Il NOBEL per Roberto Vecchioni? In buona compagnia: Bob Dylan e

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Il NOBEL per Roberto Vecchioni? In buona compagnia: Bob Dylan e
Il Parere dell ingegnere
Il NOBEL per Roberto Vecchioni? In buona compagnia: Bob Dylan e Leonard Cohen
Il NOBEL per Roberto Vecchioni? In buona compagnia: Bob Dylan e Leonard Cohen Diceva Enzo Jannacci che
l’importante è esagerare. E allora, evviva gli accademici di Stoccolma che hanno inserito nella rosa dei candidati
al premio Nobel per la Letteratura, accanto a Bob Dylan, e Leonard Cohen, Roberto Vecchioni. Ma è una esagerazione,
lo sappiamo tutti, e noi che lo abbiamo apprezzato possiamo dirlo: è un buon cantautore, un ottimo insegnante, una
persona perbene. Ci sono delle cose meravigliose che hanno accompagnato i miei (e spero molti dei vostri)
vent’anni. Ci sono dei versi che hanno bussato alle nostre infinite solitudini. “E se penso a Vecchioni corro a
quel ”io continuo a vederti partire” o il ”pensò che si trattasse di un impegno, non dodici anni senza
ritornare”. Mi manchi, “ma finché canto ti ho davanti, gli anni sono solo dei momenti”. E Canzone
pel Laura, e Viola d’inverno, e Figlia, e Su tutte Luci a San Siro. Anni 70, un secolo fa, un anno fa o solo un sogno
fa.
Avevo una bella auto quando uscì Camper. Ma non montai l’autoradio, in autostrada correvo col walkman sulle
orecchie e Camper, l’album dal vivo, lo consumai. Le musicassette erano a tempo, come lo sono i cd oggi: a un
certo punto si rifiutavano di riavvolgersi e incasinavano il registratore. Incasinavano il registratore e la vita. Mi piacerebbe
inserire nel frasario molto altro Vecchioni che per me varrebbe una via (in vita, ovvio) a Milano, magari al posto di
monarca che sarebbe meglio dimenticare. Limito la scelta a quello che è successo a me, e spero a molti altri come me:
“Io quando ho amato, ho amato dentro agli occhi suoi”. Perché “luci a San Siro non ne
accenderanno più”. Ma l’opera omnia del canzonettiere italiano è talmente vasta che nello stomaco
inacidito dai caffè, ne inserisco un altro mezzo milione. Sulla mia parete di cartone ho voglia di inserire le stoviglie color
nostalgia di Guccini, che di Vecchioni n’è grande amico. E sempre dal maestrone di Pavana mi prendo “in
via dei Giudei volavan via velieri, come in un porto canale”, “non so che viso avesse”, “mi
dice cento volte tra la rete dei giardini, di una sua gatta morta, di una lite coi vicini”. Gli salterei in braccio quando
inizia Canzone per Piero, o racconta quel “non andare vai, non restare stai, non parlare, parlami di te”.
Consueto, come l’amore. Cerco di correre in un campo libero, e allora mi prendo tutto l’amore di Battisti e
Mogol, escludo le bionde trecce, ma “seguo con gli occhi un airone, sopra al fiume”, mi innamoro e ricopro
di rancori Francesca, appendo alla mia memoria il “carretto passava e quell’uomo gridava gelati”,
“al 21 del mese i nostri soldi erano già finiti”. Ma è tutta una questione di umori. Ci sono frasi di Sergio
Endrigo che mi logorano da una vita: “La festa appena cominciata, è già finita”, buona oggi, pessima
domani. L’avvenire di Jannacci, “un buco nero in fondo al tram”, “io sono quello col vino, lui è
quello senza motorino”, Rogoredo prima che arrivassero i palazzi di vetro, via Canonica, sempre a Milano, oggi
Chinatown, all’epoca le sale cinematografiche di Veronica. E soprattutto, visto che Jannacci ha migliorato non
poco il colore dei miei occhi, Sunt chi, che non traduco perché non lo saprei fare, ma basta chiedere a Google, per chi
fosse interessato. C’è De André, da Rimini a Creuza de ma. E gli amori di Fossati, quello adulto della
Costruzione di un amore e quello più giovane, Il Bacio sulla bocca. E De Gregori, da Rimmel in poi? E Lucio Dalla di
Anna e Marco, che “si guardano e si scambiano la pelle… e cominciano a volare”. Siccome questo
post rischia di non avere né capo né coda, concludo: no, professor Vecchioni. Mi dispiace, ma nonostante tutta la
nostalgia mi prendo gli schiaffi che mi ha dato Bob Dylan. Blonde on Blonde, dall’inizio alla fine, compreso
l’inserimento di I want you. Mi prendo le risposte che soffiano nel vento, quel non lavorerò più nella fattoria di
Maggie. Riavvolgo il nastro e ascolto la rabbia di Hurricane e Busso alle porte del paradiso. Tifo per lui, per il coraggio di
cambiare. Per All along the Watchtower, magari con un assolo di Hendrix e uno di Eric Clapton, mi lasci la mia America.
