Materiale lab. 3 Prof. Ferrantini

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Materiale lab. 3 Prof. Ferrantini
L'organizzazione didattica delle scuole ai tempi del web 2.0
A cura di Pier Giorgio Ferrantini
Fino a qualche anno fa il problema fondamentale che doveva affrontare chiunque si approcciasse ad
organizzare l'informatizzazione di una scuola riguardava il numero dei laboratori, il tipo di
postazioni, gli applicativi da utilizzare.
L' obiettivo di ieri era essenzialmente uno: fornire agli alunni competenze informatiche di carattere
sia generale che specifico, per permettere ad essi un utilizzo consapevole delle nuove tecnologie
(patente informatica).
L'obiettivo di oggi è il rinnovamento della didattica per poter utilizzare quanto messo a disposizione
dalla rete.
L'obiettivo di ieri era un obiettivo relativamente semplice sia a livello organizzativo che individuale
(il docente non doveva ripensare in modo radicale il proprio modo di lavorare), l'obiettivo di oggi è
un obiettivo ambizioso sicuramente fin qui perseguito spesso con scarsa lungimiranza e con
scarsissimi risultati. La causa di ciò va probabilmente attribuita al fatto che, a livello centrale, sono
molti di più gli esperti di metodologia didattica che non quelli di sistemistica informatica ed in
pratica nessuno si preoccupa di organizzare degli ambienti di lavoro efficienti.
Qualche anno fa, ad un convegno del Miur su questi temi, parlando con un alto dirigente
dell'amministrazione centrale gli chiedevo se non fosse stata l'ora di spostare la prospettiva dalla
classe 2.0 alla scuola 2.0. Lo stesso mi rispose che in effetti ci stavano pensando e che
probabilmente sarebbero usciti disposizioni e strumenti ad hoc. In effetti dopo qualche mese si è
iniziato a parlare di progetti "scuola 2.0" ma ciò ha riguardato fondamentalmente due aspetti: la
diffusione delle LIM e l'utilizzo del Registro elettronico. Mai nessuno che pronunciasse la parola
chiave in questo ambito: SERVER
Organizzare l'utilizzo delle reti significa organizzare dei servizi potenzialmente molto
articolati e l'organizzazione dei servizi presuppone la definizione degli strumenti in grado di
erogarli: i suddetti server.
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Dispositivi personali e collettivi per la fruizione di contenuti
digitali
"LIM o non LIM" questo è il problema
Come al solito un semplice strumento tecnologico, tecnologicamente poco innovativo, è
stato sopravvalutato da chi di tecnologie ne capisce poco
Da qualche anno ormai, (e speriamo che finisca presto) le scuole pubblicizzano il proprio livello di
innovatività con il numero di LIM installate: noi ne abbiamo dieci, noi ne abbiamo venti, tutte le
nostre aule sono dotate di LIM........
Qulacuno propone già di rottamarle (ma cosa volete rottamare? smettiamo di sopravvalutarle o
demonizzarle. Come si fa a fare lezione con internet senza uno strumento di videoproiezione che
permetta una fruizione collettiva di contenuti?)
Non mi interessa fare una trattazione comparata dei vari modeelli di LIM. In internet si trova tanto
materiale a riguardo:
lim.news
LIM: principali caratteristiche tecniche from Gennaro Piro
Ma cosa è una LIM?
wikipedia ci dice: La lavagna interattiva multimediale, detta anche L.I.M. o lavagna elettronica,
è una superficie interattiva su cui è possibile scrivere, disegnare, allegare immagini, visualizzare
testi, riprodurre video o animazioni. .......
rispetto al povero "videoproiettore" abbiamo, in più, fondamentalmente due cose:
• La disponibilità di una superficie interattiva (touch, laser ecc) per gestire il computer
• La possibilità di creare un un layer grafico aggiuntivo, sovrapposto all'interfaccia grafica del
sistema operativo e delle applicazioni.
La disponibilità della superficie touch oggi interessa relativamente: volendo possiamo crearla
autonomamente ed il progetto WiiLD dà istruzioni dettagliate su come farlo. D'altro canto, in rete,
per poche decine di euro possiamo trovare puntatori Wireless che integrano le funzioni di air-mouse
(mouse senza appoggio) e tastiera, più che adeguati per permetterci di gestire il sistema pcvideoproiettore mentre girelliamo per la classe.
E le informazioni grafiche aggiuntive ? Abbiamo proprio bisogno di SMART Notebook o di
ActivInspire per scrivere qualche parola e disegnare qualche cornice o qualche freccia sopra le
nostre finestre?
NO! assolutamente no; senza bisogno di calibrare alcunchè con Opensankore o con Ardesia,
possiamo farlo a nostro piacimento
OPENSANKORE
ARDESIA
Ma quanto costano le LIM?
andiamo a vedere in rete
e i videoproiettori a focale corta? trova prezzi.... eprice hd.....
Voglimo proprio comprare la LIM ma i soldi scarseggiano ed andiamo su qualcosa di poco
pretenzioso:
LAVAGNA INTERATTIVA INTEGRATA SMARTBoard™ SB680I6
per soli 3000 euro e spiccioli ci danno un bel videoproiettore con una modesta risoluzione di
1024x768 ed un contrasto di 2000:1
Forse sarà meglio frugare un altro po' in rete! senza tanta fatica potremo scoprire che con circa 600
euro, si trovano videoproiettori Full HD 1080p, 1920 x 1080 con contrasto di 15000:1 di marche
blasonate (epson, acer ecc)
esempio 1
esempio 2
Alla domanda "ma quanto costano le LIM? " si può rispondere in un unico modo: tanto!
sicuramente troppo in relazione al contenuto tecnologico ed alle alternative possibili.
Gli "appassionati di LIM" vi diranno che che solo con esse si dispone della funzione touch e che ciò
rende la lezione molto più naturale e fruibile: è vero, la funzione touch è importante, ma come la si
ottiene bene con una vecchia lavagna non ha paragone.
Qualcuno ancora pensa di insegnare agevolmente la matematica delle scuole superiori con la LIM?
Fate un'indagine e verificate quanti sono gli insegnanti che lo fanno. A mio avviso il dato statistico
non ha sicuramente bisogno della doppia cifra.........Se non malati di "integralismo digitale"
vedremo di buon favore l'affiancamento della LIM o del videoproiettore con una bella lavagna di
ardesia, per la gioia dei matematici e non solo. Tutti coloro che avranno la necessita di intercalare la
lezione, proponendo velocemente degli schemi potranno farlo agevolmente, solo impugnando il
fatidico gesso ed evitando accensioni, avvii, calibrazioni, ecc. ecc).
I soliti appassionati vi diranno anche che la LIM permette di salvare la lezione ma su questo aspetto
si possono esprimere notevoli perplessità:
•
quanto è spontanea e coinvolgente la riproposizione di una lezione “fatta” precedentemente
con la -lim? Non è una traccia (come uno slide-show od una mappa) sulla quale elaborare
un discorso naturale e favorisce, nell'espositore una trattazione schematicamente ripetitiva.
•
gli oggetti creati con la lim sono “totalmente gestibili” solo come formati proprietari e ciò
induce notevoli perplessità sulla loro utilizzabilità in ambienti diversi e nel corso degli anni
CONCLUSIONI:
• le lim costano troppo,
• i programmi di gestione delle lim salvano le lezioni in formati proprietari che non
hanno alcuna prospettiva di diffusione e di permanenza nel tempo. Questi programmi
sono facilmente sostituibili da software opensource.
• per l'utilizzo di internet nella didattica e indispensabile uno strumento di "fruizione
collettiva" qual'è il videoproiettore. Il videoproiettore è una tecnologia matura, il cui
costo si è notevolmente abbassato, ma che continuerà ad abbassarsi per l'obiettivo
dell'industria di trasformarlo da strumento "aziendale professionale" a strumento
personale ad uso familiare. Nei prossimi anni avremo modelli con dimensioni sempre
più ridotte, con minori problemi di manutenzione e costi progressivamente più bassi
• in una scuola moderna il videoproiettore dovrebbe essere presente in ogni classe
Una considerazione futuristica: una LIM ha una diagonale di circa 75" (poco meno di 2m), una
risoluzione XGA (1024 x 768), una durata lampada di circa 3000 ore. LG ha già messo in
commercio un televisore da 84 pollici, sul mercato si trovano 70 pollici a 2000 euro e 75 pollici a
3700 euro. Se fra due anni avremo per poco più di mille euro televisori 4k con dimensioni superiori
a quelle di una LIM che fine faranno le lavagne ed i videoproiettori interattivi? Un mouse ed una
tastiera air ed eventualmente una tavoletta grafica non li renderanno touch, ma interattivi
sicuramente sì e con una grafica fine che nessuna lavagna permette.
"Mobile o non Mobile" anche questo è il
problema
Se la LIM è il dispositivo più importante per la fruizione collettiva di contenuti digitali (non
l'unico se si considerano i programmi per la gestione della classe con il controllo remoto
delle postazioni), quando si parla di fruizione individuale e, quindi, di dispositivi personali
bisogna distinguere fra il modello mobile e quello non mobile.
In ambito scolastico, mobile learning è sicuramente un termine di moda anche se spesso se
ne travisa il senso. Mobile sta a significare mobile e cioè non fisso e, quindi, sottintende la
moltitudine di dispositivi diversi dalle postazioni tradizionali.
Mobile implica anche, in molti casi, l'abbracciare incondizionatamente la filosofia BYOD
con tutte le problematiche connesse.
Spesso, a scuola, è previsto che gli strumenti di elaborazione digitale debbano servire anche
ad organizzare contenuti e produzioni di tipo personale. E', quindi, indispensabile
individuare uno strumento efficace per il lavoro individuale. Fra quelli possibili il più
innovativo è sicuramente il tablet (nonostante che questa tecnologia sia ancora poco matura
e colma di difetti importanti). Probabilmente risultati importanti si otterrebbero dotando ogni
alunno di un buon tablet e di un buon notebook. E ciò non deve apparirci come il libro dei
sogni.
Vediamo, comunque, le diverse alternative, alcune più vecchie altre più nuove, provando ad
analizzarle criticamente.
"non mobile", PC - Postazione classica
Ha una limitazione grandissima: non essendo utilizzabile in classe, ha difficoltà ad evolversi
in strumento di lavoro personale. Ma se, da un lato, il modello organizzativo "laboratorio di
informatica" mostra sempre di più i propri limiti per l'incapacità di integrare internet nelle
discipline in modo continuo ed uniforme, il bistrattato, suddetto laboratorio rimane uno
strumento utile e talvolta indispensabile per svolgere i compiti più articolati e complessi.
