preclusa l`azione di indebito arricchimento contro la p.a. se l

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preclusa l`azione di indebito arricchimento contro la p.a. se l
Giustizia e Affari Interni
PRECLUSA L’AZIONE DI INDEBITO ARRICCHIMENTO
CONTRO LA P.A. SE L’IMPEGNO CONTRATTUALE NON
É AD ESSA ASCRIVIBILE
del Dott. Alfonso Cernelli
L’Autore analizza la problematica questione del mezzo di tutela esperibile dal privato che abbia
eseguito una prestazione in favore della PA, sulla base di un impegno che, sottoscritto da un
dirigente o funzionario pubblico, sia mancante dei requisiti di giuridica riferibilità all’ente. In
particolare, l’Autore si sofferma sulla possibilità per il privato di esercitare l’azione di indebito
arricchimento ex art. 2041 del codice civile.
The author analyzes the problematic issue of remedy attemptable by the individual who has
performed a benefit in favor of the PA, on the basis of a commitment, signed by an officer or
public official, be missing the requirements of traceability legal entity. In particular, the author
focuses on the ability of the private sector to bring an action for unjust enrichment pursuant to art.
2041 of the Civil Code.
Sommario: 1.Premessa; 2. L’azione di indebito arrichimento; 3. Considerazioni conclusive.
1.Premessa.
Nel nostro ordinamento, in materia di
contratti stipulati da enti pubblici, opera il
consolidato principio secondo il quale “la
P.A. non può assumere impegni o concludere
contratti se non nelle forme stabilite dalla
legge e dai regolamenti (vale a dire nella
forma scritta), forme il cui mancato rispetto
produce la nullità assoluta dell’atto”1.
L’imposizione della forma scritta è finalizzata ad offrire un duplice strumento di garanzia: nei confronti della P.A., in quanto consente di identificare con precisione il contenuto delle obbligazioni assunte, rendendo altresì possibile l’espletamento delle funzioni di
controllo, nonché nei confronti del privato,
impedendo la realizzazione di arbitri nel rispetto dei valori costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa4.
2.L’azione di indebito arrichimento.
I negozi stipulati dalle amministrazioni
pubbliche iure privatorum devono quindi essere muniti di forma scritta ad substantiam2.
La mancanza di tale forma li rende nulli,
dovendosi escludere, ai fini della validità
dell’atto, la rilevanza di qualsiasi manifestazione di volontà implicita o desumibile da
comportamenti concludenti o meramente attuativi3.
4
Cfr. Cass., II, 18.5.2011, n. 10910; Cass., VI,
15.3.2011, n. 6022; Cass., III, 28.9.2010, n. 20340;
Cass., I, 2.4.2009, n. 8044. In dottrina, si cfr. N.
FALVELLA, Pubblica amministrazione, la nullità dei
contratti per vizio di forma, in Dir. giust., 2004, 24, 58
ss., il quale, in aderenza al menzionato orientamento
giurisprudenziale, afferma che "la ragione del citato
rigore formale trova la sua giustificazione nell'esigenza di identificare il contenuto della volontà negoziale e
consentire il controllo dell'autorità tutoria", per cui "in
assenza della forma scritta, non sussistendo l'instaurazione di un valido rapporto contrattuale, il professionista che abbia prestato la sua opera per la PA non
può esperire un'azione contrattuale per il conseguimento della sue competenze". Per quanto concerne i
contratti di sponsorizzazione, ad esempio, la necessità
della forma scritta è ulteriore strumento di garanzia nei
confronti dei cittadini, consentendo di controllare che
dalla sponsorizzazione non derivi un’alterazione del
ruolo di neutralità dell’ente pubblico (l’osservazione è
1
Cass., III, 28.9.2010, n. 20340.
Tra le tante, Cass., sez. un., 22.3.2010, n. 6827;
Cass., I, 22.2.2008, n. 4532; Cass., I, 26.10.2007, n.
22537; Cass., I, 11.5.2007, n. 10868; Cass., III,
3.8.2004, n. 14808.
3
Cass., III, 20.8.2009, n. 18514; Cass., I, 14.12.2006,
n. 26826; TAR Lazio, II ter, 29.2.2008, n. 1937.
