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I mutui subprime e le attività predatorie
del capitale finanziario negli Stati Uniti
di Giordano Sivini
in Foedus, n.20, 2008, pp. 61-73
Negli Stati Uniti ci sono milioni di famiglie non in grado di pagare le rate di mutui garantiti da
ipoteche immobiliari, che vengono espropriate della casa. I mutui sono stati trasformati in titoli
finanziari mediante la cartolarizzazione. Con questa trasformazione, i costi sostenuti dai mutuatari
alimentano flussi di cassa, che remunerano i detentori dei titoli e gli intermediari finanziari che li
hanno creati e che li gestiscono. Quando una parte consistente di mutuatari si è trovata nella
condizione di non rimborsare i prestiti, i flussi di cassa si sono inariditi ed i titoli hanno perso
valore. Per la posizione che avevano sul mercato finanziario, il crollo dei titoli, controllati dalle
grandi banche di Wall Street, ha provocato effetti domino. Il mondo della finanza è stato investito
da una generale crisi di fiducia che ha inceppato i rapporti e provocato perdite.
L’ampia pubblicistica che si è occupata e si occupa delle insolvenze dei mutuatari e delle
espropriazioni delle case, mette in evidenza che i sottoscrittori dei mutui sono stati vittime di
mediatori e di agenzie che ricorrevano a pratiche comunemente definite predatorie. Molti clienti,
ingannati da offerte apparentemente convenienti, si sono trovati nelle condizioni di non poter
rimborsare i debiti. A queste pratiche vengono fatti risalire sia i costi elevati dei mutui subprime, sia
l’elevato livello di insolvenze. Una parte della pubblicistica riconosce che le pratiche predatorie si
sono generalizzate per la facilità con cui i mutui subprime sono stati acquistati da chi aveva
interesse a trasformarli in titoli.
In questo articolo affronto un problema che la pubblicistica ha trascurato: la trasformazione
dei mutui in titoli ha contribuito ad aumentare i costi sostenuti dai mutuatari. Tassi di interesse
maggiori e penalità elevate si sono tradotti in flussi di cassa più alti per i detentori dei titoli, resi più
appetibili rispetto ad altri titoli trattati sul mercato finanziario. Essi hanno inoltre remunerato gli
intermediari finanziari intervenuti nel processo di cartolarizzazione, e coperto i rischi di insolvenza,
ai livelli che le banche e le agenzie di rating ritenevano adeguati.
Nell’analizzare questo aspetto della crisi dei subprime, nei primi paragrafi di questo lavoro mi
soffermo sul sistema di ‘apartheid’ finanziaria, che confina i consumatori americani con una incerta
credit history alla categoria di mercato dei prestiti subprime; accenno alla situazione di milioni di
famiglie costrette a subire l’espropriazione delle case; descrivo le pratiche predatorie che le hanno
indotte a sottoscrivere i mutui. Nei paragrafi successivi esamino la cartolarizzazione e alcuni altri

Professore ordinario di Sociologia politica, Facoltà di Economia, Università della Calabria ([email protected])
1
strumenti finanziari messi in atto dalle grandi banche di Wall Street per realizzare utili basati sui
flussi di cassa dei mutui; infine metto in evidenza come siano stati imposti ai mutuatari costi alti e
crescenti al fine di rendere i titoli più attrattivi per investitori e speculatori.
Nelle conclusioni faccio riferimento all’interpretazione di alcuni economisti che, sulla scorta
del pensiero di Minsky, guardano alla crisi del circuito finanziario dei subprime come ad un Ponzi
scheme, risultato di un eccesso speculativo che porta a svalorizzare il capitale. Rilevo che questa,
come altre interpretazioni tutte interne alla logica della finanza, trascurano il problema del rapporto
tra capitale finanziario ed economia reale. Avanzo la tesi che quello dei mutui subprime è da
considerare un caso paradigmatico del modo in cui, secondo la tesi di Harvey e Arrighi, il capitale
finanziario realizza l’accumulazione attraverso la spoliazione di risorse sociali.
