IL COLLEGIO DI ROMA composto dai Signori

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IL COLLEGIO DI ROMA composto dai Signori
Decisione N. 2978 del 31 maggio 2013
IL COLLEGIO DI ROMA
composto dai Signori:
Dott. Giuseppe Marziale
Presidente
Avv. Bruno De Carolis
Membro designato dalla Banca d'Italia
[Estensore]
Prof. Avv. Vincenzo Meli
Membro designato dalla Banca d'Italia
Prof. Massimo Caratelli
Membro
designato
Bancario e Finanziario
Avv. Chiara Petrillo
Membro designato dal C.N.C.U.
dal
Conciliatore
nella seduta del 30/04/2013 dopo aver esaminato
x il ricorso e la documentazione allegata;
x le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
x la relazione istruttoria della Segreteria tecnica,
Fatto
Il ricorrente riferisce di aver stipulato in data 19 novembre 2009 un contratto
relativo alla fornitura, all’installazione e alla manutenzione, sul proprio terreno, di
un impianto fotovoltaico, per un prezzo complessivo di € 21.800,00. Precisa di
essere stato indotto a sottoscrivere il contratto dalle condizioni pubblicizzate, che
apparivano particolarmente favorevoli, assicurando sostanzialmente un “costo
zero”; l’iniziativa appariva inoltre supportata da soggetti di piena affidabilità,
compresi organismi di diritto pubblico. Contestualmente, il fornitore faceva
sottoscrivere al ricorrente un contratto di finanziamento con la banca convenuta.
L’impianto negoziale prevedeva un rimborso a favore del ricorrente, da parte del
fornitore, delle rate del finanziamento stesso attraverso la vendita dell’energia
elettrica prodotta, di cui avrebbe usufruito anche il ricorrente. A quanto riferito, dal
1° aprile 2010 al 1° ottobre 2010 il fornitore ha onorato il proprio impegno e
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accreditato al ricorrente l’importo di 9 rate, per un totale di € 3.053,25 (€ 339,25 x
9). Dal novembre 2010 il fornitore interrompeva il rimborso delle rate del
finanziamento, mentre il ricorrente continuava a versare le rate di sua spettanza
all’intermediario. Il ricorrente tentava di contattare telefonicamente il fornitore, ma
senza alcun risultato. A distanza di pochi mesi, l’ente provinciale che aveva
sponsorizzato il progetto diffondeva una comunicazione, apparsa in data 13
gennaio 2011, al fine di avvisare i clienti delle “gravi ed inammissibili
inadempienze contrattuali” della società fornitrice, offrendo la “sua piena
disponibilità a fornire assistenza tecnica e legale per le azioni che vorranno
intraprendere”.
Successivamente, in data 4.05.2011, il ricorrente inviava una lettera di diffida
alla società fornitrice, lettera che tuttavia veniva restituita al mittente con la
causale “destinatario trasferito”. In sostanza, si verificava l’impossibilità di qualsiasi
approccio con il fornitore, fino all’“apertura della procedura fallimentare presso il
Tribunale di Roma, in data 14 giugno 2012”.
Fa presente che il contratto con il fornitore includeva anche la manutenzione
ordinaria e straordinaria dell’impianto, nonché lo smantellamento di quest’ultimo,
curando lo smaltimento del materiale di risulta. Pertanto, il finanziamento stipulato
con la banca resistente doveva considerarsi esteso anche alle prestazioni
accessorie convenute con il fornitore. Il ricorrente sostiene che il prezzo di un
impianto sul mercato sia di 10.000,00 Euro (come si evincerebbe da preventivo
fornito dal ricorrente, allegato al ricorso come doc. 12) e che il restante prezzo del
finanziamento sarebbe stato quindi relativo alle attività di verifica e di
manutenzione del bene fornito. Seguivano, tramite avvocato, contatti con
l’intermediario, il quale chiedeva al ricorrente di produrre la lettera di messa in
mora del fornitore; ma all’invio di tale missiva, datata 4.05.2011, l’intermediario
opponeva una clausola di esonero da ogni responsabilità, sostenendo che le
contestazioni ed eccezioni sollevate dal ricorrente nei confronti del fornitore
esulavano dall’ambito del rapporto oggetto del finanziamento.
