MIO ZIO - Bebowsky

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MIO ZIO - Bebowsky
Questa è a storia dello Zio di mio nipote Anton.
Dopo 34 anni, la scomparsa di suo Zio,
avvenuta in Australia nel novembre del 2012
ed il relativo pignoramento del suo Loft,
Anton riuscirà grazie ad i diritti di “Adalberto”
ad acquistare ad un asta fallimentare
il Loft che fu di suo Zio.
Entrando nella casa ne racconterà l'incredibile e triste storia
attraverso gli oggetti che man mano troverà:
Una vecchia bicicletta,
Un paio di scarpe da basket
un casco integrale,
la maglia dell'Inter campione di tutto.
un perizoma tigrato,
un cappello da sauna in lana cotta,
un plettro per chitarra,
un stella da sheriffo
Un profumo
una catenina d'oro
ed una lettera straziante.
MIO ZIO
Dicono che la prima frase di un libro sia la più importante, quella che dovrebbe
introdurre il lettore nel fantastico mondo che lo scrittore racconta ma io non sono
uno scrittore ed ho diversi dubbi a proposito di questa questa benedetta “prima
frase”, quella che lascia senza fiato, quella che ti prende per la gola e non ti molla
più fino alla parola fine; a scuola non son mai stato un fenomeno e per lo studio
non ho mai avuto una grande predisposizione e non ho mai letto tanti libri e non ho
mai acquisito una padronanza con la letteratura, più che altro ero portato per le
cose concrete e manuali, la mia passione era smontare e rimontare vecchie
biciclette e motorini scarcassati ed oggi, a quasi cinquant'anni, che mi trovo come
unico erede, l'unico superstite di una stirpe di fronte al patrimonio che mio Zio mi
ha lasciato e a tutto questo materiale da raccontare...beh ....ho perso il filo del
discorso.... spero comunque di essermi spiegato... tanto il libro ormai è iniziato ed
il pensiero "prima frase" ormai é risolto... e posso anche continuare.
Il mio nome è Anton Kosogaev.
sono nato cinquanta anni fa in un meraviglioso, straordinario e smisurato paese: La
Russia. All'età di otto anni mia mamma Helena venne a prendermi per portarmi in
quella che sarebbe stata la mia nuova famiglia ed in quella che sarebbe stata la mia
nuova casa. Arrivai a Ferrara. Ironia della sorte: la città delle biciclette.
Come dicevo, a scuola non son mai stato un fenomeno e per lo studio non ero
portato avevo più abilità nelle cose concrete e manuali.
Mi rendo conto solo oggi che se, anziché smontare e rimontare vecchie biciclette e
motorini scarcassati, avessi letto qualche libro in più, ed acquisito una migliore
padronanza con la letteratura avrei potuto scrivere un libro e pubblicare un vero
capolavoro. La storia che proverò a scrivere è l'incredibile e triste storia di quello
sciagurato di mio Zio. Una storia che credo meriti di essere raccontata ma non sono
uno scrittore, spero mi perdonerete qualche strafalcione.
Non potevo prevedere che ciò che mio Zio aveva profetizzato nel suo “Adalberto” si
sarebbe un giorno avverato.
Perché proprio io, dopo la scomparsa di mio Zio e prima che la sua casa fosse
confiscata, entrai nel suo loft, trovai in un cassetto i suoi manoscritti inediti e li feci
pubblicare. Aveva ragione: la fortuna per gli artisti è postuma.
Mio Zio amava definire il suo loft lo “ Chez Bebowsky – elegant & private
Restaurant-bistrò-creative kitchen, cool-fusion, lounge bar cocktails – mix of art,
music club, houmor performance centre and theme tasting - - only one place setting
il locale più esclusivo al mondo - ma dopo la sua scomparsa era diventato un
punto di facile appoggio per tutti gli sbandati senza tetto del suo rione che lo
utilizzavano per andarci a dormire e per fare il loro porci comodi.
In una video intervista che fecero a mio Zio nel pieno del Primo (ed ultimo) Festival
Del Degrado Ambientale nel luglio 2012, alla domanda circa l'idealizzazione del
Festival dichiarò che viveva nel quartiere più colorito e più colorato della città, il
più multietnico, multirazziale, cosmopolita dove nel raggio di pochi kilometri si
poteva assistere allo scambio di diverse culture ed anche di altre cose ...anche se
questo era un' altro discorso e si parlavano oltre 50 lingue diverse, si professavano
oltre 20 religioni ma quel quartiere non era il Vietnam c'erano delle regole e le regole
dovevano venire rispettate. Il fatto poi che proprio durante quell'intervista gli venne
tirata una torta in faccia è anche questo un altro discorso. Era orgoglioso di vivere
nel cuore della sua città. Se solo avesse potuto immaginare come si sarebbe ridotta
Ferrara ed il suo amato quartiere dopo il terremoto del 2015, dopo quello del 2016,
dopo all'alluvione del 2021 ed all'esplosione della Montedison del 2020. Tutte le
regole saltarono e nulla fu più rispettato. Il suo quartiere divenne peggio del
Vietnam. Negri, cinesi e rumeni si contendevano il traffico della droga, armi
prostituzione ma anche un solamente un tetto dove andare a dormire. Nel quartiere
di mio Zio, alla faccia del Festival del Degrado Ambientale, quotidianamente si
scatenavano, risse, scontri, disordini, sparatorie...ogni giorno una guerriglia, ogni
giorno ci scappava il morto.
Sono capitato ad otto anni nella capitale delle biciclette che su di me hanno sempre
avuto un fascino irresistibile. All'età dell'adolescenza mi attirava ed eccitava molto
di più una Umberto Dei, una Bianchi o una Taurus di una qualsiasi ragazzina.
Conoscevo tutta la storia dei marchi più prestigiosi dei costruttori di biciclette ed
ero un vero e proprio maniaco anche dei pezzi di ricambio: le dinamo Radius, i
fanali della Bosch, le selle Brooks … per me non esisteva altro. Trascorrevo degli
sconfinati pomeriggi a smontare ed a rimontare biciclette ad assemblarle con
diversi accessori e pezzi di ricambio... chissà cosa mi passasse per la mente. A
sedici anni ho poi iniziato con i motorini scarcassati.
Smontavo, lavavo, pulivo, sgrassavo, lucidavo, cromavo, verniciavo, poi rimontavo,
teste, bielle, pistoni, carburatori, carter, catene, viti, bulloni, arparelle ...e tutto era
perfetto. Per me era una autentica soddisfazione mentre i miei, ed anche mio Zio,
vedevano la cosa come una fissazione ed una ossessione dalla quale non ne sarei
mai uscito.
Del resto anche mio zio quando aveva la mia età smontò pezzo per pezzo la Gilera
175 appartenuta ai suoi zii, miei pro-zii ed ancor prima a suo nonno, mio bisnonno
Giulio. Smontò pezzo per pezzo quella Gilera 175 senza piú riuscire a rimontarla. La
dovettero rottamare. Mi hanno raccontato che andava tutti santi i giorni nella
baracca di suo nonno per smontare quella Gilera 175. Chissà cosa avesse in mente
anche lui.
Sarò stato anche un pasticcione, sempre con le mani sporche “fatte” di grasso ed
olio ma per le cose manuali ero molto portato.
Mio zio no. Lui si definiva un artista sempre in continua evoluzione.
Scriveva, suonava, cantava, ballava, cucinava ed anche le moto sono state una sua
grande passione ma anche la sua disgrazia.
Io non mi sono mai schiantato di notte ai duecento all'ora contro un palo della luce
... ma mio zio si.
Quella notte arrivò una telefonata dall'ospedale. Dicevano che era in pericolo di vita
ma alla fine se la cavò. Molti anni dopo quando mi raccontò di quell'episodio mi
disse: “ e ricordati che andare in moto è solo questione di culo”.
Non sapevano più come fare per farmi passare la smania per le biciclette ed i
motorini. Sembravano tutti disperati ma io non capivo. Mio Zio disse con i miei che
era solo una questione di tempo e ricordò che anche mio fratellastro Tommy
quando aveva la mia stessa età aveva una grande passione: il basket . Ma mai
nessuno confuse la sua passione per una fissazione o un chiodo fisso anzi lo
incoraggiarono. In effetti era un vero talento e sembrava dovesse entrare nel
College delle giovanili Fortitudo dove si sarebbe allenato tre volte al giorno,
l'avrebbero fatto studiare, si sarebbe diplomato poi magari laureato ed avrebbe
trovato, forse, un posto in prima squadra. Poi, pochi giorni prima di partire per
Bologna, improvvisamente, Tommy smise di giocare. Del basket non gli
interessava più nulla. Aveva conosciuto una ragazzina.
E così quella vecchia volpe di mio zio collegò le due cose e per cercare di farmi
passare la mia smania per le vecchie biciclette ed i motorini scarcassati un bel
giorno mi passò a prendere con la sua Jaguar nera e mi portò in un posto.
Quello che segue è accaduto esattamente 34 anni fa.
A quel tempo avevo 16 ed anche se mi consideravo già adulto perché avevo iniziato
a fumare ed ero considerato, nell'ambiente dei mastro-bicilettai, un grande per via
della mia fiorente attività con le biciclette ed i motorini, con le ragazze ero
imbranato, timidissimo, impacciato e completamente disinteressato al sesso.
Molti anni dopo ho scoperto che in tempi antichi era un'abitudine quasi consolidata
che, quando lo Zio comprendeva che era giunto il momento e che il nipotini fossero
maturi per il grande passo venissero accompagnati nei bordelli cittadini e svezzati
da una prostituta. E così successe. Mio Zio aveva organizzato tutto. Mi
accompagnò sotto casa di una certa Esmeralda, suonò il campanello ed al citofono
una voce dolcissima disse di salire al primo piano, interno otto, davanti alla porta
socchiusa avrei trovato un tappetino rosso e che sarei potuto entrare, accomodarmi
e mettermi a mio agio. Mio Zio mi diede una pacca sulla spalla e mi disse: “ Vai e fai
quello che devi fare” Fu la mia prima esperienza che stravolse la mia vita perché
da quel giorno smisi di smontare e rimontare vecchie biciclette e motorini
scarcassati. Era mercoledì 14 novembre 2012.
Il giorno successivo, giovedì 15 novembre era una giornata quasi primaverile e per
mio Zio avrebbe dovuto essere il penultimo giorno di lavoro prima di partire per
l'Australia. Invece di recarsi sul posto di lavoro prese lo scooter di papà si infilò un
giubbotto di pelle ed i guanti ed andò dritto a Cento negli uffici della Direzione della
banca dove lavorava. Chiese del Direttore Generale, aspettò venti minuti in sala
d'attesa e quando gli dissero che poteva accomodarsi, entrò in ufficio. Disse:
“buongiorno” e con un balzo saltò sulla scrivania del suo Direttore, si slacciò la
cintura, calò pantaloni e mutande e in un solo istante, tra il telefono ed il computer
forgiò uno stronzo di esattamente due kg e 30 grammi pesato. Si pulì con la
cravatta di uno sbigottito Direttore e scendendo dalla scrivania disse: " ed adesso
andate tutti a fare in culo ! "
Mio Zio raccontava di aver fatto 32 volte il giro del mondo: secondo la sua filosofia
viaggiare significava cambiare opinioni e pregiudizi entrare in contatto con la
gente, condividere emozioni e sensazioni, trasmettere gioia, far fiorire un sorriso o
asciugare una lacrima. Solo con questa cultura si poteva comprendere che
viaggiare è il miglior modo per arricchire la propria anima. Cercando di diffondere la
sua filosofia aveva viaggiato tutta Europa, gran parte dell' America Latina e
l' Estremo Oriente. Mio Zio amava i viaggi avventurosi. Era stato in Amazzonia
versante Venezuela dove aveva vissuto con gli Indios Wahrao sulle palafitte nel
Delta del Orinoco, aveva esplorato tutta la Colombia su un pullman decrepito,
aveva voluto vivere l'eccitante esperienza dell'attesa e dell' arrivo dell'uragano
Josephine a Baracoa e per una scommessa contro se stesso, a Knivskjekkodden
in Finladia, un giorno di gennaio, fece un buco con un piccone in un lago
ghiacciato e si buttò dentro, si era cercato e trovato in mille altre avventure in
remote località dove impazzano guerre civili tensioni politiche civili o religiose, in
zone a rischio eruzioni vulcaniche e in zone interessate dallo stato di emergenza e
contro tutti gli avvisi emanati periodicamente dalla Farnesina, che mette in guardia
i turisti e i viaggiatori sui possibili pericoli nei diversi paesi del Globo, si era spesso
cacciato in un mare di guai.