L’apartheid finanziario
"Nel nostro paese abbiamo una financial apartheid": dice William Brennan, un avvocato
specializzato in abusi sui mutui, riferendosi ai mutuatari subprime, "è gente di basso reddito, spesso
minoranze etniche oberate da iniqui tassi di interesse"1. Al mercato dei subprime è costretto chi ha
una bad credit history, una storia che viene espressa sinteticamente da un FICO credit score. Il
punteggio deriva dalla valutazione di dati che compaiono nella scheda personale di ogni
consumatore americano e sono riferiti soprattutto alla loro situazione debitoria.
Tre grandi organizzazioni - Transunion, Experian, ed Equifax - raccolgono da molteplici fonti
(depositi bancari, istituti che gestiscono carte di credito, assicurazioni, enti che erogano servizi) le
informazioni sui redditi, sui debiti, sui pagamenti; stilano con frequenza mensile rapporti
individuali; e, mediante modelli matematici messi a punto da una società specializzata, assegnano
ad ogni consumatore il punteggio, appunto un FICO score. Per la sua determinazione, le
informazioni vengono pesate. Su un valore massimo di 900 scores la puntualità nei pagamenti pesa
fino a 35 per cento, il rispetto dei limiti di credito fino a 30 per cento, l’ampiezza temporale della
storia dei crediti fino a 15 per cento, la quantità di canali di credito e i tipi di credito ciascuno fino a
10 per cento. Il FICO score definisce il rischio di credito di ciascun consumatore, ed in base ad esso
vengono definite le condizioni a lui applicate per qualsiasi finanziamento, dall'acquisto di
un'automobile, al prestito personale, al mutuo sulla casa. Ciascuno ha diritto di conoscere il proprio
indice rivolgendosi alle organizzazioni che lo produce; in realtà pochi lo sanno.
Se il punteggio varia tra 900 e 700, al consumatore che ha bisogno di un credito vengono
applicate condizioni “prime” o “A”; nel caso del mutuo immobiliare, un buon tasso fisso, sempre
1
T.L. O'Brien, “Lowering the Credit Fence; Big Players Are Jumping Into Risky Loan Business”, NYT, December 13,
1997.
2
che disponga di una adeguata copertura ipotecaria e di un appropriato rapporto tra reddito e rata di
mutuo. Le condizioni si fanno via via più gravose quando il punteggio si abbassa; con meno di 640620 sta nel settore delle condizioni “subprime” o “B”. Se ha avuto difficoltà a rispettare le scadenze
nei rimborsi, o
ha dovuto ricorrere a una pluralità di prestiti per farvi fronte, ne paga le
conseguenze, indipendentemente dalle cause all’origine di questi comportamenti, il più delle volte
eventi inattesi.
Il consumatore che non ha un conto in banca finisce, in quanto privo di una credit history, in
una sottospecie dei subprime, l’Alternative-A, correntemente Alt-A.
I mutui per l'acquisto e la ristrutturazione della casa sono deducibili dalle tasse, ma quelli
immobiliari subprime sono serviti a questo scopo solo in piccola parte. "Molte famiglie di medio e
basso reddito hanno pensato che indebitarsi con le proprie case è una maniera sensata per riempire i
buchi dei bilanci familiari, e, in maniera senza precedenti, sono ricorse ad ipotecarle per avere soldi
o rifinanziare debiti"2. La spinta ai consumi attraverso l’indebitamento è una costante dell’economia
statunitense, e l’indebitamento coperto dal mutuo sulla casa è abbastanza diffuso3. C’è stata
addirittura una campagna pubblicitaria, via tv e mail spam, per sollecitare ad accendere mutui
ipotecari per far fronte a consumi, investimenti e debiti fatti con carte di credito, nonostante fosse
possibile notare che "con un debito derivante dall’utilizzazione della credit card si può arrivare al
fallimento, mentre con il mutuo immobiliare si può perdere la casa, proprio come spesso succede"4.
