N.4 - Salute per tutti
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Anno 12 - N. 2/2009 Direttore Responsabile Pietro Cazzola Direttore Generale Direttore Marketing Armando Mazzù Antonio Di Maio Redazione e Amministrazione Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano Tel. 0270608091 - 0270608060 Fax 0270606917 E-mail: [email protected] Volume 12, n. 2, 2009 Consulenza Amministrativa Cristina Brambilla Consulenza Grafica Piero Merlini Impaginazione Stefania Cacciaglia Registrazione Tribunale di Milano n. 383 del 28/05/1998 Iscrizione al Registro Nazionale della Stampa n.10.000 Stampa Arti Grafiche Bazzi SpA - Milano È vietata la riproduzione totale o parziale, con qualsiasi mezzo, di articoli, illustrazioni e fotografie pubblicati su Scripta MEDICA senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore non risponde dell’opinione espressa dagli Autori degli articoli. Edizioni Scripta Manent pubblica i n o l t r e: ARCHIVIO ITALIANO DI UROLOGIA E ANDROLOGIA RIVISTA ITALIANA DI MEDICINA DELL’ADOLESCENZA JOURNAL OF PLASTIC DERMATOLOGY JOURNAL OF ECOLOGIC DERMATOLOGY UPDATE IN PLASTIC SURGERY INFORMED, CADUCEUM, IATROS Diffusione gratuita. Ai sensi della legge 675/96 è possibile, in qualsiasi moment opporsi all’invio della rivista comunicando per iscritto la propria decisione a: Edizioni Scripta Manent s.n.c. Via Bassini, 41 - 20133 Milano Volume 12, n. 2, 2009 51 L’outcome della pubertà precoce e anticipata gonadotropino-dipendente nelle ragazze Vincenzo De Sanctis, Giuseppe Raiola 1 Introduzione La pubertà può sinteticamente essere definita come un periodo della vita caratterizzato da rilevanti modificazioni somatiche e psico-sociali che portano alla acquisizione dei caratteri sessuali secondari, al raggiungimento della capacità riproduttiva ed a importanti ripercussioni psico-sociali. Gli eventi ormonali preparatori sono rappresentati dall’adrenarca, che si verifica verso i 5-7 anni nella femmina e 6-9 anni nel maschio, e dalla presenza di una secrezione di tipo pulsatile dell’LH, durante il sonno, secondaria alla attività secretoria pulsatile dei neuroni GnRH produttori. Questo “centro generatore” è già operativo nel feto e nel neonato, ma funziona ad un basso livello di attività a causa di una azione inibitoria degli steroidi sessuali. Al momento della pubertà tale azione inibitoria si riduce e può quindi iniziare la secrezione pulsatile di GnRH che porta ad una aumentata produzione e dismissione ipofisaria di gonadotropine con conseguente comparsa dei primi segni clinici di pubertà (nella femmina lo sviluppo del seno e nel maschio l’ingrandimento del volume testicolare). Processi biologici della pubertà Le modificazioni che si verificano durante la pubertà possono essere schematizzate, in base alla descrizione riportata da Tanner nel 19521: U.O. di Pediatria ed Adolescentologia - Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara, Arcispedale S. Anna 1 U.O. di Pediatria - U.O.S. di Auxoendocrinologia e Medicina dell’Adolescenza - A.O. “Pugliese-Ciaccio”, Catanzaro 1. accelerazione e decelazione dell’accrescimento staturale; 2. modificazioni della composizione corporea (apparato scheletrico, muscolare e distribuzione del grasso corporeo); 3. modificazioni del sistema circolatorio e respiratorio; 4. modificazioni degli organi sessuali secondari, sviluppo delle gonadi e degli organi riproduttivi; 5. modificazioni dello sviluppo psico-sociale. Cambiamenti fisici durante la pubertà nella femmina I primi mutamenti sono a livello della ghiandola mammaria, che diventa più rigonfia, pigmentata ed iperemica. Il tessuto mammario si presenta dapprima come un nodulo sottoareolare, che poi si estende oltre l’areola. A questo stadio le ovaie appaiono ingrandite ed il tratto genitale femminile inizia a crescere e a svilupparsi 2. Nella grande maggioranza delle ragazze (75%), lo sviluppo mammario precede la comparsa del pelo pubico. Il continuo sviluppo mammario e lo sviluppo del pelo pubico si accompagnano alla crescita delle piccole labbra, ispessimento della mucosa vaginale e sviluppo dell’utero. Mentre lo sviluppo genitale e mammario proseguono, cominciano a comparire i peli ascellari; quasi contemporaneamente si assiste ad una ulteriore pigmentazione dell’areola mammaria. È insolito per una ragazza avere le prime mestruazioni senza che siano già comparsi i peli ascellari. Il menarca è l’evento più importante e focale dello sviluppo puberale. L’età media della comparsa della prima mestruazione, nella Volume 12, n. 2, 2009 52 popolazione italiana, è di circa 12 anni (range 10-17 anni). I cicli ovulatori iniziano, di solito, a distanza di 2 anni o più dal menarc a . Dopo il menarca si assiste ad un ulteriore sviluppo delle mammelle e del tratto genitale, come pure della peluria pubica ed ascellare . Questo processo continua fino al completo sviluppo puberale. L’accelerazione dell’accrescimento puberale nelle ragazze inizia, in genere, poco dopo la comparsa del pelo pubico e raggiunge la sua massima velocità nell’anno che precede il menarca. Dopo il menarca la maggior parte delle ragazze può crescere ancora di 5-8 cm2. 32.000 e contiene il 18-20% di carboidrati. Subunità alfa libere sono presenti nell’ipofisi e possono ritrovarsi in circolo. La presenza di subunità alfa libere nel plasma è stata riscontrata nell’ipotirodismo, nei tumori ipofisari e dopo somministrazione di TRH e GnRH. Non sembra che l’ormone intero possa dividersi nel plasma in subunità libere4. Ontogenesi della secrezione di LH e FSH Modificazioni neuroendocrine alla pubertà Il meccanismo d’azione del releasing ipotalamico delle gonadotropine (GnRH) nella membrana cellulare delle cellule gonadotrope è rappresentato nella Figura 1. Il GnRH, dopo essersi legato con il re c e t t o re, attiva la adenilciclasi con formazione di AMP ciclico. L’AMPc può agire direttamente attraverso una protein-chinasi che defosforila le componenti di membrana. Questa modificazione della membrana cellulare può attivare la captazione del calcio e la esocitosi, processo per cui i granuli secretori si fondono con la membrana cellulare ed il nucleo del granulo viene espulso, ciò comporta l’increzione dell’ormone. La sintesi avviene nel reticolo endoplasmatico, mentre la “confezione” dell’ormone avviene nell’apparato del Golgi3. Struttura dell’LH e dell’FSH L’ormone luteinizzante e l’ormone follicolo stimolante sono formati da due subunità riunite con legame non covalente, la sub-unità alfa o comune (simile per l’LH, FSH, HCG e TSH) e la sub-unità beta o ormone specifica, che conferisce la specificità biologica. L’ormone luteinizzante umano ha un peso molecolare di circa 33.000 ed è costituito da un 15-20% di carboidrati. L’ormone follicolo stimolante ha un peso molecolare di circa Figura 1. Rappresentazione schematica del meccanismo d’azione del GnRH sulla membrana cellulare delle cellule gonadotrope. (da: Reiter EO, Grumbach MM. Ann Rev Physiol 1982; 44:595, modificata). A) Periodo fetale e neonatale LH e FSH risultano dosabili nel siero fetale rispettivamente a 100 e 84 giorni dal concepimento. I livelli di LH raggiungono un valore massimo tra 130 e 150 giorni per poi scendere sino a livelli molto bassi nel feto a termine. Dopo la nascita, i livelli di FSH raggiungono un valore massimo a 120 giorni per poi scendere gradualmente a livelli più bassi. Nel neonato maschio i livelli di LH e FSH sono elevati nei primi 7-12 mesi di vita, mentre nelle femmine è più evidente l’aumento dell’FSH. I valori possono mantenersi elevati sino a 2-4 anni. Il meccanismo responsabile di questa differenza tra i sessi per quanto concerne i tassi di gonadotropine è, allo stato attuale, non conosciuto4. Volume 12, n. 2, 2009 53 B) Periodo prepuberale precoce Tra i 4 e gli 8 anni di età la concentrazione delle gonadotropine ipofisarie re-sta bassa, a causa di una elevata sensibilità dell’asse ipotalamo-ipofisario agli ef-fetti inibitori degli steroidi gonadici5. C) Periodo prepuberale avanzato e secrezione spontanea delle gonadotropine durante la pubertà In questa fase iniziano a prodursi picchi lenti ed a bassi livelli sia dell’LH che dell’FSH. Questo fenomeno è limitato alle ore notturne. L’intervallo tra i picchi è di 2.6 ± 0.5 ore, con la massima frequenza tra le ore 24 e le ore 2 di notte (0.53 ± 0.12 picchi/ora)5. Nella fase successiva (stadio 2 secondo Tanner) questi picchi, sporadici, aumentano di frequenza e di ampiezza con l’instaurarsi di un ritmo sonno-veglia soprattutto per l’LH, verosimilmente anche a causa della più breve emivita biologica dell’ormone (Figura 2). Allo stadio puberale 3, le pulses, soprattutto di LH, aumentano poco di ampiezza, ma si estendono gradualmente anche alle ore diurne5 (Figura 2). Figura 2. Valori medi ± DS nelle 24 ore delle gonadotropine in soggetti di sesso maschile e femminile. (da: Oerter e coll. J Clin Endocrinol Metab 1999; 71:1251 - modificata) Femmine 15 15 Livelli medi LH/24 h 10 10 5 5 0 0 15 15 Ampiezza picco LH 10 10 5 5 0 0 15 15 Frequenza picco LH 10 10 5 5 0 1 2 3 4 5 0 Maschi Livelli medi FSH/24 h Ampiezza picco FSH Frequenza picco FSH 1 2 3 4 5 Volume 12, n. 2, 2009 54 Nelle fasi 2 e 3, secondo Tanner, l’intervallo tra i picchi è di 2.9 ± 1.4 ore, con una frequenza più bassa tra le 12 e le 14 (0.28 ± 0.35 picchi per ora) e la più alta tra le ore 22 e le 2 di notte (0.56± 0.29 picchi per ora)5 (Figura 2). La fase successiva (stadio 4) è caratterizzata da un deciso aumento dell’ampiezza dei pulses (Figura 2). Persiste, tuttavia, una certa differenza tra le ore diurne e le ore notturne5. Allo stadio 5, le pulses tendono a smorzarsi con l’instaurarsi di una s e c rezione relativamente tonica, anche se alcuni soggetti mantengono caratteristiche simili a quelle dello stadio precedente. In ambedue i casi viene comunque coperto l’intero arco delle 24 ore. L’intervallo tra i picchi in questa fase di maturazione puberale (stadio 4 e 5) è di 2.2 ± 0.6 per ora, con una frequenza massima tra le 12 e le 14 (0.52 ± 0.30 picchi per ora). I livelli medi di LH e FSH nelle 24 ore aumentano pro g ressivamente durante la maturazione puberale sia nei maschi che nelle femmine5 (Figura 2). La pubertà precoce gonadotropino-dipendente e le sue varianti nella femmina La comparsa dei caratteri sessuali secondari viene considerata precoce quando si verifica ad una età inferiore a 2.5 deviazioni standard rispetto alla media della popolazione: questa corrisponde nella femmina al raggiungimento di uno stadio II di sviluppo