Musica-primaria-Vocalità - Istituto comprensivo di Monte San Pietro
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Musica-primaria-Vocalità - Istituto comprensivo di Monte San Pietro
Piano di miglioramento Vocalità Appunti e considerazioni a cura di Paola Borganti e Alan Selva La vocalità va intesa prioritariamente come un percorso di conoscenza di sé. Deve essere curata ed esercitata in modo costante, a partire dalla Scuola dell’Infanzia. Fino ai 7/8 anni si consiglia un percorso non formalizzato, legato ad un uso della vocalità spontanea, attraverso l’interpretazione di semplici canti, anche molto brevi, imparati per imitazione. Dal secondo ciclo della Scuola Primaria invece sarebbe opportuno condurre gli alunni ad una progressiva consapevolezza degli aspetti tecnici e all’apprendimento dei canti anche attraverso la lettura della notazione. Obiettivi: - Educare l’organo fonatorio Educare l’orecchio musicale Conoscere sé stessi Consolidare o potenziare la spontaneità della pratica vocale Contenuti: 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) Discriminare tra suoni acuti e gravi Conoscere l’organo fonatorio Imparare ad ascoltare Imparare a respirare Imparare ad intonare Imparare ad imitare Conoscere la notazione Metodi: 1) Esercizi di ascolto e riproduzione vocale (individuale e in gruppo) 2) Esercizi di ascolto finalizzati ad individuare i principali parametri del suono (in particolare l’altezza) 3) Introduzione dei principali elementi della notazione musicale 4) Memorizzazione dei canti proposti 5) Esercizi di respirazione 6) Vocalizzi 7) Dettati melodici Considerazioni generali: Per la produzione vocale dei suoni determinati va stimolata ed esercitata l’attenzione all’ascolto. Il bambino deve avere una chiara idea del suono che deve riprodurre per essere in grado di “sistemare” la voce così che ci sia uguaglianza fra suono proposto e suono emesso. Cantare è un inevitabile esercizio di auto-ascolto, che abitua a valutare e controllare sé stessi. Non sempre è immediata la capacità di intonare un suono all’altezza giusta, ed è importante non valutare eventuali insuccessi con negatività, ma considerarli un punto di partenza. La difficoltà ad intonare può avere svariate origini, ma nella maggior parte dei casi dipende da una scarsa esperienza. Sono rarissime le situazioni di bambini che non intonano correttamente per problemi fisiologici legati all’organo fonatorio: patologie o malformazioni delle corde vocali o della conformazione della laringe non vanno completamente escluse, ma in genere ricoprono una percentuale bassissima dei casi. L’aspetto emozionale va tenuto invece in gran conto. L’insegnante deve evitare di evidenziare le difficoltà che emergono, e privilegiare la pratica in piccolo gruppo, che aiuterà il bambino a sensibilizzare l’orecchio rispetto ad una corretta riproduzione e a vincere eventuali ritrosie. Meno utile il lavoro in grande gruppo, all’interno del quale il bambino in difficoltà non potrà riconoscere la propria voce e faticherà ad operare una, seppure inconsapevole, autocorrezione. La scelta del repertorio deve essere guidata, in fase iniziale, da alcuni fondamentali requisiti: estensione adeguata, ritmo semplice e possibilmente ripetitivo, tempi abbastanza veloci. In genere può essere opportuno affidarsi a chi mette in campo una profonda esperienza. Esistono in commercio tanti testi a cui riferirsi, alcuni in particolare hanno come sussidio il cd audio con le basi musicali (utili anche per gli insegnanti che non leggono la musica per selezionare e studiare le canzoni). Di provata efficacia il testo di Maurizio Spaccazocchi “Crescere con il canto”. Si tratta di un percorso musicale dedicato alla vocalità parlata e cantata per bambini fra i quattro e i quattordici anni. Il testo procede con gradualità ed è una guida utilissima per stimolare l’uso della voce e per far crescere nei bambini la cultura personale, per sviluppare il carattere e maturare la capacità di