scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara

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scenario sanita` nazionale - Ordine dei Medici di Ferrara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
Rassegna Stampa del 07 luglio 2015
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INDICE
SCENARIO SANITA' NAZIONALE
07/07/2015 Corriere della Sera - Nazionale
quegli allergici immaginari
6
07/07/2015 Corriere della Sera - Nazionale
L'aria del Sahara in città
8
07/07/2015 La Repubblica - Milano
Afa senza tregua altri due giorni blackout in serie e ricoveri record
10
07/07/2015 La Repubblica - Nazionale
Quei tagli contro medici e malati
11
07/07/2015 La Repubblica - Nazionale
Diabete, una molecola che dà una mano al cuore
12
07/07/2015 La Repubblica - Nazionale
Quella svolta attesa con il trapianto delle "isole"
15
07/07/2015 La Repubblica - Nazionale
In montagna per curare l'asma grave
16
07/07/2015 La Repubblica - Nazionale
Cervello, il network dei vasi
18
07/07/2015 La Repubblica - Nazionale
Biopsie a colpo sicuro prostata, addio paura
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07/07/2015 La Repubblica - Nazionale
Onde sonore e un super esame del Psa ecco i nuovi test
23
07/07/2015 La Repubblica - Nazionale
Il ghiaccio si deve fare così
24
07/07/2015 La Repubblica - Napoli
Tumore al colon nuova metodica la biopsia liquida
25
07/07/2015 La Stampa - Nazionale
Doping, ecco la mappa degli italiani "gonfiati"
26
07/07/2015 La Stampa - Nazionale
L'Italia che boccheggia al telefono: "Posso partire con questo caldo?"
28
07/07/2015 La Stampa - Nazionale
Specchio dei tempi
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07/07/2015 La Stampa - Torino
Saitta: "Nessun declassamento" L'assessore rassicura il Martini
31
07/07/2015 Il Gazzettino - Venezia
Il "made in Veneto" che salva i bovini e cura la colite
32
07/07/2015 QN - Il Giorno - Milano
Cantiere riformaRisorgono quattroospedali autonomi
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07/07/2015 Libero - Nazionale
Pet Therapy negli ospedali per aiutare i bimbi a essere più sereni
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07/07/2015 Il Secolo XIX - Genova
Le notti bollenti di luglio intasano i pronto soccorso
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07/07/2015 Il Secolo XIX - Genova
I TAGLI ALLA SANIT À PAGATI DAI LAVORATORI
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07/07/2015 ItaliaOggi
Un responsabile per la tutela della privacy nelle Asl e negli ospedali
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07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
Vedere la biologia con gli occhi della fisica
40
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
Vecchiaia tra cura e sapienza*
42
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
La scelta coraggiosa di fare benchmark promuovendo la trasparenza
44
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
La libertà di salute appesa al Ttip
46
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
Ricetta Anmco contro i tagli
48
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
Giudice impone salvavita fascia C
50
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
L'Intesa guarda alla Stabilità
51
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
Tetti e pay back con la manovra 2016
52
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
Altra bocciatura per il ripiano dell'ospedaliera
53
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
Epatiti B e C, arriva il Piano nazionale
54
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
«Farmaci leva per la ripresa»*
55
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
Sfida innovazione in 9 imprese su 10
58
07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
Un contro-piano da 2 miliardi*
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07/07/2015 Il Sole 24 Ore Sanita
Ssn, l'Italia merita la serie A
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE
36 articoli
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IDEE INCHIESTE il fenomeno
quegli allergici immaginari
Margherita De Bac
«O gni alimento che mangio o solo avvicino mi dà fastidio. Vivo di acqua e riso»: sono migliaia gli allergici
immaginari che rischiano di finire nelle mani di presunti luminari. a pagina 27
ROMA Se Molière fosse vissuto ai tempi nostri avrebbe trovato un mondo popolato da personaggi simili a
quelli descritti dal drammaturgo nella celebre commedia del XVII secolo.
Decine di migliaia di malati ipocondriaci o con problemi psicologici che li inducono a pensare di essere vittima
di allergie, caduti nella rete dei dottor Purgone, Olezzo e Diarroicus contemporanei. Medici o pseudo
specialisti cui non sembra vero di poter approfittare di pazienti immaginari, vittime di ansie che si
manifestano, a sentir loro, con pruriti, bolle, cefalea, cattiva digestione, insonnia e così via. Salvo poi non
essere in grado di ricordare come e in quale circostanza ne hanno sofferto.
«Sono allergica a tutto ciò che mi circonda. Ogni alimento che mangio o soltanto avvicino mi dà fastidio tanto
da non poterlo neppure toccare e sentirne l'odore. Vivo di acqua e riso. Ho terribili dolori all'addome, la pancia
mi si gonfia, come fossi incinta, crampi muscolari...», si dispera una donna nel raccontare il dramma
personale all'immunologo Fernando Aiuti, oggi emerito all'Università La Sapienza, ricercatore di fama
internazionale e grande comunicatore. Il suo nome è legato soprattutto all'attivismo scientifico e sociale negli
anni Ottanta-Novanta sull'Aids.
Ai malati e agli allergici immaginari è dedicato un capitolo del libro scritto di suo pugno con la collaborazione
di Giuseppe Luzi, editore Guerini e associati, da oggi in vendita. Poco meno di 300 pagine sui segreti del
«Nostro meraviglioso sistema immunitario», scandite da un linguaggio accessibile, non particolarmente
tecnico, destinatari pazienti e medici. «Non conosciamo abbastanza l'insieme di ingranaggi che ci fanno
rispondere alle aggressioni di nemici esterni come virus, polline e cibi. Una maggiore consapevolezza
significa difendersi meglio e prevenire». E soprattutto, è il messaggio, non farsi turlupinare.
Aiuti si rivolge alle migliaia di persone che si fanno abbindolare da guaritori improvvisati e presunti «luminari»
. Il problema è che i malati immaginari non inventano, dunque non si sentono creduti. Quando si cerca di
convincerli di essere sani si mettono alla ricerca di chi sappia assecondarli.
Quanti sono? Difficile dirlo. Sfuggono alle statistiche: «Non vanno abbandonati, ma aiutati a recuperare un
rapporto positivo col cibo - scrive l'immunologo -. A volte basta allontanarli dall'ambiente familiare, suggerire
di viaggiare, invitarli a cena al ristorante per trovare una via di uscita».
Altro discorso sono le allergie (che si sviluppano in seguito a una reazione del sistema immunitario e delle
sue armi, i linfociti) e le intolleranze (deficit o assenza di enzimi da cui dipende la digeribilità) provate da
analisi validate. Nei bambini da 6 mesi a 6 anni la frequenza delle allergie varia dal 2 al 5%, scende al 2%
negli adulti. Con la crescita, infatti, i ragazzi perdono la suscettibilità a certi alimenti.
Tra i cibi incriminati latte vaccino, grano, uova, arachidi, frutta, pesce, frutti di mare, molluschi. L' intolleranza
al lattosio è la più comune (5-25% degli adulti, sintomi solo nell'8%). Ma anche nei casi diagnosticati è un
grave errore privarsi del latte, necessario alle ossa per il contenuto di calcio. «È insostituibile nei bambini e
adolescenti, le persone anziane devono berlo. Esistono prodotti lavorati».
Il libro affronta inoltre problemi di grande attualità. Vaccinazioni, il caso di un malato di Aids sopravvissuto
senza prendere farmaci, la debolezza muscolare (miastenia), le nuove cure. Un capitolo è dedicato alle
mamme apprensive. Febbri e infreddature dei figli le mandano in tilt. La causa è la mancanza di difese
immunitarie nell'infanzia. Sotto i 2 anni i bambini possono «influenzarsi» fino a dieci volte all'anno, la stagione
del picco è tra novembre e marzo. Adolescenti e adulti si mettono a letto da due a quattro volte. In genere si
tratta di forme leggere. Ma i genitori si allarmano e le corse dal pediatra o al pronto soccorso diventano un rito
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rassicurante.
Margherita De Bac
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confronto ALLERGIE ALIMENTARI INTOLLERANZE ALIMENTARI Innescano le reazioni del sistema
immunitario tra cui la produzione anticorpi: questi ultimi determinano rilascio di sostanze che provocano vari
sintomi Sono una risposta negativa al cibo legata alla mancanza degli enzimi che rendono certi prodotti
digeribili. Riguardano il metabolismo e non il sistema immunitario manifestano presto entro un paio d'ore Non
si manifestano subito L'incidenza demografica Le cause I sintomi Bambini 2-5% Adulti 2% Adulti 40-45%
Latte vaccino Respiratori Cutanei Gastrointestinali Gastrointestinali Cutanei Respiratori Sistemici shock
anafilattico) Soia, grano Uova Pesce Arachidi Frutti di mare, molluschi, frutta secca Grano Glutine Lattosio
Lievito Frutta secca Uova 6% 3,6% 2,5% 2,2% 1,3% 0,4% Fonti: Accademia europea di allergia e
immunologia, European food council information Corriere della Sera
Chi è
Fernando Aiuti (nella foto sopra ) è nato
a Urbino
80 anni fa Laureato
in Medicina
e Chirurgia, specialista
in Cardiologia nel 1963, esperto di fama mondiale di Medicina interna, immunologia, oggi è docente emerito
all'Università La Sapienza
di Roma Il nome
di Aiuti è legato soprattutto al suo attivismo (scientifico e sociale) negli anni Ottanta e Novanta sull'Aids. Nel
1991 divenne famoso quando prese tra le braccia una donna sieropositiva e la baciò sulla bocca per smentire
che il virus potesse trasmettersi attraverso
la saliva
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L'aria del Sahara in città
A Milano blackout in serie per l'uso dei condizionatori Ascensori fermi, strade al buio, centinaia di chiamate al
118
Alessio Ribaudo
L'amarcord 2003 sta per essere superato dal nuovo, più pericoloso calore africano che sta arroventando
l'Italia. La depressione termica sahariana ha innalzato la temperatura di 5-7 gradi oltre la norma stagionale.
Risultato? Bollino rosso di allerta in 13 città, blackout, ascensori bloccati, record di richieste di aiuto sanitario
(solo a Milano seicentosessanta gli interventi del «118»). Piccola consolazione: da domani dovrebbe fare più
fresco. a pagina 25 Paracchini, Ribaudo MILANO «Numeri anomali» dicono ai centralini che raccolgono le
chiamate di emergenza. Ascensori che si fermano per i continui blackout. Centinaia di richieste di soccorso.
Vie al buio, senza elettricità. Tutto a causa del caldo straordinario portato sull'Italia dall'anticiclone chiamato
Flegetonte che porta aria del Sahara nelle nostre città e ieri ha provocato altre vittime per malori legati alle
temperature. A Belfiore, nel Veronese, un 50 enne è morto per un colpo di calore. A Dorgali, nel Nuorese,
una pensionata ha accusato un malore sulla spiaggia di Cala Gonone ed è morta durante il trasporto in
ospedale. Il caldo potrebbe essere stata la causa della morte anche di un allevatore 47enne, di origini
romene, stroncato mentre lavorava a Curtatone, nel Mantovano. In Lombardia c'è anche un disperso. A
Cavenago d'Adda, nel Lodigiano, un uomo di 60 anni mentre stava cercando un po' di refrigerio bagnandosi
sulle rive dell'Adda, si è sentito male ed è stato risucchiato dalla corrente.
A Milano per tutto il giorno le temperature non sono scese sotto i 30 gradi e sono stati 660 gli interventi del
118. Un numero record che ha costretto ad aumentare il personale della sala operativa e a chiedere aiuto alle
associazioni di soccorso per avere una decina di mezzi in più. Secondo il ministero della Salute l'allerta, nel
capoluogo lombardo, durerà sino a tutta la giornata di domani. Per questo il Comune ha istituito un numero
verde gratuito per assistere gli anziani in difficoltà. I Vigili del fuoco segnalano un numero «anomalo» di
chiamate (un centinaio) di persone bloccate all'interno di ascensori. Per l'azienda elettrica A2A ci sono stati
diversi blackout in città per via dell'«aumento dei consumi elettrici dovuto al caldo che ha causato temporanei
disservizi in alcune zone». Aumento dei consumi dovuto all'uso dei condizionatori, che ha provocato
interruzioni di corrente improvvise dappertutto. Persino al Palazzo di giustizia, dove sono slittati alcuni
processi.
Stessi problemi a Roma, dove hanno protestato i cancellieri e gli addetti agli uffici giudiziari per il precario
funzionamento dei climatizzatori.
Sull'emergenza caldo è intervenuta il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin. «Bisogna cercare di non uscire
nelle ore più calde, bisogna idratarsi e mangiare molta frutta - ha detto il ministro - soprattutto per anziani,
bimbi e persone a rischio, bisogna assecondare quelle che sono le norme di buon senso. Il ministero ha
istituito un numero verde, il 1500, con personale esperto per fornire consigli e indicazioni». Ai telefoni, per
richieste più complesse, risponderanno dirigenti sanitari: medici, ma anche veterinari, farmacisti, biologi e
psicologi.
L'ondata di calore anomalo ha creato problemi all'agricoltura. Secondo Coldiretti, le mucche sono sotto stress
e producono il 10 per cento in meno di latte. Specialmente nella Pianura padana dove c'è il maggior numero
di allevamenti e la temperatura percepita ha sfiorato i 40 gradi. «Oltre al calo delle produzioni di latte - spiega
la Coldiretti - gli allevatori hanno un aumento dei costi alla stalla per i maggiori consumi di acqua ed energia
per aiutare gli animali a resistere al caldo».
In Sardegna, invece, la temperatura rovente ha favorito il propagarsi di incendi, alcuni domati grazie
all'intervento di Canadair ed elicotteri che hanno operato a lungo nel Sassarese, nella bassa Gallura e in
provincia di Olbia Tempio. Purtroppo non sono riusciti a evitare il rogo di oltre 500 ettari di macchia
mediterranea.
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@AlessioRib
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660 Gli interventi Quelli effettuati ieri a Milano
e provincia
in poche ore
dal personale
del 118 a causa della forte ondata di caldo Coinvolti soprattutto
gli anziani
3 I decessi Ieri in tutta Italia si sono registrati malori letali attribuibili alle temperatura record. Altre
tre vittime si erano avute nello scorso weekend
13 Le città In cui oggi ci sarà il «bollino rosso» per il bollettino diffuso dal ministero
della Salute:
da Bolzano a Trieste fino a Torino, Milano, Roma e Viterbo
10 Per cento Il latte in meno prodotto
dalle mucche
della Pianura padana
a causa dello stress dato dalle alte temperature secondo i dati della Coldiretti
38 Gradi La temperatura massima che si registrerà oggi in Italia in alcune città come Bolzano e Roma. Un
solo grado in meno, invece,
a Venezia
e Pescara
Foto: A Milano Al Parco Sempione una ragazza combatte il caldo intenso grazie a un ventilatore che
nebulizza anche acqua (Bettolini)
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Pag. 9 Ed. Milano
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Afa senza tregua altri due giorni blackout in serie e ricoveri record
Resta il periodo con bollino rosso mai così lungo dopo l'estate 2003 Negli ospedali i reparti sono pieni Al San
Carlo anziani assistiti in pronto soccorso da sabato: non ci sono posti in corsia
ALESSANDRA CORICA
LE ATTESE per essere trasferiti dai pronto soccorso ai reparti in alcuni casi hanno superato le 24 ore. Visto
che le corsie di medicina, cardiologia e neurologia ormai non hanno più letti a disposizione. Non si attenua a
Milano il caldo record: ieri la massima si è attestata sui 36 gradi, con una percezione della temperatura
arrivata fino a 40. Di qui, il boom di persone - soprattutto anziani sopra i 75 anni - che negli ultimi giorni si
sono presentate nei pronto soccorsi della città con malesseri correlati all'afa (difficoltà a respirare, vertigini,
svenimenti, nausea). Una situazione che ha portato al tutto esaurito nei reparti di degenza. Con il risultato
che, già ieri, in tanti sono stati costretti ad aspettare per ore prima che si liberasse un posto ed essere
ricoverati: alle 19.30 nel tabellone del San Carlo risultavano ancora nel reparto di emergenza tre pazienti
arrivati in ospedale sabato e assistiti. E altri quattro che si erano presentati domenica. Oltre a un'altra trentina
di persone arrivate nelle prime ore di ieri e alla sera ancora in attesa.
Nelle ultime 24 ore gli ospedali tra Milano e hinterland hanno accolto oltre 4.100 pazienti: un picco simile a
quello che, in inverno, si registra durante il clou dell'influenza. Al Policlinico alle 15 gli accessi erano già oltre
120: un numero alto, considerato che la media è di 160 al giorno. L'ospedale ieri ha dovuto far fronte non solo
all'aumento di pazienti, ma anche ad alcuni cali di energia elettrica. Un caso non isolato: nel corso della
giornata, a macchia di leopardo, A2a ha registrato oltre trenta blackout. Le interruzioni - in media brevi, da un
minuto a mezz'ora - hanno interessato alcuni palazzi di via Palestro e via Mecenate, l'istituto ortopedico
Gaetano Pini, la zona intorno alla Centrale e quella di Bicocca. Motivo, il boom di richieste di energia
correlato all'ondata di afa e all'uso di condizionatori, e lo stress che di conseguenza ha subìto la rete. Nella
quale A2a ha immesso 1.590 mega watt di energia: per trovare valori analoghi, bisogna tornare indietro
all'estate del 2005.
Che la situazione sia critica - e tale resterà almeno fino a domani, come confermato dal ministero della
Salute - lo conferma anche il super lavoro fatto dal numero verde di Palazzo Marino (800.777.888) per
l'emergenza caldo: tra sabato e domenica sono arrivate oltre 500 telefonate, e sono stati fatti 120 interventi di
assistenza domiciliare. «L'allerta è altissima, soprattutto per le persone più fragili e gli anziani - dice
l'assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino - Il numero verde è attivo tutto il giorno. Chiediamo a
vicini, familiari e conoscenti di segnalarci anziani o persone con disabilità che vivono soli e che a causa del
gran caldo potrebbero avere bisogno di aiuto».
Record anche di missioni del 118: dalla mezzanotte alle 14 di ieri erano già state 660. Oltre due terzi di
quelle effettuate di solito in 24 ore. Nel corso della mattinata gli interventi sono stati oltre 70 l'ora, con il picco
di 90 chiamate tra le 12 e le 13.
«Dall'estate del 2003 - dicono da Areu, l'Azienda regionale emergenza urgenza che in questi giorni
d'emerganza ha messo in campo 11 mezzi di soccorso in più - non abbiamo mai avuto situazioni come quella
attuale, con cinque giorni consecutivi di bollino rosso».
www.asl.milano.it www.milanofamiglie.it PER SAPERNE DI PIÙ
Foto: L'ESTATE ROVENTE Milano resta tra le città con bollino rosso per il ministero della Sanità almeno fino
a domani
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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L'ondata di caldo
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Quei tagli contro medici e malati
GUGLIELMO PEPE
Avolte viene da pensare che tra i decisori della Sanità vi siano dei personaggi sadici e/o bugiardi. Perché ogni
decisione importante si riassume in una parola: tagli.
Giorni fa erano tutti contro. Perfino la ministra della Salute, in un messaggio inviato al presidente di
Farmindustria (anche lui molto critico), si dichiarava contraria. Era giovedì mattina.
Poche ore dopo i fatti: tagliati 2,35 miliardi di euro dalla Conferenza Stato-Regioni (tranne Veneto,
Lombardia, Liguria), su personale, strutture, farmaceutica, 118. L'intesa ha provocato una vasta protesta: dal
M5S a Cittadinanza attiva, passando per i sindacati medici. I più duri sono lo SMI e l'Anaao, a causa della
norma che prevede prestazioni pagate dai pazienti, se ritenute non appropriate, e sanzioni economiche a
danno dei camici banchi se le prescrizioni specialistiche "saranno al di fuori delle condizioni di erogabilità".
Limitare le ricette sui farmaci è giusto (non dimentichiamo il comparaggio). Ma non si può punire chi lavora in
"scienza e coscienza". E neppure intimidire medici e pazienti. [email protected]
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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R SALUTE / > NOI & VOI
07/07/2015
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Diabete, una molecola che dà una mano al cuore
ELVIRA NASELLI
BOSTON PER i non addetti ai lavori può essere poco, ma per le migliaia di diabetologi di tutto il mondo, che
hanno gremito la sala plenaria della settantacinquesima edizione del congresso Ada (American Diabetes
Association) a Boston, il risultato dello studio Tecos è invece di grande importanza. Perché, se è vero che
non ha mostrato pro, ovvero effetti terapeutici migliori di un farmaco rispetto ad un altro, ha però ribadito che
non ci sono contro, e che una molecola della famiglia delle gliptine, il sitagliptin, utilizzata per abbassare la
glicemia, può essere usata in pazienti diabetici ad alto rischio cardiovascolare senza aumentare questo
rischio. Cosa tutt'altro che scontata se si considera che il diabete in sé aumenta fino al doppio il rischio
cardiovascolare di un paziente e che è l'ottava causa di morte al mondo. Basti pensare che il 70 per cento
degli anziani diabetici muore per un evento cardiovascolare, per non parlare delle complicanze microvascolari
con danni ai reni, alla retina, ai piedi. Insomma diabete e cuore è un binomio inscindibile e per questo la cura
del diabete non può prescindere dalla sicurezza cardiovascolare.
Ma facciamo un passo indietro. Circa 10 anni fa uno studio americano suggerì che un farmaco utilizzato per
il diabete, il rosiglitazone, potesse aumentare il rischio di infarto. La Fda americana, dal 2008, decise di
imporre nuove linee guida di sicurezza cardiovascolare per tutti i farmaci antidiabete, e Tecos è la risposta.
Uno studio enorme, pubblicato su New England Journal of Medicine, che ha seguito quasi quindicimila
pazienti di 38 paesi, tra cui l'Italia, seguiti per una media di tre anni, con un massimo di 5,7. Il campione (70%
uomini) è stato diviso tra pazienti che assumevano sitagliptin (aggiunto alla normale terapia) e altri che
assumevano placebo (sempre insieme alla terapia usuale). I risultati: nessun aumento di rischio
cardiovascolare e di morti nel gruppo trattato con la gliptina. La domanda logica, però, è perché si dovrebbe
preferire un farmaco che costa decisamente di più se non dà vantaggi aggiuntivi. E la risposta la danno i
medici. «Perché è efficace nella riduzione della glicemia, non dà gli effetti collaterali di quasi tutti gli altri
farmaci per il diabete, è ben tollerato e maneggevole e adesso sappiamo anche che non aumenta il rischio
cardiovascolare in pazienti che questo rischio ce l'hanno elevato», sintetizza Andrea Giaccari, diabetologo al
policlinico universitario Gemelli di Roma. E quindi - continua Giuseppe Ambrosio, ordinario di Cardiologia
all'università di Perugia - se non ha effetti peggiorativi su pazienti con pregressi ictus o infarti, vuol dire che a
maggior ragione posso utilizzare questo farmaco all'esordio della malattia o quando la metformina non basta
più».
In più, sottolinea Stefano Del Prato, ordinario di Endocrinologia all'università di Pisa, «non ci sono
attualmente farmaci che abbiano dimostrato di avere un effetto positivo o neutro sugli eventi cardiovascolari
con uno studio così ampio di sicurezza. La sicurezza viene ancora prima dell'efficacia quando si trattano
persone con rischio cardiovascolare così alto. Ora aspettiamo i risultati sull'analisi di Tecos, non è escluso
che ci possano essere nuove informazioni. Anche il costo è un problema relativo: se evitiamo ipoglicemie
risparmiamo ricoveri al pronto soccorso. Nel nostro ospedale, sui circa 500 accessi al pronto soccorso per
ipoglicemia degli ultimi 5 anni, il 40% era di pazienti in trattamento con antidiabetici orali. Di questi il 90%
usava sulfoniluree, farmaci a basso costo».
Il nuovo farmaco non può essere prescritto dal medico di base. Per cui tutti i malati che non sono in cura da
specialisti sono costretti ad usare sulfoniluree che, però, hanno un alto rischio di ipoglicemie. «Il primo
farmaco da utilizzare nei diabetici è la metformina - continua Giaccari - ma purtroppo dopo 3-5 anni fallisce il
controllo della glicemia. A quel punto bisogna aggiungere un'altra molecola tra le sette classi di antidiabetici,
in base ai pro e contro di ogni farmaco. Purtroppo in Italia i più aggiunti sono le sulfoniluree, perché sono
economiche, ma hanno diversi svantaggi, in primis il rischio di ipoglicemie, ma anche aumento di peso e ci
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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R SALUTE/ La terapia. Per il trattamento della patologia vengono usati farmaci che a lungo andare possono
dare problemi a chi ha avuto pregressi ictus o infarti. Ora, nella famiglia delle gliptine, è stata scoperta una
sostanza che abbassa la glicemia e non aumenta il rischio cardiovascolare
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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sono dubbi sul rischio cardiovascolare indotto da questi farmaci.
Tanto che nei centri specialistici sono usati poco, o niente.
Ma il 50% dei diabetici non sono seguiti nei centri specialistici, usano farmaci vecchi quando potrebbero
avere accesso ai nuovi». A dire la verità l'accesso alle incretine, che negli altri paesi riguarda numeri molto
elevati, in Italia è regolamentato danorme prescrittive, uniche in Europa, imposte dall'Aifa che riguardano solo
il nostro paese e limitano l'accesso. «Le gliptine possono essere prescritte a pazienti con una finestra di
emoglobina glicata tra 7,5 e 8,5 - precisa Giaccari - oltre gli 8,5 si può solo in casi particolarissimi. Inoltre Aifa
ha imposto un tetto di fatturato alle aziende, oltre il quale sono le stesse aziende a dover rimborsare il
servizio sanitario. Il risultato è che si arriva al tetto subito e poi le aziende non hanno alcun interesse a
distribuire il farmaco e a farlo utilizzare. E così negli altri Paesi questi farmaci sono molto più usati che da
noi».