Il pc (postazione classica non mobile)
E' fin troppo evidente che programmi applicativi professionali "non girano" sui tablet, ma bisogna
essere altrettanto consapevoli che allorché si devono compiere lavori di una certa complessità il pc
diventa uno strumento insostituibile. Anche se avessi Premiere, Maya, o Autocad per android non
mi sognerei mai di fare montaggio video, ambientazione 3d, progettazione tecnica con un tablet.
Ed anche senza andare sui "programmoni professionali" dobbiamo avere ben chiaro che i lavori che
implicano impegno umano prolungato e risorse macchina consistenti si svolgono molto meglio
con un pc. Chi si metterebbe mai ad assemblare una tesina, un sito web, con un tablet? L'ergonomia
implicita di strumenti antichi come il mouse e la tastiera è testimoniata dalla loro straordinaria
efficacia.
Se a scuola vogliamo fare anche qualcosa di complesso il pc è uno strumento indispensabile.
Riconosciuto ciò, bisogna chiedersi quale pc, con quali caratteristiche. Premetto che in ambito
scolastico, come in qualsiasi ambito professionale, difficilmente è utile ricorrere a prodotti "prima
fascia" (cpu appena uscite, ram sopra gli otto giga, risoluzioni video altissime ecc). Di solito, il
miglior rapporto prezzo/qualità si ottiene con prodotti di seconda fascia che uniscono a buone
caratteristiche tecniche il vantaggio di non far pagare la novità. Nel mondo "non mobile", a mio
avviso, due oggetti sono estremamente interessanti e di essi si dovrebbe tener conto nella
programmazione degli acquisti: i pc all in one ( per capirsi tipo iMac) ed i mini pc. Con meno di
700 euro si possono avere delle postazioni all in one con schermo da 20 pollici, 4 giga di ram ed un
intel core i5 come cpu. Macchine in grado di svolgere qualsiasi lavoro, anche di tipo impegnativo,
senza affaticamento dell'operatore. Se disponessimo di almeno 400 euro in più potremmo anche
pensare ad un iMac ma, ovviamentre, si tratta di una differenza non trascurabile.
I mini pc sono dei pc miniaturizzati che garantiscono consumi molto più ridotti, ma prestazioni
assolutamente in linea con quelle dei fratelli "più grandi". Se ad un Intel Nuc o ad un Asus vivo-pc
affianchiamo un bel monitor full-hd da 22-24 pollici con poco più di 500 euro creiamo una
postazione "con i fiocchi". E quando dovremo spostare il laboratorio nei nuovi locali potremo farlo
senza tanta fatica.
Una questione molto importante quando si organizzano i laboratori informatici è la scelta del
sistema operativo:
le opzioni possibili sono: windows, macos, linux.
LINUX
Voglio sgombrare immediatamente il campo dagli equivoci esprimendo la mia convinzione, motiva
da tanti anni di lavoro informatico nelle scuole:
tutte le scuole dovrebbero utilizzare per il lavoro didattico (per le segreterie andrebbe fatto un
discorso a parte) postazioni fisse con linux come sistema operativo. Vediamo i vantaggi:
•
•
•
•
•
•
•
Costo nullo
Possibilità di calibrare il S.O. alla "potenza" della macchina
Disponibilita di applicazioni gratuite adeguate a qualsiasi uso del computer
Salvaguardia da virus e malaware
Minor rischio di manomissione da parte degli alunni
Maggior facilità di installazione
Possibilità di coesistenza con altri sistemi operativi sulla stessa macchina
La scelta di utilizzare linux è oggi favorita dalla presenza di android su tablet e cellulari. Android è,
a tutti gli effetti, una distribuzione linux anche se pochi sono consapevoli di ciò. Il suo grande
merito è quello di aver scompaginato la monotonia delle interfacce grafiche Windows abituando
l'utenza ad una maggiore flessibilità. Il passaggio da un laucher ad un altro sul telefonino (cosa che i
nostri ragazzi fanno comunemente) li ha abituati ad una filosofia in base alla quale, sulla stessa
macchina, si può lavorare in modalità diverse. E quanto vale per il telefonino vale anche per il pc.
Le interfacce grafiche di linux sono evolute quanto quelle mac o windows e non per niente il
prossimo windows (il 10) mutuerà diverse caratteristiche da Gnome e Kde.
Il problema virus e malaware è pressochè assente in linux ed oggi, visto che il computer viene usato
prevalentemente in rete, questo è un aspetto fondamentale.
Fra le distribuzioni linux (su distrowatch ne troviamo cento, ma sono solo le più importanti)
potremo scegliere, in funzione del nostro hardware, quelle graficamente più impegnative basate
unity, gnome o kde o quelle più leggere basate su xfce o lxde.
Molto interessanti, specie in alcuni ordini di scuola, sone le distribuzioni orientate all'uso educativo.
Fra queste particolare significato assume Sodilinux. Sodilinux deriva dalla collaborazione fra CNR
(Istituto per le Tecnologie Didattiche di Genova) ed AICA (Associazione Italiana per l'Informatica
ed il Calcolo Automatico). L'ultima versione rilasciata è dell Aprile 2014 ed è basata suLinux Mint
16 MATE.
Per chi volesse prendere in considerazione l'ipotesi di migrare la propria infrastruttura software su
piattaforma linux, un'esperienza importantissima a cui fare riferimento è il progetto Fuss.
Sviluppato dalla Provincia autonoma di Bolzano rappresenta uno dei pochi esempi, a livello
europeo, di adozione su larga scala di software opensource.
Uno degli elementi chiave in questo progetto si è rivelata la formazione a carico del corpo docente.
Se, da un lato, è del tutto evidente che in un processo così importante non si può pensare di lasciare
a se stessi gli insegnanti, è altrettanto vero che ciò sarà tanto più necessario se, assieme alla
migrazione di sistema, si attuerà, come spesso avviene, la riorganizzazione complessiva dei servizi
informatici. Se si progetterà una riqualificazione dei servizi con abbandono delle reti paritarie a
favore di quelle client-server, si potenzierà notevolmente l'utilizzabilità di internet nella didattica,
ma ciò richiederò una maggior consapevolezza informatica degli insegnanti indipendentemente da
sistema operativo utilizzato.
In definitiva passare a linux richiede degli insegnanti con mentalità un poco (ribadisco poco)
elastica e disponibili a fare un minimo di formazione.
Diverso è il discorso del passaggio a modelli organizzativi avanzati incentrati su servizi di rete per i
quali l'aspetto formativo è sicuramente più oneroso.
Quanto sopra affermato si basa sulla mia esperienza personale: in questi ultimi anni, diversi colleghi
insegnanti mi hanno cercato per "problemi informatici". Il sistema operativo del loro vecchio pc
(spesso portatile) era fuori uso "....mi potresti reinstallare xp?"
In questi casi la mia risposta abituale è: "perchè non provi linux? Non compri niente, non ti becchi i
virus, ed hai un SO adatto ad una macchina vecchiotta come la tua.......fai tutto in modo molto più
spedito".
Non nascondo che le perplessità iniziali sono spesso rilevanti, ma posso affermare con sincerità che
mai nessuno è tornato a chiedermi di reinstallare Windows. Da bravi autodidatti, pian piano hanno
imparato ad usare linux ed oggi ne sono pienamente soddisfatti.
WINDOWS
Ha dei difetti "congeniti" che non possono essere sottovalutati:
• costi: oggi che un pc costa poche centinaia di euro, i circa 100 euro della licenza OEM
appaiono indubbiamente esagerati. La stessa Microsoft dimostra di esserne consapevole
annunciando spesso prossime riduzioni dei prezzi.......
• virus e malware: se configurate una macchina non potete assolutamente dimenticare un buon
antivirus affiancato da uno o più antimalware. Gran parte della nostra attività al computer si
svolge in rete e sul browser dovremo avere uno o più anti-adware che blocchino gli script
malevoli ed impediscano l'apertura di una miriade di finestre. Quando anche una ditta come
Adobe, nella procedura di installazione di un componente essenziale come flash cerca di
installare "roba non richiesta" come McAfee's anti-malware significa che "siamo arrivati alla
frutta". A parte il fatto che tanti servizi in background trasformerebbero in lumaca qualsiasi
pc.
• Windows ha anche il problema dei file di configurazione di sistema (registro etc) che
progressivamente si appesantiscono rallentando il funzionamento della macchina.
• Altro problema di windows è la sua monoliticità: volete windows 7, quello è! altrettanto
dicasi per windows 8! L'unica cosa che possiamo fare se la macchina arranca è togliere
qualche effetto grafico, ma il risultato sulle performances è ben poca cosa. Ed anche gli
aggiornamenti (indispensabili per tappare le falle di sicurezza che ogni giorno vengono
scoperte) sono macchinosi e complessi.
Se proprio non potete fare a meno di windows accettate qualche consiglio fra quelli di seguito
riportati:
• installate i pc in dual boot linux-window; ciò richiede un po' più tempo per creare la
macchina campione da clonare, ma avrete a disposizione due sistemi operativi con tutti i
vantaggi che ciò comporta. Non ultimo quello di clonare-ripristinare la partizione windows
dopo che questo sia stato adeguatamente configurato e corredato del software applicativo.
Cloneremo la macchina prima che ragazzi e professori inizino ad incasinarla ed ogni anno,
ad inizio anno, con pochi semplici passaggi, faremo tornare tutti i computer " vergini" come
appena installati. Ciò sarà tanto più possibile quanto più lo storage dei dati personali
avvenga su un file server delocalizzato, ma questo è un discorso che riprenderemo in
seguito.
• utilizzate software applicativo di tipo open-source. A parte le ragioni etiche (Stalmann
docet) vi sono altre ragioni di tipo pratico: costo zero, assenza di adware (vero per l'open
falsissimo per il free), qualità del prodotto.
E' su quest'ultimo aspetto che voglio soffermarmi. Qualcuno è ancora convinto che il mondo
del software libero sia sinonimo di scarsa qualità? Suvvia, solo degli incompetenti possono
asserire questa tesi con convinzione. Certo il grafico professionista potrà preferire Photoshop
a Gimp o Krita ma la seguente notizia dovrebbe farci riflettere su quanto sia possibile che il
lavoro dei nostri alunni venga limitato dall'utilizzo di software open: Il dipartimento ATI
(Art and Technology of Image) dell'Università Paris 8 ha deciso di abbandonare Adobe
Photoshop per puntare su Krita
•
Libre-open-office, Inkscape, Scribus, Avdemux, Blender, Gimp, Vlc sono solo alcuni nomi
più famosi fra quelli di centinaia di prodotti a nostra disposizione su Sourceforge od altri siti.
Guardate questa clip fatta con Blender:
• Se con i software open si possono realizzare prodotti di questo livello che senso ha parlare si
scarsa qualità?
