LE REGOLE DI COMPORTAMENTO A TUTTO CAMPO IN TEMA DI
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LE REGOLE DI COMPORTAMENTO A TUTTO CAMPO IN TEMA DI
LE REGOLE DI COMPORTAMENTO A TUTTO CAMPO IN TEMA DI SPESE DI MANUTENZIONE DEI BENI STRUMENTALI Sommario 1. Introduzione 2. Le tipologie di spese di manutenzione 3. Gli aspetti gestionali 4. La disciplina civilistica 5. La disciplina tributaria 6. Conclusioni 1. Introduzione Le spese di manutenzione dei beni strumentali rientrano nel novero di quelle particolari voci di costo che necessitano di essere vagliate con speciale attenzione tanto in sede di formazione del bilancio d'esercizio quanto nella successiva redazione della dichiarazione dei redditi. L'esperienza comune dimostra che frequentemente, nel corso delle verifiche documentali condotte dall'Amministrazione Finanziaria, l'attività di contro llo dei verificatori si sofferma particolarmente su questa tipologia di spese, presumibilmente in quanto il legislatore tributario ha ritenuto di stabilire per le stesse uno speciale regime di deducibilità che risulta penalizzante per le imprese. Occorre altresì considerare che, pur dovendo tenere conto delle possibili implicazioni fiscali, l'estensore del bilancio è tenuto in primis a fornire una rappresentazione "veritiera e corretta" dei valori che riepilogano le risultanze aziendali dell'esercizio a ttenendosi alle prescrizioni del Codice Civile ed ai principi contabili di riferimento. Quando si affrontano le implicazioni economiche relative alle vicende degli immobilizzi strumentali nell'ambito dell'impresa - siano gli ammortamenti ed i costi di esercizio di varia natura, siano gli investimenti aggiuntivi atti a migliorare l'efficienza o comunque ad adeguare le condizioni operative ad esigenze sopravvenute - viene in evidenza, prima di ogni altro termine di riferimento, il concetto fondamentale di "vita utile". Formulare delle congetture sulla vita utile in senso economico di un bene materiale significa prendere in esame una molteplicità di fattori generali e specifici, sia di natura tecnologica che di mercato. Relativamente meno aleatorie possono essere le stime intorno alla vita utile in senso tecnico, in merito a cui giocano un ruolo determinante gli interventi conservativi che si esperiscono fin dalle prime fasi di funzionamento dei beni e poi, in crescendo, durante l'intero arco di tempo pluriennale di utilizzo dei medesimi. Si ricomprendono comunemente nel termine di "manutenzione" tutti gli interventi operativi svolti allo scopo di tenere 2 efficienti e funzionali i beni materiali. Una definizione tanto ampia ha originato nella pratica aziendale una serie di classificazioni, anche controverse, che riverberano i loro effetti sull'analisi dei costi, sulle valutazioni di bilancio e sulle determinazioni dei valori ai fini tributari. Al riguardo nella pratica aziendale ci si imbatte frequentemente nei seguenti dubbi: quali costi rientrano necessariamente fra le spese di manutenzione e quali invece possono essere correttamente contabilizzati sotto altre voci, non soggette a restrizioni di carattere fiscale ? E ancora: come è possibile formulare una distinzione tra tipologie di interventi ricorrenti, riconducibili all'operatività in senso stretto dei beni, ed attività manutentive in senso proprio ? Ed infine: qual'è la linea di demarcazione tra gli interventi di manutenzione e le attività di rinnovamento e di potenziamento della capacità produttiva dei beni strumentali ? Lo scopo del presente lavoro è quello di rispondere a tali quesiti e quindi di fornire al lettore alcune indicazioni di carattere pratico in ordine al corretto trattamento delle spese di manutenzione, sia dal punto di vista civilistico che sotto il profilo fiscale. 