mettersi in relazione con gli altri. Lo sviluppo vocale è curato negli aspetti fisici (estensione, timbro, sostegno e gestione del suono, energia vocale), negli aspetti musicali tipicamente esecutivi (andamento, fraseggio, velocità, dinamica), sia percettivo-auditivi sia espressivi. Privilegia inoltre l’interculturalità, proponendo canti in diverse lingue e di diverse etnie, e l’apprendimento di una buona pronuncia e articolazione delle sillabe, delle vocali e delle consonanti. Spunti metodologici: Si può proporre l’ascolto di due suoni diversi fra loro per altezza, chiedendo al bambino una comparazione (es.: quale fra i due suoni è il più acuto, oppure il più grave); è imprescindibile l’uso di una tastiera. In fase iniziale è opportuno che i due suoni siano molto distanti fra loro, ovvero uno molto acuto e l’altro molto grave. Via via i due suoni da comparare verranno proposti sempre più vicini, fino alla distanza minima (chiamata semitono; es.: do, do diesis). I due suoni vanno eseguiti in successione, uno dopo l’altro (si chiama intervallo melodico) e non contemporaneamente (intervallo armonico), poiché la seconda delle due modalità risulterebbe troppo difficile. Si consigliano esercizi di intonazione sulla scala o su parti di essa. La scala musicale è una successione di 8 suoni e può avere diverse organizzazioni delle note che la formano a seconda della distanza (differenza di altezza) fra un suono e l’altro. Le scale più comuni sono quella maggiore e quella minore. Fra le scale maggiori da proporre ai bambini le più idonee (per estensione) sono quella di do (do, re, mi, fa, sol, la, si, do; ovvero tutti i tasti bianchi del pianoforte, partendo da un do e arrivando a quello dell’ottava superiore), quella di re (re, mi, fa diesis, sol, la, si, do diesis, re; una nota diesata è una nota alzata di un semitono, per intenderci il fa diesis corrisponde al tasto nero a destra del tasto fa), quella di si (si, do diesis, re diesis, mi, fa diesis, sol diesis, la diesis, si). La scala può essere cantata in senso ascendente (dal basso verso l’alto) e in senso discendente (dall’acuto verso il grave). Può essere cantata/studiata per intero, o, in fase inziale, frammentandola. Se si prende come modello la scala di do maggiore si può inizialmente cantare solo la prima parte, ovvero: do, re, mi e poi mi, re, do, aggiungendo nel corso delle lezioni una nota, fino a completarla. Ricordate sempre che prima di chiedere ai bambini di cantare le note proposte, dovranno averle attentamente ascoltate. Le note possono essere cantate utilizzando delle sillabe sempre uguali (la; ro; ti; du; me ecc.) oppure attribuendo a ciascun suono il nome proprio della nota. Esercizi di riconoscimento (dettato di suoni): l’insegnante fa ascoltare due suoni, li fa cantare agli alunni (attribuendo ad ogni suono il nome proprio della nota, ad es.: do, re), esegue poi le note in ordine diverso e chiede che l’alunno (un bambino alla volta) canti ciò che ha ascoltato sempre associando ai suoni i nomi delle note (es: do, do; re, re; do, re; re, do; anche allungando la sequenza, es: do, do, re, re, do; do, re, do, re, do; ecc.). L’esercizio prevede che ogni volta si possa aumentare il numero delle note proposte (es: do, re, mi; do, re, mi, fa; ecc.). E’ consigliabile utilizzare in questo caso la scale di do e quindi iniziare sempre dal do. L’uso di altre scale non è inadeguato, ma più complesso per l’insegnante se non conosce le scale maggiori e minori. Ricordo che la scale di do maggiore è formata dai tasti bianchi del pianoforte, deve partire da un do ed arrivare a quello dell’ottava superiore, se ascendente, o inferiore se discendente (do, re, mi, fa, sol, la, si). Esercizi di ascolto, riproduzione vocale e anche riconoscimento (vedi dettato al punto precedente) di bicordi maggiori e minori. Tutte le attività precedentemente elencate possono infatti essere svolte utilizzando i bicordi. Il bicordo è formato da due suoni, che in questo caso possono