mio figlio non aveva i soldi, mio figlio non gioca

Transcript

mio figlio non aveva i soldi, mio figlio non gioca
MIO FIGLIO NON AVEVA I SOLDI,
MIO FIGLIO NON GIOCA
La testimonianza del padre di un ragazzo “vittima” di una
piaga del sistema calcio che sta purtroppo dilagando
In questo articolo, per precisa volontà dell’intervistato, non
sono stati riportati nomi di persona e dei tesserati delle
società coinvolte.
Il nostro collaboratore Marco Tancredi è stato personalmente
contattato dal genitore e ha raccolto questa breve
testimonianza.
Perché ha deciso di contattarmi ?
“Perché sono prima di tutto un genitore e ho sempre voluto il
bene dei miei figli, quello che voglio raccontare è quello che
sta accadendo nel mondo del calcio a livello dilettantistico
in particolare nella gestione dei settori giovanili e dei
fuoriquota”.
Si spieghi meglio.
“Quattro anni fa mio figlio andò a giocare in una società di
calcio, militava negli allievi e giocava come centrocampista,
tra l’altro con molta continuità visto che il suo allenatore
lo teneva in grandissima considerazione e lo schierava
titolare anche se era lievemente infortunato”.
Quindi il primo anno fu positivo?
“Si e raccolsero anche dei successi visto che vinsero ben due
tornei e al campionato di categoria giunsero al terzo posto”.
Finito il campionato allievi si passa a quello juniores e cosa
accade?
Accade che nella squadra dove gioca mio figlio arrivano altri
ragazzi provenienti da altre società, in poche parole qualche
nuovo innesto che potesse andare a completare un organico,
inoltre, una cosa che aveva soddisfatto mio figlio era stata
che il tecnico che lo allenava negli allievi era stato
promosso alla juniores”.
Una cosa positiva, ma succede qualcosa di strano già da
qualche amichevole estiva.
“Si, la squadra disputa delle amichevoli e mio figlio non
viene schierato titolare, pensammo ad una scelta precisa del
tecnico di dare spazio ai ragazzi nuovi che dovevano
ambientarsi e allora non ci facemmo caso, con l’avvicinarsi
del campionato però mio figlio rimane sempre in panchina nelle
amichevoli successive e dalla prima giornata fino alla nona
del campionato juniores non figura mai nell’undici titolare”.
Immagino la reazione di suo figlio e il non sapersi spiegare
questa situazione.
>“Si, reagì malissimo tant’ è vero che non andò più ad
allenarsi e io andai a parlare con l’allenatore solo per
capire il motivo di quell’atteggiamento, andai al campo di
allenamento e senza che io dicessi nulla mi invitò a vederci
più tardi perché così mi avrebbe parlato e possibilmente
spiegato”.
E cosa le disse?
“Senza peli sulla lingua mi spiegò che c’erano dei genitori
che portavano soldi cash alla società e che i figli dovevano
giocare per forza, non importava se erano forti oppure no,
dovevano giocare altrimenti quei soldi la società non li
vedeva. La cosa che mi diede fastidio è che alcuni genitori
avevano messo una sorta di tariffario. Se mio figlio fa tutto
il campionato ti do tot soldi”.
Suo figlio come l’ha presa?
“Malissimo, anche perché lui si andava ad allenare tutti i
giorni, tornava da scuola, studiava e poi andava al campo.
Dopo che parlai con il suo mister non andò più ad allenarsi e
appena arrivò dicembre gli feci fare lo svincolo. La cosa più
brutta fu che nessun dirigente mi venne a chiedere
spiegazioni, firmarono lo svincolo e tanti saluti, ci si
liberava di un ostacolo, anzi di un problema”.
Dopo quella parentesi suo figlio andò a giocare in un’altra
squadra?
“Andammo a parlare con una società di Promozione che telefonò
a mio figlio e aveva espresso l’intenzione di parlare con lui
per valutare un tesseramento, dopo una chiacchierata piuttosto
positiva il direttore sportivo che mi sembrava una persona
seria mi prese in disparte e disse queste testuali parole: “Ma
non è che puoi portare qualche soldo in cassa?”; Io gli dissi
senza problemi che non avevo un euro in tasca da portare e lui
un po’ seccato mi rispose: “Possiamo pure tesserare tuo figlio
ma non so quante partite potrà giocare”. Salutai e andammo via
arrabbiatissimi”.
Quell’anno riuscì a trovare una squadra?
“No, rimase senza squadra, andò a giocare un campionato
amatoriale per tenersi in forma e per non perdere il ritmo”.
Si arriva a Luglio e ricomincia il valzer per cercare una
squadra dove poter giocare.
“Lo chiamarono diverse società tra cui una di Eccellenza e
quattro o cinque di Promozione, scelse quella più vicina casa
ma anche quella fu una scelta sbagliata”.
Sempre per lo stesso motivo?
“Si, in Coppa Italia e alle prime di campionato sembrava
andasse tutto bene ma poi arrivarono due fuoriquota e mio
figlio tornò in panchina, qualche settimana dopo, venni a
sapere che i papà di quei due ragazzi appena arrivati erano
entrati in società e avevano portato soldi. Giusto per la
cronaca quei due ragazzi a dicembre furono mandati via”.
E suo figlio?
“Andò via a dicembre dopo aver discusso con l’allenatore e
passò ad una squadra del campionato di Seconda Categoria.
Fecero un campionato tranquillo e si salvarono senza problemi
e mio figlio finalmente riuscì ad essere titolare”.
Il terzo anno cosa succede?
“Mio figlio continua ad avere richieste da società di
categoria superiore e va a parlare con una squadra che milita
in Promozione. C’è un mister che conosce e ci sono degli ex
compagni di squadra del periodo degli allievi, sembra
intenzionato ad andare e la società sembra disponibile ad
accontentarlo ma a pochi giorni dall’inizio della preparazione
gli telefonano e gli dicono che non lo vogliono prendere
perché pare che l’allenatore voglia puntare su altri ragazzi,
ovvero il figlio del vice presidente della squadra che l’anno
prima era riserva in una juniores di un’altra società e l’anno
dopo diventa di colpo titolare inamovibile di una prima
squadra”.
Credo sia stato il colpo di grazia.
“Si, da quel giorno mio figlio non ha più voluto saperne di
giocare a calcio, oggi fa l’università a L’Aquila e spero che
possa diventare un buon ingegnere”
Non pensa che magari qualcuno possa dubitare della sua
credibilità, magari che reputasse suo figlio un grande
giocatore?
“No, perché mio figlio non è mai stato un grande giocatore,
certo, non è scarso e tecnicamente non aveva nulla di meno
rispetto ad altri che oggi giocano in serie D, Eccellenza o
Promozione. Ma quello che volevo era solamente che mio figlio
avesse una possibilità di mettersi in mostra e di farsi
valere. Nessuno ha fatto qualcosa per lui”.
Perché ha voluto rilasciarmi questa intervista?
“Perché questo meccanismo è ingiusto e fa schifo e non è così
che devono andare le cose. Ripeto, mio figlio non è un
campione ma meritava una possibilità, solo quella nulla di
più”.
(
da
www.abruzzocalciodilettanti.it,
dell’articolo)
proprietaria