Relazione

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Relazione
Dip. IV “Servizi di Tutela e Valorizzazione dell’Ambiente”
Servizio 1 – Difesa del Suolo
Studio ed analisi della suscettibilità da frana
su una porzione di territorio della Provincia di Roma
Dipartimento di Scienze della Terra – Università “Sapienza” di Roma
Responsabile scientifico: Dott. Carlo Esposito
Gruppo di lavoro: Dott. Emanuele Tucci; Dott. Diego Delli Carri
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Sommario
1
Introduzione.................................................................................................................. 4
2
Dati di partenza e progetto GIS .................................................................................... 5
3
Carta Geologica ............................................................................................................ 6
3.1
Inquadramento geomorfologico ............................................................................. 6
3.2
Inquadramento Geologico-Strutturale ................................................................... 7
3.1
Gestione dei dati disponibili ................................................................................ 11
3.2
Layer Litologia - Tabella degli attributi .............................................................. 12
3.2.1
Successioni in facies di piattaforma laziale-abruzzese................................. 13
4
Carta Litotecnica ........................................................................................................ 16
5
Carta delle Coperture.................................................................................................. 16
6
Carta dell’uso e copertura del suolo ........................................................................... 17
7
Elaborati in formato raster .......................................................................................... 18
8
Layer Frane................................................................................................................. 19
9
8.1
Elaborazione e gestione del database “Frane” ..................................................... 19
8.2
Classificazione delle frane ................................................................................... 20
8.3
Database “Frane” e tabelle degli attributi ............................................................ 23
ANALISI DI SUSCETTIBILITA’ ............................................................................. 24
9.1
Metodologia Enea-Roma Tre .............................................................................. 24
9.2
Metodologia operativa ......................................................................................... 26
10 PRECIPITAZIONI ED EVENTI SISMICI IN RELAZIONE ALL’INNESCO DI
FRANE: CONSIDERAZIONI ........................................................................................... 32
11 DATI PLUVIOMETRICI DELL’AREA ................................................................... 33
12 SISMICITA’ STORICA DELL’AREA ..................................................................... 43
13 Conclusioni ................................................................................................................. 50
14 Bibliografia ................................................................................................................. 53
IN ALLEGATO: 6 CARTE DI SUSCETTIBILITA’ DA FRANA
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Introduzione
La Città Metropolitna di Roma Capitale, Dipartimento “Servizi di Tutela e Valorizzazione
dell’Ambiente”, servizio “Difesa del Suolo”, il 25 novembre 2015 ha stipulato un
contratto con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Sapienza di Roma per
la realizzazione del progetto “studio ed analisi della suscettibilità da frana su una porzione
di territorio della Provincia di Roma”.
Obiettivo dello studio è la produzione di una banca dati e cartografie tematiche in formato
vettoriale e raster al fine di eseguire un’analisi di suscettibilità secondo un approccio
metodologico già definito e sperimentato. Tale studio costituisce infatti la continuazione
di analoghi progetti realizzati negli anni precedenti, a partire dalla prima annualità,
allorquando l’attività è stata svolta dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università
Roma Tre, il quale ha dato l'impostazione metodologica che verrà sostanzialmente seguita
in questa sede (Metodo ENEA – Roma Tre) per motivi di continuità ed omogeneità dei
risultati, ed ha attribuito al progetto il nome “franarisk”, che è stato mantenuto nelle
annualità successive.
L’area di indagine si sviluppa su una superficie di circa 125 km2 ed interessa i territori
comunali di: Camerata Nuova, Vallepietra e Jenne (Figura 1).
Lo studio è stato articolato in due fasi successive:
-
-
la PRIMA FASE in cui sono stati realizzati una serie di elaborati di base (vettoriali e
raster) e nella creazione di una banca dati geografica in ambiente GIS, come di
seguito specificato;
la SECONDA FASE in cui è stata elaborata la vera e propria analisi di suscettibilità,
secondo l’impostazione metodologica “ENEA–Roma Tre”.
Figura 1 : Inquadramento dell’area di studio (delineata in rosso), localizzata nella porzione orientale della
Provincia di Roma.
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Figura 2 : Dettaglio dei comuni ricadenti nell’area di studio.
I primi 8 capitoli della presente relazione sono dedicati alla descrizione delle attività che
hanno portato alla realizzazione del database e, nello specifico, dei layer informativi qui
sotto elencati.
Elaborati in formato vettoriale:
-
Carta Geologica (Litologia, Tettonica, Giaciture)
Carta Litotecnica
Carta delle Coperture
Carta dell’Uso e Copertura del Suolo
Carta Inventario Frane
Viabilità
Reticolo Idrografico
Elaborati in formato raster (con risoluzione 10x10 m):
-
Digital Elevation Model (DEM)
Inclinazione
Esposizione
Curvatura
I capitoli successivi sono invece incentrati sullo studio di suscettibilità.
2
Dati di partenza e progetto GIS
Molti dei dati di cui si è disposto per lo svolgimento dello studio, sono stati forniti dalla
Committenza, anche tramite il Sistema Informativo Territoriale Provinciale. Alcuni dati
sono stati acquisiti a seguito di un’approfondita ricerca online ed altri ancora erano già
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disponibili presso il Dipartimento di Scienze della Terra. Ulteriori informazioni sono state
raccolte direttamente attraverso sopralluoghi sul campo.
Di seguito è riportato un elenco dei dati disponibili più importanti (per un elenco più
dettagliato e per maggiori informazioni si rimanda alla tabella “Elenco_DATI”):
-
Modello Digitale del Terreno (DEM) con risoluzione 10x10 m2
Carta Tecnica Regionale (CTR) scala 1:5.000
Carta Topografica d’Italia, IGM scala 1: 25.000
Ortofoto E-Geos del 2011
Ortofoto AIMA del 1996 in bianco e nero
Uso del suolo: Corine Land Cover 2006 (ISPRA), Carta dell’Uso del Suolo (CUS)
della Regione Lazio
Database IFFI
Dissesti e fasce fluviali del PAI dell’Autorità di Bacino del Tevere
“La valutazione del rischio di frana: metodologie e applicazioni al territorio della
Regione Lazio” (CD con Cartografia e Allegati Grafici)
Viabilità
Idrografia
Carta Geologica 2012 della Regione Lazio
Foglio geologico 376 “Subiaco” in scala 1:50.000
Foglio geologico 367 “Tagliacozzo” in scala 1:50.000
Carta Tecnica Regionale in scala 1:5.000.
Il database e il progetto sono stati gestiti ed implementati in ambiente GIS, con sistema di
coordinate WGS 1984 (proiezione UTM, zona 33N).
3 Carta Geologica
In questo capitolo è riportata una descrizione geologico - geomorfologica dell’area, per
poi passare alla descrizione del layer “Geologia” e delle fasi operative che hanno portato
alla redazione della Carta Geologica.
3.1 Inquadramento geomorfologico
L’area di studio è compresa in parte nel settore orientale del bacino del fiume Aniene
(destra idrografica) ed in parte nel settore meridionale del bacino del fiume Nera (sinistra
idrografica nel settore centrale dei monti Simbruini..
L’andamento topografico dell’area è molto variabile, strettamente connesso all’assetto e
all’evoluzione morfo-strutturale dell’Appennino Centrale: le quote maggiori sono
raggiunte dai Monti Simbruini, che superano i 1.700 m, mentre le quote minori (circa 550
m s.l.m.) si trovano nella zona più a sud dell’area di studio, in corrispondenza del comune
di Jenne.
Il modellamento subito prevalentemente nella regione in esame è quello imputabile a
processi fluvio-denudazionali (detti a volte «normali»), a luoghi tanto intensi da dar luogo
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a forme di erosione accelerata. I rilievi dell’area in esame, essendo costituiti
principalmente da calcari (come verrà descritto di seguito), mostrano forme dovute a
processi carsici quali polje, inghiottitoi, valli e doline isolate. Molte di queste forme
presentano al loro interno riempimenti e coperture dovute a processi di alterazione, del
tipo terre rosse, o più genericamente eluviale più o meno detritica, mentre in alcuni casi le
coperture sembrano essere esigue o assenti (Damiani et al., 1998).
Nella parte alta dei versanti sono presenti scarpate strutturali, impostate nei calcari, in
corrispondenza di faglie dirette e fratture parallele ai fronti di sovrascorrimento. Queste
scarpate sono in continua evoluzione per crolli e ribaltamenti, favoriti dall’intensa
fratturazione delle rocce calcaree (dovuta sia alla tettonica che a processi di alterazione
fisico-chimica) ed amplificati nelle zone in cui il calcare è sovraimposto, per motivi
tettonici, ai depositi a maggiore deformabilità ed erodibilità. L’elevata fratturazione
dell’ammasso roccioso per tettonica, dissoluzione carsica e crioclastismo, associata a
fenomeni gravitativi, determina la presenza di falde detritiche nelle aree vallive, ai piedi
dei versanti, che in alcuni casi vengono ulteriormente mobilizzate da fenomeni franosi
(Chiarini & La Posta, 2008).
La sovrapposizione di litotipi più permeabili e competenti su litotipi erodibili e a bassa
permeabilità determina anche la presenza di una significativa circolazione idrica
sotterranea che, soprattutto in termini di pressioni neutre, può amplificare l’instabilità.
La morfogenesi gravitativa invece, pur attiva nel territorio, non rappresenta il fattore
morfogenetico principale: come si spiegherà meglio in seguito nell’area infatti i dissesti
gravitativi censiti sono in numero estremamente ridotto.
3.2 Inquadramento Geologico-Strutturale
Prendendo in considerazione l’ambiente deposizionale pre-orogenico, l’area appartiene
alle unità relative al dominio di piattaforma carbonatica (Piattaforma Laziale Abruzzese)
Ci troviamo infatti nel settore orientale della nota serie di sovrascorrimenti appartenenti
alla linea Olevano-Antrodoco, elemento tettonico che in quest’area divide i due settori dei
Monti Simbruini e dei Monti Lucretili (propaggine meridionale dei Monti Sabini) e che,
più in generale, determina la sovrapposizione delle unità sabine su quelle laziali-abruzzesi
(Cavinato, et al., 1986; Cosentino & Parotto, 1992).
La successione Laziale Abruzzese è caratterizzata da calcari e calcari dolomitizzati,
bioclasici e organogeni: dal basso verso l’alto si passa da una condizione di piattaforma
tropicale ad una condizione di rampa carbonatica di tipo temperato, caratterizzata da
calcareniti (Calcari a Briozoi), attraverso una lacuna stratigrafica che dura tutto il
Paleogene.
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Figura 3 :Schema stratigrafico dei rapporti e
delle sequenze dell’area in esame.
