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Guida al Folklore,
alla Gastronomia, agli Itinerari
turistici ed alle
Manifestazioni
CHIAROMONTE
ed i suoi dintorni…
Realizzazione della Pro Loco “LE TORRI” con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale di Chiaromonte
INFO: [email protected]
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COME ARRIVARCI
- Per chi proviene dall’Autosole: Autostrada A3 SA—RC uscita Lauria Nord, proseguire sulla S.S. 653
“Sinnica”, fino all’uscita Francavilla S.S. - Chiaromonte (Km 32), proseguire sullala S.P. n° 4 del Pollino
(Km 7) seguendo le indicazioni.
- Per chi proviene dalla S.S. 106 “Jonica”: uscita Senise nei pressi del Centro E.N.E.A. “Trisaia”,
proseguire sulla S.S. 653 “Sinnica” fino all’uscita Francavilla S.S. - Chiaromonte (circa Km 40), poi
proseguire sulla S.P. n° 4 del Pollino (Km 7) seguendo le indicazioni.
Per chi proviene dalla Valle dell’Agri: uscita Senise e proseguire sulla S.S. n° 92 fino ad immettersi
sulla S.S. 653 “Sinnica”(circa Km 15). Proseguire in direzione A3 SA-RC fino all’uscita Francavilla
S.S. - Chiaromonte (circa Km 16), poi proseguire sulla S.P. n° 4 del Pollino (Km 7) seguendo le
indicazioni.
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LA STORIA
Chiaromonte è un centro di antica origine, situato in una splendida posizione panoramica a 794 Mt. s.l.m.
Il paese sorge sulla dorsale fra i fiumi Sinni e Serrapotamo, nell’Appennino Lucano e su di un’altura
chiamata Catarozzolo (nome di sicura origine greca).
Secondo alcuni studiosi il nome deriva da “Mons Clarus”, che significa “Monte Luminoso”, denominazione
adatta per la sua posizione geografica. Secondo altri, invece, deriva dalla Signoria Normanna dei Clermont,
che la ressero come feudo dopo il sec. XI.
Il primo agglomerato d’insediamento, risalirebbe all’età del ferro, come alcuni documenti ed enciclopedie
affermano, e come testimoniano molti reperti rinvenuti ove ora sorge l’abitato. Solo a partire dal sec. IX a.c.,
le necropoli attestano una continuità di vita legata alle più fiorenti attività economiche. I reperti funerari,
rinvenuti in contrada S. Pasquale, quasi esclusivamente di bronzo, fanno pensare ad una comunità agricola
chiusa. Nella necropoli di Tempa Angari sono stati rinvenuti, accanto a terrecotte locali di buona fattura,
oggetti metallici provenienti da produzione etrusca e greca dei secoli VIII e VII, fra cui un tesoro
appartenuto ad una principessa. Tutti questi reperti sono ora conservati nei musei di Policoro, Taranto e
Metaponto, in attesa di completare il Museo Antropologico comunale.
Fra i ritrovamenti tombali, è particolarmente famosa la “Lucerna di Korus”, oggetto bronzeo di lusso, di
provenienza greca. Altrettanto importante, dal punto di vista storico, è l’anfora a figure rosse (Kantharos
gianiforme attico a figure rosse), parte di un ritrovamento tombale che sembra costituire l’ultima
testimonianza di individui enotri di alto rango che, nel sec. V, abitavano l’antico centro. Tali prestigiosi
corredi evidenziano l’intensità di traffici commerciali con i greci e gli etruschi e, di conseguenza,
l’importanza storica del centro.
Cittadina fortificata fin dal sec. VII, la fortezza principale fu distrutta dal console Crasso durante la guerra
servile guidata da Spartaco dal 73 al 71 a.c.; il paese vanta i resti di accurate fortificazioni, che attestano la
sua trascorsa potenza.
Fu presa dai Longobardi e poi dai Bizantini.
L’impianto del centro odierno va fatto risalire all’età medioevale; esso, infatti, doveva possedere già una
certa consistenza allorché nel sec. XII divenne feudo di Roberto il Normanno assumendo come sede di
contea quel preminente ruolo politico – amministrativo che gli fu proprio anche nei secoli successivi.
Il primo conte di Chiaromonte fu Ugo I detto “Monocolo”, proveniente da Clermont in Val d’Oise in
Francia.
E’ interessante notare che nello stemma di Chiaromonte e in quello di Chiaramonte Gulfi (Ragusa), fondata
da altri della stessa famiglia di Ugo, figurano cinque monti. Questo autorizza a supporre che i cinque monti
dello stemma raffigurino, come alcuni scrivono, cinque monti del territorio chiaromontese.
La vasta contea di Chiaromonte, che si estendeva da Policoro a Castelsaraceno, ebbe a lungo giurisdizione
sui paesi del Medio Sinni e Frido e da essa mosse la colonizzazione e la fondazione di insediamenti agricoli
in parte sostenuta dai feudatari laici, in parte dall’Abbazia di S. Maria del Sagittario e della Certosa di S.
Nicola
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Fu sempre nel corso del medioevo che il borgo assunse le caratteristiche di terra murata tramite la
trasformazione dell’antica roccaforte in vero e proprio castello e la costruzione della potente cinta muraria
dotata di tre porte, che racchiudeva un alto numero di abitanti.
Distrutta da un terremoto nel sec. IX, fu ricostruita nel sec. X dai Normanni, che ne fecero il centro feudale
più importante del territorio sul bacino del Sinni.
Nell’età feudale appartenne alle famiglie dei Chiaromonte (Clermont) e dei Sanseverino di Bisignano.
Questi ultimi, divenuti poi potenti nel regno delle Due Sicilie, rivolsero i loro interessi lontano da
Chiaromonte, trascurando moltissimo il feudo.
Nel fiorente periodo feudale, “Clarus Mons” era definito “Il signore delle valli”, dominando, in senso
orografico ed economico, le due aree. Ancora oggi, il centro storico mantiene la struttura medievale
composta da tre cinte, di cui restano tracce risalenti al sec. XIII, nel Parco Torri della Spiga sulla parte più
alta del paese, nonché “u’ Purtiell”, che segna la cinta muraria esterna ed anche l’unica porta, delle tre, una
volta esistenti.
Le case ben tenute e con cornici sporgenti o rientranze, per lo più hanno forma di parallelepipedi o di cubi.
Quasi sempre è rispettata la geometria, ossia la corrispondenza degli elementi situati a destra e sinistra della
linea centrale dei fabbricati.
Anche le case più povere sono disposte seguendo il criterio che privilegia il misurarsi con l’ambiente
circostante, l’ordine, la regolarità, l’allineamento esatto delle facciate lungo le strade che non consentono il
traffico delle macchine.
Durante il periodo napoleonico Chiaromonte era sede del Giudicato del Circondario di Lagonegro e divenne
inoltre sede di Mandamento, di Ufficio Postale, di Ufficio di Stazione dei Carabinieri, di Delegazione di
Pubblica Sicurezza, di Carcere Mandamentale. Al censimento del 1862 la popolazione del comune era di
3240 abitanti. Storicamente Chiaromonte ha sempre fatto parte della Diocesi di Anglona-Tursi, nonché è
sede estiva del Vescovo della stessa. (Approfondimenti in Appendice)
I SITI ARCHEOLOGICI
Battifarano - Tre confini: zona di influenza greca con probabili resti d’insediamento e cinta fortificata.
L’area è stata identificata ma non ancora sottoposta a campagne di scavo. Vi sono stati rinvenuti
monili, monete, vasi, oltre a frammenti architettonici (resti di colonne, elementi laterizi, ecc.).
Sembra comprovata l’esistenza in località Battifarano - Tre Confini di un nucleo abitato
fortificato che in età greca fece parte della “proschoros” di Siris, mentre l’individuazione di una
necropoli di analoga datazione, situata nei pressi del Sinni, fa pensare a una presenza insediativa
estesa a livello territoriale.
S. Rocco: zona di influenza pre-greca con necropoli identificata e sottoposta a campagne di scavo.
S. Pasquale: zona d’influenza pre-greca con necropoli identificata.
Centro storico: in Piazza Umberto I° è stata recuperata una sepoltura del sec. IV - III a.c.
Area Sacra: nella zona di nuova espansione è stata rinvenuta una zona che ha restituito oltre duecento
statuette votive, numerose monete del periodo ellenistico e un cartiglio bronzeo.
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C’E’ DA VEDERE
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PERCORSO A: P.zza Garibaldi (Chiesa Madre) - U’ Purtiell - Convento di Ventrile Mulino Pietrapica - Scala Magnano (Romitorio) - Sagittario.
Piazza Garibaldi è il classico punto di ritrovo per tutti i cittadini del paese. Situata nel cuore dell’abitato,
anche se piccolina, accoglie tutti i forestieri che arrivano a Chiaromonte.
La Piazza è stata da poco rinnovata, e per l’ennesima volta ha cambiato la sua immagine. La fontana
centrale, le aiuole semicircolari ed i muretti che fungono da panchine, la rendono particolarmente vivibile.
Di contorno alla piazza ci sono il Palazzo Costanza ed il Palazzo Donadio, entrambi restaurati ed entrambi
conservano il loro passato splendore. Sono residenze private e quindi un’eventuale visita deve essere
concordata con i proprietari.
Proprio di fronte ad essi si erge la Chiesa Madre del sec. XII - XIII, dedicata a S. Giovanni Battista.
Anche questa costruzione è stata recentemente restaurata per ridargli la sua antica luminosità interna, nonché
la sua splendida immagine di Chiesa Madre. Durante il restauro è stata depauperata dei marmi dell’altare
maggiore, a causa di un sacrilego furto.
La Chiesa insiste su una costruzione più antica: alla base del campanile è visibile un pezzo di cornice con
una iscrizione medioevale.
