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Un percorso nella
RESISTENZA VENEZIANA
IIIC
s. m. s. “M. FOSCARINI”
VENEZIA 2006/2007
DUE VITTIME DEL NAZI-FASCISMO
Il 23 gennaio 2007, nell’aula magna del convitto “Marco
Foscarini” a Venezia, Lia Finzi e Olga Neerman Ansaldi, due
donne ebree, hanno testimoniato sulle persecuzioni subite
durante il nazi-fascismo. Raccontano perché la memoria aiuti i
giovani a creare un mondo diverso, in cui il passato non si ripeta.
LIA FINZI
Lia Finzi ricorda gli eventi storici delle persecuzioni antisemite
in Italia, iniziate nel 1938. Dice di sé che prima di allora si
sentiva perfettamente integrata nella società veneziana e sapeva
di essere ebrea solo perché sua madre la portava talvolta in
sinagoga. Comincia a sentirsi diversa quando non può più
frequentare la scuola, e i suoi compagni incontrandola la
offendono. Quando vignette satiriche e canzoni ingiuriose
presentano gli ebrei come
avidi e avari, e luoghi familiari
della città, come la gelateria da
Nico alle Zattere o l’Harry’s
bar, espongono cartelli con
sopra scritto “qui non possono
entrare né cani né ebrei”. Nel
1943, al disagio si aggiunge la
paura: il 5 dicembre, a
Venezia,
cominciano
i
rastrellamenti di ebrei. Lia
fugge in Svizzera con la
famiglia, ma alla frontiera una
nuova minaccia: suo padre e
sua sorella sono respinti
perché maggiorenni. Alla fine
vengono accolti e Lia e i suoi
torneranno a Venezia dopo la
Liberazione.
Olga, di origine belga e per questo in
posizione più sfavorevole degli ebrei
italiani, è soccorsa da tre
angeli
custodi: così lei interpreta l’incontro
con tre sconosciuti.
Il primo si presenta in bicicletta per
avvertire la famiglia di aver visto i loro
nomi nella lista di un rastrellamento di
ebrei. Suo padre non vuole lasciare
Venezia perché non si sente colpevole:
è incredulo, come tanti altri. Ma viene
convinto e il primo rifugio è dai
parenti, a Nervesa della Battaglia.
0LGA NEERMAN ANSALDI
Da qui il padre parte per Roma, occupata dai tedeschi, alla ricerca di un rifugio più vicino alla
parte d’Italia già liberata. C’è qualcuno disposto ad aiutarlo e torna a Nervesa, dove però non
trova più i suoi: Olga è ricoverata a Montebelluna, operata d’urgenza da un angelo in camice
bianco, il dottor Colisanti, che la salva due volte: la guarisce e copre la sua identità di ebrea.
Ricomincia la fuga: in viaggio per Roma, un bombardamento li blocca a Firenze; tornano
indietro e raggiungono l’Altopiano di Asiago, dove il terzo angelo dà loro le chiavi di una
malga, in cui passano l’inverno 1943 – ’44, tra stenti. Quando a Gallio, il paese vicino,
arrivano i tedeschi, e i partigiani organizzano la guerriglia, si sentono di nuovo in pericolo;
rientrano a Venezia e vivono nascosti sino al 28 aprile del 1945, giorno della liberazione della
città.
CARLA GAMBA ZANETTI
un “giusto” di Venezia
Carla, secondo la testimonianza di sua
nipote Laura Fazzini, nel 1943 era
studentessa al liceo classico “Marco
Foscarini”
di
Venezia.
Con
l’occupazione nazista-fascista della
città, una sua amica ebrea,
ex
compagna di scuola, scomparve. Non
se ne diede pace: andò a cercarla nella
comunità israelitica, sfidando i divieti
e ogni conseguenza. Si fece rivelare il
luogo in cui si era rifugiata, ritrovò lei
e la madre e le portò a casa sua, dove
le tenne nascoste, salvandole dalle
sofferenze e dalla degradazione del
campo di concentramento, e quasi
certamente anche dalla morte. Le
tenne con sé sino alla Liberazione.
CRONOLOGIA
•1938: comincia in Italia la propaganda antisemita, esce la rivista quindicinale La difesa della
razza.