" Bisogna fuggire il più lontano possibile fin che si è giovani e si hanno le gambe
buone " diceva " perché dopo non si sa mai ...".
In effetti, forse per gli anni che cominciavano a pesare o forse a causa di quel
maledetto incidente in moto, che l'aveva un po' menomato, mio Zio non aveva mai
più fatto viaggi avventurosi ed aveva scelto di buon grado di rifugiarsi nei periodi di
vacanza in Salento. Con il passare degli anni, dopo l'incidente, mio Zio
progressivamente recuperava sempre più forze e paradossalmente sembrava quasi
ringiovanire. Ritrovò lo spirito giusto e decise di rimettersi in gioco. Un bel giorno,
mentre si trovava in piscina per mantenersi in forma, fece una partenza dal blocco
di partenza a stile rana con immersione. Quando risalì … si fermò esattamente a
metà della vasca e disse: " Australia ! "
Non terminò l' allenamento e già nello allo spogliatoio iniziò a pianificare con la
mente il suo viaggio. Non volle lasciare nulla al caso e così si documentò come non
aveva mai fatto prima un viaggio. Studiò tutto sull'Australia. La geografia, la
superficie, l'ordinamento costituzionale, la popolazione, l'economia, la finanza,
l'istruzione, la cultura, le città principali, l'arte, pittura e scultura aborigena, lo sport
e le tradizioni. Poi entrò nello specifico e si informò sugli itinerari.
Si documentò sugli stati ed i territori, le città e le icone dell'Australia come le
meraviglie naturali di Uluru, Kata Tjuta, Kimberley, Kangaroo, Ningaloo, Kakadu
Kings Canyon, la grande Barriera Corallina e Cape Tribulation. Guardò 20 volte
“Priscilla la regina del deserto” ed altrettante volte lesse e rilesse “ Le vie dei canti”.
Poi programmò il suo viaggio, acquistò un volo British Airways su Sydney più
diversi voli interni Quantas, richiese ed ottenne il visto, prenotò gli alloggi , affittò
una Toyota Land Cruiser 4 x 4 dotata di navigatore GPS, due ruote di scorta,
taniche per l'acqua e il gasolio, attrezzata di ogni cosa che avrebbe potuto tornare
utile in un eventuale viaggio nel Outback. Acquistò mappe topografiche, si attrezzò
con abbigliamento resistente all'acqua, cappelli ed occhiali polarizzati, pinne,
boccaglio e maschera da sub, zanzariere, torce e mise in valigia anche calzature
protettive, creme solari protezione 90 e spray repellenti contro insetti. Non avrebbe
mai voluto trovarsi impreparato. Il suo sogno stava per diventare realtà.
Parti per l'Australia il 17 novembre del 2012 ma non fece mai più ritorno.
Il 20 novembre 2012, solamente dopo due giorni dal suo arrivo in Australia arrivò la
telefonata dalla Ambasciata Italiana di Canberra che ci comunicava il ritrovamento
del suo Toyota Land Cruiser 4x4 nei dintorni di Cape Tribulation – Queensland parcheggiata sotto un eucalipto con il bagagliaio ancora aperto in una località
sperduta ed isolata dove la foresta pluviale e la Grande barriera corallina si
incrociano. Ogni suo oggetto personale tra cui il suo passaporto, il portafogli, le
carte di credito ed il danaro contante non era stato toccato. Non poteva trattarsi di
un sequestro di persona come Inizialmente si pensò e tra l'altro non arrivò mai
nessuna richiesta di riscatto. L'Ambasciata Italiana ci disse che mai in Australia si
era verificato un sequestro di persona e che l'Australia è riconosciuto come uno dei
paesi con il più basso tasso di criminalità, l'alto standard di qualità della vita, il
sistema politico stabile e lo stile di vita tranquillo ed easy going degli australiani lo
fa considerare come uno tra i paesi più sicuri e tranquilli al mondo. Le cause della
sua scomparsa dovevano essere ricercate altrove.
Il caso “mio Zio” divenne un giallo.
Cercammo di risalire ai suoi spostamenti.
Mio Zio era arrivato a Sydney, alle 7 di mattina e si era imbarcato alle 9 su un volo
Quantas per Cairns. Il personale della Carirnsrentalcar di Cairns dice di avergli
consegnato i documenti e la sua Land Cruiser alle ore 11,30 e che sia partito
immediatamente diretto a Nord. Il responsabile della Carirnsrentalcar giura di
averlo sentito dire che fosse diretto a Cape Tribulation ed anche gli appunti ritrovati
sul suo diario di viaggio e la prenotazione al PK's Jungle Village a Cape Tribulation
confermavano quello che doveva essere il suo punto d'arrivo.
Cape Tribulation è quel luogo che il capitano James Cook battezzò come capo della
tibolazione proprio per le grandi difficoltà che incontrò per accedere alle magnifiche
spiagge, protette da un intricato sistema di barriere coralline. “Ho fatto mille volte il
giro del Mondo, ho scoperto l'Australia.... e devo affondare in questo mare del
piffero?” queste sono state le ultime parole che il capitano James Cook proferì poco
prima di inabissarsi con la sua Endeavour davanti a Cape Tribulation. Metà
dell'equipaggio venne sbranato dagli squali e chi riuscì a scamparla andò in pasto
ai coccodrilli o venne fulminato dalle meduse, i pochi marinai che riuscirono a
raggiungere la terra ferma vennero finiti da serpenti e da ragni velenosissimi, gli
ultimi tre superstiti vennero ammazzati senza pietà da uccelli con zampe enormi
mentre il comandante James Cook rimase nascosto un mese sotto il relitto della
sua “Endeavour” cibandosi solo di piccoli molluschi. Riuscì a costruire una zattera
e a partire per le Hawaii dove, alcuni anni dopo, sarebbe morto accoltellato alla
schiena. Il capitano James Cook poco prima di essere accoltellato a Kealakekua
Bay proferì che una coltellata alla schiena è roba da ridere rispetto a ciò che aveva
visto a Cape Tribulation.
Nell'arco degli anni mio Zio aveva acquisito una comprovata esperienza nel campo
dei viaggi avventurosi ma ciò nonostante, qualcosa, a Cape Tribulation, deve
essergli sfuggito. Una una leggerezza come semplicemente fermarsi a far pipì, in
quella zona, avrebbe potuto essergli fatale. Qualcosa che il capitano James Cook
aveva conosciuto bene.
Cape Tribulation è un luogo ai margini del turismo globale per tanto in quel luogo si
riesce ancora a provare lo stesso sentimento di scoperta e ammirazione che ha
nutrito l'ardore e la determinazione di generazioni di esploratori tanto caro a mio
Zio. Approdare a Cape Tribulation è come viaggiare nel tempo, ritrovarsi in una
natura incontaminata, con spiagge bianche lunghissime ed alle spalle una foresta
pluviale eccezionale, la più antica della terra.
Un ecosistema vecchio di oltre 160 milioni di anni con all'interno una varietà
impressionante di alberi e piante, con ancora molte specie da classificare.
Mio Zio non arrivò mai al Pk's Jungle Village ma gli venne ugualmente addebitata la
prenotazione della camera sulla sua American Express Oro.
La Toyota Land Cruiser 4x4 di mio Zio fu ritrovata di fatto proprio in quel bel mezzo.
L'ipotesi più attendibile della sua scomparsa doveva essere ricercata nel mondo
animale. Si presero in considerazione tutte le possibilità ma la più credibile divenne
l'incredibile storia che raccontava un aborigeno di nome Ullabadulla che viveva
poco fuori Cape Tribulation.
Quando era ubriaco, e la cosa capitava abbastanza spesso, era solito raccontare la
sventura capitata ad un un povero italiano, che arrivò con un Toyota Land Cruiser
4x4 in una località sperduta ed isolata dove la foresta pluviale e la Grande Barriera
Corallina s'incrociano. Ullabadulla raccontava che questo italiano si era fermato
semplicemente per fare pipì. Aveva parcheggiato la sua auto sotto un eucalipto e
mentre apriva il bagagliaio per prendere delle salviette umidificate venne punto da
una zanzara, il tempo di slacciarsi la cintura dei pantaloni e gli si attaccò una zecca
velenosa, ma lui non se ne accorse, nel frattempo un ragno gli morse un polpaccio
ed nello stesso momento un uccello cattivo, simile ad uno struzzo, gli arrivò da
dietro e gli tirò un calcio micidiale, cadde a terra dove si trovava un serpente che lo
morse, fece per correre verso la spiaggia ma incontrò un brutto coccodrillo di due
tonnellate che gli staccò una gamba, riuscì a raggiungere ugualmente il mare ma
era infestato di meduse, polpi e pesci velenosi poi arrivò un branco di squali
affamati che fecero tutto il resto. Tutti sanno che quando Ullabadulla è ubriaco ama
romanzare ma quando racconta la storia di quell'italiano diventa serio ed
incrediblmente credibile.
In effetti mentre nella foresta risuona il canto di numerose specie di uccelli nella
penombra del sottobosco, tra i fiumi, i ruscelli e l'adiacente oceano dei coralli si
trova la più alta concentrazione di animali micidiali al mondo che felicemente
convivono nello stesso habitat.
In quella zona vive l'inland taipan, la vipera della morte e il serpente bruno, tra le
specie di serpenti, i più velenosi del mondo, una famiglia di serpenti grandi, più di
tre metri e veloci, velenosissimi che detengono il primato del veleno più tossico al
mondo. Vivono inoltre 21 specie di ragni velenosi tra cui Il ragno dei cunicoli,
aggressivo e velenoso, fatale per l'uomo ed il ragno dal dorso rosso con puntura
dolorosa e veleno pericoloso e mortale. Vive la zanzara Augusta che trasmette un
virus, chiamato Ross River Virus, che dà sintomi molto simili a quelli della malaria,
ma per il quale ancora non si è trovato un rimedio. Vive una zecca chiamata ixodes
holocyclus che tende ad attaccarsi al uomo e non da scampo. La morte arriva senza
dare il tempo di dire “Padre Nostr che sei nei ciel...” Vive un uccello vegetariano
generalmente timido, ma con un potenziale letale enorme: Il cassowary. I maschi
possono diventare molto aggressivi se si sentono minacciati, tanto da essere
considerati tra gli animali più pericolosi di tutto il mondo. Di certo, è l'uccello più
pericoloso del pianeta dotato di artigli affilati nel secondo dito di ogni piede, con i
quali cerca di ferire mortalmente l'avversario. Non si sa per quale motivo ma a
quell'uccello stanno sul cazzo in particolare gli umani. Lui vuole solo uccidervi e
anche se non riuscisse a colpirvi con l'artiglio, il "calcio" è talmente potente da
causare emorragie interne e fratture mortali. Vive il polpo dagli anelli blu il cui
morso è velenoso e mortale per l'uomo difficile che attacchi se non infastidito, ma
se è girato male attacca chiunque gli gli giri attorno. Vive il pesce pietra con aculei
che secernono veleno per pressione diretta quindi basta una svista e calpestarlo
per procurare un gonfiore nella zona della puntura che si estenderà al resto del
corpo e successiva tacchicardia e morte nel giro di poche ore. Vive l'animale
marino più velenoso al mondo: la medusa box jellyfish. Basta una piccolissima
strisciata per causare una lista di atroci sofferenze, crampi ai muscoli crociati di
braccia e gambe, intenso dolore alla schiena ed alle reni e sensazioni simili a quelle
causate da delle ustioni alla pelle ed in particolare al viso, emicrania, nausea,
sudorazione accentuata, vomito, tachicardia e ipertensione arteriosa. La "strisciata"
è dolorosissima e causa il collasso nel giro di un minuto o due. È di taglia
relativamente grande, con tentacoli che possono superare i 3 m di lunghezza; il
pericolo comunque deriva dalle circa 20.000 cellule velenifere ripartite fra i lunghi e
delicati tentacoli. Esse contengono, complessivamente veleno a sufficienza per
uccidere 60 persone o un animale di 3.500 kg, in meno di mezz'ora.
