Bassi SA e a tutte le altre ditte che sono intervenute nei lavori e
che hanno dato il massimo.
Chi ha scelto i colori giallo
e arancio e perché?
Per la scelta dei colori dello stabile ho collaborato con il grafico Stefano Soldini, con
il quale avevo già lavorato per casa OTAF e
per il centro di vacanza di Sommascona; si
è dunque pensato di riprendere il blu del logo OTAF per i serramenti, l’arancione aveva già fatto la sua apparizione sulle facciate
di “Casa OTAF” di Sorengo e il giallo deciso per dare positività al quartiere: la stessa vivacità e positività che mi hanno manifestato gli ospiti quando li ho incontrati la
prima volta. Tanto entusiasmo ci ha spinti
a inserire dei colori vivaci sui tre piani e offrire loro anche la possibilità di scegliere il
colore della propria camera.
È soddisfatto dell’opera realizzata?
Mi ritengo soddisfatto certo, ma soprattutto mi auguro che le persone che l’abiteranno possano trovasi a loro agio e in armonia tra di loro e con il mondo esterno
che li circonda.
05-2015 SEMI DI BENE 7
Incontri
Sto perdendo
la memoria?
«
di
Marco
Canonico
F
are in modo che le persone malate di Alzheimer possano esprimersi
con le loro parole e saperle ascoltare
con pazienza, procura sicuramente un
effetto liberatorio nel malato.» È uno
dei consigli scaturiti in occasione della conferenza pubblica dall’omonimo
titolo: “Sto perdendo la memoria? del
17 marzo scorso presso l’USI di Lugano in occasione della “Settimana del
cervello della Svizzera italiana”.
L’evento contemplava un simposio medico, una serata al cinema con la proiezione e discussione attorno al film “Still
Alice” di Glatzer e Westmoreland, e otto incontri organizzati presso le Scuole
medie del Cantone sul tema: “Ricordi e
oblio”. Ne hanno discusso, di fronte ad
un folto pubblico di anziani, tre tra i più
noti specialisti della malattia attivi in Ti-
cino: Pierluigi Quadri, caposervizio Geriatria OBV e ORL, Paolo Paganetti, responsabile della ricerca di base del Neurocentro
della Svizzera italiana e Leonardo Sacco,
capocolinica presso il Neurocentro della
Svizzera italiana.
Dicevamo, uno dei consigli di tipo pratico in quanto l’Alzheimer è ancora una
malattia che presenta diversi aspetti ancora poco noto o quanto meno, trattandosi di una patologia che generalmente
si sviluppa molto lentamente, difficilmente riconoscibile e diagnosticabile tempestivamente.
Cosa ho mangiato ieri sera?
Per certi versi sembra non essere facile nemmeno dare consigli a chi, ormai in
età da pensione, per esempio non si ricorda più cosa ha mangiato la sera prima; tanto più difficile se la persona gode
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8 SEMI DI BENE 05-2015
si reagisce correttamente e subito». Dunque, ha ammonito Sacco, è meglio essere
pronti ad affrontare i cambiamenti che la
malattia sicuramente comporta nelle relazioni con i famigliari. Una malattia insidiosa con la quale, invecchiando, tutti
noi potremmo dover fare i conti.
globalmente di buona salute. Fare degli
esami clinici per saperne di più? Oppure
attendere l’insorgere di eventuali altri sintomi inequivocabili? Sembra davvero arduo pronunciarsi in merito, tanto che gli
specialisti preferiscono lasciare a ciascun
individuo piena libertà di orientarsi verso
l’una o l’altra opzione e di fare la scelta
più adatta a sé stesso… e per i famigliari che gli stanno accanto. Certo! Perché
l’Alzheimer modifica profondamente non
solo il comportamento e la vita del malato, ma anche le relazioni che egli tiene
con i figli, la moglie o il marito. Ma andiamo con ordine iniziando proprio con
le parole conclusive di Giovanni Pellegri,
moderatore della serata: «La malattia e
la morte ci appartengono, affrontiamo la
vita come protagonisti!» Vero, ma se ci
viene a mancare la memoria? Una probabilità che - cifre alla mano - potrebbe
toccare buona parte di tutti noi, come ha
fatto notare Pierluigi Quadri, se si considera che nel 2010, in Europa i malati di
demenza erano 7 milioni di cui 100’000
in Svizzera e 1’100 in Ticino. Le previsioni per il nostro continente, indicano che
saranno 14 milioni nel 2020 e 21 milioni nel 2050. L’insorgere dell’Alzheimer è
del 3.5% tra le persone (in maggioranza
donne) che si situano tra i 65 e i 75 anni,
sale al 20%-30% tra gli ottantacinquenni
e aumenta ancora negli ultra novantenni.
Meglio una diagnosi precoce
Anche se non ricordarsi una cosa da un
momento all’altro, ha rassicurato Quadri,
non è necessariamente sinonimo di demenza, è bene tenere presente che alcuni
sintomi potrebbero rivelare, mediamente dopo un anno, la malattia. «Se inoltre si considera che il decorso dell’Alzheimer si situa tra i 10 e i 12 anni, si capisce
quanto sia importante investigare precocemente sui disturbi della memoria non
solo per rallentare la malattia, ma anche
in funzione di un’adeguata pianificazione socio-sanitaria.» Una diagnosi precoce dell’Alzheimer, sembrerebbe dunque
essere un altro consiglio da tenere in considerazione. Lo sostiene anche Leonardo
Sacco mettendo in guardia sulle ricadute sia di tipo comportamentale, sia di tipo psicologico che la malattia comporta non solo in colui che ne è colpito, ma
anche in coloro che gli stanno accanto.
«La qualità di vita può restare decente se
La ricerca in Ticino
Un misurato sollievo giunge dalla ricerca sulla malattia e in particolare da quella condotta in casa nostra, in Ticino e per
la precisione presso il Neurocentro della
Svizzera italiana con sede a Taverne. Paolo Paganetti, responsabile della ricerca di
base del centro, ha indicato nella peptide
amiloide, una particolare tipo di proteina
mutante che si sviluppa nel cervello, la responsabile di alcune malattie neurodegenerative fra le quali anche la malattia di
Parkinson e l’Alzheimer, appunto. Questa
sostanza da amica si trasforma in nemica
creando tossicità e diventando patogena.
È in questo modo che, lentamente, prima
si dimentica dove si è parcheggiata l’auto, poi si annebbiano le conoscenze culturali, si affievolisce l’iniziativa fino a non
sapere più nulla di se stessi e degli altri.
Still Alice
Ho visto il film di R. Glatzer e W.
Westmoreland con un’amica cosciente
che si trattava di un argomento non
facile e fortemente coinvolgente sul
piano personale, specialmente quando ci si avvicina ai 60 anni.
Malgrado i miei timori si è rivelato un
film che affronta l’Alzheimer in modo realistico, senza essere crudele o angosciante.
Tratta dal romanzo “Perdersi” (Still Alice),
scritto del 2007 dalla neuro scienziata Li-
sa Genova (Edizioni Piemme), la pellicola
ha il pregio di toccare delicatamente un
argomento spinoso. Lo spettatore è così
invitato a vivere (e a condividere) insieme
alla protagonista, Alice Howland, e alla
sua famiglia, l’incedere della malattia che
la colpisce. Lei affermata docente universitaria alla Columbia University, il marito
chimico e i figli orami adulti Anna, Tom
e Lydia. La diagnosi per Alice, inesorabile, arriva prima dei 50 anni. La accompagno, stando seduta sulla mia poltroncina, attraverso i primi inquietanti sintomi
e poi sempre più giù,…nel baratro del
perdersi, nella quotidianità dove anche il
più semplice gesto diventa una montagna da affrontare. Gli affetti e le emozioni più care si stemperano nella nebbia in
cui ti avvolge la malattia, fino a farti perdere i momenti più significativi della vita.
L’attrice protagonista (Julianne Moore)
merita ampiamente l’Oscar ricevuto per
l’interpretazione delicata e realista. Film
sicuramente da vedere, ma... con un pacco di Klinex.
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05-2015 SEMI DI BENE 9
Incontri
Conferenza pubblica del 17 marzo 1015
El Hatillo: un paese da spostare
in nome del carbone
Corsa coi sacchi di patate (Giornata per
l’infanzia, organizzata dalle imprese).
Casa tipica del villaggio.
Via Simon Bolibar a Valledupar.
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Marco
Canonico
I
l comune di “El Paso” in
Colombia è molto esteso: la sua superficie copre 823 km2 per una popolazione di
30.928 abitanti. Di questi, solamente il 17,86% degli abitanti occupano
l’area urbana, il restante 82,14% vive
in prossimità della miniere di carbone. “El Hatillo” si trova proprio nella
zona di “El Paso” ed è la zona dove
operano Francesco e Tatiana Gerber
dal mese di febbraio 2015.
Sono partiti dalla Svizzera con un bambino di 4 mesi: Rafael. Questo borgo costituito da una comunità di 184 famiglie,
si situa nel mezzo di due miniere di carbone a cielo aperto. A causa dello sfruttamento delle miniere di carbone partito all’inizio degli anni ‘90, le condizioni
di vita degli abitanti di “El Hatillo” subiscono un lento processo di peggioramento. L’apertura di una nuova miniera
molto vicina al villaggio nel 2005 ha accelerato ulteriormente questo processo.
Il fiume che prima passava accanto al paese (Rio Calenturitas) risorsa fondamentale per l’agricoltura, la pesca, il rifocillo del bestiame, è stato deviato di 17km
per soddisfare i bisogni delle aziende di
carbone. Questo cambiamento drastico
è causa dell’estinzione di buona parte
dell’economia locale ed ha come conse-
10 SEMI DI BENE 05-2015
Francesco e Tatiana Gerber
con il piccolo Rafael hanno lasciato
il Ticino per operare a favore della
popolazione locale.
guenza la sparizione quasi totale di appezzamenti di terra coltivabile facendo, di
fatto, fallire l’economia di un paese che
si basa quasi esclusivamente sull’agricoltura. Questa situazione ha trascinato la
popolazione ad una condizione di dipendenza totale dalle possibilità d’impiego
indirettamente offerte dalle aziende minerarie. L’inquinamento di aria e terreno causato dalle polveri sottili ha inoltre
causato numerose patologie respiratorie
alla popolazione. Questo fenomeno si è
esteso al punto che, nel 2010, il Ministero dell’Ambiente ha decretato queste zone come “inabitabili” imponendo alle tre
multinazionali (Drummond, CNR e Glenocore) di prendersi carico dello “spostamento” della popolazione di “El Hatillo”.
Abbiamo incontrato i coniugi Gerber al
rientro dalla Colombia dopo quattro mesi di lavoro sul posto.
Come opera l’ONG E-CHANGER
di cui fate parte?
Siamo partiti per la Colombia in febbraio 2015 con un’ONG Svizzera, più
precisamente di Friburgo che si chiama
E-CHANGER. Quest’organizzazione fa
parte di un’alleanza chiamata COMUNDO che è presente nelle principali zone
linguistiche del paese, per la Svizzera tedesca con Bethlehem Mission Immensee
e per il Ticino con Inter-Agire. COMUNDO è un’organizzazione non a scopo di
lucro, che vuole avvicinare le persone
del nord e del sud grazie allo scambio di
pratiche professionali. Contrariamente
ad altre grandi organizzazioni, l’alleanza
COMUNDO non finanza progetti al sud,
preferisce rafforzare organizzazioni locali
esistenti mandando volontari qualificati.