Sempre a Boston sono stati presentati i risultati di un altro studio, Elixa, che ha indagato sempre la sicurezza
cardiovascolare dell'utilizzo di un altro farmaco, lixisenatide, in seimila pazienti con diabete 2 dopo sindrome
coronarica acuta.
Anche in questo caso lo studio ha dimostrato la non inferiorità di questo farmaco rispetto al placebo (in
aggiunta alla terapia usuale) ma non la superiorità. Le complicanze cardiovascolari nei diabetici - ha concluso
Rury Holman, direttore dei trial sul diabete dell'università di Oxford - non possono essere più a lungo
ignorate». INFOGRAFICA PAULA SIMONETTI
DISPOSITIVO DI SCUOTIMENTO
ISOLE DI L ANGERHANS DEPUTATE ALLA PRODUZIONE DI INSULINA
REGOLATORE DI TEMPER ATURA
PANCREAS
CIRCUITO DI RISC ALDAMENTO
PRELIEVO DEL PANCREAS ISOL AMENTO
1 2 C AMERA "RICORDI" POMPA ISOLE DI L ANGERHANS ISOLE DI LANGERHANS TESSUTO
ESOCRINO E DE TRITI PRIMA MATERIALE DA PURIFIC ARE DOPO MATERIALE PURIFIC ATO
SOLUZIONE CILINDRO DI RICIRCOLO VASO DI R ACCOLTA Il pancreas, prelevato da un donatore
deceduto, viene inviato al laboratorio per l'isolamento delle cellule (isole) di Langerhans PURIFIC AZIONE
Nel pancreas si iniettata una soluzione enzimatica che distende i tessuti. L'organo viene poi fatto a piccoli
pezzi e inserito nella camera "Ricordi" In questa camera avviene la "digestione" enzimatica dell'impalcatura
del tessuto: le isole si separano nella soluzione 3Consiste nella separazione delle isole dal tessuto esocrino e
dai detriti.
Le isole vitali sono pronte per il trapianto DONATORE CADAVERE TRAPIANTO DI CELLULE
PANCRATICHE Prevede l'impianto di cellule produttrici di insulina in pazienti insulinodipendenti
+205
387 NEL MONDO DIABE TICI IN MILIONI PRE VISIONE UN DECESSO OGNI 7 SECONDI 5 MILIONI DI
DECESSI PER DIABE TE NEL 2014 2014 2035 ASIA DEL SUD ASIA DELL'EST AFRICA MILIONI IN
TOTALE MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA AMERICA DEL NORD E C AR AIBI AMERICA DEL SUD E
CENTR ALE MILIONI DI C ASI IL 46% NON È DIAGNOSTIC ATO 1 PERSONA SU 12 VIVE CON DIABE TE
EUROPA 39 52 75 138 22 37 25
PER SAPERNE DIPIÙ
Lazio & Cina Il modello Lazio piace ai cinesi. Almeno per la prescrizione dei microinfusori di insulina (1800
nella regione) per i circa 25.000 diabetici di tipo 1 (ma molti studi ne sottolineano l'efficacia anche per i
diabetici di tipo 2) Lo schema laziale, messo a punto dalle sezioni regionali delle società scientifiche Sid, Amd
e Siedp, prevede particolari regole prescrittive e di appropriatezza, di training per il paziente, e di controllo
dell'efficacia che sono piaciute alla Cina, dove il diabete è in crescita esponenziale, soprattutto nelle grandi
città che abbandonano il modello alimentare tradizionale Il documento delle società scientifiche, approvato
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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senza modifiche dalla regione, ha identificato tredici referenti ospedalieri «A ognuno di questi spiega Raffaella
Buzzetti, direttore Uoc Diabetologia Asl di Latina e una delle sette - arrivano le richieste dei microinfusori dei
diabetologi ospedalieri dei pazienti residenti nella Asl. Non visitiamo i pazienti e valutiamo la richiesta dal
punto di vista formale, se è idonea e conforme al documento.
Possiamo anche apportare modifiche alla richiesta o rifiutarla se non idonea». Ma come è arrivato l'interesse
della Cina? «Abbiamo presentato un lavoro sulla nostra esperienza ad un congresso europeo continua - e
abbiamo pubblicato lo studio su Journal of Diabetes, associato alla società cinese di Endocrinologia e
metabolismo. Ai cinesi sono piaciuti molto il nostro lavoro e la nostra esperienza e hanno deciso di utilizzarci
come modello per implementare linee guida simili che dovrebbero essere applicate quanto prima. (e. nas.)
TER APIA ANTIRIGET TO IN ESPERIMENTAZIONE TR APIANTO 4Si esegue con farmaci
immunosopressivi prima e dopo il trapianto per evitare che il sistema immunitario attacchi le cellule estranee
4In alternativa alla terapia farmacologica antirigetto si può eseguire un trapianto di midollo per "ingannare" il
sistema immunitario Le isole vengono infuse sotto anestesia locale nel fegato del paziente, mediante una
iniezione nella vena por ta ISOLE DI LANGERHANS PRONTE PER IL TR APIANTO TER APIA ANTIRIGET
TO PRE E POST TR APIANTO PAZIENTE RICEVENTE
I C ANDIDATI AL TR APIANTO DI E TÀ 1865 ANNI INSULINO DIPENDENTE CON SCOMPENSI
PERSISTENTI CON IPO/IPER GLICEMIA GR AVE CON NEUROPATIA O RE TINOPATIA Con Diabete di
tipo I da più di 5 anni. Ecco alcuni dei criteri di selezione:
PRE VALENZA
4,9%
3,5
3mila euro
6,2%
IN ITALIA COSTO SANITARIO DEL SSN PER OGNI MALATO 1,2 34% NON SA ANCORA DI ESSERLO
MILIONI DI DIABE TICI IN ITALIA IN EUROPA FONTE RIELABOR AZIONE DATI RSALUTE /
INTERNATIONAL DIABE TES FEDER ATION, 2014 UPDATED / OSPEDALE SAN R AFFAELE
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Quella svolta attesa con il trapianto delle "isole"
VENTISETTE anni fa un giovane Camillo Ricordi inventava una macchina che porta il suo nome, Ricordi
Chamber, e che serve ad estrarre le isole pancreatiche, grappoli microscopici di cellule che producono
insulina e glucagone, presenti in centinaia di migliaia nel pancreas di un donatore multiorgano. Il 1990 vede il
primo successo con trapianto su un diabetico di tipo uno a Pittsburgh. A venticinque anni da allora nuovi
percorsi si aprono per quella che potrebbe diventare, secondo quello che oggi è il direttore del prestigioso
Diabetes Research Institute di Miami, una soluzione per molti malati. Oggi il trapianto di isole pancreatiche è
riservato a soggetti con diabete 1 molto gravi che non riescono a riconoscere episodi di ipoglicemia anche
severa. Questo perché - proprio come il trapianto di organo - anche quello di isole pancreatiche deve fare i
conti con gli effetti collaterali della terapia antirigetto, che va fatta a vita.
La chiave di volta - che Ricordi ha presentato in una sessione dell'Ada a Boston - potrebbe essere
rappresentata da un trial clinico sul trapianto di rene, che non utilizza terapia antirigetto. «Attraverso le
staminali del midollo osseo del donatore - spiega Ricordi - si riesce a modificare il sistema immune del
soggetto che riceve con quello del donatore. Ottenendo due risultati: il ricevente non ha più il diabete e riesce
ad essere compatibile con il materiale trapiantato. In questo trial pilota non si usa immunosoppressione nel
trapianto di rene fino ad oltre 5 anni dal trapianto. Non vediamo l'ora di usarlo anche noi».
Fino ad allora a Miami continuano a lavorare per ottimizzare il trapianto di isole. «Abbiamo dimostrato che
con una terapia antinfiammatoria al momento del trapianto - continua Ricordi - si modifica favorevolmente il
successo del trapianto di isole fino ad arrivare a circa il 50% di isole sopravvissute a cinque anni». Oggi
questo trapianto per la cura del diabete1 è approvato e rimborsato in Gran Bretagna, Svizzera, Australia e
Canada, che ha festeggiato il cinquecentesimo caso. In Italia - cita Ricordi - la Lombardia rimborsa i casi più
severi. Ma restano nodi da risolvere. «Essenzialmente due - conclude - la tolleranza immune che consente di
evitare i farmaci antirigetto. E le fonti delle cellule che producono insulina. Quando si risolverà il primo
problema potremo allargare il bacino di pazienti, ma dove prenderemo tutti i pancreas che ci serviranno?». (e.
nas.) In Italia Al San Raffaele di Milano effettuati trapianti di "isole" È l'unico centro nel nostro paese Le
staminali Potrebbero arrivare a produrre insulina È uno dei filoni di ricerca del gruppo di Ricordi
www.siditalia.it www.diabetes.org PER SAPERNE DI PIÙ
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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R SALUTE/IL PUNTO.
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In montagna per curare l'asma grave
Quando si torna a casa in città le famiglie hanno a disposizione un contatto telefonico per consigli
ALESSANDRA MARGRETH
PORTARE i bambini in montagna a respirare aria buona. Un'abitudine giusta, che per i giovanissimi affetti da
asma è ancora più importante. In Veneto c'è un centro clinico unico in Italia, dove i bambini affetti da asma
grave vengono ospitati e seguiti da professionisti. È l'istituto Pio XII, situato sul lago di Misurina, a 1780 metri
di altezza.
«L'ambiente di montagna - spiega Alfredo Boccaccino, direttore sanitario dell'istituto - agisce su alcuni dei
fattori responsabili dello sviluppo della malattia. Alla quota di 1.500-2.000 metri la principale caratteristica, in
determinate zone, è l'assenza di inquinanti e allergeni (acari e pollini). I bambini con asma, dopo un
soggiorno in montagna, mostrano un'attenuazione della risposta immunitaria allergica. Altra carta vincente
dell'alta quota è la minore pressione parziale dell'ossigeno e una densità dell'aria del 30% inferiore rispetto a
quella sul livello del mare. L'aria riesce così a penetrare più facilmente nell'apparato respiratorio infantile,
riducendo in modo naturale le resistenze bronchiali». Il 5% dei bambini che soffre d'asma è affetto da una
forma di difficile trattamento. In Italia sono oltre 42.000 i piccoli che non riescono a controllare i sintomi
malgrado le terapie. L'inquinamento e la continua esposizione agli allergeni non fanno che peggiorare la loro
situazione. All'istituto Pio XII sono seguiti i casi di asma grave. Viene organizzato un percorso rieducativo
preciso per i bambini, dove medici e infermieri aiutano il piccolo paziente ad affrontare il problema e indicano
come usare correttamente i farmaci.
Una volta rientrata a casa, la famiglia non è lasciata sola. «I medici del centro di Misurina - prosegue
Boccaccino - sono disponibili telefonicamente per consigli e aiuti. Grazie a questo supporto, molti bambini
riescono a ridurre la terapia e in tutti si ottiene la diminuzione degli accessi al pronto soccorso per le crisi
asmatiche. La durata degli effetti benefici può essere più o meno lunga, alcuni bambini hanno bisogno di più
soggiorni a Misurina, altri di una sorta di 'ricovero di richiamo periodico' di breve durata per ristabilire il
miglioramento. È comunque necessaria una permanenza di almeno 20 giorni». L'istituto di Misurina è
convenzionato con il Sistema Sanitario Nazionale. Per i bambini che non risiedono in Veneto occorre che la
richiesta di ricovero del pediatra o del medico di famiglia sia autorizzata dalla ASL di competenza.
Un supporto naturale è un'ottima soluzione, vista la diffusione del fenomeno. L'aumento di allergie
respiratorie in bambini (4-6 anni) esposti a forte inquinamento è ormai nota. La grande concentrazione di
particolato sottile nell'aria delle città sta provocando un aumento delle malattie respiratorie cronico-ricorrenti,
soprattutto nei bambini in tenera età, più vulnerabili degli adulti poiché i loro polmoni sono ancora in fase di
crescita, e gli inquinanti ambientali possono alterare facilmente il loro sviluppo.
TE RA PIE
Epatite C Il 100% dei pazienti con infezione cronica da virus dell'epatite C (HCV) di genotipo 1b e cirrosi
epatica compensata, trattati con Viekurax ed Exviera senza ribavirina, ha ottenuto la risposta virologica
sostenuta a 12 settimane, in pratica, l'eliminazione del virus. Questi i risultati della sperimentazione
Turquoise-III illustrati da AbbVie al 15esimo International Symposium on Viral Hepatitis and Liver Diseases
che si è tenuto di recente a Berlino. Sono circa 160 milioni in tutto il mondo le persone infette da Hcv Il
genotipo 1 è il genotipo più comune del virus.
LIBRI
Nutrizione LA STORIA DI CIÒ CHE MANGIAMO Renzo Pellati 444 pagine 28 euro Daniela Piazza Editore
Manuali I SETTE INGREDIENTI DELLA SCIENZA Edoardo Boncinelli 110 pagine 13,50 euro Indiana editore
Medicina APPRENDERE DAGLI ERRORI M. Rimondini, D.
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R SALUTE/ Respiro. Veneto, primo centro pubblico che cura i bambini con questa patologia. Venti giorni,
convenzione con il Ssn
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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Pascu, G. Zanovello, G. Romano (a cura di) 308 pagine 32 euro Il Pensiero scientifico
Psicologia SE BASTASSE UNA SOLA PAROLA Ivana Castoldi 124 pagine 10 euro Urra Feltrinelli PER
SAPERNE DI PIÙ www.respiraresecondonatura.it www.amici-misurina.org
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Cervello, il network dei vasi
Il fluido interstiziale garantisce un efficientissimo sistema di pulizia interna
FRANCESCO BOTTACCIOLI *
UN GRUPPO di ricercatori della Virginia ha pubblicato su Nature la notizia che il cervello è dotato di un
network di vasi linfatici, con le stesse funzioni che sv olge negli altri organi: dren`a prodotti del metabolismo e
fa circolare molecole e cellule immunitarie. Con questa scoperta è definitivamente liquidata la vecchia visione
del cervello come un despota che comanda il resto del corpo, ma da cui si protegge impedendo alle cellule
immunitarie di entrare in contatto con le cellule nervose. I vasi linfatici nel cervello funzionano da "gate" a due
vie: fanno uscire dal cervello prodotti di scarto e fanno entrare cellule immunitarie dalla circolazione periferica.
Che è quello che succede in tutti gli altri organi.
Ci troviamo di fronte a una classica scoperta di neuroanatomia che si pensava non fosse possibile, ritenendo
che tutto fosse già stato scoperto. Invece, la ricerca di base ha la forza di stupirci ancora. I ricercatori del
"Center for Brain immunology and Glia", dell' Università della Virginia, hanno rintracciato sotto la dura madre,
la membrana meningea più esterna, la presenza di una rete di vasi linfatici che drena il fluido cerebrospinale
che circola sotto la meninge intermedia, l'aracnoide. Secondo gli esperimenti si tratterebbe della primaria via
di drenaggio dell'"acqua di lavaggio" del cervello, il liquido o fluido cerebrospinale. Questo fluido, prodotto da
particolari cellule e che circola nelle meningi avvolgendo il cervello, per molto tempo si pensava essere un
semplice ammortizzatore dell'organo, un cuscinetto a protezione dagli urti.
In realtà, il fluido non rimane confinato nelle meningi, ma penetra nel tessuto cerebrale e va a mischiarsi con
un altro fluido, chiamato fluido interstiziale, che porta fuori dalle cellule nervose i loro scarti metabolici. Del
resto un organo di grandi dimensioni, caratterizzato da un elevatissimo metabolismo, come il cervello, deve
avere un efficientissimo sistema di pulizia interna.
Fino alla scoperta dei vasi linfatici, si pensava che il drenaggio cerebrale fosse garantito da una sola via,
quella che fa passare il liquido cerebrospinale dentro un sistema di piccoli vasi sanguigni che poi sversano in
aree più grandi. Ma questa via è a una sola direzione: va dal cervello al sangue. La via linfatica scoperta
invece va in entrambe le direzioni: da e per il cervello. E quindi garantisce il collegamento con le cellule
immunitarie che circolano nella rete linfatica del corpo e che hanno nei linfonodi cervicali le stazioni di sosta e
smistamento da e per il cervello.
Quarant'anni fa, con l'immunofisiologo Hugo Besedowsky, è iniziata la ricerca sulle citochine, come staffette
di collegamento tra i due sistemi. Ormai sappiamo, oltre ogni ragionevole dubbio, che questi prodotti del
sistema immunitario dal corpo sono in grado di segnalare praticamente in tutti i reparti del cervello,
influenzando la produzione di neurotrasmettitori e di ormoni e quindi contribuendo ad alterare la
neurofisiologia, i comportamenti e gli stati d'animo.
* Direzione Master in Psiconeuroendocrinoimmunologia Un. dell'Aquila INFOGRAFICA PAULA SIMONETTI
PER SAPE RNE DIPIÙ
Le mappe Nella ricerca degli ultimi decenni su malattie neurodegenerative come Alzheimer, Parkinson o
Sclerosi multipla, la nota saliente è lo studio della lesione, come si forma, le molecole coinvolte, come
progredisce. Poco invece si è fatto per costruire mappe dettagliate dei collegamenti, in patologia, tra diverse
aree cerebrali e tra cervello e resto del corpo. Anche se ormai, ovunque, risuonano indicazioni sul ruolo
centrale dell'alimentazione, della attività fisica, della gestione dello stress nella prevenzione e nella terapia
della neurodegenerazione Ma come fanno questi comportamenti a influenzarne genesi ed evoluzione?
L'attività fisica può aumentare la capacità di drenaggio dal cervello al sangue, tramite anche il sistema
linfatico recentemente scoperto, proprio della beta amiloide, il principale "mattone" su cui si aggrega la placca
dell'Alzheimer.
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R SALUTE/ Neuroanatomia. L'organo, così come gli altri, drena prodotti del metabolismo e fa circolare
molecole e cellule immunitarie. Su Nature
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L'alimentazione, come si legge in una recente review su Frontiers in Aging Neuroscience, può rendere
adeguato il sistema recettoriale della parete dei piccoli vasi sanguigni (conosciuto come LRP-1) che ha un
ruolo cruciale nello smaltimento della beta amiloide. La gestione dello stress può bloccare l'afflusso di cellule
immunitarie infiammate dalla periferia al cervello, come dimostra l'ennesimo lavoro sul modello animale di
"sconfitta sociale", su Biological Psychiatry, dove è documentato, dopo una fase di stress cronico, uno stato
d'ansia accompagnato da un incremento del traffico di monociti dalla milza al cervello.
(f. bottaccioli) Liquido cerebrospinale Dura madre Plesso corioideo Sede di produzione del liquido
cerebrospinale Vasi sanguigni Tessuto parenchimatico Spazio subaracnoideo FONTE RIELABOR AZIONE
DATI RSALUTE / MEDIC AL XPRESS Vaso linfatico ARTERIA VENA I VASI LINFATICI CONOSCIUTI
FIN'ORA LA SCOPERTA NEUROANATOMICA Vaso linfatico a erente Vasi linfatici a erenti Si pensava che il
cer vello impedisse alle cellule immunitarie di entrare in contatto con le cellule ner vose Il sistema linfatico
nella dura madre drena liquido interstiziale cerebrale, macromolecole e liquido cerebrospinale Linfonodi
cervicali profondi Linfonodi cervicali profondi www.nature.com www.virginia.edu PER SAPERNE DI PIÙ
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Biopsie a colpo sicuro prostata, addio paura
Metastasi, un radiofarmaco uccide le cellule malate riducendo al minimo gli effetti collaterali
ALDO FRANCO DE ROSE *
IL TUMORE della prostata è in aumento ma la buona notizia è che la mortalità è diminuita del 36%. La
sopravvivenza, negli ultimi 20 anni, è addirittura quintuplicata grazie ad una diagnosi sempre più precoce, alla
radicalità delle tecniche chirurgiche, alla radioterapia, ma soprattutto ai progressi della terapia per le forme
metastatizzate.
In pratica, a oggi, il tumore della prostata potrebbe essere considerato proprio come una malattia cronica al
pari del diabete, o dell'ipertensione. Infatti, anche per quei pazienti affetti da carcinoma in fase avanzata e
resistente alla terapia ormonale, negli ultimi 5 anni si è registrata una disponibilità di farmaci veramente
innovativi, in grado di migliorare la sopravvivenza, anche dopo l'insuccesso della chemioterapia.
Il primo è l'abiraterone acetato, che inibisce gli ormoni in ogni sede di produzione, in particolare all'interno del
tumore stesso, bloccando la produzione autonoma di testosterone da parte delle cellule prostatiche e
togliendo loro lo stimolo ormonale necessario alla sua crescita.
Più recente è l'enzalutamide, che agisce bloccando i recettori cui il testosterone aderisce per essere
trasportato all'interno della cellula fino al nucleo e al Dna, impedendo la crescita tumorale.
Infine un radiofarmaco indicato solo per le metastasi ossee e quindi il dolore; si tratta del Radium 223 capace
di incorporarsi nella sede delle metastasi scheletriche e uccidere le cellule tumorali con le radiazioni alfa,
riducendo al minimo gli effetti collaterali. Gli studi clinici eseguiti hanno dimostrato aumento della
sopravvivenza e miglioramento della qualità della vita. A oggi però il problema più importante è l'incertezza
della diagnosi.
La neoplasia della prostata, interessa 36 mila nuovi soggetti all'anno a fronte però di 100 mila biopsie
effettuate; in pratica, tra il 65 e 70% dei casi la biopsia con scopre alcun tumore, nonostante il Psa sia più alto
della norma. Se da una parte tutto questo provoca euforia e tranquillità iniziale nel paziente, dopo qualche
mese ne aumenta invece le preoccupazioni perché, spesso, il Psa continua ad innalzarsi. Si fa strada così il
sospetto che il tumore possa in realtà esserci ma in una parte della ghiandola dove non è stato infilato l'ago.
Infatti, tenendo presente che sono ritenuti normali valori inferiori o uguali a 2.5 ng/ml per soggetti di 50-65 e
inferiori o uguali a 4 ng/ml dai 65 anni in poi, fino ad oggi, la stragrande maggioranza delle biopsie viene fatta
"at random", cioè senza un bersaglio preciso, dato che nel 60-70% dei casi è solo il Psa a suggerire
l'esecuzione della biopsia in assenza di segni clinici o ecografici.
In pratica, una conferma al fatto che il test del Psa ha dei limiti proprio per la scarsa specificità. E da qui la
necessità di ricercare altri segnali più affidabili dal punto di vista della diagnosi, ricorrendo ai nuovi marcatori
che, in presenza di Psa elevato, dovrebbero consentire di limitare proprio il numero di biopsie. Utili anche
nuove indagini strumentali che indichino dove fare la biopsia, unica a fornire la certezza della diagnosi.
A oggi, in moltissimi casi, sotto guida ecografica, si eseguono 18, 24 o addirittura 36 prelievi, anche per due
o tre volte, con la speranza di centrare le cellule tumorali. Per evitare però questi prelievi multipli, con il
pericolo di infezioni e ritenzioni di urine, un ruolo sempre più importante viene riconosciuto alla risonanza
magnetica nucleare, associata alla ecografia, e più recentemente alla risonanza magnetica multiparametrica.
Il primo sistema, detto sistema BiopSee, unisce all'efficienza delle immagini ecografiche real-time l'efficacia
delle immagini di Risonanza Magnetica Nucleare e consente di eseguire biopsie di precisione mirate alle
lesioni sospette.
La Risonanza Magnetica (RM) Multiparametrica rispetto alla RM convenzionale, rappresenta invece un
importante elemento per pianificare il percorso diagnostico dei pazienti con sospetto tumore alla prostata,
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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R SALUTE / Urologia. Il tumore alla ghiandola che terrorizza gli uomini è in aumento ma la mortalità è
diminuita del 36%. In più, per la diagnosi arriva un tipo di risonanza particolarmente preciso che fa superare
ai pazienti la sofferenza per i numerosi prelievi
07/07/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
fornendo immagini che fanno individuare anche piccole modificazioni strutturali, informazioni sulla ricca
cellularità e vascolarizzazione del tumore. La novità delle nuove apparecchiature è una bobina Siemens con
60 canali, che migliora la qualità dell'immagine e quindi facilita la individuazione della lesione anche di
dimensioni millimetriche, compresi tra 0,6 e 6 mm, e risulta confortevole in quanto non utilizza la bobina
endorettale.
Questo esame, ha un valore predittivo negativo intorno al 90% per escludere la presenza di tumore
prostatico: quindi se la RM multiparametrica è negativa non serve fare biopsia. Questo esame è già
consigliato da molte assicurazioni della Gran Bretagna e inizia ad affacciarsi nelle linee guida per la sua
potenzialità di risparmiare costi della sanità e migliorare la diagnosi risparmiando sofferenze al paziente. Ma
una volta diagnosticati i tumori della prostata non sono tutti uguali: in tanti soggetti crescono lentamente, in
altri molto più velocemente. Ne consegue quindi come sia importante valutare nella maniera più accurata
possibile l'aggressività del tumore per determinare la prognosi e la strategia di trattamento più appropriato,
limitando le terapia inutili. * Specialista urologo ed andrologo università di Genova INFOGRAFICA PAULA
SIMONETT STADIO I Impercettibile al tatto rettale. Sono cancerose soltanto alcune cellule Stadi I - II
Localizzati Stadi III - IV Avanzati PICCOLA LESIONE VESCICA STADI DEL TUMORE PROSTATICO
ECOGR AFIA TR ANSRET TALE CON AGOBIOPSIA MANC ATA DIAGNOSI L'ago penetra vicino al tumore
ma non lo raggiunge L'ago penetra lontano dal tumore e la biopsia è negativa La biopsia è negata perché
non prende inpieno il tumore Metodo diagnostico che si esegue attraverso una sonda ecografi ca nel retto.