1: calcari bioclastici e organogeni della
Piattaforma Laziale Abruzzese; 2: calcari e
calcari marnosi con selce e frequenti
intercalazioni di calciruditi e calcareniti con
macroforaminiferi
(Scaglia
cretacicopaleogenica); 3: marne grigie con lenti di selce
e
intercalazioni
di
calcareniti
con
macroforaminiferi (Aquitaniano inf.); 4:
alternanza di marne, marne calcaree, calcari
marnosi e calcari (Aquitaniano-Burdigaliano);
5: calcari bioclastici (“calcareniti di tetto”) in
strati e banchi amalgamati (LanghianoSerravalliano); 6: marne e marne argillose con
Orbulina (“Marne a Orbulina”) (SerravallianoTortoniano p.p.); 7: arenarie torbiditiche della
“Formazione di Frosinone” (Tortoniano sup.).
(Barbieri, et al., 2003-2004)
Queste unità paleogeografico-strutturali vengono incorporate nel sistema avampaeseavanfossa-catena, dovuto agli sforzi orogenici compressivi, con una migrazione temporale
e spaziale dal Tirreno verso l’Adriatico (vergenza Adriatica).
La spinta orogenica in quest’area inizia ad essere risentita nel Serravalliano-Tortoniano
con la flessurazione dell’avampaese, che determina la sedimentazione di materiali
terrigeni quali le Marne a Orbulina, e il successivo ambiente di avanfossa con la
deposizione torbiditica della Formazione Arenaceo-Pelitica (anche detta Formazione di
Frosinone, nell’adiacente Valle Latina).
Con il procedere degli sforzi compressivi, sistemi di pieghe e sovrascorrimenti con
generale vergenza a NE, portano alla formazione della catena orogenica appenninica,
sviluppata in senso NW-SE e dislocata da faglie trascorrenti/transpressive con direzione
antiappenninica.
La dorsale dei Monti Simbruini-Ernici, allungata in direzione appenninica, risulta
delimitata a nord-est dalla Val Roveto, a sud-ovest dalla Valle Latina e a nord-ovest dalla
linea Olevano-Antrodoco. L’ossatura carbonatica della catena è tipicamente
monoclinalica, con strati quasi costantemente immergenti a N-NE. Gli elementi tettonici
che caratterizzano il rilievo simbruino sono principalmente sovrascorrimenti e pieghe
coricate e rovesciate con vergenza N-NE e faglie “trascorrenti” e trasversali (SW-NE, ma
anche E-W) (Devoto, 1970).
Successivamente gli stessi sistemi a falde e sovrascorrimenti vengono coinvolti dalla
tettonica distensiva post-orogenica che, a partire dal Messiniano, ha coinvolto tutto il
margine tirrenico dell’Appennino, provocando una dislocazione ad horst e graben con
conseguente ingressione marina nelle zone ribassate (l’area della campagna romana) e
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attivazione di un vulcanismo plio-pleistocenico. Questo assetto strutturale, con la
formazione di bacini intramontani bordati da faglie a direzione principalmente
appenninica e antiappenninica (ma anche N-S e E-W) provoca un condizionamento del
ruscellamento superficiale e del drenaggio delle acque, con una conseguente
sedimentazione continentale che si concentra nelle aree depresse.
Nel Pleistocene medio si ha la messa in posto delle sequenze vulcaniche geneticamente
legate alla Provincia Romana o a vulcanismo locale (tra cui quelle di Oricola, riferite ad
un vulcanismo locale monogenico (Barbieri, et al., 2000).
Altri depositi continentali, che si rinvengono nell’area di studio, sono principalmente
conoidi alluvionali (più o meno cementate), detriti di versante, depositi limo-sabbiosi e
travertinosi (da acque percolanti, risorgenti e da cascata, in eteropia con termini fluviali e
lacustri), coltri colluvo-eluviali e terre rosse (situate principalmente nelle zone montuose
calcaree).
Figura 4 : Profilo geologico dell’area di studio. Modificato da Damiani et al.,1998
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Figura 5 : Schema geologico strutturale dell’Italia centrale. In rosso viene indicata l’ubicazione dell’area
oggetto del presente lavoro. 1: Depositi marini e continentali del Plio-Pleistocene e coperture alluvionali
recenti; 2: vulcaniti (Pleistocene); 3: depositi terrigeni sintettonici (Formazione del Cellino, Pliocene
inferiore); 4: depositi terrigeni sintettonici (Formazione Argilloso-arenacea, Tortoniano superiore p.p.Messiniano inferiore; Formazione della Laga, Tortoniano superiore p.p.-Messiniano superiore); 5: depositi
terrigeni sintettonici (Formazione di Frosinone, Tortoniano superiore p.p.); 6: depositi terrigeni sintettonici
(Formazione Marnoso-arenacea, Burdigaliano p.p.-Langhiano); 7: successione stratigrafica in facies di
transizione (Triassico superiore-Miocene inferiore); 8: successione stratigrafica in facies di piattaforma
carbonatica (Triassico superiore-Miocene medio); 9: faglia diretta; 10: faglia transtensiva; 11: faglia con
cinematica complessa; 12: faglia trascorrente; 13: sovrascorrimento; 14: retro scorrimento. (Cipollari, et al.,
1993)
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3.1 Gestione dei dati disponibili
La convenzione in oggetto prevede la redazione di una carta geologica in formato
vettoriale, in scala 1:10.000, con caratterizzazione delle unità conforme alle norme CARG
(Figura 7). La carta geologica è stata realizzata distinguendo 3 strati informativi vettoriali,
corrispondenti ad altrettanti shapefile: Litologia, Giaciture e Tettonica.
L’area è ricoperta dai fogli sperimentali 376-Subiaco, e 367-Tagliacozzo (Figura 6),
pubblicati rispettivamente nel 1998 e nel 1993 e realizzati dal Servizio Geologico Italiano
nella fase precedente al progetto CARG; questi fogli, in scala 1:50.000, sono elaborati da
un rilevamento geologico condotto alla scala 1:25.000. Questi, disponibili in formato
raster, sono stati prima georiferiti e poi vettorializzati, in ambiente GIS, con sistema di
riferimento UTM WGS 84. Per omogeneizzazione dei dati la numerazione delle
formazioni geologiche è stata riferita per entrambi i fogli a quella utilizzata per il foglio
376-Subiaco.
Figura 6: Copertura areale dalle2 fonti geologiche utilizzate come dati di partenza.In giallo il foglio
sperimentale Tagliacozzo, in blu il foglio sperimentale Subiaco.
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Un ulteriore affinamento del dato geologico è stato apportato nella fase del lavoro dedicata
all’inventario dei fenomeni franosi: durante la consultazione dell’archivio cartaceo della
Provincia di Roma, è stata posta attenzione alle informazioni geologiche riportate nei
fascicoli. Queste sono il risultato di sopralluoghi o sondaggi, effettuati dalla Provincia di
Roma, a fini di intervento di risanamento a seguito di dissesti.
Figura 7 : Layer geo-litologico (“Litologia”) dell’area di studio.
3.2 Layer Litologia - Tabella degli attributi
Per creare una continuità con i lavori precedenti del Progetto “Franarisk”, e con le
convenzioni del Progetto CARG, nel campo SIGLA_CARG sono riportate le sigle
univoche CARG, che individuano le unità stratigrafiche riconosciute dalle norme CARG
che sono riportate nell’elenco scaricabile dal sito www.isprambiente.gov.it . Queste sono
state dedotte da un confronto tra il numero identificativo delle litologie dei fogli
sperimentali utilizzati con la nomenclatura CARG. In tabella sono stati ugualmente
riportati i numeri identificativi del foglio sperimentale Subiaco per successive verifiche.
Per quanto riguarda le coperture, data la variabilità delle descrizioni che possono essere
equivoche o poco specifiche, è stato fatto un raffronto con la carta geomorfologica del
foglio Subiaco.
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Gli ulteriori campi descritti nella tabella degli attributi (Figura 8) riportano le seguenti
informazioni: una descrizione della litologia (campo “Litologia”) ripresa dalle principali
fonti utilizzate e il nome della formazione o unità geologica (dove possibile).
Figura 8: Estratto della tabella degli attributi del layer “Litologia”. Vengono qui mostrate in maniera
esemplificativa le sigle di alcuni poligoni.
Descrizione delle unità affioranti
Di seguito si riportano le descrizioni delle unità affioranti, riprese dalle diverse fonti
utilizzate come dato di partenza per la redazione della carta geologica, in particolar modo
dal foglio sperimentale di Subiaco. In seguito, confrontando le formazioni affioranti con le
nomenclature CARG, si è cercato di trovare una corrispondenza tra queste.
3.2.1 Successioni in facies di piattaforma laziale-abruzzese
Descrizioni riprese dalla legenda dei fogli Subiaco e Tagliacozzo (376 e 367).
DEPOSITI POST-OROGENETICI
Vulcaniti di Oricola: Vulcaniti costituite da ceneri, da fini a grossolane, di colore
rossastro, talora in alternanza con argille palustri, localmente con livelli diatomitici,
generalmente alterate e pedogenizzate. È presente gradazione e laminazione, sia parallela
che incrociata. (Pleistocene)
DEPOSITI SIN-OROGENETICI
Unità Arenaceo-Pelitica (UAP). Associazione arenacea massiccia (UAPb): arenarie dal
giallo al grigio, raramente a granulometria grossolana, in strati molto spessi
frequentemente amalgamati; associazione arenaceo laminata (UAPc): arenarie medio-fini,
giallastre, in strati spessi/molto spessi completamente laminati; associazione arenacea
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laminata con intercalazioni arenaceo-pelitiche (UAPc): alternanze ripetute delle due
associazioni. (Tortoniano-Messiniano p.p.)
DEPOSITI PRE-OROGENETICI
-
Successione di rampa e piattaforma carbonatica (Laziale Abruzzese)
Calcari/Calcareniti a Briozoi e Litotamni (CBZ/CBZ3): Calcareniti bioclastiche
biancastre in strati medi e spessi con rare strutture sedimentarie (laminazione incrociata e
piano-parallela), riccamente fossiliferi: briozoi, lamellibranchi, echinoidi, cirripedi, rari
litotamni, brachiopodi, ecc.. La superficie superiore dell’unità è costituita da un hardground di aspetto mammellonare, con incrostazioni, ciottoli fosfatici e glauconite, anche
con locali concentrazioni di piccoli echinoidi irregolari. (Langhiano p.p.-Serravalliano
p.p.)
Calcareniti Arancioni (CBZ1): Calcareniti bioclastiche ocracee con piccoli clasti
ossidati, di norma paraconcordanti sul substrato del Cretacico superiore, con frammenti di
echinodermi, pettinidi e con litoclasti arenitici del basamento carbonatico. (Burdigaliano?Langhiano p.p.)
Calcare Saccaroide ad Orbitoidi (CTN): Calcareniti biancastre, grossolane, in strati
medi e spessi, fortemente ricristallizzate, ricche di rudiste (sia integre che in frammenti),
con orbitoidi, echinoidi e rari coralli. (Campaniano? p.p.-Maastrichtiano p.p.)