"Il sogno americano pignorato"5
Nel 2007 sono state registrate 2,2 milioni di azioni legali contro proprietari di case che non
avevano fatto fronte ai debiti contratti con mutui immobiliari. Nel 2006 le azioni erano state 1,3
milioni, nell’anno precedente 0,9; nel 2004 0,7; nel 1993 solo 0,4. Questi dati non si riferiscono ad
azioni direttamente finalizzate all’espropriazione di case, bensì a notifiche di insolvenze,
pignoramenti, aste e cessioni ai creditori; più azioni, dunque, che possono riguardare uno stesso
mutuo. I mutuatari colpiti sono stati 1,3 milioni nel 2007, con un aumento del 75 per cento rispetto
all’anno precedente; negli ultimi due anni, dunque, più di 2,2 milioni; altri due milioni - secondo
2
E. Schloemer, W. Li, K. Ernst, K. Keest, Losing Ground: Foreclosures in the Subprime Market and Their Cost to
Homeowners, Center for Responsible Lending, December 2006
3
P. Jorion, “Misère de l’Etat-Providence aux Etats-Unis: l’exemple de la politique américaine du logement“, L’Homme
et la société, 163-164, 2007
4
M. Moss, “Erase Debt Now. (Lose Your House Later.)”, New York Time (NYT), October 10, 2004.
5
F. Fessenden, “The American Dream Foreclosed”, NYT, 14 ottobre 2007.
3
recenti stime - si troveranno in stato di insolvenza nel 2008 e 2009, sui tre milioni e mezzo che si
stanno dibattendo in debiti superiori al valore della casa6.
Questi dati si riferiscono a tutti i mutui immobiliari, ma un peso determinante nella diffusione
delle procedure legate all’insolvenza l’hanno i mutui subprime, accordati a persone in condizioni
economiche precarie, che spesso già stavano subendo le conseguenze di crisi localizzate. Tra le aree
metropolitane è in testa, per numero di azioni legali, Detroit. Dal 2001 al 2006 aveva perso oltre
130 mila posti di lavoro, e nel 2007 cinque famiglie su cento sono state coinvolte nei pignoramenti,
altre tre nel 20067.
Una analisi, peraltro riferita agli anni precedenti alla crisi, dal 1999 al 2005, mette in evidenza
che, tra le cause di insolvenza, la principale (41,5 per cento) è riconducibile alla contrazione del
reddito familiare dovuta alla perdita di un posto di lavoro; pesano poi (38,4 per cento) altri eventi
inattesi: dalla rottura delle relazioni familiari, alle malattie, ai decessi8. Le conseguenze
dell’espropriazione della casa sono drammatiche. “La perdita non riguarda solo il posto in cui si
vive e, con esso, di una parte significativa della propria ricchezza; riduce anche le capacità di
contrarre nuovi prestiti e impedisce l’acquisto e persino l’affitto di una nuova abitazione”9.
La crisi si manifesta in forme più acute nelle aree in cui le minoranze nere ed ispaniche hanno
maggior peso, e in genere nei quartieri popolari, ma si sta estendendo anche al ceto medio. Quando
le famiglie espropriate sono costrette ad abbandonare le case, queste, sempre più spesso invendute,
rimangono abbandonate, e tutto il quartiere si deteriora.
A Cleveland dove sono state cacciate 14 mila famiglie, molti edifici non più occupati sono
stati demoliti per prevenire il diffondersi di atti vandalici e di incendi dolosi10. I costi gravano su chi
resta; e se le tasse sulla proprietà immobiliare non aumentano in proporzione alle spese di
intervento, diminuiscono i servizi pubblici, cresce l’insicurezza, cala il valore degli immobili; chi se
ne vorrebbe andare non riesce a venderli. I servizi commerciali si contraggono, e si moltiplicano
altri tipi di insolvenze, in particolare relative all’uso delle carte di credito.
I sindaci di Cleveland e di Baltimora sono stati i primi a reagire, chiamando in causa, sul
piano giudiziario, chi ritenevano all’origine della situazione. Cleveland ha denunciato ventuno
grandi finanziarie per le responsabilità che avrebbero avuto nella concessione di prestiti ipotecari a
condizioni esose; Baltimora si è limitata ad agire contro un istituto locale accusato di pratiche
predatorie. Iniziative di questo tipo si stanno diffondendo, e crescono anche le class actions (116
6
Voluntary Loan Modification, Center for Responsible Lending, January 30, 2008.
RealtyTrac Year-End 2007, Metropolitan Foreclosure Market Report, February 13, 2008.
