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PER CONTATTARCI SCRIVI A: PUBBLICITA
Newsletter Giuridica di Filodiritto - Numero 331 - 19 aprile 2010
Tribunale di Bologna, Registro della stampa, 24 luglio 2007, n.7770
Direttore responsabile Antonio Zama
PER CONTATTARCI SCRIVI A: [email protected]
PUBBLICITA' SULLA NEWSLETTER - COLLABORA CON FILODIRITTO
LA NEWSLETTER IN SINTESI
APPROFONDIMENTI IN EVIDENZA SU FILODIRITTO
- Andrea Bulgarelli:
DIRITTO AL RILASCIO DEI DOCUMENTI VALIDI PER L'ESPATRIO DEI FIGLI
MINORI IN CASO DI RIFIUTO DI UN GENITORE
- Faustino Petrillo:
AUTODICHIA DEL QUIRINALE
- Maurizio Arena:
FARMACEUTICHE: IL MARKET ACCESS NELL'OTTICA DEL DECRETO LEGISLATIVO
231/2001
- Carlo Rapicavoli:
SOPPRESSIONE AUTORITÀ D’AMBITO TERRITORIALE PER LA GESTIONE DELLE
RISORSE IDRICHE E PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI
William Shakespeare
TITO ANDRONICO
RASSEGNA DI NOTIZIE
- CORTE DI GIUSTIZIA UE:
IL RECESSO COMPORTA LA RESTITUZIONE ANCHE DELLE SPESE DI CONSEGNA
- CASSAZIONE CIVILE:
LIMITAZIONE DI RESPONSABILITÀ NELLA COPERTURA ASSICURATIVA
- TRIBUNALE DI MILANO:
IL BAR CHE DIFFONDE MUSICA DI SOTTOFONDO PAGA I DIRITTI A SCF
- CASSAZIONE LAVORO:
IL LAVORATORE SENZA PERMESSO DI SOGGIORNO RICEVE STIPENDIO E
CONTRIBUTI
- MINISTERO GIUSTIZIA:
ACQUISIZIONE PROVA TESTIMONIALE SCRITTA NEL PROCESSO CIVILE
Athos Vianelli
FATTI E VICENDE DELLO STUDIO BOLOGNESE
FOCUS
- TRIBUNALE DI MILANO:
I RESPONSABILI DI GOOGLE HANNO AGITO SENZA DILIGENZA E BUON SENSO
Caio Svetonio Tranquillo
VITE DEI CESARI
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CONTRIBUTI DOTTRINARI DALL'ARCHIVIO DI FILODIRITTO
- MADE IN ITALY: ULTIME NOVITÀ - Riccardo degli Antonini
- DISCHI CRONOTACHIGRAFI: DISCIPLINA E CONTROLLI - Anna Rita Caruso
- PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA: QUANDO LA STAZIONE APPALTANTE
PUÒ DECIDERE DI NON PROCEDERE ALL’AGGIUDICAZIONE DELLA GARA? - Ilenia
Alizzi
- LA FIRMA ELETTRONICA DEL QUINTO TIPO - Gianni Penzo Doria
- TARSU NON PIU’ APPLICABILE - Maurizio Villani e Stefania Attolini
Ivan Reitman
PERICOLOSAMENTE INSIEME
APPROFONDIMENTI IN EVIDENZA SU FILODIRITTO
- Diritto processuale civile, diritto della famiglia e delle successioni:
DIRITTO AL RILASCIO DEI DOCUMENTI VALIDI PER L'ESPATRIO DEI FIGLI
MINORI IN CASO DI RIFIUTO DI UN GENITORE
Nota a Tribunale per i Minorenni di Bologna, Decreto 11 febbaio 2010
Avv. Andrea Bulgarelli
- Diritto costituzionale, diritto pubblico:
AUTODICHIA DEL QUIRINALE
Nota a Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili, Ordinanza 17 marzo 2010, n. 6529
Dott. Faustino Petrillo
- Diritto penale commerciale, diritto sanitario:
FARMACEUTICHE: IL MARKET ACCESS NELL'OTTICA DEL DECRETO LEGISLATIVO
231/2001
Avv. Maurizio Arena
- Diritto amministrativo, diritto dei servizi pubblici, diritto dell'ambiente, diritto regionale
e degli enti locali:
SOPPRESSIONE AUTORITÀ D’AMBITO TERRITORIALE PER LA GESTIONE DELLE
RISORSE IDRICHE E PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI
Legge 26 marzo 2010 n. 42
Dott. Carlo Rapicavoli
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William Shakespeare
(1564-1616)
TITO ANDRONICO
Atto IV - Scena III
TITO - Avanti, avanti, Marco, miei parenti,
da questa parte.
(Al Giovane Lucio)
Avanti, signorino,
fammi vedere come tiri d’arco.
Bada a tenderlo bene e a mirar dritto.
“Terras Astraea reliquit”:
ricordatelo, Marco, se n’è andata,
volata via. Mano agli arnesi, amici.
(A Lucio e suo figlio)
Voi due andrete a scandagliar l’oceano
e gettare le reti: forse in mare
la potrete pescare, anche se là
giustizia ce n’è poca, come in terra.
No, no, Publio e Sempronio,
voi due dovete fare un’altra cosa:
scavare con la zappa e con la vanga
fino al centro remoto della terra,
e, giunti alla regione di Plutone,
gli lascerete questa petizione,
che chiede, ditegli, giustizia e aiuto,
e che è da parte del vecchio Andronico.
esacerbato nell’ingrata Roma.
Ah, Roma, quanto t’ho fatto infelice
nel riversare i suffragi del popolo
su uno che così mi tiranneggia!
Andate, su, e vi prego, state attenti
a non lasciare ogni nave da guerra
senza averla ben bene perquisita:
perché questo malvagio imperatore
può averla allontanata per via mare
la giustizia, ed allora, amici miei,
avremo un bel fischiarle dietro, noi!
MARCO - Ah, Publio, che dolore,
veder così sconvolto nella mente
il tuo nobile zio!
PUBLIO - Proprio per questo
dobbiam sentirci tanto più obbligati
a stargli accanto sempre, giorno e notte,
assecondandolo affettuosamente
nelle sue stramberie, signori miei,
finché il tempo non generi un rimedio.
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MARCO - Rimedio ai suoi dolori,
cari figlioli miei, non ce n’è più.
Stringiamo dunque alleanza coi Goti,
e con loro scendiamo contro Roma,
in guerra di vendetta,
per punirla di tanta ingratitudine,
e contro il traditore Saturnino.
TITO - Allora, Publio? Allora, miei signori?
Che! L’avete trovata finalmente.?
PUBLIO - No, mio dolce signore;
Plutone tuttavia ti manda a dire
che se cerchi vendetta,
potrai trovarla solo nell’inferno,
perché in cielo, lui pensa, o in altro posto,
la giustizia è talmente indaffarata
lassù con Giove, che dovrai, se no,
aspettarla chissà per quanto tempo.