E’ una struttura a tre navate con campanile ad impianto medioevale, che ha subito radicali trasformazioni nel
tempo. Nell’interno conserva un Crocifisso d’argento del sec. XVII, le tele dipinte ad olio: Madonna del
Rosario (sull’ingresso della Sagrestia), attribuita ad Aniello de Lardello del sec. XVI (nella parte inferiore al
centro del dipinto è visibile, dietro alle di S. Francesco e S. Chiara, l’immagine dei Signori che hanno
commissionato il quadro stesso, così com’era uso fare all’epoca), e sul lato opposto, la Decapitazione di S.
Giovanni Battista e il Purgatorio del sec. XVIII, oltre a diverse sculture lignee risalenti allo stesso secolo.
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Madonna del Rosario
Decapitazione di S. Giovanni Battista
Sempre all’interno della Chiesa, durante i recenti lavori di restauro, è venuta alla luce una lastra di pietra, che
era la lapide di chiusura della tomba di un prete, sepolto all’interno della stessa chiesa. Sulla lapide, esposta
all’ingresso della sagrestia, sono riportate le seguenti parole: FATVM SVSTOLLIT SACERDOTI
CVNCTA MVNERA A.D. 1574. I lavori di restauro, inoltre, hanno scoperto delle tombe di alcuni vescovi,
che durante i secoli passati sono morti a Chiaromonte, che era sede estiva della Diocesi. Una lapide ne
ricorda i nomi e le epoche in cui, presumibilmente, sono deceduti. Tra l’altro, uno dei corpi, è custodito in
una teca, proprio dietro la lapide, mentre un altro è tumulato sotto l’altare della Madonna del Rosario, ma un
esame accurato, ha rivelato che è impossibile recuperarlo, poiché è stato tumulato nelle fondamenta
dell’altare stesso. I veri gioielli della Chiesa sono una statua lignea del sec. XIII, ed ai suoi piedi il corpo
mummificato del Beato Giovanni da Caramola, che era un suo fervente devoto (ulteriori notizie in
Appendice), nonché l’originale dell’Officio medioevale manoscritto in onore del Beato stesso.
Statua lignea di Basilissa Lactarius
Corpo del Beato Giovanni da Caramola
Uscendo dalla Chiesa Madre, e scendendo verso sinistra si può raggiungere in brevissimo tempo,
passeggiando per i vicoli dell’antico rione, U’ Purtiell, ovvero l’unica porta ancora esistente della vecchia
cinta muraria. Anch’essa recentemente restaurata, riesce, ora a rendere assai bene l’idea della sua antica
importanza per la cittadina dell’epoca.
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U’ Purtiell’
Impianti sportivi
A questo punto, dopo una piccola passeggiata, immersi nei profumi della intatta natura, ci si reca presso l’ex
carcere mandamentale, oggi centro culturale e sede di una mostra permanente su Chiaromonte. La struttura,
che conserva la sua naturale disposizione logistica, viene anche utilizzata per realizzazioni teatrali, Archivio
Storico, e centro Convegni.
Proprio di fronte all’ex carcere vi sono gli impianti sportivi, tutti moderni ed all’avanguardia. Ogni estate
sono meta di ritiri collegiali di squadre di calcio provenienti un po’ da tutto il Meridione d’Italia; e nelle
immediate vicinanze sorge l’Ostello, una delle strutture ricettive del paese, costruito proprio sopra una delle
più fresche e copiose fontane, di cui Chiaromonte è particolarmente ricca: la Fontana del Tuvolo.
Antica Fontana del Tuvolo
Resti del Convento Cistercense di Vantrile
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Il percorso ora necessita dell’utilizzo di un mezzo di trasporto, così da potersi recare a visitare luoghi fuori
paese. Prima tappa Convento di Vantrile.
A ridosso dell’uscita Valle Frida, sulla S.S. 653 “Sinnica”, si trovano i resti di questo convento, fondato dai
monaci Cistercensi dell’Abbazia del Sagittario, e ne rappresentò una diretta dipendenza. Attualmente è in
completo abbandono, ma ancora oggi è facile capirne la sua magnifica bellezza ed imponenza.
Continuando a salire sulla S.P. n° 4 “del Pollino”, previo contatto preliminare con i proprietari, è possibile
visitare e vedere all’opera l’unico Mulino ad acqua ancora esistente, sito in C/da Pietrapica.
Proseguendo sulla stessa strada si arriva in C/da Scala Magnano, e qui è d’obbligo una sosta per visitare il
Romitorio del Beato Giovanni da Caramola, ovvero il luogo dove egli, insieme ad alcuni confratelli, visse
per un certo periodo di tempo. L’ambiente non è altro che una casetta diroccata, all’interno della quale è
possibile scorgere i giacigli di paglia e pietra, le suppellettili di quella che era una umilissima dimora, abitata
da uomini dediti quasi esclusivamente alla preghiera ed alla meditazione. Uomini per cui il cibo era quasi
una forma di peccato grave.
Particolari dei resti del Romitorio del Beato Giovanni da Caramola
Nei pressi del Romitorio è stato costruito un rudimentale altare, su cui viene celebrata la Messa il 26 Agosto,
giorno della commemorazione del Beato.
Per i più arditi è possibile incamminarsi lungo i pendii dei monti che circondano il Romitorio, e così
raggiungere la meta successiva: C/da Sagittario e la sua Abbazia, a circa 1000 metri di altezza, dove il clima
è sempre fresco. Se invece si vuole stare comodi, si riprende il mezzo e si continua a salire, seguendo la S.P.
4 fino a C/da Cropani, poi si seguono le indicazioni in loco, fino a raggiungere la piazzetta della carina
frazione montana.
Questa contrada immersa nel bosco di Magnano, è abitata da poche famiglie, tutte ospitali e generose verso
chi viene per visitare le bellezze naturali e paesaggistiche. Su un lato della piazzetta si erge il rudere del
campanile dell’Abbazia Cistercense di S. Maria del Sagittario. Fondata nel sec. XII dai conti di Chiaromonte,
svolse un ruolo autonomo e fondamentale all’interno dell’organizzazione socioeconomica territoriale
dell’area, in virtù dei poteri e dei vasti domini di cui venne a disporre nel tempo, a seguito delle donazioni
elargite. Nel 1807, con le leggi eversive della feudalità e l’incameramento dei beni ecclesiastici del demanio,
fu soppressa decadendo rapidamente nelle strutture architettoniche. Attualmente, nelle sue adiacenze, è stata
costruita una piccola chiesetta, che vive il suo momento più bello il 22 Agosto, in occasione dei
festeggiamenti della Madonna del Sagittario, cui è dedicata.
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PERCORSO B: Villa comunale - Monumento ai caduti - Palazzo Di Giura e Parco privato
- Catarozzolo - Parco Torri della Spiga.
Ad est dell’abitato, si trova la Villa comunale, dove i più piccoli possono giocare e divertirsi in tutta libertà
godendosi gli attrezzi ludici di cui è fornita. Proprio all’estremo orientale del parco, nei pressi della graziosa
fontana a getto variabile, che si illumina nelle ore serali, è stato scoperto un cippo commemorativo in onore
di un illustre e indefesso cittadino, che la barbarie nazista ha privato della vita in giovane età, solo perché
ligio al suo dovere ed al suo giuramento: Mar. Antonio POZZI M.A.V.M. (vedi personaggi celebri).
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Villa comunale
Dopo questo riposante inizio, si comincia a salire per raggiungere un’altra villa, quella del Monumento ai
caduti della grande guerra.
Questo è uno dei luoghi più belli dell’intero paese. E’ una sorta di ovale con corsie laterali che chiudono su
di un corridoio centrale, tutto è contornato da alberi inframezzati da ricostruzioni di ordigni bellici, proprio
per sottolineare la finalità del luogo. Da qui è possibile perdere lo sguardo a 270° per ammirare la parte
lucana del massiccio del Pollino e la media Valle del Sinni con i suoi affluenti, i monti Raparo e Sirino e la
Valle del Serrapotamo, la diga di Montecotugno e la frazione S. Uopo (ulteriori notizie in Appendice),
nonché Tempa Angari. Nelle giornate di cielo terso è possibile scorgere in lontananza il mare Jonio del golfo
di Taranto.
Portone d’ingresso sovrastato dallo stemma con motto
Annessa alla struttura principale vi è una torre circolare sovrastata da un guelfo merlo, e sotto la finestra che
dà su Via Giovanni Di Giura (è una delle tante strade dedicata a discendenti della nobile famiglia.), è
collocata una lapide che ci ricorda questo patriota:
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Il Palazzo ed il Parco, di recente sono stati inseriti, dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali, in un circuito
turistico, per cui viene aperto al pubblico in periodi prestabiliti. In periodi diversi, è visitabile previo contatto
con i fiduciari dell’attuale discendente della dinastia. All’interno è custodita una collezione di arte cinese.
Seguendo le mura del Palazzo e del relativo Parco, si arriva in quella che oggi è chiamata Piazza Mercato,
ma che un tempo aveva veramente funzione di mercato. In tempi ormai andati, in questo spiazzo veniva
allestita la fiera degli animali, soprattutto in occasione delle feste patronali di Giugno e di Agosto. Oggi che
si è di molto ridotta l’abitudine di allevare animali domestici, o comunque di servirsi di loro, la fiera ha perso
completamente il senso della sua esistenza, e così, già da un po’ di anni, la fiera degli animali non si tiene
più. In quegli anni, quella che oggi è un locale adibito a ristorazione, è stato prima una sorta di ambulatorio,
e poi la sede di quello che oggi chiameremmo Centro per l’impiego. Per diversi anni ha visto la desolazione
dell’abbandono, per poi essere recuperato e trasformato.