Vive ed appartiene alla stessa famiglia la medusa Irukandj grande come una
nocciolina, poco visibile perché trasparente e con tentacoli finissimi e mortale. Non
esiste nessun antitodo, possiede sensi molto sofisticati e sotto il fragile aspetto di
questa medusa si nasconde uno degli animali più velenosi e mortiferi del pianeta. È
particolarmente diffusa nella fascia costiera dei mari del nord ed a Cape Tribulation
gioca in casa. Nel Northern Territory australiano vive da oltre 200 milioni d'anni il
coccodrillo d'acqua salata australiana, Il “saltie”, è la specie più grande e più
aggressiva delle 23 specie di coccodrillo conosciute. Sono i rettili più grandi del
mondo e la forza delle loro mandibole è inesorabile e può spezzare persino una
barra d'acciaio. Possono arrivare fino a 7 metri di lunghezza e pesare fino ad una
tonnellata e mezzo, hanno grande agilità e riflessi prontissimi che disorientano
totalmente la preda. I coccodrilli vivono dagli 80 ai 100 anni in media. Grazie alla
loro forza, alla loro aggressività ed astuzia, i coccodrilli occupano i primi posti
nella catena alimentare ed è per questo che sopravvivono da milioni di anni,
resistendo ai cambiamenti climatici che portarono all'estinzione i dinosauri. Nel
Northern Territory australiano ne vivono oltre 10.000 mentre la popolazione a Cape
Tribulation è di appena 101 abitanti. Ciò significa che ogni abitante del villaggio
dovrà aver a che fare, in media, ogni giorno, con almeno 99 coccodrilli di questa
specie. Poi ci sono quelli d'acqua dolce che raggiungono solo i tre, quattro metri di
lunghezza ed in confronto a quelli d'acqua salata sono veramente insipidi. Nel
South Pacific Ocean e nel Coral Sea vive anche lo squalo, tra cui lo squalo bianco
ma in confronto a tutte le altre brutte bestie che popolano quella regione sia in terra
che in mare, è il più mansueto.
Mio zio era sempre stato un bonaccione o come lui amava definirsi “il capo comico
di una sgangherata compagnia d'avanspettacolo” e per tanto che non giungesse
nessuna sua notizia da parte sua per alcuni mesi abbiamo voluto pensare che il
tutto potesse essere uno delle suoi soliti siparietti e che presto si sarebbe
ripresentato a casa con il suo classico “ et voilà” ma invano. Il tempo passava, la
cosa sembrava diventare seria e la storia che Ullabadulla raccontava poteva essere
sempre più verosimilmente quella di mio Zio. Mio fratellastro Tommy nel gennaio
2013 decise di partire sulle orme di mio e suo Zio per l'Australia, diretto a Cape
Tribulation ma pure Tommy non tornò mai più e pure di lui non si ebbero più
notizie. Pure io sono partito per l'Australia alla ricerca di mio Zio e di mio
fratellastro. Appena maggiorenne mi sono imbarcato su un volo British Airways per
Sydney nel giugno del 2018. Arrivato a Sydney alle 7 di mattina mi sono imbarcato
alle 9 su un volo Quantas per Cairns. Alla Carirnsrentalcar di Cairns mi
consegnarono alle ore 11,30 un Toyota Land Cruiser 4 x 4 e sono partito in direzione
Cape Tribulation per arrivare poco fuori, in una località sperduta ed isolata dove la
foresta pluviale e la Grande Barriera Corallina s'incrociano alla ricerca di
Ullabadulla e di qualsiasi informazione che potesse essere utile al loro
ritrovamento.
Per darmi una mano nelle ricerche avevo contattato ed incaricato un detective
privato di Brisbane di nome Mr. Bruce Collins.
Mr. Bruce Collins aveva prestato servizio per oltre 30 anni al servizio dei più
prestigiosi studi legali, con esperienza e professionalità, si era fortemente radicato
nel territorio del Queensland del nord. Era specializzato e vantava un gran fama
nelle indagini e raccolta d' informazioni utili a soddisfare le esigenze di privati in
ogni settore. La specialità di Mr. Bruce Collins era le ricerca di persone scomparse.
Studiava dettagliatamente caso per caso e gli esiti delle sue indagini erano sempre
andati a buon fine. “Nessun dubbio, solo certezze” era il suo slogan. Mr. Bruce
Collins aveva una passione che non c'entrava nulla col suo lavoro: I Maya.
Era un grandissimo esperto della civiltà Maya ed il suo sogno era andare in Messico
per visitare tutti i siti archeologici della cultura Maya.
Ci incontrammo al PK's Jungle Village a Cape Tribulation, dove avrebbe dovuto
arrivare mio Zio, e come prima cosa mi dissuase dal cercare Ullabadulla poiché
disgraziatamente era deceduto qualche mese prima il mio arrivo di cirrosi epatica e
che sua storia se ne era andata definitivamente con lui. Assieme a Mr. Bruce
Collins lavorammo per diversi giorni alla ricerca di informazioni ma non riuscimmo
a raccogliere nessun dato degno di significato. Ritrovammo comunque l'eucalipto
dove qualche anno prima fu segnalata la Toyota Land Cruiser 4x4 di mio Zio. Con le
lacrime agli occhi mi arrampicai su quell'albero ed inchiodai una targa in legno con
scritto: “ Sotto questo tronco, nel novembre 2012, si persero le tracce di mio Zio.
Scrittore, musico, ballerino, cuoco eccellente che in vita sua fu tutto e fu niente” .
Dopo due settimane di ricerche vane, Incaricai Mr. Bruce Collins a proseguire le
indagini anche dopo il mio ritorno in Italia e di farmi avere qualsiasi notizia. Un paio
di mesi più tardi arrivò una dettagliatissima relazione su carta intestata da parte di
Mr. Bruce Collins che riportava: “Gentilissimo Sig. Anton, dopo mesi di ricerche ed
investigazioni, dopo aver utilizzato tutte le opportune tecniche nell'attività di
intelligence, avvalendomi nello specifico di collaborazioni con esperti nel settore di
provata affidabilità e concreta esperienza professionale posso autorevolmente
affermare che suo Zio e suo fratellastro si incontrarono in una località sperduta ed
isolata, dove la foresta pluviale incrocia la Grande Barriera Corallina nella jungla
poco fuori Cape Tribulation e suo Zio avrebbe convinto suo nipote Tommy a
convertisi alla lotta per la causa Zapatista e a partire immediatamente per il
Messico. Un mio corrispondente affidabilissimo dall'altra parte del mondo, giura di
averli riconosciuti anche se indossavano un passamontagna che copriva loro il
viso, portavano un fazzoletto rosso legato attorno al collo ed in bocca una pipa, a
capo di un commando di un movimento denominato Ribelli Liberali Unidos mentre
stavano organizzando la rivoluzione sociale, al ritmo dello slogan “ la terra è di chi
la lavora” . La rivoluzione che avrebbe dovuto assumere il carattere di una vera
sollevazione popolare fu un po' confusa e fece fiasco. Ciò nonostante
nell'immaginario collettivo popolare suo Zio e suo fratellastro sono diventati una
sorte di eroi nazionali. Attualmente vivono in clandestinità con la milizia, sulle
montagne del Chipas e bevendo margeritas e mangiando burritos stanno
riprogettando nuovi stratagemmi per la rivoluzione. Mr. Bruce Collins allegò un
preventivo per il suo eventuale viaggio in Messico alla ricerca dei due scomparsi “
La trovata di Mr. Bruce Collins forse per la “coincidenza” con il Messico mi parve
solo un disegno per esaudire quello che poteva essere un suo pallino ed alla storia
degli eroi nazionali, delle milizie, della rivoluzione non ho mai creduto per tanto non
rinnovai il mandato. Pagai l'onorario a Mr. Bruce Collins per l'impegno profuso e
rimasi in attesa di qualsiasi avvenimento ma invano.
Non arrivò mai più nessuna notizia.
Dopo la sua scomparsa le rate del mutuo non vennero più pagate, tutti rinunciarono
all'eredità ed il suo loft venne confiscato. Rimase chiuso per trentaquattro
interminabili anni ed andò in malora, fino a quando, grazie ai diritti del primo libro
di mio Zio, l'ho potuto riacquistare all'asta fallimentare del Tribunale di Ferrara
sgombrato da tutti gli abusivi. Mi diedero le chiavi di casa e nel gennaio del 2046
ed entrai nell' ex Chez Bebowsky ex elegant & private Restaurant-bistrò ex creative
kitchen ex cool-fusion ex lounge bar cocktails ex mix of art, ex music club ex
houmor performance ex centre and theme tasting l' ex locale più esclusivo al
mondo . Attraversai il cortile che dalla via principale portava al suo loft.
Il muro che divideva il cortile dall'officina era diventato ed aveva goduto dell'energia
creativa degli artisti dell'allora urban art. Qualcuno, una notte ed a sorpresa, con
l'intento di produrre nuovi linguaggi creativi della contemporaneità, per valorizzare
in modo sperimentale una fruizione attiva della città e per stimolare ed incentivare
l'approfondimento di una particolare forma d'arte, aveva disegnato dei graffiti su
quel muro. Alcuni murales rappresentavano delfini, pesci, stelle, uccelli, tartarughe
e un grande coccodrillo. Sembrava un vero Museo a cielo aperto.
Mio Zio era un artista poliedrico è stato l'autore di numerosi libri e monologhi, ha
ha rivestito i panni di svariati soggetti, creato diverse formazioni, incarnando alla
perfezione personaggi romantici, spesso grotteschi, sempre perdenti. Aveva
costruito i suoi siparietti ed il suo umorismo sulla mimica del volto, sui giochi di
parole, sulle storpiature, sui paradossi linguistici e sulle sue innumerevoli
invenzioni surreali. Fosse morto qualche anno prima sarebbe stato consacrato un
mito. A me piace ricordarlo con l' aforisma che divenne il suo slogan:
" Qualunque cosa tu possa fare, qualunque sogno tu possa sognare, comincia.
L'audacia reca in se genialità, magia e forza. Comincia ora. "
Gli oggetti che di li a poco avrei ritrovato entrando a casa sua raccontavano la sua
storia. Aprì la porta del loft ed entrai nell'ingresso/garage. Due scarafaggi mi
diedero il benvenuto poi di corsa si nascosero sotto all'armadio. C'erano un po' di
ragnatele molta polvere e puzza di pipi di gatto ma tutto sommato considerato il
tempo che era passato ed il fatto che da oltre trent'anni non erano state fatte pulizie
era una condizione quasi accettabile. Per prima cosa entrando vidi la sua Jaguar
nera che dalla polvere che aveva sopra sembrava grigia. Quando ero piccolo mi
diceva che era uguale a quella di Diabolik ed io ho fatto sempre finta di credergli.