TITO - Mi fa torto, a nutrirmi di rinvii.
Vuol dire allora che mi tufferò
nel lago ardente che sta sottoterra
e la tirerò su per i talloni
fuor d’Acheronte. Noi non siamo, Marco,
che cespugli, non siamo cedri, noi,
né siamo uomini dalle grandi ossa
formati sullo stampo di ciclopi:
metallo, siamo acciaio, Marco, sì,
fino alla schiena, ma siamo gravati
del peso di più torti
che possan sopportare le nostre schiene.
E se non c’è giustizia sulla terra
né all’inferno, ci volgeremo al cielo
e a smuovere gli dèi a mandar giù
Giustizia a vendicare i nostri torti.
E dunque, su, al lavoro.
(Distribuisce le frecce, ciascuna delle quali con un messaggio attaccato alla punta)
A te, Marco, tu sei un bravo arciere:
questa è per te, “ad Jovem”;
quest’altra prendila tu, “Ad Apollinem”;
questa me la riservo a me: “Ad Martem”;
qua, ragazzo, per te: questa è per Pallade;
questa a te, per Mercurio;
e per te, Caio, questa, per Saturno
(non Saturnino, ché tanto varrebbe
mandarla controvento).
Pronti allora, ragazzo! Pronti, Marco
attenti al mio segnale!
Eh, perbacco, le ho preparate bene!
Non c’è un sol dio lasciato senza supplica!
[Traduzione di Goffredo Raponi, tratto da Liber Liber: http://www.liberliber.it]
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RASSEGNA DI NOTIZIE
- Diritto comunitario, diritto dei consumatori, diritto commerciale, diritto delle nuove
tecnologie:
CORTE
DI
GIUSTIZIA
UE:
IL RECESSO COMPORTA LA RESTITUZIONE ANCHE DELLE SPESE DI CONSEGNA
Sentenza di grande interesse specie per coloro che si occupano di commercio elettronico
(e pertanto di contratti a distanza). Secondo la Corte di Giustizia UE: L’art. 6, nn. 1,
primo comma, seconda frase, e 2, della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori
in materia di contratti a distanza, deve essere interpretato nel senso che esso
osta ad una normativa nazionale che consente al fornitore, nell’ambito di un
contratto concluso a distanza, di addebitare le spese di consegna dei beni al
consumatore
qualora
questi
eserciti
il
suo
diritto
di
recesso.
In sostanza la Corte ha confermato quanto richiesto dall'Avvocato Generale con le
conclusioni del 28 gennaio 2010, rilevando che "Qualora le spese di spedizione dovessero
parimenti essere addebitate al consumatore, siffatto addebito, che sarebbe
necessariamente tale da scoraggiare quest’ultimo dall’esercizio del suo diritto di recesso,
sarebbe in contrasto con lo scopo stesso dell’art. 6 della direttiva ... Inoltre, un siffatto
addebito sarebbe atto a rimettere in discussione l’equilibrata ripartizione dei
rischi tra le parti nei contratti conclusi a distanza, accollando al consumatore
tutte le spese connesse al trasporto dei beni. Peraltro, il fatto che il consumatore sia
stato informato dell’importo delle spese di consegna prima della conclusione del contratto
non può ridurre il carattere dissuasivo che avrebbe l’addebito di tali spese al consumatore
sull’esercizio
da
parte
di
quest’ultimo
del
suo
diritto
di
recesso".
Ricordiamo che in Italia, in conformità a quanto previsto dalla Direttiva comunitaria,
l’articolo 67 comma 4 del Codice del consumo prevede che: “Se il diritto di recesso è
esercitato dal consumatore conformemente alle disposizioni della presente sezione, il
professionista è tenuto al rimborso delle somme versate dal consumatore, ivi comprese le
somme versate a titolo di caparra. Il rimborso deve avvenire gratuitamente, nel minor
tempo possibile e in ogni caso entro trenta giorni dalla data in cui il professionista è
venuto a conoscenza dell’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore. Le
somme si intendono rimborsate nei termini qualora vengano effettivamente restituite,
spedite o riaccreditate con valuta non posteriore alla scadenza del termine
precedentemente indicato”. Mentre il comma 3 del medesimo articolo, stabilisce che “Le
sole spese dovute dal consumatore per l’esercizio del diritto di recesso a norma del
presente articolo sono le spese dirette di restituzione del bene al mittente, ove
espressamente
previsto
dal
contratto”.
La proposta per una Direttiva sui diritti dei consumatori, diretta ad unificare diverse
disposizioni precedenti e a garantire l’armonizzazione in tutto il mercato comunitario della
tutela offerta
ai consumatori, stabilisce,
significativamente,
quanto
segue:
Articolo
16
Obblighi
del
commerciante
nel
caso
di
recesso
1. Il commerciante rimborsa qualsiasi pagamento ricevuto dal consumatore entro trenta
giorni
dal
giorno
in
cui
riceve
la
comunicazione
di
recesso.
2. Per i contratti di vendita il commerciante può trattenere il rimborso finché non abbia
ricevuto o ritirato tutti i beni oppure finché il consumatore non abbia dimostrato di aver
restituito
i
beni,
qualunque
intervenga
per
prima.
(Corte di Giustizia UE, Sentenza 15 aprile 2010: Direttiva 97/7/CE – Tutela dei
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consumatori – Contratti conclusi a distanza – Diritto di recesso – Addebito al
consumatore delle spese di consegna dei beni).
CASSAZIONE
LIMITAZIONE
Diritto
DI
RESPONSABILITÀ
delle
NELLA
COPERTURA
assicurazioni:
CIVILE:
ASSICURATIVA
"Configura una non consentita limitazione di responsabilità, ex articolo 1229
Codice Civile la clausola di un contratto assicurativo che, nell'escludere
l'assicurazione del relativo rischio, ipotizza (come nel caso di specie, con
l'espressione testuale "da qualsiasi causa determinati") in modo ampio ed
indiscriminato la non "comprensione" dei danni nell'oggetto del contratto
stesso. Inoltre l'esame e il giudizio sulla vessatorietà di una clausola debbono
prescindere da dati meramente formali, come quelli in tema di sottoscrizione ex art.1341,
2° comma, Codice Civile (fermo restando che tale norma, dopo l'entrata in vigore della
nuova disciplina delle clausole vessatorie, di cui alla legge n. 52/96 prima e al Codice del
consumo poi, non è applicabile all'attualità, indipendentemente dalla presente
controversia, al rapporto professionista/imprenditore-consumatore, ma solo a quello
riguardante soggetti in posizione di "parità" contrattuali, vale a dire contraenti o entrambi
persone
fisiche
o
entrambi
professionisti-imprenditori)".
La Cassazione ha stabilito questo principio di diritto in relazione ad una polizza per la
copertura di responsabilità civile a favore di imprese industriali ed edili.