2. Le tipologie di spese di manutenzione Secondo vari autori di tecnologia meccanica ed elettrica, la manutenzione si estende dal controllo del razionale funzionamento delle macchine e degli impianti all'analisi di tutte le cause che per svariati motivi li pongono fuori servizio ed all'adozione dei rimedi più idonei per "rimettere in marcia" i beni di cui trattasi. Rientrano quindi nell'attività di manutenzione: - le operazioni tecniche periodiche per assicurare il regolare funzionamento; 3 - la prevenzione dei guasti; - l'individuazione degli inconvenienti di ogni genere al fine di adottare gli opportuni rimedi e, se del caso, effettuare le necessarie riparazioni. Per chiarire meglio il concetto, se consideriamo, ad esempio, un autoveicolo, tutti possiamo concordare che il rifornimento di carburante non è manutenzione, mentre lo è certamente il servizio di tagliando periodico. Se consideriamo invece un edificio, non è manutenzione provvedere alla pulizia delle vetrate o all'acquisto del gasolio per riscaldamento, mentre la tinteggiatura delle scale rientra tra le operazioni utili per conservare la piena funzionalità dello stabile, ivi com presi gli aspetti igienici ed estetici. Pertanto, come risulta evidente anche al comune osservatore, ogni manutenzione si concreta schematicamente in una serie più o meno complessa di fasi: - verifica dell'oggetto; regolazione; - eventuale riparazione; - eventuale sostituzione di parti componenti. La regolazione può associarsi a smontaggio, messa a punto, ecc. anche con l'impiego di materiali di consumo. In questo caso ciascun costo deve essere correttamente classificato e rilevato contabil mente secondo la propria natura. Mentre l'intervento di un tecnico per la messa a punto di una caldaia e la conseguente sostituzione di un cavo elettrico deteriorato è indubbiamente da considerarsi "manutenzione", 4 l'acquisto di una scatola di nastri per stampante, al fine della successiva sostituzione di quelli esauriti, invece non è una spesa di manutenzione, ma più propriamente si tratta di "acquisto materiali di consumo per funzionamento uffici". La stessa cosa può dirsi per l'acquisto della carta (cancelleria) e del toner (materiale di consumo) per la fotocopiatrice, dello spray utilizzato per la pulizia dei videoterminali, dell'inchiostro della penna stilografica, ecc. Risulta perciò importante, in sede di imputazione della registrazione contabile, discernere con attenzione i materiali di consumo strettamente e direttamente correlati ad un intervento manutentivo (ad esempio i pneumatici di un autoveicolo) da quelli che invece non lo sono, in quanto questi ultimi non sono soggetti a limitazioni di deducibilità fiscale. Talvolta la riparazione può comportare l'utilizzo di minuterie e simili per le quali si rende necessario il preventivo acquisto (ad esempio un trapano, un cacciavite, una scala, un compressore, ecc.). Anche in tale fattispecie la rilevazione del costo deve essere correttamente effettuata per natura: si tratterà perciò propriamente di "attrezzature inferiori a un milione" il cui ammortamento può essere dedotto integralmente nell'esercizio di acquisizione. La sostituzione può essere eff ettuata mediante parti nuove oppure parti recuperate e previamente riadattate. Una singola attività di manutenzione può richiedere pochi secondi oppure settimane intere. Può essere svolta in via preventiva e programmata od a seguito di avarie improvvise. L'eventuale sostituzione di parti componenti con altre nuove può ingenerare l'impressione di attuare un intervento di rinnovamento anche in termini economici, ma normalmente la sostituzione ha lo scopo primario di rimettere in pristino una funzionalità che è venuta a meno. Tra l'altro, è frequente il fenomeno di "cannibalizzazione", quando, essendo presenti in azienda più macchine od impianti 5 similari, si prendono le parti usate ma efficienti da un'unità non più in funzione per effettuare le sostituzioni sulle altre. In relazione ad un determinato bene strumentale, o ad un complesso di beni tecnicamente omogenei, le operazioni di manutenzione che sono programmate con frequenza ravvicinata, in quanto esauriscono la loro efficacia in tempi relativamente brevi, si denominano ricorrenti, ovvero "ordinarie". Quanto invece le operazioni sono programmate a scadenze più lunghe (qui è evidente la relatività del criterio in rapporto all'impiego effettivo del bene, alla congruità della programmazione, ad altri fattori anche di natura economica, quale la maggiore o minore disponibilità di