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Codice cliente: 8727381 32 Domenica 19 Febbraio 2017 Corriere della Sera # Cultura SETTE GIORNI DI TWEET I consigli di Massimo Caccia, pittore, fumettista e illustratore. Ai follower de @La_Lettura su Twitter da oggi quelli dello storico del pensiero Tullio Gregory. Domenica Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Jesse Jacobs, Safari Honeymoon. Allucinante luna di miele in una natura sconosciuta Bill Callahan, Dream River. Il mantra che mi accompagna quando dipingo Don McKellar, Twitch City. Geniale sitcom che ha dato inizio alla mia dipendenza da serie tv Francesco Biamonti Vento largo. Un viaggio su una linea di confine tra spazio e tempo Leos Carax, Rosso sangue. Sequenze che sono rimaste incise come cicatrici Serge Gainsbourg, L’Homme à tête de chou. Un genio che racconta la storia di un folle Chris Ware Building Stories. Frammenti di una vita chiusi in una scatola. Ancora da aprire Anticipazione Un quarto di secolo dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio, Gaetano Savatteri coglie in un saggio edito da Laterza un radicale mutamento di prospettiva La Sicilia che fa fuori Pirandello Letteratura e cinema, arte e moda superano gli stereotipi nel nome di una modernità glamour di Pierluigi Battista G aetano Savatteri è uno scrittore siciliano (di Racalmuto, la patria di Leonardo Sciascia) che ama la Sicilia e però detesta la montagna di stereotipi sotto la cui mole imponente la Sicilia rischia di rimanere schiacciata. Ama la letteratura siciliana ma paradossalmente non ne può «più di Verga, di Pirandello, di Tomasi di Lampedusa, di Sciascia, di Guttuso». E in questo suo pungente Non c’è più la Sicilia di una volta, pubblicato da Laterza, srotola un elenco sterminato di immagini e di luoghi comuni che dalla letteratura al cinema al giornalismo seppelliscono la Sicilia reale sotto quella del brand, del marchio, dell’ovvio: la Sicilia dei gattopardi, degli ominicchi e dei quaquaraquà, dei «marescialli sudati e dei baroni in lino bianco», di Sedotta e abbandonata e di Divorzio all’italiana e del Padrino con la scena finale al Teatro Massimo di Palermo, tra le note della Cavalleria rusticana, dei fichidindia e dei «quarti di manzo appesi alla Vucciria», di Ferribotte («Carmelina, ricomponiti!») e «delle lupe verghiane», dei paesi assolati a mezzogiorno, la piazza con il bar e il barbiere, le donne in nero, le persiane socchiuse, della lupara e della coppola, dei cannoli e dei caffè al veleno. Ma si sente anche il bisogno, scrive Savatteri 25 anni dopo la stragi di Capaci e di via d’Amelio dove sono stati trucidati con le loro scorte Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, di stabilire una distanza emotiva da un immaginario in cui sembra impossibile espungere il «piombo dei killer mafiosi», i morti ammazzati, le infiltrazioni della mafia, le mattanze criminali, la capitale di Cosa nostra. Non per dimenticare quella Sicilia, o per minimizzarla. Ma perché dentro quella coazione a ripetere si finisce con il non vedere più la Sicilia che si affranca dal suo stereotipo. Una Sicilia nuova, agganciata alle grandi tendenze della civiltà moderna e metropolitana. Savatteri la chiama addirittura «Trinacria glam». Ovviamente un’immagine impregnata di ironia e di autoironia ma che pure affiora nei film, nella moda, nei modi di mangiare, nella letteratura, nel sentimento pubblico. E che gli stessi siciliani, spesso prigionieri dello stereotipo oppure alfieri di un antisicilianismo di maniera, dove il pessimismo antropologico stinge nella posa, non riescono più a decifrare. Una Sicilia nuova che, anche qui sem- Visioni Mario Staccioli (Volterra, Pisa, 1937), La Piramide 38° Parallelo (2010, acciaio corten), Motta d’Affermo, Messina (foto Mario Laporta/Afp) bra un paradosso, si impone con il successo dei romanzi e dei racconti di Andrea Camilleri dove il commissario Salvo Montalbano persegue un crimine comune, semplicemente comune, e comunque non prevalentemente o esclusivamente di segno mafioso. «L’onorata società non è che non esista nelle trame» di Camilleri, ma senza indulgere nella rappresentazione, oramai