Calcari a Radiolitidi (RDT): Calcari, e subordinati calcari dolomitici e dolomie, di
colore da biancastro a marroncino, in strati da sottili a spessi, generalmente con scarsa
organizzazione interna, con abbondanti rudiste (essenzialmente radiolitidi), di prevalente
ambiente subtidale. Nei M. Simbruini, più marcata organizzazione ciclica, con livelli
calcarenitici a gradazione diretta e con laminazione piano-parallela ed incrociata
(tempestiti), rudiste anche in posizione fisiologica, rari coralli e chetetidi, laminiti cripto
algali, brecce ad intraclasti piatti, sottili dolomie nodulari verdastre. (TuronianoCampaniano p.p.)
Calcari ciclotemici a requienie (CIR): Calcilutiti avana e nocciola in strati sottili e medi,
a luoghi con strutture da disseccamento, e con intercalazioni subordinate di: clacilutiti
nerastre bituminose, “calcari a punti neri”, calcareniti e calciruditi litobioclastiche,
dolocalcilutiti aranciate o rossastre, argille verdastre. Con grossi bivalvi statizzati e resti di
rudiste s.s. (parte alta dell’unità), diceratidi, piccoli gasteropodi. Frequenti intercalazioni
di dolomie cristalline talora laminate, nella zona di Agosta e Cervara di Roma. (AptianoCenomaniano)
Calcari ciclotemici a gasteropodi (CCG): Alternanza di calcari fango e granulosostenuti,
organizzati in cicli a scala metrica con al tetto frequenti strutture da disseccamento e livelli
stromatolitici. Frequenti intercalazioni di biomicriti a nerineidi. Verso le aree marginali
prevalenti calcareniti e abbondante presenza di alghe incrostanti. Sporadici livelli oolitici.
(Neocomiano – Barremiano)
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Unità calcareo-dolomitica (UCD): Prevalenti calcari micritici nocciola e avana, sovente
dolomitizzati, localmente con frequenti strutture da disseccamento e con sporadiche
intercalazioni di calcareniti biointraclastiche ed oolitiche. Stratificazione in strati da medi
a spessi, localmente molto spessi. (Aaleniano- Bajociano)
Unità oolitica (UOO): Costituita principalmente da calcareniti grigie e da calcaereniti
oolitiche avana chiaro. Nella parte superiore sono prevalenti calcareniti bianche con
bioclasti ed intraclasti, ricche di frammenti di echinidi e coralli. (Toarciano-Aaleniano)
Calcari a palaeodasycladus (CPL): Prevalenti calcari micritici nocciola con orizzonti ad
ostreidi e con intercalazioni di calcari oolitici-bioclastici. A più livelli stratigrafici sono
presenti intercalazioni di calcari dolomitici e dolomie. (Sinemuriano-Toarciano)
Dolomia principale (DPR): Alternanze di calcari dolomitici e dolomie grigio-avana a
grana fine, organizzate in cicli peritidali e subtidali a scala metrica. Facies intertidali a
stromatoliti e strutture da dissaccamento. Frequenti episodi di esposizione subaerea con
teepes, pisoidi e paleocarsismo. Macrofauna a megalondotidi. (Norico-Hettangiano)
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Carta Litotecnica
La classificazione litotecnica delle formazioni è stata eseguita con riferimento alle
descrizioni litologiche trovate in bibliografia: ad ogni unità litologica è stato associato un
comportamento meccanico e, sulla base di questo, è stata derivata una determinata unità
litotecnica. La classificazione tiene conto della granulometria (granulare/coesivo), per i
materiali sciolti (terre) e della risposta deformativa agli sforzi e del comportamento a
rottura (fragile/duttile) nel caso delle rocce: sulla base di queste considerazioni, in alcuni
casi unità differenti sono state accorpate in un’unica classe, in altri i membri di una stessa
unità sono stati distinti in più classi litotecniche.
5
Carta delle Coperture
La carta delle coperture è stata redatta attraverso l’unione di informazioni provenienti da
diverse fonti. Dal layer della geologia sono stati estratti i poligoni relativi alle alluvioni, ai
detriti, ai conoidi di deiezione, alle coperture eluviali - colluviali e alle frane, si è poi
passati ad una consultazione sul web (www.isprambiente.gov.it) delle carte
geomorfologiche di Subiaco e Tagliacozzo per l’aggiunta di ulteriori poligoni. Ulteriori
informazioni sono state prese dalla carta geologica della regione Lazio del 2012.
Nella fase successiva, relativa alla redazione del layer “Frane”, il layer delle coperture è
stato integrato nel seguente modo:
-
Dal PAI dell’Autorità di Bacino del Fiume Tevere sono stati presi i poligoni descritti
con la tipologia “detrito”.
Controlli di sito hanno permesso di cartografare la presenza di ulteriori coperture.
-
Le coperture sono state suddivise in quattro classi principali:
-
Alluvioni;
Colluvio-eluvio;
Detrito;
Frana.
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Carta dell’uso e copertura del suolo
In Tabella 1 vengono mostrate le classi della Carta dell’Uso del Suolo (CUS) della
Regione Lazio e le relative percentuali di copertura, calcolate rispetto all’intera area di
studio.
Come si può osservare, l’area di studio è poco urbanizzata ed è in gran parte occupata da
boschi di latifoglie.
Uso suolo
Num.poligo
ni
23
Somma Area(ha) %
Aree a pascolo naturale e praterie d'alta
quota
Cespuglieti ed arbusteti
Aree a ricolonizzazione naturale
Aree con vegetazione rada
Aree prevalentemente occupate da coltura
agraria con presenza di spazi naturali
importanti
Seminativi semplici in aree non irrigue
Superfici a copertura erbacea densa
Boschi di conifere
Fiumi, torrenti e fossi
Sistemi colturali e particellari complessi
Rocce nude, falesie, affioramenti
Insediamento residenziale
Aree verdi urbane
Aree sportive
63
2127,3180
89,762
2
3,8470
41
38
7
10
1462,7860
1303,0200
199,7810
183,4620
2,6453
2,3563
0,3613
0,3318
9
18
2
1
1
4
1
1
1
100,4140
91,5320
75,8180
71,9810
26,5150
10,8300
4,5680
1,8560
1,4610
0,1816
0,1655
0,1371
0,1302
0,0479
0,0196
0,0083
0,0034
0,0026
Totale
220
55298,5760
100
Boschi di latifoglie
49637,2340
Tabella 1: Classi del CUS della Regione Lazio. Sono qui riportate le percentuali di area che ogni classe
ricopre rispetto all’intera area di studio. N. poligoni: numero dei poligoni ricadenti nelle singole classi;
Somma Area: somma delle aree dei poligoni ricadenti nelle singole classi.
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7
Elaborati in formato raster
Dal Digital Elevation Model (DEM) con risoluzione di 10 metri, disponibile presso il
DST, sono stati derivati una serie di strati informativi vettoriali con celle di 10 m x 10 m .
-
Carta delle pendenze;
Carta dell’esposizione: ogni cella ha una sua orientazione espressa in gradi rispetto al
nord.
Carte delle curvature: sono state prodotte tre carte che esprimono tre tipi diversi di
curvatura del versante. La curvatura “piana” (Plan Curvature, Fig. 1), è la curvatura
nella direzione perpendicolare a quella di massima pendenza; la curvatura “di
profilo” (Profile Curvature, Fig. 2), è la curvatura nella direzione di massima
pendenza; la curvatura totale (Curvature, Fig. 3) non distingue le due componenti ma
determina la concavità o convessità “media” del versante in ogni cella.
Fig. 1 Esempi dei 3 principali tipi di plan curvature: convessa (A),
concava (B) e nulla (C).
Fig. 2 Esempi delle tre principali curvature di profilo: convessa
(A), concava (B) e nulla (C).
Fig. 3 Esempio di come il tool Curvature calcola la curvatura totale.
Per ogni cella del file input DEM, viene determinata la derivata
seconda della superficie che meglio approssima le nove quote relative
alla cella centrale e delle otto celle confinanti.
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8
Layer Frane
Il group layer “Frane” è stato elaborato attraverso un riordino, accorpamento e
aggiornamento di tutti gli archivi esistenti, informatici e non, riguardanti i fenomeni
gravitativi, e attraverso un’integrazione degli stessi (ovvero l’aggiunta di frane recenti o
ancora non censite), apportata tramite telerilevamento e sopralluoghi.
Per la descrizione del procedimento che ha portato all’elaborazione dell’inventario, si
rimanda al paragrafo 8.1, Elaborazione e gestione del database “Frane”.
8.1 Elaborazione e gestione del database “Frane”
Al fine di elaborare il group layer “Frane” sono state eseguite le fasi di lavoro descritte di
seguito.
Acquisizione dati:
-
-
Acquisizione dei diversi archivi informatici esistenti relativi a fenomeni gravitativi:
l’inventario IFFI (poligoni, punti PIFF, e linee); il Piano Stralcio di Assetto
Idrogeologico (PAI) dell’Autorità di Bacino del Fiume Tevere (poligoni anche per
elementi puntuali e lineari); il progetto Aree Vulnerate Italiane (AVI);
Consultazione dell’archivio cartaceo della Provincia di Roma e dei dati di interesse:
all’interno dei faldoni contenenti relazioni e informazioni su interventi di dissesto,
sono stati selezionati i fascicoli di interesse sulla base della localizzazione (dissesti al
di fuori dell’area di studio sono stati esclusi) e dell’attinenza del dissesto rispetto allo
studio di suscettibilità (sono stati esclusi, per esempio, dissesti riguardanti il
materiale del rilevato stradale).
Gestione dati:
Accorpamento e riordino dati informatici:
-
per i poligoni e i punti rappresentati in più di un database di origine, sono state
integrate le informazioni derivanti dalle diverse fonti;
il database dell’Autorità di Bacino del fiume Tevere rappresenta in forma poligonale
anche gli elementi puntuali e lineari, questi poligoni sono stati riconvertiti in
elementi puntuali per essere inseriti nelle relative feature class.
Accorpamento e riordino dei dati dell’archivio cartaceo:
-
Localizzazione in ambiente GIS delle frane riportate nei fascicoli dell’archivio e
valutazione di un eventuale riscontro fotointerpretativo. La localizzazione è avvenuta
grazie alla presenza, nei fascicoli stessi, di stralci di CTR con l’indicazione dell’area
interessata da dissesto: in funzione delle informazioni disponibili, e della tipologia di
frana o di intervento a cui i fascicoli si riferiscono, le frane sono state cartografate
come punti (crolli e/o ribaltamenti).
Completamento del layer frane:
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
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-
Laddove visibili, sono state redatte le corone di frana nello shape lineare e distinte le
aree di distacco, trasporto e accumulo in quello poligonale.
Sono state integrate, completate o modificate le attribuzioni delle caratteristiche di
frana (i.e. la tipologia) e riempiti i campi delle tabelle degli attributi.
Ad ogni frana è stata attribuita ad una classe tipologica (
-
Tabella 2 :), finalizzata allo studio di suscettibilità.