L'ago scorre attraverso il suppor to fi no alla sede del bersaglio dove viene e ettuato un prelievo bioptico e
una immagine RM Prostata Retto Suppor to allungato Ago PROSTATA IN SEZIONE AGO
RI CE RCA
Linfoma Vegetali come fabbriche di farmaci biologici. La pianta è il tabacco, di un tipo che non è coltivato. E il
farmaco un anticorpo monoclonale contro il linfoma non-Hodgkin: il rituximab, noto antitumorale sintetizzato
da cellule di mammifero in vitro.
In serra sono riusciti ad associarlo all'interleuchina-2 (Il-2), ottenendo una immuno-citochina.
L'anticorpo riconosce, raggiunge e media l'eliminazione delle cellule cancerose e Il-2 attiva la risposta
immunitaria proprio dove è più utile: un prodotto più efficace contro il tumore.
Questo grazie all'impegno dei ricercatori del laboratorio di Biotecnologia vegetale dell'Enea-Casaccia, in
collaborazione con gli esperti di spettrometria del Cnr-Istituto Ispaam di Napoli. «Abbiamo trasferito nel
tabacco due geni: quello per l'anticorpo e quello per la Il-2 utilizzando come "navetta" l'agrobacterium
tumefaciens. Dopo qualche giorno in una serra controllata, abbiamo frullato le foglie, estratto e purificato il
biofarmaco», spiega semplificando molto Marcello Donini, biotecnologo Enea e co-autore dello studio
pubblicato su Plant Biotechnology Journal. «Il vantaggio di questa tecnica aggiunge - è duplice: il rituximab
da vegetali è più efficace e molto più economico da produrre. Il futuro? «Affiancare l'uso delle piante ai
sistemi di produzione tradizionali di farmaci: negli Usa accadrà in tempi brevi». ll linfoma non-Hodgkin è un
tumore del sistema linfatico, sesta causa di morte oncologica in Occidente e in Italia colpisce circa 13 mila
perone l'anno. (t. simoniello)
LE DIAGNOSI
Nel 65-70% delle biopsie e ettuate non viene diagnosticato nessun tumore
18-36
STADIO II STADIO III STADIO IV Palpabile al tatto rettale.
Presente in uno o due lobi LOBO PROSTATICO Si estende al di fuori della prostata Ha invaso linfonodi e
organi vicini (metastasi) LINFONODI LE NUOVE TECNICHE DIAGNOSTICHE In caso di mancata evidenza
di tumore con l'ecografia si eseguono biopsie in tutte quelle zone dove il tumore potrebbe essere LA BIOPSIA
Sotto guida ecografi ca si e ettuano prelievi multipli Prostata VESCICA PROSTATA prelievi per volta con la
speranza di centrare il tumore Sistema BiopSee Realizza immagini HD con tecnologia real-time ecografi ca e
risonanza magnetica nucleare Diagnosi non invasiva Non utilizzano bobina endo-rettale Risonanza
07/07/2015
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magnetica multiparametrica Consente di visualizzare piccole lesioni e biopsiarle in modo mirato IMMAGINE
HD BIOPSEE Struttura mor fologica della prostata
07/07/2015
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Onde sonore e un super esame del Psa ecco i nuovi test
(aldo franco de rose)
IL PROBLEMA del Psa è che aumenta nel tumore ma anche per infiammazioni e la più comune ipertrofia
della prostata. Per questo si stanno usando anche altri test. I più utilizzati sono il Pca3 e il proPsa.
Il primo è un test genetico su urine dopo massaggio prostatico. Indici elevati (+35%) consigliano di ricorrere
alla biopsia.
Il proPsa si esegue sul sangue dove si misura una frazione della molecola del Psa che, raffrontato al Psa
totale e libero, consente di calcolare l'indice di salute prostatica, il Phi, acronimo inglese di Prostate Health
Index. Percentuali tra 0 e 22 escluderebbero il tumore, quelle >di 45 indicano un'alta probabilità di tumore, e
una zona grigia, compresa tra 23 e 44 in cui decide l'urologo. In un prossimo futuro forse potremo dire addio
alle biopsie della prostata. Ricercatori Usa della Carnegie Mellon University, per individuare le cellule tumorali
circolanti (Ctc) "spia" di malattia, hanno messo a punto una nuova tecnica basata sulle onde sonore. La
metodica, descritta su Pnas è 20 volte più veloce di quelle oggi disponibili per scovare le Ctc. Oggi servono 5
ore per analizzare un campione di sangue da 5 millilitri, ma gli studiosi lavorano per abbattere a mezz'ora il
tempo di analisi. Inoltre questa "biopsia liquida" offre un'opzione molto meno invasiva e permette di
raccogliere informazioni anche su eventuali metastasi, sulla risposta al trattamento somministrato e sulla
genetica del tumore in modo migliore rispetto allo studio delle cellule prelevate direttamente dalla neoplasia.
In molti casi, tuttavia, le cellule tumorali circolanti sono troppo poche per essere analizzate in quanto nel
sangue scorrono assieme a migliaia di globuli bianchi, milioni di globuli rossi e migliaia di piastrine.
Ricercatori Usa hanno sviluppato il prototipo di un chip che attraverso le onde sonore, sfruttando
caratteristiche fisiche peculiari delle Ctc, consente di separare le cellule tumorali dagli elementi figurati del
sangue molto più velocemente di quanto si possa fare oggi. Il tutto con la stessa efficacia, come hanno
dimostrato per la prima volta una serie di esperimenti condotti sul cancro al seno.
NORMALE CON SOSPET TO TUMORE PROSTATICO Tessuto alterato Alte dosi di PSA nel sangue PSA
Tessuto organizzato Dosi minime di PSA nel sangue PSA PSA: PROSTATIC SPECIFIC ANTIGEN
Sopravvivenza Negli ultimi 20 anni la sopravvivenza dopo diagnosi di cancro della prostata è aumentata di 5
volte 36 per cento La riduzione della mortalità causata dal tumore della prostata sempre negli ultimi venti anni
43.380 I maschi italiani che ogni anno si sottopongono a biopsia della prostata per sospetto tumore 36
prelievi di tessuto possono essere eseguiti anche in una singola biopsia per individuare le cellule cancerose
30 per cento dei pazienti è costretto a ripetere i prelievi perché la biopsia non ha trovato nulla www.siu.it
www.pnas.org PER SAPERNE DI PIÙ
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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R SALUTE / Diagnosi. In un prossimo futuro (forse) saranno abbandonate le tecniche eccessivamente
invasive
07/07/2015
Pag. 41
diffusione:556325
tiratura:710716
Il ghiaccio si deve fare così
Ilfreddononuccide ibatteri.Scongelati simoltiplicano infretta
CECILIA RANZA
TUTELA del consumatore, riferimento comune per chi produce, controlla, utilizza, infine strumento di
formazione professionale. Tutto questo è il neonato Manuale del ghiaccio sicuro auso alimentare (bibite,
cocktail, esposizione di alimenti): è il primo per l'Italia, ma è del tutto inedito anche in Europa. «Si colma una
lacuna - conferma Giuseppe Plutino, direttore Ufficio II, DGSAN, ministero della Salute - la normativa a tutela
dell'acqua potabile non basta a garantire unghiaccio alimentare sicuro.L'intera filiera di produzione,
stoccaggio, conservazione e utilizzo vuole controlli dedicati». Approvato dal ministero della Salute, il manuale
punta il dito su tre tipi di contaminazione: chimica, fisica e microbiologica. Mancata manutenzione delle
macchine produttrici di ghiaccio, manovre errate durante stoccaggio e trasporto, conservazione in contenitori
non idonei, non corretta formazione/protezione del personale addettoa ogni fasepossono trasferire alghiaccio
particelle di metalli, lubrificanti, carburanti, plastiche, frammenti di stoffa, legno,macchinari. Ultimi da tenere a
bada, ma non per importanza, muffe, protozoi, batteri. Chiarisce Lorenzo Morelli, microbiologo, preside della
facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali della Cattolica di Piacenza e Cremona: «L'intrusione dei
batteri nel ghiaccio è facile: non esistono condizioni di sterilità nella vita quotidiana e i batteri sono nostri
compagni quotidiani, nell'ambiente e sulla pelle. Il ghiaccio nonli uccide: una volta liberati dal cubetto, si
moltiplicano in fretta e possono esprimere tutta la loro pericolosità. Coliformi, Enterococchi, Escherichia coli,
Pseudomonas aeruginosa (notaperle "mozzarelle blu" tedesche) fanno suonare l'allarme, perché
contaminano più facilmente acqua, tubature e dovunque c'è umidità stagnante, dove simoltiplicano.
Rispettare l'igiene dell'ambiente e della persona è l'unica via perminimizzare laloro presenza e tutelare la
salute». RicordaAndrea Poli, presidente diNutrition Foundation of Italy: «Acqua e ghiaccio contaminati sono,
secondo l'Oms, uno dei maggiori pericoli per il turista, ovunque nelmondo. I rischi? Da gastroenteriti lievi, con
febbricola e malessere, a forme gravi, con febbre alta, diarrea profusa, vomito e disidratazione. Nelle persone
fragili, con scarse difese immunitarie, può essere necessario il ricovero». Nel manuale, stilato secondo il
sistema HACCP (Analisi dei pericoli e punti critici di controllo) sono previsti due percorsi diversi: per l'industria
e per realtà medio-piccole di autoproduzione (bar, ristoranti/hotel, catering, discoteche). Ma gli scopi di
questo complesso di norme guardano oltre: «Il manuale è adottabile dai produttori su base volontaria precisa Plutino - ma diventerà un ovvio punto di riferimento per chi è incaricato dei controlli sul territorio (Nas,
Asl,laboratoridi analisi).Enon dimentico le altre figure professionali coin olte: ilmanuale diffonderàla cultura
della sicurezza alimentare anche a chi maneggia il ghiaccio ai banchi di ristorazione. È inutile produrre
ghiaccio sicuro, se poi lo si contamina appena prima che venga consumato». Il manuale sarà proposto alle
istituzioni europee come base, per un documento da approvare e diffondere alivello UE. Intanto sarà uno
strumento di cultura nel nostro paese ed è stato recepito dall'Associazione italiana dei Barman che ne
diffonderà i principi ai propri corsi di formazione e aggiornamento. infografica paula simonetti PER SAPERNE
DI PIÙ www.salute.it/gov
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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Alimentazione.Leregole-leprime inEuropa-sonostateapprovatedalMinisterodellaSalute
Evitareirischilegatiaunascorrettamanipolazione
07/07/2015
Pag. 9 Ed. Napoli
diffusione:556325
tiratura:710716
Tumore al colon nuova metodica la biopsia liquida
La scoperta dell'Istituto Candiolo di Torino con tre oncologi del Pascale: analizza il Dna rilasciato nel sangue
g. d. b.
TUMORE del colon retto, c'è una nuova metodica di indagine. È la biopsia liquida, procedimento che
permette di analizzare il Dna che il tumore rilascia nel sangue, facendo correre meno rischi e riducendo i
fastidi per il paziente. A individuarne le potenzialità è stato un gruppo di lavoro coordinato dall'Istituto dei
tumori Candiolo di Torino insieme a tre oncologi del Pascale: Alfredo Budillon, Antonio Avallone e Fabiana
Tatangelo. Il test, oltre sostituire la biopsia tradizionale, darebbe la possibilità di aumentare la ripetitività
dell'esame e seguire meglio l'evoluzione della malattia. La ricerca, che aggiunge un altro tassello diagnostico
nella stadiazione dei tumori del colon (in aumento e sempre ai primi posti della classifica), è stata pubblicata
sulla prestigiosa "Nature Medicine".
«L'esame - spiega Alfredo Budillon, direttore di Farmacologia sperimentale - grazie all'analisi del Dna del
sangue di pazienti con tumore e sottoposti a terapie contro il recettore dell'Egf (uno dei trattamenti standard
in questa patologia, ndr), rivela la presenza di alterazioni in altri geni sotto la pressione della terapia,
alterazioni associate alla resistenza del tumore o acquisita nei confronti di quella stessa terapia.
In altri termini, dimostra l'evoluzione dinamica della malattia sotto l'azione del trattamento». Per ora in teoria,
secondo lo studio, basterebbe un semplice prelievo ematico per modificare la terapia, adattandola
all'evoluzione genetica della malattia. Insomma, se la mutazione genetica si instaura, il monitoraggio costante
è in grado di identificarla ben prima della progressione clinica della patologia oncologica.
«Si tratta ovviamente di una tecnica molto promettente, ma ancora in fase di sviluppo - aggiungono Avallone
(esperto del trattamento dei tumori colon rettali) e la patologa Tatangelo - e i risultati appena pubblicati
rappresentano solo il primo tassello della collaborazione tra il Pascale e le altre prestigiose istituzioni italiane.
Abbiamo tutti un unico obiettivo: studiare l'effetto di altri trattamenti sull'evoluzione dinamica della patologia
tumorale e confermare attraverso studi clinici se un trattamento intermittente, monitorato mediante la biopsia
liquida, sia più efficace nel controllo della malattia».
Il lavoro di ricerca, coordinato dal professore Alberto Bardelli dell'Istituto Candiolo, ha coinvolto, oltre al
Pascale, anche il Niguarda di Milano, il San Giovanni Battista di Torino, l'università di Pisa e due istituzioni
estere: il Massachusetts General Hospital e l'Institut hospital del Mar d'Investigacion Mediques di Barcellona.
( www.trapianti.salute.gov.it www.nature.com PER SAPERNE DI PIÙ
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LA RICERCA
07/07/2015
Pag. 1
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tiratura:418328
Doping, ecco la mappa degli italiani "gonfiati"
Paolo Russo
A PAGINA 13 L'ennesima operazione anti-doping è iniziata in gran sordina ieri ed avrebbe già portato a una
decina di arresti tra medici e farmacisti lombardi. Con i primi accusati di prescrivere quel che non si dovrebbe
per normali attività sportive e i secondi di essersi attivati per procurare le sostanze dopanti vietate per legge,
come l'Epo, l'ormone che stimola la produzione di globuli rossi nel sangue, utilizzato soprattutto dai ciclisti per
ossigenare oltre misura il proprio sangue, esponendosi però a rischio di trombosi. Ad eseguire gli arresti sono
stati i carabinieri del Nas su ordine della Procura di Brescia. Ma l'operazione potrebbe a stretto giro
coinvolgere altri professionisti del doping, con nuovi arresti in attesa solo di essere validati dal Gip. Amatori e
dilettanti Il giro smascherato dall'inchiesta bresciana interesserebbe ciclisti amatoriali e sportivi dilettanti. A
conferma del rapporto difficile tra gli italiani e lo sport. Perché, come dicono i dati del Censis, siamo un popolo
di sedentari, che nel 40% dei casi pratica solo l'ozio o, tutt'al più, di «sportivi della domenica». E il brutto è
che quando facciamo sul serio, in troppi casi ricorriamo ad aiuti ed aiutini, non sempre leciti. La retata
lombarda è infatti l'ultima di una lunga serie. I più recenti dati, diffusi poco più di due anni fa da Libera di Don
Ciotti, raccontano di oltre cento inchieste giudiziarie l'anno, di 105 milioni di dosi farmaceutiche dopanti
sequestrate dal 2000, per una media di 8 milioni di fiale, pillole e «cocktail» vari requisiti ogni anno. Questo,
stando a quel che i controlli dei Nas riescono a far emergere, perché le stime di Libera parlano di ben 371
milioni di dosi mandate giù ogni anno da chi fa sport col trucco, alimentando un mercato da 425 milioni l'anno.
Sempre stando alle stime a praticare lo sport del doping sarebbero in 185 mila. Anche se la parte del leone la
fanno i pompati delle palestre, i maniaci del body building, che in 69mila userebbero sostanze dopanti.
Percentuali raddoppiate Dei campioni di Tour e Giro hanno fin troppo spesso raccontato le cronache, ma
anche tra i dilettanti delle due ruote il ricorso al doping è in costante crescita. L'ultimo rapporto della
Commissione di vigilanza del Ministero della Salute (2014) rileva che la percentuale dei positivi ai test è
raddoppiata, balzando dal 4,4 all'8,8%. Tra tutte le discipline, 4 sportivi su cento passati al setaccio dai
controlli è risultato positivo ai test. La percentuale maggiore è tra chi pratica a livello agonistico body building
(28,6%). Nella poco s p o r t i va c l a s s i f i c a s e g u o n o hockey e pattinaggio con un dopato su 4,
praticanti di arti marziali e pesistica con il 12,5%, del tiro a segno (10,8%), del tiro con l'arco (9,4%) e ciclisti.
A sorpresa, nei piani alti della classifica dei dopati troviamo anche gli amanti del golf, risultati positivi nell'8,7%
dei casi. Fin qui chi fa sport a livello dilettantistico. Ma non è che tra chi lo pratica a livello agonistico le cose
vadano poi meglio. La classifica dei dopati a cinque cerchi l'ha stilata il sito «Totallympics» e tra gli atleti
olimpici l'Italia ha conquistato la medaglia di bronzo con 74 casi di doping accertati. Meglio di noi, si fa per
dire, hanno fatto solo India con 93 casi e Russia con 94. Che almeno hanno l'attenuante di avere più atleti di
noi.
I numeri
10 arresti Sono quelli scattati nelle ultime ore dopo l'inchiesta della procura di Brescia. Altri potrebbero
arrivare nei prossimi giorni.
105 milioni Le dosi di sostanze dopanti sequestrate in Italia negli ultimi 15 anni, secondo un'indagine di
Libera.
425 milioni Tanto si spende ogni anno in Italia per il doping. Tra i 185 mila atleti che utilizzano sostanze
proibite, 69 mila sono cultori del Body building.
Body building
La percentuale maggiore di atleti dopati è tra chi pratica a livello agonistico body building, con numeri da
brivido: il 28,6% di quelli sottoposti a controlli. In classifica seguono gli atleti di hockey e pattinaggio, con un
dopato su quattro controllati.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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SPORTIVI DILETTANTI
07/07/2015
Pag. 1
diffusione:309253
tiratura:418328
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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Arti marziali
Chi va in palestra per gonfiare i muscoli e pratica discipline «pesanti» come arti marziali e pesistica, non
disdegna l'uso di sostanze proibite. L'ultimo rapporto del ministero della Salute, dello scorso anno, dice che il
12,5 % degli atleti di questi sport ne fa uso.
Ciclismo
Come era facile immaginare, tanti dopati tra i ciclisti. Ma nella classifica del ministero, se ne registrano tanti
anche nelle «innocue» discipline del tiro a segno (10,8 %) e del tiro con l'arco (9,4 %). La pratica non
risparmia nemmeno gli amanti del golf, con un inquietante 8,7 %.
Atleti olimpici
Non solo dilettanti e sportivi della domenica. Anche tra gli atleti olimpici il doping è molto frequentato,
nonostante controlli serrati e il rischio di vedere azzerata la carriera: l'Italia, con 74 casi di dopati, è al terzo
posto mondiale, dopo India (93 casi) e Russia (94).
Foto: PATRICK SEMANSKY/AP Negli ultimi anni la percentuale di chi in Italia utilizza sostanze dopanti è
passata dal 4,4 all'8,8 per cento
07/07/2015
Pag. 14
diffusione:309253
tiratura:418328
Una giornata al centralino del numero gratuito 1500 del ministero della Salute: consigli, richieste di aiuto,
domande sul tempo che farà e su quando potrebbe finire
FLAVIA AMABILE ROMA
Sesto piano del ministero della Salute all'Eur, alla fine di un lungo corridoio si apre la stanza a621, una sala
con dieci computer, almeno quattordiciquindici apparecchi telefonici, una grande tv sintonizzata sui
programmi di informazione, e una decina di persone sedute a rispondere alle chiamate. È il quartier generale
del numero gratuito 1500 attivo da ieri dalle 9 alle 18, sabato e domenica compresi, per aiutare chi ne ha
bisogno durante questi giorni di forte caldo su tutta l'Italia. È il primo giorno, in genere il più difficile in questo
tipo di lavoro, il numero non è ancora molto conosciuto, le linee telefoniche non funzionano ancora come
dovrebbero, eppure arrivano 300 telefonate con le richieste più disparate. Il grande caldo, certo, ma non solo.
Ci sono persone che chiamano per chiedere le previsioni meteo ed altri che vogliono sapere che cosa
mangiare e quando uscire ma in realtà vogliono soprattutto parlare con qualcuno e sentirsi rassicurati sul
proprio modo di vivere. Ad un certo punto chiama un signore dalla Campania, vuole sapere dove lasciare del
materiale edilizio. «Il nostro dovere è di rispondere comunque a tutti, anche quando si tratta di domande che
non ci competono. In questo caso ho detto di rivolgersi al Comune. Se possiamo diamo anche i numeri di
telefono», spiega Francesca Zaffino, coordinatrice del servizio. Ci sono gli operatori del primo livello di aiuto,
40 tecnici del ministero che si alternano per rispondere alle richieste più semplici. E poi ci sono i dirigenti
medici, 60 professionisti a cui vengono rivolte le domande più complesse, sono dottori, farmacisti, chimici,
psicologi e anche veterinari perché capitano anche persone che chiedono aiuto per i loro animali domestici.
Chiama una signora da Pistoia, soffre di ipertensione. «Ho misurato la pressione, è molto bassa, posso
sospendere la terapia?». L'operatrice del ministero consiglia prudenza: «Monitorare più spesso la pressione,
non basta un solo valore, e non interrompere la terapia senza aver prima chiesto al medico curante». Chiama
una signora da Pordenone, ha 53 anni, soffre di pressione bassa con svenimenti. «Ho un treno per Bologna
nei prossimi giorni, viaggerò con un bambino e diverse valigie pesanti. Dovrò restare per più di un'ora alla
stazione di Bologna ad aspettare la coincidenza, mi conviene partire?» Le previsioni non sono favorevoli, le
spiega una delle operatrici di primo livello. «Bologna fino a mercoledì sarà una delle città a maggiore rischio
per il caldo. Deve proprio partire?» Da Parma arriva la richiesta di aiuto di un'infermiera. Sta assistendo una
persona agli arresti domiciliari. «Come si fa a chiedere l'assistenza domiciliare?». È una domanda molto
particolare, risponde una delle professioniste del secondo livello di assistenza: «Conosco la procedura per
l'assistenza domiciliare e ho provato comunque a dare una mano anche se la richiesta non era di nostra
competenza». Da Ferrara una signora di 75 anni ha problemi di cuore. «Ho una visita prenotata per il 20
luglio? Devo anticiparla?». In questi casi il consiglio è di rivolgersi sempre al medico curante. «Signora, io non
conosco la sua situazione clinica, soltanto lui può valutare l'urgenza della visita».
Le domande di chi chiama
Mercoledì a Bologna dovrò aspettare un'ora la coincidenza Posso partire?
Assisto una persona agli arresti domiciliari: come si fa ad avere l'assistenza?
Soffro di cuore e ho una visita il 20 luglio: devo anticiparla?
Soffro di ipertensione e oggi ho la pressione bassa: possono sospendere la terapia?
Che cosa bisogna sapere n Il numero di pubblica utilità del ministero della Salute «1500-Estate sicura, come
vincere il caldo» è gratuito e attivo tutti i giorni dalle 9 alle 18, sabato e domenica compresi n Al telefono
rispondono 40 tecnici del ministero per informazioni di base mentre le domande più complesse verranno
girate ad un «pool» di 60 dirigenti medici n Tra gli esperti incaricati di assistere la popolazione figurano
dottori, farmacisti, chimici, biologi, psicologi, veterinari e dirigenti sanitari
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L'Italia che boccheggia al telefono: "Posso partire con questo caldo?"
