Il banco e l`inginocchiatoio Fantoniano dopo il restauro
Transcript
Il banco e l`inginocchiatoio Fantoniano dopo il restauro
FANTONI A PIAZZA Nel ricchissimo archivio della Fondazione Fantoni di Rovetta non ci sono documenti che provino l’attribuzione della parte centrale ad Andrea Fantoni, la cui bottega era stata chiamata a lavorare per la chiesa rimodernata a fine Seicento, realizzando il Cristo morto e la Madonna del Rosario, proseguendo rapporti iniziati nella seconda metà del secolo precedente. Ai Rovettesi infatti spettano il pulpito e la mostra dell’organo e forse l’altare maggiore. Questo, che ancora attende uno studio ed un restauro, anche se con modi più sbrigativi e rozzi rimanda ad opere della cerchia di Grazioso il Vecchio, come gli altari di Rusio, un tempo nella parrocchiale di Castione, o di Zone. Ci sono però i disegni citati in apertura e soprattutto lo stile che puntano decisamente in direzione di Andrea. Le proporzioni allungate ed i tratti sommari, appena sbozzati, i panneggi ammaccati delle due figurette del coronamento si ritrovano nei rilievi dell’altare del Rosario di Cerveno (1716) o, più ancora, nei rilievi del confessionale in santa Maria Maggiore (1704-05). L’angelo a destra del sedile, bellissimo e scattante, con il viso proteso , i telamoni che reggono il poggiamano, con le loro posizioni contrapposte, la stessa alternanza nella struttura tra specchiature geometriche, rilievo e figure a tutto tondo fanno parte del repertorio di Andrea all’apertura del secolo, quando con consapevolezza riprendeva il repertorio del padre, accrescendo la vivacità impetuosa dei decori e delle figure a scapito della maestosità architettonica e dando vito al suo inconfondibile linguaggio plastico. (E.Daffra) PARROCCHIA DI SAN MARTINO OLTRE LA GOGGIA PIAZZA BREMBANA - LENNA Il banco e l’inginocchiatoio Fantoniano dopo il restauro Tra il 2010 ed il 2011 grazie ad un contributo della Provincia di Bergamo il banco dei parati è stato restaurato da Luciano Gritti, sotto la direzione di Emanuela Daffra. UN PICCOLO CAPOLAVORO MALNOTO “L’eccezionalità [del bancale] sta inoltre nella novità clamorosa del rilievo che nel fogliame e nelle riquadrature intersecantesi a gioco libero, crea piani spaziali a uno a uno vitalizzati dalla luce ….. Si nota infatti come il percorso della luce… venga favorito con una novità di moduli addirittura, sembrerebbe, precorritori del Rococò: quali le asimmetrie evidenti del fogliame e della cornice più interna che ignora i limiti del contorno e liberamente si snoda vitale e impetuosa” Così scriveva Marco Lorandi nel 1978, in quella che resta, a tutt’oggi, l’unica riflessione storico artistica sul banco e sull’inginocchiatoio che oggi si impone con nuova forza sulla sinistra del presbiterio della parrocchiale. Nello stesso scritto il banco era posto in relazione con due disegni relativi alla parte centrale conservati presso la Fondazione Fantoni di Rovetta i quali, poiché mostrano soluzioni differenziate e in parte diverse da quella realizzata, sono probabilmente da intendersi come modelli da mostrare alla committenza, affinché potesse scegliere la variante preferita. TRACCE PER UNA STORIA ll recente restauro con le osservazioni che lo hanno accompagnato ha chiarito senza possibilità di equivoci che l’assetto attuale nasce dall’assemblaggio di parti distinte e non coeve e che dunque le asimmetrie citate dallo studioso sono frutto della casualità e non di un consapevole aggiornamento. Osserviamo l’insieme, composto da tre sedili, dei quali quello centrale è più ricco ed ha accostato sul davanti un inginocchiatoio: i tre seggi non sono allineati e le cornici li ornano sono diffe- renti e poste ad altezze diverse, tanto da eliminare qualsiasi impressione di continuità. Anche le sedute sono separate ed i braccioli intagliati che le affiancano non solo sono incongruamente raddoppiati ma hanno disegni dissimili come diverse sono le lesene che inquadrano il seggio centrale ed i laterali. Se poi ci si sposta agli intagli si distinguono tagli e riadattamenti, come nel postergale del sedile principale, evidentemente ridotto al centro. D’altro canto è da notare come le parti laterali, e solo esse, siano identiche al coro frammentario tuttora collocato nel presbiterio. Incrociando queste osservazioni con i dati documentari sull’edificio e sui suoi arredi possiamo capire come si sia giunti all’assetto attuale. La chiesa è fondazione antica, ma nei secoli fu più volte riparata e ammodernata. Nella visita pastorale del 1699 si parla di un ampliamento della zona presbiteriale allora in corso. La realizzazione dei sedili dovette essere di poco successiva a questo mutamento (nel 1712 si cita il coro ‘costruito di nuovo’). La conferma di una datazione nei primi due decenni del settecento è data da un confronto tra quanto resta ancora in situ ed il coro di Roncobello, firmato da un altrimenti sconosciuto Evaristo Milesi e datato 1722, identico nella concezione complessiva e fin nei dettagli dei capitelli, tanto da fare pensare ad un medesimo autore. Non sappiamo se e quando al centro di questo coro fosse poi posto il sedile fantoniano, che a sua volta, per confronti stilistici può essere datato intorno agli stessi anni. RESTAURI E’ molto plausibile tuttavia che il banco sia stato ricomposto nella sua veste attuale quando, tra il 1869 ed il 1873, l’antica parrocchiale venne ampliata e il presbiterio trasformato da poligonale in ottagonale. Per conferire unitarietà al mobile, dopo una violenta pulitura fu stesa sull’intera superficie una spessa patina scura, che dava al legno un tono ebanizzato, molto caro al gusto dell’epoca, e eliminava qualsiasi differenza tra le parti. Il restauro attuale ha recuperato dunque materiali diversamente segnati dal tempo, che non potevano essere semplicemente ricondotti ad un ideale ‘stato originale’, ma dovevano essere fatti convivere nel loro assetto odierno, equilibrando attentamente le puliture delle diverse parti, valutando le integrazioni e le mordenzature. Ora, pur non essendone disturbati, si percepiscono le differenze tra l’intaglio greve e semplificato dei sedili laterali e quello più scattante dei fogliami che, a cascata, scendono dai braccioli dello stallo centrale, le qualità del noce dorato usato per i telamoni e quello più bruno degli angeli: nelle sottili variazioni cromatiche, negli scarti dimensionali comprendiamo la complessa storia dell’oggetto ma ne apprezziamo anche la qualità esecutiva.