Non l'aveva mai messa in “garage” ma si vede che prima di partire aveva avuto un
presagio. Forse pensò che per un'eventuale erede sarebbe stato troppo oneroso
pagare trentaquattro anni di affitto arretrato per il garage che aveva preso in affitto
nella vicina officina. Quell'auto era diventata d'epoca. La prima cosa che pensai fu
quella di iscrivermi alla 1000 Miglia. Poi aprii la portiera ed osservai gli interni
ancora in buono stato. Mi sedetti al posto di guida e provai ad accenderla ma la
batteria era scarica. Nella plancia spinsi il tasto per estrarre il Cd. Volevo vedere
cosa avesse ascoltato poco prima di partire. Venne fuori il CD “ Forty licks”dei
Rolling Stones. Un doppio album raccolta che gli Stones pubblicarono nel 2002 per
celebrare il quarantesimo anniversario dalla nascita della band. Mio Zio credo non
potesse immaginare che nel 2022 gli Stones pubblicarono il anche un “Sixty
Licks”. Chiusi la porta, poi vidi un ombrellone da mare con l'apposito puntone per
piantarlo sulla spiaggia, vidi due estintori rossi, una copia di un quadro astratto di
Kandinsky appeso sulla parete, le foto di alcuni luoghi dove mio Zio era stato alle
quali mio Zio era molto affezionato anche perchè le aveva esposte in una mostra
fotografica paesana alla fiera di Dosso. Oslo, Myckonos, Cuba, il Salento ed un'altra
foto straordinaria.
Era un controluce: due cani sull'argine di un fiume, uno grande (forse un labrador)
ed uno più piccolo, un bastardino, entrambi con la bocca aperta e la lingua fuori
che guardavano nella stessa direzione al tramonto. Foto stupenda.
Sullo stendi panni ancora stesi dei calzini lunghi neri in cotone ammuffiti. Poi vidi la
sua bicicletta. Quanti ricordi quella bicicletta. Era una Legnano modello Orchidea
degli anni 50' che gli avevo regalato io. Freni a bacchetta, gomme sgonfie a
palloncino, sella Brooks, dinamo Radius e faro Bosh. Mio Zio l'aveva chiamata
Francis per gli amici Sisco e di Sisco diceva che era come un mulo: forte, robusto
e un po' bizzarro ma con il passare degli anni era diventato docile, mansueto e un
po' arteriosclerotico. Mio Zio diceva che Sisco aveva una certa personalità e per
salire in sella bisognava seguire alcune istruzioni. Una volta che Sisco è' pronto,
per montare ci si deve porre di fianco (di solito dalla parte destra) e, aggrappandosi
al manubrio con due mani, bisogna appoggia il piede destro sul pedale destro e
tirarsi su facendo perno. Una volta saliti in sella si assume una posizione corretta e
comoda mettendo entrambi i piedi nei pedali prendendo in mano il manubrio.
Per far partire Sisco un tempo si usava un comando vocale e a seconda
dell'andatura che si voleva tenere era differente:
aaaahhhh piano, eeeehhhhh media, uuuuuuhhhhh veloce, ooooohhhh per fermasi.
Considerata l'età di Sisco ed essendo diventato completamente sordo
i comandi non erano più efficaci e venivano completamente ignorati.
Gli ordini a Sisco devono essere impartiti facendo pressioni con le gambe, con le
braccia e con le mani. Con uno, due o tre calcetti ed una certa pressione sui pedali
Sisco dovrebbe partire. Per farlo andare da una parte si gira il manubrio nella
direzione voluta esercitando con le braccia una leggera pressione per farlo deviare.
Per farlo arrestare o decelerare si tirano tutte e due le bacchette in modo deciso o
progressivo. Quando si va ad alta velocità e in situazioni concitate e' importante
tenere le gambe strette e scaricare il proprio peso sulla sella e sul cannone per
evitare di essere pericolosamente sballottati. A volte ma solo in rare circostanze
...Sisco potrebbe partire da solo ma con un fischio ben messo Sisco potrebbe
anche tornare indietro da solo.
Entrai nell'ingressino. Sulle mensole trovai delle maschere in terracotta che aveva
portato dalla Colombia, la foto di Che Guevara comprata da un “quinetero” a
Santiago de Cuba e sempre sul lato sinistro appoggiata sul attaccapanni una giacca
in pelle anticata strepitosa ed una meravigliosa sciarpetta leggera di diverse tonalità
di grigio molto in voga nell'anno 2011/2012. Sul lato opposto un quadretto con la
cornice rossa che rappresentava delle Ferrari. Gli era stato regalato un pittore di
Saint'Tropez ed in piccolo si leggeva una dedica: “Pour mon ami Alberto”. Poi un
altro quadro. Era grande collage di sue fotografie. Mio Zio in moto, mio Zio militare,
mio Zio sulla vecchia Saab, mio Zio con la chitarra, mio Zio in Venezuela mentre sta
saltellando a mo di canguro sulla sabbia, mio Zio su una barca in Amazzonia, mio
Zio con i suoi amici mentre sgranocchia un polletto dentro una grotta e mio Zio
adolescente con la squadra di basket Amaro Piter e proprio sotto quel collage, sul
pavimento, un paio di vecchissime All' Star nere. Quelle scarpe e quell'ultima foto
mi fecero tornare in mente le storie che mio Zio raccontava sulla sua grottesca
esperienza nel mondo della pallacanestro.
Entrò nel 1972 nella Matilde Basket di Bondeno divenuta poi Amaro Piter, sulle orme
di mio padre che allora chiamavano "Cicalo" per via della sua curiosa posizione nel
battere i tiri liberi. Nel settembre dello stesso anno si trasferì con la famiglia a
Ferrara. Furono anni di allenamenti duri, non si scherzava, i migliori atleti di Ferrara
uscirono tutti lì ma mio Zio sul campo non riusì mai ad esplodere. Il Mister lo tenne
relegato in panchina ed fu proprio lì, in quelle occasioni, che mio Zio iniziò ad
accorgersi di trovarvisi perfettamente a suo agio.
Faceva spogliatoio, incoraggiava i compagni, raccattava le palle, insomma si adattò
perfettamente agli schemi del suo allenatore. Ma quando il suo allenatore un giorno
gli urlò "sei lento come una moviola!" mio Zio capì che per lui non c'era più posto e
anziché cambiare sport, decise di cambiare squadra. Da free agent, quale egli si
riteneva, si trasferì a Mirabello dove trovò Mister Barbieri detto Sciagura e molto
entusiasmo.
Durante una drammatica trasferta nell' inverno del 1979 a San Pietro in Casale
successe l'incredibile! La partita si svolse sotto un pallone aerostatico
e sotto una bufera di neve apocalittica, ma nessuno in campo pensava alle
condizioni meteorologiche all' esterno. Al 18¹ del primo tempo su il risultato di 45 a
42 per i padroni di casa Mister Barbieri richiamò in panchina mio Zio per dargli un
po' di respiro, ed egli, com'era nel suo stile, quando veniva sostituito, gettò uno
sguardo per aria ....ma fece appena in tempo ad urlare con tutto il fiato che aveva in
gola e con la assoluta consapevolezza che la partita sarebbe stata per lo meno
sospesa: "slavinaaaaaa!!!" un attimo prima che la sacca di neve che si era formata
al centro del pallone non prendesse la direzione del canestro di sinistra ed andasse
a colpire proprio l'angolo superiore del tabellone esplodendo come una bomba! Ci
vollero ore e ore per ritrovare sotto il pallone sgonfio e sommerso dalla neve tutti i
giocatori, gli arbitri e gli allenatori. Mio Zio riconobbe che ciò che successe a San
Pietro in Casale era un chiaro segno del destino. Si doveva ritirare! Nel frattempo
nacque, con uno Spalding in mano, Tommy; Mio Zio volle diventare il suo
preparatore atletico e gli insegnò tutti i vecchi trucchi di cui era a conoscenza. Molti
anni dopo Tommy si sarebbe ricordato, in ogni partita, di tutti quei trucchetti e gli
avrebbe dato grandissime soddisfazioni.
Ora, francamente, non ricordo come mio Zio abbia potuto entrare nell'ambiente
Fortitudo e diventare un grande amico di Dan Gay ma mi risulta che proprio Dan
Gay gli lasciasse il suo pass per andare ad assistere alle partite ogni domenica in
prima fila al fianco a di Dino Meneghin e lo invitasse come ospite fisso assieme a
Carlton Myers, Vincenzino Esposito e Sasha Jordjevich tutti i lunedì sera al
Flamingo il locale che a Bologna era diventato in quegli anni il più esclusivo per gli
amanti del basket. Una leggenda vuole che un lunedì sera, guardarobieri, baristi e
parcheggiatori compresi, al Flamigo si raggiunse l'altezza media record di 1,93 cm
mai registrata in un locale pubblico. Quando poi i Charlotte Hornes sbarcarono a
Basket City, nel 1996 e anche se nessuno crederà mai a questa storia ma caso mai
al contrario, Larry Johnson prima e Robert Parish poi invitarono al telefono mio Zio
al fare una passeggiata sotto il Pavaglione come vecchi amici.
Cos'altro avrebbe potuto capitare a mio Zio?
Qualcuno potrebbe rispondere: si é dato al golf (come Michael Jordan d'altronde)
per poi ritornare sul parquet? E' diventato telecronista delle partite su tele Estense?
Guida il pulmino per portare gli allievi della Semper in trasferta? E' addetto alle
pulizie al Palazzetto? O semplicemente si è impiccato ad un canestro?
Niente di tutto questo e per la serie "i sogni diventano realtà" a mio Zio
a causa di un curioso equivoco, viene data l'opportunità di allenare una vera
squadra di basket. Nel campionato C.s.I. 1998 allenerà la "Pitona Azzurra"!
E' un lavoro molto duro riuscire a organizzare un team quando si ha a disposizione
un budget limitato, pochi sponsor ed un organico con pochi giocatori,
ma é ancora più difficile, come nel caso di "Pitona Azzurra", allenare un team
quando tutti i giocatori a loro volta sono degli allenatori.
Sembra dunque vero che il commissario tecnico sia il mestiere più diffuso nel
nostro paese, ma proprio per questo, allenare la Pitona valse a io Zio il titolo de
"l'allenatore degli allenatori"!!! Nel campionato C.S.I. del 1998, di successo in
successo mio Zio riuscì a portare la Pitona sino alla finale.
La Pitona smise di volare la sera della finalissima contro il Pastificio Andalini,
quando il cronometro arrivò a 0 secondi da giocare e mio Zio dovette arrendersi di
fronte alla eloquenza del risultato finale. Nella conferenza stampa che si tenne dopo
la finalissima mio Zio visibilmente provato con e con la voce strozzata dalla
commozione riuscì a dire solamente poche parole, e molti anni dopo, quelle poche
parole furono definite da qualcuno, che di basket e di poesia se intende, come la più
romantica e breve poesia che sia mai stata scritta sul fantastico mondo del basket.
Mio Zio Disse : " io .....e il basket........"
Tornai indietro per vedere cosa c'era in quell'armadio. Aprì una porta a caso e trovai
un perizoma tigrato e quattro panciere di lana. Mio Zio diceva: "Un vero artista è
sempre in continua evoluzione” ed infatti fu così che per cercare di attirare su di se
le attenzioni della bellissima Titty, mio Zio si esibì a sorpresa assieme ad alcuni
amici pazzi scatenati in un locale notturno per sole donne. Nasce così per gioco nel
marzo 2001 il gruppo di spogliarellisti più chiacchierato del primo nuovo millenio:
I BIEFFE BOYS. Da questo momento in poi la storia dello streap tease sarà
influenzata e segnata per sempre da i tre artisti "Uno strip sensuale sempre con
temi diversi, simpatico, divertente e travolgente e con sorpresa finale " come
scrisse lo storico dello strip tease Gilberto Arnoffi. Nel corso della loro breve ma
densissima attività hanno mietuto milioni di fans da ogni parte del globo,
riscuotendo un consenso di critica senza precedenti e alimentando attorno a loro
una sequela praticamente infinita di leggende e misteri.