Secondo la Cassazione, in via preliminare, "deve rilevarsi, sulla base di quanto già
statuito da questa Corte (tra le altre, n. 395/2007), che nel contratto di
assicurazione sono da considerare clausole limitative della responsabilità, per
gli effetti dell'articolo 1341 Codice Civile (con conseguente sottoposizione delle
stesse alla necessaria e specifica approvazione preventiva per iscritto), quelle
clausole che limitano le conseguenze della colpa o dell'inadempimento o che
escludono il rischio garantito mentre attengono all'oggetto del contratto, e non
sono perciò, assoggettate al regime previsto dal secondo comma di detta norma,
le clausole che riguardano il contenuto ed i limiti della garanzia assicurativa e,
dunque,
specificano
il
rischio".
Nel caso di specie, la Cassazione ha rilevato che "sotto il titolo "delimitazione
dell'assicurazione-esclusioni", non si ricomprendono nel rischio assicurato "i danni
provocati da condutture ed impianti sotterranei in genere, a fabbricati ed a cose in genere
dovuti ad assestamento, cedimenti, franamento o vibrazioni del terreno da qualsiasi
causa determinati": è evidente dunque, e sul punto la motivazione della Corte territoriale
è carente ed illogica che, con tale clausola, l'assicuratore (quale tra l'altro
"predisponente" il contenuto contrattuale in modo unilaterale sottoscritto
dall'assicurato-contraente debole), ha previsto una così ampia casistica, di
attività ipotizzabili nell'esercizio di impresa edile, da risultare la stessa clausola
finalizzata non ad una consentita "specificazione" del rischio contrattuale bensì
ad una non corretta esclusione in toto di quest'ultimo, con modalità tali, quindi,
da incidere in concreto negativamente sulla sussistenza della causa del
contratto di assicurazione, destinato proprio a garantire i rischi collegati
all'attività
imprenditoriale
in
questione.
Ancora, quanto al secondo motivo, da collegarsi all'ulteriore argomentazione della Corte
di merito sulla ritenuta validità di detta clausola, censurabile è altresì la statuizione
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secondo cui per ritenersi vessatoria una clausola contrattuale (vale a
costituire un disequilibrio nel rapporto tra contraenti, dando luogo ad
"privilegio" a favore di uno solo di essi) è necessario il dato formale della
approvazione
per
iscritto,
prescindendo
dal
dire tale da
un indebito
sua specifica
contenuto".
(Corte di Cassazione - Terza Sezione Civile, Sentenza 7 aprile 2010, n.8235).
Diritto
commerciale,
diritto
d'autore:
TRIBUNALE
DI
MILANO:
IL BAR CHE DIFFONDE MUSICA DI SOTTOFONDO PAGA I DIRITTI A SCF
Il Tribunale di Milano ha innanzitutto ammesso che "In veste di mandataria di tutti tali
soggetti Società Consorti le Fonografici - SFC ha facoltà di agire in giudizio per la
riscossione dei compensi che spettano ai propri mandanti, produttori fonografici
ed artisti, in relazione all'utilizzazione dei fonogrammi, tra cui il diritto al
compenso di cui all'art. 73 l. aut. per l'utilizzazione a scopo di lucro dei
fonogrammi ed il diritto all'equo compenso di cui all'art. 73 bis l. aut. per
l'utilizzo, senza scopo di lucro, dei fonogrammi nei pubblici esercizi ed in
occasione di qualsiasi pubblica utilizzazione degli stessi. La legittimazione
all'esercizio del diritto a remunerazione (o all'equo compenso) è attribuita ai soli
produttori di fonogrammi (ultima previsione del Primo comma dell'art. 73 l.d.a.:
"L'esercizio di tale diritto spetta al produttore, il quale ripartisce il compenso con gli artisti
interpreti o esecutori interessati"), i quali agiscono anche al fine di percepire il compenso
spettante agli artisti interessati, che non possono chiedere direttamente agli utilizzatori
secondari
il
versamento
delle
somme
loro
spettanti".
Il Tribunale ha poi ricordato la diffenza tra le diverse fattispecie previste dall'articolo 73
della Legge diritto d'autore, rilevando che: "La differenza fra le fattispecie previste
dall'una (art. 73 l.aut.) e dall'altra nonna (art. 73bis l.aut.) è rappresentata dalla finalità
dell'utilizzazione secondaria al perseguimento o meno di uno scopo di lucro, nel senso che
la prima norma disciplina il diritto al compenso in relazione alla diffusione radiofonica e
televisiva, ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste
danzanti, nei pubblici esercizi e in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei
fonogrammi stessi. mentre la seconda norma si occupa delle medesime forme di
utilizzazione
ma
effettuate
a
scopo
non
di
lucro".
Nel caso di specie, "in quanto costituito dalla diffusione in un esercizio pubblico,
evidentemente effettuata per intrattenere la clientela e quindi attrarre la stessa,
proponendo un beneficio aggiuntivo nell'ambito dell'esercizio bar, riveste
sicuramente una valenza economica e quindi di lucro per la società che gestisce
detto
esercizio
bar".
Per la determinazione dell'importo da corrispondere, il Tribunale ha rilevato che
"l'ammontare del compenso è commisurato annualmente per l'utilizzo dei fonogrammi in
titolarità dei produttori che risultano essere mandanti nei suoi confronti, in forza della
Convenzione stipulata tra Confcommercio ed SCF. In concreto, quindi, l'ammontare del
compenso dovuto a SCF per l'utilizzazione dei fonogrammi dei propri mandanti e/o
consorziati risulta dall'applicazione delle tariffe stabilite nella Convenzione stipulata con
Confcommercio. Essendo il compenso cosi calcolato di ammontare effettivamente
molto contenuto (per un esercizio di superficie inferiore ai 100 mq, la somma
annua di euro 69,38, iva inclusa), ritiene questo collegio di potere aderire alla
quantificazione operata da tale Convenzione, giudicandola di particolare favore
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per
il
soggetto
tenuto
alla
corresponsione
del
compenso
in
oggetto".
(Tribunale Civile di Milano, Sentenza 23 febbraio 2010, n.2289).
Diritto
del
lavoro:
CASSAZIONE
LAVORO:
IL LAVORATORE SENZA PERMESSO DI SOGGIORNO RICEVE STIPENDIO E
CONTRIBUTI
In una fattispecie di lavoratore extracomunitario privo del permesso di soggiorno, la
Cassazione ha fatto applicazione dell'articolo 2126 Codice Civile, a norma del quale "1. La
nullità o l'annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il
rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall'illiceità dell'oggetto o della
causa (primo comma). 2. Se il lavoro è stato prestato con violazione di norme poste a
tutela del prestatore di lavoro, questi ha in ogni caso diritto alla retribuzione".