essere proposti in modo melodico (un suono dopo l’altro) o in modo armonico (i due suoni eseguiti contemporaneamente). Il bicordo maggiore è formato è formato da due suoni a distanza di due toni, quello minore da due suoni a distanza di un tono e mezzo. Esempi di bicordi maggiori: do-mi; re, fa diesis; mi, sol diesis; ecc.). Esempi di bicordi minori: do, mi bemolle; re, fa; mi, sol; ecc.). Si allega il canone “Tombai”. I canoni vanno insegnati all’unisono (tutti imparano contemporaneamente il brano) per essere successivamente eseguiti in forma polifonica (ovvero dividendo i bambini in due o tre gruppi e sovrapponendo le esecuzioni che avranno inizio in momenti diversi; normalmente vi sono le lettere dell’alfabeto ad indicare come strutturare gli interventi). Bibliografia: Maurizo Spaccazocchi “Crescere con il canto” volume 1 e 2 Perini - Spaccazocchi “Noi e la musica” volume 2 da CML: Ti dò la prima nota, Volpe volpe, Viene maggio Esempio di percorso di alfabetizzazione canora Passaggi 1 Inizia ogni lezione con alcuni semplici esercizi di allungamento e di postura. È importante insegnare ai bambini a cantare con una buona postura, e soprattutto insegnarli come seguire correttamente una lezione di canto, dando loro compiti semplici e raggiungibili. I bambini apprezzano molto l'apprendimento cinestetico e amano fare attività fisica. 2 Lavora su semplici tecniche di respirazione: quando inspiri, la pancia dovrebbe espandersi. Quando espiri, la pancia dovrebbe contrarsi. Le spalle e il petto non dovrebbero mai salire o scendere. Puoi far esercitare i tuoi allievi in piedi o sdraiati con un libro sulla pancia. Evitare all’inizio delle prove ogni tipo di sforzo vocale, facendo eseguire delle note troppo alte o troppo basse e suoni troppo forti. E’ utile eseguire alcuni esercizi di intonazione in piano sulle vocali U O A E I realizzati su suoni tenuti, per abituare a mantenere una corretta intonazione del suono. Assicurati che i tuoi allievi cantino ogni vocale con la giusta posizione della bocca. Assicurati che aprano abbastanza la bocca per le A e le O e che la arrotondino abbastanza per le O e le U. Successivamente si potranno intonare semplici intervalli e frammenti di scala. 3 Inizia ad allenare l'orecchio. Insegna ai tuoi allievi a riconoscere le note e poi a riprodurne i suoni con la voce. Inizia facendogli cantare "ah" e imitando la loro nota col piano. Poi esplora alcune note più in alto e più in basso. Dal momento che molti bambini non comprendono subito il concetto di alzare e abbassare il tono della voce, puoi aiutarli alzando e abbassando la mano. Sii paziente se non riescono subito a seguire le tue indicazioni, presto ce la faranno. 4 Si consigliano esercizi di intonazione sulla scala o su parti di essa. La scala musicale è una successione di 8 suoni e può avere diverse organizzazioni delle note che la formano a seconda della distanza (differenza di altezza) fra un suono e l’altro. Le scale più comuni sono quella maggiore e quella minore. Fra le scale maggiori da proporre ai bambini le più idonee (per estensione) sono quella di do (do, re, mi, fa, sol, la, si, do; ovvero tutti i tasti bianchi del pianoforte, partendo da un do e arrivando a quello dell’ottava superiore), quella di re (re, mi, fa diesis, sol, la, si, do diesis, re; una nota diesata è una nota alzata di un semitono, per intenderci il fa diesis corrisponde al tasto nero a destra del tasto fa), quella di si (si, do diesis, re diesis, mi, fa diesis, sol diesis, la diesis, si). La scala può essere cantata in senso ascendente (dal basso verso l’alto) e in senso discendente (dall’acuto verso il grave). Può essere cantata/studiata per intero, o, in fase iniziale, frammentandola. Se si prende come modello la scala di do maggiore si può inizialmente cantare solo la prima parte, ovvero: do, re, mi e poi mi, re, do, aggiungendo nel corso delle lezioni una nota, fino a completarla. Ricordate sempre che prima di chiedere ai bambini di cantare le note