07/07/2015
Pag. 14
diffusione:309253
tiratura:418328
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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Foto: Senza difese Una donna cerca di difendersi dal caldo facendosi aria con un ventaglio: una soluzione
che può ben poco contro la canicola di questo inizio luglio
Foto: ANSA
07/07/2015
Pag. 46
diffusione:309253
tiratura:418328
«Prevenzione sì, ma fino a che punto?» - «Il Comune: come funziona il fondo di garanziapergliaffitti»«MuseoEgizio:l'allestimentoèapprezzatointuttoilmondo»
Una lettrice scrive: n «Scrivo perchè sono arrabbiata, sconcertata e confusa....sono stata dal mio medico
della mutua ed ho trovato , come sostituto, una giovane dottoressa. Dopo la mia visita ho esposto le mie
paure dovute alla salute di mio marito che è un uomo di mezza età, accanito fumatore, nervoso, preoccupato
per il lavoro,con difficoltà a dormire. Ho chiesto se c'erano esami che potevano essere fatti per controllare il
suo stato. Mi è stato risposto che, a parte gli esami del sangue normali di controllo, non era necessario fare
nulla non manifestando mio marito alcun sintomo. Ho provato a parlare di prevenzione ma mi è stato detto
che per le malattie cardiovascolari non c'è alcuna prevenzione, fare radiografie per il tumore ai polmoni non
sempre lo evidenzia e fa male e, se proprio volevo sottoporlo ad un check up, potevo farlo privatamente.Ma,
allora , perchè si continua a parlare di prevenzione? Ha aggiunto che l'unica vera prevenzione è osservare
uno stile di vita corretto...grazie! Ho avuto un linfoma e io non bevo né fumo e ho sempre seguito una vita
sana quindi , forse, sono più cosciente di altri che tutto può succedere comunque. Se non c'è la malattia
quindi la persona non esiste?» SEGUE LA FIRMA L'assessore alla Politiche Sociali di Torino scrive: n
«Rispondiamo alla lettera della signora Spriano apparsa sulla Vostra rubrica in data 2 luglio 2015. Dopo
attenta verifica con gli uffici di Lo.Ca.Re rispetto alla richiesta di accesso al fondo di garanzia, per il contratto
di affitto stipulato dalla signora Spriano, è emerso che non sussistono i requisiti per il riconoscimento del
citato fondo in quanto, in base alle regole generali dell'Agenzia Lo.C.A.Re., il fondo può essere riconosciuto
solo se il canone d'affitto del contratto convenzionato incide sul reddito in percentuale non superiore al 31%,
per nuclei famigliari composti da tre persone, come nel caso in questione. Inoltre, le modalità riguardanti sia i
proprietari di immobili che gli inquilini, sono pubblicate sul sito istituzionale della Città per dovere di
trasparenza ma soprattutto per una più facile modalità di accesso alle informazioni per i cittadini interessati.
Preciso altresì che l'attestato di iscrizione è un documento che viene rilasciato all'inquilino e, per rispetto della
normativa sulla privacy, non può essere dato a nessun'altra persona, salvo apposita autorizzazione scritta
dell'inquilino stesso ad un dipendente pubblico. ELIDE TISI L'Ufficio Comunicazione del Museo Egizio scrive:
n «In risposta alla lettera del Sig. Libero Pierpaolo Manetti del 30 giugno 2015. Gentile Dr. Manetti, la
ringraziamo per la sua lettera che ci offre l'occasione per chiarire alcuni equivoci. Innanzitutto l'Associazione
Amici del Museo Egizio non è mai stata sciolta bensì risanata per volere della Fondazione Museo delle
Antichità Egizie. Senza soluzione di continuità, gli Amici del Museo sono oggi più attivi che mai, da mesi
lavorano alacremente coadiuvando la Fondazione in una serie di attività e a breve il loro Presidente, il dott.
Enrico Ferraris, presenterà un fitto calendario di eventi per i soci. Il progetto di ampliamento, restauro e
messa in sicurezza ha restituito alla città di Torino e a tutto il mondo un museo raddoppiato negli spazi e
rispondente ad una più ampia richiesta di fruizione, sia essa di un pubblico specialistico o semplicemente
appassionato e curioso. In questi primi mesi di apertura il nuovo allestimento ha ricevuto il consenso della
comunità egittologica internazionale. Non si comprende quali siano per lei gli elementi di
spettacolarizzazione: la scala mobile, proposta architettonica approvata dalla Sovrintendenze competenti, è
una delle soluzioni adottate e proporzionate a un pubblico sempre più numeroso. La Galleria dei Re, infine,
non è stata oggetto di nuove scelte allestitive ma si è semplicemente arricchita di un apparato didascalico.
Come ebbe a dire il prof. Sergio Donadoni "Un Museo che ripensa se stesso rende con ciò omaggio alla sua
natura e alla sua funzione"». PAOLA MATOSSI L'ORSA [email protected] via Lugaro 15, 10126
Torino Forum lettere su www.lastampa.it/specchio www.facebook.com/specchiodeitempi
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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Specchio dei tempi
07/07/2015
Pag. 52 Ed. Torino
diffusione:309253
tiratura:418328
Saitta: "Nessun declassamento" L'assessore rassicura il Martini
NOEMI PENNA
Quale futuro per il Martini? «Non certo il declassamento». A schierarsi in prima linea è l'assessore alla Sanità
Antonio Saitta, che ieri sera ha incontrato i dipendenti dell'ospedale e i rappresentanti sindacali per «mettere
a tacere le voci che hanno creato preoccupazioni sul destino di un ospedale indispensabile per la città». Via
l'asterisco
«Stiamo lavorando per mettere i conti a posto e contenere le spese, in modo da toglierci questo marchio di
spreconi che non meritiamo. Ma sono solo i costi di gestione che andremo a limare, non i servizi per i
cittadini», dice Saitta. «Il ministero della Salute l'anno scorso aveva fatto un rilievo sul Martini e aveva notato
una sorta di sbilanciamento: qualcuno lo ha definito un grande pronto soccorso. Noi abbiamo spiegato che è
un ospedale importante e non ne avremmo potuto fare a meno, quindi nella delibera ci siamo impegnati,
entro il 31 dicembre 2015, a dimostrarlo». Da qui la nascita del dibattuto «asterisco», simbolo che sul
documento significa sospensione temporanea del giudizio, vessillo di chi oggi si sta battendo contro il
declassamento della struttura di via Tofane: «Il comitato "Salviamo il Martini" non ha ragione di esistere.
Quell'asterisco era cautelativo, e con i primi interventi attuati con il nuovo direttore generale Giovanni Maria
Soro stiamo tornano a vedere la luce».
Per limitare i costi, assessorato e direzione sanitaria del Martini hanno pianificato 4 azioni strategiche:
ridisegno organizzativo del presidio in aree assistenziali per la degenza (medica, chirurgica, materno-infantile
e critica, articolate per intensità di cura); nuova strutturazione dei percorsi interni ed esterni, con un
rafforzamento dell'assistenza domiciliare e socio-sanitaria; riorganizzazione logistica di emergenza e urgenza
e, soprattutto, il completamento dei lavori di ristrutturazione, sospesi a ottobre 2013 e ripresi a maggio.
Dovrebbero concludersi nell'aprile del 2018, con un investimento di 17 milioni di euro per la messa a norma, il
condizionamento dello stabile, l'umanizzazione delle degenze, la razionalizzazione e l'attivazione dei nuovi
percorsi. Nuovi primari
«Altro intervento indispensabile è lo sblocco delle graduatorie dei primari. Richiesta fondamentale per far
riprendere gli ospedali», afferma Nino Boeti, vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte. «A oggi, le
nostre scelte sono state dettate esclusivamente dalla situazione economica ereditata», ricorda Saitta: «Non
abbiamo chiuso nessun ospedale, abbiamo solo messo in pratica quello che andava fatto a livello di
ottimizzazione. Accorpare è anche sinonimo di sicurezza ma non è certo il caso del Martini, che manterrà il
suo Dea di primo livello. Con la giusta programmazione, sono convinto che salveremo la sanità pubblica».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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Incontro con personale e sindacati
07/07/2015
Pag. 13 Ed. Venezia
diffusione:86966
tiratura:114104
Il "made in Veneto" che salva i bovini e cura la colite
Due eccellenze italiane made in Veneto. Uno cura pazienti da tutta Italia colpiti da patologie croniche gravi,
spesso invalidanti, e sempre più diffuse tra giovanissimi e bambini. L'altro è uno dei maggiori esportatori di
acido butirrico negli Stati Uniti, dove sono molto preoccupati dall'eventuale nascita di un super batterio
resistente agli antibiotici con i quali trattano i milioni di capi di bestiame che allevano.
Il professor Paolo Sossai è un bellunese di 56 anni, libero docente all'Università di Camerino e primario di
Medicina all'ospedale di Urbino, una di quelle unità operative che non si vedono più nei nostri ospedali,
diventati cattedrali della sanità con sempre meno ricoverati, perché ha una cinquantina di posti letto e molti
più pazienti da seguire ricoverati in altri reparti (fino a settanta).
Maurizio Lorenzon, 56 anni, vive a Noale dove nei primi anni Novanta ha fondato la Sila cui fanno capo due
fabbriche.
Il caso e la passione per la scienza e l'economia li ha fatti incontrare e la loro collaborazione ha portato al
brevetto del Butyrose, da poco approvato e in commercio, classificato dal ministero della Sanità come un
alimento destinato a fini medici speciali per la dieta di pazienti con esigenze nutrizionali specifiche, dettate da
motivi clinici come le patologie del colon. E Paolo Sossai - il primo in Italia a usare il Butyrose, un anno in
anticipo rispetto al rilascio sul mercato - a Urbino cura, appunto, persone colpite da malanni cronici come il
morbo di Crohn, la Rettocolite ulcerosa e vari altri problemi. Li cura, tra i pochi in Italia, anche con farmaci
biotecnologici che richiedono capacità ed esperienze specifiche a causa dei possibili effetti collaterali, ma che
restituiscono ai pazienti vite normali, tanto che alcune donne colpite da rettocolite, iniziata la terapia si
dimenticano della malattia e sfornano bambini che altrimenti non potrebbero avere.
Dopo che imprenditore e medico si sono conosciuti, si è creata subito una forte intesa e amicizia che da
allora non si è più interrotta.
Ciò che sta cercando di realizzare il governatore del Veneto Luca Zaia da poco rieletto, ossia garantire
l'eccellenza alla sanità del territorio nonostante le risorse pubbliche sempre più ridotte, Paolo Sossai e
Maurizio Lorenzon lo stanno mettendo in pratica da anni convinti che non può esistere un buon sistema
sanitario senza una sana economia. Sossai ricerca e cura e Lorenzon, che ha da poco aperto una fabbrica
anche in Svizzera per le medicine effervescenti, investe e brevetta soluzioni.
Uno è amante della montagna, e aiuta il prossimo anche arrampicando perché è membro del Soccorso
alpino (oltre che medico di pronto intervento per i tecnici che operano nelle piattaforme petrolifere in giro per il
mondo e del Cirm - Centro Internazionale Radiomedico che presta assistenza ai naviganti), l'altro
sponsorizza i Black Lions Venezia, squadra di hockey per disabili su sedie a rotelle elettriche, e ha la
passione per i motori e la campagna: ha investito i suoi primi soldi per ricomprarsi il trattore del padre
rimettendolo a nuovo da solo, ed è uscito quasi illeso dopo essere volato fuori strada con una Porsche e aver
tranciato a metà un palo della luce, ma soprattutto ama la matematica e la storia dei geni che l'hanno
praticata.
Sono entrambi ciò che Zaia, o anche il premier Renzi, definiscono eccellenze italiane e, come quasi tutte le
eccellenze, capita che vengano presi a pesci in faccia e ostacolati in un Paese dove spesso gli incompetenti
sono premiati: Sossai era stato licenziato poco dopo la nomina a primario per un errore formale presente nel
bando ma il Tribunale, cui si è rivolto con l'avvocato bellunese Maurizio Paniz, lo ha reintegrato perché di titoli
ne ha da vendere; Maurizio Lorenzon combatte contro la burocrazia nostrana sulla quale non serve
dilungarsi, basti dire che lui ha aperto le sue fabbriche facendole funzionare con generatori diesel perché, se
aspettava i permessi, a quest'ora era ancora un insegnante di chimica all'istituto di Agraria di Mirano.
Eppure continuano, pervicaci, a restare qui «perché è il nostro Paese, e la parte buona che, nonostante
tutto, ci vive e lavora senza raccomandazioni o affiliazioni di ogni genere, è tra le migliori al mondo».
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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SCIENZA Imprenditore veneziano e medico bellunese uniscono le forze per la ricerca. A partire dall'acido
butirrico
07/07/2015
Pag. 13 Ed. Venezia
diffusione:86966
tiratura:114104
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SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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07/07/2015
Pag. 12 Ed. Milano
diffusione:69063
tiratura:107480
Trattativa sui poliambulatori
di GIULIA BONEZZI MILANO SPUNTANO altre quattro aziende ospedaliere all'orizzonte della riforma della
sanità lombarda. Ne parlano il leghista Fabio Rizzi e l'alfaniano Angelo Capelli, estensori del testo licenziato
dalla commissione regionale Sanità, che domani passa alla Bilancio ed è atteso martedì prossimo nell'aula
del Pirellone. Ieri, all'ospedale San Paolo, la «prima uscita ufficiale», per il testo e per l'allegato, con la mappa
del sistema sanitario ridisegnata in 8 Agenzie di tutela della salute (al posto di 15 Asl) e 22 Aziende sociosanitarie territoriali (Asst), sulla quale la maggioranza s'è spaccata. Forza Italia s'è astenuta, e i suballeati
Lega-Ncd hanno messo la retro sulle aziende ospedaliere superstiti, tornando a tre (Niguarda, Papa Giovanni
di Bergamo e Civile di Brescia). Perché, ha spiegato Rizzi a una platea di medici, dirigenti, docenti
universitari, le Ao continueranno a fare l'ospedale senza «territorio», e l'ospedale non è il cuore della riforma,
in quanto già eccellenza al cui livello portare la rete territoriale, chiarisce Capelli. E però «credo che si
aggiungeranno altre Ao, in quanto sedi universitarie»: San Paolo/San Carlo e Sacco (attualmente declinate in
Asst), Varese e San Gerardo di Monza, anticipa Rizzi all'uditorio direttamente interessato (c'è anche il dg del
Sacco Pasquale Cannatelli). La trattativa tra alleati, del resto, è ancora in corso, e un altro nodo, tutto
milanese «e non ancora sciolto», è quello dei 23 poliambulatori degli Icp: sparpagliarli tra tre Asst come
prevede la versione approvata in commissione, oppure lasciarli uniti in un'unica azienda come chiedono gli
azzurri, col rischio di «limitare la libertà di scelta, perché lo specialista è in grado di orientarla»? «È un'ipotesi
di lavoro», concede Capelli, rispondendo a un dubbio di Enzo Brusini, il dg del San Paolo. CHE DOMANDA,
anche, chi si terrà la medicina penitenziaria tra Asst e ospedale: oggi è gestita dal suo, tra il «repartino» con
stanza 41 bis e le infermerie di San Vittore, Bollate, Opera, valore del servizio 12 milioni di euro l'anno.
Risponde Rizzi, che al testo votato è stato aggiunto «un passaggio che dà la possibilità all'ente
programmatore, in certi casi, di obbligare a convenzionarsi» l'azienda ospedaliera e quella socio-sanitaria (le
cui funzioni «possono essere esercitate anche dai privati»). E se è chiaro che c'è margine per riscrivere altro,
prima dell'aula, intanto Rizzi risponde alla polemica sulle poltrone (l'Asst non ha una terna dirigenziale ma
«un poker», con l'aggiunta di un direttore sociale): «Non abbiamo intenzione di correr dietro alla demagogia, il
numero dei dirigenti è stabilito in base ai bisogni». [email protected]
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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Cantiere riformaRisorgono quattroospedali autonomi
07/07/2015
Pag. 17
diffusione:125215
tiratura:224026
Pet Therapy negli ospedali per aiutare i bimbi a essere più sereni
LUCA BERNARDO *
Un nuovo progetto è stato avviato presso l'A.O. Fatebenefratelli di Milano. La Casa Pediatrica, eccellente
reparto Materno-Infantile inaugurato a maggio, dà il via alla Pet Therapy in accordo con la Regione
Lombardia. Il leitmotiv che vede come protagonisti i bambini e gli adolescenti nell'essere accolti durante la
loro ospedalizzazione con la presenza anche di amici come gli animali, rappresenta un progetto di alto valore
sociale. Alla presentazione sono intervenuti Mario Mantovani, vicepresidente e assessore alla Salute della
Regione Lombardia, e l'onorevole Michela Vittoria Brambilla. L'impegno di tante persone nel creare e
realizzare la Casa Pediatrica, che accoglie i bambini senza farli sentire troppo distanti dal loro ambiente di
vita, prosegue con la Pet Therapy. Una terapia che «integra, rafforza e coadiuva le tradizionali terapie e che
può essere impiegata su pazienti affetti da differenti patologie con obiettivi di miglioramento
comportamentale, fisico, cognitivo, psicosociale e psicologico-emotivo». La Pet Therapy si basa sul sostegno
degli animali domestici - come cani, gatti e conigli, quest'ultimi già presenti in un'area giardino che si affaccia
dalla Casa Pediatrica. Un'area recintata e attrezzata, con erba artificiale lavabile, mangiatoia per acqua e
cibo e tutto il necessario per accogliere i nuovi amici a due o quattro zampe che arriveranno. La terapia con
gli animali si prende cura sia di disabilità psichiche come per esempio disturbi di ansia, disturbi psicosomatici,
sia disturbi fisici di varia natura. La dottoressa Francesca Maisano, psicologa clinica e dell'età evolutiva,
spiega che l'animale - insieme alle figure professionali come lo psicologo e i conduttori cinofili specializzati
aiuta il paziente ad attivare tutta una serie di meccanismi che risultano inibiti. La scelta dell'animale da parte
degli operatori avviene in modo graduale e di solito si inizia con i conigli, ben accettati dai bambini in quanto
animali di cui non hanno paura. In relazione alle specifiche caratteristiche di ogni persona, nel lavoro di Pet
Therapy alcune specie possono essere più indicate di altre. Il cane per stare tranquilli, il gatto per imparare il
sex appeal, la tartaruga per stimolare la voglia di chiacchierare. Sembra che per alcune caratteristiche
personali di ognuno, per particolari bisogni, per specifici disagi, esista un amico a quattro - o due - zampe più
indicato. Questo e molto altro ancora sono i nostri animali-amici. Ecco allora che nasce "Ci vuole un amico"
all'interno della Casa Pediatrica del Fatebenefratelli di Milano, in convenzione con Frida's Friends onlus , per
dare a tutti i bambini da un lato la gioia di poter sperimentare e condividere una nuova esperienza per chi non
ha a casa un proprio animale-compagno. Dall'altro, per mantenere il legame affettivo con il proprio animaleamico in una continuità tra mure domestiche e luogo di cura. * Direttore del Dipartimento Materno-Infantile
Fatebenefratelli
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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Pillole di sanità
07/07/2015
Pag. 19 Ed. Genova
diffusione:103223
tiratura:127026
Le notti bollenti di luglio intasano i pronto soccorso
Temperature record dopo il tramonto: 4 gradi sopra la media
ALESSANDRO PONTE BRUNO VIANI
DIMENTICATE Renzo Arbore e il suo tormentone: di giorno si suda... ma la notte no. In questo primissimo
scampolo di estate 2015 il problema è proprio che si suda anche di notte, con temperature di 4 gradi sopra
l'attesa. E se anche facendo le ore piccole il termometro segna 25 gradi contro i 21 che sarebbero normali
all'inizio di luglio (e l'umidità, come segnala Arpal, è tale che la temperatura percepita è largamente sopra ai
trenta) allora non c'è Neruda che tenga. E si spiegano le corse al pronto soccorso che ieri hanno portato ai
limiti del sovraffollamento tutti gli ospedali cittadini, dal Galliera al San Martino fino a Villa Scassi. Al Galliera,
dalla mattinata al primo pomeriggio, si sono presentati una ventina di anziani per malori o svenimenti e lo
stesso ospedale ha sospeso le dimissioni degli ultrasettancinquenni per non costringerli al rientro nella calura
domestica. Al San Martino si è arrivati a 300 accessi al pronto soccorso «con una stima del 10% di malori
causati dal caldo», dice il primario dell'Emergenza Paolo Moscatelli. Senza contare le patologie respiratorie di
stagione in qualche modo legate agli impianti di condizionamento, l'altra metà del problema. Il problema,
anche per chi è sanissimo, è che non c'è refrigerio nemmeno aprendo le finestre dopo il tramonto: il bollettino
del Ministero della salute segna un livello di preallerta al secondo gradino (codice arancione) anche nella
giornata di oggi, Arpal conferma il livello di attenzione da «disagio fisiologico per i caldo». «Abbiamo avuto un
netto aumento di patologie legate alle alte temperature con svenimenti e malori dovuti soprattutto alla
disidratazione - dice Giuliano Lo Pinto, direttore della Medicina interna del Galliera - per fortuna le loro
condizioni non sono gravi. Ma è opportuno ricordare di non uscire nelle ore più calde e tenere ben arieggiata
l'abitazione, senza troppe preoccupazioni per la corrente». Il consiglio di bere molto è inevitabile. In più Lo
Pinto invita a fare attenzione alle medicine. «Molti medicinali che si prendono d'inverno, a partire da quelli per
la pressione, quando ci sono temperature elevate vanno rivisti, ovviamente seguendo le indicazioni del
medico di famiglia».
LIVELLO
25 28 33
35
2 1 26 29 35
7 luglio 8 luglio
Per approfondimenti: www.salute.gov.it/caldo.html Il sistema di allarme per la prevenzione degli eetti delle
ondate di calore sulla salute Temperatura ore 8:00 Temperatura ore 14:00 Temperatura massima percepita
(Indicatore di disagio bioclimatico che tiene conto della temperatura dell'aria e dell'umidità relativa) Condizioni
meteorologiche non a rischio per la salute Condizioni meteorologiche che possono precedere un livello 2 PreAllerta dei servizi sanitari e sociali Temperature elevate e condizioni meteorologiche che possono avere eetti
negativi sulla salute della popolazione, specie nei sottogruppi di popolazione suscettibili Allerta dei servizi
sanitari e sociali Ondata di calore. Condizioni ad elevato rischio che persistono per 3 o più giorni consecutivi.
Allerta dei servizi sanitari e sociali Fonte: Ministero della salute
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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CINQUANTA ANZIANI IN OSPEDALE PER IL CALDO. OGGI L'ALLERTA CONTINUA
07/07/2015
Pag. 23 Ed. Genova
diffusione:103223
tiratura:127026
I TAGLI ALLA SANIT À PAGATI DAI LAVORATORI
LELLA TROTTA
L A CONFERENZA Stato Regioni ha concordato con il Governo un taglio di 2,35 miliardi sul fondo sanitario
2015, taglio che agendo nel corso dell'anno ne raddoppia gli effetti. Il Governo indica prestazioni
inappropriate, ricoveri riabilitativi, spesa farmaceutica come punti su cui agire attraverso coercizioni
economiche ai medici di base. Bene ha fatto la Regione Liguria a non accettare i tagli. Per quanto sia vero
che l'appropriatezza delle prestazioni sanitarie e la "medicina difensiva" siano elementi di spesa che Agenas
ha stimato tra i 9 ed 10 miliardi annui, non è credibile un risparmio in corso d'opera senza agire sulla cultura
sanitaria, l'organizzazione dei servizi e la normativa, solo obbligando i medici di famiglia a ridurre le
prestazioni e prescrizioni farmaceutiche. Questo apre un baratro nei confronti dei medici di base e nei
confronti dei cittadini. Negli ultimi anni in Liguria, sono calate le prestazioni sanitarie e la spesa farmaceutica
è diminuita (nonostante le nuove cure per Epatite C), per un azione costante dell'assessorato alla sanità e
per effetto della crisi economica che induce a risparmiare anche sul costo dei ticket che in Liguria è gravato
da una quota fissa di ulteriori 10 € ogni impegnativa. Secondo l' Istat nel 50,4 % dei casi si rinuncia a
prestazioni sanitarie per motivi economici, nel 32,4% a causa delle liste di attesa o eccessiva distanza. La Uil
di Genova e della Liguria denuncia che il maggiore risparmio reale in sanità, è stato realizzato sul personale
sanitario, non coprendo il turnover e non rinnovando i contratti di lavoro come in tutto il pubblico impiego. Che
risparmio è demotivare il personale, costringerlo a turni massacranti? Le aspettative sono tante ed In questi
anni abbiamo costruito un progetto unitario, recepito con delibera regionale per far ripartire l'organizzazione
sanitaria dal territorio: l'ospedale di distretto, l'infermiere di famiglia e l'ospedale a domicilio per liberare
ospedali e Pronto Soccorso da ricoveri impropri e di accessi non urgenti ma che necessitano di risposta
rapida, ridisegnando l'approccio con i cittadini portatori di patologie croniche ed anziani,con nuove modalità di
presa in carico, togliendo le barriere tra sociale e sanitario. In questo modo l'ospedale potrà svolgere un ruolo
chiave elevando il livello di cura e di specializzazione. Per questo servono progetti come Codice d'Argento
sulle dimissioni ospedaliere protette con badanti formate che il presidente Toti ha scelto di proseguire per
dare sollievo alle persone ed alle famiglie.
Foto: L'autrice è segretario confederale UIL Genova e Liguria
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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PUNTI DI VISTA
07/07/2015
Pag. 1
diffusione:88538
tiratura:156000
Un responsabile per la tutela della privacy nelle Asl e negli ospedali
Ciccia
a pag. 23 Un data protection officer (Dpo) negli organismi sanitari: è la figura professionale consigliata dal
garante della privacy per la gestione del dossier sanitario e di tutti gli adempimenti imposti dalle Linee Guida,
approvate con la deliberazione n. 331 del 4 giugno 2015. Viene introdotto anche l'obbligo a carico delle
strutture sanitarie di segnalare al garante stesso eventuali attacchi ai data base e si prescrive la necessità di
un consenso ad hoc per questo trattamento. Ma vediamo di illustrare i contenuti del provvedimento, che
riguarda le strutture sanitarie sia pubbliche sia private Per prima cosa va evidenziato che cosa è il dossier
elettronico, da tenere distinto dalla cartella clinica e dal Fascicolo sanitario elettronico (FSE). Il dossier
sanitario elettronico è lo strumento costituito presso un'unica struttura sanitaria (un ospedale, un'azienda
sanitaria, una casa di cura), che raccoglie informazioni sulla salute di un paziente al fi ne di documentarne la
storia clinica presso quella singola struttura. Si differenzia dal fascicolo sanitario elettronico in cui invece con
uisce l'intera storia clinica di una persona generata da più strutture sanitarie. Il dossier è diverso anche dalla
cartella clinica, che è fi nalizzata a rilevare tutte le informazioni su un paziente e relative a un singolo episodio
di ricovero. La prima prescrizione concerne il consenso del paziente: all'interessato è consentito di scegliere
se far costituire o meno il dossier sanitario. Il consenso al dossier, anche se manifestato unitamente a quello
previsto per il trattamento dei dati a fi ni di cura, deve essere autonomo e specifi co. Se il paziente non
acconsente ad aprire il dossier sanitario, il professionista che lo prende in cura avrà a disposizione solo le
informazioni rese in quel momento dallo stesso interessato (in sostanza anamnesi e documentazione
diagnostica consegnata) e quelle relative alle precedenti prestazioni erogate dallo stesso professionista.