mammario prima dell’età di 8 anni. Si definisce pubertà precoce vera o pubertà precoce centrale (PPC) la comparsa precoce dei caratteri sessuali secondari, associata a tutte le manifestazioni tipiche della pubertà come risultato di un alterato funzionamento del “gonadostat” (pubertà precoce “gonadotropino-dipendente”)6. Alcuni Ricercatori Statunitensi sono più restrittivi nel formulare la diagnosi di PPC e considerano precoce la comparsa del bottone mammario prima dei 7 anni7. La pubertà precoce gonadotro p i n o - d i p e ndente può essere primitiva o idiopatica e secondaria a lesioni del Sistema Nervoso Centrale (SNC). Nel primo caso è dovuta alla precoce attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, con conseguente comparsa dei caratteri sessuali secondari, rapido aumento della velocità di crescita ed accelerazione della età ossea6. Questo tipo di pubertà precoce è 4-5 volte più frequente nelle femmine e nel 25% dei casi compare prima dei 6 anni di età6-8, può essere sporadica o familiare. Gli esami di laboratorio evidenziano: aumento dell’ampiezza dei picchi spontanei di LH, inizialmente nelle ore notturne; aumentata risposta dell’LH ed FSH al GnRH test; aumentato livello di steroidi sessuali (estradiolo). La pubertà precoce neurogena riconosce diverse cause, fra cui i tumori del SNC, difetti embriogenetici (idrocefalo, spina bifida), infezioni del SNC, encefalopatia neonatale, traumi del SNC e neurofibromatosi6. In questi casi lo sviluppo puberale precoce può essere preceduto o accompagnato da altra sintomatologia riferibile al processo morboso primitivo, quali sintomi visivi, alterazioni comportamentali, segni e sintomi di ipertensione endocranica. Negli studi riportati in letteratura, condotti in ambito ospedaliero, una PPC era secondaria ad alterazioni del SNC nell’8-33% delle bambine. I fattori predittivi per patologia del SNC sono stati7: a. la giovane età alla comparsa della maturazione puberale (< 6 anni); b. la presenza contemporanea di peluria pubica; c. una età ossea particolarmente avanzata (> 2 anni rispetto all’età cronologica); d. l’aumento delle concentrazioni plasmatiche di gonadotropine; e. un aumento dei livelli plasmatici di estradiolo. Negli ultimi 30 anni, oltre alla PPC, sono state descritte diverse varianti temporali o quantitative del fisiologico sviluppo puberale, in particolare è stato riportato uno spettro di disordini che comprende: Volume 12, n. 2, 2009 55 a. il telarca precoce (Figura 3 e 4); b. il telarca variante; c. la pubertà precoce centrale a lenta evoluzione; d. la pubertà precoce centrale (Figura 5); e. la pubertà precoce centrale a rapida evoluzione; f. la pubertà anticipata. Figura 3. Telarca transitorio del lattante. È una condizione benigna che si esaurisce spontaneamente. (V. De Sanctis, osservazione personale). Figura 5. Pubertà precoce centrale in una bambina di 8 anni. Il telarca è comparso all’età di 6 anni. Erano presenti: accelerazione della crescita staturale e dell’età ossea, gonadotropine ed estrogeni nel range puberale, modificazioni puberali dell’utero ed ovaie all’ecopelvi. La RM della regione ipotalamo-ipofisi non ha documentato la presenza di patologie. (V. De Sanctis, osservazione personale). La pubertà anticipata Figura 4. Telarca precoce isolato in una bambina di 20 mesi. L’areola ed il capezzolo non presentavano modificazioni del colore, i genitali esterni erano di tipo prepuberale. La statura e la velocità di crescita erano normali, l’età ossea risultava poco avanza per l’età. Le gonadotropine e gli estrogeni erano nel range prepuberale. (V. De Sanctis, osservazione personale). È stata descritta nel 1975 da Bierich10, viene definita: l’insorgenza dei primi segni di sviluppo puberale tra i 7 e gli 8 anni di età e/o della comparsa del menarca prima dei 10 anni. La frequenza della pubertà anticipata, nel gruppo delle bambine con comparsa del telarca tra i 7 e gli 8 anni di età, varia dal 75% al 78%7-9. Il menarca anticipato è presente nell’1.1% della popolazione Ferrarese (osservazioni personali). Una revisione della letteratura dal 2000 al 2005 ha riportato una alterazione del SNC, dopo RM cerebrale, nel 2%-11% dei casi di pubertà anticipata8, 9, 11. In particolare, in uno studio retrospettivo8 francese sono state analizzate 197 bambine con PPC seguite in un singolo centro di endo- Volume 12, n. 2, 2009 56 crinologia pediatrica, a Parigi, dal 1982 al 1998. La RM cerebrale rivelò una alterazione del SNC (1 glioma, 1 amartoma) in 2 bambine bianche (8%) che non avrebbero necessitato di accertamenti neuroradiologici sulla base delle raccomandazioni della Lawson Wilkin Pediatri Endocrine Society (LWPES). Lo sviluppo puberale era iniziato all’età di 7 anni e non era insolitamente rapido. Le rispettive velocità di crescita erano -1.8 e 0.5 DS e lo sviluppo del seno era allo stadio 3 di Tanner. L’avanzamento della età ossea era inferiore a 2 anni (0.2-1.9 anni). Le stature definitive previste erano superiori a 150 cm (161 e 159 cm) e la differenza tra le stature previste e quelle geneticamente calcolate erano inferiori a -2 e -1 cm. Nessuna delle due pazienti aveva lamentato cefalea o presentato crisi convulsive, deficit neurologici focali o alterazioni negative dello stato emotivo. La paziente con glioma era anche portatrice di deficit di ormone della crescita, che giustificava la bassa velocità di crescita ed il modesto avanzamento della età ossea. In base alle analisi variate, le principali associazioni con alterazioni del SNC sono l’età all’esordio della pubertà < 6 anni e l’assenza di peluria pubica, in occasione della prima valutazione6, 9, 11. Associazioni minori, ma comunque significative, sono: un valore di E2 > 110 pmol/L, un picco del FSH > 20 U/L ed un DFSH > 15 U/L11. Terapia della PPC e della pubertà anticipata Il trattamento della pubertà precoce è dipendente dal tipo di patologia sottostante. Le lesioni a carico del SNC possono richiedere un approccio multidisciplinare, che include la chirurgia, la chemioterapia e/o la radioterapia. La pubertà precoce centrale idiopatica e la pubertà anticipata possono interferire con il raggiungimento di una statura adulta compatibile con il bersaglio genetico e, in alcune pazienti, anche con un armonico sviluppo psicologico9, 11. Nella terapia della pubertà precoce gonadotropino-dipendente, da circa 25 anni, è disponibile un gruppo di farmaci, analoghi strutturali del GnRH (GnRHa), che bloccano la progressione dello sviluppo puberale interferendo con i meccanismi patogenetici della PPC. Si tratta di derivati sintetici del decapeptide naturale GnRH ottenuti inserendo in posizione 6 vari d-aminoacidi e in posizione 10 etilamide al posto della glicina per aumentare la resistenza alla proteolisi e l’affinità del recettore al GnRH12-14. Se il GnRH viene somministrato in modo pulsatile, mimando quanto avviene fisiologicamente a livello ipotalamico, durante e dopo lo sviluppo puberale, si ottiene un aumento dei livelli ematici di LH ed FSH. Questo effetto viene utilizzato nella terapia di varie condizioni cliniche accomunate da una alterata e/o diminuita secrezione di GnRH (ipogonadismo ipogonadotropo). Se, al contrario, il GnRH viene somministrato in modo continuo (GnRHa) si ottiene, dopo un iniziale incremento del rilascio gonadotropinico, una condizione di refrattarietà dell’ipofisi all’ulteriore stimolazione con GnRH endogeno12-14. La terapia ha lo scopo di: a. arrestare la progressione dello sviluppo puberale e/o ridurre la regressione dei caratteri sessuali secondari; b. normalizzare la velocità di crescita staturale; c. rallentare la progressione della maturazione ossea per garantire una statura definitiva adeguata la bersaglio genetico d. alleviare i disturbi psicologici ed i problemi sociali, sia per i pazienti che per i genitori15. Nella maggioranza degli studi la statura finale delle pazienti trattate con GnRHa si colloca in una posizione intermedia, tra quella prevista all’inizio della terapia ed il bersaglio genetico. L’unico studio che ha confrontato i risultati della terapia con analoghi, in 2 gruppi di bambine con pubertà anticipata, è quello riportato da Carel et al. nel 199916. Gli Autori hanno osservato, nel 64% delle bambine trattate con GnRHa tra i 6 e gli 8 anni di età un incremento della statura finale uguale o superiore a 5 cm. Questi risultati non verrebbero ottenuti se la terapia viene iniziata in una fascia di età più avanzata (7.5-8.5 anni)17. È stato ampiamente documentato che la Volume 12, n. 2, 2009 57 pubertà anticipata, a lenta progressione, non necessita di terapia farmacologia in quanto il potenziale di crescita non sembra essere compromesso18. In conclusione, si ritiene che il trattamento della pubertà anticipata con GnRHa debba essere limitato alle pazienti con una o più delle seguenti condizioni: 1. pubertà accelerata in una bambina di età inferiore a 7.5 anni; 2. statura prevista patologica (< 3° centile) o ridotta rispetto alla statura bersaglio; 3. drammatica riduzione nella altezza prevista, nel corso dei 6 mesi di follow-up; 4. presenza di importanti problemi psicologici secondari allo sviluppo puberale precoce. Dopo la sospensione del trattamento nelle bambine trattate il menarca, usualmente, compare entro 11.6 ± 11 mesi (range 5-61 mesi). Il ripristino della normale ciclicità mestruale, quando viene sospeso il GnRHa, rappresenta un altro parametro per valutare il successo del trattamento nella pubertà precoce gonadotropino-dipendente. Jay et al.19 hanno esaminato, per un periodo che si è prolungato fino a 7 anni dopo l’interruzione del trattamento, 46 pazienti di sesso femminile, trattate per almeno 2 anni, ed hanno rilevato un andamento mestruale ed ovulatorio sovrapponibile a quello della normale adolescenza. Dopo l’interruzione del trattamento, erano presenti regolari cicli, di durata compresa tra 25 e 35 giorni, nel 41% dei soggetti dopo 1 anno e nel 65% dopo 3 o più anni. Entro 2 anni, il 90% dei cicli era ovulatorio. Inoltre, sono state registrate 5 gravidanze, a conferma di un normale potenziale riproduttivo. L’esperienza degli ultimi 14 anni indica, quindi, che i GnRHa sono efficaci e ben tollerati e devono essere considerati l’opzione terapeutica per il trattamento della pubertà precoce gonadotropino-dipendente. Storia mestruale nelle ragazze con pubertà anticipata Non sono disponibili, in letteratura, dati che si riferiscono esclusivamente alle ra- gazze trattate con GnRHa. In un gruppo di 84 donne adulte con