il segno del destino
Transcript
il segno del destino
IL SEGNO DEL DESTINO di Alessandro, Alice, Edoardo, Gianmarco, Ludovica, Valery, Vittorio (I Puffi) Mi trovavo in uno strano posto, poi mi accorsi che era la mia città ovvero Londra. Nelle strade non c'era nessuno: molte macchine avevano le ruote bucate e sembravano inutilizzate ormai da mesi, buona parte dei lampioni aveva i fari rotti e alcuni erano addirittura caduti a terra, vedevo cani randagi e topi dappertutto e sentivo un terribile odore di spazzatura e cadavere in putrefazione. Allora provai a cercare casa mia ma non riuscivo a trovarla .C'era soltanto quella del mio migliore amico Luca. Provai ad entrare per chiedergli aiuto. Una volta dentro non vidi nessuno, soltanto in mezzo alla stanza c'era un letto con Luca sdraiato sopra...sembrava stare molto male .Mi avvicinai e Luca mi disse<<Marco devi aiutarmi, devi trovare una cura per la mia malattia: la peste .Ti prego, aiutami, se non vuoi che muoia...>>Subito uscii dalla casa determinato a trovare una cura al problema, ma un rumore assordante mi colpì nell'orecchio. Fu una specie di tonfo, come se un grande mobile da cucina cadesse a terra, insieme a tutti i vasi, ma mi resi presto conto che era il rumore della sveglia e che quello era stato soltanto un brutto sogno .Andai in cucina e accesi la televisione, il canale era quello del telegiornale e diceva che una malattia molto infettiva aveva colpito uomo nelle periferie di Londra, quella malattia si chiamava peste. Da quel momento mi si aprirono gli occhi e capii che per il mio futuro e per quello di altre persone dovevo lasciare il lavoro e mettermi in cerca di una soluzione. Cominciai allora a progettare cosa fosse meglio fare, da dove potevo cominciare per cercarne una cura. Mi recai subito nella biblioteca della città per scoprire se in qualche libro potesse esserci un rimedio, una cura o un farmaco innovativo, magari anche sperimentale, che potesse in qualche modo dare speranza. Lessi molti libri di medicina, anche alternativi, riviste, articoli di giornale, pubblicazione scientifiche, ma senza trovare nulla che riguardasse nemmeno da lontano questa particolare patologia e nessuna informazione o nuova conoscenza su come curare questa malattia. Forse questo problema era cosi raro e poco conosciuto che nessuno si era preoccupato di studiarla approfonditamente. Insomma era proprio una malattia del tutto sconosciuta e misteriosa cosi almeno sembrava dai testi consultati fino ad allora. Passai molto tempo assorto in questi pensieri, senza trovare alcuna soluzione ed ero sempre più preoccupato ed angosciato per il tragico futuro del mio amico. Decisi, infine, di uscire all'aperto e di fare una passeggiata per schiarirmi le idee e magari trovare l'illuminazione. Nel frattempo incominciava a scendere la sera e i lampioni si accendevano a uno a uno, così come le luci ed i neon della città. Camminando per le strade in mezzo alla gente indaffarata e indifferente cominciò a piovere a dirotto ed mi sentii frustrato e solo anche se attorno a me la gente, le macchine, correvano di qua e di là, prese dai propri affari. Tenendomi vicino al muro per non bagnarmi troppo, perché non avevo con me l'ombrello, camminai per non so quanto tempo, senza una meta precisa. Più passava il tempo e più mi sentivo solo e sconfortato; non riuscivo ad accettare la situazione ed ero deciso infatti a trovarne una sa qualunque prezzo. Alla fine scesi gli scalini che portavano all'underground, come al solito brulicante di persone in attesa e barboni che chiedevano l'elemosina e, dopo pochi minuti, salii sul treno della metropolitana che mi avrebbe ricondotto a casa. C'era cosi tanta gente che cercava di entrare nella metro che salii a fatica nel vagone, spinto com'ero dalle persone che si affollavano intorno a me. Guardai l'orologio e mi accorsi che era infatti l'ora di punta del rientro serale e che quindi tutti spingevano per la fretta di rientrare a casa dalle loro famiglie, con la cena che forse li aspettava pronta sul tavolo. 1 Salito in questo modo sul vagone, non riuscii a trovare un posto a sedere e dovetti quindi sorreggermi in modo precario sugli appositi sostegni. Attorno a me si notavano molte persone bagnate forse come me, sorprese dalla pioggia senza ombrello: studenti in divisa con in mano libri e zaini, impiegati in giacca e cravatta con le ventiquattrore di pelle, turisti in visita alla città, pensionati, e tanta altra gente di ogni età, etnia e colore. Verso la fine della corsa, nell'avvicinarsi al capolinea, finalmente il vagone cominciò a svuotarsi e riuscii a sedermi in un angolo, dove potei riflettere nuovamente sui miei guai e raccogliere le idee; mi sentivo stanco, mi sembrava di aver percorso molte miglia a piedi. Non solo ero stanco fisicamente ma anche il mio spirito era affaticato: tutto il mio essere, anima e corpo, erano sopraffatti dal dolore. Tornai a casa demoralizzato...il destino mi aveva affidato un compito molto importante ma non riuscivo a portarlo a termine .Entrato in casa mi venne