Costantino: anniversario di un mito

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Costantino: anniversario di un mito
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Costantino: anniversario di un mito
L’Enciclopedia costantiniana e il punto storico-culturale
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reparato con largo anticipo da una serie tanto
di celebrazioni culturali, quali mostre e convegni in svariate città
europee, quanto di pubblicazioni sia
scientifiche sia di alta o meno alta divulgazione, il XVII centenario dell’editto
di Milano ha certamente toccato il suo
apice internazionale con un prodotto
XXI
pensato, voluto e realizzato in Italia:
Costantino I. Enciclopedia costantiniana sulla figura e l’immagine dell’imperatore del cosiddetto editto di Milano.
313-2013,1 opera definitoria e insieme
provocatoria già nel titolo, uscita appena qualche mese fa in tre grandi volumi
per i tipi dell’Istituto della Enciclopedia
italiana, noto al largo pubblico con il
nome di Treccani.
Sull’arco di 1700 anni
di storia
Questa iniziativa editoriale si distingue da ogni altra precedente almeno per
tre motivi. Anzitutto, per l’ampiezza cronologica considerata, dal momento che
l’esame prende le mosse dalla complessa vicenda del primo imperatore morto
cristiano per poi estendersi lungo l’intero
percorso storico sino alle ultime riletture
ideologico-politiche e alle odierne rivisitazioni artistico-culturali.
In secondo luogo, per la profondità
dell’analisi offerta, se si tiene presente che
ogni argomento tematizzato in forza della sua rilevanza storico-culturale è fatto
oggetto di almeno un saggio, aggiornato
scientificamente e bibliograficamente, e
che per l’individuazione del suo autore
nella maggior parte dei casi si è scelto
uno studioso tra quelli più rappresentativi dell’attuale ricerca in materia sul piano internazionale; non è dunque fortuito
che gli scritti degli autori stranieri, proposti sempre in traduzione, rappresentino
all’incirca un terzo dell’intera opera.
Nella trattazione di ciascuna voce si è
ritenuto opportuno, come si conviene al
genere enciclopedico, ricercare il giusto
contemperamento tra nozioni acquisite
e ipotesi pur suggestive ma non ancora
pienamente suffragate dai dati, così che
nell’alveo della tradizione meglio accreditata potessero trovare spazio tanto
l’originalità di organizzazione e di esame dei materiali come la parziale novità
della sintesi storiografica d’insieme proposta.
In terzo luogo, infine, per il rigore
metodologico, che si ravvisa nella precisione degli apparati (fonti, repertori,
tavole), nell’accuratezza della scelta del
materiale iconografico, nell’articolazione
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stessa della materia – suppergiù 150 saggi
atti a coprire più di 17 secoli di storia –
, ma specie nel tono unitario dell’opera,
frutto maturo di un progetto di lunga e
complessa gestazione e insieme esito della collaborazione tra mondo editoriale e
della ricerca del nostro paese.
Nella realizzazione di tale monumento, la Treccani ha richiesto, per ciò che
concerne l’insieme degli aspetti ideativi,
progettuali e pratici, la collaborazione –
felicemente sperimentata in un’analoga
opera enciclopedica, Cristiani d’Italia,
uscita alla fine del 2012 e già oggigiorno
non più disponibile sul mercato se non in
formato kindle – della Fondazione per le
scienze religiose di Bologna. Essa, sessantennale laboratorio e officina di ricerca
storico-religiosa fondata da Giuseppe
Dossetti, a lungo animata da Giuseppe
Alberigo e attualmente guidata da Alberto Melloni, suo direttore scientifico, porta
avanti progetti di ricerca di rilievo internazionale su tematiche storiche cruciali
nel campo della storia del cristianesimo
e della multiculturalità religiosa.
Non solo la gestazione, evidentemente, ma anche la realizzazione di una pubblicazione che ha finito col contare molte
migliaia di pagine d’ampio formato, si è
rivelata così impegnativa e ha incontrato
talora qualche difficoltà così seria da rendere quasi doverosa la menzione in questa sede degli studiosi che vi hanno più
direttamente lavorato. Per limitarsi alle
principali questioni, si è richiesto prima
di tutto un immane lavoro pre-editoriale, con la formazione di un’autorevole
direzione scientifica internazionale (Alberto Melloni,2 Peter Brown, Johannes
Helmrath, Emanuela Prinzivalli, Silvia
Ronchey, Norman Tanner); di un prestigioso comitato d’onore (Bartolomeo I,
arcivescovo di Costantinopoli e patriarca
ecumenico; card. Angelo Scola, arcivescovo di Milano); e di un nutrito ed eccellente advisory board.