Anche da questa piazzetta lo sguardo stenta a trattenersi dall’ammirare lo splendido panorama che gli si
offre. Oltre a diversi piccoli centri rurali della zona: Fardella, Teana, Caldera, Castonuovo di S. Andrea,
Roccanova e S. Arcangelo, si ammira sullo sfondo la bellissima catena di Sella del Titolo, di nuovo la Valle
del Serrapotamo, ma da altra angolazione, nonché la frazione Battifarano:
Qui si trova una vasta tenuta della famiglia Di Giura. In questa contrada vi è la loro residenza
estiva: Villa Torre Albineta, nonché la Cappella privata dei baroni dedicata a S. Andrea
d’Avellino, nella cui cripta sono sepolti tutti i loro defunti. Nello spiazzo antistante, fino a pochi
anni fa era presente una originale e precisa meridiana, che però l’incuria ed il trascorrere del
tempo hanno distrutto. Di fronte alla cappella si estende uno splendido viale sterrato, racchiuso
da due filari di alti e rigogliosi cipressi. Alla fine dello stesso si trova il Belvedere, ovvero un
poggio su cui sono stati ricavati tre panche in cemento ed un tavolo centrale. Al centro del
tavolo, è ancora visibile il foro in cui veniva immessa l’asta per far sventolare la bandiera con i
simboli ed i colori gentilizi; anche da questo punto il panorama è impareggiabile.
Il percorso continua seguendo la cinta muraria del Palazzo Di Giura, ed inerpicandosi giunge alla sommità
dell’abitato, sul monte Catarozzolo. Qui si è a oltre 800 metri di altezza. Ci si trova circondati da alti
cipressi, adiacenti a diversi ripetitori Tv e telefonici, che forse disturbano il paesaggio, ma un qualche prezzo
alla modernità bisogna pagarlo. Da qui lo sguardo può abbracciare il panorama a 360°, e godersi le bellezze
fa dimenticare le imperfezioni dovute ai tralicci. Nello stesso punto è ubicato il Ripartitore del comune,
ovvero il punto di raccolta dell’acqua potabile, che poi viene divisa in altri tre sottodepositi, situati a sud, est
ed ovest dell’abitato.Da qui il percorso prosegue per raggiungere forse il punto più bello di Chiaromonte, o
perlomeno quello che è più ricco di testimonianze storiche: il Parco Torri della Spiga.
Torre della Spiga vista da sud-est
Ottava torre: Particolare dell’interno
Adiacente all’ottava torre è stata scoperta una “Neviera”, ovvero il congelatore del medioevo. Si tratta di una
grotta non molto profonda, all’interno della quale, durante l’inverno, veniva accumulata la neve, che era
abbondante in queste zone, e la stessa, poi durante i periodi più caldi dell’anno, serviva per conservare le
derrate alimentari. In questo spiazzo, quasi sicuramente era ubicato il convento dei frati Carmelitani, che poi
sono stati i fautori della stessa neviera. A riprova di ciò vi è il nome che il popolo ha dato al luogo: U’
Comment. Ad indicare il convento dei frati, oppure un luogo, che può essere una piazza, dove si facevano i
commenti ai fatti accaduti .
Una degna chiusura del percorso proposto è la visita alle Cantine, ovvero vere grotte scavate nella roccia,
dislocate lungo tutta la cinta del paese e ben distribuite a varie esposizioni di luce ed umidità. Praticamente in
tutte queste si conserva ancora oggi un ottimo vino, i cui proprietari, a volte, sono orgogliosi di far degustare.
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Ingresso di una cantina
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Particolare interno
PERCORSO C: A zonzo per il centro storico.
Partendo da Piazza Garibaldi e seguendo Corso Vittorio Emanuele si ci si rende subito conto che le bellezze
che attendono il visitatore saranno un giusto prezzo per la fatica che lo aspetta. Le strade si mostrano da
subito con la loro consueta ridotta dimensione, cosa che evita anche di dover fare attenzione ad un
improbabile traffico automobilistico.
Via Vittorio Emanuele: com’era
com’è
La prima costruzione che colpisce è il Palazzo Vescovile. Un tempo sede estiva dei Vescovi della Diocesi di
Tursi, che trascorrevano le loro vacanze lontano dai posti malarici dei calanchi di Tursi e venivano a godersi
il fresco della collina. Come già detto, hanno lasciato una testimonianza i corpi di alcuni vescovi che hanno
finito la loro esistenza terrena proprio a Chiaromonte, durante il periodo di vacanza, e sono stati sepolti nella
Chiesa Madre, come testimonia la lapide esposta in loro onore. Su uno dei portoni vi è una lapide che ricorda
la inaugurazione e vi è cesellato lo stemma ecclesiastico. E’ sede dell’Istituto di Scienze Religiose “S.Andrea
di Avellino” con annessa biblioteca.
Alla fine del Palazzo Vescovile una volta si trovava una della porte d’ingresso della città, che oggi è
ricordata solo dal nome del luogo:”U’ Mur’ da Port”, ed adiacente vi è il Palazzo degli Uffici.
Chiaromonte è stato il primo comune della Basilicata del II dopoguerra a dotarsi di un moderno Palazzo Municipale,
grazie alla capacità dei suoi amministratori, anche se sono stati facilitati dalle particolari circostanze politiche del
momento.
I lavori furono appaltati nel 1952 con il ricavato della vendita del taglio di alberi nei boschi di Magnano e di Pollino.
L’idea è maturata nel 1950, anche se già nel 1884, l’ing. Pisani aveva redatto un progetto ad hoc, che però venne
approvato solo nel 1915. Ma solo nel 1950 si passò veramente a parlare di costruire il Palazzo, che venne eretto con
tecniche allora sconosciute per gli artigiani del tempo: scheletro in cemento armato, solai prefabbricati, ecc.
La scelta di ubicarlo nell’attuale posizione, in una scarpata scoscesa dove c’era una bottega di maniscalco, portò a
sacrificare la porta medievale, ma allo stesso tempo costrinse i costruttori ad erigere un formidabile muro di sostegno
che servì anche per consolidare la parte di paese soprastante.
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Nelle immediate vicinanze si può vedere il Palazzo Di Giura in tutta la sua maestosità (vedi riferimenti nel
Percorso B).
Palazzo Di Giura
Piazza Caprera
Seguendo Via Tenente Allegretti, ci si avvia verso il cuore del centro storico del paese, e quindi nei vicoli
più reconditi dell’abitato. Alcuni di questi vicoli hanno scorci panoramici di ineguagliabile bellezza.
Ad ogni angolo ci sono persone, che con la loro innata disponibilità e gentilezza rendono i vicoli meno
solitari di quanto appaiano.
Le fresche fontane sono le costruzioni più frequenti che si riesce a trovare, e magari d’estate sono anche le
più ricercate.
In un baleno si arriva in Piazza Caprera, ovvero uno slargo, in cui le case sembrano saltarci addosso, che in
realtà sono solo caratteristiche costruzioni rimaste fedeli alle tipologie costruttive dei tempi passati
Continuando a salire si arriva alla Collegiata insigne di S. Tommaso Apostolo.
Nata nel sec. XIV, come cappella della fortezza, solo successivamente è stata ceduta al clero. Di recente
restaurazione, è stata riaperta al culto l’08/08/2005 con una solenne funzione ufficiata da S.E. Mons.
Francesco Nolè prelato della diocesi di Tursi – Lagonegro. Come detto, inizialmente era la cappella della
fortezza, di ciò è testimone il ponte che collegava l’adiacente Castello, e che permetteva, soprattutto alla
principessa, ed al suo corteo di
Ingresso della Collegiata di S. Tommaso Apostolo
Fonte battesimale
damigelle, di accedere alla cappella per le funzioni religiose, senza dover necessariamente uscire dal castello,
e comunque senza farsi vedere dai popolani. Attualmente il passaggio è stato murato, proprio per dividere i
possedimenti della Curia da quelli della Sovrintendenza.
Tra le sue campane ve ne è una del 1500, e tuttora riesce a far sentire la sua “voce”. L’interno contiene il
cinquecentesco altare maggiore d’arte barocca, in marmo policromo ad intarsio proveniente dalla distrutta
Abbazia cistercense di Santa Maria del Sagittario, un crocifisso ligneo del sec. XIII, due tele dipinte ad olio,
appartenenti alla scuola di Luca Giordano del sec. XVII, raffiguranti la Purificazione e la Madonna in
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gloria con angeli e santi, nonché una fonte battesimale lignea del sec. XIV. Nel locale interno, adiacente al
campanile, verrà, prossimamente, organizzato un museo ecclesiastico con tutti gli oggetti di cui le due chiese
maggiori di Chiaromonte sono dotate: vesti talari, calici, libri, messali, ecc.
Proprio di fronte alla Collegiata è eretto il Castello dei Sanseverino - Bisignano, attualmente in restauro.
Edificato sulla sommità della collina nel sec. XIV, è stato adibito,
fino agli anni ottanta, ad orfanotrofio. Il castello conserva poco dell’originario impianto fortificato ed ha
assunto l’aspetto di un palazzo baronale. Nei livelli inferiori erano ubicate le stalle per i cavalli, la prigione
per i delinquenti, e le stanze segrete, per i nemici più feroci.
Adesso il percorso diventa molto più facile, le salite sono finite e si scende verso il vecchio centro
dell’abitato: Piazza Umberto I° , detta anche “A’ Chiazzolla”.
E’uno spiazzo rustico, tutto circondato da case di vecchia costruzione, come Palazzo Lauria: d’ispirazione
neoclassica, ha sulla facciata archi a tutto sesto, poggianti su pilastri di gusto raffinato. Gli elementi
compositivi non sono nuovi, ma dal ritmo sciolto degli spazi, danno l’impressione di un dinamico avanzare
della struttura architettonica verso chi guarda. Proprio sotto il Palazzo Lauria sorge la Cappelletta
dell’Immacolata, detta anche di S. Maria Melfitana, poiché si ritiene che la statua lignea della Madonna ivi
custodita, provenga da Melfi. Costruzione gentilizia della famiglia Caprarulo, del sec. XVI è stata
recentemente restaurata e resa vivibile, dopo decenni di completo abbandono.