• L'ultimo consiglio riguarda la possibilità di utilizzare, sulle macchine meno performanti, una
versione di windows che Microsoft pubblicizza pochissimo (evidentemente guadagna più
con le altre). Si chiama Windows Thin PC e l'ultima versione rilasciata deriva da win7 sp1.
Si tratta di una versione ottimizzata per girare su un hardware meno potente.
Requisiti Minimi-Raccomandati Processore Pentium 800MHz-1GHz, RAM 512 Mb-1GB, Spazio
su Disco Rigido 16-40 GB, Display 1024 x 768.
Mac osx (in seguito)
"mobile", PC-notebook: funzionali...... ed arrivabili.....
La diffusione di disposivi ibridi, nonostante il dilagare dei tablet, dimostra che esiste
comunque un'ampia fascia di persone che ritiene più funzionale un device dotato di tastiera
fisica ed in grado di gestire un sistema operativo tradizionale.
Quando il touch non è ritenuto così importante, se uno schermo di 10" non ci sembra
sufficiente, se il processore deve continuare a fare la sua parte, se android e le sue apps ci
sembrano poco adatti per lavorare se vogliamo tutto ciò ma anche garantirci la mobilità,
allora il vecchio notebook diventa una scelta obbligata. E poi la concorrenza dei tablet ha
fatto calare molto i prezzi ed oggi, con 600 euro, si può comprare un 13 pollici hd, core I7,
di peso limitato (1,75kg) ed utile per farci quello che si vuole.
Anche per i notebook il concetto di "mobilità" va meglio specificato. Se guardiamo i cataloghi on
line delle grandi catene di distribuzione vediamo che il formato più diffiso è il 15,6", una
dimensione che oggettivamente rende difficoltoso il trasporto del dispositivo. Allorché le ditte
vogliono privilegiare l'aspetto trasportabilità propongono prodotti attorno ai 10" che sono più
parenti dei vecchi netbook che non dei notebook. Gli ultrabook (sottilissimi e leggerissimi) costano
ancora troppo e quindi l'opzione più interessante è il notebook 13" (che non per niente è il formato
classico degli ibook apple) e che rappresentano il giusto compromesso fra funzionalità e
trasportabilità.
Il notebook supera gran parte dei limiti dei tablet e dovrebbe essere considerato il principale
dispositivo di cui dotare un alunno per le proprie attività di studio.
A questo punto è giusto chiedersi: il notebook, va considerato un'alternativa al tablet?
Secondo me no, perché, per tutto il ciclo della scuola primaria, la corporatura degli alunni spinge
per un utilizzo scolastico del tablet con un notebook da utilizzare prevalentemente a casa: dalla
scuola media in poi, la scelta di che cosa sia meglio portarsi dietro la mattina (tablet o portatile) sarà
conseguente alle attività programmate e quindi concordata con gli insegnanti.
Se consideriamo il costo di un buon tablet aggiunto a quello di un buon notebook arriviamo ad una
cifra di 800 euro. E' indubbiamente una cifra importante, ma si deve considerare l'opportunità di
spalmarla su tutta la carriera scolastica (con una specifica rateizzazione decennale si potrebbe avere
un costo mensile irrisorio) che potrebbe anche giovarsi di opportuni sgravi legati alle condizioni
economiche delle famiglie ed ad merito degli alunni.
Si deve anche considerare che l'adozione di questi strumenti ha senso solo in un'ottica di massiccia
introduzione di supporti digitali al posto dei libri cartacei e che il buon senso vorrebbe che ciò
conseguisse in una notevole riduzione dei costi. Se riuscissimo, con la digitalizzazione, a dimezzare
il costo oggi sostenuto dalle famiglie per l'acquisto dei libri di testo, alla fine del curriculum
scolastico riscontreremmo sicuramente un considerevole vantaggio economico per l'utenza
scolastica.
Tablet: se scelti con oculatezza.... diminuiscono i difetti!
I tablet sono la moda e come tutte le mode invadono il mondo confidando sul fatto che, fra
gli umani, il numero di quelli con ridotte capacità critiche rimane sempre decisamente alto.
La linea di demarcazione fra tablet e smartphone (nonostante i phablet cerchino insistentemente di
cancellarla) rimane, a mio avviso, la soglia dei 6". Già quest'aggeggio è trattenuto con difficoltà da
una mano "normale" e se qualcuno ama telefonare con un 10" legato al collo, cavoli sui. Dai 7" in
su, si entra nel mondo dei tablet per rimanerci fino ai 20" di alcuni dispositivi che niente hanno a
che fare con il mondo della scuola (servono essenzialmente per le dimostazioni di prodotti aziendali
nelle riunioni e nelle fiere).
Le statistiche dicono che l'ergonomia (data dalla necessità degli individui di lavorare in modo
agevole) avrà ancora una volta la meglio e che quindi i tablet piccoli e medio piccoli lasceranno il
posto a quelli più grandi. Da 10 pollici si inizia a lavorare agevolmente e fino a 13 pollici è garantita
una buona trasportabilità quindi è in questo range che dovremo ricercare i tablet per uso scolastico.
Purtroppo, per adesso, il mercato ha pochissimi prodotti al di sopra dei 10 pollici anche se le ditte
già annunciano movimenti in questa direzione. Comunque, oggi, con meno di 200 euro potremo
comprare un tablet 10" HD tecnologicamente molto all'avanguardia.
Una cosa che nelle scuole andava evitata e che invece spesso è successa è l'acquisto di dispositivi di
fascia bassa che, per metà soldi vi offrono un'esperienza utente (navigazione, uso delle app) penosa.
Purtroppo, ciò è accaduto per la frettolosa necessità di attivare il sistema registro elettronico, dando
agli insegnanti uno strumento che spesso, didatticamente, è quasi inutile.
Ma, didatticamente parlando, un tablet a che cosa può essere veramente utile?
Rispetto ad uno smartphone la digitazione è molto più agevole e di questo, tutta l'interazione con la
macchina, se ne avvantaggia grandemente. Con un buon tablet anche la gestione della
multimedialità avviene facilmente, soprattutto per quanto riguarda l'acquisizione di materiali, un po'
meno per la loro rielaborazione. La consultazione dei materiali è generalmente buona, anche se il
problema della mediocre visualizzazione con la luce solare è ben lungi dall'essere superato (solo in
parte con gli schermi ad altissime risoluzioni).
L'ideale sarebbe avere un dispositivo che contemporaneamente mettesse a disposizione la
tecnologia e-ink e quella led. La possibilità di scegliere, a seconda delle necessità, fra una grafica in
toni di grigio, che però garantisce autonomia di settimane e migliora l'esperienza visiva tanto
maggiore è la luce ambientale, e quella iperealistica full hd per vedere un film o delle foto sarebbe
veramente il massimo.
Esperienze di questo tipo sono state fatte con gli smartphone, ma, probabilmente per l'alto costo
inevitabile in dispositivi con doppio schermo, ne ha limitato la diffusione. Meglio ancora di uno
Yotaphone di 10" e costo contenuto sarebbe forse un display Mirasol finalmente funzionante,
capace di sfatare l'araba fenice dell'e-ink a colori di qualità.
•
Other devices
Nelle news recenti leggiamo: "Arriva iWatch, previsti 24 mln di pezzi venduti...."
Quanto dovremo aspettare per il watch-learning?
La tecnologia va avanti e produce in continuazione nuovi dispositivi. Parallelamente
assistiamo ad una sorta di modernismo del mondo pedagogico che abbraccia qualsiasi novità
tecnologica come nuovo strumento didattico. L'incapacità di valutare criticamente l'utiltà
scolastica di una tecnologia dimostra quanto sarebbe utile una più stretta collaborazione fra i
professionisti della tecnologia e quelli della didattica............
In premessa, ho ritenuto doveroso sgombrare il campo dai rischi di modernismo ed una volta
stabilito il concetto che un device preposto all'apprendimento deve avere caratteristiche
ergonomiche che lo rendano adeguato ad un impegno intenso e prolungato possiamo anche
riconoscere qualche utilità ai dispositivi genericamente compresi fra gli "smartphone".
Già, ma quale smartphone? con quali caratteristiche?
Il problema non è essenzialmente quello legato all'ecosistema di appartenenza (iOS della Apple o
Android di Google e company), ma altresì quello dell'enorme diversità fra dispositivi di diversa
fascia economica. Se escludiamo Apple, che per scelta commerciale non commercializza
smartphone di fascia media o bassa, nel campo Android troviamo veramente di tutto: smartphone da
meno di 50 euro con schermi minuscoli, pochissima ram e processori infimi e smartphone da oltre
600 euro con schermi 4k di 6" ed oltre, con talvolta 3 Gb di ram e processori simili a quelli di una
workstation.
E' evidente che quello che si fa con un nexus6 o con un galaxy6 non lo si può fare con un
cinafonino da poche decine di euro, ma è anche vero che in panorama eufemisticamente definibile
come "fluido" due affermazioni sono sicuramente incontrovertibili:
- il confine fra gli smartphone ed i tablet è pressochè scomparso (tutti producono phablet) ed è
destinato (commercialmente) ed esaurirsi del tutto
- un cinafonino di qualità, a parità di contenuto tecnologico, costa un 20-30% meno di uno
smarphone di marchi famosi.
Il problema è che lo smartphone sarà sempre e comunque un dispositivo personale, che l'alunno e la
famiglia compreranno secondo i propri gusti e le proprie disponibilità economiche e, quindi, la
scuola non potrà mai far conto di disporre di un dispositivo con un definito standard
tecnologico.
Uno smartphone è inadatto per l'inserimento di contenuti importanti attraverso la digitazione, è
poco adatto ad una esplorazione costruttiva della rete, è molto adatto per acquisire e scambiare
immagini digitali (non solo selfie o foto di gruppo, ma anche gli appunti presi durante la lezione) e
suoni digitali (la lezione d'italiano o di scienze).
Gli smartphone, come i tablet, presentano anche considerevoli problemi di utilizzo:
• difficoltà di controllo dell'attività realmente svolta dall'alunno
• scarsa autonomia delle batterie e conseguente impossibilità di uso prolungato
• difficoltà di navigazione con reti 3g-4g e di utilizzo delle reti locali (inserimento nella lan
scolastica e fruizione dei relativi servizi)
Infrastruttura e servizi di rete
Ho già sottolineato come le reti delle scuole debbano evolversi e gestire una molteplicità di
servizi con macchine dedicate; vediamo quali potrebbero essere i server implementabili in
una rete scolastica efficiente.
Il server LDAP
“Ldap” chi era costui??? Il server ldap è fra i tanti server uno dei più utili, ma anche uno dei
più misconosciuti.
