il granellino n. 779
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il granellino n. 779
3 MAGGIO 2009 ANNO XXVI - N. 779 G R AT I S Parrocchia Corpus Christi e Regina del Rosario - PP. Vocazionisti - Via Manzoni, 225 - 80123 Napoli Tel. 081.5756742 - 081.7690623 - 340.2449501 - www.ilgranellino.it - E-mail: [email protected] Sei veramente cattolico? di P. LORENZO MONTECALVO “... e diventeranno un solo gregge e un solo pastore” (Gv. 10, 11-18) D ice un vecchio e noto proverbio: “Quando ci sono molti galli a cantare non si fa mai giorno”. Quanta sapienza, umana e divina, in queste parole! Purtroppo oggi, anche nella Chiesa Cattolica, ci sono molti galli a cantare, galletti che vorrebbero soffocare la voce del Papa, pastore illuminato, fedele e responsabile. Con franchezza e chiarezza il nostro papa non perde occasione per dire che oggi la Chiesa è minacciata da uno spaventoso relativismo dottrinale. Infatti, non di rado, càpita di ascoltare vescovi, sacerdoti e professori di teologia che non sono in sintonia con il Magistero della Chiesa. Essi non fanno altro che disorientare il gregge e disperdere le pecore che il Signore, il buon Pastore, ha affidato alle loro cure, per guidarle alla conoscenza della sana dottrina. Com’è triste quando, per esempio, si sente dire: “Sono cattolico, però non condivido la dottrina che la Chiesa insegna in materia sessuale”. La Chiesa è la voce di Gesù Cristo. Così che chi non ascolta la Chiesa non ascolta Gesù. Essere cattolico significa dire “Amen” al Catechismo della Chiesa Cattolica. La Chiesa è una perché ha un solo Signore, professa una sola fede, nasce da un solo Battesimo, forma un solo corpo, vivificato da un solo Spirito, in vista di un’unica speranza, al compimento della quale saranno superate tutte le divisioni. È necessario chiarire bene che la Chiesa Cattolica non è una comunità cristiana di tipo protestante, dove i pastori, anche se in buona fede, insegnano ed annunciano una dottrina o un Vangelo personale. Ciò è dovuto al fatto che in queste comunità protestanti manca la successione apostolica. La Chiesa è apostolica, perché è fondata sugli Apostoli, e ciò in un triplice senso: – essa è stata e rimane costituita sul «fondamento degli Apostoli» (Ef 2,20), testimoni scelti e mandati in missione da Cristo stesso; – custodisce e trasmette, con l’aiuto dello Spirito che abita in essa, l’insegnamento, il buon deposito le sane parole udite dagli Apostoli; L’AMORE non è soltanto un’emozione Oltre a essere un’emozione, un sentimento, un bisogno, un desiderio e un’energia, l’amore è la vocazione dell’esistenza umana. La vocazione dell’uomo è amare. L’amore poi è un divenire. Si impara ad amare ogni giorno e in maniera sempre più creativa, paziente, fedele e generosa. Chi ci insegna ad amare è Dio, che è amore creativo, paziente, fedele e generoso. – fino al ritorno di Cristo, continua ad essere istruita, santificata e guidata dagli Apostoli grazie ai loro successori nella missione pastorale: il Collegio dei Vescovi, «coadiuvato dai sacerdoti e unito al successore di Pietro e Supremo Pastore della Chiesa» (CCC 857). Dove si insegnano molte verità la Chiesa non è una, santa, cattolica e apostolica. Bisogna anche chiarire che amare (continua in 2 a pagina) 2 il granellino chi non è cattolico non significa rinunciare al proprio credo per essere in sintonia con il diverso. La fedeltà al credo cattolico è indispensabile per professarsi cattolici. “Io sono il buon Pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”, dice Gesù. È vivendo uniti alla Chiesa che conosciamo la bontà di Gesù e impariamo a riconoscere la Sua voce, cioè la Sua Parola di Vita Eterna. Questa conoscenza di Gesù non deriva da un processo puramente intellettuale, ma da una esperienza che si fa nella Chiesa, dove Gesù si