A ridosso della cappelletta c’è il Palazzo Caprarulo, per anni sede della Gendarmeria, tant’è che viene
detta anche Caserma Vecchia, e subito a seguire, sorge il Palazzo Dolcetti, in cui è custodito un antico
manoscritto sulla storia dell’Abbazia del Sagittario, con annessa la Cappella gentilizia S. Antonio da
Padova. Seguendo Via Francesco Leo si arriva proprio dinanzi al Palazzo Leo, altra nobile e storica
famiglia chiaromontese, i cui discendenti oggi vivono in altre parti d’Italia.
Il Palazzo custodisce ingente documentazione familiare, ma di grande interesse storico, vista la grande
attività svolta dagli avi della casata, tra cui l’avvocato Francesco Leo a cui è dedicata la strada che si sta
seguendo.
La costruzione è composta da un blocco a tre piani unito al corpo principale da un giardino pensile. Dopo
l’androne, attraverso due rampe contrapposte, si accede ad un ballatoio con tre archi che consente, da un lato
l’ingresso all’ala del palazzo attraverso la quale si arriva al giardino prensile, e dall’altra ad un immenso
salone interno.
Palazzo Lauria
Palazzo Leo – Il portone
Adesso ci dirigiamo verso Piazza Garibaldi dove potremo ammirare la maestosità del Palazzo Donadio e del
Palazzo Costanza. Entrambi di recente restauro, fanno bella mostra di sé, a circondare
ed a custodire la
Piazza.
Ci avviamo lungo Corso Vittorio Emanuele e subito dopo giungiamo ad un vero fiore all’occhiello di
Chiaromonte: Il Centro visite intitolato a Mons. Alfredo Vozzi.
Questa costruzione originariamente era destinata a Carcere Mandamentale, ed ha ricoperto questo ruolo fino
all’apertura dell’altro carcere, sito nei pressi degli impianti sportivi. Successivamente l’Amministrazione
comunale ha pensato bene di restaurarlo e di cambiare uso e destinazione, così oggi può essere usato per
punto di incontri, conferenze, proiezioni, ma soprattutto ospita le sede del WWF. Nel suo interno sono state
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ricostruite, molto fedelmente diorami rappresentanti momenti di vita degli animali che abitano il Parco
Nazionale del Pollino, oltre che una vera e propria raccolta di esemplari della flora del Parco. Al piano
superiore, invece, vi sono bacheche con esemplari di insetti, oltre che una esposizione di utensili contadini e
popolari in genere, che una volta si usavano nella case e nelle campagne della zona.
Centro visite “Mons. A. Vozzi” – Sede zonale WW
Dopo questo bellissimo tuffo nella natura, il nostro cammino riprende, ma si ferma quasi subito. A pochi
passi dal Centro visite, si trova la “Crangia”. Originariamente era il centro raccolta della produzione
agricola dei frati Cistercensi di S. Maria del Sagittario, i quali, prima trasferivano i loro prodotti, attraverso
un latteodotto, fino al Convento di Ventrile, nei pressi di Francavilla S.S. (vedi particolari nel percorso A), e
successivamente li trasferivano in questa sorta di silos, affinché potessero essere custoditi, nonché venduti, e
trattati come meglio si credeva.
Grancia
Sede del Giudicato
Il giro per il centro storico è quasi alla fine. L’ultima tappa è il punto religioso per antonomasia. Quello in
cui tutti i cristiani si fermano per pregare e rivolgere il loro pensiero al Signore: Il Calvario.
Il pomeriggio del Venerdi Santo, dopo che tutta la popolazione ha accompagnato la Veronica e il suo Figlio
morto, per le vie del paese, lungo tutta la Via Crucis, ci si ritrova in questo luogo a pregare ed a meditare.
Subito dopo si accompagna la Madonna e Gesù morto nella chiesa Madre, e si resta in veglia di preghiera
fino a tarda ora.
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
MANIFESTAZIONI CULTURALI - SACRE - FOLK
- 1 / 1 - Festa del Bambin Gesù, con processione religiosa;
- Martedì grasso - Carnevale chiaromontese con cortei in maschera e
successiva rappresentazione, in vernacolo, della “morte di Carnevale”;
- 3° Sabato di Maggio - Sagra del Sambuco, a cura della Pro Loco e dell’Amministrazione comunale, con
degustazione di prodotti esclusivamente a base di Sambuco;
- 22 / 5 - Fiera di S. Uopo, con processione religiosa e serata civile con gruppo musicale e fuochi pirotecnici;
- Corpus Domini - Processione religiosa, con infiorata in diversi punti del centro storico;
- 13 / 6 - Festa di S. Antonio, con processione religiosa;
- 24 / 6 - Festa della nascita di S. Giovanni Battista (Santo Patrono), fiera, processione religiosa, e serata
musicale;
- prima decade di Agosto - Agglutination Metal Festival (Concerto di musica Heavy Metal),
è uno dei
pochissimi in Italia;
- 12 /8 - Festa della Madonna delle Grazie in C/da Pietrapica, con processione
religiosa, e serata musicale;
- 14 / 8 - Sagra “lagane e fasul”, a cura dell’Amministrazione Comunale, degustazione di
pasta casereccia con fagioli, serata danzante;
- 15 / 8 - Festa della Madonna dell’Assunta con processione religiosa;
- 18 - 19 / 8 - Festival della Musica e delle Tradizioni Popolari, a cura della Pro Loco e
della
Amministrazione Comunale, nello scenario del Parco Torri della Spiga;
- 22 / 8 - Festa della Madonna del Sagittario, processione religiosa e serata musicale;
- 29 / 8 - Festa patronale di S. Giovanni Battista, fiera, processione religiosa, serata musicale e fuochi
pirotecnici;
- Nel mese di Agosto si tengono varie altre manifestazioni che variano di anno in anno e che completano il
calendario dell’”E...state a Chiaromonte”;
- Terzo sabato di Settembre - Fiera del Catarozzolo;
- Terza Domenica di Settembre - Festa della Madonna della Pace, con processione religiosa;
- Agosto / Settembre - Itinerario guidato tra le caratteristiche cantine scavate nella roccia;
- Prima Domenica di Ottobre - Sagra dell’uva;
- 8 / 12 - Festa di “Spurtusa vutt’ “ ovvero dell’apertura delle botti per assaggiare il vino della recente
vendemmia;
- Primo e Terzo Giovedì del mese - mercato rionale.
Permane, anche se in piccola parte, la tradizione dei pellegrini di seguire le processioni a piedi scalzi, mentre
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si rafforza l’usanza di portare in processione, soprattutto in quelle del Santo Patrono, “i cirji”, ovvero delle
impalcature di legno rivestite di candele votive, oppure di spighe di grano, a ringraziare il Santo per il voto
fatto o per il raccolto che si è fatto o che si deve fare. Questi addobbi vengono portati sia dalle donne che
dagli uomini, sulla testa, a passo della tarantella locale detta “montagnola” o di altri balli popolari suonati da
zampogne e organetti, e normalmente aprono la processione.
Un’altra tradizione che permane, è la “ritenna”, ovvero quella di scambiarsi l’opera lavorativa in campagna.

ARTIGIANATO
L’attività artigianale è limitata a piccole aziende, che lavorano soprattutto nel settore dei servizi, come
edilizia e carpenteria metallica. Più limitato è l’artigianato di produzione, che comunque è praticamente
circoscritto a produzioni di derivati da agricoltura e pastorizia: formaggio, vini, salumi, olio, miele. Negli
ultimi anni sta avanzando anche la produzione di pasta fresca, tant’è che sono nate due aziende che lavorano
in maniera artigianale. Per ora la produzione è piuttosto limitata, ma dimostrano tutte la capacità di poter
crescere.

GASTRONOMIA
I piatti tipici della gastronomia chiaromontese sono da riportare prettamente alla cucina popolana. Fra tutto
spiccano i “raskatiell de mischiglio”, un piatto che risale a tempi antecedenti l’unità d’Italia. La pasta viene
preparata con un misto di farina di legumi e cereali (fave, ceci, orzo), che in rapporto di 1 a 3 viene aggiunta
alla farina di semola.
Raskatiell’ de mischiglio
Fusilli con la mollica fritta
Questo tipo di preparato, costituiva un’alternativa alla solita pasta a base di sola semola, ma soprattutto
permetteva anche al popolo di mangiare la pasta. All’epoca il grano prodotto era moneta di scambio per
ottenere soldi, o altri tipi di prodotti alimentari, così, visto che la farina di sola semola doveva essere
risparmiata, pur di mangiare pasta fresca, si è passati a “tagliare” le dosi, e si è aggiunto alla farina di solo
grano, anche quella derivata dalla macinazione di cereali e legumi, che tra l’altro sono anche molto ricchi di
fibre. La pietanza va condita con sugo di pomodorini cotti molto poco (circa 15 minuti), ed al sugo possono
essere aggiunti pezzi di peperoni freschi. Alla pietanza classica si sono unite delle varianti che prevedono
cacio e peperone macinato, oppure foglie di alloro fritte e condite con olio di oliva extra vergine.
Un’altra pietanza prettamente chiaromontese sono i “fusilli con la mollica fritta”, ovvero un altro tipo di
pasta casereccia condita con peperone macinato e spolverata con mollica di pane casereccio fritto in olio
bollente ed aglio.
A queste due pietanze di sicura origine chiaromontese, si uniscono altri preparati comunque sempre di ottimo
sapore e sempre ottenuti da prodotti strettamente paesani, o come si dice oggi, biologici. Si può spaziare da
“fagioli e cotiche” al “pane cotto”, dai buonissimi salumi agli ottimi formaggi di pecora o capra, per
completare con funghi, il tutto bagnato con un ottimo vino rosso dal colore ciliegia e dall’aroma molto
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particolare.
Tra le curiosità culinarie, vi è ancora la tradizione di preparare cibi particolari in concomitanza di alcune
festività religiose: “i cicirielli” per S. Giuseppe (un misto di cereali e legumi bolliti); “tagliolini con il latte”
per l’Ascensione; “i piccillet” per la Pasqua (ciambelle di pane che possono essere sia dolci che salate).