2
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Poiché il contratto scritto inter partes è insostituibile con altri tipi di carteggi o delibere5, deve ritenersi non ascrivibile in capo
all’ente (e, dunque, per esso non vincolante)
l’impegno sottoscritto tra un privato e un funzionario pubblico, qualora non rivesta la
struttura negoziale tipica. In tale ipotesi, accertata l’impossibilità di far valere contrattualmente la responsabilità dell’ente pubblico,
resta da chiarire se il privato che abbia comunque eseguito una prestazione di natura
patrimoniale possa eventualmente esperire
l’azione di indebito arricchimento. Il rimedio
previsto dall’art. 2041 c.c. è volto ad offrire
tutela giuridica in tutti i casi in cui lo spostamento patrimoniale è avvenuto in mancanza
di una pattuizione, sentenza o disposizione
normativa, ovvero in assenza di un qualsivoglia titolo giuridico legittimante il trasferimento di ricchezza6.
Proprio in considerazione della residualità
di tale azione, il successivo art. 2042 c.c. le
attribuisce carattere sussidiario, subordinandone la proponibilità alla indisponibilità di
qualsiasi altro rimedio specifico per ottenere
l’indennizzo del pregiudizio subito7.
Affinché possa essere esercitata nei confronti di una pubblica amministrazione, poi,
la giurisprudenza e la dottrina ritengono necessaria la sussistenza di un ulteriore requisi-
to, non espressamente individuato dal codice:
il riconoscimento, da parte dell’ente,
dell’utilità dell’opera o della prestazione che
ha dato luogo all’arricchimento8. Tale riconoscimento può avvenire tanto in modo esplicito, attraverso un atto formale o una deliberazione degli organi legittimati ad esternare la
volontà dell’ente, quanto in modo implicito,
mediante la consapevole utilizzazione della
prestazione eseguita senza titolo. Ne deriva
che non è sufficiente la prova dell’esistenza
di un’obiettiva utilità, in quanto la valutazione della convenienza delle scelte gestionali è
sottoposta al vaglio discrezionale degli organi
dell’ente, senza che il giudice o il depauperato possano sostituirsi a questi9.
Nei casi in cui l’impegno contrattuale stipulato dal funzionario o dirigente non sia giuridicamente riferibile all’ente pubblico, la
questione del riconoscimento dell’utilità non
si pone, in quanto i Giudici di legittimità hanno in più occasioni ribadito l’improponibilità
dell’azione di ingiustificato arricchimento per
carenza di residualità. Ad avviso della Cassazione, l’inammissibilità della domanda si ricava dall’applicazione del disposto dell’art.
23, co. 4, d.l. 2.3.1989, n. 66 (convertito in l.
24.4.1989, n. 144)10.
8
Diffusa ed univoca la giurisprudenza sul punto; tra le
ultime: Cass., III, 26.3.2012, n. 4818; Cass., III,
21.4.2011, n. 9141; Cass., III, 4.3.2010, n. 5206; Cass.,
sez. un., 11.9.2008, n. 23385; Tar Lazio, Sez. II,
15.6.2005 n. 4924. Per un’analisi più diffusa
dell’istituto del riconoscimento, che esula dai limiti
della presente trattazione, si cfr. in dottrina i seguenti
contributi: G. MICARI, L'azione di indebito arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione e
il principio giurisprudenziale del riconoscimento
dell’utiliter coeptum, in Giust. civ., 2005, 11, 2676 ss.;
M. ANNUNZIATA, Pubblica amministrazione e arricchimento senza causa, in Foro amm., 1996, IX, 2575
ss.; A. VELA, voce Arricchimento (azione di arricchimento nei confronti della p.a.), in Enc. giur., cit.
9
M. PERUGINI, La forma scritta ad substantiam nei
contratti della P.A. tra espressione dei principi di buon
andamento e imparzialità e tutela dell’incolpevole affidamento del privato, in Il giudice di pace, 2008, 3,
208.
10
Cfr. Cass., Sez. I, 18.6.2012, n. 9957, secondo cui il
meccanismo di imputazione diretta delle obbligazioni
stipulate dagli amministratori, dirigenti e funzionari
degli enti locali, introdotto dall’art. 23, co. 4, d.l.
2.3.1989, n. 66 e trasfuso nell’art. 191, co. 4, d.lgs.
18.8.2000, n. 267, è operativo tutte le volte in cui
l’accordo intercorso, comportante un rilievo patrimo-
di G. FERRARI, I contratti di sponsorizzazione e la
pubblica amministrazione, in Giur. merito, 2011, I, 6
ss.).