Provai ad aprire un'altra porta dell'armadio e trovai un cappello da sauna in lana
cotta: Sul mondo wellness mio Zio iniziò a scrive nel dicembre 2006 “Le mie
Terme”. Una opera incompiuta che non ha mai terminato. Una guida firmata “mio
Zio” che proponeva una minuziosa selezione di destinazioni perfette per una fuga
romantica a due sia in Italia che all'estero, studiata per chi ama la natura, la cultura,
il benessere o per chi cerca soltanto un semplice stacco dai clamori e dalla routine
un angolo di quiete e scoprire quanto un fine settimana possa essere rigenerante.
Mio Zio scriveva che mete tipo l'Alto Adige, la Costa Azzurra, la Dalmazia o Saturnia
ma anche Reykjavik, Marrakech e Macèio, raggiungibili anche solo per un weekend
non sono mai state tanto vicine. Le sue mete preferite erano comunque Montegrotto
Terme e Merano. Mio Zio frequentava spesso le strutture di Montegrotto Terme,
dotate di centri di benessere altamente qualificati che praticavano trattamenti
estetici e terapie mediche, offrendo attrezzature adeguate prestigiose perché
comode e vicino casa ma riconosceva che in Alto Adige la cosa era completamente
diversa poiché oltre al relax e la rigenerazione fisica si poteva cambiare veramente
aria e ci si poteva spogliare di tutto. Mio Zio diceva:
“Quanto diventa buffo il corpo di un essere umano quando è nudo.
Diventa tenero ed indifeso. Qui addirittura c'è il cartello: vietato il costume!
Sembra che la nudità sia la condizione più igienica in cui una persona possa stare,
per vivere piú in armonia con le saune ed il bagno turco sembra tra l'altro che
favorisca il rispetto di se stessi e del il prossimo.
Nei paesi piú evoluti come in Scandinavia dove i bambini e i giovani sono abituati a
convivere nudi senza vergogna ed imparano a convivere in uno stato di pace e
fratellanza con l'altro sesso. E' è statisticamente provato che c'è la minor
percentuale di stupri e violenze sulle donne.
Nel nostro bigotto paese ci scandalizziamo per un pisello fiappo che ciondola...
Invece di vergognarci per ció che fanno i politici, i preti, i banchieri e certi chef
Ma questo è un altro discorso...
L' uomo ha inventato accessori, lingerie, perizomi, coulottes, groupierres... tacchi,
spacchi e forse anche cravatte per diventare più sexy ed attraenti .... altrimenti...
nudi si è solamente cosí... innocenti e puri come mamma ci ha fatti.
Credo faccia bene ogni tanto spogliarsi di tutto, spogliarci delle nostre paure, dei
nostri pregiudizi e dei nostri tabù... Puó sembrare strano ma paradossalmente mi
sento piú a mio agio... Nudo”
Anche in Svezia ed in Norvegia era già stato più di una volta. Durante un soggiorno
in Svezia mio Zio ottenne dal Central Badet di Stoccolma, nel gennaio 2006, il
diploma in "Loyly"che corrisponderebbe alla figura dell'Aufgussmeister o maestro
di sauna molto apprezzato nella cultura nordica per essere dotato anche di una
grande componente spirituale. Con lo slogan " Fuori ghiaccio, ma........dentro un
vulcano" durante un soggiorno in Finlandia mio Zio s'inventa di sana pianta
l'Icebreaking. Uno sport estremo agghiacciante ma semplice da praticare: basta un
piccone, un lago ghiacciato ed un cuore grande. Dopo essersi immerso nelle
acque ghiacciate del lago Laduviken e col tempo di 12 secondi e 25 centesimi il
5/2/2008 mio Zio si consacrò Campione Mondiale di Icebreaking presumibilmente a
vita poiché questo sport per motivi inspiegabili non ha avuto alcun seguito ed è
andato via via scomparendo. In una intervista mio Zio dichiarò: "Nessuna pratica
estrema come Icebreaking è in grado di suscitare tanta piacevole euforia. Il rilascio
fisiologico di neurotrasmettitori viene azionato in modo massiccio nel momento
esatto in cui, dopo aver spicconato per diversi minuti, ci si va a confrontare con
l'acqua gelata. In questi casi, infatti, l'organismo produce abbondanti sostanze
chimiche naturali come la dopamina, che tende a generare sensazioni piacevoli
simili a quelle sperimentate quando si assumono sostanze alcoliche, droghe
stimolanti oppure quando si fa sesso. La risposta del cervello a tutte quelle
situazioni che sono soggettivamente vissute con grande eccitazione è la tendenza a
inondarsi di dopamina, che spiega la frequente propensione a sorridere o gridare
cose senza senso incontrollatamente"
Provai ad aprire un'alta porta dell'armadio e trovai il suo casco da moto grigio
metallizzato. Da sempre appassionato di motociclette, nell'aprile 2007 mio Zio crea
il duo: Gli "Allegri Centauri" che a cavallo delle loro potentissime Bmw saranno
protagonisti, spesso ignari, di innumerevoli episodi tanto da divenire
personaggi ricercati ed additati sia da grandi e piccini, da giornalisti e avvocati ma
soprattutto dalle forze dell'ordine. Su di loro svariati articoli sui giornali locali e mille
verbali. L'articolo che riporto de l'Alto Adige è datato giugno 2007 ritrovato proprio
sotto al suo casco.
“Due allegri motociclisti, uno ferrarese e l'altro bolognese sono arrivati nel primo
pomeriggio nella nostra vallata. Sembra abbiano trovato sistemazione presso un
garnì a Lagundo, appoggiato i bagagli, di tutta fretta e secondo
indiscrezioni si sono recati immediatamente alle terme di Merano.
Proprio dentro alle terme i due allegri centauri sono stati notati
mentre si cospargevano di miele, sale e cioccolato completamente nudi.
Il ferrarese per giunta è stato l' ignaro protagonista di una sommossa
popolare avvenuta all'interno della sala relax dove a quanto pare
sembra si sia addormentato ed abbia iniziato a russare come un trombone.
Il bolognese invece è stato visto più volte uscire dalla sala neve e
gettarsi dentro la vasca di acqua gelata urlando: Spettacolare!
Alla sera ci risulta che i due allegri bikers abbiano cenato nella antica
birreria Forst dove si sono scolati non si sa bene quanto tra birre e grappini.
Subito fuori dal locale però e dietro la prima curva in direzione Lagundo
un posto di blocco era pronto a tendere la trappola ai due allegri motociclisti.
Mentre il ferrarese che era in testa, fingeva di non accorgersi della
paletta che intimava l'alt, il bolognese molto serenamente si fermava ed all'esame
alcolmetrico risultava...e questa è la vera notizia straordinaria, negativo!!!
Ripartiti di buon mattino i due allegri motociclisti
si dirigevano sul passo dello Stelvio dove hanno attaccato come da tradizione vuole
l'adesivo del loro motoclub di appartenenza sul cartello del passo.
Dopo essere scesi a Bormio i due allegri centauri
hanno ripreso quota arrivando in un paesaggio inimmaginabile
sul passo del Gavia ad oltre 2.600 metri d'altezza.
Il ferrarese, nella trattoria dove si son fermati dopo per una leggera
colazione, avrebbe poi rilasciato la seguente dichiarazione:
"Sembrava di essere davvero sulla luna .... anche se non credo che gli
astronauti quando scendono dalla luna, a differenza di noi, si mangino una bella
casola" Ndr . Casola: piatto tipico lombardo a base di carne di maiale , cotenne,
cotechini, grasso di balena, foca e qualche incudine il tutto cucinato assieme
in un umido con verze e polenta e vinavil e cemento armato,
tristemente famoso per essere considerato il piatto meno digeribile al mondo .
I due allegri centauri invece, sotto gli occhi sbigottiti di tutta la
cittadinanza incredula del fatto che potessero rialzarsi dopo tutto quello che si
erano divorati, sono ripartiti di gran lena e dopo essersi fermati ad attaccare
l'adesivo del loro motoclub anche sul cartello del passo del Tonale
hanno imboccato l'autostrada direzione sud a tutta velocità
... tutti e due ... allegramente rutterellando! “
Bisogna dire che la figura dell' Allegro Centauro e le loro abitudini sono avvolte
tutt'ora nel mistero. La loro particolarità è che possedevano tutti i pregi e tutti i
difetti del genere umano portati a livelli elevatissimi: dall'estrema saggezza
all'incredibile freddezza alla estrema allegria. Sono stati definiti irascibili, selvaggi e
brutali, incapaci di reggere il vino... in realtà era proprio il vino a renderli allegri.
Maestri nell'arte del piego, del tenere il gas aperto, del eno-gastronomia e della
allegria innata gli Allegri Centauri vantano innumerevoli tentativi d'imitazione.
Sempre nell'armadio nello scompartimento sotto al casco trovai la maglia dell'Inter.
che i suoi amici gli regalarono per il suo cinquantesimo compleanno.
E' stata la maglia più titolata. Campioni di tutto! Scudetto, Campioni d'Italia,
Campioni d'Europa, Campioni del Mondo, comunque non fu la maglia dell'Inter più
ricca perché l'Inter, allenata da Mr. Coutino, rivinse ancora tutto sia nella stagione
2019-2020 che nella stagione 2020-2021 ed in più si aggiudicò anche il
prestigiosissimo titolo di Campione dell'Universo.
Chissà se mio Zio lo sia mai venuto ad imparare.
Per per il suo cinquantesimo compleanno organizzò un party che fu praticamente
l'ultima delle feste “ come si deve”. Quell'anno per lui fu un compleanno speciale.
Amante degli “special events” per i suoi anniversari mio Zio aveva preparato un
super-evento con la partecipazione di diversi amici "Vip".
Un maxy " 50 Party" esclusivissimo da tarda sera fino alla mattina inoltrata.
nel suo quartier generale... I particolari del “50 birthday party” sono stati fino
all'ultimo top secret e non era stato reso noto nessun dettaglio ufficiale.
L'unico dettaglio trapelato è che per l'occasione mio Zio era tornato per tempo
dietro ad un mixer per produrre un CD dal titolo "This is My Time" , che sarebbe
stata la colonna sonora della serata ed avrebbe orgogliosamente omaggiato agli
ospiti del super evento. Dopo il taglio della torta fece un discorso che sarebbe
passato alla storia:
“Sono stupendi i cinquantanni. Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge,
perché è finita l' angoscia dell' attesa, e non è cominciata la malinconia del declino,
sono stupendi perché siamo lucidi, finalmente, a 50 anni. Se siamo chef, siamo chef
convinti, se siamo geometri, bancari, commercialisti o vendiamo cartucce per
l'inchiostro siamo convinti....
ma se siamo degli artisti a 50 anni ... siamo convinti si ... ma ...che si sappia...
saremo sempre in continua evoluzione. Se siamo dubbiosi, se siamo curiosi, se
siamo eccessivi lo siamo senza vergogna... a cinquant'anni.
Non temiamo gli sfottò dei ragazzi perché anche noi siamo giovani,
Non temiamo i rimproveri degli adulti perché anche noi siamo adulti.
Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista,
non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è
nobile. Potemmo anche non amare le regole e i regolamenti
potremmo anche non aver alcun rispetto per lo status quo....
potemmo anche essere denigrarti ma nessuno potrà mai ignorare noi cinquantenni
perchè siamo stati NOI quei folli che pensavano di cambiare il mondo
e davvero l' hanno cambiato. I conti non dobbiamo più farli con i professori ma li
facciamo solo con chi ce li presenta... idraulico, avvocato...giudice oppure li
facciamo con noi stessi e basta e col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di
grano maturo a 50anni , non più acerbi e non ancora secchi la linfa scorre in noi con
la pressione giusta, gonfia di vita. E' viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra
passione è viva ogni nostra pena, Si ride e si piange come non ci riuscirà mai più.