Secondo la Cassazione, infatti, "Il lavoratore extracomunitario assunto con un contratto
di lavoro in violazione dell'articolo 22 del testo unico sull'immigrazione rientra nella
fattispecie dell'articolo 2126. Rientra nella previsione del primo comma, perché
l'illegittimità del contratto deriva dalla mancanza del permesso di soggiorno e non attiene
né alla causa (funzione economico sociale del contratto di lavoro), né all'oggetto del
contratto, costituito dalla prestazione di lavoro erogata, sempre che la stessa sia una
prestazione di lavoro lecita, cosa che nel caso in esame nessuno discute (in senso
conforme, sebbene con riferimento al quadro normativo anteriore al t.u. del 1998, cfr.
Cass., Sez. L, 13 ottobre 1998, n. 10128). Ma la fattispecie in esame rientra anche,
e soprattutto, nella previsione del secondo comma della norma codicistica.
Infatti, dalla lettura della norma violata (art. 22 del t.u.) si evince che tra le sue
finalità vi è anche quella di garantire al lavoratore straniero condizioni di vita e
di lavoro adeguate. Funzionali a questo fine sono le disposizioni che impongono al
datore di lavoro di esibire "idonea documentazione indicante le modalità di sistemazione
alloggiativa per il lavoratore" (secondo comma) e subordinano il rilascio al dato re di
lavoro del nulla osta per l'assunzione "al rispetto delle prescrizioni del contratto collettivo
di
lavoro"
(quinto
comma)".
Prosegue la Cassazione: "Se, quindi, la disciplina del permesso di soggiorno ha
(anche) la finalità di tutelare il lavoratore straniero, la sua violazione è
"violazione di norme poste a tutela del prestatore di lavoro" (secondo comma
dell'articolo 2126, Codice Civile) e quindi, ai sensi dell'articolo 2126, qualora il
contratto venga dichiarato nullo, il lavoratore ha comunque, diritto alla
retribuzione
per
il
lavoro
eseguito".
La Cassazione chiarisce la congruità e ragionevolezza delle proprie conclusioni: "Questo
esito interpretativo risulta coerente con la razionalità complessiva del sistema, laddove si
consideri che, se si permettesse al datore di lavoro che ha occupato lavoratori
extracomunitari in violazione di legge di essere esentato dagli oneri retributivi e
contributivi, si altererebbero le regole basilari del mercato e della concorrenza,
consentendo a chi viola la legge sull'immigrazione di fruire di condizioni
incisivamente più vantaggiose rispetto a quelle cui è soggetto il datore di lavoro
che rispetta la legge. Quanto, infine, alla obiezione del ricorrente sulla duplicità delle
sanzioni cui risulterebbe sottoposto, qualora, oltre alla sanzione penale, gli venisse inflitta
anche la sanzione del pagamento coattivo dei contributi omessi, appare evidente che, a
parte la considerazione generale per cui la previsione di una sanzione penale non assorbe
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eventuali sanzioni civili, deve, più radicalmente, sottolinearsi che il pagamento dei
contributi non può essere definito una sanzione, ma è semplicemente uno degli
obblighi
derivanti
dal
rapporto
di
lavoro".
(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 26 marzo 2010, n.7380:
Obbligazione contributiva del datore di lavoro - Lavoratore privo del permesso
di soggiorno - Sussistenza).
MINISTERO
ACQUISIZIONE
Diritto
PROVA
processuale
TESTIMONIALE
SCRITTA
NEL
civile
GIUSTIZIA:
PROCESSO CIVILE
Sul sito del Ministero della Giustizia è disponibile un utile dossier (con scheda
riepilogativa, faq e moduli) relativo all'acquisizione della prova testimoniale per iscritto
nell'ambito
del
processo
civile.
Il Ministero ricorda che detta prova può essere disposta (ferma sempre la facoltà del
Giudice di disporre l'assunzione della testimonianza orale) quando vi è accordo tra le parti
e il giudice lo dispone sulla base della natura della causa e di ogni altra circostanza.
La testimonianza scritta deve essere resa su un modello conforme a quello approvato con
Decreto 17 febbraio 2010, scaricabile dal sito del Ministero. Il testimone deve apporre la
propria sottoscrizione al termine di ogni risposta, di seguito e senza lasciare spazi vuoti.
Le sottoscrizioni devono essere autenticate da un segretario comunale o dal cancelliere di
un ufficio giudiziario e la testimonianza deve essere consegnata alla cancelleria dell'ufficio
giudiziario davanti al quale pende il procedimento oppure spedita al medesimo ufficio con
lettera raccomandata, entro il termine fissato dal giudice. L’autentica delle sottoscrizioni è
in ogni caso gratuita nonché esente dall’imposta di bollo e da ogni diritto.
(Ministero della Giustizia: La testimonianza scritta).
DAL 2001 FILODIRITTO
L'ARCHIVIO
PUBBLICA
LE
NOTIZIE
DEL
GIORNO
-
VISITA
Athos Vianelli
FATTI E VICENDE DELLO STUDIO BOLOGNESE
Affinché gli scolari d'oltralpe si trovassero maggiormente a loro agio, incontrando
ospitalità presso gente del proprio paese, si giunse persino a favorire lo stabilirsi nella
città di albergatori stranieri; si ha, infatti, notizia di membri della famiglia Vom Schwert
(De Spata) di Basilea che tennero per diverse generazioni una pensione per studenti nel
quartiere di S. Genesio, come pure di un certo Enrico Schala di Zurigo, anch'egli
albergatore nel medesimo quartiere e di altri ancora, fra i quali Enrico de Bussune,
tedesco, e Guglielmo Bergognone proveniente dalla Svizzera Romanza.
La città ben presto si anima ed è come percorsa da un flusso nuovo e rigeneratore, la sua
ubicazione privilegiata di nodo stradale importantissimo le conferisce in breve tempo una
posizione preminente fra i centri commerciali della penisola, il grano arriva abbondante
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dalle ubertose campagne circostanti e viene smerciato con ricchi guadagni. Il lusso e le
consuetudini dei ricchi stranieri recano alla cittadinanza bolognese nuove conoscenze e
creano le premesse a nuove concezioni di vita; sulla scia degli studenti accorrono da ogni
contrada mercanti e quattrini, portando alla città, che si fregia del gloriosissimo
appellativo di «Alma Mater Studiorum», una prosperità mai conosciuta di cui sono ancora
oggi testimoni i magnifici edifici e le "grandi Chiese dell'epoca."
Il Comune, conscio che i forestieri che accorrevano allo Studio costituivano la
ricchezza principale della città e preoccupato dell'enorme danno che sarebbe
derivato da un loro eventuale esodo, ebbe sempre cura di proteggerli ed onorarli
affinché si sentissero circondati da un'atmosfera di giustizia e di benessere;
lasciò agli scolari una piena indipendenza nella loro giurisdizione civile, li esentò
da ogni gabella sui libri, concesse loro di essere immuni dalle rappresaglie importante provvedimento questo, perché è facile arguire che se si fossero
sancite le rappresaglie a danno degli scolari essi avrebbero dovuto tornarsene ai
loro paesi, in quanto ogni volta che un loro concittadino avesse commesso
violenza contro un bolognese essi avrebbero potuto essere colpiti, pur senza
colpa, da gravi ritorsioni -; insieme agli scolari ne erano inoltre esenti anche i
parenti che eventualmente fossero venuti a visitarli o abitassero con loro.