Al termine delle attività sopra descritte, coadiuvate da controlli di campo, è stato possibile
individuare un numero estremamente limitato di frane: dagli archivi consultati risultano
infatti:
-
2 frane roto-traslative cartografate con altrettanti poligoni (database IFFI)
8 frane non classificate, di cui sono cartografati i relativi punti di innesco (database
IFFI)
19 frane di crollo, di cui è stato possibile individuare il punto rappresentativo
dell’area di innesco (database ABT + controlli di campo e da foto aerea)
2 frane di crollo, 2 aree a franosità superficiale diffusa, 1 debris flow, 1 area
interessata da deformazioni superficiali lente, 3 frane presunte, 70 corone di frana
presunte, indicate come poligoni nell’inventario IFFI.
Tutte le informazioni sopra citate sono state riportate in appositi database (poligoni e
frane), tuttavia è da rilevare che le frane di cui si possiedono informazioni (in particolare
in merito al cinematismo ed allo stato di attività) sufficienti per uno studio di suscettibilità
sono poche.
8.2 Classificazione delle frane
Di seguito vengono comunque riportate le diverse tipologie di frana, sintetizzate in
Tabella 2, per le quali è stato effettuato lo studio di suscettibilità secondo i criteri esposti
nel paragrafo successivo.
Classe
1
2
3
4
5
6
TIPO
Scivolamento rotazionale/traslativo
Colata rapida
Colata lenta
Crolli/ribaltamenti
Area a deformazione superficiale lenta
Scivolamento superficiale
Tabella 2 : Classificazione finale delle frane considerate per l’analisi di suscettibilità..
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-
Scivolamento rotazionale/traslativo
Gli scivolamenti roto-traslazionali sono causati da una rottura per taglio seguita da
spostamenti del corpo di frana lungo la zona o superficie di taglio. Varnes (1978), così
come Hutchinson (1988), individua due tipologie principali di scivolamenti in base alla
forma della superficie di rottura: scorrimenti rotazionali e scorrimenti traslativi. Nei primi
la superficie di rottura è concava verso l'alto ed il movimento principale è una rotazione
attorno ad un centro che si trova all’esterno della massa in frana e del versante. Nei
secondi il volume in frana scivola lungo una superficie pressoché piana come può esserlo
ad esempio un piano di stratificazione o la superficie di contatto tra una coltre di terreno
alterato e la formazione sottostante. Gran parte delle frane in terra, per scivolamento (o
scorrimento), non sono classificabili come esclusivamente rotazionali o esclusivamente
traslazionali, molte di queste infatti possono essere definite roto-traslazionali in quanto
presentano entrambe le componenti di movimento. In molti casi inoltre gli scorrimenti
evolvono in colate (frane complesse).
-
Scivolamento superficiale
In questa classe vengono inserite quelle frane che Hutchinson (1988) e Hungr et al. (2001)
definiscono debris slide, ovvero frane superficiali, che interessano uno spessore ridotto
della coltre di alterazione o di detrito e che mostrano un trasporto ridotto. Vengono anche
inclusi alcuni scivolamenti traslazionali (Varnes, 1978; Cruden & Varnes 1996) che
interessano, anche in questo caso, una porzione superficiale di coltre di alterazione,
materiale detritico, o roccia fratturata. Molti scivolamenti superficiali dopo brevi distanze
accorpano materiale detritico e si trasformano in colate rapide (debris avalanche o debris
flow).
-
Colata rapida
Le colate rapide si formano generalmente in materiali poco coesivi (detriti), i quali
subiscono un trasporto elevato e vengono mobilizzati da un incremento significativo del
contenuto d’acqua. Un’altra caratteristica necessaria perché si inneschi una colata rapida è
un’adeguata pendenza del versante. In questa classe ricadono i debris flow, caratterizzati
da un movimento confinato in canali, più o meno marcati, di drenaggio o di
neoformazione, che rappresentano l’area di trasporto e di erosione. La colata rapida può
essere l’evoluzione di diversi meccanismi di rottura, per esempio di crolli o di
scivolamenti superficiali.
-
Colata lenta
Nelle colate lente il materiale coinvolto assume il comportamento di un fluido viscoso, il
quale viene mobilizzato anche con pendenze del versante molto basse. Questo tipo di
frana può coinvolgere materiali come sabbie, limi, argilla o coltri di alterazione, in
spessori molto variabili e si presenta con forme altrettanto diversificate . La colata lenta
può essere l’evoluzione di scivolamenti rotazionali, traslativi e superficiali.
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-
Crolli/ribaltamenti in roccia
I crolli sono un distacco di un elemento roccioso seguito da caduta libera dello stesso. Il
crollo può essere anticipato da uno scivolamento planare o a cuneo del blocco di roccia. I
ribaltamenti sono caratterizzati da una rotazione intorno ad un punto di blocchi rocciosi
generalmente allungati in altezza (colonne). La rotazione del blocco avviene quando la
proiezione verticale del centro di gravità ricade al di fuori della sua base di appoggio.
L’elemento fondamentale perché questo tipo di dissesto avvenga, è la presenza di un set di
fratture sub-verticale immergente verso il versante. I ribaltamenti possono includere una
componente traslativa (di scivolamento). Entrambi i dissesti possono poi percorrere
distanze più o meno lunghe per rimbalzi e rotolamento. Il materiale detritico così generato
può essere riattivato per colata rapida (secca o a seguito di precipitazioni) e può alimentare
dei veri e propri debris flow se, a seguito della caduta, trova una temporanea stabilità in
vallecole o canali ad adeguata inclinazione.
Questo tipo di dissesto ha interessato principalmente ammassi rocciosi intensamente
fratturati o stratificati, con pareti verticali o aggettanti. Alcune zone di distacco sono
distinguibili da telerilevamento per l’assenza di copertura vegetale (che può indicare una
continua attività) e spesso per la presenza di materiale detritico al di sotto delle pareti.
I punti degli archivi acquisiti per questo lavoro (tra cui le localizzazioni prese dai fascicoli
dell’archivio cartaceo della Provincia di Roma), relativi a questo tipo di dissesto, sono
spesso localizzati in corrispondenza della strada interessata dal crollo e non indicano
quindi la posizione della nicchia di distacco, ma semmai dell’area di accumulo. Per questo
lavoro, finalizzato allo studio di suscettibilità al distacco da frana, è necessario il punto più
alto del fenomeno franoso, il quale va a rappresentare le caratteristiche della zona di
distacco. Per questi motivi i punti così individuati non saranno presi tal quali per lo studio
di suscettibilità, ma verranno utilizzati per localizzare le possibili nicchie di distacco (sulle
pareti a monte) che hanno provocato la caduta dei blocchi in corrispondenza dei punti
stessi (localizzati sulle strade).
-
Area a deformazione superficiale lenta (soliflusso)
Molti poligoni ricadenti nell’area di studio sono descritti (negli archivi originali) come
“deformazioni superficiali diffuse” o “creep e soliflusso” o altre diciture riconducibili alla
stessa tipologia di dissesto. Quest’ultima interessa versanti costituiti da rocce tenere (p. es.
argille, marne, siltiti), il loro manto d'alterazione superficiale e/o le coltri di detrito fine
che li ricoprono. Consiste in un movimento molto lento in grado di agire anche su pendii
con inclinazione di pochi gradi. Il movimento interessa le porzioni più superficiali del
terreno per superfici anche molto vaste (presenta cioè carattere areale) e può provocare la
mobilizzazione corticale anche di interi versanti.
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8.3 Database “Frane” e tabelle degli attributi
Nel database, così come nel progetto GIS, è possibile consultare e visualizzare i seguenti
dati:
-
Gli shapefile originali (non modificati) degli inventari digitali acquisiti.
La digitalizzazione dei dissesti descritti nell’archivio cartaceo della Provincia di
Roma, con alcune informazioni riportate nelle tabelle degli attributi.
L’inventario “FRANE” vero e proprio, comprensivo dei dati provenienti dagli
archivi e inventari esistenti e delle frane identificate e delimitate tramite
telerilevamento.
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9
ANALISI DI SUSCETTIBILITA’
Lo studio di suscettibilità è stato svolto seguendo le linee guida del metodo Enea-Roma
Tre, un metodo euristico elaborato per il progetto pilota realizzato dal Dipartimento di
Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre, tra il 2006 e il 2007. Eventuali modifiche
sono state apportate a seguito di analisi dei dati e considerazioni che verranno riportate.
Per una migliore descrizione del metodo e dei presupposti conoscitivi si rimanda alla
relazione del progetto pilota; di seguito verranno descritti i principali passaggi del metodo
e i criteri e ragionamenti che sono stati seguiti durante lo svolgimento operativo dello
stesso.
E’ tuttavia fondamentale evidenziare alcune scelte che si sono rese necessarie per condurre
una robusta analisi di suscettibilità anche per questa area che, come accennato in
precedenza, è caratterizzata da un esiguo numero di frane.
Ogni analisi di suscettibilità, infatti, quale che sia l’approccio che si intende utilizzare
(euristico, statistico-probabilistico o fisicamente basato) è fortemente dipendente dalla
completezza dell’inventario delle frane già avvenute nel territorio. In particolare, per i
metodi che fanno uso di analisi statistiche per l’attribuzione dei pesi ai fattori
predisponenti, come avviene anche nel caso del metodo euristico Enea-Roma Tre, sono
strettamente dipendenti dal numero di frane: il campione statistico che fornisce
informazioni sulle combinazioni di parametri predisponenti che concorrono all’instabilità
del territorio deve essere sufficientemente ampio per pesare correttamente tali
combinazioni, discriminandole chiaramente da quelle che invece garantiscono condizioni
di stabilità. Per quanto riguarda l’area in esame, il ridotto numero di eventi franosi censiti
nei database istituzionali (IFFI e ABT), rimasto tale nonostante i controlli fotografici e di
campo comunque ridotti in relazione ai tempi ed alle economie disponibili per tale
progetto, ha suggerito di cambiare l’approccio analitico e non il metodo. Infatti, vista la
comparabilità in termini di caratteri lito-morfostrutturali sostanziale tra l’area oggetto del
presente studio e l’area esaminata nel precedente lotto sempre da parte del DST, si è
deciso – al fine di pervenire a risultati il più possibile attendibili – di adottare i parametri
con i relativi pesi ed indici individuati nell’area adiacente, che assume quindi i connotati
di un’area di training, al fine di effettuare l’analisi nell’area del presente studio, che
pertanto assume in qualche modo il ruolo di area di test. D’altro canto, in mancanza di tale
accorgimento, nell’area di studio sarebbe stato possibile condurre analisi solo per quanto
concerne i processi di crollo, fermo restando il loro esiguo numero e, di riflesso, la ridotta
robustezza di un modello di analisi tarato su pochi eventi.