8
Statement of J.M.Robbins, Chairman of the Mortgage Bankers Association, before the Subcommittee on Financial
Institutions and Consumer Credit, US House of Representative, on “Subprime Predatory Lending”, March 27, 2007.
9
Sheltering Neighborhoods from the Subprime Foreclosure Storm, Joint Economic Committee Special Report, 2007.
10
C. Maag, “Cleveland Sues 21 Lenders Over Subprime Mortgages”, NYT,, January 12, 2008.
7
4
nel 2006 e 166 nel 2007) di mutuatari contro società che hanno operato nel mercato primario, anche
se, a seguito della crisi, molte sono già fallite.
L’alto tasso di espropriazioni non è il prezzo pagato per consentire a strati sociali meno
abbienti di accedere alla proprietà della casa, come voleva la retorica della ownership society di
Bush. Il numero di case espropriate è infatti più alto di quelle acquistate. Il calcolo, non contestato,
è stato fatto alla fine del 2006 dal Center for Subprime Lending, una organizzazione nata per la
tutela dei mutuatari; e da allora la situazione è peggiorata. Tra il 1998 e il 2006 circa 1,4 milioni di
mutuatari subprime avevano acquistato per la prima volta una casa, ma nello stesso periodo altre 2,4
milioni l’avevano persa od erano in procinto di perderla11.
Le pratiche predatorie
“I mutui subprime si sono propagati come una corsa all'oro, dove l’oro era la ricchezza
investita nella proprietà della casa. Una corsa determinata dal collasso delle regole di sottoscrizione
dei mutui. Per essere chiari, queste regole sono state travolte dalla caccia al profitto ad ogni
costo"12. Negli anni '90 il valore complessivo dei mutui negli Stati Uniti si aggirava sui mille
miliardi di dollari; si è moltiplicato per quattro tra il 2001 e il 2003; poi si è assestato attorno a 3
mila miliardi. I mutui subprime sono progressivamente cresciuti. Erano, in valore sul totale dei
mutui immobiliari, il 5 per cento nel 1994, 9 nel 1996, 13 nel 1999; hanno superato il 20 per cento
nel 2006; in quantità intorno al milione all’anno fino al 2002, un milione e mezzo nel 2003, due
milioni e duecento mila nel 2004, tre milioni e 300 mila nei due anni successivi. Quelli finalizzati al
primo acquisto di una casa sono cresciuti percentualmente dall’8 all’11 del totale dei subprime negli
ultimi cinque anni; gli altri sono serviti per rifinanziare debiti preesistenti, ristrutturare, sostenere
consumi e costi imprevisti. Il rifinanziamento di mutui già coperti da ipoteca era stato possibile tra
il 2001 e il 2005, quando, per il valore delle case sempre crescente, l’accresciuto valore
dell’immobile garantiva il prestito. Quando nel 2006 la tendenza del mercato immobiliare si è
invertita, il rifinanziamento ha cessato di essere una opzione.
Con l’aumento dei tassi di interesse deciso dalla Federal Reserve nel 2004 la sottoscrizione di
mutui a tasso fisso è rallentata. Mediatori e agenzie di credito sono stati allora spinti ad impegnarsi
sempre più sul ‘mercato emergente’ dei subprime, adattando la propria offerta alle condizioni di
11
Testimony of M.D. Calhoun, Center for Responsible Lending, before the US House Committee on Financial
Services, on “Subprime Predatory Lending”, March 27,2007:
12
I. Ackelsberg, Esquire, Written Statement before the U.S. Senate Committee on Banking, Housing and Urban Affairs,
March 21, 2007
5
gente economicamente in difficoltà, e rendendole così semplici ed appetibili da attrarre anche
persone che avrebbero potuto aspirare a mutui a tasso fisso13.
Sono stati aggirati i vincoli posti a garanzia della capacità di rimborso dei mutuatari. Nelle
richieste di mutuo non c’è stato più bisogno di documentare il reddito. Questi 'stated income' loans,
definiti anche 'liars loans', riguardavano nel 2006 più del 50 per cento dei mutui subprime. C’erano
persino i 'nina' loans, una abbreviazione per 'no income, no assets', che prescindevano anche
dall’indicazione del valore dell’immobile. Oltre diecimila periti che avrebbero dovuto attestarlo
hanno sottoscritto una petizione diretta alle autorità federali di controllo per denunciare di essere
stati sottoposti a minacce quando rifiutavano di gonfiare i valori degli immobili ai livelli richiesti
dalle agenzie di credito.