Anche il personale sanitario di reparto/ambulatorio, in mancanza di dossier, avrà accesso solo alle
informazioni relative all'episodio per il quale l'interessato si è rivolto presso quella struttura e alle altre
informazioni relative alle eventuali prestazioni sanitarie erogate in passato da quel reparto/ambulatorio. Il
consenso è necessario anche per l'inserimento delle informazioni relative a eventi sanitari pregressi e il
paziente può anche scegliere che le informazioni sanitarie pregresse non siano trattate mediante il dossier.
La mancanza del consenso non deve, però, incidere minimamente sulla possibilità di accedere alle cure
richieste. Per poter inserire nel dossier informazioni particolarmente delicate sarà necessario un consenso
specifi co: si tratta, in particolare, dei dati relativi ad atti di violenza sessuale o di pedofi lia, all'infezioni da HIV
o all'uso di sostanze stupefacenti, di sostanze psicotrope e di alcool, interventi di interruzione volontaria della
gravidanza o parti in anonimato e i servizi offerti dai consultori familiari. In tali casi, l'interessato può richiedere
che tali informazioni siano consultabili solo da parte di alcuni soggetti dallo stesso individuati (per esempio,
solo dallo specialista presso cui è in cura), fermo restando la possibilità che agli stessi possano sempre
accedere i professionisti che li hanno elaborati. La struttura sanitaria, inoltre, dovrà garantire al paziente
l'esercizio dei diritti riconosciuti dal Codice privacy (accesso ai dati, integrazione, rettifi ca e la conoscenza del
reparto, della data e dell'orario in cui è avvenuta la consultazione del suo dossier). Al paziente dovrà essere
garantita anche la possibilità di oscurare alcuni dati o documenti sanitari che non intende far con uire nel
dossier. Per questo la struttura sanitaria deve avvisare che i dati potrebbero non essere com sa il d osc sp nit
al ela ac pa ha ces diL co sa Og eff con cia me ch completi, in quanto l'interessato potrebbe aver esercitato il
diritto di oscuramento. I dati oscurati restano comunque disponibili al professionista sanitario o alla struttura
interna al titolare che li ha raccolti o elaborati (per esempio, referto accessibile tramite dossier da parte del
professionista, che lo ha redatto, cartella clinica accessibile da parte del reparto di ricovero). L'accesso al
dossier sarà consentito solo al personale sanitario coinvolto nella cura. Ogni accesso e ogni operazione
effettuata, anche la semplice consultazione, saranno tracciati e registrati automaticamente in appositi file di
log che la struttura dovrà conservare per almeno 24 mesi. Sono esclusi periti, compagnie di assicurazione,
datori di lavoro, associazioni o organizzazioni scientifi che, organismi amministrativi anche operanti in ambito
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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LO CHIEDE IL GARANTE
07/07/2015
Pag. 1
diffusione:88538
tiratura:156000
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
sanitario, e anche il personale medico nell'esercizio di attività medico-legale (per esempio visite per
l'accertamento dell'idoneità lavorativa o per il rilascio di certifi cazioni necessarie al conferimento di permessi
o abilitazioni). Per la gestione del dossier il garante auspica la nomina di un Data Protection Offi cer,
anticipando per il settore sanità una norma del futuro regolamento europeo sulla privacy. Eventuali violazioni
di dati o incidenti informatici dovranno essere comunicati al garante, entro 48 ore dalla conoscenza del fatto,
attraverso un modulo reperibile all'indirizzo databreach.dossier@pec. gpdp.it.
Le novità in pillole
Consenso
Oscuramento
Accesso
Misure di sicurezza
Data breach Violazioni dei dati da notifi care al Garante entro 48 ore Responsabile Auspicata la nomina di un
Data Protection Offi cer Informativa al paziente Chiara e dettaglita
Autonomo e specifi co, anche per dati pregressi alla costituzione del fascicolo
- Il paziente ha diritto di oscurare alcuni dati - Memo sul possibile oscuramento
- Solo per il personale sanitario; no a periti, assicurazioni, datori di lavoro - Accessi tracciati con fi le di log
conservati per 24 mesi
Cifratura dei dati
07/07/2015
Pag. 10 N.26 - 7 luglio 2015
tiratura:40000
Vedere la biologia con gli occhi della fisica
Un nuovo centro di medicina rigenerativa basato sull'uso di energie fisiche per sviluppare il potenziale
terapeutico delle cellule staminali. La nostra vita contiene un'apparente infinità di ritmi, dalle vibrazioni ormai
registrabili a livello atomico e molecolare alla frequenza con cui si sviluppano le reazioni biochimiche. Si fa
strada l'evidenza che le cellule, oltre a manifestare in modo ritmico le loro dinamiche molecolari, sono anche
in grado di organizzare i loro processi più fini come risultato della loro capacità di «sentire» le energie fisiche.
Fenomeni complessi in grado di definire il delicato equilibrio tra salute e patologia, quali la proliferazione
(moltiplicazione) cellulare, il differenziamento, il mantenimento dell'identità, la morte e l'invecchiamento
cellulare, sono codificati in modo considerevole attraverso la capacità delle cellule di organizzare in maniera
ciclica e ritmica la loro risposta a segnali fisici ondulatori, quali campi elettromagnetici e vibrazioni
meccaniche, acustiche o subsoniche. La possibilità di «vedere» la biologia con gli «occhi» della fisica trova
un'importante applicazione nella nuova frontiera della cosiddetta «Medicina rigenerativa». Questa intende
utilizzare il trapianto di cellule staminali per riparare tessuti danneggiati altrimenti non curabili con i più
avanzati trattamenti farmacologici o chirurgici. La capacità delle staminali umane adulte di differenziarsi nei
diversi tipi cellulari di un organismo adulto e di produrre molecole utili alla riparazione tissutale (azione
paracrina) è tuttavia limitata e incompleta. Inoltre, queste cellule invecchiano con l'avanzare dell'età del
donatore, perdendo progressivamente il loro potenziale terapeutico. Una nuova prospettiva di Medicina
rigenerativa è emersa dalla scoperta che è possibile utilizzare campi elettromagnetici per guidare il
differenziamento delle cellule staminali umane adulte in senso cardiaco, neuronale, muscolare scheletrico e
vascolare. Inoltre, mediante campi elettromagnetici opportunamente convogliati, è stato reso reversibile il
processo d'invecchiamento che le cellule staminali umane subiscono quando sono coltivate a lungo in vitro
per aumentarne il numero (espansione) in vista di un trapianto. Questa scoperta apre la strada a strategie
pre-trapianto di ringiovanimento e di aumento del potenziale riparativo delle staminali. In questo contesto, in
seno alla Fondazione Ettore Sansavini per la ricerca scientifica e in stretta sinergia con l'Istituto nazionale di
biostrutture e biosistemi (Inbb) - consorzio interuniversitario di 23 atenei nazionali -, nasce a Lugo (Ravenna)
il centro di ricerca Swith (Stem Wave Institute for Tissue Healing). Swith mira a realizzare ricerche e metodi
innovativi che possano ottimizzare le capacità riparative delle cellule staminali, accelerando lo sviluppo di una
medicina rigenerativa basata sul recupero e sul potenziamento della naturale capacità di autoguarigione dei
tessuti danneggiati. Le principali linee di ricerca sono rivolte a: utilizzare energie fisiche, quali campi
elettromagnetici e vibrazioni acustiche, per guidare il differenziamento e la produzione di fattori riparativi in
cellule staminali umane adulte provenienti da diverse fonti, quali tessuto adiposo, midollo osseo, polpa
dentaria, placenta a termine, liquido amniotico e sedimento urinario; sviluppare dispositivi basati sull'impiego
di vibrazioni meccaniche e campi elettromagnetici per contrastare il processo di invecchiamento delle cellule
staminali e per «riprogrammare» cellule somatiche (non-staminali) umane adulte verso destini che non
potrebbero mai raggiungere altrimenti, quali quello miocardico, vascolare, neuronale o muscolare scheletrico;
individuare molecole naturali e creare composti chimici di sintesi capaci di modulare le potenzialità
rigenerative delle cellule staminali; realizzare nuovi metodi per la produzione di tessuti umani fluidi contenenti
le cellule staminali all'interno del loro microambiente naturale (nicchia). L'uso di energie fisiche per la
riparazione di tessuti danneggiati rappresenta un tratto distintivo dell'Istituto, al punto da definirne il nome.
Ogni tessuto del corpo umano possiede, dopo la nascita e per tutta la vita, una popolazione di cellule
staminali, definite staminali residenti tissutali. Dato il carattere diffusivo delle energie fisiche impiegate, si
lavora per dimostrare la possibilità di poter riparare tessuti gravemente danneggiati, agendo direttamente in
vivo su tali cellule. Questa strategia potrà portare allo sviluppo di una medicina rigenerativa che non abbia
bisogno in prima istanza del trapianto di cellule staminali, limitandolo ai casi in cui il processo patologico
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
40
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
CELLULE STAMINALI: INAUGURATO A LUGO IL CENTRO SWITH SULLA MEDICINA RIGENERATIVA
07/07/2015
Pag. 10 N.26 - 7 luglio 2015
tiratura:40000
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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abbia già esaurito il pool endogeno di cellule staminali residenti tissutali. Un simile approccio vedrebbe quindi
l'utilizzo della fisica del suono e dell'elettromagnetismo per una fine modulazione del potenziale di
autoguarigione dei tessuti, nella prospettiva di una medicina rigenerativa non invasiva, poco costosa,
personalizzata e facilmente somministrabile su larga scala. La nascita di Swith è senza dubbio un segnale
positivo che sottolinea come, anche grazie alla sensibilità e alla lungimiranza di Ettore Sansavini, presidente
di Gvm Care & Research e promotore delle attività della Fondazione a lui intitolata, sia ancora possibile
sviluppare ricerca di qualità nel nostro Paese, come testimoniato dalla presenza alla cerimonia inaugurale
dell'8 maggio del Premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier . Carlo Ventura direttore Swith e professore
di Biologia molecolare Scuola di Medicina dell'Università di Bologna
07/07/2015
Pag. 10 N.26 - 7 luglio 2015
tiratura:40000
Vecchiaia tra cura e sapienza*
Il sottile confine con la povertà, l'assistenza e il boom della longevità
Matusalemme, uno dei patriarchi antidiluviani dell'Antico Testamento, figlio di Enoch e padre di Lamech, visse
fino a 969 anni. Platone, a 90 anni, filosofeggiava ancora nell'Accademia; Goethe, a 92 anni, terminava il
Faust; Tiziano, a 99 anni, «dipingeva ancora quadri stupendi». «E Michelangelo ottuagenario, che fino alla
morte merita il battesimo di divino». E, ancora, Voltaire, Lafontaine, Lesage... Sono questi alcuni degli esempi
ricordati dall'antropologo Paolo Mantegazza nel suo libro «Elogio della vecchiaia» (1895): una lista, realizzata
in un'epoca in cui la speranza di vita alla nascita era ben inferiore a quella di oggi, dalla quale erano esclusi i
vecchi o vecchissimi anonimi e dimenticati dalla storia, partecipi di una condizione che, da sempre, è stata
vissuta come sfavorevole e avversa. Anche nel mondo classico, la vecchiaia maschile si nobilita solo
attraverso una riflessione complessa: la vecchiaia è una voce di uomo, di un uomo ormai così cadente da
aver perduto quasi completamente la corporeità ed essersi ridotto a un fioco lamento, che giunge dal chiuso
di una stanza. È la voce di Titono, un tempo giovane bellissimo, che la dea Aurora amò al punto da ottenere
la sua immortalità, dimenticandosi, però, di chiedere per lui una giovinezza perenne. E così, col passare del
tempo, Titono aveva perso ogni fascino, tanto che la dea lo aveva confinato al di là delle porte chiuse del
thàlamos, dove avevano consumato il loro amore. Per lenire la sofferenza e la tristezza della vecchiaia,
Cicerone proponeva la via di fuga della consolazione, evocando la figura di un grande e già quasi
leggendario senex, Catone il Censore: il segreto per vivere una vecchiaia serena è quello di mantenersi attivi
e di fingere che la vecchiaia non sia mai arrivata, compensando i capelli grigi e la debolezza con la saggezza
e l'esperienza. È come un gioco di specchi, in cui la scena del presente si proietta all'indietro, nel mondo dei
maiores, e l'esempio del vecchio come maestro di vita e modello per i giovani acquista prestigio e
considerazione per il fatto stesso di incarnare un valore tradizionale, lasciato in eredità dalle generazioni
precedenti: da qui, l'autorità della Gerousìa e del Senatus. Da questo approccio, in cui si recupera una
dimensione positiva, erano escluse le donne. L'aforisma che lega l'acquisizione del sapere al passare del
tempo («invecchio senza mai smettere di imparare») era, infatti, valido solo per gli uomini: la donna vecchia,
invece, porta iscritto il suo destino nel suo stesso nome, anus come anous «priva di senno», in una beffa
etimologica che stigmatizza la cifra più autentica della sua identità: «anus dicta est [...] quod iam sit sine
sensu, quod Grece dicitur anous». Dalla più nobile ideologia della vecchiaia in età classica, che è quella di
Seneca, alla concezione di questo evento umano che lega la decadenza di ciò che è corporeo al segno
tangibile del peccato: i vecchi sono, nell'antropologia medievale, coloro nei quali gli effetti del peccato
maggiormente si accumulano. La stragrande maggioranza dei vecchi poveri, ove non sia aiutata dalla
solidale assistenza della famiglia o del vicinato, appartiene alla storia della povertà. Pauperes infirmi, poveri
malati e malati poveri, senza troppa distinzione tra l'indigenza economica e l'emergenza sanitaria, ivi inclusi
storpi e vagabondi, ciechi e mendicanti, folli e pezzenti, orfani e vecchi, popolavano le stesse strutture. Nel
Rinascimento, la società del cosiddetto «capitalismo precoce», che guarda al futuro, richiede una
popolazione fatta di soggetti produttivi e la vecchiaia è ancora un disvalore. Scrive Thomas More nella sua
Utopia: «Restava solo più da provvedere con pubblico intervento a quanti fossero ridotti in miseria dalle
malattie o dalla vecchiaia....ebbene io dispongo con apposita legge che tutti questi mendicanti vengano
distribuiti e assegnati ai conventi». Vecchiaia come non produttività, vecchiaia come peso sociale: l'uscita
dell'adulto dalla vita lavorativa, per il venir meno della vigoria fisica e della vigilanza mentale, non indicava
affatto, tra Medioevo e Rinascimento, l'ingresso nella categoria dei «vecchi assistiti», ma, per chi era privo di
assistenza familiare, significava il ristagno nell'indifferenziata massa dei poveri. L'appartenenza dei vecchi
alla moltitudine amorfa dei poveri comportava, quali uniche misure in qualche modo correttive
dell'emarginazione e dello sbando sociale, l'elemosina elargita e l'operosa pietà, attraverso una rete di «Pia
loca», che avevano come scopo l'attuazione della caritas. Senectus ipsa morbus est: la vecchiaia è un male
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Da Matusalemme alla geriatria moderna: come cambia la presa in carico degli anziani
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incurabile, per cui, per i vecchi, la carità non era sollecitata a farsi curativa. Prendersi cura dei vecchi era una
pratica stagnante, demotivata a evolversi, confinata nei modi caritativi tradizionali e, dove la carità faceva
difetto, la cura mancata lasciava il posto all'incuria e l'assistenza si trasformava in controllo distante. Nel tardo
Cinquecento, le nuove Confraternite, come i Fatebenfratelli di Giovanni di Dio e i «ministri degli infermi» di
Camillo de' Lellis rappresentarono un'esperienza importante, ma il vecchio, malato di una malattia acuta,
rientrerà ancora a lungo nella categoria del paziente medico o chirurgico; nel semplice concetto di «vecchio»
resteranno compresi i cronici, i lungodegenti, i non autosufficienti. Il pauperismo, inoltre, alla cui dimensione
sei-settecentesca contribuivano peraltro molti vecchi, diventava, da fenomeno congiunturale legato alle crisi
di sussistenza e sopravvivenza periodiche, un fenomeno strutturale, legato alle trasformazioni economiche
della società: da una libera o interessata volontà di carità e di cura, si passa a una meccanica necessità di
controllo e di governo. Nella nuova categoria sociale dei devianti, i vecchi non autosufficienti e accattoni
costituivano una quota numericamente rimarchevole, una presenza che da fisiologica si era fatta esuberante.
E se, per gli orfani, esistevano apposite strutture, per i vecchi della città e del contado, immersi e dispersi
nella indifferenziata massa dei poveri, non esistevano istituti che non fossero quelli promiscui della pietà e
dell'ospitalità date a tutti. Solo lo sguardo attento del riformatore illuminista realizzerà dei luoghi in cui la
povertà, vista come condizione da cui si doveva uscire attraverso il lavoro, diventa oggetto di un
atteggiamento più neutro. Nascono, così, le Case di lavoro, finalizzate a contenere il pauperismo dilagante: a
Firenze Montedomini, a Milano il Pio Albergo de' poveri impotenti per età o per difetto corporale. La polizia
medica è medicina politica e arte di difesa, strumento contro le malattie sociali provocate dall'abbandono, da
parte dell'uomo, dello stato di natura, prevenzione aggiunta alla terapia nella cura dell'uomo sano-malato,
un'arte della cura fatta di cibo sufficiente, vestiario adatto, dimore abitabili, provvidenza evoluta in previdenza.
Nel Pio Albergo, fondato nel 1767 nel palazzo avito dei Trivulzio in contrada della Signora, tra il Naviglio e il
Laghetto, dei primi 150 ricoverati (77 uomini e 73 donne), solo 36 (13 uomini e 23 donne) erano classificati
come «vecchi». Gli uomini erano «vecchi e in parte acciaccati» e le donne «vecchie e in parte cagionevoli».
Tarengo Giovanni aveva 95 anni e 102 ne aveva Sartirana Margherita...in un caravanserraglio di disgrazie.
Ma come si applicava ai vecchi l'arte della cura? Chi erano i medici, i geriatri ante litteram? In realtà,
l'assistenza agli anziani, come categoria destinataria di cure specifiche, si sviluppa proprio in questo periodo,
a partire dagli Stati Uniti d'America, dove da tempo si lavorava per disegnare la tipologia dell'assistenza nei
confronti dei pazienti anziani, autosufficienti, cronici o lungodegenti. Dopo che, nel 1909, il medico viennese
naturalizzato americano, Nasher aveva creato il termine «geriatria», fondando a New York l'omonima società
di specialisti, nel 1945 era stata fondata la Società di gerontologia, finalizzata non solo allo studio delle
malattie senili, ma alla fisiologia dell'invecchiamento; nel 1950, la stessa cosa è successa in Italia, unendo ai
recenti sviluppi della ragione scientificotecnica, i nuovi sviluppi della ragione antropologico-sociale. Cambia la
facies della popolazione, in seguito al boom dell'invecchiamento: i vecchi e i longevi diventano sempre più
numerosi e la medicina e la sanità si devono confrontare con uno spettro diverso della composizione della
popolazione, che rappresenta un complesso di bisogni - individuali e sociali, tecnici e umani- tanto impellenti
quanto onerosi, che richiedono un progetto assistenziale nuovo, che comprenda arte e scienza. Questi
«nuovi vecchi» diventano una categoria esclusiva, in una fenomenologia che coinvolge tutto il mondo
occidentale, dove la durata media della vita si è sensibilmente allungata. Fioriscono la geriatria e la
gerontologia, nel cuore della polimorbilità. Tra la scienza di una longevità assicurata dagli sviluppi della
medicina e il mito di una immortalità promessa in passato dagli elisir degli alchimisti, la sfida della vecchiaia è
come un iceberg sommerso, dove l'insidia è rappresentata da ciò che non si percepisce, dai margini taglienti
dei ghiacci, sotto l'ingannevole superficie del visibile. * Storia della Medicina, Università di Firenze
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La scelta coraggiosa di fare benchmark promuovendo la trasparenza
In passerella punti di forza e di debolezza utili a migliorare risultati ed esiti delle cure
Siamo nuovamente giunti all'appuntamento annuale dei bersagli della Scuola Superiore Sant'Anna per la
valutazione della performance basati sul benchmarking interregionale e infraregionale. Dieci Regioni si
confrontano e quest'anno altre quattro sono in via di sperimentazione del metodo. Quest'anno però le Regioni
sono state ancora più tempestive, riuscendo ad anticipare la pubblicazione dei risultati 2014 di un mese
rispetto all'anno passato. E un mese è molto in termini gestionali, permette alla programmazione di agire e
rivedere priorità e obiettivi, permette di legare sempre di più la misurazione dei risultati ai processi decisionali.
In un periodo in cui spesso le Regioni sono messe in discussione, la scelta di queste quattordici Regioni, al di
là del loro colore politico, di aderire al network e lavorare in rete, di mettersi in gioco per calcolare con
modalità condivise ben 160 indicatori, di essere capaci di definire insieme obiettivi stringenti e sfidanti e di
pubblicare i dati su web, dimostra che queste istituzioni possono essere d'esempio e best practice rispetto a
molte altre amministrazioni pubbliche in Italia che ancora non sono in grado di render conto del loro operato
ai cittadini in termini quantitativi. In molti a livello nazionale e internazionale, per migliorare la qualità dei
servizi erogati, propongono un cambiamento di approccio che permetta da un lato di superare la logica dei
livelli assistenziali legati ai diversi setting assistenziali (prevenzione, ospedale e territorio) a favore di una
prospettiva sistemica e di rete dei servizi, dall'altro di promuovere la "population based medicine", ossia
attivare un processo di responsabilizzazione dei professionisti sanitari non solo nei confronti dei propri
pazienti ma della popolazione che sono chiamati a servire in un sistema di sanità pubblica. In questa
prospettiva i risultati del sistema di valutazione del network delle Regioni offrono un'occasione preziosa ai
clinici e managers per confrontarsi e per riflettere sulle determinanti della variabilità evitabile, così significativa
nella maggior parte dei parametri misurati. Rimane certamente il problema aperto di quante risorse pubbliche
vengono destinate alla sanità e se sono sufficienti a far fronte alla crescita esponenziale dei bisogni della
popolazione in una fase di crisi economica, ma questa decisione non è di pertinenza dei tecnici e degli
studiosi di management. A questi spetta il compito di verificare sistematicamente il valore aggiunto creato a
favore dei cittadini per ogni euro speso e individuare gli ambiti in cui si registra una variabilità evitabile, che
non risponde a bisogni differenziali degli utenti ma dipende da scelte organizzative e allocative che
determinano disuguaglianze e livelli di assistenza differenti sul territorio. Su questo terreno il sistema di
valutazione del network delle Regioni vuole e può dare il suo contributo perchè su questi ambiti, evidenziabili
solo mediante il confronto, le tecnostrutture regionali e aziendali possono lavorare, possono attivare un
processo di discussione e confronto con tutti i professionisti sanitari coinvolti nei percorsi assistenziali. Non si
tratta quindi di fare pagelle o graduatorie, deleterie per il nostro Sistema sanitario nazionale, ma di
condividere un sistema che permetta di evidenziare punti di forza da cui apprendere e punti di debolezza su
cui intervenire. Chi è sul campo e si impegna ogni giorno a trovare la migliore soluzione possibile ai problemi
dei pazienti con le risorse disponibili non ha bisogno del ranking, ma vuole idee ed evidenze che permettano
di ridiscutere l'assetto stesso delle risorse, per individuare quei cambiamenti nella pratica clinica e nei
processi organizzativi aziendali che possono fare la differenza nella qualità dei servizi. Il sistema di
misurazione dei risultati del network delle Regioni, con le fasce di valutazione, la rappresentazione semplice
della performance nei bersagli, le mappe e tutti gli strumenti manageriali a esso collegati, questo si propone,
in un processo continuo dove la ricerca scientifica in ambito manageriale si integra con l'esperienza e le
competenze delle tecnostrutture regionali. Sabina Nuti responsabile Laboratorio MeS Sant'Anna Legenda A3 Mortalità malattie circolatorie A1 - Mortalità infantile A10 - Stili di vita (PASSI) A4 - Mortalità suicidi A2 - Mortalità
tumori B2 Promozione stili di vita sani B4 Consumo farmaci oppioidi B5 Screening oncologici B7 Copertura
vaccinale B28 Cure domiciliari C1 Governo della domanda C4 Appropriatezza chirurgica C5 Qualità di
processo C2a.M Performance degenza (medici) C2a.C Performance degenza (chirurghi) C7 Materno-infantile
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C8a Integrazione ospedale-territorio C9 Apropriat. prescrit. farmaceutica C10 Percorso oncologico C11a
Efficacia assistenziale patologie croniche C13a Appropriatezza prescrittiva diagnostica C14 Appropriatezza
medica C15 Salute mentale C16 Percorso emergenza-urgenza C18 Variab. chirurg. (tonsillevene) C21
Compliance ass. farmaceutica D9 Abbandoni da pronto soccorso D18 Dimissioni volontarie F10b Governo
spesa farmaceutica F12a Efficienza prescrittiva farmaceutica F15 Sicurezza sul lavoro F17 Costo sanitario
pro capite F18 Costo medio punto Drg F19 Costo per prestazione diagnostica strumentale
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La libertà di salute appesa al Ttip
Il nodo sicurezza alimentare: ormoni e pesticidi sulle tavole degli italiani più poveri
Tra i non addetti ai lavori, di Ttip si parla pochissimo. Il nome stesso sembra pensato apposta per non
suscitare interesse. Il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Transatlantic trade and
investment partnership) è un accordo di libero scambio che l'Ue sta discutendo con gli Usa per uniformare le
tariffe e le normative che regolano il commercio e creare così una grande area di mercato transatlantico.