9.1 Metodologia Enea-Roma Tre
Alla base della metodologia Enea-Roma Tre è prevista la realizzazione di un layer “Punti
Instabili”, derivato dall’inventario dei fenomeni franosi (Layer Frane, si rimanda al
capitolo precedente), consistente nei punti a quota più alta del coronamento, per i
fenomeni areali e per le corone isolate, più tutti i fenomeni già rappresentati in maniera
puntiforme, inseriti tal quali nel layer punti instabili.
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
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La metodologia prevede l’utilizzo dei Parametri discriminanti e predisponenti elencati in
Fig. 4:
- I Parametri Discriminanti (PD), discriminano le condizioni necessarie ma non sufficienti
per il verificarsi della tipologia di frana, le aree definite dall’intersezione di questi
parametri (litologia e pendenza del versante) sono le Unita Lito-Morfometriche (UTLM);
- I Parametri Predisponenti (PP) sono quegli elementi ambientali, che possono essere
naturali o antropici, che potenzialmente influenzano in maniera più o meno marcata le
varie tipologie di frana.
PARAMETRI DISCRIMINANTI (PD)
PARAMETRI PREDISPONENTI (PP)
Unità litotecnica
Pendenza
Uso del suolo
Tipo di contatto litologico
Zona tettonica per sistema di faglie
Zona tettonica per dominio strutturale
Rapporto giaciturale per Unità di Versante
Litologia
Esposizione per Unità di Versante
Pendenza
Distanza da asse viario
Fig. 4 Elenco dei parametri discriminanti e predisponenti previsti dalla metodologia Enea-Roma Tre.
I Parametri Discriminanti sono parametri dicotomici che assumono valori 0, dove non è
possibile l’innesco di frana, e 1, dove invece è possibile. Solo le aree in cui entrambi i PD
hanno valore 1 presentano le condizioni necessarie affinché possa innescarsi la frana. Le
UTLM rappresentano proprio queste aree e servono a fare una prima discriminazione del
territorio che distingua, per ogni tipologia di frana, le aree dove è impossibile che si
inneschi il fenomeno franoso, ovvero dove almeno un PD sia zero (UTLM pari a 0), da
quelle aree dove invece è possibile (UTLM pari a 1).
All’interno delle aree discriminanti pari a 1, ovvero ove sussistono le condizioni litomorfometriche adatte al dissesto, l’analisi dei parametri predisponenti permette di definire
l’effettiva pericolosità spaziale di innesco e di attribuire un valore che esprima la maggiore
o minore suscettibilità. Lo studio dei parametri predisponenti è finalizzato alla scelta dei
pesi P, da attribuire ad ogni singolo parametro, e degli indici i, da attribuire alle singole
classi di ogni parametro. Pesi e indici sono entrambi dei numeri interi che vengono
attribuiti in funzione del contributo all’instabilità: il peso quantifica l’incidenza del
parametro sull’evento franoso, mentre l’indice indica, con un valore variabile tra 0 e 9,
quale classe del parametro è più o meno predisponente al dissesto. La valutazione del
contributo all’instabilità deve essere fatta sulla base di analisi statistiche condotte sul
campione dei fenomeni franosi avvenuti nell’area in passato e sulla base di osservazioni e
conoscenze pregresse di chi svolge le analisi.
Ultimati questi studi, il valore di suscettibilità nello spazio viene derivato dalla seguente
Funzione di Suscettibilità:
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
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Dove,
Sf
Igeol
Ipend
in
Pn
: Suscettibilità alla tipologia di fenomeno franoso f
: indice del parametro discriminante geologia (0, 1)
: indice del parametro discriminante pendenza (0, 1)
: indice della classe del parametro predisponente n-simo (0 - 9)
: peso del parametro predisponente n-simo
Le porzioni di territorio caratterizzate da una particolare combinazione di parametri
identificano le Unità Territoriali Omogenee (UTO), all’interno delle UTO infatti la
Funzione di Suscettibilità, per ogni tipologia di frana, darà lo stesso risultato.
9.2 Metodologia operativa
L’area di interesse è caratterizzata da un esiguo numero di frane registrate, rendendo
quindi poco attendibile ai fini statistici l’analisi di suscettibilità così come condotto per le
aree circostanti. Si è quindi deciso di utilizzare i parametri adottati nella precedente analisi
di suscettibilità dell’area adiacente al fine di utilizzare la presente analisi anche come test
di verifica dei parametri suddetti.
Sono state elaborate le carte di suscettibilità per le diverse tipologia di frana secondo la
metodologia Enea-Roma Tre e verificata la congruenza dei pesi adottati.
Si riporta di seguito quanto descritto nel precedente studio da cui sono stati desunti
parametri, pesi ed indici per il presente lavoro.
Come si deduce dalla Funzione di Suscettibilità espressa precedentemente, la finalità
delle analisi sta nel determinare pesi e indici di ogni parametro.
Nonostante l’euristicità del metodo consentirebbe di attribuire indici e pesi
esclusivamente secondo un giudizio esperto, si è preferito basare le analisi principalmente
sulle informazioni derivate dallo studio degli eventi passati, secondo il principio che sta
alla base di tutti gli studi di suscettibilità, ovvero che la probabilità che si verifichi un
distacco di frana in futuro sia maggiore in aree con condizioni simili a quelle che hanno
provocato movimenti di versante nel passato e nel presente. Questo è stato fatto per tutti i
parametri, nonostante abbia comportato molte scelte che discostassero da quanto
richiesto aprioristicamente dal metodo.
Si è partiti quindi dai dati, vale a dire dai punti instabili e dalle caratteristiche del
territorio in corrispondenza degli stessi, i quali permettono di avere una base conoscitiva
sul comportamento di ogni tipologia di frana, in relazione ad ogni parametro ed alla
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
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realtà sito-specifica dell’area di studio. Il giudizio esperto rientra nell’analisi del dato e
nella sua interpretazione, ma non va mai a sostituire l’informazione che il dato stesso
esprime.
Per utilizzare un criterio valido e ripetibile nello svolgimento delle analisi, si è scelto di
utilizzare l’indice di franosità relativo (IFrel):
IFrel
=
Questo indice permette di determinare l'incidenza relativa di ogni singola classe
normalizzata alla sua diffusione areale e rappresenta anche il rapporto tra le probabilità
di occorrenza e di non occorrenza rispetto ad un fattore considerato e correlato al
fenomeno di frana (Lee & Talib, 2005): per un IFrel < 1 la correlazione tra frane e fattore
considerato risulta essere da molto bassa a bassa, mentre per un IFrel maggiore di 1 la
correlazione aumenta, divenendo molto elevata per valori superiori a 2.
Sulla base degli indici di franosità relativa è stato quindi analizzato ogni parametro per
quel che riguarda:
a) Effettiva importanza e significatività: all’inizio di ogni studio di suscettibilità
vengono scelti dei parametri (o variabili territoriali) che si ipotizza possano
influenzare l’innesco del fenomeno franoso. Se lo studio degli IFrel non si traduce
in un riscontro di questa ipotesi, allora il parametro non viene considerato
significativo. Questo si è verificato per il parametro “tipo di contatto litologico”
ed in parte per il parametro relativo alla tettonica.
b) Classificazione più adatta e/o rappresentativa: si rimanda in particolare ai singoli
casi relativi ai parametri “distanza da asse viario”, “tettonica” e “litologia”.
c) Indici da attribuire ad ogni classe: l’indice viene attribuito riportando
proporzionalmente il valore dell’IFrel ad una scala da 0 a 9.
Una semplificazione dei passaggi che sono stati seguiti per ogni parametro e per ogni
tipologia di frana, è riportata nel diagramma di flusso in Fig. 5.
Per risultati soddisfacenti si intende quanto gli IFrel rispecchiano le ipotesi fatte sulla
base del giudizio esperto dell’operatore, ovvero i principi di correlazione tra il parametro
ed il fenomeno franoso.
Il partire dal dato delle frane già avvenute, oltre a comportare il fatto che non tutti i
parametri proposti dal metodo risultano essere effettivamente significativi, determina
anche la significatività del risultato finale: quest’ultima infatti dipende non solo dalla
qualità dei dati di base ma anche e soprattutto dalla consistenza del campione, ovvero dal
numero di eventi utilizzabili per “conoscere” come ogni tipologia di frana si comporti in
quel determinato territorio (area di studio), in relazione ai diversi parametri.
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
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Fig. 5 Semplificazione dei passaggi seguiti per lo studio dei parametri
Nelle tabelle seguenti sono riportati i pesi dei parametri e gli indici delle classi stimati per
i vari fattori discriminanti e predisponenti in relazione alle diverse tipologie di frana
considerate.