Rimossi questi vincoli, coloro che aspiravano al mutuo venivano convinti con proposte di
pagamenti facilitati, e promesse di futuri rifinanziamenti a condizioni migliori. Il sistema più
diffuso - il 91 per cento dei casi nel 2006 - è stato quello dei mutui a tasso variabile (ARMs,
Adjustable Rate Mortgages), tre quarti dei quali hybrids in quanto le prime due (2/28 ARMs) o tre
annualità (3/27 ARMs) erano a tasso fisso; nelle annualità successive scattava il tasso di interesse
variabile. I Pay Option ARM loans prevedevano rate inferiori al rimborso degli interessi, e
producevano un progressivo aumento del debito. Con i mutui balloon si pagavano solo gli interessi,
mentre alla chiusura doveva essere rimborsato l’intero debito principale - il balloon, appunto - per il
quale il mutuatario avrebbe dovuto accendere un nuovo mutuo o farsi espropriare l’abitazione.
Spesso veniva contrattualmente limitato il ricorso dei mutuatari all’autorità giudiziaria; erano
imposte condizioni onerose per i ritardi nei pagamenti, e forti penalità per l’estinzione anticipata del
mutuo, rendendo quindi più costoso il rifinanziamento prima della scadenza; le tasse e i costi di
assicurazione non venivano inclusi nei contratti e fatti pagare a parte dopo la sottoscrizione del
mutuo.
I mediatori erano stati estremamente attivi nell’approfittare dell’ampio ventaglio di soluzioni
che potevano offrire. “Passavano di casa in casa. Bussavano. Lasciavano lettere nelle cassette
postali, chiamavano al telefono… Erano dappertutto"14. In parte erano operatori indipendenti, in
parte rappresentanti di agenzie di credito, banche e assicurazioni locali, aumentate da 30 a 53 mila
tra il 2000 e il 2004. Questa rete diffusa faceva capo ad un numero ristretto di società che operavano
all’ingrosso, dando indicazioni sulle condizioni generali minime di sottoscrizione. Quasi i quattro
quinti dei mutui subprime passavano da questi grossisti. Nessuno era soggetto a controlli pubblici.
13
Sul fenomeno dei mutui subprime sottoscritti da persone con buone credit histories cfr. R. Brooks, R. Simon, “As
Housing Boomed, Industry Pushed Loans to a Broader Market”, Wall Street Journal, December 5, 2007.
14
N. D. Schwartz,”Can the Mortgage Crisis Swallow a Town?”, NYT, September 2, 2007.
6
Lou Barnes, proprietario di una piccola banca locale del Colorado, che si occupava di mutui
fin dagli anni ’70, ricorda che dalla metà degli anni ’90 per chiudere un contratto non si chiedeva
più la documentazione, ma si stava attenti a non dare crediti superiori al 70 per cento del valore
dell’immobile. Poi i grossisti hanno fatto pressione per moltiplicare i mutui. “Un giorno è arrivata
una mail che diceva: compriamo mutui senza documentazione al 95 per cento del rapporto tra
prestito e valore dell’immobile, una cosa che non avevo mai visto. Non passò molto tempo e la mail
disse cento per cento”15.
I mediatori che facevano sottoscrivere mutui più onerosi del necessario venivano premiati.
“Gli interessi dei finanziatori e degli agenti erano allineati, nel senso che entrambi potevano
beneficiare finanziariamente del collocamento di prestiti fatti a condizioni più elevate di quelle
suggerite nei prontuari”16. In media su un subprime il mediatore riceveva una commissione pari al
1,88 per cento del valore del mutuo, contro l’1,48 di quella per un mutuo normale. Una delle
imprese più attive, la Century Financial Corporation, garantiva ai mediatori un premio pari al 2 per
cento del valore del mutuo se gli interessi applicati ai mutuatari erano dell'1,25 per cento più alti
della norma17. Nella prospettiva della cartolarizzazione, mutui a costi elevati rendevano di più
quando venivano venduti sul mercato secondario.