Questa «Nato» economica porterebbe ossigeno soprattutto all'Europa, soffocata dalla crisi economica, e
ancor più al nostro paese, per il verosimile incremento dell'esportazione verso gli Usa di prodotti
agroalimentari made in Italy. Le stime più ottimistiche dell'Economist parlano di un aumento del Pil
statunitense dello 0,4% e di quello europeo di poco di più. Ma il livello di incertezza di qualunque previsione è
alto. Considerato poi che le barriere tariffarie tra i paesi coinvolti sono già vicine allo zero per molti prodotti,
probabilmente il reale obiettivo del Ttip è la liberalizzazione delle normative. Ora, il Ttip farà bene o male alla
salute? Con precisione è difficile rispondere, in quanto le trattative sono condotte a porte chiuse, e poco o
nulla trapela. Il rischio è che possano esserci conseguenze sfavorevoli sullo stato di salute dei cittadini Ue sia
indirette, attraverso interventi sui determinanti sociali e ambientali di salute, sia dirette, per gli effetti della
liberalizzazione dei servizi sanitari. Che succede nella sanità italiana? I negoziati per il Ttip si inseriscono in
uno scenario già critico tra definanziamento del Ssn, tagli lineari, aumento dei ticket e blocco del turn over,
che minacciano la sopravvivenza stessa di un servizio sanitario pubblico e nazionale. A seguito degli accordi
del Ttip, il rischio concreto è quello che si determini un potenziamento della liberalizzazione dei servizi
sanitari e degli investimenti esteri, lasciando ampio margine di manovra al finanziamento privato del Ssn da
parte di colossi multinazionali del settore; questo fenomeno potrebbe avere effetti negativi in termini di
diseguaglianza delle cure e degli accessi ai servizi perché basati sulla legge della domanda e dell'offerta. In
altri termini, potrebbero essere offerti servizi di qualità diversa a costi diversificati, senza garanzie di equità
delle cure nei confronti di cittadini meno abbienti. In Europa, i trattati Ue garantiscono la protezione della
salute umana e riconoscono la libertà dei singoli Stati nell'organizzazione dei servizi di pubblico interesse,
quindi anche l'autonomia nella definizione della politica sanitaria. Gli Stati membri hanno differenti Ssn, ma
pur nelle differenze garantiscono il principio fondamentale dell'universalismo dell'assistenza. La
liberalizzazione dei servizi e l'apertura ai mercati transatlantici, difficilmente si inserirebbero in questo
eterogeneo sistema senza conseguenze. Se sul mercato italiano comparissero molti ospedali privati, come si
integrerebbero con l'attuale rete ospedaliera, organizzata in base al bacino d'utenza, e con quali standard di
dotazioni strutturali e tecnologiche, se già gli standard minimi per presidio attualmente previsti sono
inadeguati? E il privato, riuscirebbe a offrire i servizi sanitari spesso anti-economici o ad assicurare ai pazienti
una efficiente rete per le patologie tempo-dipendenti? Nel caso di un servizio sanitario fornito da un altro
paese, sarà poi verosimilmente difficile vigilare sulla qualità delle cure e sulle qualifiche e formazione del
personale coinvolto. L'impatto sui farmaci. Altro argomento in discussione riguarda il capitolo della "proprietà
intellettuale" dei farmaci. Attraverso un'estensione della durata dei brevetti, potrebbero essere scoraggiati
nuovi investimenti sui generici, impedendo così una riduzione dei costi dei farmaci. Inoltre, alcune compagnie
farmaceutiche europee potrebbero essere incoraggiate a registrare nuovi farmaci presso le autorità
statunitensi, dove le normative sono meno rigide, determinando non solo uno spostamento di capitali
all'estero, ma anche una riduzione di posti di lavoro e di investimenti nella ricerca nel paese di origine. Il nodo
della sicurezza alimentare. In Europa è garantita dal principio di precauzione, mentre negli Usa una sostanza
chimica è considerata sicura fino a prova contraria. Da questo ne consegue che con il Ttip gli standard
europei, più stringenti, potrebbero subire una down-regulation: sono a rischio le norme sull'utilizzo degli Ogm,
dei pesticidi, sul trattamento con ormoni negli allevamenti o con cloro delle carni. Per il nostro paese è
concreto il rischio che, a fronte di un moderato aumento delle esportazioni delle nostre supercontrollate
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Il possibile impatto sulle politiche sanitarie Ue del Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti
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eccellenze agroalimentari, vi sia una massiccia importazione di cereali Ogm o carni agli ormoni e cloro ecc.
che, venduti a prezzi inferiori, saranno l'alimentazione principale della popolazione meno abbiente. Alla luce
di queste considerazioni è necessario prevedere alcuni princìpi generali di tutela della sanità che vengano
rispettati durante la negoziazione dell'atto. Tutela della trasparenza. Innanzitutto è necessario garantire il
principio della massima trasparenza, mettendo a disposizione delle istituzioni e delle principali associazioni
dei consumatori il contenuto dei negoziati e consentendo di esprimere un parere tecnico riguardo ai temi
dell'accordo in tempi utili per presentare eventuali modifiche operative. Sarà inoltre indispensabile che nella
discussione degli accordi, i princìpi di tutela della salute e di equità dell'accesso alle cure siano garantiti e
posti come prioritari rispetto a qualsiasi interesse di tipo commerciale ed economico. A questo proposito
dovranno essere istituiti organi deputati alla vigilanza e al controllo per definire gli standard sanitari e di
sicurezza comuni e impedire che vengano uniformate le regole e i controlli "al ribasso". Per quanto riguarda
poi la fase attuativa del Ttip, dovranno essere previste norme di salvaguardia anche dal punto di vista
giuridico. Negli accordi preliminari, il Ttip prevede che le controversie fra investitori privati e Paesi aderenti
siano gestite da un organo di arbitrato internazionale e non dall'autorità giudiziaria nazionale: le multinazionali
potrebbero accusare gli Stati di intralciare il libero mercato. La Philip Morris, per esempio, ha intrapreso
un'azione contro l'Uruguay, colpevole di aver intensificato la lotta contro il fumo stampando sull'80% dei
pacchetti di sigarette immagini shock anti-fumo, percentuale superiore a quella consigliata dall'Oms. Poco
importa che con questa campagna la percentuale dei fumatori in Uruguay sia scesa dal 45% al 23 per cento.
Con il Ttip cause simili potrebbero essere intentate contro l'Italia e il giudizio espresso da un collegio arbitrale
non locale. Appare quindi ragionevole richiedere che eventuali controversie vengano discusse dalla giustizia
ordinaria senza organi di arbitrato "speciali" che potrebbero favorire logiche di libero mercato rispetto al diritto
di tutela della salute. Infine, viste le possibili intersezioni con personale sanitario proveniente da altri percorsi
formativi, è auspicabile prevedere un possibile ruolo dell'Ordine dei medici come ulteriore garante, almeno nel
nostro paese, della competenza del personale medico a tutela dei cittadini i quali, in ultima analisi, sono i
fruitori e i destinatari del sistema sanitario. A settembre, il premio nobel per l'economia Joseph Stigliz ha
parlato del Ttip al Parlamento italiano e l'ha definito un pessimo accordo, che non favorirà né i cittadini
europei né quelli americani, ma solo gli investitori, soprattutto quelli statunitensi. E, va aggiunto, potrebbe
nuocere alla salute. Chiara Rivetti segreteria regionale Anaao Piemonte Claudia Pozzi responsabile Anaao
giovani Toscana
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Ricetta Anmco contro i tagli
No al ridimensionamento selvaggio - I cardiologi: «Rimodulare i Dea»
Il Sistema sanitario nazionale sta vivendo da diversi anni una delicatissima e fondamentale fase di
transizione. Recenti provvedimenti di programmazione sanitaria, segnatamente il Patto per la salute
20142016 e il Regolamento sugli Standard Ospedalieri (Rso), introducono radicali mutamenti nei servizi
sanitari territoriali ospedalieri, rivoluzionando la rete ospedaliera in generale e quella cardiovascolare in
particolare. L'applicazione del predetto Regolamento prevede uno standard di 3,7 posti letto (p.l.) per 1.000
abitanti (di cui 3,0 per gli acuti e 0,7 per riabilitazione e lungodegenza). Tale parametro, in ambito
internazionale, colloca l'Italia al 56° posto ex aequo con la Libia. Dei 1.393 istituti ospedalieri censiti al 31
dicembre 2014 dal ministero della Salute, ne vengono cancellati 617, dimensionando la rete ospedaliera in
777 ospedali, 474 (61%) dei quali strutturati senza competenza cardiologica. Gli 8.534 posti letto (p.l.) di
Cardiologia, esistenti al 31 dicembre 2014, verranno ridotti a 4.844, con la cancellazione di ben 3.690 di essi
(circa il 43 % della dotazione attuale). Delle 823 strutture di Cardiologia operanti in Italia alla data del 10
maggio 2015, ben 581 verranno eliminate dimensionando l'offerta cardiologica in 242 strutture. Dei 2.726 p.l.
di Unità coronarica (Utic), ne spariranno ben 789 riducendo i p.l. a 1.937 e determinando la riduzione delle
Utic dalle 402 attuali a 242, con la cancellazione di ben 160 di esse. Analoga drastica riduzione interesserà i
Laboratori di Cardiologia interventistica Emodinamica, strutture destinate alla cura dell'infarto miocardico, che
passeranno dagli attuali 249 a 121 con la scomparsa di ben 128 unità. Il Regolamento non fa poi alcun
riferimento alla Riabilitazione cardiovascolare, attività strategica per una rete ospedaliera con riduzione degli
ospedali per acuti, e limita la Rete cardiologica unicamente alla Rete per l'infarto dimenticando l'importanza
della Rete per lo scompenso cardiaco, per le aritmie, per la prevenzione e per la riabilitazione. Parimenti
ignorato, è il Dipartimento cardiovascolare, elemento fondamentale per una corretta governance del sistema.
Il Regolamento, infine, non affronta il problema delle risorse umane e tecnologiche, fondamentali per il
successo di qualsiasi sistema sanitario. La ridefinizione della Rete ospedaliera, secondo questo
Regolamento, ridimensiona drasticamente l'offerta di strutture cardiologiche, eliminando, di fatto, il network
assistenziale che ha consentito alla Cardiologia italiana di essere segnalata tra le migliori del mondo
garantendo qualità e tempestività di intervento, caratteristiche queste che hanno permesso di salvare da
morte certa oltre 750mila cittadini colpiti da infarto al cuore in questi ultimi 50 anni (il doppio degli abitanti di
una città come Bologna), incrementando la vita media dei nostri connazionali di circa 10 anni, traguardo mai
raggiunto da nessuna altra disciplina medica. Ma l'applicazione tout-court di questo Regolamento, ormai in
vigore per decreto legge da pochi giorni, pregiudica i livelli essenziali di assistenza, basti pensare che la
desertificazione delle Cardiologie e delle Utic rappresenta un arretramento dell'offerta assistenziale
cardiovascolare a oltre 50 anni addietro e rappresenta un pericoloso vulnus per la Salute pubblica. In questo
senso l'Anmco, da sempre attenta alle problematiche dell'assistenza cardiologica e impegnata per sua
missione a promuovere la qualità e l'appropriatezza delle prestazioni, ha elaborato un Report che, applicando
gli standard del predetto Rso, ha lo scopo di verificare le incongruenze determinate dai nuovi provvedimenti e
presenta all'attenzione del decisore pubblico una serie di modifiche, non per salvaguardare interessi di parte,
ma unicamente per garantire la continuità di un'assistenza cardiologica nazionale efficiente ed efficace
tenendo presente unicamente il dovere di difendere la salute dei cittadini. Un'alternativa è possibile. La
proposta dell'Anmco, qui riassunta in alcuni dei suoi passaggi più significativi, riguarda l'intera struttura
cardiologica che parte dagli ospedali e arriva fino alla governance, toccando le Unità di terapia intensiva
coronarica, l'attività di riabilitazione e tutto ciò che caratterizza la complessa rete assistenziale per il paziente
cardiopatico o a rischio di cardiopatia. Vanno ridefiniti assetti, funzioni e dimensioni organizzative
dell'Ospedale in un'ottica innovativa e moderna. Va superata la desertificazione operata dal Regolamento per
i Dea, pilastri fondamentali della offerta ospedaliera. La soluzione consiste nel rimodulare lo standard degli
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CARDIOLOGIA/ Il riordino degli ospedali contenuto nel Regolamento sugli standard
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Ospedali sede di Dea di 1 livello e di Dea di 2° Livello modificando l'ampiezza dei bacini di utenza. In tal
modo gli ospedali, il cui numero complessivo l'Anmco vuole incrementare da 777 a 862, vanno sdoganati
dalla riduttiva idea di un semplice contenitore di posti letto, in favore di una nuova concezione che ne privilegi
l'accesso, l'umanizzazione, il confort alberghiero, la vivibilità e la specificità. In merito alla Cardiologia,
andrebbe riformulato lo Standard in modo da garantirne la presenza in tutti gli Ospedali sede di Dea
(Dipartimenti di emergenza e accettazione). La Riabilitazione cardiovascolare va supportata col passaggio
dagli attuali 222 Centri di riabilitazione cardiovascolare a una previsione di 388 strutture, una ogni 156.656
abitanti e per 779 km/q. Tali strutture, a responsabilità cardiologica, integrate nel Dipartimento
cardiovascolare, consentiranno un più rapido turnover dei posti letto cardiologici per acuti e una più
appropriata modalità assistenziale del paziente cardiopatico post-acuto. Quanto al setting organizzativo e alla
governance, invece, vanno definiti in maniera precisa gli standard di personale e di tecnologia, nonché gli
assetti organizzativi interni degli ospedali sulla base della complessità e della specificità delle attività svolte.
Auspichiamo che il nostro ministro della Salute, da sempre garantista dell'equità assistenziale sanitaria in
tutto il Paese e attenta e alle patologie a maggiore impatto socio-economico, possa raccogliere il senso
profondo di questo nostro grido di allarme affinché si possa realizzare quell'indispensabile riflessione sugli
assetti determinati dai nuovi provvedimenti in una prossima, annunciata, riunione in cui proporremo queste e
altre modifiche all'attenzione del decisore pubblico che possano coniugare gli auspicati effetti economici di
una spending review con quelli sociali del mantenimento di uno stato di salute cardiovascolare che molti altri
Paesi ci invidiano. Michele Gulizia presidente Anmco direttore Cardiologia Ospedale Garibaldi-Nesima,
Catania Oggi 1.393 ospedali bacino d'utenza: 1 ospedale/43.624 abitanti La fotografia contenuta nel libro
bianco dell'Anmco Previsti dal nuovo regolamento 777 ospedali bacino d'utenza: 1 ospedale/78.227 abitanti
Ospedali chiusi 616 bacino d'utenza: 1 cardiologia/73.855 abitanti Oggi 823 cardiologie 1 cardiologia/367 km
quadrati Previsti dal nuovo regolamento 242 cardiologie bacino d'utenza: 1 cardiologia/251.168 km quadrati 1
cardiologia/1.248 Km quadrati Cardiologie chiuse 581 Oggi 402 Utic bacino d'utenza: 1Utic/151.201 ab. 1
Utic/751 km quadrati Previsti dal nuovo regolamento 242 Utic bacino d'utenza: 1 Utic/251.178 ab. 1
Utic/1.248 km quadrati Utic chiuse 160 Oggi 249 Emodinam. bacino d'utenza: 1 Emo/244.107 ab. 1
Emo/1.213 km quadrati Previsti dal nuovo regolamento 121 Emodinam. bacino d'utenza: 1 Emo/502.336 ab.
1 Emo/2.496 km quadrati Emodinamiche chiuse 128
Geodemografia
Popolazione Superficie Kmq Ab/kmq Comuni/Province
60.782.668 302.072,84 201 8.057/110
11.873.448 48.909.220 19,5 80,5
3,14 0,58 3,72
3 0,7 3,7
0,14 -0,12 0,02
782 611 66 1.393
474 272 61 777 1.393 Ospedali Posti letto standard Posti letto 31/12/2013 acuti Posti letto acuti secondo
standard Tutti H secondo standard Posti letto 31/12/2013 totali 2013 H pubblici e accreditati Posti letto
31/12/2013 riabilitazione e Ld Posti letto riabilitazione e Ld secondo standard Bilancio posti letto secondo
standard Bilancio posti letto acuti secondo standard Situazione secondo regolamento Situazione al 31
dicembre 2013 Bilancio posti letto riabilitazione e Ld secondo standard Bilancio posti letto (Pl x 1.000 abitanti)
N. ospedali di Ps N. ospedali Dea 1 N. ospedali Dea 2 2013 pubblici 2013 accreditati 2013 non accreditati
2013 pubblici e accreditati abitanti bassa densità abitanti medio-alta densità % bassa densità % media e alta
densità
07/07/2015
Pag. 19 N.26 - 7 luglio 2015
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Giudice impone salvavita fascia C
Prima l'Asl le rifiuta il farmaco, poi afferma che lo deve pagare 4.400 euro a scatola per un ciclo di cure di 3
settimane. Il Tribunale fa chiarezza: l'Asl di Latina dovrà somministrare immediatamente un farmaco salvavita
a una donna gravemente ammalata. L'ordinanza del tribunale di Latina è stata pubblicata il 2 luglio e ordina
alla Asl la somministrazione di un farmaco salvavita (Stivarga) a una paziente affetta da tumore primitivo al
colon e metastasi a organi vitali. La bagarre, diventata giudiziaria per l'ostinata condotta della Asl di Latina, è
iniziata a maggio scorso quando gli oncologi di Milano e quelli di Latina hanno concordemente convenuto che
l'unica cura oramai possibile per la paziente è questo farmaco regolarmente incluso negli elenchi dell'Aifa, ma
ancora in fascia C (a totale carico del paziente). I costi dello Stivarga sono però proibitivi (€ 8.800 in farmacia
e € 4.400 all'ingrosso).
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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TRIBUNALE DI LATINA
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Via libera della Stato-Regioni ma rinviate a ottobre le scelte clou sulla farmaceutica
L'Intesa guarda alla Stabilità
Il taglio da 2,35 mld e le misure dell'accordo finiscono nel Dl enti locali
Via libera della Conferenza Stato-Regioni all'Intesa sui tagli da 2,35 miliardi. La quadra, dopo mesi di
trattative con il fiato sospeso, è stata trovata a patto di stralciare dal capitolo farmaci i nodi "payback" e "tetti".
Un emendamento al testo siglato il 2 luglio, dopo mesi con il fiato sospeso, dà infatti vita a un tavolo presso
Lungotevere Ripa, cui parteciperanno il ministero della Salute, il Mef, le Regioni e l'Aifa. Obiettivo: rivedere i
meccanismi di governo della spesa farmaceutica. Le regole andranno riscritte entro il 30 settembre, per
approdare entro il 10 ottobre in Conferenza Stato-Regioni e agganciare così la deadline del 15 ottobre, in
tempo per la legge di Stabilità. Perché è lì che confluiranno. Per la farmaceutica, resta confermato un
risparmio su base annua di 500 milioni, cui si sommano i 308 milioni ottenuti dal mancato incremento del
livello di finanziamento. Salta l'ipotesi di un ripiano a carico delle farmaceutiche dell'extra-spesa al di sopra
dei 500 milioni previsti dal fondo farmaci innovativi (epatite C) voluto dalla ministra nella legge di Stabilità,
mentre le Regioni si impegnano nero su bianco a rivedere gli investimenti programmati per il 2015 per
«assicurare economie non inferiori a 300 milioni di euro nel rispetto della garanzia dell'erogazione dei Lea». Il
resto dell'Intesa - che prevede misure massicce anche sul fronte dell'acquisto di beni e servizi, dei dispositivi
medici e dell'appropriatezza - si trasformerà in un emendamento maxi al Dl Enti locali e proseguirà il suo iter.