5
Sul punto, si cfr. Cass., Sez. I, 18.6.2012, n. 9957,
che ha affermato che le lettere di intenti o le dichiarazioni di interessamento sottoscritte da un assessore non
sono valevoli per il comune quali impegni contrattuali.
6
Per una ricostruzione dell’istituto, si veda F.
GAZZONI, Manuale di diritto privato, Milano, 2000,
688 ss., che qualifica l’art. 2041 c.c. quale “norma di
chiusura dell’ordinamento”. Altro contributo importante, sebbene più datato, è S. DI PAOLA – R.
PARDOLESI, voce Arricchimento, in Enc. giur., II, Roma, 1989; secondo tale ricostruzione gli elementi costitutivi dell’istituto sono: l’arricchimento (con il correlativo depauperamento), il trasferimento patrimoniale, il
nesso di causalità e la sussidiarietà dell’azione.
7
In dottrina si parla anche di “sussidiarietà astratta”,
nel senso che “se l’interessato disponeva di un’azione
che si è prescritta ovvero si è verificata decadenza,
l’azione ex art. 2042 è preclusa” (così, G. LOTITO,
Brevi note in tema di arricchimento ingiustificato nei
confronti della pubblica amministrazione, in Nuovo
dir., 2005, II, 10-11, 857.
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La norma, sul presupposto che l’effettuazione di qualsiasi spesa ad opera degli enti
pubblici territoriali è consentita esclusivamente se sussistono la deliberazione autorizzativa nelle forme previste dalla legge, nonché l’impegno contabile registrato sul bilancio di previsione, dispone che, qualora
l’acquisizione di beni e servizi sia avvenuta in
violazione di tale obbligo, “il rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per ogni altro effetto di legge, tra il
privato fornitore e l'amministratore o il funzionario che abbiano consentita la fornitura”. Tale disposizione è stata abrogata ad
opera del d.lgs. 25.2.1995, n. 77, per essere
infine riprodotta, senza sostanziali modificazioni, nell’art. 191, co. 4, d.lgs. 18.8.2000, n.
267 (T.U.E.L.), dove trova oggi collocazione.
Prima dell’entrata in vigore della norma
citata, invece, nelle ipotesi di nullità del negozio per violazione della forma scritta ad
substantiam, era esperibile l’azione di cui
all’art. 2041 c.c. nei confronti della P.A.. La
necessità “di porre un freno all’allegra dilatazione della spesa pubblica e di richiamare
gli amministratori ed i funzionari della P.A.
ad un maggior senso di legalità, di correttezza e di responsabilità”11 ha spinto il legislatore a varare l’importante riforma del 1989. La
ratio di quest’ultima (e del vigente art. 191,
co. 4, T.U.E.L.) è quella di subordinare
l’imputazione all’ente pubblico del rapporto
giuridico patrimoniale alla sussistenza
dell’impegno di spesa e della deliberazione
autorizzativa, la cui mancanza impedisce che
il funzionario possa impegnare l’ente nei confronti di soggetti terzi12.
L’applicazione dell’art. 23, co. 4, d.l.
66/1989, consentendo la sola azione diretta
nei confronti del funzionario deliberante, è
ostativa all’esperimento del rimedio offerto
dall’art. 2041 c.c., perché determina il venir
meno della necessaria residualità dell’azione
nei riguardi dell’ente locale.
In virtù della suddetta norma si verrebbe
dunque a determinare una vera e propria “interruzione ex lege del rapporto di immedesimazione organica tra l’amministratore (o il
funzionario) e l’ente di appartenenza, con
conseguente responsabilità diretta del primo
nei confronti del terzo contraente”13. Unica
azione esperibile dal privato che ritenga di essere stato illegittimamente depauperato è
quella contrattuale, nei confronti non
dell’ente pubblico, ma del funzionario che ha
consentito all’instaurazione del rapporto patrimoniale pur in mancanza dei requisiti fissati inderogabilmente dalla legge14.
Ciò determina il venir meno di quel requisito di sussidiarietà che l’art. 2042 c.c. fissa
per l’esercizio dell’azione di indebito arricchimento.
3.Considerazioni conclusive.