rivela e si manifesta nella celebrazione dei misteri della Sua vita. L’esperienza di Gesù si effonde necessariamente in amore verso di Lui e verso la Chiesa. Chi non obbedisce alla Chiesa non obbedisce a Gesù, allora! È inutile fare tanti giri di parole! Gesù stesso ha infatti detto agli apostoli: “Chi ascolta voi ascolta me, chi accoglie voi accoglie me”. “Ad hoc...” Ci scrivono ✍ CHI PUÒ BATTEZZARE? Caro Padre Lorenzo, leggo il Granellino da molti anni e mi sta aiutando a crescere nella fede cattolica. Grazie per questo giornalino, che arriva puntualmente nella nostra parrocchia. Anch’io vorrei farti una domanda ed è questa: è vero che, in caso di necessità, chiunque può battezzare? Armando Leva Caro Armando, sì, è vero. In caso di necessità chiunque, anche se non battezzato, può amministrare il sacramento del Battesimo, purché utilizzi la formula battesimale trinitaria e voglia fare ciò che fa la Chiesa quando battezza. P. Lorenzo a cura di Don Sante Attanasio sdv Possibile? L’ Istat ha diffuso il 23 aprile 2009 i dati relativi alla povertà in Italia riferiti al 2007: quasi 2 milioni e mezzo di persone (975 mila famiglie) vivono in assoluta povertà! Ho letto questo triste e preoccupante annuncio su un quotidiano nazionale: era relegato incredibilmente in una piccola finestra quadrata che arricchisce la rubrichina “In breve”. Mi sono chiesto: una notizia simile non meritava forse un titolo a caratteri cubitali sparato in prima pagina? Ossessionato da questa domanda, sfoglio alcuni nostri quotidiani e resto impressionato dai generosi e lucrosi paginoni cartacei dedicati alla moda salottiera, ai gossip pettegolanti, agli oroscopi illusori, al cinema e alla TV vuoti di contenuti, ai giochi, alla finanza elitaria…! Possibile che quelle migliaia di famiglie italiane, impigliate più di noi nella galoppante crisi economica, riscuotano un interesse praticamente pari a zero? Vedo all’orizzonte un pericoloso avviso di chiamata: se le linee editoriali della stampa continueranno a cavalcare queste lucrose onde euro-spumeggianti, allora saremo tutti sempre più poveri, dentro e fuori! Grazie del tuo amore, Signore! Dilegua l’ombra della gelida notte. L’eterea aurora radiosa, ora, avanza e accende sorrisi, colori, speranza. Il giorno è lungo, le ore son tante, intense, vibranti, piene di senso, grazie all’invito di un incontro importante: “Vieni con me, non avere paura, berrai alla fonte che spegne l’arsura!” Mi prende per mano e paziente mi guida. Coi suoi insegnamenti mi cambia la vita e trasforma il mio cuore in giardino fiorito. Dentro vi pone tre fide sorelle: Fede, Speranza e Carità, per indicarmi la via dell’Eternità! APRILIA Non aver paura di Dio L a maggior parte di noi ha paura di Dio perché ha paura di amare! Dio non punisce mai nessuno né chiede mai di fare questo nei confronti di qualcun altro. Il suo Spirito, sapiente e misericordioso, sa come adattarsi alle vicende umane, talvolta tristi e dolorose, per trasformarle in esperienze di amore eterno! Ecco il senso per cui ogni nostro dolore si trasfigura in amore, ogni nostra sofferenza in percorso di salvezza. Egli ci fornisce sempre la soluzione più giusta e più santa per il sommo Bene a cui tutti tendiamo e siamo chiamati. Egli non chiede di punire nessuno, ma opera in noi attraverso “correzioni d’amore”: è in questa misura che opera! Anche quando ciò passa da una sofferenza difficile da sopportare e offrire. Chi resta in Dio non può operare nel male, ma solo nel Bene! E se qualche volta il prezzo da pagare è una umana sofferenza è perché Lui ne possa trarre ogni bene. Qualunque cosa deciderai di fare, allora, non smettere mai di amare nel tuo cuore! Non smettere di benedire chi ti maledice, di pregare per il tuo persecutore e, soprattutto, non smettere di credere nella salvezza