PERSONAGGI CELEBRI
Tra i personaggi più famosi della storia passata e contemporanea di Chiaromonte, i componenti della
famiglia Di Giura ricoprono un ruolo fondamentale, per ciò che hanno fatto ai loro tempi e per ciò che
hanno lasciato ai posteri. Il primo in ordine di tempo è:
 Giovanni Pasquale Michele: nasce a Chiaromonte il 03/05/1776; dottore in legge, da giovane si
schierò col movimento repubblicano, e piantò l’albero della libertà, per la qual cosa fu condannato alla
confisca dei beni ed alla detenzione nella Torre annessa al Palazzo Di Giura; una lapide ne ricorda
l’evento e la persona.
 Giosuè: nato da Giovanni e da Pollice Maria nel 1805, anch’esso dottore in legge, fece parte dei moti
carbonari del 1848, e per questo venne processato e condannato a 7 anni di carcere, parte della
condanna la scontò a Nisida e a Procida.
 Giovanni: figlio di Giosuè, nel 1860 aderì al Comitato dell’Ordine e partecipò ai moti insurrezionali di
Agosto. Nello stesso anno venne nominato Sottoprefetto e contribuì alla cattura i Borjès, cosa che gli
valse l’assegnazione della Croce idi Cavaliere di S. Maurizio e Lazzaro, nonché la nomina a Prefetto.
 Gerardo Giosuè: nacque a Potenza il 30/10/1859 da Giovanni e da Giuseppina Branca, sposò Albina
Ricco Nicotera, dama di Iª classe dell’Ordine di S. Sepolcro. È iscritto nel Libro d’Oro della Nobiltà
Italiana con il titolo di Barone, e successivamente venne nominato Cavaliere Mauriziano e
Commendatore della Corona d’Italia. Si prodigò a favore delle famiglie dei Caduti della Grande
Guerra.
 Domenico: fu un illustre professore alla Facoltà di Legge dell’Università di Napoli.
 Ludovico Nicola: fratello di Giosuè e di Domenico, fu Ufficiale Medico di Marina, e si imbarcò sulla
Torpediniera Ettore Fieramosca della Regia Marina. Signore di sofisticate conoscenze letterarie che
accompagnava a due passioni, viaggiare ed imparare le lingue. Sbarcò in Cina verso la fine del 1800 e
vi rimase per circa trent’anni, durante i quali si integrò completamente con il popolo cinese. Imparò
perfettamente la loro lingua che gli servì per tradurre in italiano “Racconti fantastici di Liao”, opera di
Pu Songling, pilastro della letteratura d’epoca Ming. Curava i poveri, ma fu anche chiamato a vegliare
sulla salute dell’Imperatrice, e successivamente, alla morte di lei, su quella del figlio Pu Yi. Tra i poteri
che gli venero concessi, era uno dei pochissimi occidentali ad avere accesso alla Città Proibita. A ciò
vennero aggiunte diverse onorificenze e privilegi, ma su tutto la nomina di Mandarino di Prima Classe.
Intorno al 1930 decise di ritornare in Italia e precisamente nella sua Chiaromonte, dove continuò la sua
opera di traduttore, tant’è che nel Palazzo Di Giura sono custoditi diversi testi tradotti dal cinese, ma
soprattutto testi che Ludovico Nicola portò con se dalla Cina.
 Giovanni: figlio di Gerardo, nato il 06/01/1893 a Roma, ma ha sempre tenuto stretti i contatti con
Chiaromonte, dove veniva a trascorrere i mesi estivi. E’ stato Amministratore del Banco di Roma e
residente dell’Ente Italiano per gli Scambi Teatrali; Ispettore Onorario ai Monumenti; Presidente della
“Dante Alighieri”; Cavaliere del Lavoro; Accademico dell’Istituto di Studi Romani; accademico
Casentino. Si è spento il 30/01/1989.
Tutti i resti della famiglia Di giura sono sepolti nella cripta del Cappella privata nella frazione Battifarano di
Chiaromonte.
Altri personaggi celebri e storicamente impegnati sono:
 Leo Francesco: nato a Chiaromonte il 26/03/1811 da Emanuele, si laureò in giurisprudenza.
Guidato dal suo spirito liberale, partecipò ai moti contro i Borboni, fondando il Circolo
Costituzionale di Chiaromonte, ed organizzando gli arruolamenti per Campotenese. Ricercato ed
arrestato dalla polizia borbonica, venne condannato a sette anni di ferri che scontò tra Potenza,
Nitida e Procida. Nel 1860, non potendo partecipare di persona all’Unità d’Italia, inviò due suoi
figli: Emanuele ed Enrico tra le fila garibaldine. La sua grande modestia, più volte lo ha portato a
rifiutare le varie cariche istituzionale che gli vennero offerte. Tra le sue passioni più grandi vi era la
poesia, che coltivò fino ai suoi ultimi giorni di vita, lasciandoci liriche di elevato valore, con le quali
riuscì a raccontare soprattutto i suoi momenti più duri della carcerazione. Morì nel 1864 debellato da
un morbo.
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Francesco Leo
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Cippo commemorativo a Pozzi Antonio
Leo Edoardo: nato il 12/02/1858 da Francesco, fu eletto Consigliere Provinciale di Basilicata nel
Mandamento di Chiaromonte. Fu Presidente della Deputazione Provinciale, commendatore della
Corona d’Italia e Sindaco di Lagonegro, dove esercitava la professione di avvocato.
Vicario Carlo: nato nel 1858 fu giurista e letterato. Consigliere e poi Procuratore della Corte dei Conti.
Ricoprì la carica di Amministratore della Stampa periodica italiana, e la rappresentò durante la visita di
Vittorio Emanuele II a Parigi. Fu Sindaco della Banca d’Italia e sposò Maria Mazzini, cugina diretta del
più famoso Giuseppe Mazzini tra i fautori dell’Unità d’Italia.
D’Ursi Vincenzo: valente architetto, costruttore della Casa Rosada e del Palazzo del Congreso
Nacional in Argentina, fu nominato Cavaliere della Corona d’Italia nel 1912, nonché insignito di due
medaglie al merito dal governo argentino.
Allegretti Ten. Giovanni: Caduto per la causa nazionale nella grande guerra, fu onorato dal Podestà
Ludovico Nicola Di Giura, con l’intestazione di una strada.
Santomartino Ten. Leonardo: caduto per la causa nazionale nella grande guerra, gli è stata dedicata
una strada.
Pozzi Antonio: sottufficiale dei Carabinieri, appartenente a banda armata operante nel fronte della
resistenza, si distingueva per attività, coraggio ed alto rendimento nella disperata lotta contro
l’oppressore. Arrestato dalla polizia nazifascista, fu condannato a morte, pena eseguita il 31/12/1943. di
questo suo martire Chiaromonte ne ricorda l’eroica fine intitolandogli una strada, ed ultimamente
erigendo un cippo nella villa comunale.
Viviano Gen. Giovanni: nato a Chiaromonte il 20/12/1904, partì volontario per la Libia ove fu ferito
e decorato di medaglia d’argento. In seguito ha partecipato alla Guerra di Spagna ed alla Campagna
d’Africa, riportando tre croci al valore. Ha combattuto in Montenegro, guadagnandosi l’ordine Militare
d’Italia, deportato in Germania, vi restò prigioniero per tre anni. Nel suo ultimo periodo di servizio è
stato Comandante di Reggimento nella Divisione “Legnano”. Nel 1982 è stato nominato Generale, ha
ricoperto la carica di Sindaco, durante la quale ha fatto in modo che l’attuale Ospedale Civile muovesse
i primi passi. E’ morto ad Anzio il 17/03/1988.
Vozzi Mons. Alfredo: nato a Chiaromonte il 21/12/1905 da Giuseppe e Teresa Di Pierro. Ordinato
sacerdote nel 1928, si laureò in Teologia Dogmatica all’Università Gregoriana di Roma; insegnò
filosofia scolastica nel Seminario Diocesano di Ascoli Piceno. Ha ricoperto la carica di Rettore del
Pontificio Seminario Regionale di Potenza, fino a quando non è stato consacrato Vescovo, carica che
ricoprì nella Diocesi di Cava- Sarno. Ha partecipato al II Concilio Vaticano, fu Amministratore della
Diocesi di Nocera. E’ stato nominato Arcivescovo di Amalfi, e nel 1973 è stato onorato del Sacro
Pallio da Papa Paolo VI. Nel 1982, per sopraggiunti limiti di età, si è ritirato a Chiaromonte dove ha
continuato ad essere “Maestro della verità che salva”, e dove si è spento, nel cordoglio generale, il
21/02/1988.
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Generale Giovanni Viviano
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Mons. Alfredo Vozzi
CHIAROMONTE IN CIFRE
Abitanti: 2100;
Superficie: Kmq 7058;
Altitudine: mslm 794
CAP 85032
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NUMERI UTILI
Municipio 0973571002 Centralino
Centro visite “Mons. Vozzi” Corso Vittorio Emanuele 0973642338
Carabinieri 0973571125
Ospedale 0973641111 Centralino
0973641224 Pronto Soccorso
0973641207 Guardia Medica
Farmacia 0973571045
Ufficio Postale 0973571022
Banca Meridiana 0973571223
Banca Popolare del Materano 0973642371
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STRUTTURE RICETTIVE
Hotel Ricciardi - Via Calvario 0973571031
Agriturismo “Arcomano” - C/da Fiego 0973571129
Agriturismo “Costa Casale” - C/da Vito 0973642346
Agriturismo “degli ANGARI” - C/da S.Uopo 0973642089
Affittacamere “La Grotta” - Via Francesco Leo,15 0973571380
Ostello Chiaromonte - C.da S. Rocco 0973642369
Ostello Pietrapica - Info presso centro visite “Mons. Vozzi”

LUOGHI DI RITROVO
Ristorante “La Selva” - C/da Scala Magnano 0973574036
Ristorante “La Coccinella” - C/da S. Pasquale 0973642347
Pizzeria “La Villetta” - C.so Garibaldi 0973642362
Pizzeria “La Torre” - P.za Mercato
Bar Paninoteca “Ex-Hibeo” - Via A. Spaltro 0973571004
Pub “Dia Tribe” - Largo dell’Area Sacra
Bar “Black Box” - P.za Garibaldi 0973571080
Bar “Mimmo’s Cafè” - P.za Garibaldi
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APPENDICE

APPROFONDIMENTO STORICO
Nel 1660, l’Apprezzo Gallarano citava: “ si entra nella terra di Chiaromonte per tre parti serrate de mura
antiche, ove formano da parte in parte alcuni torrioni tondi, et torri quadre ad uso antico de mura per detta
antichità sono in molte parti rovinate, et cascate, ma l’assise di detta Terra et l’apprezzo de la maggior
parte sopra pietre vive, et unione di case viene a formare una Terra forte, che con poca gente si possono
difendere da moltitudine grande de nemici”.