consolidata e in talune espressioni più corrive persino pietrificata, di un «totalizzante impero del male». Una Sicilia che conserva il suo connotato tradizionale, ma esce da uno degli schemi narrativi più prepotenti. Così come, secondo Savatteri, il punto di svolta della storia cinematografica siciliana coincide con il grande successo di Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, quando il cinema cambia da essere racconto «sulla Sicilia» a racconto «dalla Sicilia», una storia dal significato universale che non si fa inghiottire dall’insularità culturale ma diventa messaggio che riguarda il mondo intero, come se nel piccolo cinema narrato da Tornatore si riflettesse la vicenda di un secolo che si è fatto attraverso il cinema, con quel tipo di cinematografo, con quella fauna umana, sicilianissima ma universalmente umana. E con il piccolo Totò Cascio che custodisce in una teca del suo ristorante di Contrada Calcara l’Oscar conquistato da bambino. Il pioniere Diritti degli animali: addio a Tom Regan di Leonardo Caffo S econdo Tom Regan, professore emerito alla North Carolina State University, ogni animale è soggetto di una vita: un’individualità dal valore intrinseco e inviolabile. Pioniere della filosofia animalista e leader di un intero movimento globale e pacifico, Regan si è spento a 78 anni: ci lascia in eredità alcuni dei libri più importanti di etica filosofica dell’ultimo trentennio; tra questi Gabbie vuote (Sonda, 2004) in cui sostiene che non basti ridimensionare il peso dello sfruttamento sugli animali da parte degli animali ma che sia necessario abolirlo del tutto. Regan, con Peter Singer, ha dato dignità accademica alla filosofia animalista e oggi, ogni ricercatore che lavori su questi temi, è in fondo un suo erede. © RIPRODUZIONE RISERVATA E in questi anni successivi alla data cruciale del 1992, ha voluto uscire dal luogo comune siciliano anche il cinismo straordinario e terribile di Ciprì e Maresco, con quel bianco e nero desolato, quelle canottiere unte, quel lardo umano miserabile e triste, quel maleodore che getta sullo spettatore un senso di sconfitta irrimediabile, arcaica eppure modernissima. O il teatro nuovo di Emma Dante, che chissà, come suggerisce Savatteri, forse vuole «uccidere Pirandello» e soprattutto il pirandellismo di maniera, e che con il suo lessico incomprensibile, reinventato come nella parlata di Camilleri, parla una lingua che alla fine capiscono tutti. E hanno fatto scalpore le narrazioni delle giovani scrittrici che parlano e scrivono spudoratamente di sesso, come Lara Cardella in Volevo i pantaloni e i Cento colpi di spazzola della giovanissima Melissa Panarello, che fece scandalo con il suo autobiografismo erotico non solo nella Sicilia arretrata e sessuofobica, ma anche nel perbenismo ipocrita del ceto intellettuale che alzò un muro contro la spregiudicata intrusa. Una Sicilia attraversata dalla politica cruenta e dal dolore raffigurati in un libro di Nadia Terranova come Gli anni al contrario. E uno scrittore come il palermitano Roberto Alajmo ha dovuto cimentarsi in romanzi come Repertorio dei pazzi della città di Palermo o come È stato il figlio, da cui Ciprì ha tratto un film con Toni Servillo, per imbattersi in figure di stravaganti, outsider ed eccentrici diversi, diversissimi da un’antropologia siciliana canonica, dove l’immaginario mafioso e mafiologico è praticamente assente. Savatteri cerca, con il suo fiuto di siciliano stanco della Sicilia degli stereotipi, di intercettare frammenti, segni, indizi di questa nuova «Trinacria glam», dove appunto il cool, il glamour prendono il posto del primitivo, del sanguinario, della bella isola rovinata, come si racconta in una celebre battuta di Johnny Stecchino con Roberto Benigni, nientemeno che dal «traffico». È la moda con Dolce e Gabbana che scelgono la Sicilia come location della loro pubblicità, con Monica Bellucci testimonial e le musiche di Ennio Morricone. Sono le cantine con i nuovi vini che «fanno tendenza», la birra artigianale «Minchia», il pane con la milza, pane ca’ meusa, che si mangia nei punti ristoro delle librerie Feltrinelli. Una Sicilia