In parole semplici ldap (Lightweight Directory Access Protocol) è un protocollo per
interrogare dati organizzati in directory spesso utilizzato per creare archivi di utenti. La sua
utilità è tanto maggiore quanto più grande è il “gruppo utenti da gestire” e quanto più questo
gruppo deve interagire digitalmente attraverso le reti.
Prima domanda: è uno standard ufficialmente riconosciuto? Sì, ldap è lo standard ISO (International
Organization for Standardization). Il principale ente di standardizzazione internazionale lo ha
predisposto per questo scopo e, con specifiche disposizioni, provvede al suo adeguamento; è
talmente standard che anche Microsoft, dovendo sviluppare come sempre un proprio prodotto
(active directory) si è preoccupata di renderlo compatibile con ldap.
Altra domanda cruciale? Ne esistono implementazioni open? Ovviamente si!
Open-ldap è presente di default nella maggior parte delle distribuzioni linux dedicate alla
predisposizione di server e quando non c'è lo si può installare gratuitamente con pochi semplici
passaggi.
Domandone: ma perchè il server ldap sarebbe così importante per gestire una scuola?
Perché tutte le web-application importanti sono predisposte per interfacciarsi con i server ldap.
Una volta creato il server ldap avremo annualmente solo l'onere di aggiornare gli utenti (alunnidocenti in ingresso ed in uscita) e lo potremo fare con una comoda interfaccia grafica. In modo
automatico, inserendo un alunno, egli avrà il suo account di posta elettronica sul dominio della
scuola, avrà accesso alla cartella personale sul file server in intranet, avrà accesso a tutte le webapplication che la scuola utilizza (sito web, piattaforma di e learning ,ecc).
Il file server
Le postazioni personali, sia windows che linux che mac non sono “pensate” per un utilizzo
con una pluriutenza molto numerosa. E quindi....
Le postazioni personali, sia windows che linux che mac non sono “pensate” per un utilizzo con una
pluriutenza molto numerosa. Sul nostro windows potremo mettere tranquillamente due, tre utenti,
….un po' meno tranquillamente anche sette od otto, ma nelle scuole sono sempre presenti centinaia
di alunni ognuno dei quali rivendica la necessità di uno spazio personale in cui tenere i propri
materiali.
E' ovvio che la soluzione byod risolve a monte il problema, ma abbiamo già sottolineato come le
scuole non possano lavorare solo con questi dispositivi. Oggi tutte le scuole dispongono di reti
fisiche locali e quindi la soluzione a portata di mano è quella di creare un file server con accesso in
rete autenticato.
La delocalizzazione dei dati personali su una macchina di rete permette tre vantaggi fondamentali:
• salvaguardia della privacy ( i dati sono archiviati in un ambiente a cui si accede solo in
modo autenticato)
• disponibilità dei dati: i dati salvati in rete sono accessibili da qualsiasi postazione in rete (da
qualsiasi macchina in qualsiasi laboratorio)
• integrità dei dati: i server sono abitualmente dotati di sistemi raid che automaticamente
scrivono in modo replicato e vengono quotidianamente backuppati su macchine-copia
appositamente predisposte allo scopo.
Per implementare un file server in rete locale possiamo utilizzare tecnologie proprietarie (creare una
rete di dominio con windows server…… costosino) o tecnologie open (creare un file server con
Samba).
Samba è un software open-source per creare server di dominio windows con una macchina linux:
funziona benissimo, è super collaudato e non costa niente……..
In pratica con il nostro file server potremo fare questo: da gestione risorse di windows pigiando alt
avremo nella barra dei menù la voce strumenti-connetti unità di rete; inserendo le nostre credenziali,
mapperemo localmente la nostra unità remota (vedremo una nuova unita corrispondente alla nostra
cartella sul file server). Quando avremo finito di lavorare cliccheremo “disconnetti unità di rete” e
nessun altro potrà avere accesso ai nostri dati.
La soluzione del file server in intranet è quella considerabile “classica” alla quale in tempi recenti si
è aggiunta quella del cloud storage. Il cloud storage è sicuramente più conosciuto per la diffusione
che hanno avuto sistemi come dropbox, google drive, one-drive).
Questi sistemi hanno due difetti:
- presuppongono l'accesso continuo alla rete (cosa che le scuole oggi non sono assolutamente in
grado di garantire)
- presuppongono che l'accesso avvenga con una buona banda (cosa che non avviene mai).
Queste ultime due considerazioni sembrerebbero condannare ad un infausto destino il cloud-storage
in ambito scolastico: in realtà non è così e ciò sempre per merito del mondo open.
Da qualche anno sono disponibili in rete alcune soluzioni che permettono di creare autonomamente
servizi di cloud-storage e di farlo anche in rete locate Un software come owncloud è cresciuto
tantissimo in questi ultimi anni e già oggi permette di creare un ambiente di storage dati funzionale
e facilmente gestibile attraverso l'interfaccia web.
La scelta del cloud-storage in lan ha due vantaggi imprescindibili:
- permette di allargare il servizio a tutti gli alunni per la mancanza di rischi relativi alla
pubblicazione di materiali inadatti in internet,
- permette di utilizzare un servizio di rete anche senza disporre di connessioni esterne importanti.
Ovviamente owncolud è predisposto per interfacciarsi con open-ldap…...
Il server web
Disquisire su quale programma utilizzare per predisporre il server web è sicuramente una
perdita di tempo: Apache, Apache e poi ancora Apache (o se proprio vogliamo cambiare
proviamo Nginx). Apache vuol dire internet (è installato su oltre il 65% dei server web), è
solido, collaudato, super documentato.
Il server web è indispensabile per mettere materiali in internet e per impiantare delle web
application cioè degli ambienti interattivi dove le diverse attività vengono gestite con un interfaccia
web. L'ipotesi di utilizzare l'interfaccia web non solo per la navigazione, me anche per la gestione
dei programmi trova la sua massima espressione in Chrome-OS.
Chrome-os è un sistema operativo progettato da Google e basato sul kernel linux che sta
riscuotendo notevole successo in USA.
Se ha poco senso discutere “con cosa fare” il server web è invece molto importante approfondire il
“come gestire” il server web; a nostra disposizione ci sono varie opzioni:
• server proprietario della singola scuola: la gestione di un server proprietario è
indubbiamente una scelta impegnativa, ma è anche quella più ricca di potenzialità.
Ovviamente bisogna avere una connessione dati con uno o più IP fissi e con sufficiente
banda anche in upload. Questi sono in realtà i problemi piccoli perché abbastanza facilmente
risolvibili (le scuole non hanno mai tantissimo traffico e la banda in uscita è sufficiente
anche di pochi mega; i costi delle linee simmetriche si sono considerevolmente abbassati). I
problemi grandi sono quelli legati alle competenza per gestione di un sever web;
competenze che essendo altamente specialistiche sono molto difficilmente disponibili nelle
scuole e reperibili sul mercato con costi non indifferenti. La gestione diretta di un server web
non è impossibile se nella scuola esiste qualche figura tecnica che abbia buone conoscenze
delle reti. In questo caso si pùo prevedere un servizio di assistenza esterno specialistico che,
con un costo limitato (1000-2000 euro/anno), intervenga nelle situazioni più difficili. Avere
un proprio server web significa poterlo personalizzare come si vuole e quindi renderlo in
grado di gestire in modo ottimale le varie applicazioni che gli si vorranno affidare.
server proprietario di una rete di scuole: a mio avviso questa è la soluzione ottimale per le
istituzioni scolastiche, andrebbe definita e sviluppata in ambito tecnico dal Miur e diffusa sul
territorio con specifici finanziamenti. Una rete di scuole potrebbe permettersi soluzioni hardware
adeguate gestite da un gruppo tecnico ad hoc; organizzato con specifica attività di formazione e con
il supporto delle scuole tecniche della provincia. La realizzazione di piccole webfarm in ogni
provincia dedicate alla gestione dei servizi web delle scuole permetterebbe un salto di qualità
incredibile nell'utilizzo scolastico dei servizi di rete e permetterebbe il vero passaggio alla “scuola
2.0”. Queste proposte non devono sembrare idee strampalate altrimenti altrettanto strampalato
sarebbe stato l'organizzare i corsi ministeriali C2 con i quali il Miur, qualche anno fa, cercò di
formare tecnici specificamente preposti. Un gruppo scolastico provinciale per lo sviluppo delle
tecnologie web potrebbe proporre alle singole scuole pacchetti “chiavi in mano” comprensivi della
piattaforma personalizzata e funzionante, del servizio di assistenza e di quello di formazione con il
personale docente.
A livello di server web voglio fare un ultima considerazione: i servizi in intranet possono essere
altrettanto utili quanto quelli on line ma ovviamente non presentano i rischi di quest'ultimi. Una
macchina qualsiasi con installati linux ed apache permetterebbe di mettere in lan un servizio di
claud-storage utilissimo per condividere risorse fra docenti ed alunni, renderebbe possibile usare
etherpad per la scrittura condivisa, creerebbe l'occasione per far fare a studenti e professori
esperienze di pubblicazione web ed utilizzazione dell'ftp; insomma, permetterebbe alla scuola di
crescere notevolmente nella propria capacità di utilizzare le reti in modo consapevole.
Sempre in un'ottica di “sviluppo delle competenze informatiche” un idea utile può essere quella di
provare a creare un sever web in ambiente windows anche con applicazioni portable (in cui non si
installa niente). Una soluzione di questo tipo può considerarsi USBWebserver che in pochissimi
passaggi ci permettera di fare esperienze utlili a comprendere come funziona internet e le differenze
fra web statico e dinamico.
Il sever di posta
Tradizionalmente i sistemi linux pensati per il web (ambienti lamp) sono anche in grado di gestire la
posta. Fra gli applicativi per il web Postfix e Dovecot rivaleggiano in fama con Apache e nel loro
campo hanno sicuramente pochi rivali. Avere un server di posta nella scuola è importante perché ci
permette di assegnare ad ogni alunno e ad ogni professore un proprio indirizzo sul dominio della
scuola. Potremo gestire tutti i mail alias che vorremo e quindi organizzare la posta per gruppi cui
destinare specifica corrispondenza. Ovviamente, per la gestione della posta, sarà da preferire il
modello web-based (consultazione con il browser) rispetto a quello client base e allo scopo potremo
scegliere fra duo interfacce open: Squirrelmail (più tradizionale uguale a quella della posta
ministeriale) o Roundcube (più moderna)
Il server per il web-conferencing: Big Blue Button od OpenMeetings
Un sever di web conferencing può benissimo coesistere su una macchina linux utilizzata
anche per altri servizi, ma richiedendo un elevato livello di “personalizzazione” di solito si
preferisce assegnarlo ad una macchina a se stante.