Il Comune minacciava pure pene gravissime a tutti coloro che avessero
attentato all'incolumità ed agli averi degli scolari. Purtroppo questo ultimo
provvedimento si mostrò il più delle volte vano, perché le strade che conducevano alla
città non davano sempre possibilità di controllo ed erano straordinariamente malsicure;
molti sono i fatti che si ricollegano a questa precarietà di transito ma, comunque
andassero le cose, il Governo della città intervenne sempre fattivamente, anche presso
altri Comuni, perché si cercasse di provvedere a questo deprecabile inconveniente. Per
impedire, infine, che gli scolari fossero... "pelati" dalla cittadinanza bolognese nei loro
contratti per le pensioni, si stabilì che ogni anno venisse fissato il prezzo delle dozzine dai
"taxatores hospitiorum" che erano degli incaricati delle Università; veniva così eliminata
ogni forma di speculazione sul vitto e sull'alloggio che, da che mondo è mondo, sono gli
elementi basilari della problematica amministrazione di chi è costretto a vi vere lontano
dalla propria dimora e dalla famiglia.
Mi sembra a questo punto opportuno riportare dal Sorbelli la citazione tradotta da un
anonimo poema latino che narra la vita di Federico I e, precisamente, il passo che
descrive quando dottori e studenti bolognesi si recano a visitare l'imperatore accampato
sulle rive del Reno a poca distanza da Bologna; alla richiesta, fatta da Federico I ai
visitatori, in merito alla loro vita ed alloro trattamento nella città, un dottore risponde:
«Noi amiamo sopra le altre questa città, ricca di prodotti e adatta per l'insegnamento: qui
giunge da ogni parte d'Europa una moltitudine di scolari che vogliono apprendere. Qui
portiamo cose, vesti, denaro: troviamo case adatte nel centro della città; compriamo a
giusto prezzo le cose che ciascuno di noi vuole, salvo l'acqua il cui uso è comune a tutti.
Studiamo sempre, e lo studio ci è di vera letizia. I cittadini, a dire il vero, ci onorano...».
Naturalmente non andava tutto liscio tra i cittadini, i birri e gli studenti che qualche volta
si abbandonavano ad eccessi e ad insane gazzarre, ma gli eventi venivano allora misurati
dai bolognesi con altro metro che non quello attualmente usato e, pertanto, non si dava
troppo peso alle baruffe ed alle liti. È significativo fare un confronto tra il sentimento
favorevole della cittadinanza bolognese per gli studenti ed il disprezzo che si usava per
loro a Napoli, dove venivano allontanati dai quartieri eleganti e considerati alla stessa
stregua delle meretrici.
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Tribunale di Bologna, Registro della stampa, 24 luglio 2007, n.7770
Direttore responsabile Antonio Zama
[Athos Vianelli, Fatti e vicende dello studio bolognese, Tamari Editori, Bologna, 1961,
pp.14-16]
FOCUS
Diritto
della
privacy,
diritto
penale,
diritto
delle
nuove
tecnologie:
TRIBUNALE
DI
MILANO:
I RESPONSABILI DI GOOGLE HANNO AGITO SENZA DILIGENZA E BUON SENSO
La nota vicenda della diffusione su Google Video nella sezione video divertenti di un video
della durata di circa tre minuti e mezzo che ritraeva offese e gravi atti denigratori
compiuti da un gruppo di studenti nei confronti di un ragazzo autistico, si è conclusa con
la condanna del Presidente e di un componente del Consiglio di amministrazione (poi
amministratori delegati) di Google Italia S.r.l. e del responsabile delle politiche sulla
privacy per l’Europa di Google Inc. per violazione dell’articolo 167 del Codice Privacy in
materia
di
trattamento
di
dati
personali
(sensibili).
Premesso che le oltre cento pagine di sentenza dovrebbero essere lette integralmente,
ciò che forse tanti autorevoli commentatori della prima ora non hanno fatto, ci
soffermiamo
sui
passaggi
che
reputiamo
più
significativi.
"L'IP (e cioè I'internet provider) che fornisca agli utenti un semplice servizio di
interconnessione e che avvisi correttamente gli stessi degli obblighi di legge
concernenti la privacy, non può essere considerato punibile se non controlla
preventivamente l'ottemperanza da parte dell'utente all'obbligo di legge citato.
"Ad impossibilia nemo tenetur", e cioè non è possibile imporre a qualcuno un obbligo
a cui egli non è in grado di fare fronte con i normali mezzi a sua disposizione: sarebbe del
tutto impossibile pretendere che un IP possa verificare che in tutti i migliaia di video che
vengono caricati ogni momento sul suo sito web siano stati rispettati gli obblighi
concernenti
la
privacy
di
tutti
i
soggetti
negli
stessi
riprodotti.
E' però necessario (ed è quindi legittimo richiedere il rispetto di tale
comportamento) che l'IP fornisca agli utenti medesimi tutte le necessarie
avvertenze in ordine al rispetto delle norme citate, con particolare attenzione a
quelle che concernono la necessità di procurarsi l'obbligatorio consenso in
ordine alla diffusione di dati personali sensibili. Esiste quindi, a parere di chi
scrive, un obbligo NON di controllo preventivo dei dati immessi nel sistema, ma
di corretta e puntuale informazione, da parte di chi accetti ed apprenda dati
provenienti da terzi, ai terzi che questi dati consegnano. Lo impone non solo la
norma di legge (art. 13 DL citato), ma anche il buon senso, nella particolare modulazione
dello stesso che può applicarsi alla gestione di un sistema informatico.
...
Sulla base di tale interpretazione dovrebbe quindi ritenersi corresponsabile del reato di
cui all'art. 167 DL citato, quel tipo di ISP che ( come nel caso in esame) non si limiti a
fornire un semplice rapporto di interconnessione, ma, gestendo i dati in suo possesso, ne
divenga in qualche modo "dominus" e quindi "titolare del trattamento" ai sensi di legge,
con
gli
obblighi
corrispondenti.
Deve dirsi che questo tipo di impostazione accusatoria da un Iato sembra richiedere un
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livello di approfondimento probatorio forse troppo elevato (quando un ISP può con
certezza definirsi un hoster attivo quando può ritenersi esaurita la ricerca di quel quid
pluris di cui parla la S.C.), dall'altra esclude dal novero dei potenziali responsabili tutte le
numerose platee degli host providers che, come si è cercato di dimostrare, non sembrano
poter sfuggire alle ricadute concorsuali delle condotte di reato evidenziate.