In quel periodo, Chiaromonte contava circa 760 abitanti, avendo avuto una notevole riduzione a causa di una
forte epidemia, come riporta lo stesso Apprezzo.
Tra i sec. XVII e XVIII , la configurazione e l’impianto urbano dell’odierno centro storico, avevano
raggiunto le dimensioni e le articolazioni odierne, sulla base di una stratificazione antica e complessa. Nella
seconda metà del sec. XI, nell’abitato, situato su un rilievo orografico tra il Sinni ed il Serrapotamo, si forma
una signoria feudale che determinerà per molto tempo l’assetto non solo dell’area circostante, ma anche
dell’ampio territorio gravante intorno al fiume, fino alla costa Jonica.
A seguito della suddivisione feudale, consolidatasi tra i “miles” al seguito degli Altavilla, a Chiaromonte si
insedia una famiglia che estende ben presto il proprio controllo su tutti gli abitati di un vasto territorio
delimitato dal massiccio del Pollino, dalla costa Jonica, dalla direttrice congiungente i monti Sirino e Raparo
ed infine, ad est, dal fiume Cavone.
I Chiaromonte, dividono con i Macabro di Montescaglioso, l’onere della difesa e del controllo di tutto l’arco
Jonico, suddiviso tra le due signorie, nell’ambito di un preciso impianto militare sviluppatosi con il
Guiscardo, e finalizzato ad organizzare la difesa del territorio da possibili attacchi provenienti dal mare per i
quali gli avversari erano individuati nell’Impero d’Oriente e nel sempre più aggressivo espansionismo
musulmano.
Nel momento di massima espansione territoriale, la signoria di Chiaromonte, nelle varie articolazioni
familiari, seguite alla morte di Ugo, il primo detentore del feudo, comprende gli abitati di: Poliporo,
Scanzano Jonico, Senise, Rotondella, Noja, Latronico, Castronuovo S. Andrea, Calvera, Teana, Episcopia,
Carbone, S. Martino d’Agri, Rotonda, Cersosimo, Castelsaraceno, S. Chirico Raparo, Ginosa.
Nel territorio della circoscrizione feudale, insiste buona parte della diocesi di Tursi ed alcune della più
importanti comunità monastiche italogreche, benedettine e francescane della Basilicata medievale: I
monasteri greci di S.Elia a Carbone, S.Angelo al Raparo, S. Maria di Cersosimo, la comunità benedettina di
S. Maria del Sagittario e, dopo il passaggio del feudo ai Sanseverino, il convento francescano di Senise e la
Certosa di S. Niccolò in Valle a Francavilla.
L’origine dell’insediamento della famiglia nell’abitato lucano è avvolto nella leggenda e ben presto si
afferma il tentativo di nobilitarne le origini, cosicché il capostipite, Verelando, è presentato come diretto
discendente dei Carolingi. Già nel 1220 Papa Onorio III suffraga la ascendenza carolingia in un documento
sottoscrittoa favore di Federico Chiaromonte. Nella successione feudale seguita a Ugo, si distinguono
Alessandro e Riccardo, fieri oppositori di Ruggero Borsa e poi crociati; Albereda, coniuge di Riccardo
Siniscalco; Alessandro II e Riccardo II, sostenitori dell’imperatore Lotario, contro Ruggero II; Riccardo III,
grande benefattore del monastero di S. Maria di Cersosimo e fedelissimo di Federico II che lo nomina
Giustiziere della Basilicata; Riccardo IV, schieratosi con Papa Gregorio IX nella congiura di Capaccio contro
Federico II di Svevia; Riccardo IV, oppositore di Manfredi e sostenitore degli Angioini; Giacomo , con il
quale, dopo la prematura morte del figlio Ugo, si estinse l’ascendenza maschile dei Chiaromonte in
Basilicata.
Un ramo della famiglia nel sec. XII si insedia in Sicilia ove i Chiaromonte, specie dopo i Vespri Siciliani,
divengono una delle famiglie più potenti dell’isola, alleata ora con gli Aragonesi, ora con gli Angioini.
Estintosi il ramo lucano, il nome si tramanderà soltanto nella progenie siciliana.
A Chiaromonte l’ultimo esponente maschile della famiglia sarà Ugo V, che morirà nel 1319 senza eredi
maschi. A questi succede la sorella Margherita, consorte di Giacomo Sanseverino, Conte di Tricarico,
esponente di un’altra grande famiglia feudale di origine normanna.
La figura di Margherita è strettamente legata alla vicenda del monaco del Sagittario: Beato Giovanni da
Caramola (vedi in Appendice), le cui virtù taumaturgiche, secondo la leggenda, avrebbe permesso alla
nobildonna di garantire la successione al coniuge. I tre figli maschi di Margherita e Giacomo, con un’accorta
politica matrimoniale, oltre a mantenere il controllo di Tricarico e Chiaromonte, conseguiranno le contee di
Potenza e Montescaglioso. La presenza dei Sanseverino segnerà per molti secoli le vicende dell’ampia
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contea il cui baricentro, si sposterà già nel sec. XIV nella più popolosa e meno isolata confluenza tra il Sinni
ed il Serrapotamo.
Il dominio dei Sanseverino su Chiaromonte e la sua contea cesserà soltanto con la eversione della feudalità
attuate dalla legislazione murattiana agli inizi del sec. XIX. Nella seconda metà del sec. XVIII i Sanseverino
riuscivano ancora ad avere un vasto controllo sul territorio e sull’economia cittadina, incamerando le rendite
provenienti dalle ampie giurisdizioni feudali detenute.
All’affermazione del controllo militare ed economico sull’area e alla centralità politica e sociale della
famiglia comitale è legata anche la vicenda urbanistica dello stesso abitato di Chiaromonte. La forte
espansione dell’abitato in epoca normanno-sveva è strettamente dipendente dalle fortune e dal ruolo della
famiglia comitale.
Per il periodo romano vi è la testimonianza di una forte contrazione dell’abitato, determinato dalla profonda
modifica dell’assetto del territorio.
Le popolazioni residenti, si spostano, man mano, verso i grandi insediamenti, dove si riescono a sfruttare
con più razionalità le risorse rurali, agricole e silvopastorali.
L’insicurezza delle campagne, determinata dalle invasioni barbariche, ma soprattutto dalla lunga guerra
goto-bizantina e della discesa nel Meridione dei Longobardi, avviano un processo di arroccamento delle
popolazioni rurali sui rilievi orografici, meglio difendibili. Le popolazioni ritornano agli antichi siti, dove
resti e ruderi dell’antico abitato rendevano facilmente disponibili materiali da costruzione. La probabile
presenza di resti di precedenti cinte murarie, facilitavano, altresì, la perimetrazione difensiva.
Negli ultimi secoli del primo millennio, Chiaromonte, si presenta come uno dei più importanti centri della
Valle del Sinni, tra l’altro a controllo di un asse viario che garantiva il transito verso la Valle dell’Agri lungo
una direttrice trasversale alla catena appenninica. A controllo dell’ampio territorio, i Longobardi, avevano
formato una circoscrizione militare e politica: il Gastaldato del Latinianon.
L’attuale configurazione del centro storico di Chiaromonte, si presenta come un impianto urbano formatosi
con più aggiunte, vari ampliamenti e abbandoni, conseguenti alle vicende sociali, politiche, militari e
catastrofi naturali. Il paese sorge su un rilievo chiamato Catarozzolo a circa 800 metri di altezza, ed è una
delle creste che divide la valle del Sinni da quella del Serrapotamo. La parte verso questo fiume è piuttosto
scoscesa, mentre si presenta molto più dolce sul verante che scende verso il fiume Sinni. Proprio questa
minore accentuazione del pendio, ha determinato lo sviluppo dell’abitato sul versante sud-ovest, ovvero
verso il fiume Sinni.
L’insediamento dei Chiaromonte nella seconda metà del sec. XI, avviene in un organismo urbano già
formato e complesso, che non corrisponde certamente all’attuale sviluppo del centro, racchiuso nella cinta
muraria ancora leggibile.
L’articolazione e l’estensione del centro storico non possono essere ricondotti solo alla fase normanna, ma
sicuramente contengono anche una fase pre-normanna, dalla quale si avvia l’ampliamento dei sec. XI e XII,
oltre che una ulteriore fase tardomedievale, che si riconduce al periodo della signoria dei Sanseverino.
Il tessuto urbano di Chiaromonte evidenzia una anomalia: l’apparente vuoto dell’edificato in un’area
delimitata dalla cinta muraria e comprendente la sommità del Catarozzolo e l’eccentricità del castello rispetto
alla sommità orografica del paese, attualmente occupata dal Ripartitore dell’acqua. I due elementi sono
interpretabili: il primo come una parte dell’abitato più antico, abbandonato a seguito di eventi naturali ed il
secondo come il sito del castello della fase sanseverinesca, forse anche normanna, ma certamente diversa dal
sito del fortilizio appartenente alla fase longobardo-bizantina.