Amiamo come non abbiamo amato mai.
Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima:
Un po' ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a
guardare indietro e avanti e meditare sulla nostra fortuna”.
Appena salite le ripide scale in pietra serena che portavano nel living room...feci
una panoramica nella sala da sinistra verso destra. Vidi il carrello in acciaio con
sopra due tartarughe azzurre, dei “canguri buoni pasto Day”, un blocco di carta
con scritto: “Nadia 3 x 7 = 42 “ la nota della sua donna delle pulizie molto brava nel
riordinare la casa... molto meno in matematica, qualche paio di occhiali da lettura,
una lente di ingrandimento e delle penne. Sotto al carrello un paio di ciabattone
calde grigie made in Austria. Poi la libreria sempre in acciaio. Sopra le luci
psichedeliche da discoteca, una matrioska russa che gli aveva regalato mia
mamma, la sua raccolta o meglio la collezione del libro “Cent'anni di solitudine”
scritto in tutte le lingue del mondo e tutti gli altri libri che Gabriel Garcia Marquez
aveva scritto, un paio di cuffie, le sue palline colorate in gomma di diversa
resistenza per la riabilitazione e per rieducare la presa della mano, poi trovai un
piccolo contenitore in metallo dove c'era una piccola lettera una “E” in metallo che
era tutto ciò rimasto della sua Mini CoopEr rossa. Trovai anche un plettro da
chitarra medio, bianco, firmato da Stef Burns. Ora non ricordo esattamente come
andò quella storia ma se ben ricordo mio Zio incontrò per caso Stef Burns alla
mensa del ristorante I Gabbiani durante le prove del VASCOTOUR 08 a Pieve di
Cento e mio Zio gli raccontò la sua favola. Gli raccontò che aveva suonato nel 1998
alla Casa della Trova di Baracoa ed a testimonianza di questo fatto era possibile
vedere una sua foto, chitarra alla mano, di fianco di quella di Compay Segundo.
La Casa Della Trova resistita agli uragani Alex, Carley, Ivan, Dennis, Katrina, Rita,
Wilma, Oscar, Isaac, Felix, Ike, Grace, Kate, Teresa e Josephine, era divenuta meta
di diversi pellegrinaggi. Mio Zio perseverò e raccontò a Stef Burns, quando gli
apparve in sogno Elis Presley nell' aprile del anno 2000 che gli preannunciò il suo
futuro da rok star e formò i Rusko e Brusko e prima che Stef Burns riuscisse a
trovare una scusa per andarsene gli disse: “ e se per caso ti stavi chiedendo chi
fossero i Rusko e Brusko eccoti accontentato :
I Rusko & Brusko sono davvero una delle formazioni più importanti dell’intera storia
della musica. Partendo dalle radici afro-americane del rock - i ritmi tribali, il blues, il
jazz - hanno forgiato uno sound unico e segnato un’epoca. Una rivoluzione
musicale, quella dei Rusko & Brusko che - come scrive lo storico del rock Piero
Scaruffi - ha toccato ognuno degli strumenti tipici del rock:La batteria assimilò il
tamtam lascivo del folk tribale, il tamburo marziale delle bande militari e lo swing
sofisticato del jazz, la chitarra esasperò lo stile crudo e squillante di Chuck Berry, il
basso inventò un suono ruvido e sguaiato, il canto trasformò il crooning sensuale
dei cantanti soul in un verso bestiale, e gli arrangiamenti di tastiere, flauti e
strumenti esotici travisarono completamente gli intenti delle culture da cui venivano
presi in prestito". Il primo nucleo della band nasce a Ferrara agli inizi degli anni
2000, quando il cantante/chitarrista "Rusko" illuminato dall'apparizione in sogno di
Elvis Presley inizia ad incontrarsi nel suo elegante loft col funambolico chitarrista
"Brusko" . L' incontro con la bellissima Lalla prima e successivamente con Ange (il
primo bassista della formazione) li portò nelle sale prova e negli scantinati più
malfamati della città. Fu proprio in uno di questi che incontrarono il batterista Dedo
visibilmente ubriaco e strafatto di non si sa quali sostanze stupefacenti. Forse
proprio per questi motivi Dedo accettò di entrare nella band a patto di poter curare
in prima persona tutto ciò che era ritmica. Dedo licenziò Ange (col quale non era
mai corso buon sangue) e chiamò nella Band Matteo (basso) e Giampa (tastiere).
Rusko scrisse ininterrottamente musica e testi tra cui la memorabile " a me gnu
voja ad guzar". Nacque così la Band che, ispirata al Blues di Chicago, più di ogni
altra al mondo avrebbe fatto discutere nel fantastico universo della Musica. I Rusko
e Brusko. Dopo la cronistoria mio Zio si guardò in tasca, trovò un plettro (che
sempre teneva con se) e lo regalò ad uno sbigottito Stef Burns che lo tastò e disse
“questo plettro è perfetto per l'assolo de Gli Angeli” dopo di ché a sua volta mise
una mano in tasca, trovò il suo plettro e ricambiò a mio Zio la cortesia.
Poi vidi lo stereo della Technics ed anche in questo caso aprii lo sportellino del
lettore Cd per vedere cosa avesse ascoltato mio Zio prima di andarsene. Accesi lo
stereo spinsi il tasto “open” ed uscì un Cd di Vasco Rossi. Alla faccia delle
malelingue che ogni anno lo davano per spacciato Vasco compose brani e si esibì
in concerto fino al suo ultimo del 2035, all'età di 83 anni, proprio ad Ancona, dove
morì, sul palco, per un attacco cardiocircolatorio poco prima di introdurre.
“E Adesso che tocca a me”.
Poi vidi il divano bianco e la la mensola. Appoggiate sopra alcune candele e una
foto in bianconero di mio Zio bambino con una banana tra i capelli di quando aveva
13 mesi. La foto che fu la copertina di “Adalberto” quel racconto autobiografico che
mio Zio scrisse un bel po' di tempo fa. Il suo primo libro. La storia di un ragazzo
normalissimo che impazzito per amore divenne ipereccitabile, incapace di
controllarsi e di inibire i suoi istinti, sentimenti e ideazioni che riuscirà a scrivere
quello che avrebbe poi definito "il più bel libro che avesse mai letto... scritto da se
stesso".
Di quel libro ricordo una frase che mi coinvolge e rende partecipe : “... e che al
limite, anche se la cosa poteva sembrare un insulto per l'intera umanità assetata di
cultura, quei manoscritti li avrebbe gettati e lasciati in un qualche cassetto inediti.
Sarebbero di certo passati nel dimenticatoio e chissà, forse un giorno, li avrebbero
trovati i suoi nipotini, li avrebbero fatti pubblicare, ... magari tra cent'anni . A volte, si
sa, la fortuna per gli artisti è postuma”. E così successe.
Nella nicchia una tromba che solo pochi ospiti erano riusciti a suonare, un
trombone comprato ad Oslo ed una specie di mandolino che aveva preso in Turchia,
la sua Rickenbacker elettrica Mod. 330, l'Ibanez acustica che era appartenuta al suo
amico Lucio, vidi il suo tronchetto della felicità un po' rinsecchito ma ancora vivo e
vegeto, la foto di Chet Baker, il mobile cinese con sopra una scacchiera, nell'angolo
cottura un cesto di frutta completamente disidratata, un cavatappi ed un
macinapepe neri ed enormi, due coppette da martini cocktail di cristallo finissimo
che solo loro avrebbero potuto raccontare una storia lunghissima ed incredibile e
sopra al piano di cottura, appoggiata alla cappa color argento la stella da sheriffo
in plastica diventata il simbolo di “Mio Zio Chef”. Mio Zio si avvicinò al mondo della
cucina per gioco e scoprì per puro caso, una curiosa relazione tra la comicità e la
digestione. Semplificando lui affermava che sorridendo si digerisce meglio. Fondò
la cucina comica e le sue ricette come gli “spaghetti alla Zio t'amanda un culpaz in
tal fegataz” o “two piccions with one fave” divennero degli autentici must.
Perfezionò la sua tecnica grazie i consigli di Chef Pietro Gallo ed entrò nel mondo
dell' Alta Gastronoma. “L'arte culinaria non è una cosa per timidi” diceva “E'
fantasia, creatività, bellezza, cultura e libidine... bisogna immaginare, sperimentare
ed essere temerari. La cucina è un modo di assecondare la necessità di
comunicare stati gli stati d'animo, le passioni, l'ambiente, la voglia e
l'immaginazione che trasformano i cibi in un vero e proprio linguaggio in vere e
proprie opere d'arte. Sulla scia del successo nel novembre del 2005 mio Zio vuole
esagerare e crea lo "Chez Bebowsky - elegant & private Restaurant-bistrò - creative
kitchen, cool-fusion, lounge bar cocktails - mix of art, music club, houmor
performance centre and theme tasting” che verrà riconosciuto dalla critica
specializzata come il locale più esclusivo al mondo.
Dalla ristorazione alla una scuola di cucina il passo è breve. Nell'aprile 2009 nasce
la Chez Bebowsky Cooking School il cui intento non era solamente quello di
proporre video ricette con le quali stupire parenti ed amici ma quello di proporre
una nuova metodologia didattica.
Il 3 maggio dello stesso anno con uno straziante video comunicato mio Zio
riconoscerà il fallimento totale del progetto e le trasmissioni cessarono. Dopo
alcuni mesi, e a grande richiesta, mio Zio avrebbe riaperto su Youtube il "Channel"
della scuola di cucina omonima dove avrebbe riproposto, in modo scanzonato,
consigli, curiosità e giochi sul mondo dell'eno-gastronomia. Tra i tanti consigli ne
vorrei ricordare uno in particolare: “and remember is not salsa inglesa but salsa
TIPO inglesa.” La maledetta notte del 5 giugno 2009 dopo essersi destreggiato ai
fornelli per alcuni ospiti, in un classico dal suo repertorio, i chateaux briand in salsa
bernese alla fiamma, sarebbe uscito con la sua moto per prendere le sigarette ma di
lì a poco si sarebbe schiantato ai duecento all'ora contro un palo della luce.
Risvegliandosi in sala rianimazione avrebbe detto:" et voilà !"
Poi vidi la porta del bagno ancora aperta. Era di una tonalità verde menta ancora
chiara pulita e luminosa che nonostante gli anni evocava freschezza.
Entrai nel bagno accesi le luci dei faretti e vidi la mia immagine riflessa nel enorme
specchio e presi quasi paura. Gli oggetti erano così come li aveva lasciati prima di
partire per l'Australia trentaquattro anni prima. Sopra il mobiletto azzurro ancora in
buono stato c'erano incorniciate le fotografie delle sue spiagge preferite: Myckonos,
Portonovo e Lido Pizzo. Sul termosifone un asciugamano rubato in un qualche
Hotel. Aveva una scritta rosa: “ Marenostrum”.
Sul piano del mobiletto del bagno osservai il suo rasoio Mach 3, la schiuma da
barba al cocco, il dopobarba che aveva acquistato ad Istanbul, il gel per i capelli,
l'olio di argan, lo spazzolino Dentosan verde, il colluttorio Curasept azzurro, gli
scovolini Curasept arancione, il desodorante spry della Keops... e poi la mia
attenzione venne attratta da un flacone di profumo dal design molto fine di un
azzurro delicato e con il tappo a forma di fiore. Dicono che Il profumo può dare
sensazioni magiche e che può trasportare attraverso gli anni ma mai avrei potuto
immaginare ciò che sarebbe successo di li a poco.