PESI
sciv_rotot
uso_suolo
4
cont_litot
0
tettonica
0
rap_giacit
1
lito
5
esp_incl_v
5
dist_viab
2
curvatura
2
A
19
col_rapida
4
0
1
0
5
5
2
5
22
col_lenta
4
0
0
0
5
5
2
1
17
crolli_rib
4
0
1
3
5
5
2
5
25
soliflusso
5
0
0
0
4
5
2
1
17
sciv_sup
5
0
0
0
4
5
2
1
17
Tabella 3: Pesi delle diverse classi
Pendenza
(°)
0
1
2
3
4
6
7
9
10
11
12
13
15
16
sciv_rotot
col_rapida
col_lenta
crolli_rib
soliflusso
sciv_sup
0
0
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
1
1
1
1
1
1
1
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0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
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0
0
0
0
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33
34
36
37
38
39
40
42
43
45
46
47
48
49
51
52
54
55
56
57
58
60
61
63
64
65
66
67
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
1
1
1
1
1
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
Tabella 4: Indici pendenza discriminante
Comportamento
sciv_rotot
col_rapida
col_lenta
crolli_rib
soliflusso
sciv_sup
rigido
1
0
0
1
0
0
granulare/coesivo/duttile
1
0
1
1
1
1
duttile
1
0
0
0
1
0
rigido - ammasso fratturato
1
1
1
1
1
1
Tabella 5: Indici litnologia discriminate
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 29
COD
Classe
sciv_rot
ot
0
col_rapi
da
0
col_lent
a
0
crolli_ri
b
1
solifluss
o
0
sciv_su
p
0
321
3241
Aree a pascolo naturale e praterie
d'alta quota
Aree a ricolonizzazione naturale
0
5
0
8
0
0
333
Aree con vegetazione rada
0
0
0
2
0
0
243
Aree prevalentemente occupate da
coltura agraria con presenza di spazi
naturali importanti
Boschi di conifere
2
0
0
1
9
0
1
9
0
5
0
0
311
Boschi di latifoglie
0
4
0
3
0
0
322
Cespuglieti ed arbusteti
0
2
0
1
1
0
11
Insediamento residenziale
2
0
0
9
2
0
2111
Seminativi semplici in aree non irrigue
1
0
0
0
2
0
242
0
0
0
0
2
3
231
Sistemi colturali e particellari
complessi
Superfici a copertura erbacea densa
1
0
0
1
0
1
1422
Aree sportive
0
0
0
0
0
0
141
Aree verdi urbane
0
0
0
0
0
0
5111
Fiumi, torrenti e fossi
0
0
0
0
0
0
332
Rocce nude, falesie, affioramenti
1
0
0
9
0
0
col_lent
a
0
crolli_ri
b
9
solifluss
o
0
sciv_su
p
0
0
7
0
0
312
Tabella 6: Indici uso del suolo
VALU
E
1
distanza
sciv_rotot
< 300 m
0
col_rapid
a
9
2
> 300m
0
7
Tabella 7: Indici tettonica
VALU
E
3
2
1
0
-2
Classe
reggipoggio con inclinazione strati > 60
gradi
franapoggio con inclinazione strati >
versante
franapoggio con inclinazione strati <=
versante
rapporto giaciturale non predisponente
sciv_rot
ot
0
col_rapi
da
0
col_le
nta
0
crolli_
rib
0
soliflu
sso
0
sciv_s
up
0
4
0
0
3
0
0
9
0
0
9
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
9
0
0
1
0
0
assenza di giacitura (propria della classe
litologica)
assenza del dato giaciturale
-1
Tabella 8 : Indici rapporto giaciturale
siglaLito
sciv_rotot
col_rapida
col_lenta
crolli_rib
soliflusso
sciv_sup
c
0
7
0
8
0
0
l
2
0
0
9
0
0
s
1
0
1
0
2
0
mp
2
0
0
0
7
0
cmd
0
9
0
5
0
0
Tabella 9: Indici litologia predisponente
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 30
VALUE
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31
32
33
34
35
36
37
38
39
40
41
42
43
44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
sciv_rotot
col_rapida
col_lenta
crolli_rib
soliflusso
2
0
0
0
0
0
0
4
0
2
1
0
3
0
1
0
0
9
0
1
1
0
6
0
7
2
0
0
0
7
1
0
0
0
1
2
0
6
0
2
3
0
0
0
4
1
0
0
0
2
0
1
0
0
0
1
0
0
0
0
2
0
0
0
0
0
0
0
0
0
4
0
0
0
0
0
0
0
0
0
3
0
0
0
0
0
0
0
0
0
3
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
2
0
0
0
1
0
0
0
0
0
2
0
0
0
0
2
0
0
0
2
2
0
3
0
2
3
0
0
0
5
1
0
0
0
0
2
0
0
0
0
3
0
0
0
9
0
0
0
0
2
4
0
0
0
0
0
0
0
0
0
2
1
0
0
0
6
0
0
0
0
3
0
0
0
0
0
3
0
1
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
0
2
0
2
0
9
4
0
1
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
0
5
0
0
0
0
2
0
0
0
0
0
0
0
5
0
1
0
0
0
0
3
0
0
0
0
6
0
0
9
0
9
0
0
0
0
0
0
0
0
0
8
0
Tabella 10: Indici della combinazione tra pendenza ed esposizione.
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
sciv_sup
3
1
0
0
0
0
2
0
9
2
3
6
0
0
0
0
5
0
0
0
0
0
0
1
0
0
0
1
9
0
0
0
2
0
0
0
0
0
0
0
8
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
Pagina 31
VALU
E
1
distanza
sciv_rotot
9
col_rapid
a
9
col_lent
a
9
crolli_ri
b
9
solifluss
o
9
sciv_su
p
9
< 20 m
2
> 20m
1
3
1
3
2
1
Tabella 11 :Indici per la distanza dalle strade (viabilità).
VALUE
classi
1
-11.3 //-0.1
2
-0.1 // 0.1
3
0.1 //16.5
sciv_rotot
5
col_rapid
a
9
col_lent
a
4
crolli_ri
b
5
solifluss
o
6
sciv_su
p
4
6
2
7
2
9
6
9
5
9
9
9
9
Tabella 12: Indici della curvatura
Le mappe prodotte tramite l’applicazione della metodologia Enea-Roma Tre secondo
l’approccio sopra esposto sono riportate nell’allegato fuori testo.
In linea di massima è possibile affermare che per tutti le tipologie di frana analizzate il
territorio studiato presenta livelli di suscettibilità sostanzialmente bassi, fatta eccezione per
alcune aree ristrette dove si raggiungono livelli più consistenti. Ciò è in accordo con i dati
raccolti in relazione al territorio, dove le frane censite sono in effetti in numero molto
ridotto. Livelli di suscettibilità più elevati si riscontrano solo per i processi di
crollo/ribaltamento, anche in questo caso in accordo con quanto osservato nell’area, dove
tra i pochi fenomeni franosi censiti spiccano le frane per crollo/ribaltamento.
10 PRECIPITAZIONI ED EVENTI SISMICI IN RELAZIONE
ALL’INNESCO DI FRANE: CONSIDERAZIONI
Per quanto riguarda la definizione delle relazioni in termini probabilistici tra potenziali
fattori di innesco ed effettive rotture di versante, è necessario fare alcune premesse per
comprendere appieno l’impossibilità di addivenire ad un’analisi quantitativa rigorosa nel
caso in esame.
Con riferimento alla quantificazione delle soglie pluviometriche critiche per l’innesco di
fenomeni franosi, si rileva che entrano in gioco numerose variabili che, se controllabili su
singoli casi, sono difficilmente gestibili in studi a scala più ampia. Premesso che la
comunità scientifica ancora non trova pieno accordo sulle modalità di individuazione di
tali soglie sia per quanto concerne i metodi empirici che gli approcci fisicamente basati, il
dato di input indiscutibilmente propedeutico anche per un tentativo di analisi quantitativa
è rappresentato dall’esatta collocazione temporale dell’innesco del/dei fenomeno/i
franoso/i. Solo conoscendo il momento esatto dell’attivazione di un evento franoso si può
infatti tentare di individuare la correlazione con l’evento pluviometrico che lo ha
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 32
innescato, ferme restando le incertezze relative al peso delle precipitazioni pregresse e,
quindi, delle condizioni di saturazione dei terreni all’inizio dell’evento critico. Tuttavia,
per l’area in esame non si dispone di informazioni temporali di così alta definizione se non
per un numero di frane talmente ridotto da perder qualsivoglia valenza di rappresentatività
statistica. In altre parole, un rigoroso studio volto all’individuazione di soglie
pluviometriche di innesco che, tramite opportune elaborazioni statistiche, possa portare a
definire i tempi di ritorno e, quindi, la probabilità di accadimento, trova una sua
ragionevole applicazione solo nello studio in back-analysis di scenari legati ad eventi di
frana dello stesso tipo diffusi su un ampio areale e ben vincolati in termini di conoscenza
delle forzanti esterne.
Un discorso del tutto analogo vale per quanto attiene i legami tra sollecitazione sismica e
rotture di versante. Premesso che la comunità scientifica ancora non è concorde sulla
possibile sismo-induzione di frane di prima generazione, il nesso di causa-effetto può
essere valutato solo in presenza di un inventario di frane che riporti con precisione le
informazioni temporali. Inoltre, anche in caso di disponibilità di dati in tal senso non si
può prescindere dall’informazione relativa al fatto che si tratti di una frana di prima
generazione o di riattivazione di movimenti già presenti. Ad oggi è possibile affermare
che uno studio su scenari di rimobilizzazione di frane già esistenti passa per analisi di
scenari di sollecitazione sismica isoprobabili ovvero deterministici piuttosto complessi
(selezione della sorgente sismica, relative intensità di Arias, ecc…) per poi applicare
metodi, quale l’approccio di Newmark, per valutare spostamenti e/o collassi sismoindotti
di versante. Di ancor maggiore difficoltà risulta la valutazione di possibili frane di prima
generazione sismoindotte, che richiede una serie di dati di input la cui acquisizione risulta
estremamente onerosa. Sulla base di quanto premesso ed in considerazione della
mancanza di dati sufficientemente dettagliati su data/ora di attivazione della gran parte
delle frane presenti in inventario, si ritiene che per il presente lavoro non è possibile
formulare valide analisi quantitative della probabilità di sismo-induzione.
11 DATI PLUVIOMETRICI DELL’AREA
A causa di una mancanza di dati pluviometrici per i comuni appartenenti all’area di studio
si è scelto di utilizzare i dati dei comuni limitrofi. Questi sono stati reperiti dal sito internet
dell’Ufficio Idrografico della Regione Lazio, tra questi nel database vengono riportate:
-
Le precipitazioni totali mensili registrate dal 1951 al 2015 nella stazione di Subiaco e
dal 1951 al 2002 nella stazione di Affile;
Le precipitazioni giornaliere relative alle stazioni di (tra parentesi le annualità di cui
si dispongono i dati): Marano Equo (2003-2015), Subiaco S. Scolastica (2003-2015),
Subiaco (2003-2015) e Trevi nel Lazio (2008-2015).
I dati relativi agli anni che vanno dal 1951 al 2002 sono consultabili negli Annali
Idrologici, dove sono riportate le seguenti tabelle: Tab.I, osservazioni pluviometriche
giornaliere; Tab.II, totali annui e riassunti dei totali mensili della quantità delle
precipitazioni; Tab.III, precipitazioni di massima intensità registrate ai pluviografi;
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 33
Tab.IV, massime precipitazioni dell’anno per periodi di più giorni consecutivi; Tab.V,
precipitazioni di notevole intensità e breve durata registrate ai pluviografi.
Figura 9: Stralcio di Tabella I, dagli Annali Idrologici, relativa alle osservazioni pluviometriche giornaliere
(anno 2002) della stazione di Subiaco S. Scolastica.
Medie Mensili per la stazione di Subiaco S.
Scolastica (1951-2015)
180
160
140
120
100
80
60
40
20
0
mm
G
F
M
A
M
G
L
A
S
O
N
D
Figura 10: Medie Mensili derivate dai dati degli Annali Idrologici.
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 34
2014
2011
2008
2005
2002
1999
1996
1993
1990
1987
1984
1981
1978
1975
1972
1969
1966
1963
1960
1957
1954
2000
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
1951
mm
Totali annuali nell'intevallo 1951-2015 Stazione di S. Scolastica
anni
Figura 11: Diagramma riassuntivo delle precipitazioni totali annuali, registrate dalla stazione di Subiaco - S.
Scolastica, nell’intervallo 1951 – 2015.
Sono state scelte 4 annualità in cui sono state registrate precipitazioni totali elevate (1960,
1978 e 1999; per le quali si riportano i valori di massima intensità registrate, derivate dalla
Tabella III degli Annali Idrologici (Figura 12).
Figura 12: Si riportano i valori delle massime intensità registrate negli anni 1960, 1978 e 1999, ripresi dalle
tabelle III degli Annali Idrologici.
Inoltre di seguito vengono riportati stralci dei rapporti di evento, anche questi consultabili
sul sito del Centro Funzionale della Regione Lazio, relativi a eventi di particolare
importanza che hanno provocato alluvioni, allagamenti e dissesti nel bacino del fiume
Tevere, in particolare vengono riportati i dati che riguardano le località presenti nell’area
di studio.