In data 4.09.2012, il ricorrente invocava la risoluzione del contratto di
finanziamento, avvertendo l’intermediario che eventuali successivi pagamenti di
rate del finanziamento dovevano intendersi effettuati “a mero scopo cautelativo
con espresso diritto di ripetizione”.
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In conclusione, il ricorrente afferma: - che la sottoscrizione del contratto di
finanziamento era avvenuta “dopo un colloquio individuale di 5 minuti, senza che
ne fosse data lettura”; - che sussiste un collegamento negoziale tra il contratto di
fornitura ed il contratto di finanziamento erogato dalla resistente, in vista della
funzione unitaria dei due contratti (evidenzia, al riguardo, che entrambi i contratti –
fornitura e finanziamento – sono stati sottoscritti in pari data, il 19.11.2009; - che il
modulo per la richiesta del finanziamento presenta la firma ed il timbro del
fornitore; - che il contratto di fornitura prevedeva come “condizione imprescindibile
la sottoscrizione del contratto di finanziamento” (con la resistente); - che il
contratto di fornitura risulta essere un contratto misto di compravendita e servizi
(come si evince dall’allegato 1 al ricorso); - che pertanto l’intermediario resistente
avrebbe dovuto verificare la consegna ed il funzionamento del bene prima
dell’erogazione del credito; - che quindi sussiste una grave negligenza
dell’intermediario;
-
che
la
clausola
di
esonero
di
responsabilità
per
inadempimento del fornitore è vessatoria e nulla o inefficace.
In conclusione, domanda:
-
che sia accertata e dichiarata la risoluzione del contratto e sia disposta la
restituzione di n. 30 rate versate all’intermediario, per un ammontare di €
10.177,50;
-
che sia dichiarato che il ricorrente nulla deve con riferimento alle date a
scadere a partire dalla presentazione del ricorso;
-
che l’intermediario cancelli i dati personali del ricorrente “dai suoi archivi”;
-
che l’intermediario sia condannato alla rifusione delle spese legali.
Nelle sue controdeduzioni, l’intermediario fa presente che il ricorrente ha
presentato autonoma e consapevole domanda di adesione a una promozione
sponsorizzata da enti pubblici locali che prevedevano un numero massimo di
1.000 adesioni.
La domanda del ricorrente è stata preliminarmente vagliata da un’Agenzia
provinciale appositamente delegata e, una volta ammessa, sono trascorsi circa 9
mesi per la stipula del contratto, per cui non può ritenersi che tale stipula, come
afferma il ricorrente, sia avvenuta in modo affrettato e poco informato.
Il finanziamento concesso al ricorrente non può considerarsi operato in via
esclusiva, stante la possibilità di pagare in contanti e la presenza di altri tre
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intermediari di fatto risultanti come finanziatori (all. 4 e 5 alle controdeduzioni).
Contesta, inoltre, le asserzioni del ricorrente secondo cui il prezzo del bene
acquistato sarebbe limitato a € 10.000,00, per cui l’ammontare del finanziamento
(€ 22.781,00) sarebbe riferibile anche a prestazioni accessorie.
Tali affermazioni sono, secondo la resistente, “documentalmente confutabili”, in
quanto “il bene finanziato (“impianto fotovoltaico 3 Kw”) è indicato non solo nella
descrizione contenuta nel contratto di finanziamento, ma anche nel modulo
d’ordine riportato sub 4”, dove è indicato sia il bene finanziato (impianto
fotovoltaico statico su struttura in legno da 3 kw) sia il corrispondente prezzo di
vendita. Il prezzo del bene era pari a € 21.800,00 e il finanziamento veniva
concesso per € 22.781,00, in quanto comprensivo della polizza assicurativa
facoltativa di € 981,00, da rimborsare in 82 rate mensili da € 337,00 l’una (oltre
alle spese) a decorrere dal 1° maggio 2010.
Contesta dunque che il finanziamento sia riferibile a un “contratto misto”.
Produce altresì copia della fattura emessa dal fornitore a favore del ricorrente
(doc. 6), in cui il bene è individuato esattamente e il prezzo di vendita è di €
19.818,18 che, sommato all’IVA, porta a complessivi € 21.800,00, cioè
“esattamente al prezzo finanziato dall’odierno resistente!”.