proposte, dovranno averle attentamente ascoltate. Le note possono essere cantate utilizzando delle sillabe sempre uguali (la; ro; ti; du; me ecc.) oppure attribuendo a ciascun suono il nome proprio della nota. 5 Insegna gli intervalli. Inizia a lavorare sugli intervalli(distanza fra due note di altezza diversa), maggiori iniziando da quelli di seconda e arrivando via via a quelli più distanti fin’anche a quelli di ottava. Consigli Ricorda che i bambini, soprattutto quelli più piccoli, imparano sempre meglio facendo rispetto a spiegargli come fare qualcosa. Un buon modello da seguire quando insegni qualcosa di nuovo è come prima cosa dimostrarlo, poi mostrare al tuo allievo come fare (in piccoli passaggi, se è un'operazione complessa), poi permettendogli di provare finché non riesce, e poi farglielo ripetere quante volte desidera. Ricorda: i bambini imparano meglio grazie alla ripetizione, perciò dai loro molte opportunità di provare le loro nuove capacità! I bambini non sono in grado di mantenere la concentrazione a lungo. Proponi attività brevi e divertenti, con buone transizioni da una all'altra per tenerli interessati. I bambini impareranno le canzoni molto più velocemente e si divertiranno di più se accompagnerai le parole con dei gesti o dei movimenti. Ricorda, i bambini sono studenti cinestetici e amano muoversi! Respirazione diaframmatica e postura Partiamo dal presupposto che praticamente tutti possono cantare bene. Prova ne è che nei paesi nordici, dove è molto sentito il canto corale, gli stonati sono praticamente inesistenti. Le persone completamente stonate sono rarissime, e debbono questa loro condizione perlopiù ad una anomalia che risiede in una zona ben precisa del cervello, oppure a seri problemi di udito, tutti gli altri che si definiscono “completamente stonati” sono probabilmente soltanto diseducati al canto e non hanno mai preso in seria considerazione lo studio del canto. Per cominciare a respirare correttamente immettiamo nei polmoni una gran quantità di aria facendo attenzione a non gonfiare troppo la cassa toracica e senza alzare le spalle. Spingiamo invece l’aria ispirata verso la pancia percependo la sensazione di avere un palloncino che si gonfia nella pancia (in questo modo stiamo convogliando l’aria inspirata anche nella parte bassa dei polmoni costringendo il diaframma a spostarsi verso il basso sotto la spinta dei polmoni). Una corretta respirazione deve essere effettuata con tutto il polmone. Molto spesso invece nel quotidiano, si utilizza solo una parte dei polmoni, quella alta, riducendo così la ventilazione e gli effetti benefici della respirazione che sono in primis, come universalmente risaputo, l'ossigenazione del sangue e quindi di tutto il nostro corpo. Purtroppo la frenetica vita quotidiana e lo stress di cui un pò tutti siamo vittime inducono una respirazione scorretta, appunto quella che utilizza prevalentemente la parte alta dei polmoni. Come anticipato, la respirazione più naturale e quella che prevede l'utilizzo di tutto il polmone. Ce ne accorgiamo perchè a gonfiarsi non è solo il torace bensì l'addome. Per cui se vogliamo raccogliere indizi utili su come si effettua una corretta respirazione osserviamo i bambini più piccoli, la loro respirazione è quella che noi abbiamo perduto da tempo e dobbiamo quindi imparare di nuovo. Quando i polmoni si riempiono completamente acquistano un volume maggiore e quindi vanno ad occupare un pò dello spazio solitamente riservato alla viscere per cui abbiamo come effetto un rigonfiamento dell'addome che si porta in avanti, le costole inferiori si aprono lateralmente sotto la spinta dell'aria contenuta nella zona bassa dei polmoni e anche il diaframma si abbassa e su di lui viene esercitata una forza proporzionale alla quantità di aria immagazzinata. Utilizzando una frase un pò colorita possiamo dire che i polmoni si sono andati a trovare un pò di spazio sgomitando a destra e sinistra sulla gabbia toracica, e in basso sulle