L’idea è di creare una collaborazione costruttiva che arricchisca entrambe le parti
tramite un rapporto orizzontale.
Come si prepara lo spostamento
di un villaggio?
Lavoriamo in collaborazione con quindici
leader locali che si occupano delle negoziazioni con le multinazionali del carbone
per quanto riguarda lo “spostamento del
villaggio” ordinato dal ministero dell’ambiente nel 2010. Queste persone si dividono in due gruppi, il comitato di transizione e quello di concertazione. Tatiana
che ha studiato comunicazione all’università di Lugano (USI) lavora principalmente con il comitato di concertazione,
si occupano principalmente delle negoziazioni con le multinazionali. Queste riunioni con le imprese sono fondamentali perché servono per definire a cosa
avranno diritto esattamente gli abitanti del villaggio nel “nuovo Hatillo”. Loro
chiaramente vogliono le stesse identiche
condizioni di vita che avevano nel passato (prima dell’arrivo delle multinazionali) mentre le imprese vogliono spendere
il meno possibile. Per stesse condizioni di
vita s’intende: un fiume in prossimità del
paese per pescare, coltivare e avere acqua
potabile per gli abitanti e l’allevamento.
Inoltre lottano per ottenere lo statuto di
contadini il che darebbe loro accesso al
terreno coltivabile. Tatiana si occupa di
organizzare il comitato di concertazione, prendere appunti, preparare le riunioni, organizzare i concetti, consigliare
sulle cose da fare, eccetera. Inoltre si occupa della gestione delle mail e della redazione delle lettere che vanno mandate alle imprese e a tutti gli enti pubblici
coinvolti nel processo. Io (Francesco) lavoro con il comitato di transizione che si
occupa della vita culturale del villaggio,
eventi, sport, scuola, teatro, eccetera. Il
nostro lavoro è di aiutare la comunità nella vita quotidiana. Ora stiamo lavorando
in collaborazione con l’ONU che inizierà “progetti produttivi” in queste prossime settimane. Questi progetti permetteranno alla popolazione di seguire una
formazione pratica in vari ambiti, tali come: allevamento di pesci, apicoltura, allevamento bovino e coltivi vari. Questi
progetti, sono interessanti perché l’ONU
manda persone molto qualificate per formare gli abitanti della comunità, mettono tutto il materiale a disposizione, trovano i clienti e quando si trasferiranno,
si potranno portare dietro tutto il materiale per continuare a lavorare.
Nuovi progetti all’orizzonte
“Terre des Hommes “ Germania entrerà tra poco con un nuovo progetto per
bambini e adolescenti al quale potrò partecipare anch’io. Il progetto consiste nel
creare degli orti comunitari nel recinto
Venditore ambulante di succhi di frutta.
scolastico, questi ultimi saranno lavorati
in collaborazione con i bambini. Lo scopo pedagogico è quello di far scoprire ai
più giovani quello che era il lavoro dei loro genitori prima dell’arrivo delle multinazionali. Il progetto con gli adolescenti
invece è piuttosto basato sull’uso di materiale audio e video per formare dei “piccoli giornalisti” sulle problematiche degli
abitanti in generale. Nella scuola elementare, lavoro in collaborazione con le insegnanti. Il mio lavoro è principalmente
di prevenzione, tramite delle attività ludiche e delle discussioni di gruppo attorno a problematiche come: la violenza in
generale, violenza intra-familiare, rispetto
reciproco, inquinamento, eccetera. Una
volta la settimana organizziamo il “Cinema Hatillo” in diversi quartiere del paese,
per grandi e piccoli.
In Colombia con un bambino
di appena tre mesi?
Questa è una buona domanda. A dire il vero Rafael non era previsto nei nostri piani, avevamo già postulato presso
E-CHANGER come candidati alla partenza da diversi mesi e inizialmente dovevamo partire in novembre 2014. L’arrivo di
un bambino ha modificato la nostra partenza di quattro mesi, ma abbiamo deciso di partire comunque (con l’appoggio
della nostra ONG). Inoltre, altre famiglie
prima di noi erano già partite con bambini piccoli, quindi non eravamo preoccupati. La Colombia è il paese d’origine di
Tatiana, quindi, sapevamo di poter contare sull’appoggio della famiglia, anche
se vive lontano da noi: a Bogotá. Le motivazioni erano diverse, la prima dopo cinque anni passati in Svizzera, ci sembrava
giusto avvicinarci alla famiglia di Tatiana.
A un livello professionale, il lavoro sembrava (ed è) molto interessante. Il fatto
di poter partire in Colombia, ma con le
coperture sociali Svizzere (assicurazione
malattia, AVS, secondo pilastro) ci permetteva di partire con delle buone garanzie per il ritorno e per la nostra salute e quella del piccolo Rafael.
Come vi si può dare una mano?
Il credo della nostra ONG è di far muovere le cose informando al nord di ciò che
sta succedendo al sud. Se pensiamo al nostro lavoro qui all’Hatillo, informare la popolazione Svizzera su quello che succede,
è molto importante. Glencore, in effetti, è
una multinazionale con sede principale a
Zugo, il fatto di parlare in Svizzera di quello
che succede in Colombia permette di mettere più pressione su questi mastodonti.
Indirettamente questa pressione aiuta parecchio il processo di negoziazione con le
imprese del carbone. (i paesi del nord sono
i principali clienti di queste multinazionali,
se mettono pressione, le imprese devono
reagire). Prima di partire dalla Svizzera abbiamo dovuto costituire un “gruppo d’appoggio” la cui responsabile è mia sorella
Alessandra Keller–Gerber. La creazione di
questo gruppo serve:
1.Per permetterci di raccogliere fondi per
il nostro progetto, dobbiamo raccogliere come minimo 7000 franchi all’anno
per autofinanziare una parte del nostro
lavoro qui in Colombia.
2.Per appunto informare la popolazione Svizzera su quello che succede qui
all’Hatillo.
Graditi sostegni:
E-CHANGER
Rue St.Pierre 10
1700 Fribourg -Suisse
CCP: 17-7786-4
IBAN : CH51 0900 0000 1700 77864
Per garantire che il vostro dono venga
versato al nostro progetto, PF nella parte
« motivo del versamento » precisate:
« Solidaridad Campesina » Famille
In ogni momento potete visitare
il nostro blog per maggiori informazioni:
http://konzern-initiative.ch/
ce-que-vous-pouvez-faire/?lang=fr
Contatti: Le nostre coordinate
Skype:
tatiana.rojas.garzon – francesconosciuto
Mail:
[email protected]
[email protected]
Indirizzo:
Carrera 19D n° 5-50 casa 3,
C.R. Arizona, Valledupar - Colombia
Telefonino (whatsApp !):
+ 57 312 496 43 23
+ 57 312 500 42 81
Gruppo di sostegno:
Personne di riferimento:
Alessandra Gerber
[email protected]
05-2015 SEMI DI BENE 11
Solidarietà
Solidarietà
IN
Parole di carta
TE
N
E
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Il Quartiere delle emozioni e dei sentimenti. 5a puntata
Le strutture-satellite dell’OTAF
Sommascona
LA CA
SA
T
L
L
E
OTAF 1917-2017
C
MAGIA & TECNOLOGIA
ontinuiamo ad esplorare alcuni capitoli delle storia dell’OTAF anche in questo numero delle rivista e
lo facciamo andando a curiosare negli archivi di Sorengo per leggere e riprendere alcune note su un’altra importante struttura – satellite dell’OTAF:
Sommascona. Sommascona è una parola, un luogo che evoca immediatamente vacanze, aria buona, montagne, salute, bambini dalle gote rosse
che passano momenti allegri in una
natura incontaminata e altri argomenti positivi.
Per cominciare a parlare di questa sede montana storica dell’OTAF, riportiamo
parzialmente un documento che risale
proprio all’anno in cui fu inaugurata. La
data esatta è il 18 di luglio del 1926, un
giorno di festa per tutta la Valle di Blenio, un evento sottolineato da un banchetto a cui parteciparono oltre 60 invitati e che fu allietato da musiche e canti.
Lo scritto è di Guido Bolla.
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la videosorveglianza, i videocitofoni e di tutti gli impianti audio
e video. Tutto questo offrendovi
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L’Ospizio di Sommascona, anni 30.
L’Ospizio di Sommascona
Sommascona è frazione del Comune di
Olivone situata a 1040 di altitudine, alle falde del Lucomagno. Le sue casette
di velluto (come le chiamava il Lavizzari)
si adagiano in una superba conca verde,
ben protetta contro i venti di tramontana e baciata dai benefici raggi del sole.
Sommascona dista dall’ufficio postale di
Olivone poco più di un chilometro, e vi
si arriva seguendo la cantonale per i tre
quarti della distanza, e quando questa
piega bruscamente a Sud per arrampicarsi sulla Larescia e compiere il grande
risvolto che la conduce a Camperio - la
vecchia e comoda strada mulattiera - oggi restaurata in modo di poterci salire in
automobile – in pochi minuti raggiunge il
cancello chiudente la proprietà dell’inaugurante Ospizio. Di lassù si gode una vista
incantevole sul piano di Olivone e sull’aspra giogaia - incastonata da ghiacciai che segna il confine a levante del Torrone
di Nava all’Adula. Al nord la piramide del
Sosto al sud il dirupato Simano.
La casa che venne restaurata per renderla adeguata sede dell’inaugurando
Ospizio (…) conta 17 locali: due cantine, una legnaia, il lavatoio, la cucina, il
1
refettorio, la sala della direzione, la sala
da giuoco, quattro camere per dormitori, la stireria, il bagno, il lavabo, le latrine.
Nei dormitori attendono i nostri bambini 15 candidi lettini e nei corridoi i capaci armadi dove ciascuno godrà di un particolare guardaroba. La seconda casetta
non è ancora restaurata e comprende al
pianterreno due locali dei quali l’avvenire consiglierà l’uso migliore, e superiormente un vastissimo salone che formerà
la gioia dei nostri frugoli nei giorni piovosi. La molla propulsatrice dell’Ospizio
bleniese fu l’atto generoso della distinta famiglia Reggiori che, per onorare la
memoria del compianto signor Luigi, legò all’Opera nostra la cospicua somma
di fr. 8.000, e chi fece scegliere Sommascona sede dell’Ospizio fu la Donazione
del signor Giuseppe Alessandro Cusi 2,
di
Giorgio
Passera
“Semi di bene” Numero doppio 13 – 14,
15 - 31 luglio 1926, Pagina 207
1
2
Giuseppe Cusi, che ha donato all’ Opera la
primitiva casetta di Sommascona, la quale servì come sede dell’Istituto dal 1926 al 1963. È
scomparso a Londra il 25 agosto del 1927: è
ricordato nell’Ospizio nuovo con una lapide
commemorativa.