del tuo peggior nemico, nella redenzione impossibile, non smettere mai di credere in un Dio che può tutto in nome del Suo amore. Segui i “segni” che ti sono stati da Lui rivelati, perché essi sono la nostra memoria d’amore. Ti auguro di incontrare sulla tua strada un sacerdote coraggioso. Stefano Deda Chiesa: nell’antica Grecia, la “Ekklhsiva” (ecclesìa) era “l’assemblea popolare”; per noi cristiani è la comunità dei fedeli e l’edificio consacrato al culto. Ciborio: “kibwvrion” (chibòrion) in greco, era chiamato il frutto di una specie di ninfèa, dalla forma concava; da cui il nome del “tempietto o custodia della pisside” con “l’Ostia consacrata”. Il ciborio, in genere, è situato al centro dell’altare maggiore. Clausura: Parola latina che significa “chiusura” e rappresenta, per alcuni ordini religiosi l’assoluto divieto di contatti col mondo esterno. Concistoro e conclave: il concistoro (dal latino “concistorium”) è la sala dove si è usi stare insieme. Il conclave deve il suo nome all’usanza istituita dai cardinali del 1200, di chiudersi nel concistoro “cum clave” (con chiave), fino all’avvenuta elezione del Pontefice. Cristo: in greco “Cristov"” (christòs) significa: “l’unto del Padre”. a cura di A. Buonocore il granellino 3 S alvatore aveva incontrato Gesù Cristo quindici anni fa, quando gli sembrava che tutto stesse andando a rotoli. E aveva sperimentato come quell’incontro gli aveva cambiato la vita. Abbandonati gli idoli di un tempo, il suo matrimonio era rifiorito, benedetto con quattro figli. Nella piccola casa di Salvatore si respira la presenza di Cristo. Quante volte ha cantato tra quelle mura, con il suo vocione imponente, il salmo: “Se il Signore non costruisce la casa invano lavorano i costruttori...”! Quante volte ha benedetto Dio per i doni ricevuti, insieme alla nostra comunità, cantando: “... non manco di nulla”! Così, per gratitudine, perché diventa impossibile tenersi dentro un Amore così grande, come catechista ha portato tanti a Cristo. Tanti uomini e donne, oggi, possono benedire il giorno in cui il Signore ha messo questo fratello, Salvatore di nome e di fatto, sulla loro strada. Aveva la quinta elementare, ma quando parlava di Dio poteva penetrare indifferentemente dal cuore del professore universitario a quello dell’ultimo spazzino! Due anni fa Salvatore, insieme alla moglie, si era reso disponibile ad andare in qualunque parte del mondo Dio lo avesse chiamato a impiantare la Chiesa. E Dio, che lo ha trovato già pronto, a 48 anni, gli ha dato un posto privilegiato nell’evangelizzazione. In cielo era il suo posto. E di lì, in questo misterioso disegno d’amore, continuerà a pregare la sua famiglia, la sua comunità, la sua parrocchia. Grazie, Signore, per avermi donato la sua amicizia! Anzi, Salvatore è molto più che un amico, Salvatore è mio fratello in Cristo! Vincenzo Topa SALVATORE di nome e di fatto L’ultimo ballo opo ogni celebrazione eucaristica i membri delle comunità neocatecumenali esprimono la loro gioia e la loro riconoscenza alla Santissima Trinità ballando attorno all’altare dove si è celebrato il mistero della redenzione: la vita la morte e la risurrezione di Gesù nell’attesa della sua venuta. Al termine del funerale del fratello Salvatore, i fratelli della sua comunità hanno danzato attorno alla sua bara tra lo stupore di quanti non avevano mai assistito ad una tale cosa. Mai ballo fu più opportuno! Anche quell’uomo è stato trasformato in un agnello immolato per grazia dello Spirito Santo. E se all’inizio egli testimoniava di voler offrire la sua sofferenza per la beatificazione di Don Giustino (essendo pianurese come il beato sacerdote fondatore dell’ordine dei vocazionisti), negli ultimi giorni, nel pieno della sofferenza, si preoccupava dei suoi fratelli di comunità, in particolar modo di quelli che stavano affrontando un tempo di crisi spirituale. Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Anche Salvatore ha partecipato a quel ballo, io l’ho visto; certo il suo corpo era disteso nella bara, ma come il suo spirito avrebbe potuto contenere la gioia di veder danzare anche quei fratelli in difficoltà e quelli in confusione? Quando si affida la propria vita nelle mani di Gesù non c’è delusione. Vale la pena morire per Gesù. Stefano Improta D MANDA IL TUO CONTRIBUTO Sul c/c n. 26221804 Causale: IL GRANELLINO Intestato a: Montecalvo Rev. Lorenzo Fai crescere Il Granellino con la tua generosità Grazie! MESE DI MAGGIO O Maria, madre di Gesù, prega per noi peccatori ora e nell’ora della nostra morte! Amen * * * Messa e S. Rosario ore 8.30 - 18.30 4 il granellino Che bella la Fede! A Com’è triste vedere che tanti bambini, dopo la Prima Comunione, non ritornano più in Chiesa a celebrare l’Eucaristia. Di chi la colpa? Meditate, cari genitori! La gioia del dare I o non lavoro, ma ho una paghetta da mia madre per i lavoretti che svolgo per lei. L’altro giorno ho visto un giovane povero, di colore, che chiedeva qualcosa con molta dignità. Il quel momento l’ho visto come un fratello e gli ho dato parte del mio stipendiuccio. Lui mi ha richiamato, voleva che prendessi il danaro, ma la cosa che mi ha commosso è stata l’onestà e la fede. Questo ragazzo non ha ringraziato me, ma il Signore, dicendo per due volte: “Dio, ti ringrazio!” Vincenzo Molle La Castità L a castità è una condizione dell’essere umano, sia fisica che spirituale, che ci viene richiesto di attuare. Perché questo avvenga occorre che nella nostra mente e nel nostro cuore ci sia il desiderio vivo e vero di vivere questa condizione. Spesso, troppo spesso, si crede di poter disporre del proprio corpo nel modo e nelle consuetudini che più convengono, dimenticando che prestare se stessi o gli altri ad una sessualità distorta nuoce a se stessi, ai propri sentimenti, alla propria dignità. La Chiesa ci insegna che la castità è una condizione che si può vivere anche nel matrimonio, procreando i figli per amore e vivendo il talamo nuziale nel reciproco rispetto. Se l’amore è alla base del rapporto e spinge l’uomo verso la donna e viceversa, è facile anche amarsi castamente, cioè donando se stessi e accogliendo l’altro, perché nella coppia c’è tutto un insieme di stati fisici, morali, di aspettative, di desideri, di abbandoni, che sono l’unione vera, sincera, cristiana, incrollabile, al di fuori del tempo. Anche i giovani devono comprendere il valore reale del rispetto di questa condizione, perché quando verrà il tempo dell’amore reciproco e del reciproco dono di sé Dio Padre darà alla loro unione il crisma dell’eternità e della santità. Allora sarà il Paradiso in terra e l’amore sarà santo e benedetto! Marisa Di Martino Supplemento al n. 5 (maggio 2009) [anno LXXXII] della Rivista “Spiritus Domini” - Direttore responsabile Sante Attanasio, Via Manzoni, 225 - 80123 Napoli - Autor. del Trib. di Napoli n. 1445 del 17-2-1961 - Stampa: Graphicus - Napoli - Tel. 081.7810159 ccanto al dono della vita e della libertà, il dono più grande che viene da Dio è la Fede. La fede ci fa crescere nella certezza che Dio esiste, che a Dio nulla è impossibile, che Dio è nostro Padre e ci ama di un amore immenso, che non conosce limiti. Bisogna chiedere il dono della fede. Ogni giorno bisogna chiedere con tutto il cuore: “Signore, accresci la mia fede!”. A quell’uomo che disse a Gesù: “Signore, se tu vuoi puoi guarirmi”, Egli rispose: “Tutto è possibile a colui che crede”. L’uomo allora replicò: “Signore, io credo ma tu guarisci la mia incredulità”, ossia aumenta la mia fede! La nostra fede è piccola, spesso molto piccola, pensiamo di avere fede e poi… di fronte a una piccola prova crolliamo! Così si sente dire: “Avevo fede, ma adesso l’ho persa!”