viscere attraverso il diaframma e i muscoli addominali. Da qui il nome di respirazione costale - diaframmatica. Quindi tratteniamo l’aria per qualche secondo e poi cominciamo a svuotare i polmoni emettendo il suono della vocale “O” (attenzione alla posizione della bocca esageriamo il movimento facendo assumere alla nostra bocca una posizione il più possibile tondeggiante). Quando decidiamo di espirare dobbiamo mantenere ben tonici i muscoli addominali onde fornire la giusta pressione sul diaframma e regolare quindi l’emissione dell’aria così come noi vogliamo mantenendo così costante e prolungato nel tempo lo svuotamento dei polmoni. Il flusso di aria emessa dovrebbe essere il più possibile costante. Eventuali tremoli si ripercuoteranno anche sulla stabilità della nota quando andremo a cantare. Un vecchio trucco per vedere se stiamo facendo bene ed esercitarci è quello di emettere l'aria sulla fiammella di una candela, oppure porre davanti al viso un foglio di carta e sostenendolo alla sommità, ad una distanza dalla bocca di circa venti centimetri, “colpirlo” con l’aria individuandone un punto. Se il flusso sarà costante, come deve essere, la fiammella sarà sempre piegata con una inclinazione sempre uguale oppure il foglio resterà sospeso in modo obliquo ma fermo. Se si alza e si abbassa in continuazione il nostri flusso di aria non è costante. Facciamo questi movimenti lentamente, non abbiate assolutamente fretta né di inspirare né di espirare. Tra l’altro questo tipo di respirazione contribuisce anche a rilassarci quindi sfruttiamo bene il tempo che abbiamo deciso di impiegare per questo esercizio. Sono molte le discipline che dedicano mola attenzione alla respirazione diaframmatica e la utilizzano per trovare una migliore sintonia con il proprio corpo. Ad esempio le arti marziali, gli sport dove si esige concentrazione e precisione (tiro con l'arco, pistola, fucile ecc.) il training autogeno ecc. ecc. Imparata la respirazione, che dovremmo cercare di applicare in ogni momento della nostra giornata (ricordandoci sempre che quella appena descritta è la respirazione più naturale) cerchiamo di imparare la giusta postura del nostro corpo quando intendiamo cantare. Per verificare se la vostra respirazione diaframmatica è corretta, mettetevi davanti ad un grande specchio e fate un respiro profondo. Se nell'inspirare le spalle si alzano e il torace si gonfia come un militare sull'attenti...., allora la vostra respirazione va rivista, è troppo alta. Se invece, sempre facendo un bel respiro, le spalle si spostano di poco e l'aria inspirata va a gonfiare l'addome, (questo accade perchè a gonfiarsi sono la parte bassa dei polmoni) allora va tutto bene, la vostra respirazione diaframmatica è corretta. L'emissione dell'aria e la produzione del suono è in gran parte gestita dai muscoli addominali che forniscono al diaframma un sostegno sicuro ed efficace durante l’espirazione. I polmoni gonfiandosi andranno ad occupare lo spazio lasciato vuoto dal diaframma (che voglio ricordare è un muscolo laminare a forma di cupola il cui vertice sale all’interno della gabbia toracica, e che quando si contrae si appiattisce e ne consegue l’allungamento del diametro) ma non solo. I polmoni premeranno contro la parte bassa della gabbia toracica. Per cui, siccome sappiamo che le ultime due coste della gabbia toracica sono piuttosto elastiche in quanto non saldate anteriormente, e per questo definite anche coste false oppure fluttuanti queste cederanno anche loro sotto la spinta dei polmoni rigonfi d’aria. Questi due movimenti di cessione dello spazio da parte del diaframma e delle coste, fanno si che i polmoni possano gonfiarsi nella loro parte bassa e non solo in quella alta. Quando i polmoni mano a mano si svuotano del loro contenuto di aria, si riducono di volume e quindi occupano meno spazio, il diaframma accompagna questo movimento dei polmoni e risale di pari passo rimanendo sempre a contatto con la parte bassa dei polmoni, grazie