“Preserving the American Dream” è il titolo della sessione della commissione del Senato in
cui sono state raccolte alcune testimonianze di gente travolta da pratiche predatorie. Tra queste,
Delores King18. "Abito nel South Side di Chicago, in una casa che possiedo da 36 anni. Ero
impiegata amministrativa; ho lavorato per 23 anni nella Chicago School of Optometry.
Sfortunatamente nel 2004 sono stata vittima di una truffa, che mi è costata tre mila dollari. Per farvi
fronte ho deciso di rifinanziare il mio mutuo (...). Nel febbraio 2005 ho ricevuto un messaggio
telefonico da un certo Chad, un mediatore che lavorava per conto della Advantage Mortgage
Consulting. Mi disse che me ne avrebbe procurato rapidamente uno; un buon mutuo adatto alla mia
situazione. (...) Mi ha portato a casa il contratto e mi ha fatto firmare pagine e pagine di documenti.
Mi ha fatto fretta, senza spiegarmi niente. Non mi ha detto che era un mutuo strano, in ogni caso
non usuale. Non mi ha neppure lasciato le copie che avevo firmato; più tardi ho dovuto richiederle
alla società per cui lavorava. Quando avevo accettato il mutuo, Chad mi aveva detto che era a tasso
variabile, che l'interesse iniziale era solo dell’1,45 per cento; che la rata regolare sarebbe stata
intorno al 6 per cento, e il pagamento mensile intorno a 800 dollari (...). Credevo che l'ammontare
15
D. Schechter, “Subprime or Subcrime? Time to investigate and Prosecute”, www.zmag.org.
W. Apgar, A. Bendimerad, R.S. Essene, Mortgage Market Channels and Fair Lending: An Analysis of HMDA Data,
Joint Center for Housing Studies, Harvard University, April 25, 2007.
17
R. Brooks, R. Simon, cit.
18
Testimony before the U.S. Senate Committee on Banking, Housing and Urban Affairs, on “Preserving the American
Dream: Predatory Lending Practices and Home Foreclosures”, February 7, 2007.
16
7
da pagare sarebbe aumentato un poco alla volta; non avevo idea che sarebbe esploso, come è
successo, dopo soli soli due anni (...). All'inizio pagavo 832 dollari al mese, comprese le tasse e
l'assicurazione. Ora 1.488 dollari. E' più del mio intero reddito mensile. Per farvi fronte mi sono
fatta aiutare da familiari e amici, ma adesso mi è impossibile continuare. Il mese scorso ho versato
solo 1.200 dollari. Finirò sulla strada se qualche cosa non cambia, e presto”.
Jacqueline Cila di Lond Island, divorziata, con un figlio di sette anni, ha raccontato al New
York Times una storia analoga, e sulla stampa se ne sono lette tante di simili. Aveva, come al solito,
spedito due mila dollari per la rata di mutuo, ma all’indomani aveva ricevuto un avviso che
l’informava che era inadempiente: avrebbe dovuto pagare 2.798 dollari, perchè il tasso era
aumentato. Al mutuo era ricorsa per rifinanziarne quello acceso nel 1997. "Lo feci tramite l'amico
di un amico, e non portai con me un avvocato. Chiesi: ‘E' un mutuo a tasso fisso?’ Mi risposero
‘Si’. Non avevo capito che era fisso solo per due anni"19.
La casistica relativa alle condizioni contrattuali è molto ricca, riferita al comportamento dei
mediatori, che hanno guadagnato sui contratti in maniera più che proporzionale al loro valore,
approfittando - liberi da rischi - dello stato di bisogno e dell'incapacità di capire che cosa facevano
sottoscrivere. "Prima che concludessimo il contratto - ha riferito la signora Amy Womble alla
Commissione del Senato - il mediatore era stato molto gentile, ed era sembrato veramente attento ad
aiutarmi. Una volta firmato, è sparito. Per cinque mesi non ha neppure risposto alle mie telefonate, e
non mi ha mai fornito l'aiuto promesso per farmi abbassare la rata mensile che dovevo pagare"20.
La proliferazione di pratiche predatorie era stata segnalata molto prima che esplodesse la crisi.