Dalla consultazione degli Annali Idrologici e dei rapporti di evento di seguito riportati, si
deriva che mediamente l’area è caratterizzata da precipitazioni con tempi di ritorno non
troppo elevati, che arrivano ad un massimo di 25 anni (per cumulate di 48 ore) o di 15
anni (per cumulate di 13 ore, come avviene per esempio nell’evento di maggio 2008), e
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 35
che sono caratterizzate da un’intensità oraria massima mediamente bassa, ma da una
persistenza elevata che porta ad avere valori di precipitazioni cumulate più importanti.
Dati presi dai Rapporti di Evento consultabili sul sito del Centro Funzionale della
Regione Lazio:
Ove indicati, i tempi di ritorno provengono da un’elaborazione dei dati pluviometrici
secondo le indicazioni dello studio VAPI, effettuato dall’U.O. 1.34 del GNDCI del CNR
per l’Italia Centrale, tramite il quale sono state ricavate le linee segnalatrici di possibilità
pluviometrica per le stazioni d’interesse (utilizzando una legge di correlazione di tipo
TCEV).
4 - 5 Maggio 2004
“Tali precipitazioni si sono verificate in una persistente situazione meteorologica avversa
con fenomeni di pioggia ripetuti e continui su più giorni.
Per il mese di Maggio, esse costituiscono un fenomeno assai poco frequente in particolare
per quel che concerne i volumi complessivi di pioggia cumulata.
Infatti, pur in assenza di intensità orarie di pioggia particolarmente severe, si deve
considerare che la pioggia osservata, distribuita su più giorni, ha dapprima determinato la
saturazione del suolo e successivamente, a terreno completamente saturo, ha provocato
una progressiva diminuzione dei tempi di corrivazione ed un incremento dei volumi
d’acqua ruscellati.”
25 Dicembre 2004
“Tali precipitazioni, localmente non particolarmente intense, sono risultate diffuse
sull’intero bacino del Tevere.
Per il mese di Dicembre, esse costituiscono un fenomeno relativamente frequente in
particolare per quel che concerne i volumi complessivi di pioggia cumulata.”
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 36
21 Marzo 2008
In dettaglio, si riportano i dati relativi alle finestre temporali durante le quali, per ogni
stazione pluviometrica significativa, si è riscontrata la precipitazione cumulata massima.
19 – 23 Maggio 2008
“In particolare nelle giornate del 19 e 20 maggio una circolazione depressionaria chiusa
sul Mediterraneo ha causato un consistente impulso perturbato sull’Italia, apportando
condizioni di maltempo soprattutto sulle regioni settentrionali e su quelle del versante
tirrenico. Tra i fenomeni più rilevanti che hanno interessato la Regione Lazio, si sono
registrate precipitazioni diffuse, persistenti e per lunghi tratti battenti, con rovesci e
temporali di forte intensità soprattutto nei bacini dei fiumi, Aniene, Sacco e Liri, dove si
sono osservate le precipitazioni di seguito indicate così come registrate dalla rete in
telemisura del Centro Funzionale Regionale.
In dettaglio, si riportano i dati relativi alle finestre temporali durante le quali, per ogni
stazione pluviometrica significativa, si è riscontrata la precipitazione cumulata massima.”
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 37
Figura 13: Pluviometro di Marano Equo.
Figura 14: Pluviometro di Subiaco-S.Scolastica.
“Si riportano le registrazioni delle altezze di pioggia cumulate durante l’evento meteorico
del 19-22 maggio 2008. Per le stazioni pluviometriche della Regione Lazio dove è
disponibile un numero sufficiente di anni di osservazioni, sono state determinate anche le
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 38
precipitazioni medie storiche del mese di maggio come termine di paragone per i raffronti
riportati nella tabella seguente.”
Figura 15: Pioggia cumulata dei giorni 19-22 maggio 2009. Si possono notare i valori più elevati in
corrispondenza dell’area intorno ad Arsoli e Roviano.
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 39
13 – 21 Maggio 2010
Figura 16 : Pluviometro di Subiaco
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 40
Figura 17: Pluviometro di Marano Equo.
16 – 18 Marzo 2011
“E’ emerso che i quantitativi precipitati localmente sono rientrati nell’ordinarietà ovunque
per le durate inferiori, mentre i tempi di ritorno stimati per le durate da 12 fino a 48 ore
hanno toccato dei valori molto elevati in alcune stazioni pluviometriche dei bacini del
Liri-Garigliano e dell’Aniene, come si evince dalla seguente tabella, nella quale si
riepilogano i casi più significativi.”
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 41
13 – 15 Ottobre 2015
Dalle prime ore del giorno 13 ottobre 2015 una vasta saccatura tra la Penisola iberica ed il
Nord-Africa ha pilotato correnti sud-occidentali umide ed instabili verso le nostre regioni
centro-settentrionali; il giorno 14 il centro della struttura depressionaria si è posizionato
sull'Europa centrale e le correnti caldo-umide sud-occidentali hanno determinato tempo
perturbato su tutta l'Italia, con formazione di un sistema temporalesco di elevato
potenziale che ha causato piogge particolarmente intense sul medio e alto bacino
dell'Aniene.
L'evento pluviometrico si è sviluppato nell'arco di 36 ore a partire dal pomeriggio del 13
ottobre 2015, con una multicella temporalesca intensa e persistente in particolare sulle
parti media e alta del bacino dell'Aniene tra le ore 14:00 e le 20:00 circa del giorno 14. Si
riassumono di seguito, per le stazioni pluviometriche limitrofe all’area di studio, le altezze
di pioggia massime cumulate sulle finestre temporali di 0.5, 1, 3, 6, 12, 24, 36 ore,
registrate dalla rete in telemisura del Centro Funzionale Regionale nel periodo considerato
(Tabella 13). E’ emerso in particolare che i tempi di ritorno Tr stimati per le precipitazioni
con cumulate di durata di 3 e 12 ore hanno toccato dei valori rispettivamente fino a 200
anni nella parte alta del bacino e fino a 100 anni nel medio Aniene; i valori di punta di Tr
sono relativi alla stazione di Trevi nel Lazio, come si evince dalla Tabella 14.
Stazione
0.5 h
1h
3h
6h
12 h
24 h
36h
Arsoli
Filettino
Marano Equo
Subiaco
Subiaco-Scolastica
Trevi nel Lazio
36.2
28.6
39.7
17.8
22.4
22.4
57.8
49.2
53.9
23
34.5
39.2
102.4
94.2
90.1
57.8
74.1
102.2
121.2
112.2
107.4
77.7
90.3
115.8
130.8
121.6
130
105.6
108.4
138.2
134.6
134.2
138.5
119.4
119.7
149.4
137
171.1
143.3
136.7
136
196.4
Tabella 13 : Altezze di pioggia massime (mm).
Stazione
0.5 h
1h
3h
6h
12 h
24 h
36 h
Arsoli
Filettino
Marano Equo
Subiaco
Subiaco-Scolastica
Trevi nel Lazio
5
3
20
-
10
10
20
5
5
30
60
90
10
30
200
30
40
70
10
25
80
25
15
100
20
20
50
15
8
50
10
9
20
15
10
30
10
9
50
Tabella 14 : Tempi di ritorno stimati (anni)
Le 3 ore con precipitazione cumulata maggiore si sono verificate all'incirca tra le ore 14:00 e
le 17:00 e le 12 ore più piovose tra le 9:00 e le 21:00 del 14 ottobre. A seguire si riportano i
dati registrati dai pluviometri di Trevi nel Lazio e Marano Equo ( Figura 18 e Figura 19).
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 42
Figura 18: Pluviometro di Trevi nel Lazio.
Figura 19 : Pluviometro di Marano Equo.
12 SISMICITA’ STORICA DELL’AREA
Introduzione da Molin et al. (2002):
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 43
“L’alto Aniene è situato in prossimità di importanti aree sismogenetiche dell’Appennino
centrale (Fucino, Aquilano, Frusinate), ma al suo interno non sembra abbiano avuto origine
terremoti di elevata magnitudo (M≥6), come risulta dal Catalogo parametrico dei
Terremoti italiani (Gruppo di Lavoro CPTI, 1999). La distribuzione delle Massime
intensità macrosi-smiche osservate nei comuni italiani (Molin et al., 1996) indica per l’area
valori compresi tra l’VIII ed il IX grado della scala macrosismica Mercalli-CancaniSieberg (MCS, 1930), valori che risultano, nel contesto dell’Italia centrale, intermedi tra
quelli decisamente elevati della fascia mediana della catena appenninica, uguali o superiori
al X grado MCS, e quelli più modesti delle aree situate all’interno del litorale tirrenico
laziale, generalmente non superiori al VII grado MCS.
(…) La tettonica distensiva, alla quale si deve la disarticolazione dell’edificio a falde
strutturatosi durante le fasi compressive, è ancora attiva ed è responsabile della sismicità
che si osserva nell’alto Bacino dell’Aniene e nelle aree limitrofe. Inoltre, questa tettonica
ha determinato l’assottigliamento della crosta lungo la fascia tirrenica favorendo la risalita,
a partire dal Pleistocene medio, del magma che ha generato il distretto vulcanico Albano.”
Il Database Macrosismico Italiano (DBMI11, ultima versione aggiornata al 2011)
raccoglie i dati di intensità relativi a 1681 terremoti. Nell’area di studio le principali fonti
di questo database sono lo “Studio della sismicità dell'Alto Bacino dell'Aniene” di Molin
et al. (2002) e “Catalogue of Strong Earthquakes in Italy (461 B.C.-1997) and
Mediterranean Area (760 B.C.-1500)” di Guidoboni et al. (2007).
Con la consultazione online, è stato possibile fare una ricerca per località che ha permesso
di raccogliere le tabelle (inserite nel database) dei terremoti di cui si è risentito l’effetto nei
comuni rientranti, anche solo in parte, nell’area di studio: Jenne,Vallepietra e Camerata
Nuova.
