Carcinoma squamo-transizionale papillare della cervice uterina

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Carcinoma squamo-transizionale papillare della cervice uterina
Carcinoma squamo-transizionale papillare della cervice uterina: presentazione di un caso clinico e
revisione della letteratura
P. Garutti, E. Mossuto, C. Bedoni, A. Graziano, D. Beccati*, A. Patella
Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara
Clinica Ostetrica e Ginecologica
* Istituto di Anatomia e Istologia Patologica
INTRODUZIONE
Il carcinoma squamo-transizionale papillare della cervice rappresenta, secondo la classificazione
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, un distinto e raro sottotipo istologico di carcinoma
squamoso cervicale. Infatti la maggior parte dei carcinomi squamosi della cervice uterina è di tipo
non papillare cheratinizzante o non cheratinizzante, mentre solo una minima parte si presenta con
un pattern di crescita papillare. I primi casi di carcinoma squamo-transizionale papillare riportati in
letteratura risalgono al 1986 quando Randall et al. (1) ne presentarono 9 con alcune caratteristiche
tipiche del carcinoma papillare transizionale della vescica e caratterizzati da elevata aggressività
(invasione profonda, recidive, metastasi). Ad oggi la casistica più numerosa comprende 16 casi con
la variante squamo-transizionale su un campione più ampio di 32 casi di carcinoma papillare (2).
Attualmente questa forma è inquadrata nel carcinoma papillare insieme al carcinoma verrucoso e al
carcinoma squamoso condilomatoso (3).
L’associazione tra questo istotipo e l’infezione da HPV è ancora in via di definizione: è stata
dimostrata la presenza di HPV 16 in alcuni casi (4, 5), tuttavia sono necessari ulteriori studi per
definirne l’eventuale associazione causale.
Le pazienti maggiormente colpite hanno un’età compresa tra i 53 e i 74 anni, sono prevalentemente
in menopausa ed il sintomo principale riferito è il sanguinamento (6, 7). È un tumore
potenzialmente aggressivo, il più spesso diagnosticato negli stadi avanzati ed è caratterizzato da
metastasi locali e a distanza e recidive tardive (3). L’approccio terapeutico suggerito è lo stesso del
carcinoma a cellule squamose e deve pertanto essere guidato dallo stadio clinico e dalle condizioni
generali della paziente.
CASO CLINICO
La paziente C.S., di 56 anni, giunge a Dicembre 2010 presso l’ Ambulatorio di Colposcopia della
Clinica Ostetrico Ginecologica di Ferrara con un esame istologico su biopsia , eseguita in altra sede,
con diagnosi di “Carcinoma a cellule squamose in situ, esteso alle ghiandole”.
Dall’anamnesi emerge: obesità di grado lieve (BMI=32), fumo (20 sigarette al giorno da circa 20
anni), 2 parti spontanei, 1 aborto, mastectomia a 41 anni e successiva menopausa post
chemioterapia, ipertensione arteriosa, isteroscopia e raschiamento frazionato a 45 anni, regolari Pap
test triennali da screening negativi (ultimo 1 anno prima). La paziente riferisce perdite ematiche
post coitali da 4 mesi.
All’esame colposcopico si riscontra a carico della cervice uterina una lesione vegetante,
sanguinante, estesa a tutti i quadranti (Figura 1), e posteriormente verso il fornice (Figura 2), con
materiale cerebroide che si sfalda spontaneamente. I frammenti vengono inviati ad esame
istologico.
La diagnosi è di “carcinoma squamo-transizionale papillare non infiltrante”. In considerazione del
reperto clinico sopra descritto che contrasta con l’aspetto microscopico “non infiltrante”, si
effettuano ulteriori prelievi bioptici (biopsia mirata e courettage del canale cervicale), che
confermano la diagnosi di “Carcinoma squamo-transizionale papillare non infiltrante”.
L’esame bioptico rileva la presenza di numerose strutture papillari con asse fibrovascolare ricoperte
da cellule squamo-transizionali, morfologicamente simili alle cellule del carcinoma transizionale
delle vie urinarie (Figura 3 e 4). Per differenziare le cellule tumorali cervicale dalle cellule vescicali
è stato indagato il profilo citocheratinico che è risultato positivo per CK7 e negativo per CK20
(Figura 5 e 6), al contrario le cellule vescicali avrebbero espresso entrambi i marcatori (4).