spesa in determinate fasi congiunturali, ecc.), ovvero dopo che siano trascorsi uno o più anni, si adotta il termine di "straordinarie" nel suo significato letterale di "insolito". Quand'anche tutte le problematiche tecniche legate alla programmazione degli interventi in esame fossero risolvibili in modo univoco, il che nella pratica non si verifica sia per l'enorme varietà dei beni strumentali che per l'ampia variabilità delle condizioni di esercizio dei medesimi beni in realtà aziendali diverse, una traslazione dei concetti di ordinario e straordinario ai fini della determinazione dei valori di bilancio delle immobilizzazioni tecniche può risultare poco significativa e talvolta nettamente fuorviante. Tra le cause agenti che possono richiedere a cadenze ravvicinate lavori di manutenzione considerati normalmente come non ricorrenti, vanno annoverati tanto l'intensificazione dei ritmi operativi di macchinari ed impianti (aumento della velocita, dei carichi, ecc.), quanto l'impiego protratto nel tempo (in termini di turni giornalieri, di eliminazione delle fermate settimanali, ecc.). E' proprio considerando tali particolari condizioni che l'analisi gestionale può evidenziare come sussistano, anche per 6 l'attività di manutenzione, costi riconducibili alla classe dei "fissi" e costi da trattare come "proporzionali" ai volumi di produzione. Tale distinzione può riverberare, in tutti i casi nei quali siano individuabili parametri di produzione fisica di beni o di servizi, utilità informativa di gran lunga maggiore di quella ritraibile della classica contrapposizione ragionieristica tra costi di ordinaria e di straordinaria manutenzione. Appare infatti quanto mai valida l'osserva zione che ogni bene strumentale subisce un insieme di cause usuranti delle quali alcune sono connaturate alla sua struttura intrinseca mentre altre sono conseguenti alle modalità del suo impiego nei concreti processi tecnici. L'individuazione dei due ordini di cause e dei costi ad esse conseguenti può contribuire ad una migliore messa a fuoco dei fenomeni sotto il profilo economico e gestionale. Secondo la migliore dottrina, nell'ampia casistica degli interventi "straordinari" si ritrovano lavori che g enerano aumenti di produttività e/o prolungamento della vita utile dei beni e pertanto una quota non indifferente dei relativi costi sarebbe suscettibile di essere portata ad incremento del valore originario. Altri invece, più semplicisticamente, ritengono che i costi di manutenzione straordinaria debbano sempre essere capitalizzati, imputandoli a maggiorazione del costo originario, indipendentemente dal fatto che comportino o meno un aumento significativo e tangibile di produttività o di vita utile del cespite. E' opportuno evidenziare con forza che questa seconda tesi non è supportata da alcun fondamento logico, si pone in netto contrasto con i principi contabili italiani e può portare alla formulazione di valori di bilancio assolutamente distorti e privi di significatività. 7 Essa è probabilmente ascrivibile alla superficialità con cui, anzichè adeguare le rilevazioni contabili ai fenomeni reali, si tenta talvolta di ridurre la variabilità di questi a categorie preconfezionate, mediante un processo di dogmatismo a buon mercato che alla fine non genera benefici per alcuno. 3. Gli aspetti gestionali Si è già accennato all'importanza della distinzione tra costi "fissi" e costi "proporzionali". Quanto alla dinamica dei costi nel tempo, pare essenziale considerare due fenomeni che si riscontrano, sia pure con intensità variegata, nella gestione delle imprese caratterizzate da rilevanti immobilizzi tecnici: - Il primo conferma la tradizionale osservazione che i costi per mantenere in efficienza un bene strumentale in genere crescono, a parità di condizioni, con l'età del medesimo, sino ad un punto limite oltre il quale detti costi possono eccedere l'utilità economica ritraibile dall'impiego del bene stesso divenuto senescente, o comunque affetto da elementi di precarietà. Si noti che in questa fattispecie non rileva l'obsolescenza tecnologica, fattore diversamente incidente e comunque indipendente dal livello