Successivamente si è costituito un
gruppo redazionale, in cui ad alcuni (Stefania De Nardis, Federica Meloni e Davide Dainese) è stato affidato l’incarico di
coordinatori e supervisori, col compito
primario di mantenere i rapporti con gli
autori e la casa editrice, ad altri invece
(Tessa Canella, lo scrivente, Francesco
Ursini e Francesco Ziosi), quello di redattori, col compito di assicurare la buona
qualità dei testi infine da pubblicare.
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Dopo l’immane lavoro critico sulle
fonti compiuto dalla storiografia ottonovecentesca può apparire difficile ancora crederlo, ma uno dei principali auspici
degli autori di questa Enciclopedia costantiniana, così come uno dei più seri compiti da loro assuntisi nello scriverla, è che
da quest’opera esca finalmente rinnovata
la nostra conoscenza della materia.
Cancellare gli stereotipi
Certo oggi siamo lontani dagli stereotipi e dalle generalizzazioni che massicciamente caratterizzarono il passato
XVI centenario, commemorato nel clima
celebrativo e propagandistico stabilito
dagli ultimi imperi che si rifacevano per
qualche linea più o meno diretta a quello
di Costantino, la cui figura, scivolata ormai nel mito, dava spazio per lo più a una
intensa produzione di scritterelli di taglio
apologetico-ideologico.3
E queste potrebbero quindi sembrare
considerazioni ovvie, se non fosse che certa pubblicistica e certa editoria scolastica
proseguono a inondare il terreno della storia di luoghi comuni, ancora provvisti tutti
d’intensa connotazione ideologica. Già il
grande storico francese Henri-Irénée Marrou, in un saggio del 1939 (tradotto in Italia disgraziatamente solo sessant’anni più
tardi) osservava: «Molti avvenimenti, o periodi, sono conosciuti in forma grossolana;
così si riterrà assodato che Costantino ha
rovesciato la politica religiosa dell’Impero
romano; dopo la sua vittoria su Massenzio,
ha finito per favorire il cristianesimo e per
convertire lui stesso sul serio. Ma, come ci
si ingegna di fare da dieci anni sulla scia di
Norman Baynes e di Grégoire, se si vuole
serrare da presso la questione, precisare e
datare le tappe dell’evoluzione religiosa di
Costantino, sapere se egli ha veramente
avuto una visione nella notte dal 27 al 28
ottobre 312, e ciò che ha visto o creduto
di vedere in quel momento, ci si perde,
poiché per tali fatti la documentazione è
presto insufficiente».4
Osservazioni che parrebbero fatte
invano, se si sta a una certa divulgazione ancor oggi dimentica della complessità delle realtà. Pur nella semplicità delle
analisi, vale la pena fare qualche esempio.
Si prenda il caso della visione della croce e del cristogramma in occasione della
battaglia di ponte Milvio. Se è vero che
secondo la tradizione degli storici cristiani
Costantino riceve una visione, il contenu-
to e l’occasione di questa sono ben diverse
in Lattanzio e in Eusebio, dato che il primo storico racconta che Cristo esorta in
sogno Costantino a porre il cristogramma
sulle insegne e gli scudi dei suoi uomini,
mentre per il secondo storico il futuro
imperatore riceve una visione durante la
marcia, riconoscendo in cielo una croce
con le parole «In hoc signo vinces». In
sostanza, se i due racconti si confermano
reciprocamente e concordano nel messaggio – ponendosi sotto la protezione
del Dio dei cristiani, Costantino otterrà
la vittoria – è però vero che nei dettagli
discordano notevolmente.
Oppure si consideri l’adesione al cristianesimo di Costantino. Egli si fa battezzare solo in punto di morte e da un
vescovo ariano: dunque aderisce proprio
a quell’arianesimo che aveva cercato di
sconfiggere convocando e presiedendo il
concilio di Nicea.