. Chi ha veramente fede, invece, nella prova si rafforza! La fede è un dono che va custodito gelosamente, alimentato e nutrito con la preghiera e i Sacramenti. Quando cresce la nostra fede non vediamo più il mondo con occhi fisici, ma con occhi spirituali. L’amore incommensurabile di Dio, allora, ci fa vedere tutto, gioie e dolori, con lo sguardo proiettato verso l’eternità beata. Ci sono tante prove nella vita, ma l’unica vera disgrazia è perdere la Vita Eterna. Non sia mai! Rita D’Atri La mia vecchia professoressa ra marzo dello scorso anno. Mi trovavo in chiesa, ma il mio animo era turbato. Mi sentivo poco solerte e attenta alla voce dello Spirito, come una delle vergini stolte che hanno lasciato finire l’olio della lampada. Avevo una strana sensazione, come se Gesù fosse passato per la mia strada ed io lo avessi lasciato andar via senza accoglierlo. Volevo fare qualcosa per Lui, volevo manifestargli il mio amore. Nella mia confusione interiore ricordo di aver recitato una breve preghiera deponendo ai Suoi piedi la mia inadeguatezza e chiedendogli il cuore giusto per accorgermi di Lui. Poi sono uscita nella strada e, dopo pochi passi, ho fatto un incontro. Era una pagina del mio passato che si riapriva. Un episodio della mia adolescenza che mi aveva procurato dolore. La mia vecchia professoressa di Inglese camminava poco lontano da me, in compagnia della sua badante. Era molto anziana, ma gli anni non l’avevano granché mutata. Quella professoressa costituiva un ricordo penoso della mia giovinezza. Un giorno, durante la lezione (frequentavo allora le medie inferiori), si era adombrata ingiustamente nei miei confronti e mi aveva rimproverato molto duramente, facendomi riprendere anche dalla mia cara prof. di Italiano, che mi redarguì aspramente davanti a tutta la classe, cosa che mi mortificò moltissimo anche perché (lo ripeto) il rimprovero era del tutto ingiustificato. Da allora (e sì che di anni ne erano passati) avevo conservato per la professoressa di Inglese un risentimento profondo e tutte le volte che l’avevo incontrata per la strada mi era venuto spontaneo guardarla con antipatia, rinnovando quel vecchio sentimento che, invece di spegnersi, si ingigantiva. Quel giorno, all’uscita dalla Chiesa, me la vidi comparire davanti e il ricordo di quel lontano episodio riaffiorò in me nitido come una sequenza cinematografica. Tuttavia nella profondità del mio animo qualcosa si mosse. Spinta da un impulso improvviso, affrettai il passo. Sentivo che Gesù avrebbe gradito un mio gesto di pace. Forse era Lui che passava. Gesù voleva che mi avvicinassi alla mia vecchia insegnante. Voleva che l’amassi. Ed io l’amai, come per un prodigio improvviso. Le andai incontro. Le dissi il mio nome e con profonda commozione l’abbracciai. Non so se, data l’età, ella si ricordasse di me. Tuttavia mi sorrise, ricambiò il mio bacio, mi ringraziò piacevolmente stupita, mentre io sentivo sciogliersi dentro di me l’antico rancore di bimba ingiustificatamente maltrattata e lo sostituivo con un sentimento di tenerezza che era anche perdono. Perdono che io donavo a lei, ma che chiedevo anche per me stessa, perché l’avversione che per tanti anni si era annidata nel mio cuore era stata certamente un’offesa rivolta al Signore, una spina nella corona che ha cinto il Suo capo. Quando ci separammo mi sentivo emozionata, libera, in pace. Da allora io, la mia vecchia professoressa, non l’ho più incontrata. Non so se è ancora viva o se ha lasciato questo mondo. Spesso prego per lei e rendo grazie al Signore per avermi donato quell’occasione di pace, forse l’ultima, per tramutare il rancore in carità alla luce della Sua Misericordia che, sola, compie prodigi e disperde le tenebre del cuore. Mariolina Gallo E