Due le condizioni principali per il via libera, che è stato incassato grazie anche all'astensione di Lombardia,
Liguria e Veneto: la verifica del Patto per la salute 2014-2016 siglato a luglio scorso (dal momento che è
necessaria la revisione dei livelli di finanziamento per i prossimi anni) e l'aumento del Fondo sanitario
nazionale per il 2016. Punto, quest'ultimo, su cui aveva più trattato proprio il Veneto. Soddisfatta la ministra
della Salute Beatrice Lorenzin , che all'assemblea pubblica di Farmindustria (v. pagg. 4-5) aveva posto un
secco altolà a ulteriori tagli per la farmaceutica e che a caldo ha commentato: «L'intesa ci permetterà di
compensare il mancato incremento sul fondo senza stravolgere l'impianto del Patto della salute». Secondo
Lorenzin, «d'ora in poi si lavorerà sulla produttività» ed è giunta l'ora di «entrare in una seconda fase, che
dovrà essere basata sulla stabilità normativa, la rapidità di accesso ai nuovi farmaci, superando la
frammentazione regionale in sanità e riequilibrando concretamente i poteri e le competenze tra Stato e
Regioni». Il 2 luglio è stato anche il giorno delle dimissioni formali di Sergio Chiamparino da leader dei
governatori, subito riconfermato dai vertici del Pd. Le dimissioni - come ha ricordato lo stesso Chiamparino
sono un atto dovuto, anche perchè non è stato rieletto il vicepresidente: tuttavia trovo giusta una ridefinizione
dei ruoli di vertice a fronte del cambiamento degli equilibri post-elezioni. Entro il 30 luglio data della
decadenza da presidente vorremmo avere una proposta sul ruolo della presidenza, sulle scelte riguardanti la
vicepresidenza e la responsabilità delle commissioni, queste ultime ferme a quando la geografia politica non
era quella attuale. Naturalmente - ha concluso Chiamparino - tutto dipende dalla legittimità della mia
candidatura in Piemonte». Barbara Gobbi O O O O O O O O O O Totale Differenza Beni e servizi
Farmaceutica Manovra attesa Inappropriatezza Regolamento ospedaliero Le misure in campo 1.338 1.587
1.717 788 795 799 550 792 918 106 106 106 89 89 89 308 308 308 12 12 12 130 130 130 2.352 2.301 2.431
0 -51 79 2015 2016 2017 195 195 195 308 308 308 210 210 210 300 - - 2.352 2.352 2.352 Rinegoziazione del
contratto di acquisto dei beni e servizi Investimenti finanziari con contributo in c/esercizio Rinegoziazione del
contratto di acquisto dei dispositivi medici Riduzione dei ricoveri delle strutture con meno di 40 posti letto
Riorganizzazione della rete assistenziale di offerta pubblica e privata Riduzione delle prestazioni
inappropriate di specialistica ambulatoriale Riduzione dei ricoveri di riabilitazione ad alto rischio di
inappropriatezza Effetto automatico pay-back derivante dal mancato incremento del livello del finanziamento
Riduzione della spesa di personale a seguito della razionalizzazione della rete ospedaliera 68 68 68
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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07/07/2015
Pag. 3 N.26 - 7 luglio 2015
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Tetti e pay back con la manovra 2016
Le regole di governance della spesa farmaceutica saranno riviste entro fine settembre al tavolo tra Governo,
Regioni e Aifa presso Lungotevere Ripa, inclusi tetti e payback, che a metà ottobre confluiranno nella legge di
Stabilità. Dalla farmaceutica si attendono complessivamente 500 milioni di minore spesa su base annua. Il
punto di partenza è l'individuazione dei prezzi di riferimento con rimborso massimo tra farmaci
terapeuticamente assimilabili. Operazione complessa che l'Aifa dovrà concludere entro il prossimo 30
settembre con una rinegoziazione dei prezzi con le singole imprese. Le imprese potranno spalmare la
riduzione tra i propri medicinali. Senza accordo le industrie rischiano la retrocessione in classe C dei propri
prodotti, ma anche il pay back del risparmio atteso. Ma non solo. Per la farmaceutica si prevedono anche la
riduzione dei prezzi dei farmaci biotech alla scadenza del brevetto e la revisione dei prezzi per i medicinali
sotto procedura di rimborsabilità condizionata (payment-by-result, risk-cost-sharing, sucess free). Per la
farmaceutica, d'altra parte, saranno decisive le norme che finiranno nella manovra 2016, che interesseranno
anche i farmaci innovativi, a partire da quelli per l'epatite C. Introduzione dell'elenco dei prezzi di riferimento
relativi al rimborso massimo da parte del Ssn di medicinali terapeuticamente assimilabili. Ai fini
dell'applicazione della norma, Aifa provvede a: a) definire i raggruppamenti di medicinali terapeuticamente
assimilabili, comprendenti specialità medicinali a brevetto scaduto e/o soggetti a copertura brevettuale, anche
tenendo conto del loro impatto sulla spesa farmaceutica nazionale; b) identificare, nell'ambito di ogni
raggruppamento, i sottogruppi di Aic che consentono la medesima intensità di trattamento, ovvero le
confezioni che - sulla base dei dati relativi al 2014 dell'Osmed-Aifa - consentono la dispensazione del
medesimo valore totale di dosi definite giornaliere; c) definire con ogni azienda farmaceutica, per i medicinali
di propria titolarità, l'elenco di quelli compresi nei raggruppamenti di medicinali assimilabili e il relativo
risparmio atteso, per negoziare le riduzioni selettive del prezzo di rimborso. L'esito di ogni negoziazione viene
contestualmente sottoscritto tra Aifa e il titolare dell'Aic nell'ambito di un accordo formale che diventerà
efficace a decorrere dal 1° ottobre 2015, con determinazione del Dg. In caso di mancato o parziale accordo,
Aifa provvederà a chiedere all'azienda farmaceutica la restituzione, tramite procedura di pay-back, alle
Regioni del risparmio atteso. In caso di mancato pagamento, Aifa provvederà a riclassificare i medicinali
terapeuticamente assimilabili di titolarità dell'azienda in fascia C di cui al comma 10, dell'art. 8, della legge del
24 dicembre 1993, n. 537, fino a concorrenza dell'ammontare della riduzione di fatturato attesa dall'azienda
stessa. Riforma della disciplina di definizione del prezzo dei medicinali biotecnologici dopo la scadenza
brevettuale È attribuito ad Aifa il mandato di rinegoziare in riduzione con le aziende farmaceutiche il prezzo di
un medicinale biotecnologico alla scadenza del brevetto o del certificato di protezione complementare, in
assenza di una concomitante negoziazione del prezzo per un medicinale biosimilare o terapeuticamente
assimilabile. Introduzione di disciplina della revisione dei prezzi di medicinali soggetti a procedure di
rimborsabilità condizionata. È attribuito ad Aifa il mandato di rinegoziare in riduzione, con le aziende
farmaceutiche, il prezzo di un medicinale soggetto a rimborsabilità condizionata (payment-by-result, risk/costsharing, success-fee), già concordato sulla base degli accordi sottoscritti in sede di contrattazione del prezzo
del medicinale, ai sensi dell'art. 48, c. 33, Dl 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla
legge 24 novembre 2003, n. 326. La rinegoziazione si applica quando i benefìci rilevati nell'ambito dei
Registri di monitoraggio Aifa dopo almeno due anni di commercializzazione, risultino inferiori rispetto a quelli
attesi e contenuti nell'accordo negoziale.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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FARMACI&CONTI
07/07/2015
Pag. 3 N.26 - 7 luglio 2015
tiratura:40000
Altra bocciatura per il ripiano dell'ospedaliera
Con sentenza del 15 giugno 2015, n. 8358, la Sezione III quater del Tar Lazio si è pronunciata sulla
quantificazione della spesa farmaceutica ospedaliera ai fini del successivo calcolo del ripiano per violazione
dell'articolo 15, comma 6, lett. c) del Dl n. 95/2012. Il principio di diritto. Al riguardo, i giudici capitolini hanno
osservato come tale disposizione normativa prevede che la spesa farmaceutica ospedaliera debba essere
calcolata al netto delle somme restituite dalle aziende farmaceutiche, anche sotto forma di extra-sconti, alle
Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, in applicazione di procedure di rimborsabilità
condizionata (payment by results, risk sharing e cost sharing) sottoscritte in sede di contrattazione del prezzo
del medicinale ai sensi dell'articolo 48, comma 33, del decreto-Legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito,
con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni. Sotto tale profilo è stato
rilevato che la mancata esatta quantificazione del suddetto importo - come peraltro ammesso nel caso di
specie dall'Aifa - è stata imputata al passaggio al nuovo sistema informatico dell'Agenzia avvenuto nel 2013
che avrebbe impedito temporaneamente di attribuire un valore alle procedure di rimborsabilità condizionata
relative alle procedure pertinenti ai trattamenti avviati o conclusi nell'anno 2013 per i medicinali soggetti a
monitoraggio tramite i registri su piattaforma Aifa o ai trattamenti conclusisi precedentemente, ma le cui
procedure di rimborso non erano ancora state evase dalla data del 31 dicembre 2012. L'Agenzia del
Farmaco, come affermato nel documento illustrativo del procedimento di ripiano dello sfondamento del tetto
della spesa farmaceutica ospedaliera 2013, ha ammesso di aver stimato in euro 35.309.221,00 il payback
atteso dalle procedure di rimborsabilità condizionata per l'anno 2013. In tale contesto, ad avviso del Tar
Lazio, ne discende de plano l'illegittimità del contestato ripiano per errata quantificazione della spesa
farmaceutica ospedaliera per la voce de qua , che invece di essere stata minuziosamente accertata, è stata
unicamente stimata dalla competente amministrazione per una causa imputabile alla sua sfera giuridica. Il
caso. Nella specie, venivano contestati errori nell'applicazione della normativa che prevede un obbligo di
ripiano pari al 50% della quota di sforamento del tetto nazionale della spesa ospedaliera in capo alle imprese
farmaceutiche, delineando a tal fine un sistema di programmazione della spesa fondato sulla attribuzione,
alla singola impresa, di un budget di spesa. Argomenti, spunti e considerazioni. La decisione del Tar Lazio
persuade, nel merito, ma lascia interdetti nella misura in cui consente di prendere coscienza della fragilità di
un sistema che affida colossali obiettivi di finanza pubblica in ambito sanitario all'esile filo di un software
esposto al rischio di malfunzionamenti. La posta in gioco, in materia, è alta, e il livello di costante vigilanza
dell'uomo sulla macchina deve essere corrispondente, anche a evitare, di riflesso, pesanti responsabilità
individuali. Massimiliano Atelli
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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NUOVA SENTENZA DEL TAR LAZIO
07/07/2015
Pag. 3 N.26 - 7 luglio 2015
tiratura:40000
Epatiti B e C, arriva il Piano nazionale
Cinque linee di indirizzo strategiche, ciascuna con obiettivi specifici e attività-chiave, dedicate ad
epidemiologia, prevenzione, sensibilizzazione informazione e formazione, cura trattamento e accesso,
impatto sociale. E una forte regia centrale in cui tutto si tenga, orchestrata coinvolgendo Lungotevere Ripa,
Aifa, Iss, Conferenza Stato-Regioni, società scientifiche, esperti e pazienti. Il Piano nazionale per la
prevenzione delle epatiti virali (Pnev), trasmesso dalla Salute alle Regioni, ha come priorità la realizzazione di
un approccio omogeneo a livello regionale, «in accordo con il principio universalistico di diritto alla salute di
tutti gli individui, sancito dall'articolo 32 della Costituzione». Equità e parità di accesso, dunque, compresa la
garanzia a tutti i pazienti di ricevere le nuove terapie, per le quali in fase di ricerca clinica sono stati
documentati tassi di guarigione più elevati rispetto alle cure disponibili in passato. Ma il successo, si legge nel
documento, potrà arrivare soltanto a tre condizioni: identificazione delle aree prioritarie di intervento e piena
adesione e collaborazione con la Conferenza Stato-Regioni; azione di coordinamento e monitoraggio
dell'applicazione e dell'efficacia del Pnev, sotto la guida del ministero. Epidemiologia . Tre obiettivi: conoscere
la prevalenza delle infezioni croniche da virus B e C dell'epatite; realizzare progetti pilota di screening su HCV
nelle regioni su soggetti a rischio; implementare la qualità dei dati del sistema di notifica e di sorveglianza e,
ove possibile, interrogare altri database nazionali o regionali. Prevenzione . Due obiettivi:
uniformare/standardizzare su tutto il territorio nazionale le attività di prevenzione delle infezioni nei soggetti a
maggiore rischio; ampliare la copertura vaccinale per anti-HBV nelle popolazioni a rischio, con particolare
attenzione a quelle difficili da raggiungere; prevenire la trasmissione perinatale madre-figlio; raggiungere e
mantenere la copertura del vaccino anti-HBV>95% nei nuovi nati. Sensibilizzazione, informazione,
formazione. Tre obiettivi: valutare il grado di consapevolezza (o rischio percepito) sulle epatiti virali; effettuare
campagne; formare medici e paramedici e operatori di specifici settori operativi. Cura, trattamento e accesso .
Sei obiettivi: istituire una rete nazionale di centri specializzati per garantire percorsi diagnostici, terapeutici e
assistenziali standard per pazienti affetti da epatite e, quindi, equità di accesso qualificato alle cure su tutto il
territorio italiano; aggiornare e armonizzare le linee guida nazionali e creare un unico Pdta per il trattamento
delle epatiti B e C; realizzare un registro nazionale per identificazione, cura ed esiti del trattamento delle
epatiti virali; promuovere studi di costo/efficacia dei diversi trattamenti anti HCV e anti HBV e dell'impatto
complessivo sulla spesa sanitaria; promuovere studi clinici per ridurre l'infezione al feto in donne infette
gravide; stabilire percorsi standard di follow-up in pazienti HCV guariti. Impatto sociale . I target: migliorare
l'aderenza terapeutica dei pazienti epatopatici nonché la qualità di vita loro e dei familiari, attraverso il
counselling; sperimentare un modello di assistenza comiciliare epatologica in pazienti con cirrosi avanzata.
B.Gob.
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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IL DOCUMENTO PRONTO PER L'ESAME
07/07/2015
Pag. 4 N.26 - 7 luglio 2015
tiratura:40000
«Farmaci leva per la ripresa»*
Occupazione in salita (+1%) e per l'export una crescita record (+5,6%)
«Ci sono falsi miti duri a morire. Uno di questi è che l'Italia sia troppo lenta e priva delle energie necessarie
per ripartire e viaggiare ad alta velocità». È un incipit all'insegna dell'ottimismo quello del presidente di
Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi , (confermato al vertice dell'associazione per un altro biennio, al suo
terzo mandato consecutivo) in apertura dell'assemblea pubblica che si è svolta lo scorso 2 luglio a Roma. E
l'industria farmaceutica ha un ruolo strategico nel rilancio dell'Italia «per un Paese in salute». «Vogliamo
esserlo sempre di più - continua Scaccabarozzi - perché la nostra industria è a forte vocazione internazionale
e investe, innova, crea posti di lavoro. Si distingue in Europa per l'ampia presenza di aziende a capitale
italiano fortemente internazionalizzate e di imprese a capitale estero fortemente radicate sul territorio». La
«speranza» d'altro canto è racchiusa nella stessa mission dell'industria farmaceutica, «mossa dal desiderio di
crescere e innovare e dalla volontà di trovare sempre nuove cure». «Crediamo nei segnali di ripresa sottolinea il presidente di Farmindustria - perché siamo, insieme ad altri, un asset per la competitività, un
punto di ripartenza. Lo dicono i numeri. Primi fra tutti quelli degli investimenti con un aumento a doppia cifra:
l'11% in più nel 2014. E quest'anno si replica per confermare il miliardo e mezzo di nuovi investimenti di
imprese nazionali e internazionali programmati nel triennio 2014/2017. Scusate se è poco! Attenzione, la
replica va in onda solo se il quadro resta stabile». Una stabilità ormai diventata condizione essenziale, eppure
messa a rischio dal «vecchio approccio» di alcune Regioni, mosse da logiche «esclusivamente
economicistiche». «Solo la determinazione del ministro Lorenzin - ribadisce Scaccabarozzi - che si è battuta
e continua a battersi per una visione di sistema della farmaceutica, ha impedito sinora che passasse una
linea ideologicamente anti-industriale e di fatto contro l'innovazione». Il concetto è chiaro: «l'industria
farmaceutica è un pilastro del made in Italy e vuole diventare l'hub europeo del settore». E i numeri per
conquistare la leadership ci sono tutti: «L'Italia con i suoi 29 miliardi di produzione farmaceutica è, tra i 28
Paesi dell'Ue, seconda dopo la sola Germania. E il balzo della sua produzione, ancora in aumento del 7%
anche nei primi mesi di quest'anno, dimostra che abbiamo tutte le carte in regola». Con 28,7 miliardi di euro,
l'industria del farmaco made in Italy genera il 15,5% della produzione europea (Ue a 28). Solo la Germania fa
meglio con 30,4 miliardi (16,5%), «grazie anche, a ben vedere - rimarca Farmindustria nel Report distribuito
in occasione dell'assemblea - a un mercato interno più ampio e remunerativo: la spesa pubblica farmaceutica
tedesca vale 485 euro procapite, quella italiana 271, minore anche rispetto ai 292 euro britannici, ai 318
spagnoli e ai 461 francesi. Più ridotta la produzione di Francia (20,1 miliardi), Regno Unito (17,9) e Spagna».
L'Italia infatti spende per i farmaci il 30% in meno rispetto ai partner Ue e il trend, come è noto, è in discesa:
dal 2006 al 2014 la spesa farmaceutica totale (territoriale e ospedaliera) è calata del 2% mentre la spesa
sanitaria totale è aumentata dell'8% con gli acquisti di beni e servizi non farmaceutici cresciuti del 20 per
cento. E le sforbiciate non sono finite. Dopo la trattativa Governo-Regioni sui tagli da 2,35 mld al Fondo
sanitario nazionale previsto dalla legge di stabilità 2015, con l'ultimo round di giovedì scorso, restano
confermati tagli alla spesa farmaceutica di 500 mln di euro su base annua più altri 300 mln derivanti dal
mancato aumento del Fsn. Sul fronte dell'export l'Italia non è invece seconda a nessuno. L evendite all'estero
hanno toccato quota 20,7 mld (+5,6%). Davanti a Svizzera, Francia, Spagna e Regno Unito. Ma anche a
Germania e Stati Uniti. «La crescita dell'export farmaceutico italiano, negli anni di crisi che vanno dal 2010 al
2014 - spiega l'associazione delle industrie farmaceutiche con sede in Italia - non ha rivali al mondo. Le
nostre esportazioni di farmaci e vaccini, infatti, sono lievitate di 8,1 miliardi di dollari, a fronte degli 8 della
Svizzera, dei 7,9 della Germania e dei 500 milioni degli Stati Uniti (o dei dati negativi di Spagna, -0,5 mld $, e
Regno Unito, -2,7 mld $). Questa eccellente prestazione porta la farmaceutica sul podio - per valore
dell'export, tra i diversi settori del manifatturiero - in 11 province italiane: prima ad Ascoli Piceno (vale il 72%
dell'export), Latina (77%), Frosinone (63%), Rieti (60%), Bari (34%), L'Aquila (26%), Pavia (25%) e Pescara
SCENARIO SANITA' NAZIONALE - Rassegna Stampa 07/07/2015
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FARMINDUSTRIA/ L'Assemblea conferma Massimo Scaccabarozzi alla presidenza
07/07/2015
Pag. 4 N.26 - 7 luglio 2015
tiratura:40000
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(18%); seconda a Siena (22%), Catania (16%), Napoli (15%) e Roma (12%); terza a Parma (12%). Infine, è
tra i primi cinque settori per export a Milano e Firenze». Non mancano le note dolenti. Sebbene l'Italia sia tra i
più grandi mercati mondiali, è in calo nel ranking internazionale. Rispetto al 2005 è scesa dal quinto al sesto
posto ed entro il 2018 si appresta ad arrivare all'ottavo, sopravanzata da Paesi emergenti, come Cina e
Brasile, con India e Russia sempre più vicine. «Lo spostamento della domanda mondiale determina la
rilocalizzazione dell'industria a livello globale - spiega Farmindustria - e fa crescere la concorrenza tra le
economie avanzate per consolidare gli investimenti e attrarne di nuovi. Uno scenario che richiama la
necessità di rilanciare nel continuo la competitività dell'industria e di rendere il sistema Italia più efficiente,
anche con un mercato più attrattivo». Tra i «difetti» che non giocano a favore, Farmindustria cita il «record»
europeo di vincoli (soprattutto regionali e locali) introdotti dopo l'autorizzazione, che limitano l'effettivo
accesso ai nuovi farmaci. A questo si aggiungono burocrazia eccessiva e instabilità del quadro regolatorio (e
Farmindustria ci aggiunge anche i prezzi più bassi d'Europa). E a rendere più profondo il gap di competitività
rispetto ai concorrenti Ue ci si mettono anche le tasse. Che per le imprese del farmaco si traducono anche in
termini di payback (5%, 1,83%, tetti di prodotto, registri, ripiani per sfondamento di spesa) per i quali nei
prossimi anni le imprese saranno chiamate a fronteggiare costi per 1,4 mld di euro all'anno, il 10% del loro
ricavo dalle vendite al Ssn e quasi il 75% del loro utile. a cura di Rosanna Magnano
+15%
5.000
+12%
1,3 mld Valore della produzione 2010-14 Nuovi assunti nel settore, di cui 2mila under 30 Investimenti in
ricerca farmaceutica I goal raggiunti dal settore Crescita degli investimenti in produzione rispetto al 2013
Il primato italiano dell'export (dati in mld di dollari)
8,1 8,0 7,9 6,9 5,6 1,6 0,5 0,3 0,0
ISGDICUBF
40 %
60 % Multinazionali estere Imprese italiane grandi, medie e piccole Fonte: Farmindustria Media di fatturato,
La nazionalità del capitale addetti, investimenti in produzione e R&S, vendite estere e imposte pagate Var. %
2014/13 - vaccini - vaccini - medicinali - medicinali Val. produzione Esportazioni totali Importazioni totali 2010
2011 2012 2013 2014 24.996 25.052 25.798 27.461 28.696 4,50% 13.973 15.314 17.240 19.635 20.735
5,60% 10.843 12.086 13.964 15.975 16.872 5,60% 506 430 382 412 516 25,30% 17.344 19.187 19.737
20.730 19.679 -5,10% 10.729 11.804 12.055 12.029 11.799 -1,90% 273 302 285 337 350 3,80% Principali
grandezze dell'industria farmaceutica in Italia (mln/euro, dati al 31 dicembre) Saldo estero di medicinali e
vaccini 347 410 2.006 4.021 5.240 - medicinali 114 282 1.910 3.946 5.073 - vaccini 233 128 97 75 167
Investimenti R&S e Produzione 2.370 2.390 2.350 2.250 2.500 11,10% Ricerca e Sviluppo 1.240 1.250 1.230
1.220 1.350 10,70% Produzione 1.130 1.140 1.120 1.030 1.150 11,70% Numero di addetti (unità) 66.700
65.000 63.500 62.300 63.000 1,10% Addetti R&S (unità) 6.050 6.000 5.950 5.950 5.950 0,00% Addetti
R&S/addetti totali 9,10% 9,20% 9,40% 9,60% 9,40% Investimenti/Valore della produzione 9,50% 9,50%
9,10% 8,20% 8,70% Export/produzione 55,90% 61,10% 66,80% 71,50% 72,30% - I primi 10 mercati
farmaceutici mondiali 1 Usa 1 Usa 1 Usa 2 Giappone 2 Giappone 2 Cina 3 Germania 3 Cina 3 Giappone 4
Francia 4 Germania 4 Germania 5 Italia 5 Francia 5 Brasile 6 Regno Unito 6 Italia 6 Francia 7 Spagna 7
Regno Unito 7 Regno Unito 8 Canada 8 Brasile 8 Italia 9 Cina 9 Spagna 9 Canda 10 Messico 10 Canada 10
Russia2014 - vaccini 2014 Var. % 2014/2013 Inflazione Var. % 2014/2013 304 - - 0,20% 350 3,80% Numero di
imprese 143.999 1,40% Spesa sanitaria complessiva (pubblica + privata)
L'industria farmaceutica italiana in cifre - produttrici di specialità medicinali 227 Numero di addetti (al 31
dicembre) 63.000 1,10% Numero di addetti alla Ricerca e Sviluppo 5.950 0,00% Valore della Produzione
28.696 4,50% Investimenti in Produzione 1.150 11,70% Investimenti in Ricerca e Sviluppo 1.350 10,70%
Esportazioni totali (a) 20.735 5,60% - medicinali 16.872 5,60% - vaccini 516 25,30% Importazioni totali (a)
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19.679 -5,10% - medicinali 11.799 -1,90% Saldo con l'estero totale (a) 1.056 - medicinali 5.073 - vaccini 167 Spesa sanitaria pubblica 111.028 0,90% Prezzi dei farmaci (rimborsabili e non) - -1,20% prezzi dei farmaci
rimborsabili - -2,50% Pil (a prezzi correnti) 1.616.254 0,40% Popolazione (unità) 60.782.668 1,80%
Dati chiave della Ricerca e Sviluppo nell'industria farmaceutica in Italia nel 2014
Totale imprese
di cui Farmaceutica
Settori mediaalta tecnologia
Industria manifatturiera
Farmaceutica e altre biotech del farmaco
1.416 1.350 8.897 10.059 13.439
10,5 10 66,2 74,8 100
6,7 6,4 3 1,4 0,4
1,3
7.000 5950 63.018 86.568 122.025
6 4,9 51,6 70,9 100
10 9,4 5,4 2,2 0,7 Addetti R&S Totale imprese % sul mercato Farmaceutica e altre biotech del farmaco di cui
Farmaceutica Settori mediaalta tecnologia Industria manifatturiera % su totale addetti % su totale imprese %
su totale imprese Totale economia: addetti R&S/addetti totali Investimenti R&S (mln euro) Totale economia:
spese R&S/PIL
Foto: Recuperare il gap di competitività
Foto: I nodi: burocrazia e carico fiscale
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Sfida innovazione in 9 imprese su 10
In sviluppo 7mila medicinali: biotech in pole
Occupazione in crescita, investimenti in aumento ed export da record. Sono le «promesse mantenute» da
Farmindustria che nel corso dell'assemblea pubblica a Roma ha snocciolato gli obiettivi centrati dal settore.
L'occupazione, grazie anche al Jobs Act, non segna più il passo e le 5mila nuove assunzioni - la metà under
30 - negli ultimi 12 mesi hanno superato il numero dei lavoratori in uscita, con un incremento (+1%) del
numero degli addetti. Gli investimenti sono aumentati di 200 milioni di euro (+11%). L'export è cresciuto
ancora (+6% nel 2014, dopo +14% nel 2013 e +13% nel 2012) di 1,2 miliardi in un solo anno. E all'orizzonte
si profila una nuova fase tutta puntata sulla ricerca. Sono 7mila i medicinali in sviluppo - soprattutto biotech
che riguardano patologie tumorali, cardiovascolari, diabete, Hiv. «Farmaci sempre più personalizzati - spiega
Farmindustria - che cambieranno la storia di diverse malattie gravi. Un fenomeno al quale partecipa anche
l'Italia con i suoi centri di eccellenza a esempio per l'oncologia, le malattie rare, i vaccini, il farmaco biotech e
le terapie avanzate. La partita non è vinta ma sono stati segnati goal importanti grazie a un efficiente network
dell'innovazione che crea salute e valore. Una rivoluzione che impone di ripensare la governance per
garantire la sostenibilità del sistema». L'Italia del farmaco con i suoi 63mila addetti, le 174 fabbriche presenti
sul territorio e i 2,5 miliardi di investimenti si conferma l'hub europeo del settore. E vuole diventare l'hub
mondiale. Tra i punti di forza, le risorse umane altamente qualificate (90% laureati e diplomati) e la forte
presenza femminile (44% del totale rispetto a 25% dell'industria), con ruoli importanti specie nella R&S (il
53% dei ricercatori è donna). Il primato dell'innovazione. Le pillole made in Italy hanno portato l'Italia sul podio
europeo per numero di imprese innovative: con 9 imprese su 10 (l'89,5%) che hanno introdotto innovazioni
siamo al secondo posto in Europa, preceduti dalla Germania (92%) e in linea con il Regno Unito (89,4%). E le
imprese del farmaco si confermano ancora ai primi posti per intensità di ricerca, competitività e qualità delle
risorse umane. Qualità che, insieme all'efficienza dei settori dell'indotto, rappresenta uno dei principali punti di
forza che hanno convinto imprenditori e manager, italiani ed esteri, a investire nel Paese. «E in un contesto
dove la velocità è elemento base della competitività - spiega Farmindustria - la farmaceutica, sta già
viaggiando sull'onda del nuovo modello 4.0. Ossia la quarta rivoluzione industriale. Dopo il taylorismo, il
fordismo e la robotizzazione siamo ora di fronte al salto del digitale, per una nuova industrializzazione di
qualità. Con il "4.0" saranno in rete imprese, fornitori, università, laboratori, aumentando la produttività,
valorizzando le risorse umane e ripensando l'organizzazione aziendale». Per R&S gli investimenti sono pari a
1,3 miliardi con 6mila addetti. Sempre più strategiche le biotecnologie e la medicina personalizzata per il
trattamento di patologie rilevanti, come diabete, sclerosi multipla, epatite C, malattie oncologiche e
autoimmuni. Oltre alla prevenzione, con vaccini biotech per le malattie infettive. I farmaci biotecnologici, che
attualmente curano nel mondo circa 350 milioni di persone, sono oggi il 20% di quelli in commercio, il 40%
dei nuovi autorizzati e il 50% di quelli in sviluppo. L'Italia gioca un ruolo da protagonista nel settore, grazie
alle imprese del farmaco (86% del totale), con una pipeline di 303 prodotti in sviluppo. Senza dimenticare gli
studi clinici, che hanno un'importanza centrale nell'innovazione. Con investimenti che superano nel mondo i
50 miliardi di euro l'anno e in Italia raggiungono gli 800 milioni. «Un valore che può crescere - sottolinea
Farmindustria - migliorando l'attrattività del Paese, offrendo nuove opportunità di salute per i pazienti, di
occupazione per i ricercatori e di risparmio per il Ssn. Con gli studi clinici, infatti, le imprese si fanno carico di
quota parte dei costi a essi connessi, quali l'ospedalizzazione, i farmaci, gli esami diagnostici». Strategico
anche il settore vaccini ed emoderivati. La vaccinazione oltre a essere un'arma fondamentale contro le
malattie infettive consente anche una riduzione della spesa sanitaria pubblica. «Vaccinando i cittadini tra i 50
e i 64 anni contro l'influenza, con un investimento di 76 milioni - spiega Famindustria - ci sarebbe un risparmio
di 746 milioni». Gli emoderivati sono farmaci salvavita, utilizzati per integrare componenti mancanti del
sangue, da cui derivano. Si applicano anche nel trattamento delle malattie rare, come emofilia, angioedema
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ereditario, immunodeficienze primarie e nei trapianti. Vaccini ed emoderivati, oltre che per la salute, rivestono
grande importanza dal punto di vista manifatturiero e di ricerca. Sono infatti tra i comparti più innovativi,
grazie alla presenza di centri di eccellenza di imprese a capitale nazionale ed estero.