che esce a fatica dalla prigione dello stereotipo. Quasi moderna, addirittura «glam». L’autore Non c’è più la Sicilia di una volta di Gaetano Savatteri sarà in libreria giovedì 23 febbraio (Laterza, pp. 288, e 16) Savatteri (Milano, 1964: foto di Pietro Coccia/ Granata Images) è giornalista. Per Laterza ha pubblicato I siciliani (2005) e ha curato sia Potere criminale. Intervista sulla storia della mafia di Salvatore Lupo (2010) sia Il contagio di Giuseppe Pignatone e Michele Prestipino (2012). Per Sellerio è uscito l’anno scorso La fabbrica delle stelle © RIPRODUZIONE RISERVATA Il pamphlet «Il presente non basta» di Ivano Dionigi (Mondadori) Più ore a scuola, più soldi ai prof, meno compiti: così si salva il latino di Franco Manzoni N ell’era di Twitter, WhatsApp, Messenger e cittadini digitali, che trascorrono buona parte della propria esistenza a colpi di like, ha ancora senso studiare il latino? Perché non cancellare definitivamente questa lingua «antica e morta» dal liceo per aumentare la spazio orario dedicato all’informatica? E poi «la lingua dei signori», come la definì Pietro Nenni, non venne forse abolita come materia dalla scuola dell’obbligo quale atto di democrazia e progresso? A queste domande, frutto di pregiudizi ideologici, fraintendi- menti egualitaristici e miopie storiche, con vigorosa autorevolezza risponde Ivano Dionigi nell’affascinante saggio Il presente non basta, sottotitolo La lezione del latino (Mondadori). Nato nel 1948 a Pesaro, ex rettore dell’Università di Bologna, presidente della Pontificia accademia di latinità e fondatore del Centro studi «La permanenza del classico», acuto commentatore di Lucrezio e Seneca, Dionigi sottolinea l’impossibilità di privarsi del latino, memoria culturale dell’Europa intera, a meno di non scegliere la via dell’ignoranza e la negazione di sé: «Un capitale da far fruttare e non già un patrimonio inerte da custodire». Resta implicito che in Italia oggi il lati- no debba lottare contro la dittatura delle «tre I»: inglese, Internet, impresa. Una tirannia dettata dall’idea che il mondo contemporaneo sia polarizzato esclusivamente sulla temporalità dell’hic et nunc, di simultaneità e sincronia. Conservare e capitalizzare il nostro patrimonio culturale era un chiodo fisso anche per lo scrittore Giuseppe Pontiggia, che ricordava: «Se Roma fosse sorta in Texas, mai gli Stati Uniti si sarebbero comportati come fa la scuola italiana». Alle affermazioni che il latino sia elitario, inutile, reazionario, Dionigi replica con la testimonianza di Parigi dopo gli attentati del 13 novembre 2015. Sui muri di Place de la République e proietta- Il volume Ivano Dionigi è presidente della Pontificia accademia di latinità. Il suo libro Il presente non basta (pp. 120, e 16) è edito da Mondadori ta sulla Torre Eiffel i francesi scrissero la frase latina fluctuat nec mergitur, vale a dire «è sballottata dai flutti ma non affonda», il motto della città fin dalle sue origini. Per ritornare a vivere nella normalità, Parigi non scelse espressioni tratte dai filosofi illuministi o pensatori contemporanei ma parole di una lingua morta, eppur sempre vivida. In tale senso di generazione in generazione la continuità e la trasmissione della fiaccola della cultura è il fondamento delle grandi istituzioni millenarie. Tutto ciò si abbina perfettamente a un aforisma del compositore Gustav Mahler: «La tradizione è salvaguardia del fuoco, non adorazione delle ceneri», che l’autore met- te in epigrafe al volume. Tuttavia la maggior parte degli italiani non riesce più a recepire il latino e gli autori classici quale parte essenziale dell’identità individuale e collettiva del nostro Paese. Si osservi invece la considerazione e il risveglio degli studi della lingua latina in Cina, Giappone, Stati Uniti e in particolare in Gran Bretagna. E la scuola italiana, afflitta da incongruente riformite cronica, che privilegia a tutti i costi l’inglese veicolare? Per Dionigi la cura sta in tre provvedimenti: dilatare gli orari scolastici non tralasciando come disciplina il latino, pagare adeguatamente gli insegnanti e abolire i compiti a casa. © RIPRODUZIONE RISERVATA