Il versante verso il Serrapotamo è comunque perimetrato dalla cinta muraria, i cui resti affiorano in più punti
nella direttrice che congiunge il Castello ed i resti di una torre circolare conservatasi a monte della spianata
del Parco Torri della Spiga. L’intera area, inclusa nella cinta medievale, domina dall’alto il sottostante
abitato verso il fiume Sinni e il Castello dei Sanseverino è collocato ad una quota molto inferiore rispetto alla
sommità del Catarozzolo stesso. Sulla base di questi elementi, tutti riscontrabili sul terreno, si può ipotizzare
che sulla sommità del Catarozzolo possa collocarsi il sito di un fortilizio Longobardo relazionato all’abitato
altomedievale esteso sul pendio sottostante e sui terrazzamenti immediatamente a valle sul pendio sud e sul
versante orientale del colle fino, e non oltre, la torre circolare a monte della spianata suddetta.
Questa ipotesi è suffragata da vari elementi. La sommità dei rilievi orografici intorno ai quali si organizzano
i centri medievali sono siti naturalmente vocati alla collocazione del fortilizio, intorno al quale si aggrega
tutto il tessuto urbano. La roccaforte, integrata nelle mura di cinta, garantisce la sopravvivenza dell’abitato, e
raccoglie tutte le opportunità offerte dal terreno atte alla difesa, prima fra tutte la posizione dominante
sull’abitato e sul territorio circostante.
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In questo caso, se il fortilizio longobardo corrispondesse al sito del castello sanseverinesco, si troverebbe a
valle della sommità del colle, ed anche a valle di un settore significativo del centro abitato da controllare e
difendere, ovvero il settore eretto, ma attualmente scomparso, sul versante orientale del Catarozzolo.
L’apparente anomalia inducono a pensare che tra i sec. XII e XV, vi sia stato il trasferimento di un fortilizio
eretto sulla cima del Catarozzolo, in un altro, ovvero dove si trova l’attuale Castello. A confermare questa
ipotesi vi sono resti, appena affioranti, di murature probabilmente tardomedievali, in prossimità dell’ingresso
del ripartitore idrico, e soprattutto una indicazione contenuta nell’attestazione del riacquisto del feudo fatta
nel 1612 da Don Carlo Sanseverino. L’attestato di compra-vendita, elenca nel patrimonio del feudatario, il
Castello distinto dal Palazzo. Da ciò è logico ritenere coincidente con un fortilizio localizzabile sul
Catarozzolo ed il secondo con quello che oggi è chiamato Castello. La costruzione più antica aveva funzioni
prettamente militari, la seconda aveva anche funzioni di residenza e di rappresentanza della famiglia.
Nell’organismo urbano ampliato tra i sec. XI e XII, la Chiesa di S. Tommaso si presenta come il più
importante polo religioso. Probabilmente l’attuale struttura è stata costruita su un esistente insediamento
normanno. L’ampliamento o la ricostruzione della chiesa sono ipotizzabili nei sec. XI e XII, sulla base di un
documento con cui nel 1226, Riccardo di Chiaromonte, Giustiziere di Basilicata, con Federico II, trascrive
un atto attribuito all’avo Ugone, che fonda e dota la chiesa. Altra conferma alla fondazione normanna della
chiesa proviene da una iscrizione segnalata da G. Percolo, in uno dei suoi libri, incisa su una campana, che
cita il monaco Luca del Cilento, artefice del manufatto. La chiesa venne notevolmente danneggiata dal forte
terremoto del 1857, e questo potrebbe essere stato anche il motivo dell’abbandono della parte sommatale del
Catarozzolo.
Come detto più volte, l’urbanizzazione di Chiaromonte si fonda su diversi livelli di terrazzamenti, su cui si è
costruito. Uno di questi è quello a sud dell’attuale Via Alighieri, è Piazza Umberto I° con la chiesetta di S.
Maria Melfitana, oggi chiamata dell’Immacolata Concezione; più sotto troviamo un altro terrazzamento su
cui sorge Piazza Garibaldi e la chiesa Matrice intitolata a S. Giovanni Battista. La chiesa è antecedente al
1700; ricostruita nel 1790, restaurata nel 1883 e nel 1855, per essere definitivamente riconsacrata nel 1869
dal Vescovo Acciardi, segna il limite dell’espansione del centro medievale.
All’interno della cinta si susseguono numerosi palazzi tra i sec. XVII e XVIII, che evidenziano il progressivo
ammodernamento dell’edificazione, ma sempre attuato all’interno del preesistente tessuto urbano medievale,
che rimane, così, praticamente inalterato.
Al sec. XVII appartengono il Palazzo Vescovile, la Chiesa di S. Antonio, Palazzo Lauria e Palazzo Costanza;
al successivo sec. XVIII appartengono il Seminario, ed i palazzi Dolcetti, Donadio, Breglia.
A valle della Chiesa di S. Giovanni Battista, l’individuazione della perimetrazione è resa problematica
dall’accavallarsi degli addossamenti alla cinta realizzata dalle costruzione del 1800 e di inizio 1900.
Andando dal Calangone verso “U’ Purtiell”, la cinta muraria coincide con i vicoli a sud di Via Mario
Pagano. A seguire, la cinta prosegue verso il Palazzo Vescovile per andare ad unirsi al resto della cinta
muraria alla fine dello stesso palazzo, dove una volta esisteva un’altra porta di accesso al settore urbano.
Il Seminario e Palazzo Vescovile, è una delle più importanti costruzioni del centro abitato. Nacque per essere
residenza estiva del Vescovo, e lo fu per diverso tempo. Non è chiaro se il Seminario, nato nel 1500, fosse
coincidente con l’odierno Palazzo. L’attuale costruzione è attribuita al Vescovo Bernardo Giustiniano tra il
1609 ed il 1616. Al Palazzo del Vescovo è stato poi aggiunto il Seminario nel sec. XVIII, che sarà
completato nel 1748 dal chierico Giulio Capace Scondito.
Dal Palazzo Vescovile, la cinta prosegue fino a raggiungere Palazzo Di Giura e l’annessa Torre, che anche la
meglio conservata di tutte.
Il Palazzo Di Giura è costruito a ridosso del versante occidentale delle mura, e parte della cinta muraria e
delle torri sono state inglobate nel grande giardino a terrazze, annesso all’edificio. In questo tratto le mura si
sviluppano con una linea pressoché retta, e seguono il pendio che volge sul Serrapotamo, fino a raggiungere
l’attuale Castello con l’annessa Chiesa di S. Tommaso Apostolo. Il prosieguo della cinta muraria, a questo
punto, diventa piuttosto intuitiva, almeno fino alla Torre D’Ursi, situata ai piedi del Catarozzolo, e segna
l’inizio del Parco Torri della Spiga. Questa torre si presenta sbrecciata, degradata dall’abbandono ed è
addossata ad alcune costruzioni molto più recenti. E’ un elemento di fondamentale importanza della
perimetrazione, poiché, quasi sicuramente, segna il punto di innesto tra il tracciato della cinta altomedievale
e quella della fase normanno-sveva. La conformazione del sito, l’andamento leggermente concavo della cinta
nel tratto successivo ed il convergere di alcune stradelle extraurbane verso l’area, indicano che
probabilmente vi era un’altra porta, appartenente alla cerchia muraria più vecchia. Questa torre si unisce,
tramite strutture murarie, ad una seconda torre circolare, e, proseguendo, si arriva alla Torre della Spiga.
Nella struttura muraria si vedono feritoie ed i fori dell’alloggiamento delle travi di sostegno di un piano
orizzontale.
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Qui la spianata del Parco, è pressoché un trapezio, dove quasi sicuramente era ubicato il Convento del
Carmine, proprio a ridosso della torre tonda. Il monastero è attestato dall’Apprezzo Gallarano nel quale è
brevemente descritto come una fondazione dei Sanseverino, ancora non completato e collocato poco distante
dal Castello. Queste indicazioni, unite al fatto che un monastero dovesse, necessariamente, avere un terreno
piano per essere costruito, inducono a ritenere che almeno una parte della spianata del Parco, fosse occupata
dal Convento del Carmine. Successivamente, quasi certamente a causa di tragici eventi naturali, la zona
venne abbandonata. Particolarmente gravi, per il paese, sono stati i terremoti del 1836 e del 1894.
Da qui il perimetro, ancora esistente, converge verso una struttura muraria formata da setti di notevoli
dimensioni congiunti e formanti un angolo molto stretto. La struttura è individuata dalla tradizione locale,
come un’altra torre, ma una attenta analisi permette di asserire che si tratta in realtà, di un edificio che,
sicuramente inglobava un’altra porta urbana. Da qui la cinta muraria segue il ciglio del Calangone fino a Via
Mario Pagano, per poi ricongiungersi con la Porta ancora esistente.
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MITI E LEGGENDE, TRA SACRA E PROFANO
- La Grotta del balzo
Sul versante orientale del paese si erge una collina, proprio a ridosso del Cimitero, la Tempa Angari. I suoi
pendii presentano diverse cavità, tutte più o meno accentuate, ma fra tutte ne spicca una: “A Grutt’ du Vauz”
(Grotta del balzo).
La grotta è piuttosto difficile da raggiungere, visto che bisogna inerpicarsi in una fitta boscaglia, orizzontarsi
con punti fissi sugli alberi e sul terreno, e quando si è nelle vicinanze, cercare di individuarla, nella parete di
roccia che ci è di fronte, e così raggiungerla. L’antro non è molto grande, circa 15 ÷ 20 mq, al suo ingresso vi
è un piccolo spiazzo che termina con un burrone sottostante, da qui il suo nome Grotta del balzo. Ed è
proprio su questo antro che si racconta una leggenda chiaromontese, che più volte i nonni hanno raccontato.
Attenzione la leggenda dice anche che tutto si può avverare solo se veramente ci si crede; se invece ci si
prova per curiosità la leggenda rimarrà tale.