05-2015 SEMI DI BENE 13
destinata ad onorare la memoria antica
della sua famiglia, patrizia di Sommascona. L’Ospizio sorse quasi per incanto e le
oblazioni giunsero generose e benefiche
quasi esclusivamente dall’estero, dove la
nostra emigrazione, onorando se stessa,
altamente onora la Patria lontana e mai
non la scorda. (…).3
L’ospizio di Sommascona, (conosciuto
con il vecchio nome di “Ospizio Humanitas”) nacque dunque come piccola colonia estiva nel 1926 grazie alla generosità
della famiglia Cusi, in particolare di Giuseppe, albergatore, trasferitosi a Londra
dopo la donazione. Le redini della struttura furono dapprima prese da Elisa Reggiori che ne fu la prima direttrice. Nel corso del suo primo anno di attività la nuova
struttura ospitò 22 ragazzi, 16 dei quali
del Distretto di Blenio, i rimanenti da altre regioni del Cantone. Dopo Elisa Reggiori alla testa della colonia troviamo l’infermiera Ada Bolla, aiutata dalla sorella
Pace; la casa, grazie a loro, divenne istituto permanente e cominciò ad ospitare
in inverno ragazzi e ragazze in cura preventiva. La casa diventò infatti preventorio destinato in modo particolare alla cura dei fanciulli asmatici e malati alle vie
respiratorie. A questo punto inseriamo
una testimonianza a firma G. Paoli, che
risale al 1950:4
14 SEMI DI BENE 05-2015
“Entriamo nel cuore dell’Ospizio dei
bambini: in una prima casa vi sono locali
adibiti a servizi diversi: la cucina nitida in
ogni sua parte, è sempre in azione. Si individua poi il refettorio, dalla serie di bambole in atteggiamento di riposo, di abbandono. Sui balconcini sbocciano gerani
rossi e rosa. Al piano superiore si aprono
le salette di soggiorno e dei giochi. Tanti armadietti chiari, contrassegnati da un
disegno e dal nome: sono ricolmi di balocchi in buon ordine, che è nota saliente di questa gioconda collettività di fanciulli. Secchielli, formelle, cerchietti, palle,
scatole per costruzioni, bastoncelli colorati, trombe, treni, velivoli, barche, libri con
figure, nell’ora dei giochi divengono patrimonio comune (…).
La presenza del pianoforte è eloquente, significativa. La musica, il canto educano i bambini, li rendono buoni, sereni
affinando al tempo stesso, il loro sentimento. Questa casa è un punto di efficace incontro tra fanciulli: si mangia, si gioca, si lavora: è giocondo centro di ritrovo
quando la neve scende. In casette adiacenti vivono i piccoli, i mezzani, i più grandi.
Sono fresche comunità che serbano una
loro autonomia pur rimanendo collegate
al filo dell’unitaria vita in comune. I dormitori delle singole casette non sono molto grandi ed hanno così una spiccata intonazione familiare. Noi sorprendiamo i
bambini proprio nell’ora della siesta pomeridiana (…) Dai balconcini spalancati,
dalle verande o terrazzine, piove a ondate
successive l’aria ventilata, salutare dell’alta montagna: (…) Dal suo lettino un piccolo può dominare l’ardito picco, monte
acuto solitario delle Alpi: il classico Sosto;
e tutti hanno davanti quadri diversi: sfondi, prati, boschi, intrecci di chiome, fregi
di vette, angolosità di catene, snodarsi di
sentieri. La fantasia può pascersi; mentre
l’intelletto di questi fanciulli si affina con
lo spirito di osservazione. L’educazione più
completa ed efficace per la fanciullezza è
quella che si svolge all’aperto, a contatto
con la natura: fede e scienza si coniugano, in un crescendo di squisita armonia. I
fanciulli dell’Ospizio – villaggetto di Sommascona vivono infatti sempre all’aperto.
Anche d’inverno i campi di neve si popolano di slitte e le loro voci hanno echi e multiple risonanze fra le vallate. Ogni gruppo
di bambini ha una propria assistente che
si prodiga come una mamma. I piccoli si
dedicano a particolari lavori di orticoltura, giardinaggio: vi sono i piccioni da curare, le caprette, i conigli, le galline, il suino. In questa atmosfera ogni fanciullo può
superare, vincere la gracilità costituzionale: nel quotidiano allenamento si migliora
il corpo e lo spirito. Vi è sempre, in ogni
lavoro, una nota schietta di composta allegria: di ogni scoperta e conquista occorre far partecipe la Direttrice signorina
Bolla, che è una mamma da tanti anni di
questo fervido gregge. Ella consuma beneficamente la propria vita in una prodiga, assoluta dedizione per le creature che
le vengono affidate. Abbiamo visto questi piccoli agili e gai correre in Direzione
con il cuore in festa: li abbiamo seguiti e
come loro siamo stati sorpresi dai freschi,
aerei rami che adornano il soffitto, in volute architettoniche, con pendule ciocche
di glicine e festoni. Elementi freschi, leggeri, primaverili, simbolici. I fanciulli sono
le reali gemme di un eternarsi di primavere. Vanno salvati, protetti dalle raffiche
di gelo, dalle intemperie, sottratti dai luoghi malsani di miseria materiale e morale.
Trapiantati in benefiche istituzioni come
l’Ospizio di Sommascona, si schiudono in
novelli, solidi virgulti e non temono più i
ghiacci e le nevi. Il villaggetto –Ospizio celebrerà tra breve il suo 25 esimo anno di
vita. Nacque nel 1926 quando il generoso Giuseppe Cusi, come attesta la targa in
memoria, donò la sua casa perché sorgesse un’opera di bene a favore della fanciul3
Altre testimonianze sull’apertura dell’Ospizio
le troviamo nei numeri del 1926 e del ‘27 di
“Fraternità”. In particolare sull’edizione del
1927 leggiamo il primo rapporto di direzione redatto da Elisa Reggiori.
4
“Semi di bene”, 30 settembre Numero 18,
Pagine 278 – 283
lezza svizzera, in genere, e del Canton
Ticino in particolare. Affluirono così primi bambini gracili. Alla prima donazione
del benemerito primo patrono Giuseppe Cusi seguì l’acquisto di altre casette. In quest’opera di Assistenza Ticinese si accolgono bambini di ogni età: dai
piccini di Asilo a quelli delle classi maggiori: sorge così anche il problema della scuola che viene risolto in pieno. Piccoli, gracili, pallidi, bisognosi di cure e
di affetto, tra le candide nevi invernali, nei verdi riposi primaverili, risorgono
nel corpo e nello spirito. V’è un’assistenza sanitaria accurata, la chiara medicheria ed infermeria sono pure meta
quotidiana di un minuscolo popolo. La
percentuale dell’emoglobina sale, quale
indice esplicativo di resistenze negative
vinte, il colore ritorna sul volto, il peso
sensibilmente aumenta: segni evidenti
di un rifiorire di energie nei fanciulli. Il
funzionamento di questo villaggetto di
bambini è ottimo, sotto ogni aspetto:
basta seguirne il ritmo per qualche ora,
per rilevare in pieno i chiari motivi di vita e di attività serena. Ci allontaniamo
da Sommascona con la gaia visione di
un centinaio di fanciulli dai grembiulini
azzurri, intensi dei maschi, rosa ortensia delle bambine: tutti semi – sommersi nel verde dei pini: offrono un colpo
d’occhio pittoresco, una sinfonia di colori e di luce. Ci auguriamo che questa
bella istituzione non venga dimenticata dai buoni: ci sono casette disabitate
da acquistare, e l’Opera potrebbe così
irradiarsi e con le nuove ali proteggere
tanti bambini ancora”.
Con l’apertura durante tutto l’anno
se ne comprese l’insufficienza degli spazi a disposizione e si progettò la nuova grande casa che venne aperta nel
1963, diretta prima dall’infermiera Rosemarie Pessina e poi dalla sorella Maddalena. Con il passare degli anni la casa si trasformò in istituto sociale; questo
cambiamento portò all’inizio degli anni
settanta alla chiusura dell’esperienza di
casa aperta tutto l’anno. Negli anni ’80
Sommascona è regolarmente impiegata come sede per colonie estive e viene
affittata in modo regolare a scuole o a
gruppi sportivi.
Nel corso degli anni ’90 ospita durante l’anno gruppi, associazioni e scuole
che intendono trascorrere un periodo
di soggiorno montano. Nei mesi estivi, sotto la direzione della signora Rossinelli, viene organizzata una colonia
per ragazzi e bambini provenienti da
tutto il Ticino. …
… il resto della storia…come sempre
la leggerete sul libro dedicato ai 100 anni dell’OTAF!
(continua)
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05-2015 SEMI DI BENE 15
5 / 15
L’intervista
Creare e condividere
Alessandra
La Stella Cometa del Presepe
Il presepe nel nuovo Parco giochi dell’OTAF a Sorengo è visitabile durante le festività.
Il progetto presepe
di
Mario
Sajic
La creazione del presepe ha coinvolto
diversi settori dell’OTAF: i minorenni, i
centri diurni Oasi e Girasole, il settore
delle terapie (ergoterapia e low vision)
e il laboratorio protetto di falegnameria.
La bellezza di questa opera, oltre alle
decorazioni e il lavoro materiale svolto
dai nostri ospiti, è stata quella della con-
divisione e del dialogo tra i nostri settori. La relazione instaurata è stata il risultato più importante, che è sinonimo
di vita, di creazione e trasformazione
continua. Ascoltare, sentire, continuare a sperare e gioire, con queste parole vi auguriamo
Buon 2016!
Carissimi,
quando Mario mi ha proposto di partecipare alla creazione del Presepe, ho trovato l’idea fantastica pensando subito alla Stella Cometa. Essa annuncia il luogo
della Nascita di Gesù, il luogo della Luce, il luogo della Gioia e della Serenità.
Il materiale scelto è il granulato colorato, facile da usare. Una volta sciolto e
solidificato si trasforma come vetro trasparente colorato che a dipendenza dell’illuminazione del sole, cambia in mille colori diversi creando Stupore, Meraviglia,
Gioia negli Occhi e nel Cuore dei bambini e degli adulti. Per finire, mando verso il Cielo, tramite la Stella Cometa e le
Stelline, un abbraccio e un pensiero particolare alla Stellina Alida. Il suo desiderio era creare con me le decorazioni d’appendere alle finestre con il granulato; il
tempo non l’ha permesso…
Cari Saluti a tutti!
Chi sei e che ruolo hai
all’interno dell’Istituto?
Ciao a tutti. Sono Alessandra ho 28 anni e sono una logopedista che lavora nel
settore minorenni.
Raccontaci il tuo percorso
professionale
Il mio percorso professionale inizia nel novembre del 2009 quando mi sono laureata
in logopedia presso l’università “Sapienza di Roma”. Successivamente ho effettuato uno stage in Spagna, a Santander,
nel quale mi sono specializzata in alcune di abilitazione/riabilitazione. Da fine
2010 ho iniziato a lavorare in Italia, precisamente a Roma. Il mio percorso lavora-
tivo si è interrotto dopo aver preso la decisione di trasferirmi in Svizzera! Nel 2014
ho intrapreso il percorso di riconoscimento del titolo universitario. Percorso che
consiste nel seguire dei corsi universitari
presso l’Università di Neuchâtel (Facoltà
di logopedia) ed uno stage. A giugno ho
sostenuto tutti gli esami ed ho ottenuto
il riconoscimento del titolo universitario.
Da questo ottobre ho iniziato a lavorare
presso la Fondazione Otaf.
Quali sono a tuo avviso gli
aspetti positivi e negativi di un
Istituto così grande?
Un Istituto cosi grande ti permette di confrontarti con numerosi colleghi con specializzazioni e percorsi professionali differenti. Questo per me è un aspetto molto
positivo, sia per il professionista che per
l’utente stesso. Sono qui da troppo poco tempo, per aver notato degli aspetti negativi!