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Un contro-piano da 2 miliardi*
Boggio: altro che payback, serve un tavolo per eliminare le inefficienze
La manovra che colpisce la sanità «poggia su obiettivi fuori dalla realtà e meccanismi iniqui, capaci di
distruggere valore senza peraltro poter dare i risparmi che si vorrebbero realizzare». Assobiomedica resta in
trincea contro la drastica riduzione del finanziamento statale ordinario (Fso) del Servizio sanitario nazionale
fissata per il 2015 a circa 2,35 miliardi. «Le misure previste dall'intesa Stato-Regioni che fissano un tetto di
spesa per i dispositivi medici pari al 4,4% sottolinea il presidente, Luigi Boggio - sono irrealistiche e
porteranno al collasso della Sanità. Perché senza dispositivi medici all'interno di un ospedale è impossibile
erogare alcuna prestazione sanitaria, anche la più semplice. Per non sforare il tetto ed evitare il payback, la
spesa in dispositivi medici dovrebbe essere abbattuta di un ulteriore 15%, quando i prezzi sono già calati del
25%, abbassando la qualità dell'assistenza sanitaria a livelli che non possono considerarsi accettabili». Per
questo, secondo Assobiomedica «la manovra va assolutamente corretta perché, così come si prospetta ora,
toglierebbe qualità e quantità all'assistenza con riferimento a determinate prestazioni e tecnologie. Senza
considerare, poi, che il Patto per la Salute di pochi mesi fa prevedesse, come necessari, aumenti del Fso
2015-2016 e non tagli». In questa direzione va l'appello di Boggio alle Regioni: «Lanciamo un appello
affinché rivedano l'intesa e trovino soluzioni appropriate e sostenibili per la tutela della salute dei cittadini.
Soluzioni che Assobiomedica ha ipotizzato in un documento, inviato nei giorni scorsi ai Presidenti e Assessori
alla Salute di tutte le Regioni, nel quale vengono prospettati interventi che porterebbero risparmi per oltre 2
miliardi di euro entro il 2016». L'impatto del payback A finire nel mirino di Assobiomedica è soprattutto il
meccanismo del payback. Supponendo una dinamica flat della spesa in dispositivi medici nel periodo 20152017 l'Associazione stima in circa 700 milioni il prevedibile («inevitabile») sfondamento medio annuo rispetto
al tetto vigente nel 2015-2017. Per evitare tale sfondamento e non incorrere di conseguenza nella necessità
di doverlo autofinanziare, alle Regioni viene indicata la via della rinegoziazione dei contratti già in essere,
mentre i fornitori sono minacciati di doverne rimborsare (mediante cosiddetto «payback») il 40% per il 2015, il
45% per il 2016 e il 50% per il 2017 e gli anni successivi. «Il meccanismo del payback per i dispositivi medici
spiega Boggio - è in contrasto con i princìpi della Costituzione, viola le leggi della concorrenza e non porterà
benefici nelle casse regionali. Immediate, invece, sarebbero le ripercussioni negative per le imprese che
dovrebbero comunque subito accantonare nei propri bilanci appositi fondi per rischi e oneri, rinunciando di
conseguenza a circa 1 miliardo di euro nel triennio che comporteranno una riduzione degli investimenti in
ricerca e innovazione e di migliaia di posti di lavoro qualificati. Si tratta, inoltre, di un sistema che mette le
imprese di dispositivi medici nelle condizioni di non poter scegliere se fornire o meno gli ospedali pena
l'imputazione di interruzione di pubblico servizio». La dinamica dei dispositivi medici Insomma, la spesa
pubblica in dispositivi medici è già scesa molto negli ultimi quattro anni, raggiungendo quello che può
ragionevolmente considerarsi il livello di guardia. «A un anno dall'approvazione del Patto per la salute continua Boggio -, che faceva ben sperare sul futuro della nostra Sanità e che purtroppo resta ancora
largamente inapplicato, ci troveremo invece con delle misure incostituzionali che provocheranno una quantità
esorbitante di ricorsi e, anziché incrementare le casse regionali, le svuoteranno per sostenere alle spese
legali». Quale via alternativa all'introduzione del payback (e della fissazione di uno specifico tetto alla spesa)
per il settore dei dispositivi medici (che in ogni caso non si tradurrebbe in gettito per le Regioni
verosimilmente prima di almeno due anni) Assobiomedica propone l'immediata attivazione di appositi Tavoli
tecnici con il compito di approfondire gli ambiti di razionalizzazione della spesa nei vari settori specialistici,
così da individuare quegli interventi in grado di ottimizzare l'utilizzo delle risorse a beneficio dei pazienti e
generare risparmi per il sistema. «Questi tavoli - sostiene l'Associazione - nel giro di 2-3 mesi, potrebbero
fornire concrete e mirate indicazioni su come realizzare interventi di razionalizzazione della spesa agendo su
numerosi e differenti fronti, a cominciare da quelli per i quali esistono già esempi di buone pratiche, evidenze,
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ASSOBIOMEDICA/ Le proposte per ridurre la spesa senza affossare imprese e lavoro
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lavori in corso a cui far riferimento e da portare a sistema». Le aree di intervento Per Assobiomedica sono tre
gruppi dove è possibile intervenire: il primo gruppo comprende interventi mirati alla razionalizzazione delle
modalità di acquisizione e gestione dei dispositivi; il secondo comprende interventi mirati all'appropriatezza
delle prestazioni in massima parte attraverso la definizione e implementazione di percorsi/ protocolli
diagnostico-terapeutici assistenziali (Ptda); il terzo interventi mirati alla razionalizzazione della rete dei servizi
e basati - con riferimento all'assistenza ospedaliera - sull'applicazione dei nuovi standard qualitativi,
strutturali, tecnologici e quantitativi (in attuazione del Patto per la Salute 2014-2016) di cui all'apposito
Regolamento del 2014. Il riassetto strutturale, dunque, insieme alla rete dei servizi sanitari territoriali, è
considerato la via maestra da seguire per coniugare risparmi e qualità. Dal lato delle imprese questo riassetto
comporterebbe saving di costo (traducibili in un ribasso dei prezzi di vendita) su: campionature, logistica,
formazione e training del personale, conti deposito ecc. In questo senso le imprese del settore dei dispositivi
medici potrebbero contribuire in modo fondamentale a questo processo, sia mettendo a disposizione beni e
servizi essenziali di telemonitoraggio e teleassistenza, sia sviluppando una serie di prodotti ideali per un
utilizzo in ambito ambulatoriale e/o domiciliare. Il contro-piano da 2 miliardi di risparmi entro il 2016 E
Assobiomedica si mette a disposizione per contribuire alla comunicazione rivolta ai cittadini e agli operatori
sulle ragioni di tale riassetto dei servizi. Per quanto riguarda i possibili interventi afferenti agli altri due gruppi
sopracitati (e focalizzati, come detto, rispettivamente sul mercato dei dispositivi e sull'appropriatezza delle
prestazioni), qui di seguito si riportano solo alcuni esempi che in via conservativa stimiamo possano portare a
risparmi annui complessivi per oltre 2 miliardi di euro entro la fine del 2016. Si comincia con il rinnovo del
parco tecnologico che spesso non tiene conto di valutazione opportune. A esempio, le macchine per dialisi
sostituite ogni 3-5 anni potrebbero lavorare senza problemi 6-7 anni; analogo discorso per le apparecchiature
di laboratorio. Per questa via si stima possibile realizzare risparmi annui pari a 80 milioni di euro. Allo stesso
modo andrebbero razionalizzate modalità di acquisto, fornitura, logistica (60 milioni di lavoro).
Sull'automonitoraggio della glicemia Assobiomedica propone di definire tre fasce tariffarie (invece di una), per
ciascun livello di classificazione della tecnologia, che si applicano a seconda del device prescritto dal
diabetologo per il singolo paziente, scelto in libertà secondo criteri di appropriatezza clinico-terapeutica. Per
questa via si potrebbero realizzare risparmi annui pari a 50-60 milioni di euro. Altro capitolo riguarda le
prestazioni specialistiche ambulatoriali: nel 2012 ne sono state erogate oltre 776 milioni per una spesa
complessiva di 10,8 miliardi di euro, di cui il 36% costituito da prestazioni di diagnostica. Ebbene, almeno il
15% delle prestazioni per un costo di 775 milioni di euro, è considerato «inappropriato» e, dunque, può
essere riconsiderato. Risparmi per altri 500 milioni, inoltre, potrebbero derivare applicando anche in Italia
modelli ampiamente utilizzati in altri Paesi europei (che prevedono il ricorso a procedure e dispositivi) con
l'obiettivo di ridurre le infezioni che ogni anno dal 5 all'8% dei pazienti ricoverati contrae in ospedale (4.5007.000 i decessi). Lo scompenso cardiaco rappresenta la prima causa di ricovero per motivi cardiaci. Nel 30%
dei casi, il paziente con scompenso cardiaco viene riospedalizzato. L'implementazione di strategie di
monitoraggio continuo del paziente (come per esempio la gestione del paziente in telemedicina)
consentirebbe di evitare le ospedalizzazioni ripetute con un ingente risparmio di risorse sanitarie. Da una
stima preliminare, il risparmio potenziale annuale potrebbe essere di oltre 180 milioni di euro. Insomma, il
fronte su cui è possibile intervenire, è ampio. «Sono solo alcuni esempi sottolinea Assobiomedica - in cui
l'utilizzo appropriato di tecnologie innovative sia una delle vie, forse la principale, per ottimizzare le risorse a
disposizione. Infatti, esso non solo consente di migliorare la cura di molte patologie, ma anche di ridurre sia i
costi diretti di cura (a esempio riducendo le giornate di degenza), sia quelli cosiddetti indiretti associati alla
gestione della malattia da parte dei pazienti e dei parenti (costi sociali, perdita di produttività ecc.)». In questa
direzione vanno anche il remote monitoring («perfettamente inquadrato nelle Linee di indirizzo nazionali sulla
Telemedicina elaborate dal ministero della Salute e approvate dalla Conferenza Stato Regioni») che è
dimostrato poter sostituire i controlli ambulatoriali tradizionali senza compromettere la sicurezza del paziente;
l'utilizzo di tecniche chirurgiche mininvasive («che consentono, in numero crescente di casi, di abbattere i
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costi di ospedalizzazione e al tempo stesso rappresentano la scelta più appropriata rispetto alla chirurgia
open»); le stazioni di anestesia di ultima generazione («che garantiscono una gestione ottimale dell'anestesia
aumentando la sicurezza del paziente in sala operatoria e riducendo notevolmente il consumo di
anestetico»), i ventilatori da terapia intensiva più moderni e i sistemi di monitoraggio e infusione più avanzati
(«che consentono di elevare la qualità delle cure al paziente e diminuire le complicanze»). Ernesto Diffidenti
Fso Payback (2015-2017) (milioni di euro) (*) Dal 2015 importo ipotizzato pari al dato 2014 (**) Dal 2015
importo ipotizzato pari al dato 2014 al netto delle risorse vincolate ex legge 57/2013 (***) Dal 2015 importo
ipotizzato pari al dato preconsuntivo 2014 Fonte: elaborazione Cer e Csa su documenti ufficiali 2013 2014
2015 2016 2017 107.004,5 109.928,0 112.067,0 115.449,0 118.915,9 - attività Asl non rendicontate(*) 592,1
632,9 632,9 632,9 632,9 - risorse vincolate (**) 27,0 25,0 25,0 25,0 - Impatto manovra 2015 2.352,0 2.352,0
2.352,0 Fso base per tetto 106.412,4 109.268,1 109.057,1 112.439,1 115.906,0 Spesa dispositivi medici (***)
5.457,0 5.653,5 5.653,5 5.653,5 5.653,5 Tetto (%Fso base) 4,8 4,4 4,4 4,4 4,4 Tetto 5.107,8 4.807,8 4.798,5
4.947,3 5.099,9 Sforamento da ripianare -349,2 -845,7 -855,0 -706,2 -553,6 - a carico delle Regioni (%) 100 100,0
60,0 55,0 50,0 - a carico fornitori privati (%) 40,0 45,0 50,0 - a carico fornitori privati -342,0 -317,8 -276,8 Fso
25,0 632,9 25,0 0,0 0,0 -2.352,0 -2.352,0 -103,5 Fso base per tetto - risorse vincolate (**) 112.067,0 109.715,0
111.409,1 109.057,1 - attività Asl non rendicontate (*) 632,9 Pre-manovra Post-manovra Manovra Tetto spesa
dispositivi medici 4.902,0 4.798,5 Impatto della manovra su Fso e tetto di spesa in dispositivi medici (2015)
(milioni di euro) (*) importo ipotizzato pari al dato 2014; (**) importo ipotizzato pari al dato 2014 al netto delle
risorse vincolate ex legge 57/2013 Fonte: elaborazione Cer e Csa su documenti ufficiali80 70 60 50 40 68 66
67 69 69 66 64 430 2008 2009 453 477 2010 2011 498 421 2012 2013 432 2014 415 340 330 320 310 300
290 280 310 300 290 280 270 260 680 660 640 620 600 580 560 1.420 1.400 1.380 1.360 1.340 1.320 1.300
4.500 4.400 4.300 4.200 4.100 4.000 3.900 3.800 3.700 303 651 306 2008 2010 2008 2008 2008 2010 323
651 2009 2009 2009 2009 303 2011 2011 2010 2010 2010 2010 330 674 340 287 2011 2011 2011 2011 673
328 2012 646 290 322 617 2013 2014 284 317 608 1.375 4.379 1.393 4.291 1.407 Dialisi 4.114 1.401 1.373
4.013 1.346 1.339 3.982 Ortopedia Glucose test
Totale mercati variazione 2014-2010=-12,9% variazione 2014-2013=-3,9% Medicazioni avanzate Ivd esclusi
glucose test variazione 2014-2010=-9,1% variazione 2014-2013=-0,8% variazione 2014-2010=-9,8%
variazione 2014-2013=-1,4% variazione 2014-2010=-9,8% variazione 2014-2013=-1,4% variazione 20142010=-4,8% variazione 2014-2013=-2,8% variazione 2014-2010=-3,8% variazione 2014-2013=-1,4%
variazione 2014-2010=-4,8% variazione 2014-2013=-0,5% Servizi manutentivi&leasing 2012 2013 2014 2012
2013 2014 2012 2013 2014 2012 2013 2014 2012 2013 2014
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Ssn, l'Italia merita la serie A
Investire su deospedalizzazione, innovazione tecnologica e digitale
La crescita della spesa sanitaria è un fenomeno comune a tutti i Paesi industrializzati. I motivi sono noti: si va
dall'invecchiamento della popolazione all'evoluzione delle conoscenze mediche e delle tecnologie
biomedicali, che rendono disponibili opportunità diagnostico-terapeutiche e che costituiscono parte del diritto
alla salute; dall'incremento delle principali patologie croniche (nel 2011 il 38,4% degli italiani ha dichiarato di
essere affetto da una patologia cronica, percentuale che sale al 76,4% e al 86,2% rispettivamente nella fascia
della popolazione dai 65 ai 74 anni e nella fascia over 75) alla diversa percezione del fattore salute da parte
della popolazione, che presta a sintomi e segni un'attenzione sempre maggiore. Secondo il «memorandum»
di General electric sulla sostenibilità del Ssn, tra i Paesi Ue è la Francia a presentare la più alta incidenza
della spesa pubblica sul Pil, pari al 56%, nonché la più alta spesa pubblica pro capite, pari a 15.954 euro a
parità di potere d'acquisto, seguita da Germania e Italia. Generalmente i livelli maggiori di spesa sono stati
destinati alla protezione sociale e alla salute; l'Italia è l'unico Paese ad aver destinato un maggior numero di
risorse ai servizi pubblici generali piuttosto che alla salute. L'insieme della spesa in «protezione sociale e
salute» rappresenta il 33,4% del Pil in Francia, il 28,1% in Italia, il 28% in Germania, il 25,8% nel Regno Unito
e il 24,6% in Spagna. Considerando la spesa sanitaria, inclusa la sua componente privata, l'incidenza di tale
voce di spesa sul Prodotto interno lordo arriva in Europa al 10,2%, in leggero aumento rispetto all'anno
precedente quando era stata pari al 10%. La media dei Paesi Ocse mostra un dato simile ma un trend
diverso, in quanto l'incidenza della spesa sanitaria complessiva è stata pari al 9,3%, in diminuzione rispetto
alla precedente rilevazione (-0,5 punti percentuali). In Europa, tuttavia, secondo il memorandum di General
electric, «l'aumento dell'incidenza della spesa sanitaria è ascrivibile anche alla contrazione del prodotto
interno lordo nel 2012, che ha più che compensato le manovre di contenimento della spesa pubblica attuate
in molti Paesi». Paesi Bassi (11,8%), Francia (11,6%) e Germania (11,2%) registrano la maggior incidenza di
spesa sanitaria (totale) su Pil, mentre Italia (9,2%), Finlandia (9,1%) e Irlanda (8,9%) la minore. Guardando
oltreoceano, in Canada e negli Stati Uniti, la spesa sanitaria complessiva arriva a pesare rispettivamente
l'11% e il 16,9% sul Pil. In Europa l'incidenza della spesa privata su Pil è inferiore al 3%, ad eccezione del
Portogallo e della Grecia. L'Italia, in ogni caso, secondo il memorandum, «per la Sanità spende molto meno
degli altri Paesi europei». Il gap fra spesa sanitaria pro-capite italiana e Paesi Eu14, infatti, «continua ad
allargarsi a un ritmo impressionante»: nell'ultimo anno considerato (2012), rispetto al 2002 si è allargato del
5,7%, arrivando così al -25,2%. La spesa sanitaria totale in rapporto alla popolazione over 65, in Italia è
addirittura inferiore del -34,9%, rispetto a Eu14. Il gap della spesa sanitaria è maggiore di quello in termini di
Pil che si è allargato meno rapidamente, arrivando al -13,8%. Una situazione, a causa della contrazione del
Pil, che secondo General electric «sta portando a un sostanziale congelamento della spesa sanitaria pro
capite a fronte di un contesto caratterizzato dal marcato invecchiamento della popolazione, con le
conseguenti implicazioni in termini di fabbisogno economico correlato». Spiega Marco Campione, Ad di
General Electric Healthcare Italia e presidente di Elettromedicali di Assobiomedica: «La spesa sanitaria non è
un male di per sé. È però cruciale distinguere tra spesa utile, e quindi investimenti in produttività, servizi e
tecnologie a favore dei pazienti, e spesa deteriore. Bisogna sempre più puntare su deospedalizzazione,
rinnovo delle infrastrutture, innovazione tecnologica e sanità digitale: investimenti che vanno a beneficio della
qualità e della sicurezza della tutela della salute e permettono inoltre di ridurre i costi a carico del Ssn, anche
nel breve periodo». Secondo Campione, dunque, «bisogna sfruttare davvero le opportunità offerte dall'eHealth: la medicina si sta evolvendo da un modello ospedale-centrico a un modello paziente-centrico nel
quale sono cruciali l'Internet delle cose, le applicazioni Cloud e l'accesso ubiquo a dati condivisi». Sono
moltissime le aree di intervento immediato per uno strutturale aumento della produttività del sistema. A
esempio, l'Ad di Ge cita l'utilizzo più razionale delle apparecchiature ospedaliere: meno dispositivi, meglio e
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MEMORANDUM/ Per General electric la spesa rallenta ma può essere migliorata
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più intensamente utilizzati e, soprattutto, più all'avanguardia, studiando il territorio e collocando i dispositivi
elettromedicali a seconda dei bisogni specifici di un bacino d'utenza, creando quindi "zone di
specializzazione" e non centri decentrati e non specializzati. Secondo le stime del memorandum di General
electric con un'adeguata programmazione, l'eliminazione della sola quota di procedure diagnostiche ripetute
per scarsa efficienza delle apparecchiature obsolete permetterebbe un risparmio di oltre 75 milioni di euro
l'anno. «Bisogna poi puntare sul rinnovo delle infrastrutture - sostiene Campione - riducendo il numero di
ricoveri non necessari e avvalendosi di tecnologie di diagnosi e monitoraggio pazienti da remoto. La riduzione
del solo 1% dei giorni di ricovero a livello nazionale comporterebbe da sola un risparmio di circa mezzo
miliardo di euro per il Ssn. Disciplinando l'appropriatezza prescrittiva delle sole indagini diagnostiche si
potrebbero risparmiare ogni anno ulteriori 750 milioni di euro». Insomma, la strada da fare è ancora lunga.
Qualcosa, tuttavia, sembra migliorare. La recente apertura a considerazioni e attività di programmazione di
medio termine contenuta all'interno del Patto della salute dello scorso anno, spinge, per la prima volta,
General electric a esprimere «un cauto ottimismo sulla volontà dell'attuale Governo di intervenire in modo
strutturale e strategico sul sistema sanitario e non più con un taglio puramente contenitivo e di riduzione di
risorse economiche». Purché i tagli al Ssn non smontino il lavoro fatto. In particolare, General electric ritiene
che gli elementi prioritari per un'efficace strategia di lungo periodo che abbini una riduzione della spesa
deteriore, a fronte di un miglioramento della qualità e dei servizi resi dal Servizio sanitario nazionale ai
cittadini, siano da ascrivere ai seguenti capitoli: deospedalizzazione, rinnovo infrastrutture, innovazione
tecnologica, utilizzo strutturale delle possibilità offerte dal E-Health. Alcuni di questi elementi sono
rintracciabili nei cenni programmatici dello stesso Patto della salute. «Il Patto della salute dello scorso anno conclude Campione - portava a essere ottimisti perché non puntava solo al contenimento e riduzione delle
risorse economiche ma intendeva la tutela della salute come investimento economico e sociale, con un primo
impegno per un processo valutativo di analisi delle nuove tecnologie in chiave di generazione di valore.
Garantendo la certezza del finanziamento su 3 anni e assicurando il reinvestimento in innovazione sanitaria
di qualità di quanto risparmiato tagliando sprechi e spesa deteriore. A distanza di un anno il Patto della salute
rischia di essere contraddetto con l'ennesima manovra emergenziale e recessiva all'ordine del giorno della
prossima Conferenza delle Regioni del 2 luglio; una manovra che, di fatto, si articola su tagli lineari e antiprogrammatici. Saranno pesanti le ripercussioni su occupazione, creazione di valore, sviluppo economico e,
in primis, sostenibilità di un Servizio sanitario nazionale che tutti vogliamo universale e di qualità».
Bisognerebbe, invece, garantire, conclude Campione «regole certe e durature, attuando una riforma
complessiva della sanità nella direzione indicata dal Patto imperniata su una governance nazionale che sfrutti
e metta a fattor comune le migliori pratiche regionali, e che si articoli in meccanismi di valutazione e di
sanzione a verifica dell'efficienza e qualità del sistema e delle strutture. Così come avviene negli altri Paesi
europei di riferimento. Nonostante tutto, continuo a rimanere ottimista che si voglia garantire al futuro
prossimo dell'Italia un servizio sanitario di serie A e non si debba abdicare il diritto costituzionale
all'universalità di accesso alla salute sull'altare di una visione meramente economicista». P P S R G S C 1,7
10,1 2,6 9,0 2,6 8,6 2,7 8,4 1,6 9,4 2,7 8,2 1,8 7,8 6,2 6,9 7,8 1,5 3,0 6,2 7,1 2,1 2,3 6,8 2,9 6,0 8,0 8,9 7,7
3,3 3,3 2,5 I F I SS pubblica (% Pil) SS privata (% Pil) N.B.: Dati in percentuale F G A D B S Spesa sanitaria
pro capite pubblica e privata in percentuale del Pil P S I R F D G I P S C Meno di 5 Oltre 10 anni B S
Risonanza magnetica Tra 5 e 10 anni Tomografia assiale computerizzata N.B.: Dati in percentuale F G A
Valutazione apparecchiature installate 36,6% 0,1% 19,3% 12,7% 41,9% 25,8% 54,4% 43,8% 21,5% 74,1%
26,3% 43,5% L'età del parco tecnologico nazionale apparecchiature imaging (2013) Tasso di crescita reale
della spesa sanitaria pubblica (variazione media annua %) Età Fino a 15 slices Oltre 15 slices Aperte Chiuse
Totale apparecchiature rilevate 1.201 830 270 856 7,1 4,6 4,6 4,5 4,0 3,9 3,1 2,7 2,7 2,4 2,1 1,8 1,5 1,2 4,8
3,9
Foto: Seguire la strada dell'e-health
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Foto: Servono regole certe e durature
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