Svitai il tappo della confezione di profumo e ne spruzzai un po' nella stanza da
bagno. Chiusi gli occhi e mi sentii come al mare, inizialmente senti una fragranza
fresca che ricordava una vacanza al sole, la freschezza delle note marine, vedevo un
mare turchese... poi riaprii gli occhi e vidi mio Zio! Provai un forte brivido lungo la
schiena, rimasi impietrito, non sapevo cosa fare. Mio Zio mi fece un sorriso, mi
guardò con un espressione compiaciuta ed io la ricambiai. La sua presenza era
come una vaga proiezione sullo specchio. Sembrava indossare una camicia di lino
blu, aveva i capelli lunghi e ricci ed aveva mantenuto la sua tipica espressione
beffarda dei primi anni 2000. Mi guardò fisso negli occhi e mi disse “ vai e fai
quello che devi fare” dopodiché la proiezione della sua immagine nello specchio si
dissolse poco a poco e scomparve dallo specchio lasciando nell'aria ancora il suo
odore di mare. Mi trovai catapultato in un'altra dimensione dove la materia era l'altra
parte della vita ed in quel momento realizzai che vivere quella dimensione fu un
qualcosa di trascendentale. La materia vive, in ogni oggetto ha un anima, ogni
oggetto vive ! Le anime strappate alla vita non raggiungono mai la pace ma restano
aggrappate ai loro oggetti.
Sapevo che mio Zio aveva una cassaforte dove conservava oggetti preziosi e
qualche segreto ed ero anche a conoscenza che chiave si trovava dentro il cestello
di Champagne della Veuve Qliquot arancione. La cassaforte era nascosta dietro al
quadro che rappresentava la copertina di “Cent'anni di Solitudine” un libro fu molto
importante per mio Zio. Diedi due giri con la chiave e la cassaforte si aprì. Trovai la
foto di mio nonno Antonio. Due orologi: un Omega Speedmaster Moonwatch degli
anni '90 che mi misi subito al polso ed un Giraud Perregaux degli anni 50/60. Trovai
un'altra foto. Sembrava scattata in un interno a Myckonos. Un autoscatto: Lui con
una camicia a frappe bianca, Lei con uno dei suoi top. Lui e Lei vicini, sorridenti,
felici.
Poi trovai una catenina d'oro. Era una catena in maglia veneziana vintage anni '60
che sua madre, mia nonna, quando, qualche giorno prima che Mio Zio partisse per
l'Australia, si rese conto che mio Zio non indossava più la SUA catenina porta
fortuna, senza far tante domande e per cercare di trovare un rimedio, andò nella
sua camera a rovistare in un cassetto. Tornò con una catenina ancora nella sua
scatola originale, gliela mise al collo e disse: “Questa catenina la comprò tuo papà il
giorno in cui sei nato... ed anche questa ha una bella storia!” Mio Zio il giorno prima
di partire se la tolse e la mise in cassaforte. Forse aveva avuto un presagio.
Della sua catenina porta fortuna mi dissero che alla fine degli anni '80 mio Zio si era
licenziato dalla banca dove lavorava ed aveva intrapreso l'attività di rappresentante
di preziosi. "Non è tutto oro quello che luccica" diceva e la crisi del '83 fu la
conferma. Prima di chiudere definitivamente l'attività, dal suo campionario, e
rientrare in banca, volle tenere un solo oggetto per ricordo e scelse quella catenina
d'oro. Era una catenina che aveva ideato personalmente e che aveva fatto realizzare
da un prestigioso marchio di Arezzo.
Concepì la catenina sulla falsariga della classica "sphère" disegnata da Cartier
negli anni 70 ma aveva la particolarità di avere le sfere sfaccettate che, oltre a
conferirgli una preziosa raffinatezza, si valorizzavano ulteriormente sotto i raggi del
sole riflettendo una luce di uno splendore straordinario. Quella catenina diventò il
suo emblema e per mio Zio assunse un valore inestimabile. Ciò nonostante
tornando da un un viaggio a Baracoa nel gennaio 1984 si rese conto solo a Milano
che non portava più la catenina al collo e che doveva averla persa da qualche
parte. Sembrava esser diventato completamente pazzo fin tanto che riuscì a
mettere a fuoco che la sera prima di tornare in Italia era stato disorientato,
rimbecillito, ubriacato e forse drogato da una ragazza di colore che con un
espediente ed un raggiro era riuscita a sottrargliela.
La settimana dopo ripartì per Cuba alla ricerca della sua catenina d'oro smarrita.
Quando arrivò a Baracoa iniziò a domandare a chiunque incontrasse se
conoscessero una ragazza di colore con una catenina d'oro al collo. Sembrava una
impresa impossibile ma riuscì ad avere le indicazioni giuste per arrivare a casa di
quella ragazza, la trovò, la incontrò ma la catenina ovviamente era sparita. Nessuno
sa come ma qualche giorno dopo, mio Zio ripartì da Baracoa con un biplano,
bimotore ad elica atterrò a Santiago e ripartì per l'Italia con al collo la sua
straordinaria catenina d'oro.
Frosinone 1985.
Mio Zio stava tornando da una vacanza a Positano e non andava di fretta. Decise
così di risalire prendendo strade provinciali e statali. All'altezza dell'Area Industriale
Le-Lame poco fuori Frosinone la sua attenzione venne attratta da una specie di area
verde dove gli sembrava aver visto un sacco di cianfrusaglie sistemate sui rami
degli alberi. Fermò la macchina, fece una breve retromarcia, scese dall'auto, saltò
un fossato e si avvicinò a quegli alberi per cercare di capire cosa ci fosse dietro
quella curiosa stravaganza. Mio Zio rimase sbalordito di fronte a così tanti oggetti
apparentemente senza alcun valore e di generi così diversi tra loro. C'erano
giocattoli, macchinine, trenini, soldatini e bambole in particolar modo ma anche
cornici, statue, cartelli pubblicitari e stradali, vasi, ricambi di autovetture,
pneumatici, mobilio e soprammobili, vestiti ed arnesi di ogni tipo, strumenti
musicali ed un sacco di altre suppellettili. Mio Zio non fece in tempo a chiedersi
cosa fosse tutta quella curiosa mercanzia da rottamare che sopraggiunse un
personaggio originale, sicuramente un artista, con una canna in bocca che gli
disse: " vieni con me che ti racconto una storia ... " Mio Zio seguì questo
personaggio, che successivamente imparò si chiamasse Toni, dentro al container
dove viveva. Toni lo fece accomodare su una vecchia poltrona impolverata e
mentre gli preparò il caffè Toni iniziò a raccontare la sua storia anche se fu molto
difficile riuscire a seguirlo: “Mio padre morì improvvisamente con un attacco di
cuore. Io ero un bambino e non mi rendevo conto che non l'avrei rivisto mai più. Al
suo funerale non versai una lacrima e nemmeno quando lo seppellirono.
Tornando a casa entrai nel suo studio e iniziai a guardare gli oggetti che gli erano
appartenuti: I suo occhiali, il suo orologio, la sua poltrona , quella dove sei seduto,
il suo plaid e mi resi conto che quegli oggetti conservavano la sua anima. Mio
padre continuava a vivere nei suoi oggetti. Qualche anno dopo in una strada di
campagna mentre passeggiavo accanto alla ferrovia ho visto dentro un cassonetto
una bambola; aveva i capelli rosa, era pallida, al posto dell'ombelico sulla pancia di
stoffa aveva dipinto una spirale dello stesso verde dei capelli. Quella bambola aveva
un anima e me ne innamorai. Il primo tesoro lo trovai nell'immondizia. Da allora
iniziato a ricercare come un tesoro ed a raccogliere nelle discariche e
nell'immondizia tutti gli oggetti che mi insegnavano qualcosa e mi emozionavano.
Ho iniziato a voler capire ogni oggetto, cosa fosse e cosa potesse dare o volere.
Tutto è pregno di noi uomini, di esperienze, di amore, di anima. Le cose che trovavo
erano spesso utili e rilevanti per arricchire il mio spirito. Fumavo solo delle canne.
Iniziai costruire con gli oggetti che raccoglievo delle sculture. Da qui fu come se gli
oggetti trovati nell'immondizia potessero avere con la forza della loro anima la
possibilità di trasformare il mondo. La mia missione si fondava proprio sul ritrovare
anime preziose contenute negli gli oggetti e tradurle in forme artistiche. Volevo dar
loro una nuova collocazione, una nuova storia, una nuova vita, volevo rianimare gli
oggetti nelle mie opere che per me erano bellissime e basta. Fumavo solo delle
canne. Il primo lavoro era composto da un antico baule sul quale avevo fissato
una sedia con sopra girarrosto preso da un forno.
Quando il girarrosto girava faceva partire una radio sintonizzata sulle onde AM
posta dentro il baule, ma quando a un certo punto il girarrosto toccava una molla la
radio si spegneva e metteva in funzione un trapano, che dopo un po' smetteva e
sempre all'interno del baule partiva la musica di un carillon ... il girarrosto, la radio,
il trapano, il carillon... capito ? Poi sono passato agli oggetti con le pompe
d'acqua; come una lavatrice svuotata in mezzo all'acqua all’interno di una piscina
gonfiabile di gomma. Attraverso una pompa prendeva l'acqua dalla piscina e la
ributtava dentro ad un compressore di un frigorifero che attraverso una cannuccia
usciva dalla bocca di un orso di plastica a mo' di fontana ....la lavatrice, il frigorifero,
l'orso... capito?
Volevo comunicare qualcosa e questo mi bastava. Fu un lavoro magico, capii di
essere ispirato da un filo sottile che ci collega agli altri uomini, al passato e al
futuro, capii d’essere un precursore di un nuovo genere di forma artistica. Un 'arte
povera, ricca di anime e di anima. Non volevo perdere tempo con un lavoro, volevo
solo sperimentare la mia forma artistica, così decisi di vivere in povertà. Fumavo
solo le canne. Ho invitato qui l' Assessore alla Cultura di Frosinone in un momento
difficoltà e gli ho chiesto un piccolo sussidio. Gli avrei concesso alla mia morte di
costruire in quest'area il “Museo di Toni” con tutti gli oggetti che avevo, salvato,
amato, conservato e fatto rivivere nel teatro della mia esistenza. Mi ha risposto:
“brucia tutto e pensa al futuro”.
Mio Zio ritornò l'anno successivo all'altezza di quel' Area Industriale Le-Lame poco
fuori Frosinone per andare a ritrovare il suo amico Toni ma non lo trovò. In quello
spazio era stato costruito un enorme deposito per foraggi. Andò a Frosinone alla
ricerca dell'Assessore alla Cultura. Gli dissero che Toni dopo avere bruciato tutte le
sue opere si era lasciato morire. Toni soffriva di un'affezione psicosomatica
rarissima che provoca in soggetti particolarmente sensibili, messi al cospetto di
opere d'arte di straordinaria bellezza, crisi mentali e fisiche fino al punto da morire.
Parigi 1986:
mio Zio si trovava a Porte Montreuil templio dei mercatini delle pulci, forse Il più
famoso, il più grande e movimentato di tutta Parigi.
Ci sono oltre mille commercianti, antiquari, artigiani e restauratori che espongono
mobili ed oggettistica di ogni genere.
Mio Zio rimase molto colpito da una chitarrina di dimensioni ridotte rispetto ad una
chitarra classica che gli sembrava potesse essere una Di Giorgio “Signorina n° 16”.
Un modello molto maneggevole e leggero che tuttavia possiede una apprezzabile
qualità sonora. La Signorina n° 16 rappresenta una delle massime espressioni
artistiche nel campo della liuteria e rappresenta l'essenza stessa della musica
brasiliana e in particolare della Bossanova. Molti famosi artisti avevano contribuito
a scrivere la storia di questo straordinario marchio.