Come hai conosciuto l’Otaf?
Ho conosciuto l’Otaf tramite delle colleghe che me ne hanno parlato.
La pazzia più grande
che hai fatto per amore?
Lasciare tutto e seguirlo!
Cosa fai nel tuo tempo libero?
Mi piace leggere, studiare e parlare differenti lingue. Da qualche anno sono appassionata di fotografia e spesso nel fine
settimana fotografo i bellissimi paesaggi
che ci sono in Svizzera.
Per le Feste cosa non può
mancare sulla tua tavola?
Non può mancare il colore rosso.
Cosa significa Natale per te?
Stare insieme alla famiglia e prendersi del
tempo per godersi le piccole cose!
Il viaggio più bello che hai fatto?
Adoro viaggiare, appena posso preparo
il mio piccolo trolley e parto! Mi ritengo
fortunata, ho potuto fare numeri viaggi,
sia vicini che lontani…ma il viaggio che
mi rimarrà per sempre nel cuore è stato
in Australia.
Sabina (specialista nella riabilitazione Low
Vision). Con la partecipazione di Bruno e
di tutta la classe Arancione.
L’intervista doppia con Lorena e Alessandra
Chi sei e che ruolo hai
all’interno dell’Istituto?
Sono Lorena e sono un’educatrice della classe Blu.
Lorena
Raccontaci il tuo
percorso professionale
Il mio percorso professionale è molto semplice, nel senso che prima di arrivare finalmente all’Otaf ho lavorato per quasi 10
anni in un asilo nido.
Come hai conosciuto l’Otaf?
Come si fa a lavorare nel sociale e non
conoscere l’Otaf in Ticino?
16 SEMI DI BENE 05-2015
Cosa fai nel tuo tempo libero?
Ultimamente non ho molto tempo libero, ma mi piace leggere e cucinare i dolci! Presto vorrei però riprendere qualche
attività fisica.
Il viaggio più bello che hai fatto?
Penso e spero che il viaggio più bello sia
quello che farò a dicembre di quest’anno…
Quali sono a tuo avviso gli
aspetti positivi e negativi di un
Istituto così grande?
Rispetto alla piccola realtà del nido da
dove arrivo è sicuramente un ambiente
più dispersivo, ma il vantaggio è che offre molte possibilità di crescita ed il privilegio di lavorare a contatto con altre figure professionali.
La pazzia più grande
che hai fatto per amore?
Nella vita di pazzie ne ho fatte… ma per
amore no, o almeno non ancora.
Per le Feste cosa non può
mancare sulla tua tavola?
Ci sono tante cose che non possono mancare sulla mia tavola natalizia. Le prime
che mi vengono in mente sono sicuramente le tartine al salmone, i mandarini
e le spagnolette ed i biscotti! E per non
parlare solo di cibo non possono mancare, tra le decorazioni, le candele.
Cosa significa Natale per te?
Per me il Natale è sicuramente legato alla
famiglia, allo stare insieme ed al ritrovarsi
con calma dopo la frenesia che ci accompagna durante tutto l’anno.
Passo dopo passo,
guardando al futuro.
Direzione Generale e Agenzia di Città
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Tel. +41 58 855 32 00
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05-2015 SEMI DI BENE 17
Lavori in corso
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Forniture inerti
Trasporti
Scavi
Servizio Welacki
Falegnameria|Arredo| Serramenti
Un Grazie speciale a tutti gli operai!
I
l nuovo stabile Casa Nava
è diventato molto alto: siamo in novembre e gli operai stanno lavorando per finire il tetto.
Ogni tanto li vedo indaffarati a smontare alcune parti del cantiere. Le gru hanno finito di lavorare e non si vedono più
le ruspe. Sui ponteggi svetta la bandiera dell’OTAF. Il mio amico capo-cantiere
Sergio si vede poco perché è impegnato
in un altro cantiere. Io l’ho salutato qualche tempo fa e mi ha promesso che verrà
a trovarmi ancora. Dalla mia postazione
di controllo vedo le auto entrare sotto il
grande piazzale e Moris un operaio, anche lui mio amico, mi ha raccontato che
lì ci sarà un autosilo. Vorrei dire un grazie speciale a tutti gli operai perché sono
stati davvero bravi ed hanno fatto un bellissimo lavoro in un cantiere cosi grande.
Un saluto e a presto.
Il vostro inviato
Nikita Dehtevics
Agenda OTAF
Il tradizionale blocchetto OTAF
Mercoledì 6 gennaio i Re Magi all’OTAF
È disponibile il 33esimo blocchetto ideato e illustrato da
Armando Boneff, edito dall’OTAF a beneficio dei suoi sostenitori.
Via Mondascia 3, CH-6710 Biasca
091 862 41 14, www.vetti-sa.ch
A.LEPORI SA.
L’arrivo dei Re Magi presso la Fondazione OTAF di Sorengo è in
IMPRESA DI COSTRUZIONI
programma per mercoledì 6 gennaio 2016, dalle 14.30 alle 16.00.
Ing. ALFREDO CIOCCO
Impresario costruttore dipl. fed.
Ing. STEFANO FREI
Impresario costruttore dipl. fed.
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Tel. +4191 966 42 66
Fax +4191 968 11 02
18 SEMI DI BENE 05-2015
Organizzata da 17 anni dal Circolo Ippico degli Ufficiali (CIU), la
cavalcata dei Magi è un appuntamento che fa ormai parte delle tradizioni di Sorengo e dell’OTAF. Seguendo la stella, Baldassarre, Melchiorre e Gaspare renderanno visita ai bambini e agli
adulti che risiedono nelle strutture dell’OTAF, offrendo loro una
panettonata. La manifestazione si rivolge a tutta la popolazione.
BUON ANNO!
Per informazioni 078/ 661 21 14
Chi non lo ricevesse può ordinarlo telefonando al segretariato OTAF
Tel. 091 985 33 85
05-2015 SEMI DI BENE 19
Letture
Famiglie
di
Sara
Groisman
In famiglia
T
radizionali, monoparentali, disfunzionali, allargate, arcobaleno: tutti aggettivi con cui si tenta
di delineare i tratti di una famiglia
che cambia, distaccandosi da un modello (due genitori e i loro figli) che
tendiamo a percepire come naturale.
Il desiderio, da parte di alcuni, di resistere a queste trasformazioni porta talvolta
a reazioni inusitate: così quest’estate ha
sollevato numerose polemiche la scelta
del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, di
mettere al bando dalle scuole alcuni libri
per bambini tacciati di tematizzare modelli “alternativi” di famiglia, dove “alternativo” comprendeva un ampio spettro
di “devianze” da quella che si ritiene la
norma (si andava da storie incentrate su
genitori divorziati, d’origini diverse, omosessuali a quelle su figli adottivi o disabili). Tra i libri “da censurare” troviamo
allora opere che fin dal titolo dichiarano
chiaramente di descrivere diverse possibili configurazioni della famiglia (da ‘Tante famiglie tutte speciali’ a ‘Il libro delle
famiglie’, da ‘Tutti diversi & tutti uguali’
a ‘Milly, Molly e tanti papà’); non sono
sfuggiti alla messa all’indice, però, neanche quei volumi che cercavano di parlarne in modo meno esplicito, per metafora. Così anche ‘In famiglia’ (presentato di
seguito), che descrive varie possibili forme di rapporti affettivi facendole incarnare a diversi animali, viene oscurato. E
persino un classico come ‘Piccolo blu e
piccolo giallo’ di Leo Lionni, il cui messaggio, più che ventilare nuove conformazioni familiari, afferma un valore universale, ovvero l’importanza di aprirsi agli
altri (la storia narra di come due macchie, gialla e blu, si vogliano tanto bene
da fondersi, creando il verde), finisce nella lista nera di Brugnaro; non saprei ben
dire, però, se il sindaco non lo gradisca
perché l’interpreta come una promulgazione della famiglia interrazziale (che include “colori” diversi) o piuttosto perché
i due protagonisti che si uniscono sono
definiti entrambi con il maschile (piccolo
blu, piccolo giallo).
Simili prese di posizione, oltre che essere superficiali, sciocche ed evocatrici d’inquietanti fantasmi di censura, dimenticano che la famiglia oggi ritenuta normale
20 SEMI DI BENE 05-2015
è in realtà frutto di un’evoluzione storica: il noto stereotipo che la pone a sede
degli affetti, ad esempio, si afferma solo
a partire dall’Ottocento, sulla base di un
modello proposto (almeno ai benestanti)
dal filosofo Jean-Jacques Rousseau. In anni
in cui l’industrializzazione aveva spostato
il lavoro fuori dalle case (dove era stato a
lungo praticato dal ceto medio degli artigiani), s’inizia a delineare la possibilità
di vedere la famiglia non come alleanza
economica (una sorta di “piccola fabbrica”), ma come una realtà a sé rispetto al
mondo professionale. Così Rousseau può
codificare una nuova concezione del matrimonio, ponendo a base di esso non l’interesse, ma l’affetto; ed esorta i suoi coniugi innamorati a prendersi cura in prima
persona dei figli (criticando il ricorso a figure sostitutive come il tutore o la balia).
Ne consegue una netta distinzione tra la
famiglia di sangue e quella “allargata”,
che era quella più diffusa nel Settecento
e andava a comprendere anche servitori e collaboratori (infatti la dicitura ‘pater
familias’ si riferiva alla figura di maggiore autorità entro una comunità che comprendeva sia i consanguinei, sia chi viveva
a stretto contatto con loro). Ai fini del-
la concezione di Rousseau si
promulgava, poi, una specifica divisione dei ruoli tra i due
sessi: dunque l’uomo era colui che, lavorando nel mondo pubblico, permetteva il
sostentamento della famiglia, mentre la donna, posta in relazione alla sfera
privata, ne diveniva il pilastro (era lei ad amministrare la casa e a educare i figli). È quindi da questo modello,
duecento anni fa percepito come rivoluzionario, che si sviluppa la famiglia “tradizionale” di oggi, quella famiglia che
tendiamo a considerare naturale. Ma se
guardiamo come e quanto la società sia
mutata in questi due secoli, è abbastanza
chiaro che tale idea di famiglia non possa
più rispondere alle necessità del mondo
odierno. Un mondo in cui, per esempio,
è cambiato il modo di lavorare: la rete,
che ci permette di essere sempre connessi, infrange il confine tracciato ai tempi di
Rousseau tra vita pubblica e privata; un
mondo in cui è cambiata, soprattutto, la
percezione della diversità: negli ultimi decenni si è divenuti sempre maggiormente
consapevoli della nocività dei pregiudizi
derivanti dal genere, dall’origine o dall’orientamento sessuale, generatori di diseguaglianze che alcuni (sempre di più, per
fortuna) cercano di combattere; ma l’accettazione della diversità non può che
incrinare ulteriormente quella famiglia
tradizionale che si basava su una coppia
rigorosamente eterosessuale, solitamente formata da persone di stessa nazionalità e fondata su una netta divisione dei
ruoli derivata dal genere (all’uomo il lavoro, alla donna la casa).
Nelle prossime pagine presento allora
alcuni libri che guardano alla famiglia declinandola in vari modi e mostrando che
la felicità entro essa non dipende a priori da una sua forma specifica, ma dalla capacità dei suoi membri di instaurare
rapporti di rispetto e affetto. Dopotutto,
come si usa dire, ciò che chiamiamo «casa» è, prima di tutto, quel luogo «dove
si sta bene».