Il numero dei punti di intensità disponibile per ogni scossa è generalmente indicativo della
qualità dei parametri epicentrali e risulta spesso piuttosto modesto per le scosse di origine
locale (Molin, et al., 2002). Questo però è dovuto al fatto che i terremoti dell’Alto Aniene
sono sempre caratterizzati da campi macrosismici arealmente molto limitati per cui
presentano quasi sempre un piccolo numero di località di segnalazione (Molin, et al.,
2002). Viene riportata a titolo di esempio la storia sismica del comune di Vallepietra e il
relativo grafico (Tabella 15)
Effetti:
I[MCS]
Terremoto:
Ax
Data
Np
Io
Mw
F
1891 05 09 00:16
VAL ROVETO
41
5
4.50 ±0.19
5
1892 01 22
1899 07 19
13:18:54
COLLI ALBANI
81
7
5.15 ±0.17
Colli Albani
123
7
5.13 ±0.17
4
NF
MONTELIBRETTI
44
8
5.21 ±0.30
4
1901 04 24 14:20
1901 07 31
10:38:30
Monti della Meta
76
7
5.23 ±0.17
5
1904 02 24 15:53
Marsica
56
8-9
5.58 ±0.17
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 44
5
1904 02 25
00:29:13
Rosciolo dei Marsi
34
6-7
1915 01 13 06:52
Avezzano
1041
5-6
1915 01 14 07:18
Marsica
12
4
1916 01 26 12:22
Marsica
34
4-5
Marsica est
57
Anzio
142
Bassa Val Roveto
119
6-7
5.19 ±0.12
Trasacco
26
5
4.48 ±0.32
4-5
1917 01 03 01:35
1919 10 22
06:05:54
1922 12 29
12:22:10
1926 12 18
21:07:20
1927 10 11
14:45:03
Media Val Roveto
81
7
5.19 ±0.15
2-3
1931 10 21 07:35
VEROLI
23
5
4.75 ±0.27
4
1941 09 08 16:30
1980 11 23
18:34:52
1984 05 07
17:49:43
1989 10 23
21:19:17
1997 09 26
00:33:13
1997 10 14
15:23:11
1998 03 26
16:26:17
1998 05 12
21:46:46
1998 08 15
05:18:09
2000 03 11
10:35:27
2000 05 22
15:48:48
2000 05 28
09:29:29
2000 06 27
07:32:32
2004 10 05
23:12:22
Alto Aniene
16
6
4.52 ±0.44
Irpinia-Basilicata
Appennino
abruzzese
1394
10
6.89 ±0.09
912
8
5.89 ±0.09
65
6
4.43 ±0.15
3-4
4
4
NF
4
NF
NF
3
NF
5
2
3
NF
NF
3
NF
Total number of
earthquakes: 30
Colli Albani
Appennino umbromarchigiano
Appennino umbromarchigiano
Appennino umbromarchigiano
Appennino
abruzzese
11
7.00 ±0.09
5.48 ±0.15
760
5.70 ±0.09
786
7-8
5.65 ±0.09
408
6
5.29 ±0.09
48
5
4.06 ±0.18
MONTI REATINI
233
5-6
4.45 ±0.09
Alto Aniene
APPENNINO
CENTRALE
211
6
4.29 ±0.09
48
5-6
3.66 ±0.22
Monti Tiburtini
58
5
3.91 ±0.19
Monti Tiburtini
138
6
4.28 ±0.09
Monti Tiburtini
78
5
3.29 ±0.21
Tabella 15 : Storia sismica di Vallepietra [41.926, 13.231] (emidius.mi.ingv.it/DBMI11/)
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 45
Figura 20 :Grafico della storia sismica di Vallepietra (emidius.mi.ingv.it/DBMI11/)
Per quanto riguarda tutte le fonti che sono alla base dello studio di Molin et al. (2002) si
rimanda direttamente al secondo capitolo dell’articolo .
Si vogliono qui invece riportare le conclusioni che vengono tratte da Molin et al. (2002)
da circa 130 anni di catalogo a disposizione per quel che riguarda la storia sismica
dell’Alto Aniene:
-
-
La sismicità di origine locale risulta caratterizzata da un’intensità massima pari al VII
grado MCS, raggiunto in una sola occasione; una frequenza media di 22 anni circa
per eventi con Io≥V-VI grado; ed una frequenza media di 65 anni circa per eventi
con Io≥VI-VII grado.
I terremoti di origine esterna risultano molto importanti nel definire la sismicità
dell’Alto Aniene, in quanto hanno prodotto le massime intensità storiche, pari
all’VIII-IX e all’VIII grado MCS, osservate rispettivamente in occasione dei
terremoti del 1349 e del 1915; inoltre, varie volte potrebbero aver avvicinato o
raggiunto il massimo storico dovuto ai terremoti di origine locale (VII grado MCS).
Quasi tutti i più forti terremoti di origine esterna sono collegati o collegabili a faglie
attive note; le più vicine all’Alto Aniene risultano quelle del Fucino e della valle
dell’Aterno, situate ad una distanza di circa 50 km. La frequenza media con cui i
terremoti di origine esterna vengono risentiti con danni nell’Alto Aniene (intensità
≥V-VI grado MCS) risulta, sulla base dei dati degli ultimi 130 anni, generalmente
considerati completi per eventi di questa intensità, dell’ordine di un evento ogni 3233 anni.
Di seguito di mostrano alcune immagini, a disposizione sul web, principalmente sul sito
dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ed in parte dalla Regione
Lazio, derivate da:
-
Catalogo delle Sorgenti Macrosismiche Italiane (diss.rm.ingv.it, DISS - versione 3)
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 46
-
Mappe interattive della pericolosità sismica (WebGis, esse1-gis.mi.ingv.it)
Nuova classificazione sismica della Regione Lazio, Delibera di Giunta Regionale n.
387 del 22.05.2009 – Massime Intensità Macrosismiche (regione.lazio.it)
Da queste informazioni si deduce che la sismicità dell’Alto Aniene risulta nel complesso
moderata, sia relativamente alle intensità massime raggiunte, sia soprattutto alla modesta
frequenza con cui vengono risentite le intensità più elevate (Molin, et al., 2002). La
massima intensità macrosismica osservata nell’area di studio ricade nella classe di MSC di
8 – 8.5 gradi.
Inoltre i dati di disaggregazione, mostrati in Figura 24 e Figura 25, mettono in evidenza
che l’area risente principalmente di terremoti vicini e con Magnitudo bassa (distanza
media: 12 km; magnitudo media: 5), combinazione non favorevole per quel che riguarda
la stabilità dei versanti.
Infine in Figura 22 si riportano le caratteristiche delle sorgenti sismogenetiche (derivate
dal Catalogo delle Sorgenti Macrosismiche Italiane - DISS).
Figura 21 : Massime Intensità Macrosismiche della Regione Lazio. (regione.lazio.it)
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 47
Figura 22 :Dal Catalogo Sorgenti Sismogenetiche Italiane DISS. Visualizzazione su Google Earth delle
Sorgenti Sismogenetiche intorno all’area di studio (quest’ultima rappresentata con un tratto rosso).
(diss.rm.ingv.it)
Figura 23 : Zonazione sismogenetica ZS9 a confronto con la distribuzione delle sorgenti sismogenetiche
contenute nel database DISS 2.0. Ogni sorgente è rappresentata utilizzando una scala cromatica che esprime
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 48
la magnitudo Mw del terremoto atteso per la sorgente stessa. I simboli quadrati indicano terremoti presenti
nel catalogo di riferimento (CPTI2) ma non associati ad una specifica sorgente di DISS 2.0. La loro
magnitudo viene rappresentata mediante la stessa scala cromatica usata per le sorgenti. Le classi di
magnitudo con le quali sono rappresentati i terremoti e le sorgenti sono le stesse utilizzate per il calcolo dei
tassi di sismicità (Meletti & Valensise, 2003)
Figura 24: Tabella con i dati riguardanti la disaggregazione del valore di a(g) con probabilità di eccedenza
del 10% in 50 anni
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 49
Figura 25 : Disaggregazione del valore di accelerazione al suolo dell’area di studio (esse1-gis.mi.ingv.it)
13 Conclusioni
Questo progetto va a chiudere un ciclo di studi volti a realizzare una banca dati tematica
ed una cartografia delle suscettibilità da frana che andasse a coprire l’intero territorio
provinciale di Roma. Il primo di questi progetti, che ha definito la metodologia da
utilizzare per gli studi di suscettibilità che sono seguiti, è stato realizzato dal Dipartimento
di Scienze Geologiche dell'Università Roma Tre tra il 2006 e il 2007.
Il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università Sapienza di Roma, sulla base di
diverse esperienze pregresse di studi di suscettibilità da frana, sia a scala nazionale che
non, ha proposto alcune modifiche al Metodo Enea - Roma Tre, mantenendone però
l’impostazione generale. Questi cambiamenti non dovrebbero influire di molto sulla
confrontabilità delle aree relative ad altri progetti, in quanto da una parte è già inficiata da
fattori intrinseci (la variabilità di approccio nell’applicazione del metodo stesso, il quale si
presta ad interpretazioni soggettive, e la stretta correlazione dei parametri e degl’indici con
il territorio specifico di ogni progetto), dall’altra essendo una valutazione di tipo
qualitativo è possibile omogeneizzare le carte di suscettibilità riportando tutto ad una
stessa scala.
Il lavoro svolto ha consentito di produrre degli elaborati di base:
− Carta geologica, alla scala 1:10.000, conforme alle norme CARG
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
Pagina 50
ed elaborati derivati:
−
−
−
−
−
Carta litotecnica
Carta delle coperture
Cartografie derivate dal DEM
Layer dei punti instabili
Carte di suscettibilità da frana, per ogni tipologia di dissesto
Le carte di suscettibilità sono sei (in formato raster nel DB), una per ogni tipologia di
frana, così nominate nel progetto:
-
“Susc_col” per le colate lente
“Susc_cor” per le colate rapide
“Susc_cro” per i crolli/ribaltamenti
“Susc_sc_rot” per gli scivolamenti rotazionali/traslativi
“Susc_sc_sup” per gli scivolamenti superficiali
“Susc_solif” per le aree soggette a deformazioni lente o soliflusso
In linea generale è possibile affermare che per tutti le tipologie di frana analizzate il
territorio studiato presenta livelli di suscettibilità sostanzialmente bassi, fatta eccezione per
alcune aree ristrette dove si raggiungono livelli più consistenti. Ciò è in accordo con i dati
raccolti in relazione al territorio, dove le frane censite sono in effetti in numero molto
ridotto. Livelli di suscettibilità più elevati si riscontrano solo per i processi di
crollo/ribaltamento, anche in questo caso in accordo con quanto osservato nell’area, dove
tra i pochi fenomeni franosi censiti spiccano le frane per crollo/ribaltamento.
Il prodotto finale di zonazione della suscettibilità da frana deve comunque essere
considerato come una valida indicazione, a livello territoriale, delle aree su cui concentrare
l’attenzione per ulteriori indagini e studi più specifici finalizzati alla pianificazione
territoriale. Inoltre, andando oltre il prodotto finale, la potenzialità di questa serie di
progetti che si sono susseguiti dal 2006 ad oggi, sta anche nella banca dati omogenea che
va a coprire l’intero territorio della Provincia di Roma. Questo database infatti può essere
alla base di ulteriori studi, a tal proposito, relativamente alla suscettibilità da frana, come
sviluppo futuro sarebbe interessante applicare lo studio di suscettibilità all’intera area
provinciale, con l’utilizzo di tutti i dati territoriali e di tutti i punti instabili. Inoltre
l’applicazione di diversi metodi di analisi, tra cui per esempio i metodi statisticoprobabilistici, permetterebbe una validazione per confronto dei risultati ottenuti con la
metodologia euristica “Enea – Roma Tre”.
Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
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Studio e analisi della suscettibilità da frana - Provincia di Roma - Sapienza – 2015
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