La normativa che punisce le violazioni del diritto d'autore non sembra, peraltro, di così
facile trasportabilità nell'ambito del presente procedimento: l'oggetto della tutela, in quel
caso, appare chiaramente ricollegabile alla mera condotta di caricamento del dato, di
talchè l'eventuale "apprensione" del dato medesimo da parte dell'ISP (sotto forma di
indicizzazione dello stesso o altro) costituisce di per sé un concorso nel reato
preesistente; nel caso in esame, invece, la violazione della legge è, per così dire, più
nascosta, o comunque occultata nelle pieghe di un possibile comportamento altrui, e non
può essere quindi "trasportata" nelle mani del provider solo e soltanto perché il dato
viene
gestito
o
organizzato
dallo
stesso.
In parole più semplici il provider che indicizza dei testi coperti dal diritto d'autore
che altri caricano e si scambiano, consentendone una commercializzazione più
veloce e facile, certamente può essere ritenuto corresponsabile del reato
contestato agli uploaders (così come indicato dalla S.C.); ma un provider che
carica dei video contenenti dati sensibili di soggetti a cui non è stato richiesto il
consenso e li organizza e gestisce non può essere ritenuto responsabile della
mancata richiesta di consenso (nonostante la gestione dei dati in parola) se non
viene provata la sua piena consapevolezza di tale mancanza; consapevolezza
che, naturalmente può e deve derivarsi da una mancanza di segnali o di
elementi significativi all'atto della prima comunicazione del caricamento.
A parere di chi scrive, comunque, il fatto che l'ISP faccia qualcosa di più del suo dovere di
mero intermediatore (e cioè diventi un hoster attivo o un content provider, come anche
può dirsi) è una volta provato, certamente un elemento importante ai fini della
ricostruzione delle ipotesi di reato contestate o contestabili, ma non trasforma, sic et
simpliciter, l'ISP in un immediato realizzatore dei possibili reati emergenti dai dati
caricati: non esiste, a parere di chi scrive, perlomeno fino ad oggi, un obbligo di
legge codificato che imponga agli ISP un controllo preventivo della
innumerevole serie di dati che passano ogni secondo nelle maglie dei gestori o
proprietari dei siti web, e non appare possibile ricavarlo aliunde superando d'un
balzo il divieto di analogia in malam partem, cardine interpretativo della nostra
cultura
procedimentale
penale.
Ma, d'altro canto, non esiste nemmeno la "sconfinata prateria di internet" dove
tutto è permesso e niente può essere vietato, pena la scomunica mondiale del
popolo del web. Esistono, invece, leggi che codificano comportamenti e che
creano degli obblighi, obblighi che, ove non rispettati conducono al
riconoscimento di una penale responsabilità. E' pertanto ovvio che l'hoster attivo o il
content provider che dir si voglia avrà certamente un livello di obblighi e di
comportamenti più elevato di quello di un semplice host provider o service provider o
access provider: lo rende inevitabile il suo diventare il "dominus" di dati che, per il solo
fatto di essere organizzati e quindi selezionati e quindi "appresi" non sono più il flusso
indistinto che non si conosce e che non si ha obbligo di conoscere; ma tale fatto, non crea
una specie di effetto a catena che fa dell'hoster attivo automaticamente il corresponsabile
di tutti i reati che gli uploaders hanno commesso comunicando e caricando i dati in loro
possesso. In tutti questi casi varranno come in effetti valgono, le normali coordinate
interpretative e valutative che si usano per ogni tipo di reato che il legislatore ha inteso
codificare nel codice penale o nelle leggi complementari, sia da un punto di vista
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oggettivo
che
soggettivo.
E perciò, nel caso in esame, se è ben vero che un hoster attivo ( come nel caso Google
Italy) ha sicuramente più elementi per poter riconoscere l'esistenza di un reato
commesso da un singolo uploader, ed ha, inoltre, sicuramente degli obblighi che la legge
gli impone per il trattamento dei dati sensibili dei soggetti che vengono "caricati" sul suo
sito web, è altrettanto vero che non può essere imposto (perché irrealizzabile) allo stesso
un obbligo generale e specifico di controllo su tutti i dati "sensibili" caricati (obbligo
impossibile, se non altro, perché si imporrebbe ad un terzo la preventiva conoscenza di
tutti i dati personali e particolari di tutte le persone che ogni momento “transitano" sul
web); quello che, come si è detto, è imponibile allo stesso è un obbligo di
corretta informazione agli utenti dei conseguenti obblighi agli stessi imposti
dalla legge, del necessario rispetto degli stessi, dei rischi che si corrono non
ottemperandoli (oltre che, naturalmente, l'obbligo di immediata cancellazione di quei
dati e di quelle comunicazioni che risultassero correttamente segnalate come criminose).
E' peraltro evidente, perlomeno a parere di chi scrive, che NON costituisce
condotta sufficiente ai fini che la legge impone, "nascondere" le informazioni
sugli obblighi derivanti dal rispetto della legge sulla privacy all'interno di
"condizioni generali di servizio" il cui contenuto appare spesso incomprensibile,
sia per il tenore delle stesse che per le modalità con le quali vengono sottoposte
all'accettazione dell'utente; tale comportamento, improntato ad esigenze di
minimalismo contrattuale e di scarsa volontà comunicativa, costituisce una
specie di "precostituzione di alibi" da parte del soggetto/web e non esclude,
quindi, una valutazione negativa della condotta tenuta nei confronti degli utenti.
Da questo punto di vista, tornando alla valutazione del caso concreto, non può dubitarsi
dei
seguenti
elementi
conoscitivi
e
probatori:
- Google Italy costituiva la limano operativa e commerciale di Google Inc. in Italia;
- Attraverso il sistema AD Words ed il riconoscimento di parole chiave, Google Italy aveva
sicuramente la possibilità di collegare, attraverso la creazione di link pubblicitari, le
informazioni riguardanti i clienti paganti alle schermate riguardanti Google Video, e
quindi, in qualche modo, gestire, indicizzare, organizzare anche i dati contenuti in
quest'ultimo
sito;
- Google Italy quindi "trattava" i dati contenuti nei video caricati sulla piattaforma di
Google Video e ne era quindi responsabile, perlomeno ai fini del DL sulla privacy;
- L'informativa sulla privacy visualizzabile per l'utente dalla pagina iniziale del servizio
Google Video in sede di attivazione de! relativo account al fine di porre in essere il
caricamento dei files da parte dell'utente medesimo era del tutto carente o comunque
talmente "nascosta" nelle condizioni generali di contratto da risultare assolutamente
inefficace
per
i
fini
previsti
dalla
legge.