Ancora: un editto di Milano non
esistette mai, perché nella città padana
Costantino e Licinio s’incontrarono certamente nel febbraio o nel marzo del 313,
affrontando questioni relative alla pace
della Chiesa nella parte orientale dello
stato romano, ma mai vi promulgarono
una legge imperiale con misure da applicare in tutto l’Impero. Inoltre tale presunto editto non significò assolutamente l’avvio della pace religiosa nell’Impero, dal
momento che anzi segnò di fatto l’inizio
sistematico delle persecuzioni dei gruppi
acattolici con la nascita della categoria
giuridica di eretico.
Ebbene, i molti saggi di questa vastissima opera contribuiscono ciascuno secondo il suo specifico non solo a delineare
un aspetto della personalità di Costantino
e del suo mondo, ma anche a sorreggere
il lettore lungo un percorso di rara complessità, e proprio per questo originale,
variegato, multiforme come in sostanza è
l’intero edificio tardoantico.
È indubbio che negli ultimi cinquant’anni l’interesse per il tardo Impero
sia venuto di anno in anno accrescendosi
sempre più. E che questo processo sia stato incentivato in modo tutt’altro che insignificante dalle profonde riconsiderazioni
storiografiche degli studiosi del periodo
e degli storici del cristianesimo antico di
svariati paesi dell’Occidente, uniti dalla
consapevolezza dell’urgenza di un profondo rinnovamento delle loro discipline
in certa misura richiesto dai tempi nuovi
XXII
che le società novecentesche, specie postbelliche, stavano vivendo.
Si imponevano, dunque, per così dire,
nuove analisi e nuovi linguaggi per esprimere meno frettolosamente che in termini
di mera decadenza la complessa scena esistenziale, anzitutto storico-antropologica,
in cui si muoveva l’individuo tardoantico,
erede di un mondo in declino e tuttavia
capace di stabilire relazioni personali e
culturali rinnovate e vive, con caratteri costitutivi propri non evanescenti. Un
fenomeno che ha conosciuto i rischi di
interpretazioni forse eccessivamente plurali, di abbracci cronologici talora troppo
indistinti, ma che ha colto con precisione
la sintonia tra quel periodo del mondo antico e l’ultima modernità dei nostri giorni.
E in tale processo magmatico di lunga durata Costantino e la sua visione di
Impero romano occupano un posto di
primaria importanza, finendo col rappresentare uno degli spartiacque culturali
fondamentali nella ripartizione cronologica di quell’epoca.
Insieme con l’accresciuta curiosità
scientifica per gli ultimi secoli della società
romana, mi pare che vada rimarcato anche un secondo dato, ossia il rinnovato interesse per la figura di Eusebio di Cesarea
come intellettuale e storico cui si assiste
ormai da diversi anni e che ha portato a
riconoscerlo quale vero anello di congiunzione per un allargamento di prospettiva
negli studi costantiniani, in quanto fonte
storiograficamente privilegiata nella nostra conoscenza dell’ideologia del sovrano. In particolare, la rivalutazione della
Vita di Costantino in sede di teologia politica da un lato consente nuovi significativi
approcci e dall’altro apre a nuove traiettorie nell’universo delle ipotesi storiografiche e degli eventi di lunga durata, di cui
numerosi saggi di questa Enciclopedia tengono conto.
Costantino sanguinario?
L’architettura dell’Enciclopedia è lineare: procede secondo due coordinate
consolidate e insieme rinnovate: la cronologica e la politica. Dove per politica si intende tutto ciò che è espressione e rappresentazione del potere. Ciascun volume si
compone di due sezioni, per un totale di
sei: la prima è dedicata a «La figura di
Costantino nel suo secolo»; la seconda a
«Lo sfondo storico costantiniano, III-V
secolo»; la terza a «Genesi dell’immagine
XXIII
di Costantino, IV-VI secolo»; la quarta a
«Trasmissione e funzione del mito, VIIXV secolo»; la quinta a «Il destino moderno di Costantino, XVI-XIX secolo»;
la sesta e ultima a «Costantino e il Novecento».