storia clinica di pubertà anticipata (menarca all’età media di 9.4 anni), non trattate con analoghi del GnRH, abbiamo registrato un regolare ciclo mestruale nell’85%, oligomenorrea nell’11.9% e menorragia nel 2.3% dei casi. La durata del follow-up è stata di oltre 27 anni (osservazioni personali). Problemi a distanza nella pubertà anticipata Apter e Vihko20 hanno documentato che le ragazze con menarca anticipato presentano precocemente cicli ovulatori. Tutto ciò richiama l’attenzione sull’aumentata esposizione di questa categoria di ragazze a gravidanze in giovanissima età. Alcuni studi, inoltre, riferiscono una possibile associazione della pubertà anticipata e/o menarca anticipato con un aumentato rischio di cancro della mammella20-22, patologia cardiovascolare23 e problemi psicosociali15. Nella nostra casistica non è stato documentato un aumentato rischio di patologia tumorale mammaria nelle 81 donne che avevano presentato una pubertà anticipata. Conclusioni Nel complesso, queste osservazioni suggeriscono l’opportunità di una più sistematica ed omogenea osservazione delle bambine con pubertà anticipata allo scopo di: diagnosticare tempestivamente eventuali forme non idiopatiche, prevenire eventuali problemi di ordine psicologico e comportamentale, raggiungere una più completa conoscenza di tutti gli aspetti della naturale evoluzione della pubertà anticipata. Queste conoscenze contribuirebbero ad una migliore definizione dei criteri di scelta per un eventuale trattamento volto a ritardare l’evoluzione delle varie fasi puberali e dell’età di comparsa del menarca. Prima di intraprendere una terapia con GnRHa è opportuno ricordare che la normativa in vigore nel nostro Paese (nota CUF 51) indica come limite inferiore di età per l’inizio del trattamento la comparsa della pubertà prima dei 7 anni nella femmina e 9 anni nel maschio. Volume 12, n. 2, 2009 58 Bibliografia 1. Aicardi G, De Toni E, Di Battista E, et al. Eventi morfo-biologici della pubertà. Riv Ital Ped 1985; 11:222-230. 2. Brook CGD, Stanhope R. Normal puberty: physical characteristics and endocrinology. In: CGD Brook Ed. Clinical Pediatric Endocrinology. II Ed. Blackwell Scientific Publications, Oxford, 1989. 3. Collu R. Neuroendocrine control of pituitary hormone secretion. In: R Collu, JR Ducharme, HJ Guyda Eds, Pediatric Endocrinology. II Ed. Raven Press Ltd. New York, 1989. 4. 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Si intuì già allora l’importanza di creare un forte movimento di pensiero per affermare il ruolo fondamentale dello specialista dermatologo nelle problematiche legate all’aging e gli inestetismi cutanei. Fu così che, io per primo, misi a disposizione tutte le mie già importanti conoscenze giornalistiche e i miei buoni contatti con numerose realtà imprenditoriali del settore farmaceutico e dermocosmetico per divulgare e sostenere il nascente progetto. Fondamentale fu l’approvazione del mondo accademico e dell’allora consiglio direttivo della SIDEV (il compianto Prof. Caputo ne era il Presidente) che all’unanimità intuì la potenzialità e l’utilità per tutti del progetto. Grazie all’entusiasmo di un gruppetto di valorosi colleghi, che ancora adesso fanno parte del comitato direttivo o sono responsabili regionali, l’associazione nacque e mosse i suoi primi passi. Per la prima volta si tennero corsi pratici itineranti (in dieci anni ne sono stati fatti oltre cento), in cui colleghi esperti, senza remore e gelosie, insegnavano ai meno esperti come usare un filler, un peeling, un laser, etc. Fu da subito un grande successo! Nasceva la “Dermatologia Plastica” e ci si slegava dall’assoggettamento alla medicina estetica! In contemporanea partì la comunicazione sui media: si cominciò a parlare sui giornali e in TV di “dermatologia plastica” o “dell’ISPLAD”: tutto per sostenere il ruolo importante del dermatologo, come unico riconosciuto specialista, nel settore del benessere cutaneo. In dieci anni sono apparsi più di 1.300 articoli! Per rafforzare tutto si sono organizzate ogni anno grandi “campagne di prevenzione”, esse hanno contribuito a far conoscere su tutto il territorio italiano molti giovani colleghi ed hanno creato nuovo lavoro. Incredibile pensare come tutto questo sia stato fatto senza che nessun dermatologo abbia dovuto spendere nulla! Nel dicembre 2001 partì il sito www.isplad.org, nel 2008 esso è stato letto da quasi 800.000 visitatori unici e secondo le previsioni alla fine di quest’anno dovrebbe raggiungere o superare il milione di visitatori: fantastico! Naturalmente sul sito si trovano tutti i nomi dei soci con il loro paese di residenza. Le due segretarie dell’ISPLAD, grazie a questi contatti, ricevono ogni giorno molte telefonate ed e-mail che richiedono informazioni su argomenti di dermatologia, terapie dermoplastiche e nominativi di dermatologi che le eseguono. Nel 2005 prese vita “JPD”, subito diventata la rivista scientifica di riferimento per la Dermatologia Plastica, apprezzatissima per la qualità degli articoli e per la veste editoriale; inviata gratuitamente a tutti dermatologi. In tutti questi anni ogni iniziativa è stata improntata affinchè al dermatologo plastico fosse riconosciuta serietà e preparazione. Mai sono stati trascurati o sottovalutati gli effetti collaterali di ogni terapia presa in esame. Già dieci anni fa fummo i primi a criticare e a voler mettere al bando i “filler permanenti”, mentre in tutti i congressi di medicina estetica essi imperavano e se ne vantavano le lodi. Per studiare meglio gli effetti collaterali delle terapie estetiche fu creato “l’Osservatorio Dermoplastico” e, con l’Istituto Superiore di Sanità, realizzammo un miliare convegno a Roma nel 2007. Si potrebbe parlare ancora di molte altre cose avvenute in questo decennio, ma basta constatare l’incredibile numero di circa 2.000 soci (tutti dermatologi) per capire come il progetto abbia avuto successo. Ma è giunto adesso il momento, importante, in cui vorrei fare i miei auguri più cari ad Andrea Romani che nel giugno di quest’anno è stato nominato all’unanimità come Primo Presidente del Consiglio Direttivo ISPLAD, egli assumerà tutti i poteri e le responsabilità giuridiche dell’associazione per i prossimi due anni. Auguri di cuore anche a Mariuccia Bucci nominata Vicepresidente e ad Elisabetta Perosino nominata Segretario Generale. Ancora un caro ringraziamento ad Ornella De Pità che lascia la sua carica di Vicepresidente per assumere la prestigiosa carica di Presidente dell’ADOI. Io manterrò la veste formale di Presidente Fondatore e sperando di poter dedicare finalmente qualche week-end in più alla mia famiglia (a cui molto tempo ho sottratto in questi dieci anni) cercherò di non far mancare, finché potrò, il mio entusiasmo e la mia energia affinché “la Dermatologia Plastica” e “l’ISPLAD” siano sempre più di aiuto a tutti i colleghi che credono nell’importanza di essere dermatologi. Antonino Di Pietro Volume 12, n. 2, 2009 64 Effetti di un prodotto topico in lozione e shampoo a base di timo-peptidi nel telogen effluvium cronico e nell’alopecia androgenetica iniziale della donna Donne Dermatologhe Italia - DDI Introduzione La terapia del telogen effluvium (TE) cronico 1-3 e dell’alopecia andro g e n e t i c a (AGA) 4-6 richiede tempi lunghi di trattamento. Infatti sono due quadri dermatologici che impegnano i pazienti per mesi (TE) e anni (AGA). È necessario quindi che il dermatologo riesca a far comprendere ai pazienti che la risposta terapeutica e la stabilizzazione del quadro clinico richiedono applicazioni giornaliere e continuate. In un precedente lavoro abbiamo valutato gli effetti clinici dei timo-peptidi di sintesi nelle patologie sopramenzionate, per un periodo di tre mesi 7. Sulla scorta dei risultati positivi ottenuti è stato ritenuto utile prolungare l’esperienza (oltre tale periodo) per confermarne efficacia e tollerabilità. Pertanto in questo lavoro riportiamo gli effetti ottenuti nel TE cronico e nell’AGA iniziale femminile dopo un periodo di 6 mesi. Le esperienze del passato con gli estratti timici, somministrati per via topica nella cura dei disturbi del follicolo pilifero, hanno dato risultati positivi dal punto di vista clinico 8-10. Queste esperienze, tuttavia, sono state condotte con peptidi di derivazione animale con inevitabili rischi oggi non più ammissibili. I peptidi timici utilizzati in questo studio sono stati ottenuti attraverso tecniche di laboratorio (GKL02 FACTOR). Il loro basso peso molecolare ne assicura l’assorbimento e l’efficacia biologica. Obiettivo Lo scopo dello studio è stato quello di valutare gli effetti di una lozione e shampoo a base di timo-peptidi di sintesi (Timosint®) nel trattamento del TE cronico e delle fasi iniziali dell’AGA femminile dopo un periodo d’uso di sei mesi con particolare riferimento alla loro efficacia e tollerabilità. Materiali e metodi Popolazione oggetto dello studio Sono state arruolate per lo studio due popolazioni di pazienti di sesso femminile: Il primo gruppo comprendeva 10 pazienti con AGA iniziale mentre Il secondo gruppo comprendeva 105 pazienti con TE cronico che hanno utilizzato il prodotto oggetto dello studio per un periodo di 180 gg. Criteri di inclusione – Pazienti di sesso femminile, di età compresa tra i 16 e i 70 anni; – Pazienti affette da TE cronico (oltre 6 mesi) o da AGA iniziale; – Sospensione delle terapie topiche farmacologiche e/o cosmetiche specifiche da almeno 30 giorni. Criteri di esclusione – Pazienti di sesso maschile; – Pazienti di età < 16 anni e > 70 anni; – Pazienti in gravidanza e allattamento; – Pazienti affette da malattie sistemiche gravi; – Pazienti in trattamento con farmaci e/o cosmetici specifici; – Pazienti con allergia nota ad uno dei componenti del prodotto. Dose e somministrazione Il prodotto, la cui composizione aminoacidica è riportata nella Tabella 1, è stato applica- Volume 12, n. 2, 2009 65 Tabella 1. Composizione in aminoacidi di GKL02 FACTOR. Aminoacido Acido aspartico (Asp) Treonina (Thr) Serina (Ser) Acido glutamico (Glu) Prolina (Pro) Glicina (Gly) Alanina (Ala) Cisteina (Cys) Valina (Val) Metionina (Met) Isoleucina (Ile) Leucina (Leu) Tirosina (Tyr) Fenilalanina (Phe) Istidina (His) Lisina (Lys) Arginina (Arg) % w/w 6,18 2,86 2,09 8,6 8,12 33,45 11,21 0,09 4,88 0,44 2,91 5,42 0,01 1,98 0,2 6,98 4,59 to alla dose di 2 ml due volte al dì per 15 giorni, poi 2 ml una volta al dì per 22 settimane, per un totale di 24 settimane (6 mesi). Le pazienti sono state istruite a lavare il