- Si veda in questo senso l'annotazione di PG della GdF di Milano del 19 giugno 2008
(reperibili negli atti del PM faldone 11 n. 13 pagg. 462/490), alla quale sono stati allegati
i "termini e condizioni di servizio di Google" i "termini e condizioni del programma di
caricamento di Google Video" "i punti salienti delle norme sulla privacy di Google" datate
14 ottobre 2005, "le norme sulla privacy di Google" datate 14 ottobre 2005 agli indirizzi
web ricollegati ai servizi in questione: tutte le informazioni comunicate all'utente
relative alla Privacy fanno riferimento, senza possibilità di dubbio, alla tutela
della privacy dell'utente medesimo, utente che accetta di sottoscrivere il
contratto con Google e che carica il video (o qualsiasi altro dato o informazione)
in suo possesso, senza fare alcun esplicito riferimento alla privacy di altre
persone eventualmente presenti nel video o nel contenuto dell'uploading; è ben
vero che al punto 9 dei "termini e condizioni del programma di caricamento di Google
video" si chiede all'utente di garantire che il contenuto "autorizzato" che sta caricando
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non violi "diritti o obblighi verso qualsiasi persona, inclusi ...i diritti di privacy" ma l'avviso
in questione, al di là della sua genericità ed astrattezza, è dato in modo "nascosto ed
anonimo", quasi a garantirsi (come si è già detto) la presenza di un alibi in un eventuale
momento successivo di contrasto. Ad assoluta riprova di quanto fin qui riferito, nel
momento in cui I'utente più attento e testardo di altri avrebbe voluto compulsare "i punti
salienti della normativa sulla privacy di Google" avrebbe scoperto, al punto 2 della
medesima ("Quali sono i dati personali e gli altri dati che raccogliamo") che "Google
raccoglie dati personali quando vi registrate per accedere ad un servizio di Google": non
vi è chi non veda che chiunque legga questa frase non può che pensare ai "propri" dati
personali e non certo a quelli delle persone incautamente citate o riprese nei "contenuti
autorizzati",
- Il fine di profitto (richiesto dalla norma specificamente per la sussistenza del dolo) era,
evidentemente, ricollegabile alla interazione commerciale ed operativa esistente tra
Google Italy e Google Video, interazione derivante dalla operatività del sistema AD Words
e dal collegamento esistente tra le keywords (parole chiave) utilizzate in quest'ultimo ed
il sito web ospitante i video (vedi, sul punto, le precise risultanze di indagini effettuate dai
PM
e
riportate
nella
parte
iniziale
della
presente
motivazione).
- Si vedano inoltre, ad ulteriore riprova di quanto fin qui riferito, le affermazioni di Google
contenute nel punto 17 dei "termini di servizio e condizioni di contratto": "alcuni dei
servizi sono finanziati dalle pubblicità e possono visualizzare pubblicità e promozioni.
Queste pubblicità possono avere come oggetto il contenuto di informazioni memorizzate
nei servizi ..." nonché il punto 3 dei "termini e condizioni del programma di caricamento
di Google Video": "Google può rendere disponibile...uno o più link al sito web specificato
dall'utente ...in relazione a qualsiasi messa a disposizione dei contenuti autorizzati, e
rendere disponibili i link ai siti web di rivenditori commerciali di terzi in cui,
eventualmente,
è
possibile
acquistare
i
contenuti
autorizzati".
- L'esistenza di tutti questi "indici rivelatori" di tipo fattuale e documentale dimostra, a
parere di chi scrive, una chiara accettazione consapevole del rischio concreto di
inserimento e divulgazione di dati, anche e soprattutto sensibili, che avrebbero dovuto
essere oggetto di particolare tutela; non solo, ma anche dell'interesse economico
ricollegabile a tale accettazione del rischio e della chiara consapevolezza di quest'ultimo.
In parole semplici: non è la scritta sul muro che costituisce reato per il proprietario del
muro, ma il suo sfruttamento commerciale può esserlo, in determinati casi ed in presenza
di
determinate
circostanze.
Per queste ragioni non può esservi dubbio in ordine al riconoscimento della responsabilità
penale degli imputati in relazione al reato contestato sub B (illecito trattamento di dati
personali e sensibili): le risultanze probatorie ottenute ed utilizza bili permettono la
ricostruzione del fatto/reato così come contestato dai PM nel decreto di citazione diretta e
ne impongono la conseguente valutazione di responsabilità penale in termini di
colpevolezza".
(Tribunale Ordinario di Milano - Sezione Quarta Penale, Giudice Dott. Oscar
Magi, Sentenza 24 febbraio - 12 aprile 1010, 1972).
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Caio Svetonio Tranquillo
(70-126)
VITE DEI CESARI
Domiziano
VIII. Amministrò scrupolosamente ed attivamente la giustizia, spesso anche nel
Foro, in via straordinaria, davanti al suo seggio. Annullò le sentenze dei
centumviri viziate da interessi politici. Ammonì spesso i giudici delle cause
d'indennizzo a non accontentarsi di argomentazioni cavillose. Inflisse nota
d'infamia ai giudici venali ed ai loro consiglieri.
Fece accusare di concussione dai tribuni della plebe un edile disonesto e richiese al
senato giudici contro di lui. Tanta cura mise inoltre nel punire i magistrati urbani e i
governatori delle province, che non se ne ebbero mai né di più moderati né di più giusti.
E sì che più tardi ne vedemmo moltissimi incriminati per misfatti di ogni genere.
3 Assuntosi inoltre il compito di moralizzare i costumi, tolse ai cittadini la libertà di
assistere promiscuamente agli spettacoli teatrali dagli scranni dei cavalieri; ritirò dalla
circolazione scritti infamanti e pubblicamente divulgati in cui si colpivano uomini e donne
insigni, e tacciò gli autori d'ignominia. Espulse dal senato un ex questore preso dalla
passione della recitazione e della danza. Proibi alle donne disonorate l'uso della lettiga e il
diritto di ricevere legati ed eredità. Cancellò dall'albo dei giudici un cavaliere romano che
aveva nuovamente sposato la moglie, già ripudiata sotto accusa di adulterio. Condannò,
secondo la legge Scantinia *, alcuni cittadini di entrambi gli ordini.
4 Punì severamente e in vari modi l'immoralità delle vergini vestali, di cui anche il padre e
il fratello non si erano occupati, prima con la condanna a morte, poi secondo l'antica
procedura **. Alle sorelle Ocellate ed a Varronilla diede infatti la facoltà di scegliere
liberamente il genere di morte, condannando alla relegazione i loro seduttori; ma ordinò
di seppellire viva Cornelia, la maggiore delle vestali, già un tempo assolta e poi, dopo un
lungo intervallo, nuovamente accusata e dichiarata colpevole, e di fustigarne a morte i
seduttori in comizio, ad eccezione di un ex pretore cui concesse l'esilio, poiché la causa
appariva dubbia ed incerti gli interrogatori; l'uomo aveva infatti confessato solo sotto
tortura.
* Lex Scantinia de nefanda Venere, contro la sodomia (N.d.C.).