Entrambi gli ambienti citati sono dotati di tutte le principali caratteristiche necessarie a fare
scambio sincrono dei contenuti digitali fra una molteplicità di persone, sono intensamente
sviluppati e si appoggiano a importanti comunità di supporto; fra i due, quello cresciuto di più negli
anni recenti è forse Big blue button, ma di entrambi esistono on line le versioni demo ed ognuno
può sperimentarne le funzionalità.
Da sottolineare che ambienti di questo tipo vanno ben oltre gli utilizzi strettamente previsti e
possono essere usati per creare ambienti di presentazione on line estremamente versatili. Sia bbb
che openmeetings “si appoggiano” al motore di openoffice per la conversione dei documenti e
permettono quindi di gestire on line una moltitudine di formati (doc, docx ecc).
Altri server indispensabili
Altri server “più tecnici”, ma non meno indispensabili: backup, firewall, ispezione del
traffico
Come si sarà capito da quanto precedentemente accennato, i server non sono macchine normali,
svolgono servizi spesso essenziali e raccolgono i dati di intere comunità. Per questo è fondamentale
che vengano prese tutta una serie di misure tecnologiche per salvaguardarne l'integrità.
In quest'ambito, i server di backup rappresentano un tassello importante di una serie di misure che
iniziano con la scelta delle soluzioni hardware più appropriate.
Pur avendo hardware ad hoc, la scelta di backuppare giornalmente i dati su una macchina
appositamente predisposta con uno “storico” di almeno una settimana rappresenta una scelta che
appare ispirata non solo dalla prudenza, ma anche dal buon senso.
E' anche evidente che se si creano sevizi locali e, parallelamente, si collega la nostra rete ad internet,
un buon firewall risulta a dir poco indispensabile. I rischi di intrusione sui server sono all'ordine del
giorno e si rimane molto male la mattina quando, collegandoci al nostro sito, troviamo il logo di
qualche gruppo pirata.
Il firewall però non va visto semplicemente in un'ottica di protezione dalle intrusioni, ma altresì in
una prospettiva di protezione globale compreso il controllo della navigazione. Normalmente il
firewall sarà il gateway su internet della nostra rete locale e se implementerà anche le funzioni di
proxy potrà essere il vero regolatore di tutto il traffico. Il captive-portal è lo standard che tutte le
strutture multirecettive (hotel, campeggi, centri-convegni) usano per permettere l'accesso in wi-fi
agli ospiti e che anche le scuole lo possono implementare per controllare la navigazione.
Squidguard e Dansguardian sono soluzioni opensource per il controllo del traffico che molte ditte
private hanno utilizzato per sviluppare soluzioni commerciali preposte allo scopo.
Il sistema proxy-firewall dovrebbe sempre essere realizzato con linux e può essere fatto con una
miriade di soluzioni. Fra queste ci piace citare Zeroshell, non solo perché trattasi di soluzione tutta
italiana, ben documentata nella nostra lingua, ma anche per il riconoscimento attribuitogli in
ambiente tecnico a livello internazionale.
Il server per l'ispezione del traffico è uno strumento che difficilmente una struttura scolastica si
può permettere, non tanto per il costo della sua predisposizione quanto per la mancanza di figure
tecniche in grado di “interpretarne” i dati. Ma se ipotizzare l'implementazione di Icinga implica
necessariamente di ragionare in un'ottica di concentrazione di servizi con strutture di rete consortili
da cui consegue la disponibilità di personale tecnico adeguato, per utilizzare l'interfaccia grafica di
Ntop è sufficiente che, chi abitualmente riveste nella scuola un ruolo tecnico, svolga qualche
pomeriggio di formazione-aggiornamento. In questo modo, allorché la rete della scuola risulterà
impallata perché in troppi stanno vedendo video in streaming o perché su qualche postazione si è
installato un malware che spara posta a tutto il mondo, sapremo a chi tirare le orecchie
Problemi generali sull'implementazione delle reti
Progettare, organizzare, gestire una rete di servizi è un compito tutt'altro che facile. Le
comptenze necessarie non sono frequenti e per questo le scuole devono cooperare in reti
territoriali ed anche rivolgersi all'esterno cercando i professionisti più qualificati. Per capirsi:
l'amico della collega che nel tempo libero fa anche siti web o il figlio di un amico che sta
studiando ingegneria ed e tanto bravo non sono proprio le figure più adatte alle nostre
necessità.
Da quanto precedentemente descritto deriva che se le scuole vorranno crescere nella loro capacità di
utilizzare i servizi di rete dovranno ispirarsi ai modelli organizzativi che nel privato caratterizzano
una media industria. D'altro canto sarebbe anche illogico pensare che oggi, con Istituti consortili
che gestiscono utenze spesso prossime al migliaio, si possa pensare di continuare ad usare il
modello che andava bene per la singola scuola media od elementare. La crescente complessità delle
infrastrutture scolastiche va di pari passo con la complessità dei servizi offerti dalla rete e, quindi,
fare delle scelte consapevoli è tutt'altro che semplice.
Se le nostre “piccole industrie scolastiche” vorranno sviluppare servizi informatici moderni ed
efficienti dovranno farlo obbligatoriamente consorziandosi in rete. I costi tecnologici delle
infrastrutture, dei collegamneti, dell'assistenza tecnica sono sicuramente rilevanti e solo pochissime
grandi realtà potrebbero permetterseli. Sarebbe quindi fondamentale che il Miur spingesse in questa
direzione individuando, in una prima fase, una decina di strutture a livello nazionale. In esse, anche
con la collaborazione di privati ed istituzioni, si potrebbero sviluppare i modelli da diffondere (nella
fase 2) in tutti i territori provinciali.
Problematiche varie legate alla gestione dei servizi di rete
I rischi di utilizzare sistemi inadeguati per la gestione dei servizi si è rivelata in tutta la sua
“pericolosità” in occasione della implementazione del registro elettronico nelle scuole.
A parte la difficile giustificazione di una scelta che ha visto il Ministero abdicare alla possibilità di
implementare un proprio sistema da zero (da distribuire gratuitamente alle scuole) in favore di una
miriade di proposte private che ogni anno le scuole pagano a caro prezzo, l'aspetto critico che è
venuto immediatamente alla ribalta è stata l'inadeguatezza delle infrastrutture esistenti per la
gestione di questo servizio. In una lan paritaria e “non gestita”, garantire ai dispositivi di 100
insegnanti un collegamento efficiente sulla macchina “registro” non sempre è possibile od agevole.
In qualche scuola si è deciso di “chiudere” tutti i servizi di accesso alla rete per evitare che questi
mettessero in crisi il sistema registro. Se si dà copertura wi-fi a tutta la scuola, bisogna avere
presente che la segretezza delle password ha vita breve e che gli smartphone (inesorabilmente
presenti nelle tasche dei nostri alunni ), inizieranno a inondare di richieste il server dhcp.
I dispositivi per il registro, le lim, qualche laboratorio...... quando la mattina la scuola “si accende”,
in pochi minuti si arriva ad avere un sistema che può comprendere poche (o molte) centinaia di
macchine; ed un sistema di questo tipo non può essere lasciato a se stesso per un motivo
fondamentale: perché spesso finirà per non funzionare.
Altro concetto da sfatare è che un'infrastruttura complessa e con centinaia di utenze possa
funzionare con un adsl “familiare”. In una scuola in rete le “linee dati” sono più importanti di quelle
"voce" e su questo aspetto l'analisi da fare è quella del miglior rapporto prezzo/qualità.
La fibra ottica sarà un valore aggiunto perché permetterà di modulare, in modo flessibile e con
qualsiasi ampiezza, la banda a nostra disposizione, ma ugualmente “valore aggiunto” sono la
simmetricità del collegamento e la disponibilità di IP pubblici.
In alcune realtà, una soluzione utile potrebbe essere quella di creare in un'unica rete fisica per la
didattica, più sottoreti logiche collegate a gateway e linee dati specifici. Il traffico delle lim potrebbe
essere veicolato su un gateway, quello dei laboratori su un'altro, ovviamnete con due adsl da pagare,
ma anche con prestazioni notevolmente diverse.
Diventa quindi evidente che ci dovremo scordare in fretta un modello di scuola supportato da
un'unica rete fisica (didattica e segreteria è bene utilizzino reti fisicamente separate) e con un
ruoterino Adsl che gestisce i pochi servizi interni collegato ad un unica linea dati.
Da prendere in seria considerazione è, quindi, l'ipotesi di far progettare la rete della nostra scuola a
figure professionalmente capaci alle quali però dovremo essere in grado di dare indicazioni precise
sulle nostre necessità.
Decalogo di domande cui dovremo saper dare risposta:
• Vogliamo che gli alunni usino internet solo nei laboratori?
• Vogliamo che internet sia a disposizione anche in classe?
• Quante postazioni potranno essere contemporaneamente collegate?
• Che tipo di attività dovranno far in rete?
• Quanta banda sarebbe necessaria in relazione alle attività programmate?
• Potrebbe essere utile suddividere il traffico in sottoreti logiche con più gateway?
• Vogliamo attivare un controllo qos per assegare la banda in modo differenziato (es: inibire la
chat, limitare lo streaming, favorire la navigazione http)?
• Che tipo di controllo vogliamo avere sui contenuti (con le black list o con gli analizzatori di
pagina)?
• Vogliamo utilizzare un proxy con un antivirus di rete?
• Vogliamo implementare dei servizi in rete locale? Di che tipo?
• Ci interessa il cloud storage e come vogliamo garantire accessibilità e riservatezza dei dati
personali?
• Per i servizi web di cui la scuola ha necessità, quale modello organizzativo ritiene di
implementare (server proprietario, hostig, housing, cloud computing)
• Come vogliamo organizzare il sito della scuola? Con quale cms? Con quale redazione?
• Riteniamo prioritario avere un servizio di e-learning?
• Quali macchine della nostra rete necessitano di backup periodico e per quanto tempo se ne
dovrà garantire la conservazione?
• Qual è il livello d'informatizzazione del personale docente? Esistono figure con compenze
specialistiche più avanzate?
• Quanto siamo disposti a spendere annualmente per le connessioni dati?
• Quanto siamo disposti a spendere annualmente per il servizio di assistenza-manutenzione
sistemistica?
Si tratta in molti casi di dare risposte a problemi interconnessi, il che richiede una buona
competenza generale di tipo informatico e visione di insieme
Non so quanto gli attuali livelli dirigenziali delle istituzioni scolastiche siano abituati a confrontarsi
con queste tematiche, ma so per certo che in qualsiasi industria l'amministratore delegato, riunito lo
staff, cercherebbe di dare tutte le risposte necessarie, costruirebbe un modello ed incaricherebbe
qualcuno di organizzarlo.