•Luglio 1938: pubblicazione del Manifesto degli scienziati razzisti, in cui si chiarisce che gli
ebrei non appartengono alla stessa razza degli italiani.
•Agosto 1938: censimento degli ebrei italiani.
•5 settembre 1938: “Regio decreto legge n. 1390”, che sancisce l’esclusione di studenti e docenti
ebrei dalle scuole e università italiane.
•Settembre 1938: decisione di Mussolini di espellere la maggior parte degli ebrei stranieri.
•Novembre 1938 – giugno 1939: espulsione degli ebrei dagli impieghi pubblici e dalle attività
culturali; limitazioni nell’esercizio delle libere professioni, negli impieghi privati, nella gestione
di attività commerciali, nel possesso di case, terreni, aziende; proibizione dei matrimoni misti
ebrei – ariani.
CRONOLOGIA
•Maggio – giugno 1943: istituzione di campi d’internamento e lavoro forzato per gli ebrei
italiani.
•Settembre 1943: applicazione in Italia delle leggi razziali tedesche, il cui obiettivo ultimo è la
“soluzione finale”.
•Settembre 1943: Jona, il presidente della Comunità ebraica di Venezia, si suicida per non
consegnare l’elenco degli iscritti alla Comunità, richiestogli dai nazi-fascisti.
•5 dicembre 1943: primo rastrellamento di ebrei veneziani, che vengono rinchiusi nelle carceri e
al convitto “Marco Foscarini”, quindi trasferiti nel campo di concentramento di Fossoli e
successivamente deportati ad Auschwitz.
•17 agosto 1944: rastrellamento di ebrei veneziani dalla Casa di riposo israelitica e deportazione
nella Risiera di San Sabba.
•Ottobre 1944: rastrellamento degli ebrei veneziani ricoverati negli ospedali cittadini e
deportazione nella Risiera di San Sabba.
LA RESISTENZA A VENEZIA
(CRONOLOGIA)
• Settembre 1943: arrivo a Venezia di carri armati tedeschi (11 settembre); insediamento in città di alcuni
Ministeri della Repubblica Sociale Italiana; costituzione del Cln locale e prima organizzazione della
cospirazione contro i nazi-fascisti con aiuti ai soldati italiani in fuga dall’esercito e raccolta di armi e munizioni.
• Ottobre 1943: nascita della formazione partigiana Distaccamento “Venezia”, poi Brigata “Biancotto”,
costituita di circa trenta partigiani e guidata dal commissario Giuseppe Turcato; prime azioni a Mestre contro
le linee ferroviarie; a Venezia, azioni di volantinaggio e sabotaggi.
5 maggio 1945:
sfilata di
partigiani in
Piazza S. Marco.
In primo piano
Elisa Campion,
partigiana della
“Brigata
Ferretto”, che
operava a
Mestre.
m LA RESISTENZA A VENEZIA
(CRONOLOGIA)
• 6 luglio 1944: i partigiani uccidono il maresciallo repubblichino Bartolomeo Asara; due notti dopo scatta
la rappresaglia e cinque antifascisti sono ammazzati sulla porta della loro casa.
• 26 luglio 1944: i partigiani mettono una bomba a Ca’ Giustinian, sede del comando della Gnr e di uffici
tedeschi; per rappresaglia tredici partigiani, presi dal carcere di S. Maria Maggiore, sono fucilati; dal più
giovane, Francesco Biancotto di diciotto anni, prenderà nome la formazione partigiana di Venezia.
• 2 agosto 1944: scomparsa di una sentinella tedesca in Riva dell’Impero; rappresaglia tedesca: fucilazione
sulla Riva di sette uomini; successivamente si scoprirà che la sentinella è caduta in laguna per ubriachezza.
• 12 marzo 1945: Beffa del Goldoni: alcuni
partigiani della Brigata “Biancotto” occupano il
teatro pieno di tedeschi e fascisti e tengono un
comizio in cui annunziano la liberazione.
• 26 aprile 1945: insurrezione dei detenuti politici
e delle guardie di custodia nel carcere di S. Maria
Maggiore.