** Le vestali colpevoli venivano per antica legge sepolte vive (N.d.C.).
[Traduzione di Annamaria Rindi, Milano, Edizioni per il Club del Libro, 1962, pp.473-4].
CONTRIBUTI DOTTRINARI DALL'ARCHIVIO DI FILODIRITTO
- Diritto commerciale, diritto doganale:
MADE IN ITALY: ULTIME NOVITÀ
Commento al DDL Reguzzoni in materia di Made in Italy nei settori tessile, calzaturiero e
della pelletteria
Avv. Riccardo degli Antonini
- Diritto dei trasporti, diritto pubblico, diritto amministrativo:
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DISCHI CRONOTACHIGRAFI: DISCIPLINA E CONTROLLI
Dott.ssa Anna Rita Caruso
- Diritto amministrativo, diritto degli appalti, diritto della concorrenza:
PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA: QUANDO LA STAZIONE APPALTANTE PUÒ
DECIDERE DI NON PROCEDERE ALL’AGGIUDICAZIONE DELLA GARA?
Nota a Tar Calabria – Catanzaro, Sentenza 25 maggio 2009, n. 511
Avv. Ilenia Alizzi
- Diritto delle nuove tecnologie, diritto pubblico, diritto amministrativo:
LA FIRMA ELETTRONICA DEL QUINTO TIPO
Dott. Gianni Penzo Doria
- Diritto tributario:
TARSU NON PIU’ APPLICABILE
Avv. Maurizio Villani e Dott.ssa Stefania Attolini
Ivan Reitman
(1946)
PERICOLOSAMENTE INSIEME (Legal Eagles, 1986)
Accusa: « Signore e signori della Giuria. La Pubblica Accusa è pronta a provare, oltre ogni
ragionevole dubbio, che la notte del sette ottobre Cheisea Deardon commise il crimine di
omicidio contro la persona di certo Victor Taft, e che, nell'intento di provocare la morte di
Victor Taft, gli sparò in pieno petto tre colpi. Presenteremo testi che dichiareranno, sotto
giuramento, di aver visto Chelsea Deardon fuggire dal luogo del delitto. Le perizie
proveranno che la pistola usata per uccidere Victor Taft era registrata a nome di Chelsea
Deardon e, più importante, che c'erano le sue impronte sulla pistola. Così noi proveremo
che Chelsea Deardon era sul luogo del delitto, possedeva i mezzi per ordire tale delitto, e
ogni opportunità per commetterlo. "Opportunità" e "mezzi", elementi cruciali di per sé
sufficienti a stabilire la colpa oltre ogni ragionevole dubbio in un caso di omicidio. Ma noi
possiamo anche fornire un valido e inoppugnabile movente. Questo è un omicidio
compiuto da una donna che è stata segretamente l'amante di Victor Taft per due anni,
durante i quali egli fu, per lei, il solo mezzo di sostentamento! ».
Avvocato Logan: « Signore e signori, Chelsea Deardon non ha ucciso Victor Taft. La
Pubblica Accusa ha suggerito un possibile movente basato interamente su dei "si dice",
congetture e prove circostanziali. Prove che, superficialmente, sembrerebbero di qualche
sostanza, ma che, a un più attento esame, risulteranno di nessunissima rilevanza in
questo caso ... Non la bevete, eh? Non mi state neanche ascoltando, vero, giusto? Vi dico
che vi capisco. Dopo aver ascoltato il signor Blanchard sciorinare le proprie prove
dell'accusa ... persino io sono convinto ... la mia cliente ha assassinato Victor Taft! In
fondo, se fossi entrato là e avessi trovato Victor Taft morto per terra, e le impronte di
Chelsea Deardon sulla pistola che lo ha ucciso, niente al mondo mi convincerebbe che
non è colpevole. Ecco, risparmiamoci un sacco di tempo, allora. Siamo sinceri, sono
sicuro che abbiamo tutti di meglio da fare. Chi crede che Chelsea Deardon sia colpevole?
».
Accusa: «Obiezione, Vostro Onore! ».
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Logan: « Non tiratevi indietro, ho la mano alzata, guardate, io penso che la mia cliente
abbia assassinato Victor Taft a sangue freddo, non ne siete tutti convinti? ».
Giudice: «Signor Logan... ».
Logan: « Lui è d'accordo con me! Tu sei convinta... guardate! l'accusa dice "colpevole",
tutti i giurati dicono "colpevole", risparmiamo allo Stato di New York tanto tempo e
denaro e passiamo direttamente alla sentenza... ».
Un giurato: « Mi scusi avvocato... ». Logan: «Dica... ».
Giurato: «Non ha diritto a un equo processo? ».
Logan: « Che abbia un equo processo, ma che sia condannata! ... anche se la Giuria
ormai giudica la mia cliente colpevole, vorrei che si mettesse a verbale che credo ancora
in quella Giuria, e mi impegno ad accettare il suo verdetto finale, qualunque esso sia ...
Allora, premesso che è colpevole, ora che facciamo? Questo è il problema, vero? È un
problema particolarmente arduo, perché noi partiamo dall'assioma legale di un Paese che
protegge noi e i nostri diritti. Si chiama "presunzione d'innocenza", cioè si presume che tu
sia innocente finché non sia provato che tu sia colpevole. Perciò, qualsiasi idea vi possiate
già essere fatti sul caso, Chelsea Deardon deve essere vista dai vostri occhi, deve essere
intesa dalle vostre menti, deve essere compresa dai vostri cuori come innocente. E allora,
qual'è la verità? Forse la verità comincia diciotto anni fa, quando decine di quadri, opere
d'arte del padre di Chelsea, Sebastian Deardon, forse furono distrutte dall'incendio in cui
egli tragicamente perse la vita. Ora, l'assicurazione pagò per quei dipinti due milioni e
mezzo di dollari, eccezionale come somma per quei tempi, ma irrisoria per il loro valore
attuale. Riteniamo che quei dipinti ancora esistano, e che oggi valgano più di venti milioni
di dollari. Victor Taft non è stato assassinato a scopo di vendetta dall'imputata. È stato
assassinato allo scopo di proteggere qualcuno. Qualcuno che a sua volta, diciotto anni fa,
gli fu complice in incendio doloso, frode e omicidio. Qualcuno che ha tratto vantaggio da
Chelsea Deardon. Qualcuno che, ora, cerca di addossarle un crimine di cui egli è
responsabile. Signore e signori della giuria, questo è un caso molto complesso, però io
confido che voi, ascoltati tutti gli elementi, arriverete ad una decisione che sarà veritiera.
E la verità è che Chelsea Deardon è innocente! Grazie.
[Pericolosamente insieme di Ivan Reitman (1986), tratto da Giovanni Ziccardi, Il diritto al
cinema, Giuffrè Editore, 2010, pp.108-110]
[Con l'occasione segnaliamo l'associazione Legal Drama Society (LDS)]
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***
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N.196)
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