Quello che uno ha dentro traspare anche al di fuori
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Quello che uno ha dentro traspare anche al di fuori
VINCENT VAN GOGH 1) IL MAESTRO E IL LAVORO Van Gogh nutriva per Millet una sconfinata ammirazione, arrivando a eleggerlo suo padre ideale, per gli insegnamenti di profonda moralità che traspaiono dalle sue opere. Pertanto, esegue copie di opere di Millet e opere che ad esse sono ispirate. Il tema del seminatore, più volte dipinto e variato, ha una forte valenza simbolica: “nel volto e nel gesto del singolo uomo che lavora, egli vede il sigillo dell’infinito e dell’eterno, l’inalienabile dignità di Colui che lo ha voluto a propria immagine e somiglianza” (R. Filippetti). Arles, settembre 1888 Con un quadro vorrei poter esprimere qualcosa di commovente come una musica. Vorrei dipingere uomini e donne con un non so che di eterno, di cui un tempo era simbolo l’aureola, e che noi cerchiamo di rendere con lo stesso raggiare, con la vibrazione dei colori. Il seminatore, 1888, Zurigo, Collezione E.G.Bührle Le cinque nature morte di scarpe che Van Gogh dipinse sono dense di significati: ci parlano del duro lavoro quotidiano, della difficoltà del cammino della vita, della dignità dell’uomo che vive onestamente. Paio di scarpe, 1886, Amsterdam, Van Gogh Museum 2) UNA GRANDE FERITA E UNA GRANDE ATTESA Lettera al fratello Theo, Cuesmes, luglio 1880 Quello che uno ha dentro traspare anche al di fuori. Uno ha grande fuoco nel suo cuore e nessuno viene mai a scaldarcisi vicino, e i passanti non vedono che un po’ di fumo in cima al camino, e poi se ne vanno per la loro strada. E ora che fare, mantenere quel fuoco interno, attendere pazientemente eppur con tanta impazienza, attendere il momento in cui qualcuno vorrà sedersi davanti e magari fermarsi? Chiunque crede in Dio, attende che venga la sua ora, un momento o l’altro. “Ciò che Vincent ha atteso e intensamente desiderato all’inizio del memorabile decennio creativo è accaduto a milioni di persone, e anche noi abbiamo avuto la fortuna di fermarci, di sederci di fronte a tutto quel calore, di fronte a tutto quel colore. Di lasciarci ammaliare e ferire.” (R. Filippetti) Autoritratto con cappello di feltro, 18871888, Amsterdam, Van Gogh Museum Van Gogh attribuiva una grande importanza al genere del ritratto. Dipinse molti autoritratti, tutti di grande intensità espressiva. Autoritratto, 1889, Parigi, Muée d’Orsay 3) UNA FEBBRE DI VITA, UN’ESPLOSIONE DI COLORI Amsterdam, maggio 1877 Accanto ai momenti di tristezza, abbiamo anche momenti di gioia in cui anima e cuore esultano – come l’allodola che non può fare a meno di cantare al mattino, anche se l’anima talvolta trema in noi, piena di timori. Nell’estate del 1887 Vincent dipinge il Campo di grano con allodola. Allodola da latino ad laudula, cela nell’etimologia la lode, l’apertura positiva sulla realtà che induce a cantare di gratitudine ad ogni mattutino risveglio. Anche in francese allodola – alouette – nasconde il verbo louer, lodare. Campo di grano con allodola, 1887, Amsterdam, Van Gogh Museum Primavera 1887. Vincent va a dipingere en plein air insieme ad altri artisti conosciuti a Parigi. Con loro dà vita al “Petit Boulevard”, un’ideale confraternita di artisti che espongono in gallerie minori, in antitesi col “Grand Boulevard” degli impressionisti famosi – come Monet e Degas – che espongono nelle gallerie del centro di Parigi. La sua tavolozza si rischiara, si illumina, si colora. La pennellata procede per tratti sottili, sulla scia dell’impressionismo e del nascente pointillisme: stili pittorici che Van Gogh assimila e reinterpreta in modo personale. Quando Van