Le prestazioni accessorie, come risulterebbe documentalmente provato, non sono
state quindi oggetto del finanziamento, ma pagate attraverso la cessione del
“Conto Energia” (v. art. 4 della scrittura privata fra cliente e fornitore, nonché pagg.
13 e 14 dell’opuscolo illustrativo predisposto dal fornitore).
Osserva, inoltre: - che il ricorrente non ha contestato la mancata consegna del
bene fino alla missiva del 31.03.2011 (a distanza di 16 mesi dalla stipula del
contratto di finanziamento, il bene ancora non risultava consegnato); - che una
tempestiva contestazione al riguardo avrebbe consentito all’intermediario di
intervenire tempestivamente; - che la lettera del 4/05/2011 non può essere
considerata come messa in mora del fornitore ai sensi dell’articolo 125-quinquies
del t.u.b., in quanto in tale data il bene risulta consegnato; - che il ricorrente
eccepisce il cattivo funzionamento dell’impianto nella lettera del 4.09.2012, che
risulta successiva di 16 mesi alla prima lettera inviata alla resistente per cui tale
vizio del bene non può essere imputato alla resistente.
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Sotto altro profilo, fa presente che non può essere oggetto del presente ricorso
la valutazione delle condizioni del bene finanziato e cita, al riguardo, una
precedente pronuncia del Collegio (la n. 2412/12).
Tutto ciò premesso, l’intermediario chiede il rigetto del ricorso perché infondato.
Si sono susseguite ulteriori deduzioni scritte delle parti in replica alle rispettive
considerazioni.
In particolare il ricorrente segnala l’ordinanza di un Tribunale con la quale è
stato accolto il ricorso ex art. 700 c.p.c presentato da alcuni consumatori contro lo
stesso intermediario qui convenuto per i medesimi fatti in oggetto, disponendosi in
particolare la sospensione dell’obbligo di pagamento delle rate mensili dei contratti
di finanziamento stipulati con la resistente. Sostiene, altresì, che la consegna e
installazione dei gazebo fotovoltaici (in data 14/04/2011), costituirebbe al più un
adempimento parziale, dato che il bene fornito risulta inidoneo all’uso. Segnala la
violazione da parte dell’intermediario di “precisi obblighi di condotta attiva”, sia
nella fase precedente che in quella successiva alla sottoscrizione del contratto,
sottolineando
che
sarebbe
stato
vittima
di
una
cattiva
informazione
precontrattuale, che lo avrebbe indotto a sottoscrivere un contratto recante “una
grave asimmetria economica e informativa”.
L’intermediario risponde in data 21/02/2013 sostenendo che la citata ordinanza
del G.O. si è limitata a valutare i presupposti dell’urgenza, senza entrare nel
merito né, in particolare, valutando il tema della risoluzione del contratto di
finanziamento. Fa presente che sussisterebbero contraddizioni nella narrativa del
ricorrente circa il funzionamento o meno dell’impianto consegnatogli. Precisa che
le eccezioni mosse al ricorrente non riguardano il collegamento negoziale, ma
l’asserita estensione del finanziamento a prestazioni accessorie, con particolare
riguardo alle attività di manutenzione. Contesta l’affermazione del ricorrente
secondo cui egli avrebbe in essere solo il finanziamento con la resistente,
risultando invece altri due finanziamenti (come da visura Crif, all. 9 controrepliche).
Diritto
In via preliminare, il Collegio affronta l’esame dell’eccezione di incompetenza
per
materia
dell’Arbitro
Bancario
Finanziario,
sollevata
dall’intermediario
resistente, che invoca al riguardo il paragrafo 4, Sezione I, delle “Disposizioni sui
sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e
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servizi bancari e finanziari”, ove è previsto
che “sono parimenti escluse le
questioni relative a beni materiali o a servizi diversi da quelli bancari e finanziari
oggetto del contratto tra il cliente e l’intermediario ovvero di contratti ad esso
collegati (ad esempio, quelle
riguardanti eventuali vizi del bene concesso in
leasing o fornito mediante operazioni di credito al consumo; quelle relative alle
forniture connesse a
crediti commerciali ceduti nell’ambito di operazioni di
factoring)”.