• 27 – 28 aprile 1945: occupazione dei luoghi del
potere nazi-fascista da parte di reparti partigiani e
agenti di Pubblica sicurezza.
• 28 aprile 1945: “per salvaguardare Venezia”, il
Cln fa un accordo di resa condizionata con i
tedeschi, che abbandonano la città senza essere
disarmati; il giorno dopo arrivano gli Alleati.
Sfilata di partigiani in Piazza S. Marco, 5 maggio 1945
LE DONNE NELLA
RESISTENZA VENEZIANA
Maria Teresa Sega, storica della Resistenza, il 13 marzo 2007,
nell’aula magna del convitto “Marco Foscarini” di Venezia, ha
tenuto una conferenza sull’argomento Le donne nella Resistenza
veneziana. A Venezia, dopo l’8 settembre 1943, donne di ogni
strato sociale agiscono soccorrendo e nascondendo i partigiani o
chiunque ne abbia bisogno: soldati sbandati, prigionieri, ebrei.
LE DONNE NELLA
RESISTENZA
VENEZIANA
Le donne, a Venezia, salvo
poche
eccezioni,
non
partecipano direttamente
alla lotta armata, ma
collaborano con gli uomini
e con i GAP cittadini.
Fanno la loro parte per
attuare piani
progettati
da uomini, ma in molti casi l’iniziativa e la scelta è tutta individuale: le spinge l’istinto e
l’educazione familiare, spesso esplicitamente antifascista. Aida Tiso, partigiana della Brigata
“Biancotto”, racconta che la sua Resistenza comincia con l’incitare i giovani a non presentarsi alla
leva. Ida d’Este, con le donne della sua parrocchia, corre in Marittima e alla stazione a portare
soccorsi ai soldati italiani prigionieri dei tedeschi. Le popolane di Cannaregio, al Ponte delle
Guglie, urlano “scampé scampé” agli allievi della marina, ragazzi di 15 – 16 anni, catturati dai
tedeschi. Giuliana Foscolo, nobildonna veneziana, sfollata nel bellunese, nella villa di famiglia in
parte requisita dai tedeschi, nonostante ciò accoglie partigiani e staffette e nasconde sotto la culla
di sua figlia la radio della missione militare “Margot Hollis”, attraverso cui si stabilivano
collegamenti tra bande partigiane venete e Alleati. Molte altre donne ancora hanno partecipato
alla Resistenza veneziana, contribuendo alla Liberazione di Venezia e dell’Italia.
LA RESISTENZA A CANNAREGIO
Gli storici, Maria Teresa Sega e Giulio Bobbo, con i ragazzi della IIIC,
lungo il percorso dei luoghi della Resistenza, nel sestiere di Cannaregio,
il 26 marzo 2007. Qui sul Ponte delle Guglie, da dove iniziò la fuga degli
allievi della marina catturati dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943.
LA RESISTENZA
A CANNAREGIO
LA FAMIGLIA TRINCA
Dopo l’8 settembre ’43, i nazisti catturarono gli allievi della marina. Mentre
li portavano alla stazione ferroviaria, al Ponte delle Guglie le donne li
incitarono alla fuga. I marinaretti, approfittando della folla, scapparono
lungo la fondamenta a destra del ponte e si rifugiarono in un cortile, dove
abitava la famiglia Trinca, che li nascose in casa. Erano in undici e alcuni
rimasero lì sino alla Liberazione. I Trinca non erano molto ricchi ed erano
numerosi, per mantenere i marinai avevano bisogno di aiuti: li ebbero dai
vicini di casa e dai cugini che abitavano nello stesso cortile.
I MARTIRI DI CANNAREGIO
Davanti al Cinema Italia, ora Teatro Italia, il 6 luglio 1944, un partigiano uccise il
maresciallo repubblichino Bartolomeo Asara. Non era un personaggio di spicco e lo
storico Giulio Bobbo sostiene che l’omicidio fosse stato deciso dai partigiani su
iniziativa di un fascista infiltrato tra di loro, il quale agiva per un regolamento di
conti interno al mondo della RSI. La rappresaglia fu terribile: la notte dell’ 8 luglio
‘44 i fascisti suonarono alla porta di alcuni oppositori, abitanti a Cannaregio, e li
giustiziarono appena fuori di casa. Ne morirono cinque: P. Favretti, U. Belli, L.