* Per le informazioni sulle trasformazioni
della famiglia nei secoli ho curiosato nel
libro di Karen Struening “New Family Values: Liberty, Equality, Diversity”, edizioni
Rowman & Littlefield; per le trasformazioni del mondo lavorativo tra sfera pubblica
e privata si trovano accenni illuminanti in
“Per una antropologia della mobilità” di
Marc Augé, edizioni Jaca Book.
Sandro Natalini lo dice chiaramente fin
dalla breve introduzione che apre il libro:
«il legame che unisce la famiglia non è
quello del sangue, ma quello del rispetto
e della gioia per le reciproche vite». Con
quest’albo illustrato propone allora una
sorta di galleria di modalità diverse del vivere insieme, raffigurate attraverso degli
animali (pipistrelli, gatti, pesci, panda…)
che, per le loro caratteristiche biologiche
e comportamentali, si prestano a incarnare diversi modelli familiari. Così abbiamo
i prolifici conigli a esemplificare la famiglia allargata; le rondini migratrici a simboleggiare chi viaggia in continuazione;
le api a indicare una comunità collaborativa… Incontriamo poi famiglie mono-
parentali (raffigurate da elefanti), “multicolor” (i pesci variopinti), omosessuali (i
cavallucci marini), con figli adottivi (anatre e pinguini)… Si tratta di un catalogo
creato con humour e illustrato con una
mescolanza di pittura e collage, tecnica
che permette all’autore d’introdurre nelle immagini piccole, inaspettate sorprese. Interessante, poi, come Natalini sappia trovare un equilibrio tra il ricorso a
stereotipi per rendere identificabili le figure (per farci capire, ad esempio, che i
genitori-cavallucci marini sono due maschi vengono rappresentati entrambi con
un papillon) e la sovversione dei luoghi
comuni sulla famiglia, evidente nell’albero genealogico posto in apertura al li-
Letture
scritto e illustrato da Sandro Natalini - ed. Fatatrac
bro e destinato al lettore, che è invitato
a completarlo. Infatti, se l’idea d’un albero genealogico si ricollega a una concezione assai tradizionale dei rapporti di
sangue, il modo in cui è presentato (una
serie di riquadri singoli, disposti in modo
non gerarchico, tra i quali trova spazio
anche l’«animale che ho o che vorrei»)
lascia al lettore la possibilità d’introdurvi svariate conformazioni della famiglia,
a seconda della sua sensibilità e del suo
modo di vivere.
La mia famiglia
testo di Gianna Braghin - illustrazioni di Vessela Nikolova . ed. Bacchilega Junior
«Disegnate la vostra famiglia» chiede
la maestra alla sua classe. Seguendo le
riflessioni che la richiesta genera in uno
degli allievi, Gianna Braghin rappresenta come questa entità stia cambiando.
È una famiglia, quella del protagonista,
che comprende genitori separati, i loro
nuovi partner, sorellastre che vivono vicine e lontane, nonni vivi e nonni morti, e
che s’allarga ad includere zii, cugini (so-
prattutto «la mia cugina grande, Vittoria,
che è bellissima»), il bisnonno e la badante del bisnonno.
Ad arricchire questa riflessione sulle nuove costellazioni familiari vi sono le illustrazioni delicate, sottili, misuratissime e naif
di Vessela Nikolova, che riescono a rendere visualizzabili i legami di sangue raffigurandoli via via come mappa, labirinto, albero genealogico, e che giocano abilmente
con il doppio registro offerto dalla trama: da una
parte abbiamo immagini che ripropongono lo
“stile” del piccolo protagonista, chiamato a disegnare la propria famiglia, dall’altra quelle
che portano avanti la narrazione. Le due
tecniche, però, si compenetrano e fondono, in una vera opera d’arte.
Lotta combinaguai
di Astrid Lindgren - illustrazioni di Beatrice Alemagna - ed. Mondadori
Compie 70 anni quest’anno, Pippi Calzelunghe, stupefacente creatura di Astrid
Lindgren che, con la sua vita anarchica ed
avventurosa di impavida bambina senza
famiglia, ha saputo dare una “famiglia”
a molti giovani lettrici e lettori che potevano guardare a lei in cerca d’avventura,
di spasso o, come è stato per molte ragazze a partire dal 1945 (anno di uscita
del libro), di emancipazione. Per festeggiare questo compleanno, Mondadori
pubblica le quindici “puntate”, inedite
in Italia, del ciclo di ‘Lotta combinaguai’
di Lindgren, illustrate con humour e irresistibile vivacità da Beatrice Alemagna.
Lotta è una sorta di “Pippi in potenza”:
bambina di «quattro anni e qualcosa», si
caratterizza per l’amore per un maiale di
peluche che chiama Orso (ed al massimo
è pronta a concedere che sia un «maia-
lorso»), per il ricorso a «quasi parolacce»,
per la testarda ostinazione con cui persegue le proprie idee e per la spiccata autonomia, che la porta a non accettare supinamente i pareri dei genitori (carinissimi)
e dei fratelli maggiori Jonas e Mia-Maria
(non proprio angelici). Ed è proprio MiaMaria la narratrice dei racconti contenuti nella prima parte del libro: scelta azzeccatissima (a rimarcare la genialità di
Lindgren) che permette di porre al centro della storia Lotta, ma dal punto di vista obliquo della sorella, la quale ne segue
le bravate con un misto d’ammirazione,
incomprensione ed umorismo. Si sottolinea così la dimensione “familiare” delle
avventure di Lotta, di cui si evidenziano i
rapporti coi fratelli maggiori (che, come
di prammatica, vogliono fare di lei il proprio bambolotto, propinandole, nei gio-
chi, tutti i ruoli più noiosi) e con genitori, nonni e
vicini di casa, a disegnare un modello di “tribù”
basata sull’affetto e il rispetto per l’individualità
dei suoi membri. Tanto
che quando, nella seconda parte del libro, Lotta
decide che è ora di lasciare la propria casa e si trasferisce dalla vicina, la mamma, invece di obbligarla a rientrare con lei, le porta una pianta,
perché «Si fa così quando uno trasloca».
Sarà allora la bambina a decidere di tornare dai genitori, esercitando il suo libero arbitrio; dopotutto, come prontamente
sentenzia, nonostante i loro difetti «sono carini, però».
05-2015 SEMI DI BENE 21
Letture
a cura della Classe scuola speciale
del Liceo2, di Lugano-Savosa
La vita sessuale dei nostri antenati - di Bianca Pitzorno - ed. Mondadori
Ci sono molte cose che mi piacciono di
Bianca Pitzorno. La prima è che, come dimostra un percorso letterario che consta
di una sessantina di titoli (tra cui troviamo opere notissime come ‘Ascolta il mio
Cuore’, ‘L’incredibile storia di Lavinia’, ‘La
bambinaia francese’…), è una contestatrice, ma non di quelli che polemizzano facendo chiasso e sfoderando slogan. Lei è
contestatrice in modo simile alla Mafalda
del fumetto: disseziona il mondo esercitando uno sguardo critico sulle piccole cose della quotidianità. Nel corso
di un’intervista mi ha raccontato, per esempio, che
quando, nel 1970, aveva scritto il libro ‘Extraterrestre alla pari’, dove
discuteva di ruoli di genere in anni in cui del famigerato gender ancora
non si parlava, aveva faticato a trovare un editore: uno le aveva risposto,
un po’ deluso: «Peccato, io mi aspettavo chissà che cosa, mi aspettavo i grandi problemi; questi sono piccoli
problemi della piccola età». Questo perché, per parlare delle pressioni che vengono esercitate sui bambini in funzione del
loro sesso, la scrittrice aveva messo al centro della narrazione problemi quotidiani apparentemente minimi: il fatto che maschi
e femmine debbano indossare diversi vestiti, usare diversi giocattoli, esprimere diversi sentimenti. La messa in questione dei
loro ruoli, allora, non si muoveva sul piano astratto di un discorso ideologico, ma
veniva mostrata nei suoi effetti più apparentemente banali e concreti, che tuttavia
sono poi quelli che ci investono in modo
maggiormente diretto. E questo è tipico di
tutta l’opera dell’autrice: è sempre partendo da situazioni realistiche in cui i suoi lettori possono subito riconoscersi che mette in luce rapporti di potere e ingiustizie
(emblematica la figura della crudele maestra Argia Sforza in ‘Ascolta il mio Cuore’),
non di rado grazie a un elemento magico che irrompe nel quotidiano rivelandone l’assurdità: l’anello di Lavinia che può
trasformare le cose in cacca, l’arrivo di un
extraterrestre che porta un punto di vista
nuovo sulla vita di tutti i giorni. Nell’ambito di questa accorta contestazione non
si può allora dimenticare come Pitzorno,
nelle sue opere dedicate ai bambini, abbia
infranto numerosi tabù: non solo ha parlato di genere sessuale in anni in cui il dibattito era freschissimo, ma anche di mor22 SEMI DI BENE 05-2015
te (in ‘Principessa Laurentina’), di politica
(con la critica al berlusconismo di ‘Tornatrás’) e, non da ultimo, di cacca (con l’amatissimo ciclo di Lavinia, delizia dei lettori più giovani e, non di rado, motivo di
sdegno per i loro genitori).
La seconda cosa che mi piace di Bianca Pitzorno è che è uno di quegli scrittori
che non fanno segreto dei loro amori, anzi li condividono generosamente con chi
legge rendendoli parte dei propri libri. Troviamo, quindi, disseminati tra le sue pagine, accenni a opere che l’hanno segnata:
se ‘Polissena del porcello’ occhieggia al romanzo d’appendice ottocentesco (l’autrice
adora Hugo), ‘La bambinaia francese’ è invece tutto giocato sul riscrivere, da un diverso punto di vista, il classico ‘Jane Eyre’
di Charlotte Brontë.
La terza, poi, tra le molte cose che mi
piacciono della scrittrice è l’umorismo un
po’ tagliente con cui guarda a ciò che narra: grazie ad esso riesce a trattare qualsiasi circostanza, buffa o tragica, con viva
partecipazione ma senza sentimentalismi.
Non poteva, dunque, che piacermi anche la sua ultima fatica, ‘La vita sessuale
dei nostri antenati – spiegata a mia cugina
Lauretta che vuol credersi nata per partenogenesi’, opera che segna il suo ritorno
al romanzo dopo oltre un decennio in cui
aveva pubblicato saggi e biografie: tutte le
caratteristiche che ho elencato e che spiegano perché amo molto l’autrice, infatti,
vi sono fortemente presenti. Innanzitutto,
la scelta di una protagonista, Ada, che è
un’antichista e intellettuale offre a Pitzorno un’occasione per dispiegare tutte le sue
passioni: dall’interesse per la mitologia a
quello per l’arte (mi ha raccontato che la
prima bozza del libro conteneva dipinti e
opere che le ispiravano le varie scene), passando, naturalmente, per la letteratura (si
parla di ballate cinesi, poemi epici, fantascienza femminista…). Non manca poi l’aspetto della contestazione: ma se nei romanzi precedenti era solitamente la storia
a delineare una presa di posizione contro il
potere (per esempio quella di Prisca contro
la maligna Argia Sforza), qui l’atto di contestare diviene invece oggetto di riflessione.