di manutenzione prestata al bene. - Il secondo fenomeno riguarda la crescita tendenziale delle attività di manutenzione nei riguardi dei beni che, proprio a motivo dell'innovazione tecnologica, si presentano di complessità crescente per offrire incrementi di prestazioni e di affidabilità, contenimento di consumi energetici e di immissioni nocive nell'ambiente, ecc. Conseguentemente, ad ogni ciclo di sostituzione si acquisiscono beni più evoluti, ma altresì abbisognevoli di manutenzioni più sofisticate ed accurate. Da quanto sopra deriva che l'analisi gestionale non può fare confusione tra costi di natura diversa, sottovalutando l'entità 8 delle spese di manutenzione a scapito dei costi operativi correttamente intesi, oppure portandole inopportunamente ad incremento del valore originario dei beni, o comunque rinviandole al futuro. L'esigenza di individuare nell'ambito della manutenzione straordinaria le attività con eventuali requisiti incrementativi va attentamente approfondita, atteso che la pratica consente di osservare come la manutenzione straordinaria sia connessa, alternativamente e talvolta congiuntamente, a: - operazioni programmate o programmabili che si effettuano, data la natura e le caratteristiche degli immobilizzi, con ciclicità ultrannuale o comunque al compiersi di determinate fasi caratteristiche della vita dei medesimi; - operazioni poste in essere in conseguenza di eventi accidentali (connaturati alle condizioni di funzionamento dei beni oppure di origine estranea) che possono pregiudicare in modo grave la normale funzionalità dei beni, ancorchè siano stati rispettati nel tempo i programmi di manutenzione sia ricorrente che a lunga scadenza; - interventi che si rendono necessari in conseguenza all'insufficiente o trascurata manutenzione ricorrente: in effetti, quando gli interventi usuali non vengono predisposti in modi e tempi adeguati, per ragioni economiche o per imperizia tecnica, è inevitabile il sopraggiungere di elementi di precoce degrado che comportano il blocco dell'utilizzo del bene, a fronte dei quali si interviene in via "straordinaria". Nella prima delle classi elencate sono frequentemente ricompresi lavori di ristrutturazione, rinnovamento ed ampliamento, in merito ai quali è necessario valutare l'effettiva utilità pluriennale, e conseguentemente la natura incrementativa o meno dei costi sostenuti, mentre nella seconda 9 e nella terza non si ravvisano generalmente degli elementi validi a sostegno della capitalizzazione dei relativi costi. Si consideri il seguent e esempio: un impianto in normali condizioni di utilizzo ha efficienza pari a 100. Nel corso della sua vita utile però fa rilevare, a causa di inadeguate e/o omesse manutenzioni periodiche ordinarie, una flessione del rendimento fino ad 80. Si provvede quindi di effettuare degli interventi straordinari, in conseguenza dei quali l'efficienza risale a 98. Appare decisamente discutibile la tesi di chi sostiene che i costi di tali interventi abbiano natura incrementativa, poichè con essi in realtà sono state soltanto ripristinate le condizioni operative che erano venute a meno a seguito delle lacune nella manutenzione ricorrente. In questo caso nessuna capitalizzazione dovrebbe essere effettuata. Più in generale, come è indubitabile che una manutenzione puntuale ed adeguata abbia pur sempre l'effetto di rallentare l'usura dei beni rispetto al normale decorso o in carenza di cure, è altresì vero che il reintegro di condizioni di efficienza e produttività è solo apparentemente "incrementativo". Emergono d unque serie motivazioni di carattere gestionale per seguire la prassi prudenziale di accantonare preventivamente nei vari esercizi, in un apposito fondo, degli ammontari idonei a fronteggiare gli oneri futuri, specie nei casi in cui l'azienda disponga di pochi beni ad alto valore unitario ciascuno dei quali comporti costi di manutenzione fortemente incidenti sul risultato complessivo. Nei casi opposti, vale a dire quanto l'azienda opera con una molteplicità di beni materiali di valore unitario contenuto rispetto all'insieme e rinnovabili a cicli pluriennali brevi, 10 si può ritenere