Borgato, A. Picutti, B. Crovato; un altro, Giuseppe Tramontin, fu ferito e si salvò.
I MARTIRI DI CANNAREGIO
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I MARTIRI DI CANNAREGIO
I MARTIRI DI CANNAREGIO
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I MARTIRI DI CANNAREGIO
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I MARTIRI DI CANNAREGIO
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LA RESISTENZA NELLA MEMORIA DI FAMIGLIA
L’intervista di Giulio Troni
Giovanna Fuga, di 74 anni,
intervistata dal nipote Giulio,
racconta: “Ricordo che, nel
periodo che seguì l’8 settembre ’43,
mia zia, che aveva sposato il
fascista Arturo Betteto, per alcuni
giorni venne ad abitare con suo
marito in questa casa, al n. 4887 di
Cannaregio, che anche allora era
la casa della mia famiglia; nello
stesso tempo ospitammo un cugino
partigiano, Angelo Chester, che
viveva nascosto nella camera
Giovanna Fuga
accanto a quella dello zio. Furono giorni di tensione quelli, ma per fortuna andò tutto
bene: Angelo faceva vita notturna e lo zio non si accorse di niente. Un altro pericolo lo
corremmo nascondendo al piano di sopra dei ragazzi renitenti alla leva della RSI. Una
volta venne la polizia a cercarli e la mattina dopo seppi che uno si era salvato scappando
sui tetti e l’altro appendendosi fuori dalla finestra al terzo piano.”
LA RESISTENZA NELLA MEMORIA DI FAMIGLIA
L’intervista di Beatrice Guzzardi e Giorgia Zennaro
Serenella Caenazzo, madre di Beatrice, parla
del padre Lucio, morto da alcuni anni: “Lucio
Caenazzo, a 19 anni renitente alla leva della RSI,
tentò di nascondersi in campagna presso lo zio
Nino Cursi, che gli negò ospitalità. Si presentò
quindi alla caserma militare di Mestre, dove un
giorno arrivarono i tedeschi, e alle parole ‘Chi
vuole stare dalla nostra parte faccia un passo
avanti’ Lucio non fece quel passo e fu deportato
in Germania e costretto ai lavori forzati. Di quel
periodo Lucio raccontava le sofferenze, ma anche
di aiuti datigli dalla popolazione civile tedesca:
una volta, mentre lavorava nei campi, un vecchio
gli lanciò dei panini con la marmellata cantando
‘Oh sole mio’. Lucio riuscì a tornare a casa,
trovando lungo la via del ritorno lo sconforto e la
disperazione di tante donne, che con la foto di un
loro caro in mano gli chiedevano informazioni.”
Lucio Caenazzo con la moglie e la
figlia Serenella, a S. Zaccaria a Venezia
LA RESISTENZA NEL CINEMA
“L’AGNESE VA A MORIRE”
L’Agnese è la protagonista del film di Giuliano Montaldo,
uscito nel 1976, tratto dal romanzo omonimo di Renata
Viganò, che lo scrisse ispirandosi alla sua esperienza di
partigiana addetta al servizio sanitario di una brigata che
operava nelle Valli di Comacchio.
I GIUDIZI SUL FILM
“Il film ‘L’Agnese va a morire’
mi ha fatto capire attraverso i
personaggi come il movimento
partigiano sia stato fondamentale
non solo per l’Italia, ma anche
per le singole persone, perché ha
aiutato a far crescere le credenze
di autoefficacia, ogni caduto
rappresentava
un
obiettivo
raggiunto. Si è capito con quanta
forza e altruismo combattevano,
loro, persone semplicissime, che
riuscirono insieme a resistere ai
nazi-fascisti, perché portavano
con sé ideali giusti, perché
avevano
dentro
valori
di
solidarietà e combattevano non
per il governo che li aveva traditi,
ma per l’Italia intesa come la
gente, non per interessi, ma per la
soddisfazione di uno stato libero,
per rivendicare giustizia”.