Infatti per la trentenne Ada, la cui vicenda
si svolge nel 1979, il ’68 ha rappresentato un momento importante per la costruzione della propria identità, sugellando la
sua ribellione alla nonna, tradizionalista e
legata alla propria stirpe aristocratica, e la
sua partenza, sostenuta dall’amato zio Tancredi, per Bologna, città dove studia e cerca indipendenza. Tuttavia, nel corso di una
lunga estate che porterà alla luce manoscritti dimenticati e segreti di famiglia so-
piti, Ada dovrà confrontarsi con il ricordo
della nonna e interrogarsi sulle implicazioni della propria ribellione.
Il tema del segreto di famiglia introduce allora nel romanzo un’altra delle caratteristiche che amo di Pitzorno: l’infrazione dei tabù. Certo, oggigiorno nessuno si
stupisce più incontrando ‘La vita sessuale’ in un libro, tuttavia l’autrice guarda ad
essa da un punto di vista insolito: al centro del cammino di Ada sta la piena presa di coscienza di una cosa che tutti sappiamo, ma sulla quale spesso preferiamo
non riflettere troppo: ovvero che i nostri
genitori ed antenati non «si riproducessero per partenogenesi», come ama invece
credere la perbenista cugina di Ada, Lauretta. È dunque andando a riscoprire, attraverso vecchie lettere e scartafacci, i risvolti insospettati della sua genealogia, che
Ada giunge a guardare in modo diverso alla propria vita e alla propria famiglia, microcosmo eccentrico formato dall’austera
nonna ora scomparsa, dall’ubiqua governante Armellina, dalla moralista Lauretta
(con un passato, però, da sessantottina) e,
soprattutto, dal fine e sensibile zio Tancredi. Famiglia che si delinea allora come elemento definitore dell’identità, così che svelarne nuove, insospettate sfumature porta
a una messa in questione, da parte della
protagonista, dell’idea che ha di sé stessa.
Con un linguaggio che presenta il consueto umorismo (si pensi al sottotitolo citato, che chiama in causa la partenogenesi) e con un gusto per la vivida descrizione
di scene oniriche (memorabile il sogno del
bambino-delfino), Bianca Pitzorno ci propone dunque un’opera che riprende motivi ricorrenti nel suo percorso d’autrice, ma
rendendoli oggetto di una riflessione sul
proprio modo di scrivere: se nei romanzi
precedenti, infatti, si aveva l’impressione
che tali tematiche fossero finalizzate a portare avanti la trama, la quale si percepiva
essere il fine primario perseguito dalla scrittrice, qui è piuttosto la vicenda a farsi pretesto per una riflessione sulla letteratura,
sulle implicazioni dell’atto del contestare,
sui meccanismi che ci portano a generare tabù come quello relativo alla “vita sessuale dei nostri antenati”. Si tratta quindi
di un romanzo in cui si fa luce sulle vene
segrete che irrorano la spinta a scrivere
di Pitzorno, a segnare una tappa decisiva
nel percorso di un’autrice che, per quanto ancora troppo spesso etichettata univocamente come “per bambini”, costituisce
una delle più importanti voci del panorama letterario italiano.
N
ella nostra classe c’è un
allievo che ha la passione dei
proverbi e dei detti popolari.
Abbiamo pensato di vedere se
siete bravi come lui. In ogni proverbio abbiamo sostituito una
parola. Nelle caselle scrivete la
parola giusta.
CHI VA PIANO, VA SANO E VA A LUGANO
3
Trascrivete in seguito tutte le
lettere delle caselle numerate
nell’ordine giusto: vi sveleranno il nostro proverbio preferito, che è anche un augurio!
12
CHI NON NUOTA, NON PIGLIA PESCI
16
L’ERBA DEL TICINO È SEMPRE PIÙ VERDE
LANCIARE IL SASO E NASCONDERE LA TESTA
18
17
14
2
SACCO STORTO NON STA IN PIEDI
8
A NATALE OGNI SCHERZO VALE
5
4
10
CHI ROMPE PAGA E I CAVOLI SONO SUOI
IL CAMMELLO PERDE IL PELO, MA NON IL VIZIO
7
11
A CAVAL DONATO NON SI SPUTA IN BOCA
6
1
15
9
13
Soluzione
settembre-ottobre
Sole Taddei di Cadenazzo
è la fortunata vincitrice dell’ultimo gioco e vince il mitico Cd “Hands” dei The
Flag & friends for OTAF.
La soluzione: Martina Capelli ha vinto
2 medaglie agli Special Olympics di Los
Angeles nuotando con lo Stile libero!
Hanno risposto
in modo esatto
Silvia Innocenti, Bruna Turchetti
Roberto Gervasoni, Pascal Fonti
Maurizio Anghileri, Sabrina Chiesa
Fabio Stefanini, Lhamo Crivelli
Isabel Crippa, Jammine De Giuseppe
Alessio Donati, Giovanni Reali
Nathalie Lanfranchini, Linda Rodoni
Marco Maccagno, Brenda Savoia
Guglielmo Tonella, Remy Morisoli
Camilla Cippà, Raffaella Guglielmetti
Lara Olgiati, Angelo Ghitti
Elena Masdonati, Giacomo Martinetti
Inviateci la vostra soluzione a:
Redazione «Semi di bene», OTAF, Via Collina d’Oro 3, 6924 Sorengo.
Tra tutte le risposte esatte estrarremo 1 vincitore!
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La soluzione:
1
2
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5
6
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9
10
11
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14
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18
05-2015 SEMI DI BENE 23
Notiziario OTAF
La ricetta
di Stephan Selhorst
Taglierini al buscion e pepe
della Val Maggia, in crosta di grana.
Mercatino di Natale
all’OTAF di Sorengo
Timberland in Fattoria
Prima di tutto volevo ringraziare nuovamente tutti voi per la collaborazione e
per la riuscita della giornata; posso confermare che tutti i partecipanti sono stati
entusiasti e felici del lavoro svolto e della collaborazione con voi.
Sono certa che potremo ripetere in futuro questo tipo di evento con successo. A presto!
Mara
Un recinto per le nostre pecore accolte presso il laboratorio agricolo “la Fattoria”, questo il regalo di Natale offerto
dagli amici della Timberland di Stabio, lo scorso 4 novembre. Di buon mattino come tutti i giorni, certo, ma non in
ufficio davanti al PC, bensì con guanti, mazza e piccone, la
ventina di volontari erano pronti a piantare pali e a tirare la
rete di recinzione assieme agli utenti e agli operatori del laboratorio. Un ottimo pranzo in comune ha rinsaldato l’amicizia che ci lega ai nostri “amici Timberland”.
Grazie!
Un pomeriggio speciale con streghe e gatti neri
Cari lettori,
con questo articolo abbiamo l’enorme
piacere di raccontarvi il bel pomeriggio
di giovedì 19 novembre passato in compagnia di alcuni bambini delle scuole elementari di Sorengo.
24 SEMI DI BENE 05-2015
Durante questo magico momento, è
stato possibile dare seguito al progetto
d’integrazione iniziato la scorsa primavera
(Caccia alle uova) tra i ragazzi dell’Otaf e
le classi di seconda e di terza elementare
con i loro docenti. Anche questa volta è
Mercoledì 9 dicembre, presso la
“Sala 3 Vele” all’OTAF di Sorengo, si
è tenuto il “Mercatino di Natale”. La
riuscitissima serata ha offerto un’ampia scelta di prodotti artigianali, agricoli e culinari proposti dagli utenti dei
Laboratori protetti, dei Centri diurni
e di Casa Giroggio, oltre alle bancarelle dell’Associazioni Kam for Sud,
con prodotti artigianali provenienti
dal Nepal, e proposte togolesi dell’Associazione Havilolo. Particolarmente
atteso il Collettivo teatrale “Giullari
di Gulliver”, che nel corso della serata ha messo in scena lo spettacolo per tutti “Biancaneve”. Vin brulé,
hot dog, zuppa di cipolle e “I corni
dal Generus” hanno contribuito a
creare la giusta atmosfera natalizia.
stata organizzata un’attività che ha permesso la nascita spontanea di momenti d’integrazione e socializzazione. In tal
senso il pomeriggio del racconto (in coda all’evento nazionale della “Notte del
racconto” del 13 novembre) si è rivelato un successo, sia per la partecipazione
attiva dei ragazzi durante la storia, sia al
momento della merenda, dove in maniera del tutto naturale, si sono create delle bellissime situazioni d’interazione tra i
bambini dei due istituti. Alcune barriere
sono state abbattute grazie alla semplicità di pensiero che solo i bambini possiedono e sanno esprimere. A questo punto
non possiamo che augurarci che questo
entusiasmo possa contagiare anche noi
adulti… e riallacciandoci al pensiero del
“Piccolo principe”: “ I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si
stancano a spiegargli tutto ogni volta”…
Ingredienti per 5 persone
Per i taglierini:
• 300 gr farina bianca • 5 Uova • 2.5 cl Olio d’oliva extra vergine
• Eventualmente 1dl d’acqua
Per la salsa:
• 250 gr formaggio fresco grasso di capra
• 1 dl panna • 1 dl latte • 50 gr grana padano grattugiato
Per i cestini:
• 200 gr grana padano grattugiato
Preparazione:
Per i taglierini
• formare una fontana con la farina
• mettere al centro, le uova intere, l’olio d’oliva extra vergine e
se necessario un po’ d’acqua, mischiare a mano fino ad ottenere una pasta dura e liscia
• lavorarla minimo 10 min per ottenere una pasta elastica e lasciarla riposare circa 1 ora
• tirare la pasta e formare i taglierini con l’apposita macchina per fare la pasta
Per la salsa
• scaldare la panna e il latte
• sciogliervi la robiola e il grana grattugiato
• salare quanto basta
• mescolare con una frusta a mano
• eventualmente aggiustare di consistenza con dell’acqua
di cottura dei taglierini
Per i cestini di grana
• spolverare con il grana il fondo di una padella antiaderente
ben calda e formare delle crespelle
• girare e lasciarle raffreddare su di una tazza o forma desiderata affinché ne prenda la forma
Cuocere i taglierini in abbondante acqua salata e dopo 2 min
ca. metterli nella salsa. Eventualmente aggiustare la consistenza con dell’acqua di cottura della pasta.
Buon appetito!
05-2015 SEMI DI BENE 25
Passodopopasso
di
Giorgio
Valsangiacomo
Passodopopasso
Valle di Blenio:
i sentieri storici
Chiesa di San Carlo in Negrentino.
C
Chiesa di San Carlo in Negrentino, m 854
on la realizzazione dei sentieri storici, Blenio Turismo dà l’occasione all’escursionista di avvicinarsi, conoscere e apprezzare
le numerose testimonianze architettoniche e artistiche
del passato, sparse lungo il corso del Brenno. Questi percorsi sono documentati in due guide tascabili, ottenibili presso
l’ufficio di Blenio Turismo a Olivone. La prima guida presenta i
sentieri storici della bassa e media Valle di Blenio (lato orografico destro) e Negrentino (itinerari 1 e 2); la seconda, i percorsi sul lato orografico sinistro della bassa, media e alta valle (itinerari 3 e 4). Tutti i tracciati non presentano difficoltà di rilievo
e il camminare riesce facile. In questo nostro articolo percorreremo il secondo itinerario (il più corto) con partenza e arrivo
ad Acquarossa, passando per Prugiasco, Negrentino, Leontica
e Comprovasco, non dimenticando che siamo in una valle ambrosiana con la sua storia millenaria.