cuoio capelluto 2-3 volte alla settimana con shampoo non medicato (Timosint® shampoo con timo-peptidi di sintesi). Parametri di valutazione La valutazione clinica è stata eff e t t u a t a mediante la compilazione di una scheda da parte del medico specialista al momento dell’arruolamento, a 30 gg (T1), 90 gg (T2) e a 180 gg (T3). Sono stati valutati i seguenti parametri: Pull test: la valutazione si è basata sulla seguente scala: Grado 1 = neg (1-2 capelli); Grado 2 = pos + (3-4 capelli); Grado 3 = pos ++ (5-6 capelli); Grado 4 = pos +++ (> 6 capelli) e veniva effettuata al momento dell’arruolamento, dopo 30 gg (T1), dopo 90 gg (T2) e 180 gg (T3). La significatività del miglioramento del Pull test è stata valutata utilizzando il test non parametrico di Wilcoxon per dati appaiati. Desquamazione, Seborrea, Eritema, Prurito: La valutazione è stata fatta secondo il seguente score: score 1 = neg; score 2 = pos +; score 3 = pos ++; score 4 = pos +++ con il fine di mettere in evidenza la % di miglioramento dopo 30 gg (T1), 90 gg (T2) e 180 gg (T3) di trattamento. Le pazienti sono state giudicate: a) migliorate se passate ad uno score inferiore; b) invariate se hanno mantenuto la stesso score e c) peggiorate se passate ad uno score superiore. È stato inoltre richiesto un giudizio da parte del medico a 30 gg (T1), 90 gg (T2) e 180 gg (T3) su Efficacia e Tollerabilità. Tale valutazione si è basata sul seguente grado di giudizio: Neg (scarsa); Pos + (discreta); Pos ++ (buona); Pos +++ (ottima). Lo sperimentatore ha chiesto alle pazienti un parere circa il gradimento cosmetologico del trattamento basato su: consistenza del capello, gradevolezza della lozione e dello shampoo utilizzando la seguente scala: Neg (scarso); Pos + (discreto); Pos ++ (buono); Pos +++ (ottimo). Alla fine del trattamento è stato richiesto alle pazienti: a) un giudizio finale circa l’efficacia del trattamento (ottimo, buono, discreto, sufficiente e scarso); b) un giudizio di questo trattamento rispetto ai precedenti (migliore, uguale, peggiore). Risultati Gruppo di pazienti con AGA La Tabella 2 riassume la popolazione femminile arruolata con AGA. Tabella 2. Pazienti con AGA. Età media: 31,3 anni Età Numerosità % 16-30 6 60% 31-45 2 20% 46-60 2 20% > 60 0 0% Totale 10 100% Pull test Si è avuto miglioramento del test in maniera progressiva sino ad arrivare alla normalizzazione di tutte le pazienti dopo 180 gg (T3) di trattamento, 3 pazienti che risultavano positive a 90 gg sono diventate negative a 180 gg. L’analisi statistica tra T0 e T3 è risultata essere significativa: p = 0,002 (Figura 1). Desquamazione (D), Seborrea (S), Eritema (E), Prurito (P) valutati a T3 (180 gg) hanno dato i seguenti risultati (Figura 2): Volume 12, n. 2, 2009 66 Pull test Efficacia 100% 90% 80% Ottima 50% Buona 50% 3 70% 60% 8 50% 10 40% Figura 3. AGA. Giudizio dello sperimentatore al termine del trattamento. 7 30% 20% 10% 2 Tollerabilità 0% T0 Assente 90 gg Pos + 180 gg Pos ++ Pos +++ Buona 40% Figura 1. AGA. Numero di pazienti in cui il Pull test è risultato essere: assente; pos +; pos ++; pos +++ al tempo T0, 90 gg, 180 gg. Il miglioramento tra T0 e 80 gg è statisticamente significativo: p = 0,002. Ottima 60% Segni clinici Prurito 100 Eritema 100 Seborrea 100 Desquamazione 100 Figura 4. AGA. Giudizio dello sperimentatore al termine del trattamento. Gradimento cosmetologico 100% 90% 80% 70% 60 60 60 40 40 40 60% 0% 50% Migliorate Invariate 100% Peggiorate 50% 40% 30% Figura 2. AGA Pazienti (%): migliorate, invariate, peggiorate dopo 180 gg (T3) di trattamento. 20% 10% 0% D S E P = = = = migliorata migliorata migliorato migliorato 100% 100% 100% 100% Efficacia e Tollerabilità Il giudizio dello sperimentatore, in merito all’efficacia, dopo 180 gg di trattamento è stato: a) ottimo nel 50% delle pazienti; b) buono nel 50% (Figura 3). Il giudizio dello sperimentatore in merito alla Gradevolezza Gradevolezza shampoo shampoo Scarso Discreto Buono Consistenza capello Ottimo tollerabilità è stato: a) ottimo nel 60% delle pazienti; b) buono nel 40% (Figura 4). Non è stato registrato nessun effetto collaterale. Gradimento cosmetologico Il giudizio delle pazienti sul gradimento cosmetologico del trattamento è stato unifor- Figura 5. AGA. Giudizio del paziente su: gradevolezza lozione, shampoo e consistenza capello. Volume 12, n. 2, 2009 67 memente positivo. Le valutazioni relative alla gradevolezza della lozione, dello shampoo e della consistenza del capello sono riassunte nella Figura 5. Giudizio finale delle pazienti Le pazienti hanno espresso un giudizio buono nel 50% dei casi e ottimo nel 50% dei casi. La lozione e lo shampoo utilizzate sono stati ritenuti migliori dei precedenti trattamenti cosmetici nel 100% dei casi. Gruppo di pazienti con telogen effluvium La Tabella 3 riassume la popolazione femminile arruolata con TE. Pull test 13 90% 1 6 25 80% 28 70% 36 60% 50% 40% 33 73 66 30% 20% 23 10% 0% Tabella 3. Pazienti con AGA. 1 10 100% T0 Assente 90 gg Pos + 180 gg Pos ++ Pos +++ Età media: 39,96 anni Età Numerosità % 16-30 32 30,48% 31-45 39 37,14% 46-60 22 20,95% > 60 12 11,43% Totale 105 100% Pull test Il Pull test ha dimostrato un ulteriore miglioramento in quanto 7 pazienti che risultavano positive a 90 gg sono diventate negative a 180 gg. Il miglioramento del Pull test, valutato statisticamente, tra T0 e T3 è risultato essere altamente significativo e precisamente: confronto T0 verso T3 p < 0,0001(Figura 6). Desquamazione (D), Seborrea (S), Eritema (E), Prurito (P) valutati a T3 (180 gg) hanno dato i seguenti risultati (Figura 7): D = migliorata 87%; invariata 9%; peggiorata 4% S = migliorata 83%; invariata 15%; peggiorata 2% E = migliorato 91%; peggiorato 9% P = milgliorato 91%; peggiorato 9% Efficacia e Tollerabilità Il giudizio dello sperimentatore, in merito all’efficacia, dopo 180 gg di trattamento è stato positivo nel 92% dei casi (Figura 8). Il giudizio dello sperimentatore in merito alla tollerabilità è stato positivo nel 100% (Figura 9). Non è stato registrato nessun effetto collaterale. Figura 6. Telogen effluvium cronico Numero di pazienti in cui il Pull test è risultato essere: assente; pos +; pos ++; pos +++ al tempo T0, 90 gg e 180 gg. La significatività è stata: T0 verso T3 p < 0,0001 altamente significativa. Segni clinici Prurito 91 9 Eritema 91 9 83 Seborrea 15 2 9 4 87 Desquamazione 0% 20% Migliorate 40% 60% Invariate 80% 100% Peggiorate Figura 7. Telogen effluvium cronico Pazienti (%): migliorate, invariate, peggiorate dopo 180 gg (T3) di trattamento. Gradimento cosmetologico Il giudizio delle pazienti sul gradimento cosmetologico del trattamento è stato uniformemente positivo. Le valutazioni relative alla gradevolezza della lozione, dello shampoo e della consistenza del capello sono riassunte nella Figura 10. Giudizio finale delle pazienti Le pazienti hanno espresso un giudizio ottimo nel 41% dei casi, buono nel 36%, discre- Volume 12, n. 2, 2009 68 Efficacia Gradimento cosmetologico Scarsa 8% Ottima 19% 100% 90% 18 25 29 80% Discreta 25% 70% 60% 48 44 50% 43 40% Buona 48% 30% 20% Figura 8. Telogen effluvium cronico Giudizio dello sperimentatore al termine del trattamento. 28 25 3 3 10% 0% 27 7 Gradevolezza Gradevolezza Consistenza shampoo shampoo capello Scarso Discreto Buono Ottimo Tollerabilità Ottima 28% Discreta 28% Buona 44% Figura 9. Telogen effluvium cronico Giudizio dello sperimentatore al termine del trattamento. to nel 16%, sufficiente nel 4% e scarso nel 3%. La lozione e lo shampoo utilizzate sono stati ritenuti migliori dei precedenti trattamenti cosmetici nell’75% dei casi, uguale nel 23% e peggiore nel 2%. Conclusioni Lo scopo dello studio è stato quello di valutare, per un periodo relativamente lungo (sei mesi), un composto (Timosint®) basato su un principio “funzionale” rappresentato da peptidi di sintesi a basso peso molecolare, sostanze naturali (Vitamina E, caffeina, Urtica dioica) e ingredienti cosmetici (proteine vegetali, pantenolo). I timo-peptidi di sintesi (contenuti sia nella lozione che nello shampoo) sono caratterizzati da un basso peso molecolare e sono stati ottenuti per sin- tesi e non attraverso estrazione da tessuti animali. Il peso molecolare medio dei singoli peptidi varia da 180 a 600 daltons e ciò favorisce la loro penetrazione trans-follicolare dopo applicazione topica 11. La composizione aminoacidica di tali peptidi ne determina gli effetti biologici. Il composto agisce: a) come pool per la sintesi delle cheratine 12; b) nella stimolazione della crescita cheratinocitaria 13; c) nella partecipazione all’omeostasi immunologica della cute 14. Gli “attivi” naturali (caffeina-Vitamina E-Urtica dioica) migliorano le condizioni di crescita del capello stimolando la produzione di energia necessaria al metabolismo follicolare e svolgendo un’azione di “scavanger”. Gli ingredienti cosmetici (estratti vegetali-pantenolo e pro t e i n e vegetali) aumentano il volume e la pettinabilità dei capelli. Dopo sei mesi di trattamento è stato registrato un miglioramento del Pull test: tre pazienti con AGA e sette con TE cronico che erano ancora positivi dopo 90gg si sono normalizzati dopo i sei mesi di trattamento. Si può desumere che l’effetto positivo del prodotto si è esteso oltre agli iniziali 3 mesi di trattamento ed è l’espressione dell’attività stimolante dei timo-peptidi sulla fase di crescita dei cheratinociti. I sintomi desquamazione, seborrea, eritema e prurito sono ulteriormente migliorati sino alla fine del trattamento dei 6 mesi. Tali effetti sono l’espressione indiretta di una azione sul metabolismo dei cheratinociti, sul processo dell’infiammazione cutanea e sulla produzione di sebo. Sia la lozione che lo shampoo conten- Figura 10. Telogen effluvium cronico Giudizio del paziente su: gradevolezza lozione, shampoo e consistenza capello. Volume 12, n. 2, 2009 69 gono attivi naturali come: tocopheryl acetate, caffeina, pantenolo, estratti vegetali in grado di migliorare le qualità cosmetologiche dei fusti pilari 15. L’efficacia e la tollerabilità sono state confermate anche a 6 mesi. La tollerabilità e le qualità cosmetologiche dei prodotti utilizzati, diventano cruciali quando i tempi di trattamento sono inevitabilmente lunghi come in questi casi. I dati ottenuti, confermano che l’uso della lozione e dello shampoo hanno avuto una ottima compliance da parte delle pazienti. Le citate qualità cosmetologiche dello shampoo sono state particolarmente apprezzate dalle pazienti che hanno riferito miglioramento del volume e della lucentezza dei capelli. In conclusione questa esperienza con peptidi a basso peso molecolare nel trattamento di alcune frequenti condizioni patologiche del cuoio capelluto come il TE cronico e l’AGA iniziale, dimostra che è possibile ottenere una risposta clinica sia sul fenomeno della caduta che sui sintomi ad essa associati come: desquamazione, seborrea, eritema e prurito. Si conferma pertanto, come già postulato nella fase progettuale dello studio che i peptidi a basso peso molecolare esercitano un effetto positivo sui quadri clinici considerati. Il progressivo miglioramento del Pull test sottolinea che il trattamento deve essere condotto per un lungo periodo affinchè lo stimolo portato a livello follicolare possa favorire: a) un veloce recupero del numero di capelli persi nel TE cronico; b) un rallentamento dell’evoluzione della miniaturizzazione dei capelli nell’AGA. Bibliografia 1. Headington JT. Telogen effluvium: new concepts and review. Arch Dermat 1993; 129:356-63. 