All’interno delle papille, a volte arborificate, le cellule tumorali si dispongono verticalmente
rispetto all’asse fibrovascolare, mentre le cellule superficiali si allineano orizzontalmente.
All’esame obiettivo si apprezza una lesione esofitica, sanguinante, del diametro di circa 5 cm, che
interessa tutta la portio, estesa verso i fornici; prevalentemente a sinistra, corpo uterino poco
mobile. Alla visita rettale si riscontra rigidità ed ispessimento del parametrio di sinistra fino alla
parete pelvica, mentre il parametrio laterale destro sembra interessato fino al terzo medio.
La paziente viene sottoposta a:
1. TAC addome con e senza mezzo di contrasto: utero a struttura disomogenea a livello della
regione cervicale, in rapporto con la patologia di base. Tale area appare in stretto rapporto di
contiguità con la parete del retto. Non linfoadenomegalie a livello del tessuto adiposo presacrale.
Lieve disomogeneità del tessuto adiposo loco-regionale.
2. Cistoscopia e rettoscopia, che risultano entrambe negative.
3. RMN con e senza mezzo di contrasto: presenza a carico della regione cervicale di tessuto
neoformato, con estensione cranio caudale di circa 3 cm. Al suo interno coesistono piccole aree di
tipo fluido per verosimile necrosi. La neoformazione si estende verso la regione dorsale del collo
uterino e della cupola vaginale, dove sembra infiltrare la parete stessa a tutto spessore. Si rileva
inoltre scarsa dissociabilità del profilo dorsale dell’utero dalla parete anteriore del retto per un tratto
di circa 2 cm (figura 7).
In considerazione dell’esito delle indagini che depongono tutte per uno stadio clinico avanzato, non
si procede ad ulteriori indagini nell’intento di verificare le caratteristiche infiltranti della neoplasia.
La diagnosi definitiva è di “Carcinoma squamo-transizionale papillare della cervice uterina”,
clinicamente allo stadio II B e pertanto la paziente viene inviata a terapia chemio-radiante.
DISCUSSIONE
Il caso clinico presentato ricalca le difficoltà di inquadramento diagnostico riportate in letteratura
per il carcinoma squamo-transizionale papillare, tumore raro caratterizzato da rapida progressione.
A causa della blande caratteristiche citologiche, il Pap test può non essere un mezzo diagnostico
adeguato. Infatti secondo la letteratura, spesso risulta falsamente negativo o richiede la diagnosi
differenziale con il tessuto endocervicale reattivo o normale, quadri di ASC-US, metaplasia
papillare immatura e altri tumori con un pattern papillare (4). Appare pertanto evidente che un
programma di screening triennale può non garantire la prevenzione e la diagnosi precoce di questo
tumore, come è accaduto in questo caso.
Inoltre dal nostro caso è emerso che il tradizionale iter diagnostico del carcinoma cervicale,
rappresentato da colposcopia e biopsia mirata, non appare completamente adeguato. Come riportato
in letteratura l’esame bioptico infatti può risultare fuorviante, in quanto spesso non permette di
dimostrare l’infiltrazione tumorale a causa della complessa architettura papillare che non consente
di raggiungere la base della lesione (7). L’esito istologico relativo ai prelievi bioptici di piccole
dimensioni spesso riconosce esclusivamente la componente papillare non invasiva che si configura
come una CIN 3 papillare (9).
Indipendentemente dalla dimostrazione istologica di “infiltrazione”, si impone in questi casi, come
del resto segnalato in letteratura (9, 10), di proseguire con tutti gli accertamenti necessari per una
adeguata stadiazione, sulla base della quale attivare il processo terapeutico più appropriato.
BIBLIGRAFIA
1) Randall ME, Andersen WA, Mills SE, Kim JA. Papillary squamous cell carcinoma of the
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vulva. Afip Atlas of Tumor Pathology (Fourth Series: Fascicle 13). 2010:123-124.
Figura 1.
Figura 2.
Figura 3. Architettura papillare con papille rivestite da epitelio pluristratificato basaloide e transizionale con numerose mitosi. Non si
osserva invasione dell’asse stromale papillare.
Figura 4. Architettura papillare con papille rivestite da epitelio pluristratificato basaloide e transizionale con numerose mitosi.
Figura 5. Profilo citocheratinico: K7 positivo
Figura 6. Profilo citocheratinico: K20 negativo
Figura 7.