Gogh si sposta in Provenza, l’esperienza della luce e dei colori del sud della Francia vivificano ulteriormente la sua tavolozza. I colori sono accesi, caldi e intensi (fino ad arrivare a gialli e azzurri radiosi, a volte violenti), la pennellata è molto visibile, rapida, nervosa. Il colore diventa il mezzo per esprimere il suo stato d’animo, ciò che sente dentro di sé. Ad Arles la mano di Van Gogh è ormai sicura di sé. Ne La mietitura i colori si distendono in zone compatte, susseguendosi in profondità. Il pittore è consapevole di aver toccato il proprio vertice creativo: “La purezza del colore che ho raggiunto in questa tela fa scomparire le altre.” La mietitura, 1888, Amsterdam, Van Gogh Museum Notte stellata sul Rodano, 1888, Parigi, Musée d’Orsay Arles, settembre 1888 Quando sento un bisogno terribile di – la chiamerò con il suo nome – religione, allora vado fuori di notte a dipingere le stelle ... Nell’azzurro-verde del cielo fioriscono le stelle e dai lampioni a gas della riva colano ponti di luce sull’acqua, fino alla riva dove un uomo e una donna passeggiano tenendosi sotto braccio. Bisogno di una compagnia vera e bisogno di stelle: de-siderio. Arles, agosto 1888 Ora sto bene come le altre persone … Quando dico le altre persone intendo i terrazzieri, papà Tanguy, papà Millet, i contadini: quando si sta bene si deve poter vivere in un pezzo di pane, pur lavorando tutto il giorno, e avendo ancora la forza di fumare e di bere il proprio goccio. E allo stesso tempo sentire in modo chiaro che esistono le stelle e l’infinito. Allora la vita diventa quasi incantata. Passeggiata al chiaro di luna, 1890, San Paolo, Museu de Arte de Sao Paulo Notte (da Millet), 1889, Amsterdam; Van Gogh Museum L’Aia, novembre 1882 Se si sente il bisogno di qualcosa di grandioso, di infinito, di qualcosa che ci faccia sentire la presenza di Dio, non c’è bisogno di andare lontano per trovarlo. Penso a volte di vedere qualcosa di più profondo e di infinito, di più eterno che nell’oceano, negli occhi di un bimbo, quando si sveglia al mattino, e ride, perché vede il sole che splende sulla sua culla. 4) NEL DRAMMA DELLA MALATTIA, LA CERTEZZA DI UNA POSITIVITÀ ULTIMA Dopo la lite con Gauguin, anche se lontano dalla frenesia della vita parigina e con il clima più mite della Provenza, la salute di Van Gogh degenera. Decide di farsi ricoverare in un ospedale psichiatrico nei pressi di Saint-Remy. Anche qui il suo lavoro continua nei momenti in cui la sua malattia gli lascia tregua. Nell’aprile del 1890 lascia l’ospedale e si mette in cura dal dottor. Gachet. Il 27 luglio 1890 esce nel pomeriggio a lavorare e invece si spara un colpo al petto. Muore due giorni dopo con Theo al suo capezzale. Arles, settembre 1888 Se tutto ciò che facciamo si affaccia sull’infinito, se si vede il proprio lavora trarre la sua ragione d’essere e proiettarsi al di là, si lavorerà più serenamente. Saint-Remy, 9-15 maggio 1889 Non succede che amando una cosa, la si vede meglio e più esattamente di quando non la si ama? Auvers-sur-Oise, luglio 1890 Mi sono rimesso al lavoro anche se il pennello quasi mi casca dalla mano, e ho dipinto tre grandi tele. Sono immense distese di grano sotto cieli tormentati, e non ho avuto difficoltà per cercare di esprimere la tristezza, l’estrema solitudine. Van Gogh ha amato la realtà tutta e l’ha raccontata amorosamente, drammaticamente, gioiosamente. I suoi colori calamitano gli occhi e feriscono il cuore. Nulla è obliterato. I corvi si stagliano nel blu tormentato del cielo e incombono minacciosi sul buon grano maturo.Anche il grande cipresso della Notte stellata è un’ombra cupa che slancia verso il cielo il proprio grido.