2. Rebora A. Telogen effluvium. Dermatology 1997; 195:209-12. 3. Whiting DA Chronic telogen effluvium. Dermatol Clin 1996; 14:723-31 4. Rushton DH, Ramsay ID, James Kc, et al. Biochemical and trichological characterization of diffuse alopecia in women. Br J Dermatol 1990; 123:187-97. 5. Rushton DH. Management of hair loss in women. Dermatol Clin 1993; 11:47-53. 6. Ludwig E. Classification of types of androgenetic alopecia (common baldness) occurring in the female sex. Br J Dermatol 1977; 97:247-54 7. Donne Dermatologhe Italia (DDI). Clinical Investigation of the effects of topical lotion and shampoo containing synthetic thymus peptides on androgenetic and chronic telogen effluvium in women J Plastic Dermatol 2008; 4:199-205. 8. Mossler K, Hagedorn M. Local therapy with Thymus extract in patients with Alopecia areata totalis and universalis German Dermatol 1993; 11:3-8. 9. Misciali C, Gnucci E, Borrello P, Tosti A. Studio di un prodotto contenente estratti della ghiandola del timo nella alopecia androgenetica femminile. Ann Ital Dermatol Clin Speriment 1994; 48:39-41. 10. Klobusch J, Mossler K, Rabe T, Runnebaum B. Current approach in the diagnosis and therapy of alopecia in gynecology. Ther Umach 1990; 47:985-90. 11. PhaCos: Pharmakokinetische Untersuchungen von GKLO2. Studien N. 9907. Internal Report 1999 12. Bosco I. “Le cheratine e la loro composizione in aminoacidi” in: Bosco I (Eds) “Dermatologia generale” SEU, Roma, 1970; 117. 13. NeuroBiotec: Investigation of skin irritation of GKLO2 as aqueous solution (10%) using the EpiDerm model MatTek Corporation, Ashland, (USA), Internal Investigational Report 2005. 14. Maurer HR. Preclinical investigation of thymic preparations GKLO1 and GKLO2. Internal Investigational Report 2005. 15. Rondanelli M. “Le vitamine-come, quando, perché, Centro Scientifico Editore, Torino, 1995. Tratto da: Journal of Plastic Dermatology 2009; 5. Partecipanti Andreassi Maria Gabrielle Barba Annalisa Barbaso Daniela Bassissi Paola Belloli Cristiana Benedetti Maria Cristiana Bertazzoni Marina Cannavò Patrizia Cantù Alessandra Maria Capezzera Rossana Caporicci Giuliana Carmagnola Anna Ciuffreda Adriana Cocciò Giovanna Costa Carla Maria De Padova Maria Pia Di Landro Anna Domaneschi Elisabetta Fabbrocini Gabriella Ferrara Caterina Fileccia Piera Giuliano Giuseppina Lapucci Ezia Lazzerini Sabrina Mazzola Giuseppina Montalbano Maddalena Pucci Romano Rigoni Corinna Solaroli Carmen Strumia Renata Tedeschi Aurora Tosti Antonella Vanotti Paola Zane Cristina Chieti Verona Torino Parma Milano Ponte a Moriano (LU) Vicenza Messina Milano Brescia Pollenza (MC) Torino Milano S. Benedetto del T. (AP) Parma Bologna Brignano D'Adda (BG) Cremona Napoli Spadafora (ME) Roma Pisa Ortonovo (SP) Gattico (NO) Palermo Milano Roma Milano Torino Ferrara Catania Bologna Luvinate (VA) Brescia Volume 12, n. 2, 2009 59 Neoplasia prostatica: ruolo della risonanza magnetica Alessandro Bertaccini Introduzione L’esame può essere eseguito mediante bobine di superficie applicate sulla regione sovrapubica oppure con bobine specifiche endorettali. Le bobine endorettali consentono di ottenere immagini con migliore risoluzione spaziale e di contrasto, ma presentano un ridotto campo di vista e la possibilità di artefatti legati alle contrazioni dello sfintere anale durante l’acquisizione delle sequenze ed alla vicinanza della bobina alla zona periferica della ghiandola. L’esame consiste nella assunzione di diverse sequenze e su piani diversi. Le sequenze in T2 sono le uniche che consentono una definizione dell’anatomia zonale della ghiandola prostatica in quanto la zona periferca normale si presenta con elevata intensità di segnale. La zona centrale, sede dell’iperplasia invece appare marcatamente disomogenea con zone iper ed ipointense in base alla struttura istologica dei noduli di iperplasia. La capsula prostatica è ben identificabile come una linea ipointensa in tutte le sequenze nettamente delimitata all’esterno dal grasso e dai vasi periprostatici. Le vescicole seminali presentano pareti ipointense e contenuto iperintenso e sono chiaramente distinte dal tessuto ghiandolare normale o patologico. Il carcinoma localizzato nella zona periferica (localizzazione più fre q u e n t e ) risulta in T2 sempre come una zona a bassa intensità di segnale (quindi scuro) rispetto al Clinica Urologica Alma Mater Studiorum Università degli Studi di Bologna tessuto sano circostante (di colore bianco) (Figura 1). I dati bioptici hanno però dimostrato che non tutte le zone ipointense in T2 sono in realtà carcinomi. Lo stesso comportamento di segnale è presente anche nelle flogosi croniche e nelle prostatiti granulomatose. Inoltre in molti carcinomi la ipointensità della zona periferica è poco intensa per cui essa si confonde facilmente con il tessuto normale. I carcinomi della zona centrale (molto meno frequenti rispetto alla zona periferica) sono ugualmente ipointensi, ma si confondono con i noduli di iperplasia che hanno spesso il medesimo comportamento di segnale. Alcuni Autori hanno proposto la somministrazione di mezzo di contrasto paramagnetico e l’assunzione di scansioni precoci le quali evidenziere b b e ro un rapido e transitorio “contrast enhancement” delle lesioni neoplastiche. Tali dati devono però avere ancora una conferma su casistiche più ampie (Figura 2). La stadiazione del carcinoma prostatico mediante RM si basa sulla dimostrazione dei Figura 1. Scansioni coronale, trasversale e sagittale di ghiandola prostatica affetta da lesione neoplastica ipointensa (freccia) di 1 cm della ghiandola periferica di sinistra apparentemente confinato alla prostata. Volume 12, n. 2, 2009 60 A B Figura 2. Immagini T2 pesate con area ipointensa della ghiandola periferica posteriore (A), evidenziata dall’MR dinamica con mezzo di contrasto (Gadolinio) (B). rapporti spaziali tra area tumorale, capsula prostatica, vescicole seminali e tessuto adiposo periprostatico. Lesioni ben delimitate da tessuto apparentemente normale rappresentano le-sioni allo stadio T1 o T2, mentre quelle che hanno superato la cap-sula sono di stadio T3a o T3b se interessano le vescicole seminali. Rimangono indefiniti quei casi in cui il tumore è contatto con la capsula: in questi casi la lesione può risultare istologicamente ancora intraghiandolare o può aver già superato la capsula con focolai microscopici. Le medesime considerazioni valgono anche per il coinvolgimento delle vescicole seminali (Figura 3). Le adenopatie pelviche o a distanza non presentano caratteri specifici quando sede di metastasi se non per il loro volume aumentato. In via ancora sperimentale sono stati impiegati mezzi di contrasto linfotropi (Figura 4) che permetterebbero la dimostrazione delle metastasi linfonodali per il diverso comportamento di segnale. Un nuovo approccio per la caratterizzazione diagnostica e la valutazione longitudinale del carcinoma prostatico è rappresentato dall’uso della risonanza magnetica per immagini convenzionale (MRI) in combinazione con la spettroscopia di risonanza magnetica del protone (MRSI). L’uso combinato dell’MRI e dell’MRSI integra il dettaglio anatomico dell’imaging convenzionale con l’informazione metabolica ottenuta con la spettroscopia. Con l’MRSI è possibile quantificare, con una risoluzione spaziale di circa 0.3 cm3, alcuni metaboliti caratteristici del tessuto prostatico quali: citrato, creatina, colina e poliammine. Il risultato di un esame MRSI è costituito da una serie di spettri relativi a volumi contigui (“v o x e l”) che costituiscono una Figura 3. Invasione della vescicola seminale sinistra da parte di un processo neoplastico a partenza prostatica. Figura 4. Alterazione linfonodale in sede perivescicale dopo iniezione di nanoparticelle superparamagnetiche linfotrope. Volume 12, n. 2, 2009 61 sorta di “mappa” metabolica dell’intera ghiandola, direttamente sovrapponibile alle immagini RM acquisite. La MRSI permette quindi di caratterizzare metabolicamente regioni prostatiche ad alterata intensità di segnale (ipointensità) e sospette per carc i n o m a (Figura 5). Nel tessuto della prostata sana le cellule sono altamente specializzate nell’accumulo di zinco, che inibisce l’attività dell’enzima aconitasi e quindi l’ossidazione del citrato, che si accumula in grandi quantità. In presenza di iperplasia prostatica benigna, le cellule epiteliali, così come quelle sane, producono ancora molto citrato. Al contrario, nel tessuto tumorale non si ha accumulo di zinco e quindi anche l’accumulo di citrato è drammaticamente ridotto. Gli spettri in presenza di cancro mostrano un ridotto contenuto di citrato, un ridotto contenuto delle poliammine ed un aumento della colina. L’aumento della colina nel tessuto tumorale è dovuto ad un aumento della cellularità e del metabolismo di membrana. Negli studi pubblicati in letteratura, l’aumento di colina e la riduzione di citrato misurati a livello prostatico sono risultati significativamente più elevati nei tumori ad alto grado (in genere maggiormente aggressivi!), con una correlazione precisa tra la diminuzione di citrato/aumento di colina e il grado patologico del c a n c ro determinato secondo il sistema di Gleason (Gleason score). Altri studi eseguiti a livello clinico su questa metodica sono stati condotti mettendo a confronto i risultati della MRSI con campioni chirurgici ottenuto dalle prostatectomie radicali ed hanno dimostrato una elevata accuratezza diagnostica nella localizzazione