Che è quella dell’opera omnia di Dylan. La ringrazio di tutto, professore. Ma tiferò per il suo omonimo. Anche se
non credo più nel premio Nobel ormai dai tempi in cui venne assegnato quello per la pace a Sadat. FIGLIA (Vecchioni)
Sapeva tutta la verità il vecchio che vendeva carte e numeri, però tua madre è stata dura da raggiungere, lo so che senza
me non c'era differenza: saresti comunque nata, ti avrebbe comunque avuta. Non c'era fiume quando l'amai; non era
propriamente ragazza, però di aver fatto del mio meglio, così a volte guardo se ti rassomiglio, lo so, lo so che non è giusto,
però mi serve pure questo. Poi ti diranno che avevi un nonno generale, e che tuo padre era al contrario un po' anormale,
e allora saprai che porti il nome di un mio amico, di uno dei pochi che non mi hanno mai tradito, perché sei nata il giorno
che a lui moriva un sogno. E i sogni, i sogni, i sogni vengono dal mare, per tutti quelli che han sempre scelto di sbagliare,
perché, perché vincere significa "accettare" se arrivo vuol dire che a "qualcuno può servire, e questo, lo dovessi mai fare,
tu, questo, non me lo perdonare. E figlia, figlia, non voglio che tu sia felice, ma sempre "contro", finché ti lasciano la
voce; vorranno la foto col sorriso deficiente, diranno: "Non ti agitare, che non serve a niente", e invece tu grida forte, la
vita contro la morte. E figlia, figlia, figlia sei bella come il sole, come la terra, come la rabbia, come il pane, e so che
t'innamorerai senza pensare, e scusa, scusa se ci vedremo poco e male: lontano mi porta il sogno ho un fiore qui dentro
il pugno.
Luci a San Siro Roberto Vecchioni R. Vecchioni (1971) Hanno ragione, hanno ragione mi han detto:"E'
vecchio tutto quello che lei fa, parli di donne da buon costume, di questo han voglia se non l'ha capito già" E che gli
dico:"Guardi non posso, io quando ho amato ho amato dentro gli occhi suoi, magari anche fra le sue braccia ma ho
sempre pianto per la sua felicità" Luci a San Siro di quella sera che c'è di strano siamo stati tutti là, ricordi il gioco dentro la
nebbia? Tu ti nascondi e se ti trovo ti amo là. Ma stai barando, tu stai gridando, così non vale, è troppo facile così trovarti
amarti giocare il tempo sull'erba morta con il freddo che fa qui Ma il tempo emigra mi han messo in mezzo non son
capace più di dire un solo no Ti vedo e a volte ti vorrei dire ma questa gente intorno a noi che cosa fa? Fa la mia vita, fa
la tua vita tanto doveva prima o poi finire lì ridevi e forse avevi un fiore non ti ho capita, non mi hai capito mai Scrivi
Vecchioni, scrivi canzoni che più ne scrivi più sei bravo e fai danè tanto che importa a chi le ascolta se lei c'è stata o non
c'è stata e lei chi è? Fatti pagare, fatti valere più abbassi il capo più ti dicono di si e se hai le mani sporche che importa
tienile chiuse e nessuno lo saprà Milano mia portami via, fa tanto freddo, ho schifo e non ne posso più, facciamo un
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cambio prenditi pure quel po' di soldi quel po' di celebrità ma dammi indietro la mia seicento, i miei vent'anni e una
ragazza che tu sai Milano scusa stavo scherzando, luci a San Siro non ne accenderanno più.
Viola d'inverno
(Vecchioni) Arriverà che fumo o che do l'acqua ai fiori, o che ti ho appena detto "Scendo, porto il cane fuori", che avrò una
mezza fetta di torta in bocca, o la saliva di un bacio appena dato, arriverà, lo farà così in fretta che non sarò neanche
emozionato... Arriverà che dormo o sogno, o piscio o mentre sto guidando, la sentirò benissimo suonare mentre sbando, e
non potrò confonderla con niente, perché ha un suono maledettamente eterno: e poi si sente quella volta sola la viola
d'inverno. Bello è che non sei mai preparato, che tanto capita sempre agli altri, vivere in fondo è così scontato che non
t'immagini mai che basti e resta indietro sempre un discorso e resta indietro sempre un rimorso... E non potrò parlarti,
strizzarti l'occhio, non potrò farti segni, tutto questo è vietato da inscrutabili disegni, e tu ti chiederai che cosa vuole dire
tutto quell'improvviso starti intorno perchè tu non potrai, non la potrai sentire la mia viola d'inverno. E allora penserò che
niente ha avuto senso a parte questo averti amata, amata in così poco tempo; e che il mondo non vale un tuo sorriso, e
nessuna canzone è più grande di un tuo giorno e che si tenga il resto, me compreso, la viola d'inverno. E dopo aver
diviso tutto: la rabbia, i figli, lo schifo e il volo, questa è davvero l'unica cosa che devo proprio fare da solo e dopo aver
diviso tutto neanche ti avverto che vado via, ma non mi dire pure stavolta che faccio sempre di testa mia: tienila stretta la
testa mia.
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