Cosima Trevisanello
“Secondo me il film
‘L’Agnese va a morire’
rende
molto
bene
l’idea della Resistenza
italiana,
sia
negli
scenari sempre grigi e
cupi,
sia
nei
personaggi.
I
personaggi dei
partigiani
sembrano
proprio quei contadini
analfabeti che in gran
numero lottarono per
la libertà. L’ambiente
in cui si svolge il film,
le Valli di Comacchio,
è scelto assai bene
perché
illustra
al
meglio la vita assai
difficile e scomoda che
dovevano
fare
i
partigiani”.
Giacomo Curato
I GIUDIZI SUL FILM
“L’Agnese, protagonista del
film ‘L’Agnese va a morire’, è
all’inizio
insicura
e
inconsapevole del ruolo che
autonomamente può svolgere
e fino a circa metà film si
presenta con il nome del
marito ‘l’Agnese di Palita’. La
cosa che mi è piaciuta di più è
la
dettagliata
presa
di
coscienza di questa donna, che
comprende l’importanza che
può
avere
anche
una
lavandaia come lei se si dedica
pienamente ad un compito
giusto. Infatti, Agnese, con il
suo secondo viaggio da
staffetta, comincia a vedere i
risultati del lavoro e della
fatica: un ponte distrutto
anche per merito suo”.
Alessandra Campalto, Matteo Latorre
“Il film ‘L’Agnese va a
morire’ riassume molto bene
il tema della Resistenza
italiana. Si possono capire i
rapporti che i partigiani
avevano con gli Alleati, come
reagiscono al proclama di
Alexander, ma si vede anche
quanto facilmente si muore in
guerra e quante persone, pur
di salvare la pelle, collaborano
con i nemici. La sequenza che
fa vedere di più la violenza
della guerra è quella in cui la
brigata di partigiani, che sta
per attraversare il confine
dell’Italia
liberata,
è
sopraffatta dal fuoco tedesco
davanti agli occhi di un
gruppo di Alleati, che non
muove neanche un dito per
salvarli”.
Nicola Caputo
BIBLIOGRAFIA
•ALBANESE GIULIA – BORGHI MARCO (a cura di), Memoria resistente, Ve 2005
•ALBANESE GIULIA – BORGHI MARCO (a cura di), Nella Resistenza, Ve 2004
•ASSOCIAZIONE FIGLI DELLA SHOAH (a cura di), Tra storia e memoria, Mi 2004
•BELLINA LUISA – SEGA MARIA TERESA, Tra la città di Dio e la città dell’uomo.
Donne cattoliche nella Resistenza veneta, Ve 2005
•GLI ALUNNI DEL CONVITTO MARCO FOSCARINI (a cura di), Li hanno portati
via, Ve 2002
•GLI ALUNNI DELLA SCUOLA MEDIA FRANCESCO MOROSINI (a cura di),
Memorie della Resistenza veneziana, Ve 1995
•MILNER GIANNI, Cronache della terza A del Liceo Marco Foscarini, Archivio
Turcato, Ve 1984
•SEGA MARIA TERESA – BELLINA LUISA (a cura di), Le donne della Resistenza,
Pd 2005
•TURCATO G. – ZANON DAL BO G.,Venezia nella Resistenza. Testimonianze
1943-1945, Ve 1976
•VIGANO’ RENATA, L’Agnese va a morire, To 1990
Hanno collaborato
GLI ALUNNI
Alvise Bonfà, Alessandra Campalto, Nicola Caputo, Cristiano Cavaldoro, Giacomo
Curato, Giampietro Gagliardi, Beatrice Guzzardi, Matteo Latorre, Simone Lucano,
Elena Mariutti, Matteo Mione, Davide Murtas, Cosima Trevisanello, Giulio Troni,
Francesco Ventura, Giorgia Zennaro.
I DOCENTI
Daniela Angelozzi, Maria Ester Civino
Le foto sono state scattate da Daniela Angelozzi e da Massimo Del Rio
Ringraziamo Lia Finzi, Olga Neerman Ansaldi, Laura Fazzini, gli storici
Maria Teresa Sega e Giulio Bobbo per le testimonianze e le conoscenze che ci
hanno trasmesso.