del tumore a livello intraprostatico ed extraprostatico, con valori di sensibilità e specificità talora superiori all’ 80-90%. Questi elevati livelli di “a c c u r atezza diagnostica”, uniti ad una buona risoluzione spaziale, ne fanno uno strumento potenzialmente utile, specie in caso di pa-zienti già sottoposti a prima biopsia negativa, sia per guidare il prelievo bioptico (biopsie “voxel m i r a t e”) su regioni prostatiche metabolicamente sospette ma difficili da biopsiare (Figura 6), sia per valutare l’effetto di terapie che lasciano la prostata in sede come l’ormonoterapia, la ra-dioterapia, l’HIFU o la crioablazio- Figura 5. Alterazioni metaboliche della ghiandola periferica sinistra (aumento di colina e riduzione di citrato) con quadro metabolico normale a destra. Volume 12, n. 2, 2009 62 Anterior, transition zone cancer B A Figura 6. Tumore localizzato nella ghiandola prostatica anteriore alla RM (freccia): A, alterazione del segnale spettroscopico (asterischi), B, reperto istologico. ne. Inoltre, specie in caso di ripetute biopsie negative, la Spettroscopia RM è uno strumento aggiuntivo opzionale ad uno stretto followup clinico (monitoraggio non invasivo e con- servativo del paziente) (Figura 7). In conclusione, la risonanza magnetica non può certo essere considerata una diagnostica di routine per quanto riguarda diagnosi e stadiazione di neoplasia prostatica, né può sostituire l’ecografia transrettale con biopsie prostatiche. Tuttavia, per quanto ri-guarda la diagnostica può e s s e re utilizzata in caso di più “set bioptici negativi” per cercare aree a più “alto sospetto” dove mirare i prelievi; per quanto riguarda la stadiazione può essere consigliata in alcuni casi selezionati per cercare di migliorarne l’accuratezza al fine ottimizzare una scelta terapeutica. Figura 7. Paziente di 67 aa con PSA 9,3 ng/ml e diagnosi di microfocolaio G2 (1,5 mm) in 1/12 prelievi bioptici. La Spettroscopia RM dimostra un quadro metabolicamente negativo e un imaging RM normale, supportando ulteriormente un “approccio conservativo” del paziente. Volume 12, n. 2, 2009 71 Il ruolo della microinfiammazione e dell’apoptosi nella alopecia androgenetica: nuove strategie terapeutiche Paola Bezzola, Elisabetta Sorbellini Introduzione Il follicolo pilifero è una struttura biologica estremamente complessa, formata da un sistema di interazioni tra la componente cell u l a re epiteliale, neuro-ectodermica-mesenchimale, regolato da un complesso ricco di cellule staminali. Il bulbo del capello e del pelo è anche l’unico organo del corpo umano che è sottoposto alle continue e cicliche fasi di vita, dallo stadio di rapida crescita (anagen), a quello di regressione indotta dal meccanismo di apoptosi (catagen), al periodo di relativa quiescenza (telogen). Tutto il ciclo di attività, che Paus chiama l’orologio biologico del ciclo del capello (Hair Cycle Clock, HCC)1, è regolato nelle strutture intrinseche del follicolo, e al momento non è ancora stato evidenziato con certezza quali meccanismi siano coinvolti. Una cosa sembra evidente dai vari studi condotti nell’ultimo decennio: le fasi del ciclo sono soggette a numerosi agenti modulatori extrafollicolari e addirittura extracutanei (le sostanze che arrivano dal sistema circolatorio come l’ossigeno, le sostanze nutritive, gli ormoni, le citochine, vari co-fattori che re g o l ano l’attività enzimatica), ma gli studi di coltivazione dei follicoli di Philpott hanno dimostrato che i bulbi sono in grado di mantenere la capacità ciclica della fase anagen e dell’induzione dell’apoptosi per attivare il catagen anche in vitro, indipendentemente dalle sollecitazioni extra-follicolari, dalla vascolarizzazione e dalla innervazione. Tutto ciò dimostra che il meccanismo di re g olazione del HCC è localizzato proprio all’interno del bulbo, o delle strutture cutanee perifollicolari. Queste conoscenze hanno una rilevanza clinica fondamentale, dal momento che è stato dimostrato che ogni soggetto che presenti una patologia tricologica è affetto da un’alterazione del ciclo di attività del follicolo. International Hair Research Foundation, Milano. è evidente infatti che chi soffre di un accorc i amento della fase anagen presenterà una forma di caduta dei capelli (telogen effluvium, alopecia areata) o di trasformazione di capelli terminali in peli vellus nel quadro androgenetico maschile e femminile regolato dalla modificazione dei recettori ormonali. Viceversa, l’allungamento della fase anagen è alla base di patologie come l’irsutismo e l’ipertricosi indotte da diversi fattori etiologici. Queste evidenze diventano di grande importanza nel momento in cui fosse possibile manipolare il HCC con qualche farmaco o sostanza attiva, che possa regolare il ciclo di attività per prolungare l’anagen nelle forme di caduta o di miniaturizzazione dei capelli, o ridurla per trattare alterazioni cosmetiche come l’ipertricosi e l’irsutismo (Figura 1). Quando il follicolo pilifero subisce un danno di qualsiasi origine in grado di alterare il contro llo della fase ciclica, determina inevitabilmente Figura 1. Volume 12, n. 2, 2009 72 Figura 1. un processo di induzione dell’apoptosi che provoca il passaggio precoce del bulbo alla fase di catagen (“dystrophic catagen pathway”). Le varie noxae patologiche provocano alterazioni più o meno veloci e talvolta sono farmacologicamente controllabili, soprattutto fino a quando il danno non coinvolge in modo irreparabile i diversi stipiti di cellule staminali delle varie strutture del bulbo del capello. I meccanismi di regolazione del HCC controllano certamente la funzione della papilla dermica (DP) della matrice, e dei cheratinociti della matrice e della guaina epiteliale esterna. Questo sistema partecipa in toto al funzionamento di quella che è ormai definita l’unità follicolo-melanocitica. Nella forma più comune di patologia tricologica, l’alopecia androgenetica (AGA) sia maschile che femminile, i recettori androgenici (AR) all’interno dei fibroblasti della papilla dermica determinano la trasformazione del pelo terminale in vello per colpa della trasformazione del testosterone nell’androgeno più forte (diidro t estosterone, DHT), via l’azione dell’enzima 5-!reduttasi sia di tipo I che di tipo II, e della ridotta trasformazione del testosterone in estro g eni via l’attività dell’enzima aromatasi. Il legame degli androgeni a AR determinano i cambiamenti della trascrizione dell’espressione genica nella DP, con conseguente riduzione della crescita dei capelli e alterazione della loro regolazione ciclica. Recenti studi di M. Philpott hanno dimostrato, tra l’altro, che le DP delle aree affette da alopecia androgenetica sono sottoposte ad una senescenza precoce, e che esprimono un numero elevato di marker di stress ossidativo e di danno del DNA (p16, HSP-27, super-ossido-dismutasi 1, catalasi, p53, eccetera) 2. Vari stimoli fisiologici e patologici possono indurre l’apoptosi delle cellule del bulbo: stress ambientali3, 4, inquinamento 5, 6, farmaci 7, raggi ultravioletti, reazioni infiammatorie perifollicolari 8, 9. In particolare, l’implicazione degli attivatori dell’infiammazione nell’etiologia dell’AGA è stata messa in evidenza di recente da numerosi studi. La fibroplasia del derma perifollicolare sembra essere una delle cause del processo di apoptosi del bulbo e di miniaturizzazione, e vari studi istologici hanno evidenziato la presenza di un infiltrato di linfociti T attivati e di macrofagi nel terzo superiore dei follicoli aff e tti da AGA, con caratteristiche di infiltrazione moderata decisamente diverse da quelle delle forme di alopecia cicatriziale. Altri studi hanno dimostrato le caratteristiche cliniche tipiche di queste forme di microinfiammazione, con sintomi evidenti di eritema e desquamazione dello scalpo (recentemente definiti da M i s e ry10 e da Rinaldi 11 con il termine di “scalpo sensibile”) dimostrabili anche con tecniche di videodermatoscopia e di micro s c opia confocale. Scopo di questo studio è stato quello di dimostrare che la senescenza precoce dei fibroblasti della DP e la microinfiammazione perifollicolare giocano un ruolo importante nell’AGA (scatenamento?, peggioramento?), e in accordo con P a u s, Philpott e Rinaldi, la terapia dell’alopecia androgenetica (come peraltro di qualsiasi altra patologia tricologica) non può prescindere dal controllo della micro i n f i a mmazione perifollicolare e della apoptosi precoce del bulbo. Per questo abbiamo valutato gli effetti di una sostanza ad azione anti 5-!riduttasi (miscela di acidi polinsaturi) e di due sostanze ad azione anti-apoptotica (supero ssido-dismutasi) e antiinfiammatoria (beta-glucano) per os in soggetti affetti da AGA in un trial clinico in cieco verso placebo. Materiali e metodi È stato condotto uno studio randomizzato in doppio cieco su 90 soggetti volontari, sani, di sesso maschile e femminile (45 uomi- Volume 12, n. 2, 2009 73 ni e 45 donne) di età compresa tra i 18 e i 55 anni affetti da alopecia androgenetica (di grado I-III secondo la scala di Hamilton negli uomini e I-II secondo la scala di Ludwig nelle donne). I pazienti sono stati divisi in tre gruppi di 30 soggetti: al primo gruppo (15 uomini e 15 donne) è stato somministrato per via orale un integratore a base di acidi grassi poliinsaturi (omega 3, 6, 7 e 9) sotto forma di 2 cps da 400 mg ciascuna da assumere una volta al giorno per un periodo di un anno; al secondo gruppo (15 uomini e 15 donne) è stato somministrato per via orale un integratore a base di acidi grassi poliinsaturi (omega 3, 6, 7, 9) associati a betaglucano, naringenina, e superossidodismutasi; al terzo gruppo (15 uomini e 15 donne) è stato somministrato un placebo (400 mg in due compresse al giorno di calcio fosfato di basico, cellulosa microcristallina, magnesio stearato, biossido di silicio). I criteri di esclusione dallo studio sono stati: concomitanti terapie ormonali e/o farmacologiche; gravidanza e allattamento; patologie sistemiche ormonali, metaboliche ed autoimmuni; terapie tricologiche specifiche eseguite negli ultimi 3 mesi; concomitanti patologie infiammatorie del cuoio capelluto quali dermatite seborroica, dermatiti irritative o allergiche; indisponibilità a firmare un consenso informato. Dopo la valutazione basale (T0) prima dell’inizio del trattamento, sono stati eseguiti altri 4 controlli T1 dopo 3 mesi, T2 dopo 6 mesi T3 dopo 12 mesi e T4 dopo 15 mesi (a distanza di 3 mesi dalla fine della terapia). Ad ogni controllo è stata eseguita