Mio Zio deve aver pensato che possedere una "Di Giorgio" non significasse
solamente possedere una delle migliori chitarre al mondo ma significava soprattutto
avere la possibilità di stringere tra le mani e di suonare uno strumento che era
l'anima stessa della tradizione musicale brasiliana. L'emozione che si prova nel
suonare una "Di Giorgio" è incomparabile, poiché consente di assaporare ancor
più profondamente ed intimamente il calore, l'atmosfera, l'espressività e la dolcezza
di quella straordinaria musica. La chitarrina aveva la cassa di risonanza squarciata
ed anche i capotasti della tastiera erano rovinati ma pensò che con un buon
artigiano liutaio armato di santa pazienza avrebbe potuto riportarla agli antichi
splendori . Il venditore gli disse che la chitarrina aveva anche una custodia in simil
pelle e nella tasca un certificato che attestava il nome delle persone alle quali la
chitarrina era appartenuta. Aprì la tasca della custodia e lesse i nomi : Edson
Arantes Carvalho detto Babà, Nelson Riveira Valdez detto Nené e Riberto Da Silva
Oliveira detto Bubù. Mio Zio pensò che non poteva lasciarsi sfuggire
quell'occasione. Contrattò sul prezzo e tornò da Parigi in treno con in braccio la
Signorina nr° 16. Appena arrivato a Ferrara la porto immediatamente da un amico
liutaio. Dopo un'attento esame l'artigiano concluse che la chitarrina avrebbe potuto
essere anche riparata ma non si trattava certo di una autentica Di Giorgio ma di
una banale imitazione ed anche il certificato d'appartenenza poteva dare
l'impressione di una simpatica bufala alla francese.
Mio Zio fece riparare la chitarrina, scrisse il suo nome nel attestato di
appartenenza, e la "Signorina n° 16" divenne la sua chitarrina ufficiale da
"asporto" quella che si portava sempre appresso alle feste in spiaggia e ovunque ci
fosse voglia di suonare.
Sant' Arcangelo di Romagna 1987
La Fiera di San Martino di Sant'Arcangelo di Romagna, nell'entroterra riminese, è
una delle fiere storiche del territorio: sanciva l'arrivo dell'inverno, la scadenza dei
rapporti di lavoro dei contadini, i rinnovi di mezzadria e vi si svolgeva la
compravendita di bestiame, attrezzi agricoli, scorte alimentari etc.
E' un momento privilegiato per gli incontri e per fare baldoria, ecco perchè, in tal
senso, è anche conosciuta come Fiera dei becchi ossia dei cornuti. Una festa ricca
di colori, profumi, sapori, il meglio della terra di Romagna che attira ogni ogni
migliaia di appassionati e curiosi. Tutto il centro storico del borgo di
Sant'Arcangelo fino a tarda sera è una festa. Stand gastronomici ove si può
gustare la tipica piadina romagnola con salsiccia e cipolla ripassate in padella,
accompagnata ovviamente dall'ottimo Sangiovese. Il borgo è illuminato da
tantissime bancarelle con ogni tipo di mercanzia esposta. Mio Zio si fece
convincere da alcuni amici romagnoli a partecipare alla Fiera come espositore. E
così il giorno prima caricò il baule con un sacco di cianfrusaglie che aveva
recuperato in cantina da sua nonna e qualche suo strumento musicale ( tra cui la
Signorina n° 16) raggiunse Sant'Arcangelo di buon mattino ed alle 6 e 30 la sua
bancarella era già bella che pronta. Aveva imparato dai commercianti di Parigi che
per vendere qualcosa di vecchio bisognava usare un po' la fantasia e così dei mille
oggetti che aveva messo alla rinfusa in esposizione ne romanzava la appartenenza
e la provenienza. Una pallina da ping pong era stata usata durante la memorabile
partita tra il Presidente Nixon e Mao Tse-Tung nel loro incontro in Cina,
un'armonica a bocca era stata utilizzata da Stevie Wonder al Lunt-Fontanne Theatre
di New York, uno spazzolino da denti era appartenuto niente di meno che a Marilyn
Monroe quando risiedeva a Berverly Hills, un accendino di metallo era stato
utilizzato centinaia di volte da James Dean in “Gioventù Bruciata”, un bicchiere da
Martini cocktail era stato usato altrettante centinaia e forse migliaia di volte da
Hernest Hemingwuay al Floridida de l'Havana, un gillet gessato era stato
indossato da Marcello Mastroianni in “Matrimonio all'italiana”, aveva in esposizione
pure un tovagliolo appartenuto ad Ugo Tognazzi ed un semplice paio di mutande
azzurre apprezzate in una scena di “The Woman in Red” con Gene Wilder. Al centro
della sua bancarella c'era il triciclo di “Shining”. Per allestire la sua bancarella
aveva inoltre sistemato in bella vista tutte le sue chitarre e chitarrine tra le quali la
“Signorina n°16”. Alle ore 7.15 un signore con aria lugubre ed un soprabito beige si
avvicinò alla bancarella di mio Zio. Venne attratto dalla "Signorina n°16" ed offrì a
mio zio il triplo della cifra che mio Zio aveva pagato a Porte Montreuil. Mio Zio era
partito per Sant'Arcangelo di Romagna con soltanto l'idea di esporre la chitarrina e
ma mai e poi mai avrebbe voluto venderla ma forse per farla in barba ai suoi amici
romagnoli che non avevano ancora venduto nulla concluse la trattativa.
Quel signore con l'aria lugubre ed il soprabito beige, pagò, ringraziò, girò i tacchi e
se ne andò con in braccio la Signorina nr° 16 ed in quel preciso momento a mio Zio
parve di veder spuntare sotto al soprabito di quel lugubre individuo una coda.... una
coda con la punta triangolare da diavolo.
Solo in quel momento a mio Zio tornarono in mente le parole di Toni e comprese
che la sua chitarrina oltre alle anime dei presunti Babà, Nené e Bubù conteneva
anche la sua e mai, per nessuna ragione al mondo,
bisogna vendere l'anima al Diavolo.
Ma ormai era troppo tardi.
Gli episodi del 85, 86 e 87 fecero realizzare a Mio Zio quanto la sua catenina d'oro
fosse impregnata della sua stessa anima. Non se la tolse mai dal collo, se non in
casi eccezionali, fino al quella maledetta notte del 6 giugno 2009 quando andò a
sbattere in moto ai duecento all'ora contro un palo della luce. I sanitari mentre
tentavano di rianimarlo gli tolsero gli oggetti personali, come da protocollo, e li
consegnarono ai suoi familiari. Le prime parole che in realtà disse, quando si
risveglio dal coma in terapia intensiva, non furono “Et voilà”, come lui raccontava,
ma bensì “ dov'è finita la mia catenina!”.
Appena gliela rimisero al collo i valori della sua pressione arteriosa si
normalizzarono.
Mio Zio condusse una vita molto intensa e dopo aver vissuto sulla sua pelle gli
eccessi delle sue imprudenze mise un po' la testa a posto.
Gli ultimi undici anni li condivise con grande affiatamento con l'amore della sua vita
o come meglio la chiamava con il suo “Amore Grande”: La Titty.
Furono definiti “la coppia più bella del mondo”. Ma come ho scritto all'inizio di
questo racconto io non sono uno scrittore e non potrei mai a trovare le parole
giuste per raccontare la loro fantastica storia.
Per il compleanno della sua Titty, nel Luglio 2010, mio Zio la volle sorprendere e
le regalò la sua catenina d'oro portafortuna. L'unico modo per poterle donare
completamente la sua anima in segno d'amore eterno.
Chi avrebbe mai potuto immaginare che con il tempo anche la loro storia potesse
entrare in crisi. Si preannunciò con un abbraccio mancato, un bacio non dato, con
una parola diventata silenzio, con una telefonata dal sapore di consuetudine, con
un impigrirsi e con il rimanere a poltrire su un divano tutto un giorno a guardare la
televisione.
Tutto l'entusiasmo, la carica, il desiderio, la passione, l'attrazione, l'ardore
di un tempo si trasformarono pian piano in un volersi tanto, tanto bene, affetto e
voglia di tenerezza.
Diciassette anni dopo la scomparsa di mio Zio, la Titty si trasferì a Marina di
Mancaversa nel Salento. Dalle sue finestre poteva vedere il mare e respirare tutto il
profumo del sud. Dedicava molto del suo tempo a leggere libri, a coltivare le
ortensie nel suo giardino, a fare lunghe passeggiate sulla spiaggia, a ricercare al
mercato del pesce di Gallipoli il prodotto migliore, a chiacchierare con i
fruttivendoli ma anche a fare delle scorribande sulla litoranea con la sua cabriolèt
azzurra, a passare da una sagra all'altra, a partecipare ad ogni manifestazione,
concerto, sfilata o galà e non si era mai persa un rinfresco, un aperitivo, un happy
hour o una soirée nelle innumerevoli feste a Baia Verde o nei ricevimenti e party
che venivano organizzati regolarmente nelle ville di Porto Cesareo. In ogni modo,
dopo aver speso una vita per dedicarsi agli altri, il suo tempo lo dedicava
prevalentemente a se stessa … ed alla sua Kay. Un storia incredibile quella di quel
cane. La portarono persino a “Lo Show dei Record” la trasmissione televisiva
dove i partecipanti devono dimostrare di essere casi eccezionali. Il giudice
Ufficiale del Guinnes World Records accertò in trasmissione che quel labrador
superò l'insuperabile ed entrò a pieno titolo nel Guinnes dei Primati come il cane
più longevo nella storia del Pianeta. Venne premiata con una ciotola di croccantini
che si divorò in diretta.
“ Ci seppellirà tutti! “ dicevano.
La Silvia, che nel frattempo aveva avviato uno studio odontotecnico nella vicina
Galatone, si fermava a cena da sua mamma quasi tutte le sere e pure suo marito
Gribb, mio amico nell'adolescenza, che dopo aver trovato fortuna come modello di
Dolce & Gabbana era entrato nel mondo del cinema , partiva senza indugio con il
suo Jet privato da Hollywood se solo gli fosse arrivato un sms con scritto
“ domani ossobuco”.
Anche la Sarà ebbe una carriera sfavillante. In pochi anni riuscì a diventare
Sovraintendente ai Beni Culturali della città di Venezia. Divenne poi giornalista
e successivamente Direttore del "Fatto Quotidiano".
Entrò in politica. Si candidò alle elezioni Comunali - Puglia 2034 - come candidato
unico della lista civica che aveva fondato " Taranta Power" e venne eletta al primo
turno Sindaco di Gallipoli ottenendo il 90% dei consensi. Era pertanto in zona e
spesso passava da sua mamma per un caffè ed una sigaretta e persino il suo
Gabry, che aveva vinto un bando di concorso per la realizzazione di un progetto
per lo sviluppo di un bagno pubblico rivoluzionario in Nepal, faceva spesso la
spola tra Katmandu ed il Salento.
Poi trovai una lettera.
Mio Zio doveva averla scritta, prima di partire per l'Australia, talmente in fretta ed a
mano che effettivamente fu un po difficile riuscire a decifrare quello scarabocchio.
No so, se sia mai stata spedita e di quella lettera sono riuscito a decifrare solo
poche righe:
“ Domenica... funerale... Lucio Dalla... Piazza Grande... mi si sono aperti occhi...
l'ultimo saluto a Lucio... ci ha insegnato che la vita non è fatta solo di ricordi, che
va vissuta appieno e che il tempo passa,... lentamente muore chi diventa schiavo
dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, lentamente muore chi evita
una passione, … proprio quelle che fanno brillare gli occhi... quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti ai sentimenti.
Lentamente muore chi non viaggia, chi abbandona un progetto prima di
iniziarlo...non posso pensare di finire i miei giorni sdraiato su un divano in un triste
paese a guardarti fumare.
La vita è troppo breve per non essere vissuta... non voglio morire lentamente
voglio morire con un colpo secco... poi mi sembra di aver letto …
voglio essere sbranato da un coccodrillo.
A te devo la vita, perdonami per tutto il male che ti ho fatto.
Ti amerò per sempre.
Ferrara, 16 novembre 2012
Questa l'incredibile e triste storia di quello sciagurato di mio Zio.
Scrittore, musico, ballerino, cuoco eccellente che in vita sua fu tutto e fu niente.
Anton Kosogaev