Chiesa di San Carlo di Negrentino: la Natività.
San Carlo, anticamente S.Ambrogio Vecchio, sorge su di un pianoro dominante
i pascoli, l’alta e la media valle di Blenio
e, quali dirimpettai, ha la mole del Simano e le cime anticipanti l’Adula. Accanto passa l’antica mulattiera del passo del
Nara collegante le valli di Blenio e Leventina; via molto importante nei tempi precorrenti l’apertura del passaggio delle gole della Biaschina e del Piottino.
Il sacro edificio, già conosciuto dal XI secolo e attestato nel 1224, è uno dei più
importanti esempi di architettura romanica/lombarda in Svizzera. La caratteristica
struttura biabsidale, diffusa nell’ambito
prealpino/lombardo e in particolare ambrosiano, venne realizzata in due diverse fasi: l’abside maggiore alla fine del XI
secolo, mentre quella minore attorno al
XV secolo. L’interno, seppure di modeste
dimensioni, conserva numerosi e antichi
affreschi della scuola dei Seregnesi e di
Antonio da Tradate. Il Tradatese affrescò
numerose chiese ticinesi tra cui il vecchio
coro del San Michele a Palagnedra, forse la sua massima espressione pittorica
in Ticino. Un Crocifisso ligneo con testa
di Cristo mobile e capelli naturali, poggia sulla trave dell’arco dell’abside maggiore. Quest’anno, nel corso dell’estate,
quel sacro Simbolo (inizio XVI secolo),
dopo un complesso e delicato restauro è
stato esporto presso il museo etnografico di Lottigna. Per una maggiore informazione su queste opere d’arte religiosa
(restauri sono tutt’ora in corso), si rimanda alla “Guida d’arte della Svizzera italiana (pagg. 101/2).
Passerella pedonale sul Ri di Prugiasco
Prugiasco, m 604
San Carlo: il campanile e i suoi stemmi.
Di San Carlo, già salendo dal fondo valle, balza subito all’occhio il suo poderoso
e alto campanile dell’ XI o XII sec. Sulla
facciata orientale sono dipinti, su fondo
intonaco, gli stemmi di Uri, Leventina e
Blenio (restauro del 2010), a suggello del
giuramento di fedeltà a Uri del 1495. La
cella campanaria ospita una sola campana (da quanto si può vedere dal di sotto).
Informazioni da:
• Sentieri storici di Blenio, guida 1 e 2.
• Guida d’arte della Svizzera italiana.
• Mysterium Crucis.
• Flora del Ticino.
• Azione e Giornale del Popolo.
Cartografia:
CN 1:25000 foglio 1253 Olivone
Guida sentieri storici di Blenio 1 e 2.
Percorso: km 4,5
Prugiasco, m 604.
È un piccolo grazioso villaggio che si snoda lungo la strada cantonale che scende
da Ponto Valentino. Si possono ammirare edifici a più piani di antica memoria e
ora riattati nel rispetto del passato. Prugiasco, prima del 1798, apparteneva alla
vicinanza di Chiggiogna (Leventina). Nei
passati secoli i contadini della media Leventina, in cerca di nuovi pascoli per le
loro greggi, si stabilirono su questo versante solatio della valle di Blenio.
La parrocchiale di S.Ambrogio, risale
all’anno 1700 (millesimo pure scritto sopra la cella campanaria) e venne eretta
sul sedime di un antico oratorio dedicato
26 SEMI DI BENE 05-2015
Dislivello: m 350
Prugiasco, parrocchiale di S. Ambrogio.
a San Rocco. I contenuti del tempio religioso sono senz’altro di notevole esecuzione e sono datati tra il 1600 e il 1800
e si citano: la statua lignea della Madonna del Rosario adornata da ricchi stucchi,
tela dell’Ultima Cena e l’altare con tabernacolo e paliotto lignei.
Dopo il villaggio ci s’incammina sul tratturo che corre a sinistra del riale di Prugiasco, verso la ben nota chiesa di San Carlo
in Negrentino. Si sale attraverso pascoli
al limitare del bosco e una moltitudine di
primule odorose li punteggia col loro giallo tenero (siamo a maggio). In passato si
soleva usare le tre parti principali di que-
sta pianta: il fiore per le tisane calmanti
e diuretiche; le foglie per la preparazione di insalate; le radici antidoto contro i
reumatismi e la gotta.
Primula odorosa.
Durata: decisione personale
Passerella sul Ri di Prugiasco.
Chiesa di San Carlo e il Sosto.
Nel 2007, per facilitare l’accesso pedonale e alle carrozzelle a San Carlo, venne costruita una passerella metallica che
con un sol balzo supera l’orrido del Ri di
Prugiasco. Essa è lunga 66 metri e, data
la sua particolare struttura curva, è veramente una notevole opera d’ingegneria
che non passa inosservata e ben si inserisce nel contesto paesaggistico/storico.
All’entrata sud del manufatto, un cippo
con tavola metallica (purtroppo deturpata), ricorda gli ideatori e promotori.
Attraversata la passerella in direzione
del vicino villaggio di Leontica, ci si ferma ad ammirare San Carlo in Negrentino da un’altra angolazione. A nord, gli
fa da corona la montagna emblema della
valle di Blenio: il Sosto, con alle spalle le
vette ticino/grigionesi della catena montana Adula/Medel. Si ricorda, a chi si reca a San Carlo, la possibilità di lasciare il
veicolo sui vicini parcheggi dell’impianto
sciistico del Nara.
Adatto a: a tutte le persone
che amano scoprire le nostre contrade
Equipaggiamento:
leggero da montagna
Segnaletica: orizzontale e verticale
ufficiale + marrone per i Sentieri Storici
Parcheggio: sterrato senza limitazione
entrata sud di Acquarossa
05-2015 SEMI DI BENE 27
Passodopopasso
Acqualta
L’albo per gli amici
Offerte diverse
Leontica, m 875
AGNO
n DE STEFANI ROBERTO
AROGNO
n WEILBAECHER INGRID
BELLINZONA
n FIORE ROMANO
BREGANZONA
n BERNARDONI CESARE E ROSEMARIE
BREGGIA CABBIO
n CASSINA MASSIMO
CANOBBIO
n WEBER IVAN
n MUNICIPIO
n CAMILLO VISMARA SA
CASSINA D’AGNO
n CUCCIATI VALENTINE
CASTEL S. PIETRO
n CIMINO GIUSEPPE E KATHARINA
LAMONE
n EDMONDO FRANCHINI SA
LUGANO
n IN BUSINESS CONSULTING SA
n CUZZOCREA FRANCESCO
n BERTINI MICHELE
n ANGIOLETTI SAVINO
n GOLUBOVSKA NATASHA
n FONDAZIONE MARGHERITA
n LAFFRANCHI BURAGLIO ROSANNA
Le cime delle valli Malvaglia e Pontirone.
In breve si raggiunge Leontica, abitato
adagiato su di un solatio declivio, circondato da pascoli e da boschi della dorsale
montana Pizzo Molare/ Matro, tra Blenio
e Leventina. Il vasto comprensorio a monte del villaggio, grazie alla sua configurazione e esposizione al sole, è da sempre
sfruttato dai contadini/allevatori e gl’innumerevoli rustici lo confermano. Da anni, su quei pendii, ha potuto svilupparsi
la stazione sciistica del Nara conosciuta
oltre i nostri confini.
San Giovanni Battista è la parrocchiale
di Leontica. Documenti la fanno risalire
al 1204 e si ipotizza sia di origine preromanica. Colpisce la sua volumetria interna a navata unica con abside semicircolare, nonché le sei cappelle laterali. L’arredo
artistico comprende opere spazianti tra
il XIV e il XIX secolo. L’attuale campanile venne innalzato nel l925, in sostituzione di quello romanico. Le campane, pur
essendo in terra ambrosiana, non sono
montate su un meccanismo a ruota (tipo ambrosiano) ma a slancio (contrappeso), come pure quelle di San Carlo in
Negrentino e di S.Ambrogio a Prugiasco.
A Leontica, a Ponto Valentino e a Aquila, a ricordo di un voto fatto al patrono
del proprio villaggio da parte di militi bleniesi (600 uomini) incorporati nell’esercito
Leontica, m 875.
28 SEMI DI BENE 05-2015
Fiorenza Ferrini, la terza da sinistra della tavolata con i collaboratori
del “Semi di Bene” alla festa di San Giuseppe.
Fiorenza Ferrini
L’8 giungo è scomparsa, dopo lunga malattia, Fiorenza Ferrini (nata Lepori). In verità non ricordo nemmeno come conobbi
Fiorenza, questo a testimonianza che Fiorenza è stata a lungo
collaboratrice redazionale di “Semi di bene”, almeno a partire dal 2000. Un incontro casuale, senza dubbio, ma fortuito.
Persona eclettica, aveva vissuto gli albori del CSIA e lo spirito
pionieristico che il Centro scolastico industrie artistiche ispira-
Offerte in memoria
Leontica, San Giovanni Battista.
A ricordo dei miliziani/napoleonici di Leontica.
napoleonico, vennero istituite le milizie.
Infatti, durante la disastrosa battaglia del
passaggio della Beresina (26/29.11.1812),
i militi espressero il voto di sfilare in divisa ogni anno, in onore del patrono della loro parrocchia, se fossero ritornati vivi a casa. Da qui l’istituzione delle milizie
di Leontica, di Aquila e di Ponto Valenti-
no. A Leontica sfila nella ricorrenza di San
Giovanni Battista, a Aquila per la Madonna del Rosario e a Ponto Valentino per la
Madonna del Carmelo.
Nello scendere verso Comprovasco lo
sguardo corre sulle cime che racchiudono le non lontane valli di Malvaglia e di
Pontirone.
Comprovasco, m 609
Il nostro percorso si conclude sul fondovalle a Comprovasco, antica frazione
dell’allora comune di Leontica. Alcune case padronali di fine XIX e inizio XX secolo, sorsero grazie alla cosiddetta emigrazione di ritorno che apportò benessere
in diversi casi. Comprovasco fu capolinea della ferrovia a scartamento ridotto
Biasca-Acquarossa, inaugurata nel 1911
e smantellata nel 1973. La parrocchiale
è dedicata ai SS. Giacomo, Bartolomeo
e Vincenzo de Paoli. La sua costruzione
risale al 1868 sfruttando il sedime della
MAGLIASO
n CITTERIO ROBERTO
MASSAGNO
n BORTOLIN FABIO
MENDRISIO
n PRETURA DI MENDRISIO-SUD
n MUNICIPIO
MONTAGNOLA
n MARCHETTI SILVIA
n BOLLAG YVES
MORBIO INFERIORE
n RIZZI ALDO
PREGASSONA
n RANZI MARCO E AGNÈS
n PARILLO GIANCARLO E MARIA
ROSARIA
RIVERA
n COMUNE DI MONTECENERI
TORRICELLA-TAVERNE
n MUNICIPIO
ALTRI
n CITELLA MAURIZIO
Comprovasco, SS. V. de Paoli,
Giacomo e Bartolomeo.
precedente chiesa romanica di San Bartolomeo del XIII secolo. Il campanile venne
eretto nel 1925. All’interno alcune opere degne di nota risalenti al XVII secolo e,
una statua della Madonna di Lourdes, ci
ricorda l’annuale pellegrinaggio diocesano.