operante un meccanismo compensativo che faccia da volano per i costi di manutenzione dei vari esercizi. In ogni caso, l'impostazione non sarebbe orientata al rinvio di costi al futuro, ma piuttosto alla precostituzione di accantonamenti in fase antecedente, e comunque di imputazione completa nell'esercizio che viene gravato di costi provocati dalle eventuali carenze del passato o da eventi inconsueti ed imprevisti, se non cop erti da specifiche polizze di assicurazione. In conclusione è bene ricordare che l'analisi gestionale non può che interpretare i fatti aziendali, in aderenza alla loro sostanza tecnica, per individuarne gli andamenti significativi e supportare decisioni consapevoli da parte del management. Ogni diverso approccio ne stravolgerebbe il significato, conducendo a risultati fuorvianti, o quanto meno privi di utilità. 4. La disciplina civilistica La migliore dottrina contabile insegna che i costi di manutenzione, che sono sempre ordinari, sono componenti economici negativi di competenza dell'esercizio di sostenimento. L'incremento del costo originario delle immobilizzazioni tecniche è invece consentito unicamente per quei costi correttamente definibili "per migliorie, modifiche, ampliamenti, ristrutturazioni o rinnovamenti" - che comportano sostanziali aumenti della vita utile dei beni, ovvero sostanziali miglioramenti della produttività, della qualità dei prodotti o di altre significative utilità. Il requisito incrementativo non può essere semplicemente desunto dal raffronto tra situazione ante e post intervento, poichè altrimenti potrebbe essere ravvisato anche nei 11 ripristini di condizioni operative normali che derivino da qualsivoglia intervento manutentivo. Il raffronto va dunque effettuato tra condizioni di utilizzo (in senso lato) originarie e strutturali del bene strumentale e condizioni emergenti al termine della realizzazione di specifici progetti migliorativi che come tali vanno indubbiamente oltre l'attività di manutenzione, ricorrente o straordinaria che sia. Il documento n. 4 dei principi contabili statuiti dai Consigli Nazionali dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri al paragrafo D.VI) disciplina analiticamente la materia in trattazione. La prima distinzione che viene evidenziata a livello civilistico è fra i costi di "manutenzione" e quelli di "riparazione". I primi vengono sostenuti per mantenere in efficienza le immobilizzazioni tecniche al fine di garantire la loro vi ta utile prevista, nonchè la capacità e la produttività originarie. I secondi invece vengono sostenuti per porre riparo a guasti e rotture. Le manutenzioni possono essere programmate in relazione alla prevista utilizzazione delle immobilizzazioni, mentre le riparazioni non possono essere programmate, ma entro certi limiti possono essere ragionevolmente previste. Da un punto di vista pratico le "manutenzioni" e le "riparazioni" costituiscono un'unica classe di costi afferenti alle immobilizzazioni e, so tto il profilo civilistico, sono entrambe dei componenti economici negativi dell'esercizio di sostenimento. Esse quindi possono essere accorpate in un unico conto, ma è opportuno che vengano tenute distinte dai costi sostenuti per l'acquisto di "beni di consumo", "beni strumentali inferiori a 12 un milione", ecc., che, come abbiamo visto all'inizio, hanno invece natura diversa. Quest'ultima distinzione peraltro, oltre a fornire nel bilancio d'esercizio una rappresentazione più veritiera e corretta degli a ccadimenti aziendali, si rivela utile anche ai fini fiscali consentendo una più corretta ed appropriata deduzione dei componenti negativi di reddito di competenza dell'esercizio. I principi contabili specificano che è opportuno utilizzare il termine "manutenzione" per riferirsi ai soli interventi che esauriscono la loro utilità economica nell'arco dell'esercizio, mentre per i costi capitalizzabili, che comportano un aumento significativo e tangibile di produttività o di vita utile del cespite, in luogo del termine improprio "manutenzione straordinaria", si deve impiegare una locuzione adeguata al lavoro svolto: "ampliamento", "modifiche", "migliorie", ecc. Risulta