L’eccezione è infondata.
Come già affermato in precedenti decisioni (cfr. decc. n. 880 del 23/3/2012 e n.
1540 del 15/5/2012), infatti, nella fattispecie in esame l’inadempimento del
fornitore costituisce oggetto di un accertamento soltanto incidentale da parte del
Collegio, essendo la domanda volta ad ottenere la risoluzione del contratto di
finanziamento ed il conseguente diritto alla restituzione dei ratei di rimborso già
corrisposti e, quindi, l’accertamento di un diritto, nei confronti dell’intermediario
finanziario, scaturente da un rapporto di prestazione di servizi finanziari, sia pure
collegato a un contratto di fornitura di beni o servizi.
Passando all’esame del merito, si osserva che la vertenza è inquadrabile in
un’ampia e diffusa casistica, nota al Collegio per precedenti analoghe
controversie, riguardante crediti finalizzati all’acquisto di impianti fotovoltaici, nel
cui ambito si è determinato l’inadempimento dei fornitori con conseguenti
pregiudizi economici a danno della clientela.
Nella questione in esame, la formula contrattuale offerta e largamente
pubblicizzata prometteva un rimborso da parte del fornitore dei costi del
finanziamento collegato al contratto, per cui l’operazione sarebbe stata a “costo
zero”.
Il contratto di finanziamento è stato stipulato dalle parti contestualmente al
contratto di fornitura, con utilizzo dei moduli predisposti dall’intermediario
convenuto e messi a disposizione del fornitore.
Ciò posto, si rileva che l’eccezione mossa dall’intermediario secondo cui
l’inadempimento del fornitore non dispiegherebbe effetti sulla validità ed efficacia
del contratto di finanziamento non appare fondata.
In particolare, non convince l’assunto della resistente secondo cui l’oggetto del
finanziamento
risulterebbe
“documentalmente”
finalizzato
esclusivamente
all’acquisto del bene materiale (cioè dell’impianto fotovoltaico). In realtà, è
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innegabile il collegamento negoziale del finanziamento con la “scrittura privata”
stipulata in pari data tra il fornitore e il ricorrente, nella cui premessa si legge che
“il cliente ha sottoscritto con la società finanziaria convenuta (n.d.r.), proposta dal
fornitore (n.d.r.), il contratto di finanziamento con formula FTT”.
Ne consegue, in base a un’interpretazione secondo buona fede della volontà
negoziale espressa dalle parti, che il contratto di concessione del credito si
riferisce all’intero complesso delle obbligazioni assunte dal fornitore e, in
particolare, a quelle descritte nella c.d. scrittura privata.
Anche sotto un profilo di semplice ragionevolezza, infatti, non può fondatamente
ritenersi che le parti abbiano assunto due distinte obbligazioni, l’una riguardante la
consegna e l’installazione dell’impianto, l’altra relativa alle attività che il fornitore si
è impegnato a svolgere per renderlo funzionante.
È evidente e comunque coerente con quanto emerge dal contenuto degli accordi
presi, che il ricorrente, come gli altri clienti interessati, ha inteso acquisire un
impianto produttivo di energia elettrica a basso costo e con particolari
caratteristiche ecologiche, al fine di ricavare vantaggi economici dalla produzione
stessa.
È dunque altrettanto indiscutibile che l’impianto, senza la necessaria connessione
con la gestione attiva e costante del processo produttivo, affidata contrattualmente
al fornitore, sarebbe stato perfettamente inutile, in quanto privato dello scopo
essenziale del contratto.
In questo senso, significative appaiono, ad esempio, le clausole del contratto di
fornitura riportate al paragrafo 1.2, lettere g) e h) in forza delle quali il “cliente” si
impegna a “permettere al personale [del fornitore, n.d.r.] o da questo incaricato,
per tutta la durata della presente scrittura privata, di accedere al terreno e
all’impianto al fine di provvedere alla gestione dell’impianto produttivo e alla
manutenzione ordinaria e straordinaria dello stesso”; si impegna, altresì, a “fare in
modo che nessun altro personale che non sia [del fornitore, n.d.r.] o di società
terze dal [ forniture, n.d.r.] previamente comunicate al cliente, acceda all’impianto
e alle struttura ad essa collegate e presenti sul terreno”.