Più spesso nella scuola assistiamo a dirigenti lasciati a se stessi dall'amministrazione centrale, in
difficoltà nel trovare consulenti qualificati, costretti a fidarsi del venditore di turno che spaccia il
proprio sistema (quasi sempre copiato assemblando alla meno peggio soluzioni opensource) come
la più grande delle innovazioni.
In questa situazione sperare che le competenze digitali delle scuole possano crescere è una pia
illusione e quanto prima l'amministrazione centrale ne prenderà coscienza tanto meglio sarà.
Se arriva l'organico funzionale, anche la formazione può fare la sua
parte
In Toscana si usa dire che "non si fan le nozze coi fichi secchi" e questo modo di dire potrebbe
essere il giusto commento a molte delle iniziative messe in campo dall'amministrazione centrale. Se
l'informatizzazione delle scuole deve essere un obiettivo prioritario il primo problema da affrontare
è quello delle competenze. E a livello informatico la scelta non può essere quella di riciclare
qualche classe di concorso in esubero attraverso estemporanee esperienze di formazione.
Quando parliamo di competenze dobbiamo ulteriormente distinguere per evitare genericità ed
approssimazione: ad ogni istituzione scolastica dovrebbero essere garantiti almeno tre livelli di
competenze, alcune di cui disporre in modo esclusivo, altre da utilizzare in modo condiviso.
• Competenze tecniche organizzative (sono quelle di livello più alto e presuppongono
una buona conoscenza di informatica sistemistica). I compiti principali sono la progettazione
dell'infrastruttura dal punto di vista fisico e logico, anche avvalendosi di consulenze esterne,
e la sua gestione anche interfacciandosi con gli altri due livelli tecnici. Questa figura può
essere utilizzata in modo condiviso.
• Competenze tecniche applicative (sono quelle che tradizionalmente farebbero
riferimento alla figura di sistema responsabile delle tic). Questa figura dovrebbe conoscere
bene i limiti e le potenzialità delle tic in relazione alla loro utilizzazione didattica. Dovrebbe
fare da interfaccia con il corpo docente raccogliendone i fabbisogni, ma anche guidandone la
crescita formativa. Per questo, di tale figura si prevede un utilizzo esclusivo.
• Competenze tecniche operative(sono quelle previste per i tecnici di laboratorio).
Considerando le attuali dimensioni delle scuole per questa figura deve prevedersi un uso
esclusivo (uno o più tecnici per scuola in funzione della necessita oggettiva. Per esse è
necessario fare qualche ulteriore specificazione: smettiamo di chiamarli tecnici di
laboratorio perché non solo dei laboratori si dovranno occupare (se c'e da cambiare
alimentatore ad un server o da sostituire uno switch a chi lo facciamo fare?). Le scuole
hanno bisogno di tecnici informatici in grado di operare a 360 gradi su ogni tipo di necessità
informatica: dalla riparazione fisica di una macchina alla re-installazione del s.o. o degli
applicativi. Il problema non indifferente di una diffusa mancanza di specifica preparazione
può essere risolto mettendo a disposizione degli operatori strumenti di formazione on line
continuativi e prevedendo una progressione di carriera legata al superamento di specifici
esami tecnici.
La recente proposta del governo per l'organico funzionale fa riferimento ad un modello in cui, ad
ogni scuola, viene assegnato un proprio organico capace di coprire i fabbisogni dell'insegnamento
ed anche quelli organizzativi. Fino ad ora non si è sentito dir niente circa la possibilità di avere
figure organizzative impegnate su più scuole e quindi in grado di operare in modo più specialistico.
Questa possibilità sarebbe essenziale per la crescita informatica delle scuole.
Domanda su una questione spinosa: ma le mani sui server chi le può mettere?
Risposta: chi è capace! I sever sono macchine permalose e si accorgono subito se chi si dedica alle
loro cure lo fa in modo consapevole o improvvisato; e ciò, ovviamente, crea un problema tutte le
volte che il "sistemista ufficiale" si ammala o va in ferie. In realtà questo è un falso problema e lo è
tanto meno quanto più ci si muove in un'ottica di organico funzionale al quale dovrebbe potersi
garantire anche sufficiente continuità operativa.
I tecnici informatici (non di laboratorio) sono figure chiave in un progetto di diffusa
informatizzazione e vanno previsti in ogni ordine di scuola. Nel corso degli anni, attraverso l'autoformazione promossa dall'amministrazione ed anche con la continua collaborazione con i sistemisti,
potranno crescere professionalmente e svolgere funzioni sempre più complesse. Imparando i
comandi essenziali per lavorare da terminale e familiarizzando con la comoda interfaccia grafica di
webmin potranno dedicarsi all'accudimento dei suddetti oggetti permalosi.
Internet nell'insegnamento: strategie per un
utilizzo critico del web
Il rifiuto della "didattica debole"
Sono molti gli intellettuali che cercano di mettere in guardia il mondo della scuola dal
diffondersi della didattica debole. E spesso internet può essere proprio lo strumento per
indurci in questa tentazione. La figura dell'insegnante come "mediatore culturale" di una rete
detentrice del sapere reppresenterebbe una regressione qualitativa dei processi di
apprendimento di cui il nostro paese ha tutt'altro che bisogno
Gianni Marconato in un recente articolo in cui parla delle Flipped Class (la classe capovolta in cui
l'insegnamento-apprendimento avviene a casa con contenuti largamente prelevati dalla rete ed in
classe si rielabora) si esprime in questi termini:
Seguo sempre con molta curiosità ogni “innovazione” che riguarda la scuola, l’insegnamento,
l’apprendimento. Pur essendo una persona molto curiosa ed attenta ai segnali deboli, è difficile
che mi innamori a prima vista soprattutto di ciò che viene proposto con l’etichetta di
“innovazione”. Troppo spesso tante sedicenti innovazioni tali non si sono rivelate già nel breve
periodo. Ad esempio i Learning Object, la lim, gli e-book, i tablet ….. Più che di innovazione, si è
trattato di mode. Inconsistenti, deboli. Per debole comprensione ed eccessiva semplificazione della
questione che si proponevano di affrontare.
Anche secondo Gino Roncaglia
il rischio di didattica debole è insito in una diffusa tendenza alla sostituzione del libro di testo con i
contenuti prelevati dalla rete; nonostante le innovazioni che la "rivoluzione" digitale sta generando,
il libro di testo resta e deve restare un fondamentale punto di riferimento nell'insegnamento e
nell'apprendimento scolastico per due sostanziali ragioni: la prima, è quella della sua natura
"autoriale", ovvero della garanzia di qualità che autore (ed editore) possono offrire, a differenza dei
vari materiali reperibili in rete; la seconda è quella del carattere "narrativo" che lo qualifica, che si
rischia di disperdere nell'uso di unità modulari digitali.
Ed anche se illustrissimi professori esprimono opinioni diverse
personalmente mi schiero con coloro che vedono in internet un formidabile strumento di
arricchimento della didattica e delle pratiche educative, ma sempre affiancato, con pari dignità, agli
altri strumenti tradizionali (lezioni frontali e libri di testo cartacei e non) ed all'interno di un
percorso strutturato e gestito a scuola dall'insegnante.
Il rischio di una didattica troppo frammentata e priva di filo narrativo autorevole è evidente. Gran
parte degli insegnanti si affida alle piattaforme digitali proposte dalle case editrici in cui i contenuti
proposti sono in formato digitale, ma ristretti e monotoni.
Credo che internet possa contribuire a rendere gli ambienti di apprendimento molto più ricchi di
quelli tradizionali e che per fare questo gli insegnanti debbano essere disposti a reinventarsi come
autori multimediali. Si tratta di un compito tutt'altro che facile o banale ed è illusorio pensare che
sia solo una questione di tempo (qualcuno potrebbe pensare che quando i nativi digitali saliranno in
cattedra, come per magia la scuola ed internet si amalgheranno spontaneamente).
No, produrre strutture cognitive digitali è sicuramente laborioso e tanto più complesso quanto più si
voglia rappresentare la complessità.
In questo lavoro, tanto faticoso, quanto affacinante un aiuto importante può venirci dalle
piattaforme di e-learning che ci aiutano proprio nel compito di strutturazione.
Gli ambienti di e-learning come nuovi strumenti organizzativi della
didattica.
Il lavoro di predisposizione di sistemi didattici digitali capaci di sfruttare le risorse di rete è
tutt'altro che facile. E' sempre lungo, laborioso, complesso, faticoso e chi non percepisce
l'oggettiva difficoltà di questo lavoro parte per un percorso che non lo porterà ad alcun
traguardo.
La rete offre essenzialmente due cose importanti:
- contenuti digitali già predisposti
- possibilita di interazione fra le persone
Entrambe queste cose possono essere ottenute in tanti modi, ma fra un modo e un altro c'è una bella
differenza. Qualsiasi CMS evoluto (jomla, wordpress, drupal, plone) dispone di moduli finalizzati
all'assemblamento di materiali ed alla gestione di comunità di utenti. Qualsiasi CMS potrebbe
essere utilizzato dalle scuole per creare ambienti di apprendimento moderni ed efficaci. Se questo è
vero, a che serve un ambiente di e-learning? A che serve Moodle?
Gli ambienti di e-learning sono fondamentali perchè danno all'insegnante uno strumento già
predisposto per uno scopo preciso e quindi straordinariamente efficace.
Moodle viene sviluppato da una comunità mondiale che conta migliaia di utilizzatori e sviluppatori
e chi oggi scarica l'ultima versione si avvale di un lavoro fatto nel corso degli anni da tante persone.
Appoggiarsi ad un ambiente di e-learning per organizzare i propri corsi ci permette di concentrarci
sull'utilizzo dell'ambiente e non sul suo sviluppo. In questo modo possiamo avere degli incredibili
vantaggi:
• Operatività immediata (i nostri corsi possono crescere nel tempo, ma sono utilizzabili fino
da subito; ciò gratifica e motiva)
• Possibilità di sinergie (ad uno stesso corso possono collaborare più insegnanti)
• Possibilità di riuso (gli oggetti digitali si prestano bene ad essere riassemblati in modi
diversi e ciò limita la fatica)
Imparando ad utilizzare Modle saremo capaci di:
• incorporare nelle risorse di apprendimento quello che nella rete ci piace di più (non
quello che ci propongono le case editrici)
• mixare i nostri prodotti con quelli della rete su dei percorsi da noi definiti (rimarremo
insegnanti)
• gestire i rapporti fra docente ed alunni in modo agevole e degli alunni fra loro in modo
controllato
Ovviamente, diventare autori di contenuti digitali non è assolutamente banale, ma, per fortuna, è
anche un lavoro molto stimolante.