Deve, pertanto, ritenersi consolidato
l’orientamento giurisprudenziale secondo cui
la normativa introdotta con d.l. 66/1989 (ripresa poi dal T.U.E.L.) ha comportato
l’introduzione di un innovativo sistema di
imputazione degli effetti dell’attività contrattuale posta in essere dal funzionario pubblico
in assenza dei requisiti di giuridica ascrivibilità dell’atto all’Ente, determinando una vera
e propria frattura del rapporto tra i suddetti
agenti e l’Amministrazione, in tutti i casi in
cui questi abbiano agito al di fuori dello
schema procedimentale previsto dalla legge15.
L’unico soggetto tenuto a rispondere del
corrispettivo della prestazione rimane così il
funzionario che ha prestato il proprio consenso, nei cui confronti andrà esercitata l’azione
contrattuale di responsabilità, la cui astratta
niale per l’ente, difetti delle condizioni di giuridica riferibilità ad esso; pertanto, la domanda di ingiustificato
arricchimento, esperita nei confronti di un ente locale
per progettazioni commissionate senza la stipulazione
di un contratto scritto, è improponibile dato il carattere
residuale del rimedio ex art. 2042 c.c., potendosi esperire azione diretta nei confronti del funzionario deliberante.
11
G. LOTITO, Brevi note in tema di arricchimento ingiustificato nei confronti della pubblica amministrazione, cit., 860.
12
E. SEDDA, Note in tema di arricchimento senza causa e p.a., in Riv. giur. sarda, 2008, 2, 421.
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13
F. ARAGONA, Responsabilità dell’amministratore di
un ente pubblico ed azione di ingiustificato arricchimento nei confronti dell’ente, in Foro it., 2010, XII,
3405.
14
N. FALVELLA, Pubblica amministrazione, la nullità
dei contratti per vizio di forma, cit.
15
Cass., I, 22.5.2007, n. 11854; Cass., I, 14.10.2010, n.
21242.
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configurabilità impedisce che il costo venga
fatto ricadere sulle spalle della P.A. attraverso
il meccanismo ex art. 2041 c.c. (Tra le ultime,
Cass., I, 16.3.2012, n. 4216; Cass., I,
26.5.2010, n. 12880; Cass., III, 21.4.2010, n.
9447; Cass., I, 4.9.2009, n. 19206; Cass., I,
6.12.2007, n. 25439. Anche il Supremo consesso amministrativo ha fatto propri tali principi; si cfr. CdS, V, 26.5.2010, n. 3365; CdS,
V, 18.3.2010, n. 1569; CdS, V, 29.12.2009, n.
8953). Resta infine da chiarire se l’azione di
contrattuale del terzo, può sempre esercitare
l'azione di indebito arricchimento nei confronti dell'amministrazione”(così Cass., III,
26.2.2002, n. 2832. Nello stesso senso, cfr.
TAR Sicilia, Ct, III, 27.2.2009, n. 435).
L’ente pubblico che abbia acquisito un indebito vantaggio patrimoniale, dunque, rimane comunque esposto all’azione di arricchimento, eventualmente esercitabile dal proprio
funzionario al ricorrere delle condizioni
dell’art. 2041 c.c., purché vi sia stato un riconoscimento dell’utilità dell’incremento patrimoniale.
La Corte costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla conformità all’art. 3 cost.
dell’art. 23, co. 4, d.l. 66/1989, nella parte in
cui non consente al privato l’esercizio
dell’azione di indebito arricchimento nei confronti della P.A., ha sancito che non sussiste
alcuna violazione del principio di uguaglianza, in quanto l’Ente potrà comunque essere
esposto, successivamente ed eventualmente,
all’azione ex art. 2041 c.c. esercitabile dal
proprio funzionario (C. cost., 24.10.1995, n.
446).
indebito arricchimento nei confronti della P.A.
possa essere successivamente esercitata dallo
stesso funzionario esposto all’azione contrattuale
del terzo.
Sul punto la giurisprudenza sembra essersi
assestata in favore della soluzione positiva,
affermando che “il dettato normativo non determina una sbilanciata valutazione degli interessi in gioco, tale da denotarne l'irragionevolezza, in quanto non comporta la scissione del vantaggio acquisito dall'ente dalla
possibilità che questo sia chiamato a corrispondere l'indennizzo di cui all'art. 2041 c.c.,
atteso che il funzionario o l'ammi-nistratore,
esposto con il proprio patrimonio all'azione
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