Ulteriormente significativa è la mancanza dell’indicazione di un separato prezzo (o
costo) della c.d. “attività accessoria” oggetto dell’obbligazione del fornitore, rispetto
alla fornitura del bene materiale, per cui anche sotto questo profilo trova conferma
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l’inscindibilità del complesso di obbligazioni assunte dalle parti, cui il finanziamento
deve intendersi finalizzato.
Fatte queste premesse, si rileva come l’inadempimento del fornitore, pur in
mancanza di una chiara costituzione in mora ritualmente notificata al fornitore, si
può considerare circostanza assodata, sulla base di una serie di risultanze agli
atti: la raccomandata A/R datata 4/5/2011 spedita dal ricorrente, tramite avvocato,
benché restituita al mittente per compiuta giacenza, nella quale si chiede al
fornitore il risarcimento nel presupposto dell’inadempimento e della conseguente
invocata risoluzione del rapporto; la comunicazione dell’APEF, Agenzia provinciale
energia Frosinone, che denunciava l’inadempimento della società fornitrice come
fatto notorio; la dichiarazione di fallimento della società stessa, riferita dal
ricorrente e non contestata dalla resistente.
L’inadempimento non può inoltre considerarsi di “scarsa importanza”, per gli
effetti di cui all’art.1455 c.c., essendo venute meno le attività tecniche cui il
fornitore si era impegnato nei confronti del ricorrente per la gestione del
funzionamento dell’impianto, che devono considerarsi essenziali nell’economia del
contratto.
Si ritiene opportuno esaminare un altro aspetto interpretativo, benché non
espressamente sollevato dalla resistente, riguardante la collocazione temporale
dei contratti in esame, che risultano stipulati nel novembre del 2009, cioè alcuni
mesi prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 141/2010 che, in recepimento della
Direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, ha introdotto nel
D,Lgs, n. 385/1993 (T.U.B.) il disposto dell’art.125-quinquies, che disciplina
l’inadempimento del fornitore.
Secondo il costante orientamento dell’ABF (cfr. dec. n. 880/2012 e le altre ivi
citate), infatti, deve ritenersi che, quand’anche la citata disciplina non sia
direttamente
applicabile ratione temporis, tuttavia i principi in essa enunciati
devono comunque orientare la decisione della controversia, dovendosi ritenere
che anche questo Arbitro, come il giudice, sia vincolato ad interpretare le vigenti
disposizioni del diritto interno in modo conforme ai principi del diritto comunitario e
quindi, nella specie, della Dir. 2008/48/CE (cfr., oltre alla già cit. dec. n. 880/2012,
le decisioni di questo Collegio n. 1962/2011 e n. 1042/2010. Inoltre, vedasi Cass.,
S.U., 17 novembre 2008, n. 27310).
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Quanto alle clausole del contratto di finanziamento, richiamate nelle
controdeduzioni dell’intermediario resistente, per affermare la sua estraneità alle
problematiche insorte con il fornitore, si osserva che le stesse, in quanto limitative
della facoltà di opporre eccezioni, devono qualificarsi come vessatorie e dunque
inopponibili al ricorrente che assume la veste di consumatore, ai sensi degli articoli
artt. 33, comma 2, lettera b), e 36 del d. lgs. n. 206/2005 (c.d. Codice del
consumo).
In conclusione, il Collegio, alla luce delle considerazioni sopra illustrate, in
parziale accoglimento del ricorso, dichiara la risoluzione del contratto di
finanziamento per effetto dell’inadempimento del fornitore nel collegato contratto di
fornitura, con conseguente obbligo a carico dell’intermediario di restituire al
ricorrente le rate da questo finora corrisposte, pari a € 10.177,50, detratte tuttavia
le rate già rimborsate dal fornitore, ammontanti a complessivi € 3.053,25. Liquida,
altresì, a favore del ricorrente le spese di assistenza legale, quantificate
equitativamente in € 500,00.
P.Q.M.
Il Collegio accoglie parzialmente il ricorso nei sensi di cui in motivazione.
Dispone inoltre che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la
somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della
procedura e al ricorrente di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della
somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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