Il primo volume si apre, dunque,
con una sezione consacrata all’esame di
Costantino attraverso le testimonianze
del suo secolo (pp. 1-578). Anzitutto, la
complessa questione della larga famiglia
(genealogia, politica dinastica, morte e
successione), in cui uno spazio speciale
è dedicato al ruolo rivestito dalla madre
Elena, unitamente alla carriera e al governo di Roma e di Costantinopoli. In secondo luogo, dapprima le scelte religiose
personali del sovrano (considerate nella
loro progressione: politica verso i cristiani
– editto di Serdica del 311 e incontro di
Milano del 313 –, rapporto con la divinità del Sol Invictus, infine battesimo ariano), poi quelle pubbliche (il problematico
rapporto con i vescovi di Roma, la convocazione del concilio di Nicea, le linee
generali di politica religiosa: nei riguardi
di pagani, cattolici, ariani, donatisti ed
eretici). In terzo luogo, le scelte politiche
dell’imperatore (riforme amministrative
locali e generali, nonché politica verso i
barbari e gli stati confinanti).
Infine, la rappresentazione del potere
imperiale che trova espressione non solo
nell’architettura e nell’arte delle svariate
città costantiniane (York, Treviri, Arles,
Aquileia, Milano, Niš, Serdica, Sirmio,
Tessalonica, Nicea, Antiochia, Gerusalemme, Roma e Costantinopoli), ma anche nell’epigrafia e nell’iconografia monetale, straordinari veicoli di propaganda
ideologica e di costruzione del consenso.
La seconda sezione, di più ampio
respiro, s’interessa dello sfondo storico
costantiniano, considerando non solo l’epoca del sovrano, ma anche i tempi a lui
successivi, fino al basso Impero (pp. 579958). Il discorso prende le mosse dagli
scenari geo-amministrativi e storico-culturali dell’epoca di Costantino (geografia,
amministrazione, diritto e forme di governo, culture figurativa e filosofica), per
poi passare al clima religioso della società
e allo specifico cristiano.
Il secondo volume si apre con una sezione, la terza dell’intera opera, che riprende e approfondisce la figura di Costantino
attraverso l’immagine che ne offrono durante i secoli IV e V tanto i suoi sostenitori
come i suoi avversari (pp. 1-304). L’esame
ha avvio con i panegiristi, quindi prosegue
con Lattanzio ed Eusebio, tutti favorevoli
alla svolta costantiniana, mentre giudizi
perplessi se non apertamente critici si levano in area monastica egiziana e tra numerosi padri latini del IV-V secolo.
Particolarmente degno di nota è il
giudizio che esce dalla storiografia profana, nel complesso avversa all’imperatore
e di cui condanna l’avidità, la brama di
potere e soprattutto la violenza sanguinaria. La sezione quarta, che chiude il
secondo volume, apre su un problema
storiografico nuovo, quello della trasmissione, della ricezione e della funzione
del mito costantiniano nei cristianesimi
bizantino e medievale, con speciale riferimento a Costantinopoli e a Roma (pp.
305-821).
Non solo agiografia, liturgia e tradizioni cultuali delle Chiese secolarmente
legate a Costantinopoli e della Chiesa
latina, ma anche iconografia, arte e architettura costantiniane sono oggetto di
un accurato esame, al fine di verificare la
vitalità stessa del mito costantiniano tramite le forme culturali attraverso cui esso
entra in processi di assimilazione che ne
consentono sempre nuove modalità d’impiego.
Il terzo volume è interamente dedicato al destino moderno (quinta sezione) e
novecentesco (sesta sezione) dell’imperatore: tra Umanesimo e Riforma, prima (pp.
1-227), tra XVI e XVII centenario dell’editto di Milano, poi (pp. 228-606). In sostanza, come dalla modernità in avanti si
sono lette la vicenda di Costantino e la
sua svolta, e in particolare il cammino
che ha portato quest’ultima a caricarsi
via via di così tante implicazioni ideologiche che nemmeno ora appare possibile
liberarsene.
Fabio Ruggiero
1 Aa. Vv., Costantino I. Enciclopedia costantiniana sulla figura e l’immagine dell’imperatore
del cosiddetto editto di Milano. 313-2013, Istituto
della Enciclopedia italiana, Roma 2013, 3 voll., pp.
vol. 1 XLIV + 1059, vol. 2 XXVII + 927, vol. 3
XXVII + 786, s.i.p. 9788812001712.
2 Sua è l’Introduzione generale, vol. I, pp.
XIII-XXX.
3 Su ciò, cf. S. De Nardis, «L’Italia e il XVI
centenario dell’Editto di Milano», in Costantino I,
vol. III, 447.
4 H.-I. Marrou, Tristezza dello storico. Possibilità e limiti della storiografia, Morcelliana, Brescia
1999, 48.
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