Parlando di Moodle smettiamo di descriverlo come piattaforma FAD perchè, in realtà, il concetto di
"formazione a distanza" concentra l'attenzione su un aspetto sminuendone altri. Moodle è un
ambiente di e-learning che ci permette di creare comunità di apprendimento in rete capaci di usare
in modo ottimale gli oggetti digitali che la rete stessa mette a disposizione.....a casa, a scuola e ... in
vacanza.
Il superamento di Facebook
I social network sono diventati il leitmotiv delle nostre giornate, ma anche se i giornalisti
televisivi si sono arresi a fare servizi nei quali si limitano a riepilogare i tweet ed i post
giormalieri dei personaggi di turno, ciò non vuol dire che la scuola debba subire la stessa
sorte.
In un ambiente educativo una delle funzioni fondamentali demandate agli insegnanti è la
regolazione dei rapporti interpersonali fra gli alunni al fine di stimolarne la correttezza relazionale e
l'equanime partecipazione.
In classe lo facciamo sempre perchè è nostra abitudine aiutare i ragazzi ad assumere atteggiamenti
sociali corretti, ma qual'è la nostra capacità di intervento sugli scambi mediati dai social network?
Ovviamente zero!
Se i nostri alunni usano facebook per interagire su tematiche non scolastiche che lo facciano pure.
La scuola non può avere la pretesa di controllare tutte le attività (educative e ricreative) svolte dai
propri alunni; deve essere consapevole che ad essi, comunque, giungerà una miriade di stimoli e di
proposte e che gran parte di questi saranno mediati dalla rete.
Ma non può neanche incentivare l'utilizzo scolastico di strumenti sui quali in realtà non ha alcun
controllo. Gli spiacevoli episodi di emarginazione, di molestia verificatisi con l'uso scolastico di
facebook dovrebbero far riflettere circa l'opportunità di incentivarne la diffusione a scuola.
Il problema non è di facile soluzione perche i social network pervadono la vita dei nostri figli e
ignorarlo sarebbe inutile.
A mio avviso la scuola deve cercare di sviluppare proposte diverse, autonome, ma non alternative a
quelle abituali. La guerra a Facebook sarebbe persa in partenza, ma se noi offriremo alle classi
strumenti diversi (della scuola) con i quali interagire in rete probablmente avremo la loro
disponibiltà ad affiancare gli uni agli altri.
In pratica le strategie possono essere diverse e comunque si basano su due possibilità:
- quelle messe a disposizione dall'e-learning (strumenti di comunicazione sincrona e asincrona e
strumenti di cooperazione educativa presenti in moodle)
- quelle organizzate in appositi ambienti come Mahara. Sul sito leggiamo: Mahara is the perfect
personal learning environment mixed with social networking, allowing you to collect, reflect on and
share your achievements and development online in a space you control.
Se ci pensiamo bene anche Facebook è un enorme portfolio dove ognuno mette ciò che ritiene
importante per descrivere se stesso e lo condivide con chi vuole. Al nostro alunno non dovremo dire
di abbandonare facebook (neanche ci ascolterebbe), dovremo invece, semplicemente, proporgli "un
altro" strumento organizzato dalla scuola. Il messaggio "You can create journals, upload files,
embed social media resources from the web and collaborate with other users in groups" avrebbe
qualche possibilità di essere ascoltato.
Web application ....come?
Gli ambienti on line sono tanti, bellissimi, efficientissimi (il web 2.0 è il mondo degli utenti
attori-autori e condivisori) ed oggi la rete ci offre piattaforme per fare quello che si vuole.
Un dubbio sorge quindi spontaneo: a cosa ci serve mettere in piedi ambienti "nostri"?
Vogliamo fare concorrenza a google, yahoo o dropbox?
Ovviamente no! La prospettiva in cui ci vogliamo porre non è certo quella della
concorrenza, ma fondamentalmente rivendichiamo un maggior livello di personalizzazione e
di controllo delle nostre piattaforme.
Gli ambienti on line sono tanti, bellissimi, efficientissimi (il web2.0 è il mondo degli utenti attoriautori e condivisori) ed oggi la rete ci offre piattaforme per fare quello che si vuole. Un dubbio
sorge quindi spontaneo: a cosa ci serve mettere in piedi ambienti "nostri"? Vogliamo fare
concorrenza a google a yahoo a drpbox?
Ovviamente no! La prospettiva in cui ci vogliamo porre non è certo quella della concorrenza ma
fondamentalmente rivendichiamo un maggior livello di personalizzazione e di controllo delle
nostre piattaforme.
Chi lavora con internet sa che l'interesse attorno alle web-application continua a crescere,
soprattutto per quelle opensource che ne rappresentano la larga maggioranza.
La personalizzazione
Gli ambienti on line non sono quasi mai pensati per le scuole (youtube, flikr, facebook), sono
sviluppati per un utenza il più variegata possibile e non sono ottimizzati per un uso scolastico.
Facciamo qualche esempio:
VIDEOCONFERENZA
Google hangout, facebook messanger, skype permettono di creare videoritrovi dove, attraverso
videochiamate di gruppo e chat testuale, è possibile creare una sorta di videoconferenza.
Gestire tutto ciò, a livello di classe, non è però così semplice: ogni alunno deve avere i relativi
account e gli ambienti si interfacciano difficilmente con un ambiente di e-learning.
Se prendiamo Bigbluebutton od Openmeetings ed iniziamo a lavorarci capiamo subito che sono
stati pensati in un ottica di insegnamento. La loro integrazione con Moodle è ottimale e, quindi, è
molto semplice anche l'utilizzo da parte della classe.
VIDEO-PHOTO-SHARING
Per citare anche solo le più importanti fra le piattaforme di condivisione multimediali dovremmo
fare un elenco troppo lungo che è meglio evitare. Vi invito, invece, ad andare in rete a vedere
ambienti come Clipbuket o Phpmotion.
La totale gestibilità di ambienti di questo tipo (organizzandoli per classi, per temi ecc) non può non
fare gola a chi organizza il lavoro nelle scuole. Alla domanda se sia meglio essere utilizzatori di you
tube od avere un proprio you tube si può dare un'unica risposta: è meglio avere entrambi. La scuola
dove lavoro ha nella multimedialità uno de punti di interesse principali ed organizza con una
webapplication opensource (Gallery) tutti i propri album multimediali.
IL SITO DELLA SCUOLA
Ormai non ha più senso progettare siti di tipo statico ed una volta condivisa l'opzione del sito
dinamico davanti a noi abbiamo solo l'imbarazzo della scelta.
I CMS opensource sono sicuramente gratuiti, ma questo è l'aspetto meno interessante. Joomla,
Drupal, Wordpress e Plone sono utilizzati da aziende ed organizzazioni internazionali
importantissime che sicuramente non motiverebbero la loro scelta sul risparmio.
Sono la "solidità", la flessibilità, la semplicità di gestione, la comunità di sviluppo i veri punti di
forza di queste applicazioni e la loro diffusione ne testimonia un riconoscimento di qualità diffuso.
In italia abbiamo anche un ulteriore elemento che ci può spingere alla loro adozione nelle scuole: il
progetto "porte aperte sul web" dell'USR Lombardia che (attraverso un lavoro enorme troppo poco
riconosciuto) mette a disposizione della comunità scolastica versioni customizzate come "sito
scolastico" di tutti e quattro i CMS.
Un domino di secondo livello e qualche mese di formazione per i docenti disposti a lavorare nella
futura redazione ed, in pochi mesi, invece di avere un sito gestito da una agenzia esterna, avremo un
sito gestito dalla scuola: non è un vantaggio economico (poco rilevante), ma una crescita culturale
molto importante.
IL CLOUD - STORAGE
Dropbox e le altre piattaforme di cloud storage sono eccezionali, costano poco ed hanno tanta
funzioni; nonostante ciò, Owncloud può essere molto utile in tutte le scuole se si vogliano
condividere materiali ed informazioni. Il livello di personalizzazione che è possibile raggiungere
con Owncloud della scuola è impossibile con le altre piattaforme.
E QUINDI? WEB-APPLICATION TUTTO ROSE E FIORI? NO, MAGARI!
L'uso di server in hosting ha sempre grosse limitazioni (sulla loro personalizzazione) e la gestione
"in proprio" dei server porta altri problemi da non sottovalutare (vulnerabilità, intrusioni).
Ho già detto che secondo me la prospettiva più interessante è quella che prevede una gestione
diretta di questi servizi da parte di scuole collegate in rete. Ed anche se non si riesce a muoversi in
questa direzione è importante che le scuole inizino a crescere, strutturando servizi informatici via
via più organizzati.
I materiali "presi" dalla rete
OK, riconosciamolo, se vogliamo tanto usare internet è anche perche essa ci offre un mare di
risorse. Se però le vogliamo utilizzare dobbiamo imparare a farlo in modo corretto.
Il "copia incolla" è la sequenza più amata dagli italiani e gli insegnanti non fanno eccezione.
Il male non sarebbe grave se non fosse per il fatto che mette in evidenza un uso un po'
"approssimativo" della rete.
IL PROBLEMA DEL COPYRIGHT
Non va sottovalutato perchè mettere materiali on line è equivalente al pubblicarli e se essi sono
coperti da copyright possono essere dolori.
Allora, dobbiamo imparare fondamentalmente due cose:
• a riconoscere i materiali liberi
• a trasferire questi materiali nelle nostre pagine
Il mondo del copyleft comprende vari tipi di licenze ma fra queste quella più importante è
sicuramente la licenza Creative Common (CC).
I simboli
per fortuna sempre più diffusi e quindi sempre più conosciuti, significano l'obbligo di indicare
l'autore, il divieto di diffusione commerciale ed il divieto di opere derivate.
Il mondo del copyleft è immenso, sicuramente molto più grande di quanto molti immaginano.
A parte wikipedia la cui rilevanza è (e sarà sempre più) incontrovertibile, abbiamo Wikimedia
Commons (per tutti i materiali multimediali) e migliaia di altri siti con contenuti rilasciati con
licenza CC.
Pensando al nostro contesto nazionale mi vengono in mente alcuni esempi esemplificativi.
Liber Liber (libri digitali, audiolibri, musica)
Matematicamente (matematica e non solo; di questo passo, fra un po'di anni, le case editrici dei libri
scolastici potrebbero andare in pensione)
Gli appunti di matematica del Prof. Enrico Zogli
Collezione di video sulla "matematica" di Francesca Alloatti
Una volta individuati i materiali disponibili in rete dobbiamo scegliere la tecnica con con cui
"trasferirli" nelle nostre pagine dell'ambiente di e-learning.