in tal modo superata la pretestuosa distinzione fra "manutenzioni ordinarie" e "manutenzioni straordinarie" di cui si è fatto cenno in precedenza e che tanta confusione ha ingenerato e talora continua ad ingenerare. Per quanto concerne infine la deprecabile prassi, estremamente diffusa nella pratica aziendale, di capitalizzare le spese di ma nutenzione eccedenti la quota fiscalmente deducibile ammortizzandole in quote costanti nei cinque esercizi successivi a quello di sostenimento, è bene osservare anzitutto che le disposizioni tributarie non possono nè devono inquinare i principi civilistici di corretta redazione del bilancio d'esercizio. Il suddetto comportamento, nel tentativo di avvicinare l'utile di bilancio al reddito fiscalmente imponibile, determina sostanzialmente un differimento dei costi di competenza, evidenziando nell'esercizi o di sostenimento delle 13 spese di manutenzione indebitamente capitalizzate un risultato economico superiore a quello effettivo. Al contrario, nei cinque esercizi seguenti, verranno esposti dei risultati economici inferiori a quelli realmente conseguiti dall'impresa. Oltre all'evidente mancanza di trasparenza e di significatività del bilancio, quanto sopra può comportare evidenti effetti distorsivi nel caso di distribuzione di dividendi (a cui potrebbero non corrispondere degli utili realmente conseguiti) e di mutamenti nella compagine sociale (i vecchi soci potrebbero beneficiare di maggiori utili a discapito dei nuovi soci entrati successivamente). Da quanto sopra deriva che la citata prassi è certamente da evitare. Il bilancio infatti deve essere redatto correttamente per ciascun esercizio e le rettifiche di natura fiscale vanno gestite extracontabilmente in sede di dichiarazione dei redditi mediante opportune variazioni da apportare al risultato civilistico (in aumento nell'esercizio di sostenimento de i costi eccedenti ed in diminuzione nei cinque successivi). 5. La disciplina tributaria Come si indicava in precedenza il legislatore tributario ha previsto per le spese di manutenzione un regime di deducibilità alquanto restrittivo. L'art. 67, comma 7, del DPR 917/86 infatti così recita: "Le spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione, che dal bilancio non risultino imputate ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel limite del 5 per cento del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all'inizio dell'esercizio dal registro dei beni ammortizzabili; ... (omissis) L'eccedenza è deducibile per quote costanti nei cinque esercizi successivi. ... (omissis) 14 Resta ferma la deducibilità nell'esercizio di competenza dei compensi periodici dovuti contrattualmente a terzi per la manutenzione di determinati beni, del cui costo non si tiene conto nella determinazione del limite percentuale sopra indicato". L'effetto combinato della norma in esame con i principi civilistici precedentemente esaminati è il seguente: a) Le spese di manutenzione che generano aumenti di produttività e/o prolungamento della vita utile dei beni strumentali devono essere contabilizzate ad incremento del valore originario del cespite ed assoggettate al processo di ammortamento. b) Le spese di manutenzione che esauriscono la loro utilità economica nell'arco dell'esercizio, per il solo ammontare che rientra nel limite del 5 per cento del costo complessiv o di tutti i beni materiali ammortizzabili presenti all'inizio dell'esercizio, sono deducibili per competenza. Per l'ammontare eccedente tale limite, che pure civilisticamente costituisce un costo di competenza dell'esercizio, la deducibilità è ammessa solamente per quote costanti nei cinque esercizi successivi mediante variazioni da effettuarsi nelle dichiarazioni dei redditi. c) Fanno eccezione i compensi periodici relativi alle manutenzioni regolamentate da uno specifico contratto (ad esempio "l'abbona mento" annuale per la manutenzione della fotocopiatrice, dell'impianto di allarme, dei computers, ecc.), i quali, pur essendo classificabili civilisticamente come "spese di manutenzione", non sono soggetti alla restrizione di cui al punto precedente. Consideriamo