una valutazione clinica con un esame in epiluminescenza per la valutazione del diametro del fusto in un’area predefinita e premarcata ed i parametri sono stati valutati con metodo fotografico (Mole Max II, Dermal Instruments Italia). È stata inoltre eseguita una valutazione con micro s c opia confocale (L u c i d) per valutare il diametro del capello, la fibrosi del derma con le modifiche di densità del tessuto, le variazioni di vascolarizzazione, la presenza di infiltrati perifollicolari. È stata richiesta anche un’autovalutazione del paziente che era invitato a valutare il grado di efficacia del prodotto sul miglioramento dell’alopecia androgenetica (miglioramento generale della struttura dei capelli e della massa) e sui sintomi eventualmente correlati (tricodinia, prurito) L’analisi statistica è stata eseguita sui cambiamenti a T1, T2, T3, T4 rispetto ai dati basali. I dati sono stati analizzati utilizzando il t-test di Student, tranne i dati di efficacia che sono stati analizzati con l’analisi di covarianza. Risultati 88 pazienti su 90 hanno portato a termine lo studio, 2 pazienti (entrambi di sesso maschile ed appartenenti al gruppo placebo) hanno interrotto la terapia per problemi personali e quindi sono considerati dropped-out. Lo studio è stato condotto da dicembre 2006 (arruolamento) ad aprile 2008 e la durata dello studio per ogni paziente è stata di 15 mesi, in modo che si potessero escludere eventuali influenze di fenomeni stagionali sulla caduta dei capelli. Alla valutazione dermatoscopica si sono individuati parametri oggettivi di riferimento: diametro del fusto, presenza di alone perifollicolare, segni di infiammazione quali eritema diffuso e dilatazione dei capillari. Analoghi parametri sono stati considerati nella valutazione con microscopia confocale: variazioni del diametro del fusto, presenza di infiltrato infiammatorio perifollicolare, fibrosi del derma, grado di vascolarizzazione con valutazione del diametro del fusto dei capelli come indici dello stato infiammatorio e della fibrosi dermica. Diametro dei fusti L’aumento del diametro dei fusti è stato molto significativo nel gruppo II che assumeva l’integratore a base di acidi grassi insaturi, betaglucano, naringenina e SOD (80% di miglioramento), quasi altrettanto netto nel gruppo I che assumeva integratore con soli acidi grassi polinsaturi (72%) e non significativo nel gruppo placebo (6%). La percentuale di miglioramento è stata progressivamente crescente a partire da T1 fino a T3 e si è mantenuta stabile nel gruppo II anche a 3 mesi dalla sospensione (da 0,4 a 0,89 mm) con una riduzione invece nel gruppo I. Le valutazioni ai tempi intermedi T1 e T2 hanno seguito coeren- Volume 12, n. 2, 2009 74 Valutazione dell’incremento del diametro del fusto a T1,T2,T3,T4: si noti il significativo incremento nei gruppi 1 e 2 con persistenza del miglioramento più marcata nel gruppo 2 al follow-up a tre mesi. Valutazione della riduzione dell’infiammazione a T1,T2,T3,T4: si noti il significativo miglioramento nel gruppo 2 con marcata persistenza del miglioramento al follow-up a tre mesi. za di andamento con la valutazione finale e pertanto si è potuto definire un trend di miglioramento pro g ressivo. cellule dell’infiltrato infiammatorio. Analogamente il miglioramento della fibrosi e la normalizzazione della vascolarizzazione sono stati evidenti nel gruppo II e sostanzialmente irrilevanti negli altri due gruppi. I miglioramenti riscontrati si sono mantenuti costanti anche a T4 cioè tre mesi dopo la sospensione nel gruppo II mentre si è notato un peggioramento nel gruppo I. Infiammazione, fibrosi, vascolarizzazione La percentuale di miglioramento dell’infiammazione tra T0 e T3 è stata molto significativa nel gruppo II (85%), poco rilevante nel gruppo I (28%), non significativa nel gruppo placebo (2%). Il grado di infiammazione è stato valutato secondo il seguente score: 0 (assente), 1 (moderata), 2 (marcata), 3 (grave). Lo score è stato realizzato considerando i parametri di dermatoscopia e quelli di microscopia confocale, dando un valore numerico alla quantità di fibrosi, presenza di cellule dell’inflitrato e delle modificazioni vascolari. La standardizzazione della tecnica di microscopia confocale, utilizzata ormai da anni, permette di riconoscere e differenziare le varie strutture cutanee, misurare e valutare le modificazioni del diametro dei vasi e, soprattutto, identificare le diverse Autovalutazione dei pazienti La valutazione di efficacia sul miglioramento dell’alopecia androgenetica (aumento del diametro dei fusti) e sul miglioramento dei sintomi associati (tricodinia, prurito) è stata valutata secondo il seguente score: 0 (insufficiente), 1 (sufficiente), 2 (medio), 3 (ottimo). I risultati nel gruppo II dimostrano un miglioramento dei sintomi associati in una perc e ntuale alta di pazienti ed un significativo incremento del diametro dei capelli in accordo con quanto emerso dalle valutazioni strumentali. Volume 12, n. 2, 2009 75 Nel gruppo I il miglioramento dei sintomi era modesto, mentre il miglioramento del diametro dei fusti era significativo. Nel gruppo placebo le variazioni sono state statisticamente non significative. Nessuno dei soggetti trattati ha segnalato effetti collaterali sistemici o cutanei in seguito all’assunzione delle sostanze per via orale. I principi attivi testati erano tutti di origine naturale, formulati in una composizione specifica, in capsule da 400 mg totali di sostanze attive. Discussione Il principale meccanismo patogenetico dell’alopecia androgenetica sembra essere quello indotto dai recettori androgeni, via l’attività enzimatica dell’enzima 5-!-reduttasi di tipo I e di tipo II sulle cellule della papilla dermica. Innumerevoli studi hanno dimostrato l’efficacia di sostanze con azione inibitrice dell’enzima sia di tipo farmacologico (finasteride, dutasteride) che di tipo naturale (Serenoa repens 12, Bohemeria nipononivea13, 14, miscele di acidi polinsaturi con affinità ai recettori dell’enzima), per ridurre la miniaturizzazione dei bulbi affetti da AGA e la progressione della calvizie. Due studi di Sawaya 15, 16 hanno evidenziato anche che il DHT aumenta l’espressione delle caspasi (che funzionano da attivatore dell’apoptosi a livello delle cellule della papilla dermica), e in particolare velocizza la cascata delle caspasi con la formazione della Figura 1. Microscopia confocale di scalpo di soggetto affetto da AGA, 120 µm di profondità: si evidenzia aumento di fibre collagene in sottili fasci intorno al dotto pilosebaceo, presenza di vasodilatazione e infiltrato macrofagico. caspasi 3 che determinano l’alterazione del ciclo cellulare del follicolo nell’AGA. Gli Autori hanno anche dimostrato che la finasteride, riducendo la conversione del T in DHT, modifica l’espressione genica delle caspasi e riduce l’attivazione dell’apoptosi nell’AGA17. L’azione quindi di una sostanza ad attività anti 5-!-reduttasi, bloccando la conversione del testosterone intracellulare, contribuisce in parte a limitare l’apoptosi. Le alterazioni del ciclo di attività del capello, però, come dimostrato da P a u s, riconoscono innumerevoli e ancora in parte sconosciuti meccanismi che sono la causa del danno cellulare. Certamente la microinfiammazione perifollicolare è una delle cause di morte cellulare, e del conseguente aumento dell’incidenza della caduta dei capelli dovuta ad una modificazione del ciclo di attività del bulbo pilifero. La microinfiammazione del derma follicolare, con segni di infiltrato infiammatorio di linfociti T e di macrofagi a livello del terzo superiore del follicolo, associato ad una fibrosi con ispessimento di fibre collagene perifollicolari nelle aree affette da AGA. Studi di biopsie orizzontali dello scalpo affetto da AGA hanno dimostrato che si tratta di una fibrosi moderata con ampi strati concentrici di fibre collagene, ben distinta dalle caratteristiche istologiche delle forme di alopecia cicatriziale. La Figura 1 mostra l’aspetto della cute in prossimità del follicolo, con presenza di aumento di fasci collagene, e presenza di macrofagi sparsi, come appare al microscopio confocale. Per questo è stato coniato il termine di micro-infiammazione per distinguere il processo lento e subdolo di questa forma con quello aggressivo e distruttivo delle forme cicatriziali18. Un altro dato a favore del ruolo della microinfiammazione come importante agente etiologico dell’AGA viene dallo studio di Whiting19, che ha dimostrato che la terapia topica con minoxidil ha determinato il miglioramento della sintomatologia nel 55% dei pazienti studiati affetti da microinfiammazione contro il 77% di risultati positivi nei soggetti affetti da AGA senza segni istologici di microinfiammazione. Il meccanismo patologico della microinfiammazione sarebbe determinato dal rilascio di ROS da parte dei fagociti e dei macrofagi: è razionale, dunque, che la “free radical theory” proposta da Arck 20 possa essere uno dei fattori scatenanti di questa condizione a livello Volume 12, n. 2, 2009 76 Figura 2. Al microscopio confocale (RMC) si evidenzia un’area di riflettenza all’interno dell’ostio follicolare sopra alla ghiandola sebacea: la lunghezza d’onda di assorbimento del laser del RCM è compatibile con l’assorbimento della porfirina emessa dalla specie Propionibacterium. La Figura 2 mostra la presenza di tracce di porfirine all’imbocco del dotto pilo-sebaceo dello scalpo di un paziente affetto da AGA, al microscopio confocale (RCM). Un lavoro di Rinaldi et al.21 ha evidenziato anche la presenza del Demodex Brevis a livello dell’infundibolo (Figure 3 e 4), che determina un danno infiammatorio alla ghiandola sebacea. L’infiammazione provocata da questo demodex può essere un ulteriore fattore di infiammazione dello scalpo. Figura 3. Particolare ingrandito della parte apicale del Demodex Brevis. dello scalpo e, di conseguenza, dell’induzione dell’apoptosi delle cellule del follicolo. Questo meccanismo sembra essere quello dimostrato recentemente da Philpott nella papilla dermica di soggetti affetti da alopecia androgenetica (Balding Dermo Papilla Cells, B-DPC): la diminuzione della capacità proliferativa della B-DPC determina la senescenza prematura delle cellule della DP. In particolare, secondo Philpott, la up-regulation della p16INK 4a/pRB e l’espressione genica di marker specifici del danno del DNA e dello stress ossidativo suggeriscono che le B-DPC sono particolarmente sensibili all’induzione della infiammazione. L’osservazione