Tutto il materiale multimediale (caratterizzato da un volume dati più cospicuo) dovrebbe essere
inserito con tecniche di embedding. In pratica tutti i siti di file sharing permettono di fare
embedding con i loro materiali e ciò ci semplifica tantissimo la vita. Invece di scaricare un video da
youtube od una presentazione da slideshare ci limitermo a cercare nella pagina il pulsante "share"
dietro al quale si celano le varie opzioni di condivisione comprese quelle di embedding. Un copiaincolla (fra le poche righe di codice lì riportate ed il nostro editor testuale on line -in modalità html
code-) e, come per magia, faremo apparire gli oggetti voluti dove desideriamo.
Per le immagini statiche potremo anche realizzare on line un vero e proprio slideshow con gli effetti
di transizione che più ci piacciono e successivamente collegarlo alla pagina (non più possibile con
Flikr, ma ancora possibile con Picasa Web).
Le alternative potrebbero essere molte:
• download delle immagini e trasferimento in un lightbox di Moodle dopo averle zippate tutte
assieme;
• download ed assemblaggiocon exe-learning ed upload come sito web zippato
• assemblaggiodelle immagini in una presentazione, esportazione in formato flash,
incorporazione del file flash in pagine di Exe e successivo trasferimento come pagine web
• assemblaggiodelle immagini in una presentazione, suo trasferimento su Slideshare e
successivo embedding delle pagine slideshare.
Purtroppo gli ambienti web, nella loro evoluzione, non sempre progrediscono.
Sicuramente non possono essere considerati progressi, per gli utilizzatori, l'aver tolto gli slidecast da
Slideshare o l'aver tolto la possibilità di embeddare direttamente gli slideshow in Flikr.
E' anche importante capire che il trasferimento dei materiali della rete alle nostre pagine può essere
fatto in vari modo, più o meno mediati, e che non ha molto senso cercare di stilare una classifica fra
migliori e peggiori. Ogni metodo ha vantaggi e svantaggi e solo una buona competenza tecnologica
sulle reti e sugli oggetti multimediali ci può far fare scelte consapevoli.
Secondo me, se non siamo afflitti da fretta spasmodica, il banalissimo copia incolla "web su web"
andrebbe evitato:
•
•
•
•
in generale stimola poco la rielaborazione
incontra maggiori problemi di rielaborazione immediata e futura
crea oggetti temporalmente "instabili"
non garantisce versatilità agli oggetti creati
Quando personalmente elaboro appunti con materiali presi dalla rete (talvolta anche "non CC", ma
sempre dopo aver scritto all'autore ed essermi fatto rilasciare l'autorizzazione per scritto) faccio
largo uso di copia incolla con OpenOffice.
Uso OpenOffice invece di LibreOffice perchè il primo ha mantenuto una funzione a mio avviso
importante che invece nel secondo è stata tolta (cambiata).
Quando facciamo il copia-incolla sul wordprocessor, tutti gli oggetti non testuali non vengono
incorporati nel documento, ma rimangono linkati come oggetti esterni. Attraverso il menu modificainterrompi collegamenti possiamo "forzare" il programma a scaricare gli oggetti e ad incorporarli
nel documento.
Se non abbiamo interrotto i collegamenti e salviamo il documento come pagina web avremo delle
pagine html che linkano degli oggetti in internet; se avremo interrotto i collegamenti gli oggetti
saranno presenti in locale. Ciò fa una bella differenza allorchè ci accingiamo a produrre LO che
debbano avere una valenza nel tempo.
Ricordiamoci, inoltre, che il codice html prodotto da libre/open office non è eccelso e che sarebbe
bene, prima di metterlo on line, controllarlo con programmi un po' più affidabili da questo punto di
vista (kompozer, bluegriffon).
Una tecnica interessante per mettere on line oggetti multimediali commentati può essere l'utilizzo di
piattaforme di videoconferenza Ovviamente questi ambienti nascono per un fine diverso, ma, nella
loro versatilità, possono adattarsi bene allo scopo.
In Big Blu Button abbiamo una modalità presentazione dove si può registrare una sessione. In essa
il docente potra fare un'esposizione sfruttando tutti gli strumenti della piattaforma (compresa la
possibilità di condividere il desktop e di importare i formati gestibili da OpenOffice).
La produzione di LO in un contesto informatico sempre più regolato
dalla rete
Muoversi fra morituri incombenti (flash), astri nascenti (epub) e risorgenti (smil) non è
proprio banale
Cosa dovrà essere l'insegnante del futuro...
SIcuramente un mediatore di LO, capace di trovarli, selezionarli, assemblarli e renderli fruibili in
in ambiente di e-learning.
Ma, certamente, per chi come me non crede in un insegnamento riduttivamente interpretato come
mediazione culturale, dovrà anche essere produttore personale di LO.
Ed, infine, anche un po'disc jockey, capace di mixare nel modo più giusto, in relazione al contesto,
queste due componenti. La produzione di Object Learning deve per forza intendersi come oggetti
ispirati alla filosofia OER (mi viene da ridere quando girellando per la rete scopro scuole di
provincia che proteggono le loro produzioni mettendo in primo piano dei vistosi© quando nella
stessa rete troviamo in forma aperta e riusabile le lezioni del MIT (Massachusetts Institute of
Technology).
Allora, stabiliamo alcuni punti fissi:
•
risorse aperte come presupposto fondamentale; in alternativa,
risorse commerciali a basso costo.
Non ha senso che i libri di testo delle scuole costino svariate decine di euro. In una scuola senza
carta le case editrici dovranno prevedere piani di vendita con libri esclusivamente digitali che
costino al massimo dieci euro ed anche la possibilità del noleggio per cifre almeno dimezzate. Sarà
dura, ma è stata dura anche per i venditori di dischi quando hanno iniziato a diffondersi gli mp3 e
come diceva qualcuno "Il problema è di capire che gli scogli non hanno mai fermato l’acqua."
•
per la creazione di LO non servono oggi e serviranno
sempre meno i COSTOSI SOFTWARE
COMMERCIALI.
Sono un buon conoscitore di software applicativo (sia open che commerciale) e penso di poter dire
che l'universo del software open è una delle risorse meno conosciute e quindi peggio utilizzate dalla
scuola italiana. Certo, tutti conoscono LibreOffice e tanti utilizzano VLC, ma pochissimi sfruttano
Gimp o Inkscape per quello che valgono.
Quanti usano Scribus, Krita, Avidemux, Virtualdub, Audacity, Synfig, Blender, Sigil, Calibre,
Shotcut, Abiword, Xmediarecode, Handbrake........ ho citato solo alcuni dei più famosi, tutti
disponibili anche in ambiente Windows e più che sufficienti a costituire l'armamentario di un
informatico provetto.
Non sono pregiudizionalmente critico verso il software commerciale (amo Photoshop e difficimente
trovo un sostituto a Camtasia se devo realizzare uno screencast o a Dragon Naturally Speaking se
devo digitalizzare lunghi testi). Ma le situazioni in cui il software open non offre soluzioni sono
ormai inesistenti e la situazione, nel corso di pochi anni è migliorata tantissimo.
Di conseguenza, se le scuole vogliono "vedere lontano" lo faranno tanto meglio quanto prima
abbracceranno la filosofia del software aperto (non voglio sminuire la dimensione etica di questa
scelta, ma in questo momento voglio sottolineare che anche solo un atteggiamento ispirato al
pragmatismo è sufficiente a renderla condivisibile).
•
La storia dimostra che formati "chiusi" e "proprietari"
hanno vita breve
Quindi, se vogliamo che i nostri nipoti possano leggere i nostri appunti o visualizzare le nostre
presentazioni produciamoli in formati aperti. Colossi come Microsoft, Apple, Adobe hanno cercato
di diffondere il più possibile i loro standard per renderli egemoni sul mercato ma, se ci sono riusciti,
è stato solo per brevi periodi. Per fortuna ai tavoli internazionali dove si decidono gli sviluppi delle
tecnologie i vari big si confrontano fra loro (e sono costretti a mediare) e sono, comunque,
accompagnati da altri soggetti minori che, messi assieme, assumono comunque un valore rilevante.
E come odt ha ridimensionato il doc, così html5 ha decretato il declino di flash. Il png sta
soppiantando il gif e l'svg si sta affermando come standard riconosciuto. Ma per chi utilizza
software opensource questo non è certo un problema. E' in questo mondo che spesso nascono e si
diffondono i nuovi formati che poi diventano gli standard riconosciuti dagli organismi
internazionali.
A livello di formati va sottolineata l'importanza che vanno assumendo gli oggetti Epub.
Gli epub sono file compressi che al loro interno possono contenere codice xml, codice javascript,
fogli di stile css, oggetti multimediali.
Già da questo si deduce che chiamarli libri digitali sia un po' riduttivo. L' International Digital
Publishing Forum (IDPF), nell'ultima definizione dello standard ha voluto rendere questi oggetti
"pienamente multimediali" ed "interattivi" e quindi ne ha incrementato enormemente le possibilità
di sviluppo. Moodle importa gli epub nel formato libro, di e-reader ce ne sono per tutti i gusti su
tutti i device. Per produrli il software libero ci offre strumenti più o meno sofisticati (specifica
estensione per Libre office, editing con Calibre, Sigil, esportazione con Scribus, con Exe),
Per chi volesse approfondire l'argomento, in rete, come sempre, si trova tanto materiale; a tutti,
però, consiglio di seguirsi le guide di Giancalo Perlo, esemplari nella loro chiarezza come si potrà
percepire seguendo la prima lezione
Anche per epub non sono solo rose senza spine ed anzi, di spine da togliere ve ne sono ancora
molte.
Ho provato a realizzare alcune pagine interattive con Exe-learning (quiz a scelta multipla con
feedback, testo cloze) ed ho esportato il tutto in epub3. Ho fatto una verifica del codice con Sigil ed
ho risalvato il tutto. La qualità di funzionamento con i vari reader può dirsi ottimisticamente
"mediocre". Quindi di strada da fare ce n'è ancora molta, sia perché gli editor ed i lettori vanno
perfezionati, sia perchè epub, potendosi integrare con Javascript, può "seguirne gli sviluppi" ed
ampliare le propri potenzialità.
Una delle esigenze per realizzare dei LO fruibili in modo ottimizzato è la possibilità di
sincronizzare, in modo flessibile, diversi flussi multimediali (voce, video, immagini) all'interno
dello stesso media. Html5 e Css3 già permettono di farlo e gli esempi di lavori sviluppati dagli
istituti di ricerca francesi lasciano stupefatti. I transalpini, qualche anno fa, hanno fatto delle
esperienze interessanti anche con l'utilizzo di Smil per il timing di oggetti multimediali ed il
software LimSee2 e 3 sono stati i prodotti di questo sforzo. Essendo smil codice xml, incorporabile
dentro epub il futuro ci potrebbe portare anche ad un "ringiovanimento" di questa tecnologia.