Si narra che nella notte di Natale, quando nasce il Nostro Signore Gesù Cristo, durante al messa di
mezzanotte, nell’intervallo di tempo che intercorre da quando il sacerdote, durante l’Eucaristia, alza l’ostia a
quando alza il calice, il fondo della grotta si apra, per rendere accessibile un secondo e nascosto antro che
contiene mucchi di immensi tesori: monete, pietre preziose, ecc. Chi ha il coraggio e l’abilità di entrarvi, può
prendere tutto quello che vuole e che riesce a portare via, a patto che lo faccio in quel breve lasso di tempo,
altrimenti la grotte si richiude, e si è costretti a restare nella grotta fino al Natale successivo. Ma la leggenda
a questo punto si divide in due versioni.
Una versione dice che chiunque è riuscito ad entrare, a prendere ciò che riesce a portare via, ed a riuscire
prima della sua richiusura, può tenere tutto e tornarsene a casa per godersi il “raccolto”. Un’altra versione
dice che sia l’ingresso nella grotta, sia l’uscita, deve essere fatto con notevole scaltrezza e velocità, come
pure allontanarsi dal luogo, poiché si sente una moltitudine di voci urlanti che insegue chi ci ha provato.
Questi non ha altra scelta, se vuole godersi il tesoro, che correre a perdi fiato giù per la boscaglia, senza
girarsi indietro, non spaventandosi delle voci che lo inseguono. Se invece si fa prendere dalla curiosità o
dalla paura, e cedesse alla tentazione di girarsi, si ritroverebbe con un mucchio di ferraglia inutile, al posto
del tesoro.
Questa è la leggenda, ora crede o non credere lo lasciamo a voi.
- S. Maria del Sagittario
Di questa località ne abbiamo già parlato nel percorso A, ma adesso vogliamo approfondire la sua nascita.
In pieno Medioevo, i boschi intorno a Chiaromonte erano ricchissimi di selvaggina, e gli uomini la
cacciavano per la sola esigenza di sopravvivenza, ovvero nel pieno rispetto della natura.
Durante una di queste battute, un cacciatore, armato di solo arco e frecce (in latino la freccia è chiamata
Sagitta, da cui Sagittario), inoltratosi fino all’attuale luogo chiamato Sagittario, vide fra i cespugli un grosso
cervo. Preso la mira schioccò la freccia, la quale però arrivò sul cervo e cadde a terra senza procurare nessun
danno all’animale. Dopo un primo attimo di smarrimento, il cacciatore, sicuro di un suo errore riprovò a
colpire il cervo con un’altra freccia, ma il risultato fu lo stesso. A questo punto, il cacciatore cercò di
avvicinarsi all’animale, il quale si comportò come se volesse essere seguito, e così guidò quest’uomo fino ad
una nicchia nascosta dalla vegetazione, nella quale reperì la statua di una Madonna. Lo stupore vinse il
cacciatore, il quale cominciò a correre verso il paese per portare la notizia al Signore. Questi non appena
ebbe saputo del ritrovamento, organizza una sorta di processione, con personalità religiose, pellegrini e
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dignitari, e si recano sul luogo del ritrovamento, dove si accertano che la statua esista, e decidono di portarla
nella chiesa del paese, affinché tutti possano adorarla e pregarla.
La mattina dopo, però della statua non vi è nessuna traccia nella chiesa, e dopo pochi giorni la ritrovano nello
stesso luogo in cui era stata trovata. Da ciò capiscono che la Madonna ha desiderio di rimanere in quel luogo,
e così il Signore stesso ordina la costruzione di una chiesetta in onore della Madonna, che viene chiamata S.
Maria del Sagittario. Successivamente, adiacente alla stessa chiesetta, viene costruita un’abbazia con annesso
convento, che viene dato ai frati Cistercensi. Questi rendono la località un punto di riferimento per tutti i
contadini della zona, nonché rendono fertili e produttive le terre a loro assegnate dalla magnanimità del
Signore di Chiaromonte. In seguito la stessa abbazia verrà interessata dalla presenza di una figura che è cara
a tutto il popolo chiaromontese: il Beato Giovanni da Caramola.
- Beato Giovanni da Caramola
Pellegrino francese di Tolosa, sicuramente in Italia nel 1300 in occasione del primo Anno Giubilare. Dopo la
visita a Roma, decide di proseguire sul suo cammino di fede, e raggiunge Chiaromonte in Terra di Lucania.
Da subito si dimostra restio al contatto con le persone, per lui esiste solo la preghiera e la sofferenza fisica,
come espiazione delle colpe. Nonostante ciò le persone, mosse da compassione per il suo stile di vita,
cercano di prendere contatto con lui, almeno per portargli qualcosa da mangiare. Da questi primi timidi
contatti, il popolo si accorge che l’eremita ha notevoli doti taumaturgiche, che riottosamente utilizza per
guarire il prossimo. La voce ci mette poco a circolare per le terre limitrofe, e le valica senza troppa fatica,
così da più parti accorrono per farsi curare e guarire. Quando Giovanni si rende conto che la sua scelta di
eremitaggio rischia di perdersi, decide di lasciare il luogo in cui aveva costruito il primo rifugio di fortuna,
ovvero una capanna di foglie, che copriva una lastra di pietra che fungeva da letto. Il primo rifugio era
situato a ridosso del fiume Sinni, ed era chiamato S. Saba. Da qui si mosse e raggiunse Scala Magnano, dove
oggi sono visibili i resti del Romitorio, che lui stesso, aiutato da alcune altre persone che avevano intrapreso
la sua stessa missione di vita, eresse. ma anche qui i pellegrini non tardarono ad arrivare, e così decise di
spostarsi ancora, raggiungendo una località isolata, nelle vicinanze dell’Abbazia del Sagittario. Purtroppo gli
anni passano per tutti, e passando nelle condizioni in cui viveva il Beato Giovanni, gli acciacchi erano
accentuati. Malgrado la sua idea di isolamento, meditazione e preghiera, fu costretto a chiedere asilo ai frati
Cistercensi dell’Abbazia. Questi, accettarono, anche in virtù della fama che lo accompagnava, e così
divenne frate converso, altrimenti non avrebbe potuto vivere nel monastero.
Intorno al 1338, il Beato Giovanni, aggravò il suo stato di salute, e così, morì tra i Cistercensi, in odore di
Santità. Poiché all’epoca non esistevano i processi di beatificazione, fu eletto agli onori degli altari a furor di
popolo, anche se vi sono tracce della sua Santità in un libro dei Santi, rinvenuto in Inghilterra, che lo riporta
non come Beato, ma bensì come Santo.
Il suo corpo ha subito diverse traslazioni durante il corso dei secoli, fino a quando non ha trovato un po’ di
riposo nella Chiesa di San Giovanni Battista, cadendo nel dimenticatoio. Solo nel 2003, Don Vincenzo
Lofrano, ha iniziato un processo di “riesumazione” del corpo mummificato del Beato Giovanni da Caramola,
riportandolo alla devozione del popolo, dopo adeguati fasi di pulizia dai batteri del tempo, dalla polvere della
storia. Oggi è custodito in un apposito sarcofago del 1500, sul lato destro della navata centrale nella chiesa
Madre, ed il 26 Agosto viene festeggiato con una cerimonia religiosa, che serva a ricordare la sua vita.
- S. Uopo
A pochi chilometri dall’abitato, sulla S.S. 104 verso Senise, vi è la ridente, piccola frazione che prende il
nome da un santo, che da tempo immemorabile è venerato a Chiaromonte: S. Uopo.
In realtà si tratta di un santo che non trova una vera collocazione nei canoni della chiesa, è perlopiù un
personaggio venerato dalla religiosità popolare, che ancora oggi gli riserva un rilevante culto, anche se con
una intensità meno grande che in passato. Al santo è dedicata una chiesetta che nel corso dei secoli ha subito
diverse ristrutturazioni , che le hanno dato sempre nuova immagine; l’ultima ristrutturazione, negli anni ‘90,
l’hanno portata all’attuale architettura. Notizie sicure della costruzione risalgono al 1616.
Quest’uomo, venuto dal mare, si fermò nella contea di Chiaromonte, dove mise a disposizione di tutti le sue
capacità taumaturgiche. I documenti storici riportano guarigioni impossibili, di persone di diverso rango
sociale. La sua fama dilagò in tutta la contea, ed anche oltre, e questo portò a Chiaromonte un numero
sempre crescente di pellegrini. In virtù di ciò, alla sua morte, i cittadini di Chiaromonte, d’accordo con la
Signoria del momento, disposero la costruzione di una cappella. Ogni anno il 22 Maggio viene ricordato il
santo, con un mercato fieristico, la processione religiosa ed una festa popolare, piccola ma molto seguita dai
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pellegrini.
In realtà il nome Uopo non è chiaro se sia vero, o se l’idioma locale abbia apportato delle variazioni. Da
studi effettuati da un letterato locale, risulta improbabile tale nome, almeno nel comune di Chiaromonte,
mentre è molto più probabile che deriva da un paese limitrofo: Noepoli, e che il vero nome sia Euplo, che il
dialetto ha trasformato in Uopo. Vi sarebbe anche un’altra versione possibile: l’uomo avesse un nome
completamente diverso, ma sfruttando le sua capacità miracolose, i pellegrini lo abbiano chiamato Uopo,
derivandolo dal latino OPO che significa “Bisogno”, ovvero poiché gli si rivolgevano per ottenere favori
personali, ciò venne inteso come necessità personale.
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Le proprietà dei monasteri di Santa Maria del Sagitario e di San Nicola nella Contea di Chiaromonte: Dalla seconda metà del ’700 alla
soppressione napoleonica, in Bollettino della Biblioteca Provinciale di Matera - Stigliano G. - anno 12 - 1991

TCI Basilicata (Guide d’Italia) - Touring Club Italiano - 1998
E’ stata effettuata ricerca per i diritti delle immagini utilizzate.
A fronte di possibili errori ed omissioni, la Pro Loco “Le Torri” si scusa e si impegna a compiere le formalità previste per le riproduzioni delle quali
siano in seguito individuati gli aventi diritto
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