che l’infiltrato infiammatorio si sviluppi nel terzo superiore del follicolo, in prossimità dell’infundibolo, suggerisce che l’evento causale dello scatenamento dell’infiammazione avvenga in questa zona. Per primo Mahè ha ipotizzato che il trigger del processo infiammatorio possa essere la colonizzazione di specifici microrganismi saprofiti a livello dell’infundibolo: antigeni o tossine di questi microrganismi potrebbe essere la causa dell’induzione dell’infiammazione. Già numerosi lavori hanno dimostrato la capacità pro-infiammatoria delle specie Malassetia, Staphilococcus e Propionibacterium: proprio la pro d uzione di sostanze ad azione infiammatorie, come le porfirine prodotte dalla specie Propionibacterium, determina la formazione di fattori chemiotattici pro-infiammatori, la produzione dell’infiltrato di T linfociti e di macrofagi in risposta agli antigeni dei vari microrganismi. Un’altra via patologica d’induzione della microinfiammazione può venire anche dalla risposta dei cheratinociti della componente epiteliale del bulbo a vari stress ossidativi Figura 4. Presenza di un esemplare di Demodex Brevis all’ingresso dell’infundibolo dello scalpo di un soggetto affetto da AGA, al microscopio confocale. Volume 12, n. 2, 2009 77 provocati da sostanze irritanti, inquinanti, radiazioni UV che producono ROS e ossido nitrico, rilasciando IL-1! cellulare. Del resto già Philpott 22 ha dimostrato che l’aggiunta di citochine pro-infiammatorie al terreno di coltura inibisce la crescita dei follicoli in vitro. La reazione pro-infiammatoria innesca a questo punto la cascata infiammatoria con l’espressione genica da parte dei cheratinociti circostanti e dei fibroblasti della trascrizione di geni per la formazione di chemochine e interleuchine, di fattori chemiotattici monocitici, di neutrofili e macrofagi, linfociti T. La up-regulation della permeabilità capillare determina la vasodilatazione infiammatoria e la formazione dell’infiltrato. A livello del derma perifollicolare l’azione delle collagenasi determina la formazione della fibrosi. Diversi lavori 23, 24 dimostrano come l’applicazione topica di madecassoside (un estratto della centella asiatica) sia in grado di ridurre la microinfiammazione cutanea, e una segnalazione di Segond del 2003 evidenzia l’effetto della madecassoside nella microinfiammazione dello scalpo riducendo il legame di citochine pro-infiammatorie (citochine, chemochine, PGL, interferone g) e modulando l’attività delle metalloproteinasi, e possa essere utilizzato nella terapia dell’alopecia androgenetica. In conseguenza a queste premesse, abbiamo effettuato uno studio clinico randomizzato, in cieco, verso placebo (gruppo 3) per verificare l’efficacia terapeutica della somministrazione per via orale di un pool di sostanze di origine naturali nel trattamento dell’AGA, che avessero un effetto sui recettori AR abbinato ad una spiccata azione anti-infiammatoria e anti-apoptotica. Lo studio è stato effettuato in cieco, con tre bracci di valutazione, valutando l’efficacia sull’AGA di una miscela specifica di acidi polinsaturi con azione anti 5-!-reduttasi (gruppo 1), confrontata con l’efficacia di un pool contenente gli stessi acidi polinsaturi abbinati a beta-glucano, SOD e naringenina (gruppo 2). Il betaglucano è un principio attivo con nota efficacia antinfiammatoria25, che agisce in particolare con un’azione protettiva sulle cellule inibendo la trascrizione genica delle interleuchine, riducendo la cascata infiammatoria, e addirittura modulando l’azione delle collagenasi e metalloproteinasi, con un’efficace attività di riduzione della fibrosi 26. L’azione e l’efficacia anti-ossidante e anti-apoptotica della supe- rossido-dismutasi è nota da tempo. La naringenina è un flavonoide in grado di ridurre l’apoptosi cellulare mediante diverse vie, ma soprattutto inibendo l’attivazione della cascata delle caspasi e favorendo la rimozione di dimeri pirimidinici all’interno del nucleo delle cellule 27. L’incidenza della microinfiammazione come co-fattore causale dell’alopecia androgenetica è ormai accertata. Tuttavia non esistono dati univoci di letteratura che indichino l’incidenza di questo fenomeno nell’AGA. In pratica: la micro-infiammazione perifollicolare è elemento indispensabile e presente nella totalità dei soggetti affetti da calvizie? Secondo il lavoro di Whiting del 1993 no, ma secondo le conoscenze più recenti l’evidenza di processi infiammatori è riscontrabile in quasi tutti i casi di AGA almeno dal II grado della classificazione di Hamilton e dal I di quella di Ludwig. Nella nostra esperienza abbiamo evidenziato i caratteristici aspetti dermatoscopici in tutti i soggetti esaminati, e la conferma è venuta dai dati della presenza di caratteristiche infiammatorie evidenziabili al microscopio confocale a livello dello scalpo, in area perifollicolare: nessuno di questi soggetti mostrava segni clinici di infiammazione, come da criteri di esclusione dello studio. I risultati dello studio hanno dimostrato che i segni clinici dell’AGA (diametro del fusto dei capelli) sono migliorati in modo evidente nel gruppo 1, ma ancora più significativo nel gruppo completo con sostanza antiossidante e antinfiammatoria (gruppo 2). Il gruppo placebo (gruppo 3) non ha mostrato nessun miglioramento statisticamente significativo. Lo studio è stato condotto per dodici mesi, a partire da dicembre 2006 ad aprile 2008, per evitare influenze stagionali positive o negative sull’andamento della patologia tricologica. Dopo tale periodo abbiamo prolungato il follow-up per un periodo di 6 mesi dopo la fine del trattamento, per verificare su un tempo significativamente lungo l’eventuale ripresa del processo di alopecia androgenetica. Questi dati indicano che l’azione anti 5-!riduttasi della specifica miscela di acidi polinsaturi ha, come era razionale aspettarsi, migliorato il diametro del fusto, ma non ha modificato i segni dermatoscopici e di microscopia confocale della microinfiammazione. Il fusto dei capelli dei soggetti del gruppo 1 ha manifestato un netto aumento di diametro rispetto al basale (vedi Risultati), che si è pro- Volume 12, n. 2, 2009 78 tratto per i dodici mesi di trattamento, ma che ha evidenziato un inizio di regressione dopo tre mesi dalla sospensione. Anche la valutazione degli indici infiammatori, secondo lo score messo a punto dagli sperimentatori, ha mostrato un miglioramento dei livelli di microinfiammazione rispetto al basale, miglioramento che però ha subito una significativa regressione al controllo dell’ultimo follow-up. Il diametro dei capelli dei soggetti del gruppo 2 (pool completo di acidi polinsaturi, betaglucano, SOD, naringenina) ha mostrato un livello di miglioramento ancora più significativo rispetto al basale persino dei soggetti del gruppo 1, che si è protratto anche nei 3 mesi successivi alla sospensione del trattamento. Ancora più significativo il netto miglioramento degli indici infiammatori perifollicolari nel derma di questi soggetti rispetto al basale: la diminuzione delle cellule dell’infiltrato infiammatorio e della fibrosi sono stati decisamente più marcati a livello di microscopia confocale, così come la riduzione degli indici dermatoscopici. Dopo tre mesi di sospensione del trattamento, gli indici infiammatori risultavano nettamente e significativamente inferiori rispetto a quelli dei soggetti del gruppo 1. I soggetti del gruppo 3 non hanno mostrato miglioramenti significativi in nessuno dei parametri testati. I risultati di questo studio dimostrano, in modo netto, che la micro-infiammazione e i processi di senescenza e di apoptosi del bulbo dei capelli rappresentano una noxa estremamente importante nella alopecia androgenetica, in accordo con le numerose segnalazioni citate e riportate in bibliografia. Lo scopo dello studio era quello di identificare l’importanza di questi fattori e cerc a re di “quantificare” il loro ruolo sulla pro g ressione dell’AGA. Per questo motivo è stato organizzato un trial clinico che valutasse uno dei parametri fondamentali dell’AGA (la miniaturizzazione del fusto dei capelli) come marker principale dell’azione di un principio terapeutico, ma che soprattutto dimostrasse che l’azione combinata della stessa sostanza attiva (in questo caso la miscela specifica di acidi polinsaturi con efficacia già nota) unita a principi attivi in grado di ridurre le diverse pathways della risposta infiammatoria (citochine, chemochine, prostaglandine, interferone g, metalloproteinasi e collagenasi) e dell’induzione dell’apoptosi (inibizione dei ROS, inibizione della formazione di p16, p53, cascata delle caspasi, eccetera) potesse risultare ancora più efficace nel controllo dell’AGA. I risultati ottenuti dimostrano questa ipotesi e confermano il fatto che la terapia dell’alopecia androgenetica non può limitarsi al controllo di un solo target etiologico (classicamente i recettori AR), ma deve tener conto di tutti i fattori che influenzano il HCC, come ben dimostrato da Paus e da Philpott. Il prodotto contenente l’unione completa di tutti i principi attivi si è dimostrato significativamente più efficace di quello contenente la sola sostanza nota ad azione sugli AR, dal momento che il ruolo della microinfiammazione è determinante nella patogenesi dell’AGA. Il braccio di controllo dei soggetti che hanno assunto il placebo ha confermato che la differenza di efficacia tra i prodotti contenenti principi attivi è stata significativa. La nostra ipotesi, in accordo con altri Autori, è quindi che sia indispensabile un nuovo approccio più completo nella terapia dell’alopecia androgenetica, che utilizzi sostanze in grado di bloccare i recettori androgeni, ma anche principi attivi efficaci per contrastare il processo infiammatorio e apoptotico delle cellule del follicolo. La ricerca di nuove sostanze in grado di controllare o regolare l’orologio del ciclo del capello potranno portare a risultati terapeutici ancora più importanti, come per esempio gli studi in corso sul ruolo di alcuni specifici fattori di crescita utilizzati sia per stimolare la crescita dei capelli (prolungamento dell’anagen, rallentamento del catagen e del telogen), come per contrastare l’irsutismo e l’ipertricosi (rallentamento dell’anagen, prolungamento del telogen). Bibliografia 1. Paus R et al. In search of the “hair cycle clock”: a guided tour. Differentiation, 2004; 72:489-511. 2. Bahta AW, Farjo N, Farjo B, Philpott MP. 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