ora il seguente esempio: 15 * beni materiali ammortizzabili al 1/1/2000 milioni * spese di manutenzione sostenute nell'esercizio 2000 milioni di cui: capitalizzate ad incremento dei ce spiti milioni periodiche per manutenzioni contrattuali milioni ordinarie di competenza dell'esercizio milioni Lit. 1.000 Lit. 200 Lit. 80 Lit. 30 Lit. 90 Il calcolo della parte di costo deducibile in quote costanti negli esercizi 2001 come segue: 1.000 X 5% = - 2002 - 2003 - 2004 - 2005 si effettua 50 (limite ammesso in deduzione nel 2000) (200 - 80) = 120 (costo civilistico dell'esercizio 2000) (120 - 30) = fiscali) ( 90 - 50) = 90 (quota di costo soggetta a limitazioni 40 (quota di costo a deducibilità differita) Appare opportuno sottolineare che il costo dei beni materiali esistenti all'inizio del periodo d'imposta su cui calcolare il 5% ammesso in deduzione si intende "complessivo", come espressamente specificato dalla norma richiamata e non invece "per categoria di cespiti", come erroneamente ritengono taluni. Tale infondata interpretazione peraltro può comportare delle restrittive limitazioni di deducibilità (ad esempio "manutenzione automezzi" calcolata sul 5% del valore degli automezzi all'inizio dell'esercizio) che in realtà non sono 16 affatto imposte dalla normativa fiscale, qualora correttamente applicata. Analogo ragionamento vale per i compensi periodici relativi alle manutenzioni contrattuali, per le quali le vigenti disposizioni tributarie non prevedono alcun limite di deducibilità. Risulta pertanto opportuno che i suddetti costi vengano contabilizzati in un apposito conto di bilancio, delle cui risultanze non si dovrà conseguentemente tener conto ai fini del calcolo d ella quota eccedente il limite fiscalmente deducibile. Alla luce di quanto sopra è evidente che una accorta pianificazione fiscale dell'impresa dovrà tenere in considerazione tale particolare normativa, suggerendo agli organi aziendali preposti di stipulare degli opportuni contratti di manutenzione per tutte le fattispecie in cui la fattibilità tecnica possa coniugarsi con il citato vantaggio fiscale. 6. Conclusioni In considerazione delle osservazioni che precedono è possibile formulare le seguenti riflessioni conclusive: a) In sede di registrazione dei documenti contabili è opportuno effettuare una prima discriminazione fra acquisti di materiale di consumo connaturati al funzionamento dei beni strumentali, non soggetti a limitazioni di carattere fiscale, beni strumentali inferiori a un milione, integralmente deducibili nell'esercizio di acquisizione, e spese di manutenzione in senso proprio. b) Un'oculata attività contrattuale preventiva può consentire la libera deducibilità delle manutenzioni a c arattere ricorrente, nel rispetto della vigente disciplina tributaria. 17 c) Secondo corretti principi contabili le spese di manutenzione che comportano degli effettivi aumenti della produttività, ovvero prolungano la vita utile dei cespiti, devono essere necessariamente contabilizzate ad incremento del valore originario degli stessi. Tale comportamento peraltro è consentito dalla normativa fiscale. Si noti che, in taluni casi (tipicamente per le attrezzature, gli automezzi ed in genere per tutti i beni strum entali il cui ammortamento si conclude nell'arco di pochi anni), il processo di ammortamento a cui detti costi capitalizzati vengono assoggettati può consentire una più rapida deduzione fiscale degli stessi rispetto a quanto previsto dalla disciplina di deducibilità stabilita per la quota eccedente il limite fiscale consentito (nessuna deduzione nel primo esercizio ed il 20% nei cinque esercizi successivi). d) La diffusa prassi di capitalizzare in bilancio le spese di manutenzione eccedenti l'ammontare ded ucibile, ammortizzandole in quote costanti nei cinque esercizi successivi a quello di sostenimento, non risulta corretta sotto il profilo civilistico. Ciò infatti determina il differimento di costi di competenza, alterando il risultato d'esercizio. Si suggerisce pertanto di gestire extracontabilmente tali variazioni di natura fiscale direttamente nella dichiarazione dei redditi. LB = Dott. Luca Bisceglie 18