Nostra Signora di Lourdes.
ARANNO
n DALDINI ANTONELLA IN MEM.
ELENA PELLI
n BORRADORI-PELLI CLAUDIA IN MEM.
ELENA PELLI
ARBEDO
n AIANI VITTORIO E MARIALUISA
IN MEM. ELENA AIANI, ANTONELLA
E GIOVANNA PERINI, RENZO MUGGIASCA
n PELLANDINI ELENA IN MEM.
ELENA PELLI
BELLINZONA
n MINOTTI BRENNO IN MEM. HÉLÈNE
E EUGENIO MINOTTI-GIANETTA
BREGANZONA
n STEFANONI SISTA IN MEM.
GUIDO BOTTINELLI
n PELLI GIOVANNI IN MEM.
ELENA PELLI
n PELLI DR. JUR. PAOLO E PIERA
IN MEM. ELENA PELLI
CADENAZZO
n BRUNONI ELSA IN MEM.
EZIO RICCA
COMANO
n BERNASCONI GIULIANA IN MEM.
GUIDO BOTTINELLI
GIUBIASCO
n PALLONE FRANCESCO IN MEM.
NICOLA PALLONE
GORDOLA
n RIGHETTONI ALDA IN MEM.
ELENA PELLI
LAMONE
n CASARI SIRO IN MEM. ELENA PELLI
LOCARNO
n TABORELLI ALBERTO IN MEM.
MARIETTA TABORELLI
LUGANO
n PESCIA FRANCO IN MEM.
GUIDO BOTTINELLI
n SCIARONI ROSANNA E ANTINORI
EUGENIO IN MEM. ELENA PELLI
n GUGLIELMETTI TERESA IN MEM.
ELENA PELLI
va in quegli anni. Era una donna “originale”, nel senso di auMEZZOVICO
n LEPORI ELIO E AMALIA IN MEM.
GUIDO BOTTINELLI
NOVAZZANO
n FERRARI LIDIA IN MEM.
MARIO RIGAMONTI
n BIANCHI CARLA IN MEM.
DEFUNTI BIANCHI-MERONI
PAVIA (I)
n BERNARDI MARCO, RENATA E
GINETTO IN MEM. ELENA PELLI
PREGASSONA
n FOIS CARLO E MATILDE IN MEM.
ELENA PELLI
RIVA SAN VITALE
n COSCRITTI ANNO 1966 IN MEM.
PIERGIORGIO ALBIZZATI
SALA CAPRIASCA
n FRASCHINA MARGHERITA
IN MEM. GUIDO E M.ANTONIETTA
BOTTINELLI
SORENGO
n MUNICIPIO IN MEM.
YUSUF SENKAL
VALANGIN
n VAUCHER PIA IN MEM.
GUIDO BOTTINELLI
VEZIA
n ARIGONI MARIA CHIARA IN MEM.
ELENA PELLI
ZURIGO
n FRANZI MARGRIT IN MEM.
GUIDO BOTTINELLI
ALTRI
n CIMINO-MARTINELLA TIZIANA
E BALMELLI CINZIA IN MEM.
ROLANDO MARTINELLA
n CORTI BRUNA E LUCIANO IN MEM.
ELENA PELLI
tentica e unica, un po’ come quegli artisti che quando parlano
ti conducono su altre meteore, ad altri livelli di comprensione.
Perché loro, e Fiorenza non era meno, usano poche parole e
solo apparentemente slegate fra di loro: è necessario entrare
nel loro mondo…in punta di piedi per capire il loro pensiero.
Il mondo di Fiorenza era costellato anche di gustosi ricordi di
gioventù, Discendente di due note famiglie ticinesi: i Lepori e i
Cattaneo, trascorse gran parte della sua vita tra la vecchia Massagno, quando ancora il carro trainato da cavalli raccoglieva
l’immondizia lungo una via San Gottardo ancora sterrata e la
residenza estiva di Rossura. Furono i suoi racconti che toccavano i campi più disparati a indurmi a proporgli una rubrica tutta
sua sulla nostra rivista: “il trovarobe”. Come non ricordare l’esilarante tentativo del restauro del pavimento rosso della chiesa
di San Giorgio di Morbio con l’impiego del sangue di bue, della calce e della caseina? Fiorenza arrivava nel mio ufficio, con
modestia, vestita in modo stravagante ma assolutamente originale, con i suoi ritagli di giornali, i suoi appunti scritti a mano e
leggibili a fatica e i suoi ritagli di vita intensa. Con la nostra rivista e con l’OTAF aveva un legame quasi affettivo e non mancava il tradizionale appuntamento della festa di San Giuseppe,
al tavolo dei collaboratori del “Semi”. Se vinceva qualche ninnolo alla riffa, lo cedeva volentieri ai miei figli. Senza peccare di
presunzione, credo che offrirle la possibilità di raccontarsi sulla nostra rivista abbia giovato allo spirito di Fiorenza, ma di sicuro ha fatto bene ai tutti noi poterla leggere e conoscere. Da
un po’ non scriveva più, ma periodicamente mi dava riscontro,
con ironia e grande coraggio, del suo “bollettino medico”. Mi
promisi più volte di andare a trovarla di nuovo a casa sua. Non
ebbi il tempo di farlo. Grazie Fiorenza!
Marco Canonico
05-2015 SEMI DI BENE 29
L’albo per gli amici
Ciao Elena.
Martedì tuo fratello Paolo mi ha avvertito
che in giornata ci avevi lasciato. Nonostante sapessi della tua situazione non avrei
pensato di salutarti così presto. E questo
mi, ci addolora. L’ultima volta che ti ho
visto è stato il 6 giugno scorso quando
ero venuto a Casa Belinda a trovare Luigi
Motta, che in serata poi sarebbe morto.
Mi ero prima però fermato da te seduta al tavolo. Mi sembravi persa, assente.
Allora ti ho detto: “Ciao Elena sono venuto a trovarti, sono Franco Rossi”. Tu
sfoggiando uno splendido sorriso mi hai
risposto: “E no sei Roberto”. Sei ridiventata vigile, attenta, di buon umore, da
brava seduttrice.
Ciao Elena.
Voglio ricordare la tua individualità precisa, dolce ed originale, la tua gioia di vivere. La tua determinazione e serietà nel
voler fare e il tuo piacere per realizzare
i tuoi interessi e desideri in cui esprimevi al massimo le tue capacità provocando affetto e divertimento.
•Sport Invalidi (grande giocatrice di Basket), a volte facendo arrabbiare un po’
la Nicoletta, orgogliosa delle tante medaglie e coppe vinte e sempre in bella
mostra alle pareti della sua camera,
•I numerosi ed attesi campi di vacanza
al mare, laghi e monti con Sport Invalidi e col Gruppo Esploratori fondato da
Don Quadri di cui eri membro storico
fin dalla sua costituzione,
•Il tuo interesse per i lavori di segretariato (ricordo la tua scrivania a Massagno con in bella mostra macchina da
scrivere e un vecchio PC che tentavi di
usare) e l’entusiasmo con il quale partecipavi ai corsi su computer dell’Ing.
Lanfranco e signor Mazzucchelli con il
Kiwanis Club,
•le varie attività che man mano si sono
susseguite a Sorengo: ceramista, postina, segretaria dell’Ernesto e ultima
splendida scoperta artistica: pittrice
Elena Pelli
con meravigliosi risultati sotto la direzione di Angelo e Franco, grande ballerina, partecipe entusiasta alle iniziative della Centro Diurno il Pellicano e
della Ninfea Blues Band,
•Le scelte che compivi verso alcuni operatrici/ori eleggendoli a tuoi referenti
privilegiati ( ne nomino alcuni: Antonietta, Gilda, Annalisa, Gabriella, Angelo ecc.), cui ti rivolgevi con completa fiducia,
•gli entusiasmi per le tue squadre del
cuore la gloriosa Inter e il Lugano Hokey Club,
•i tuoi slanci ed attaccamenti amorosi, su
tutti Giuseppe Picchi e soprattutto Franco Rossi tua ultima passione e grande
punto di riferimento negli ultimi anni.
Voglio ricordare anche qualche tua difficoltà, cocciutaggine (facendo arrabbiare qualche volta anche la Ruth) e prese
di posizioni decise e controcorrente, come quando si trattò di lasciare l’amata e
superservizievole mamma Elvira e la tua
casa di Massagno per iniziare la tua esperienza a Sorengo, prima come esterna nel
1988 a 41 anni e poi come interna 10 anni dopo a Casa Giroggio e dopo 3 anni a
Casa Ninfea. Ricordo che i primi i contatti ci furono già quando ero direttore alla
Fonte. L’Otaf in quel periodo non accoglieva ancora persone adulte. L’Otaf è poi
diventata la tua seconda casa.
Grazie Elena.
Per il tuo modo di essere, per la tua dolcezza, per la tua allegria e simpatia, per
aver passato la tua esistenza nel nostro
mondo, dove spesso tutto è potere e calcolo, dando testimonianza di un modo diverso di funzionare, stravolgendo a modo tuo le gerarchie stabilite da noi grandi,
per il grande affetto verso tuo fratello Paolo e tua cognata Piera, affetto che non
sempre riuscivi ad esprimere e soddisfare, con loro sempre presenti ed attenti al
tuo benessere. Gli mancherai.
Ciao Elena.
Molti si sono presi cura di te ma anche
tu sei stata una presenza significativa per
molti. Ora sei vicina a papà Guglielmo e
mamma Elvira, alla zia Annamaria. Paolo e Piera, i tuoi parenti di Pavia, gli amici di Aranno, tutti noi che ti abbiamo conosciuto ed apprezzato, ti salutiamo con
tanto affetto. Ognuno con i propri ricordi.
Ciao Elena, Ciao Nene:
Riposa in pace.
Roberto Panzeri
Sabato 7 novembre 2015
Elena Pelli
In queste poche righe voglio ricordare la Elena Pelli. Purtroppo è morta settimana scorsa lasciandoci tutti di stucco.
L’ultima volta l’ho vista un mese fa circa,
nonostante fosse in carrozzina, era lucida. Sinceramente non pensavo che succedesse quello che è successo, invece il
destino ha voluto diversamente. Ricordo
la sua tenacia quando cantava nella Ninfea Blues Band. Le partite al Ping Pong
(anche se con me non voleva mai giocare)
comunque è stato un piacere conoscerti.
Non ti dimenticherò! Mai!
Ciao Elena
Giorgio Galbusera
Ospite Foyer Casa Ninfea
«Abbracciare il progresso
senza rinunciare ai miei
valori: questo è il mio motto.»
Salvatore Peluso,
studente di architettura, Politecnico di Milano
Il sistema di arredamento USM Haller, icona del design, compie
cinquant’anni. È arrivato il momento di guardare avanti ed
esplorare nuove prospettive. Seguite una nuova generazione di
designer, artisti e architetti provenienti da sette prestigiose
accademie di tutto il mondo, scoprite come ridefiniscono la
modularità e diventate parte di un progetto visionario.
Seguite il loro viaggio su usm.com/project50
30 SEMI DI BENE 05-2015
Dick & Figli SA, Via G. Buffi 10, 6900 Lugano
Telefono 091 910 41 00, Telefax 091 910 41 09
[email protected], www.dickfigli.ch
www.usm.com
Semi di Bene, c.p. 6924 Sorengo
G.A.B. 6900 Lugano 3