in mente che mio fratello, tempo fa, aveva sostenuto un esame di medicina e che per studiare aveva usato un libro molto spesso, con informazioni che potevano essere importanti. Mentre mi recavo nella libreria che avevo nel salotto per cercare quel libro, mia madre aveva la radio accesa e sentii che i casi di peste erano aumentati e che questa si manifestava con una grande pustola .Appena sentii la notizia corsi subito nel salotto, trovai il libro di mio fratello e cercai una qualsiasi malattia che si manifestasse attraverso una pustola. Dopo alcune ore non credevo ai miei occhi...forse l'avevo trovata, parlava di una malattia infettiva che si manifestava attraverso grossi bubboni e c'era una nota a matita, sembrava la scrittura di mio fratello .La nota diceva<<metodo sperimentale per guarire dalla peste creato. Controllare nel cassetto dello studio .Non credevo a quello che stavo leggendo...mio fratello aveva trovato un metodo per guarire questa terribile malattia, ma non l'aveva detto a nessuno...neanche prima di morire quel gennaio nel maledetto incidente d'auto. Posai il libro e mi precipitai nello studio quando squillò il telefono, era la madre di Marco che mi diceva che si era ammalato di peste. Il cuore mi si gelò nelle vene ed, in un certo momento, non riuscii neanche più a respirare. Voleva dire che il mio sogno era stata una premonizione .Mi precipitai casa di Marco, c'era un'atmosfera triste e cupa... la mamma mi accompagnò nella sua stanza: era sdraiato, pallido, sembrava essere in fin di vita... mi avvicinai con gli occhi gonfi dalle lacrime e con un filo di voce mi disse <<Marco aiutami, non voglio morire>>. Sentite quelle parole tornai a casa, corsi nello studio, aprii il cassetto della scrivania di mio fratello e trovai una pomata con l'etichetta: guarigione peste, in quel momento i miei occhi si illuminarono dalla gioia. A quel punto presi il telefono e chiamai il medico più esperto di Londra, che era stato il migliore amico di mio fratello, e quando rispose dissi <<Giovanni, sono il fratello di Andrea Mazzotti, il medico morto in quel famoso incidente d'auto>>. Disse <<Ah sì, mi ricordo benissimo di te...cosa posso fare per aiutarti?>> Gli risposi con trepidazione<<Credo che mio fratello abbia trovato la cura per la peste>>. Per un attimo non rispose poi mi disse quasi incredulo <<Non ci posso credere... sono da anni che cerco una cura per quella malattia, ma non ci sono mai riuscito! Vieni nel laboratorio di analisi dell'ospedale Charing Cross Hospital credo che tu lo conosca, era dove lavorava anche tuo fratello. Cerca di fare in fretta, se la cura è giusta potremo salvare molte vite!>>. Risposi <<Arrivo subito Giovanni!>>. Mi precipitai all'ospedale e con Giovanni andai nel laboratorio di analisi. Analizzò attentamente per circa un’ora la pomata che mio fratello aveva composto, dopodiché si girò verso di me e mi guardò per un momento .I suoi occhi sembravano lucidi e rigonfi, stava quasi per piangere e, con voce incredula ed eccitata allo stesso momento , mi disse <<Credo che Andrea abbia trovato la cura...>>. In quel momento scoppiai a piangere ma mi ripresi quasi subito e Giovanni aggiunse <<Però è pur sempre una cura sperimentale e non sappiamo se funzionerà, dobbiamo provarla su qualcuno anche se non sappiamo le possibili conseguenze...>>. Attesi un attimo e poi pensai immediatamente a Marco, sapevo che era pericoloso, ma volevo provarci e così dissi a Giovanni <<Il mio migliore amico si è ammalato giorni fa e voglio assolutamente salvarlo, ma dobbiamo avere il consenso di sua madre>>. Giovanni mi disse <<Possiamo provarci!>> 2 Così uscimmo dall'ospedale e andammo spediti a casa di Marco, appena entrati raccontai alla madre la situazione e lei subito mi diede il consenso, perché aveva piena fiducia in me... Giovanni entrò nella camera di Marco, era ancora più pallido di come lo ricordavo l'ultima volta e le sue labbra erano diventate ormai viola .Giovanni prese la pomata e la mise sulla pustola che si era creata sotto l'ascella. Subito non successe niente e sembrava che la pomata non facesse effetto .Aspettammo per tre o quattro giorni finché guardammo la pustola ed il suo volume era diminuito tantissimo, inoltre Marco aveva ripreso il colorito roseo della sua pelle e le labbra erano tornate rosse come un tempo. Io e Giovanni ci guardammo felici e scoppiammo tutti in un immenso pianto di gioia .Nel giro di pochi giorni la pomata era sul mercato e i casi di peste notevolmente diminuiti .Un pomeriggio andai al cimitero a salutare mio fratello e pensai <<Andrea se non ci fosse stato il tuo libro e i tuoi appunti non avremmo mai potuto salvare la vita a così tante persone...>>. La primavera successiva mio fratello dopo un anno dalla sua morte vinse il premio Nobel per la Medicina. Dopo questo evento meraviglioso ero fiero di me perché avevo saputo nonostante le avversità e l'inesperienza portare a termine il compito che il destino mi aveva affidato. PROGETTO EMERGENZA ITALIANO Il racconto corre sul web. Dalla parola alla narrazione 3