anche alla sua già riferita forma a cupola. Questo contatto è in realtà un sostegno, un piano d’appoggio per i polmoni che possono svuotarsi e contrarsi senza perdere appunto l’appoggio. Infatti durante l’espirazione si avrà una introspezione del diaframma. Inoltre i polmoni saranno compressi lateralmente dalle coste e vengono “strizzati” verso l’alto. Con i polmoni risale anche la trachea, alla sommità della quale si trova la laringe. Tale risalita è componente fondamentale, ma automatica, del meccanismo della produzione del suono. Questo continuo appoggio fa in modo che la colonna d’aria formata dai polmoni e che risale verso l’alto sia costante, un bel flusso omogeneo e che non ci siano insomma, si lasci passare il termine, “dei vuoti d’aria”. Ora, considerando che in fase di espirazione possiamo utilizzare l’aria anche per la produzione vocale, dobbiamo tenere presente che tale pratica è provocata da una vibrazione costante e regolare delle corde vocali. Per cui se la colonna d’aria non è costante e regolare anche le vibrazioni delle corde non saranno costanti e regolari e di conseguenza non sarà costante neanche il suono prodotto dalle corde vocali, praticamente la nota prodotta sarà traballante ed imprecisa, come si dice spesso sarà una nota “calante” oppure “crescente”, comunque non perfettamente intonata. Usiamo un’immagine per descrivere ciò che accade, un’immagine invero assai citata nei testi di didattica sul canto, ma comunque sempre efficace e che io cercherò di rendere semplicemente ancora più comprensibile, senza la pretesa di voler riferire qualcosa di inedito. Immaginiamo una fisarmonica, o meglio il mantice di una fisarmonica, e paragoniamo il mantice ai polmoni ed il braccio del musicista che regge il mantice al diaframma e ai muscoli addominali. Quando il mantice deve riempirsi d’aria come fa? Si allarga grazie al braccio del musicista che lo tira verso il basso ma al tempo stesso lo sostiene e ne regola l’ampiezza. Il braccio del musicista lo troviamo anche nella fase di produzione del suono. Quando cioè deve spinger sul mantice e far fuoriuscire il suono. La spinta dovrà essere sempre controllata facendo sì che il suono prodotto sia sempre sostenuto e regolare. L’immagine del controllo del braccio può essere paragonata all’esercizio dei muscoli della fascia addominale. Vale la pena precisare quindi, che durante la produzione vocale, gli addominali non rimarranno mai fermi, per questo si dice spesso che gli addominali sono il vero motore della voce! Inoltre, l’utilizzo corretto di questo motore, evita che il cantante produca le note utilizzando la gola, che invece come è stato più volte detto deve rimanere priva di tensioni, come deve rimanere priva di tensioni tutta la parte superiore del tronco (torace, spalle, collo ecc.). Importante, la nostra posizione deve essere sicura e rilassata al tempo stesso. Teniamo quindi le gambe leggermente divaricate (affinchè il nostro equilibrio non sia precario) le ginocchia debbono essere leggermente flesse (per non mandare il bacino e tutto il corpo all’indietro) e mantenute elastiche. Del resto come è risaputo una base larga e stabile è il miglior inizio per qualsiasi cosa si vorrà fare al di sopra di quella base. La parte superiore del corpo va tenuta ben rilassata (tronco, spalle, collo) in questo modo anche la gola risulterà rilassata e la colonna d’aria proveniente dai polmoni farà vibrare solo le corde vocali senza alcuna influenza dovuta alle contrazioni muscolari. Immaginatevi di dover fornire al percorso dell'aria una strada armoniosa e fluida senza intoppi e restringimenti. Una citazione merita anche l'articolazione della bocca (detta anche maschera facciale). Articolare bene le vocali, aprendo bene la bocca e esasperando i movimenti, facilità anche l'uscita del suono dalla testa, soprattutto dei suoni più alti. Per cui più si cantano note alte più si dovrà badare che la nostra bocca sia ben aperta e con un espressione sorridente.