L’aumento dei casi di insolvenza e dei pignoramenti aveva suscitato già nei primi anni del 2000 un
movimento in difesa soprattutto delle persone più deboli, anziani, donne, ispanici e afroamericani.
Alan Greenspan, governatore della Federal Reserve, era stato messo sull'avviso delle conseguenze
che stavano producendo i mutui subprime, ma si era corazzato dietro il principio del libero
mercato21. L'Office of the Controller of the Currency, competente per le attività degli istituti bancari
operanti a livello federale, aveva impedito che fossero perseguite le loro filiali locali negli Stati che
avevano adottato leggi contro le pratiche predatorie. Al procuratore generale di New York che
considerava “abominevole” questa insensibilità verso persone vulnerabili, il Controller aveva
risposto che le leggi avrebbero avuto ripercussioni negative sul mercato secondario22.
19
F. Fessenden, cit.
Testimony of Ms. Amy Womble, Consumer from Pittsboro, North Carolina, before the U.S. Senate Committee on
Banking, Housing and Urban Affairs, on “Preserving the American Dream: Predatory Lending Practices and Home
Foreclosures”, February 7, 2007.
21
P. Krugman, "A Catastrophe Forehold", NYT, October 26, 2007.
22
D. Hevesi, “Residential Real Estate; Loser US Lending Rules Are Protested”, NYT, April 2, 2004.
20
8
Nel 2001 erano state avanzate proposte per aumentare i controlli sulla concessione dei mutui,
ma si erano scontrate con il fatto che il Governo e la Federal Reserve erano determinati ad evitare
ostacoli ad 'innovazioni finanziarie' che, estendendo la proprietà della casa, contribuivano a
realizzare la ownership society predicata dal Presidente Bush. Per la diffusione dei mutui 2/28 e
3/27 ARMs si era impegnato lo stesso Alan Greenspan. In un discorso alla National Credit Union
Administration aveva sostenuto che i consumatori americani traevano benefici dall'offerta di
prodotti alternativi ai tradizionali mutui a tasso fisso. Lo aveva fatto nel febbraio 2004, poco prima
di portare i tassi di interesse, in successione, dall'1 al 5,25 per cento23.
Da un punto di vista opposto, nel marzo 2002, in un'intervista al New York Times che si stava
occupando delle pratiche predatorie, la direttrice di un'organizzazione non profit aveva chiarito:
"Sul terreno non c'è solo un mediatore o un prestatore canaglia. C'è molto di più, incorporato in
tutto l'apparato finanziario (…). Le banche di investimento e di assicurazione di Wall Street hanno
trovato la strada per trar profitto da questo segmento di mercato (...). Senza il mercato secondario,
senza la cartolarizzazione, non si avrebbe questa proliferazione di attività predatorie"24.
I maghi della finanza e lo tsunami
In cima alla piramide dei mediatori, delle agenzie di credito e dei grossisti stanno 25 grandi
istituzioni bancarie che nel 2005 avevano raccolto l’85 per cento dei 3,1 milioni di dollari di mutui.
Il resto era stato trattato da poche altre società che si occupavano a livello nazionale solo del credito
immobiliare. A questo capitale finanziario concentrato interessava che si facessero mutui,
indipendentemente dalle condizioni contrattuali. “Predisponendo i mutui per venderli rapidamente
non si prestava attenzione al fatto che venissero rimborsati. I maghi della finanza rendevano facile il
trasferimento dei rischi”25.
Con la cartolarizzazione, mutui provenienti da molte fonti venivano assemblati per dar luogo a
titoli che venivano venduti agli investitori. Ciascun titolo era giuridicamente separato dagli altri, e, a
sua volta, separato dall’insieme dei mutui di cui era costituito. Non era vincolato ad essi se non per
il flusso di cassa che da essi derivava. "Nessuno è responsabile quando lo tsunami colpisce i
mutuatari"26, era la prospettiva del capitale finanziario. Tra il 2001 e il 2006 la quantità
23
Il rilievo sul comportamento di Greenspan è fatto dal senatore C. J. Dodd, Chairman, nell’intervento introduttivo al
U.S. Senate Committee on Banking, Housing and Urban Affairs on “"Mortgage Market Turmoil: Causes and
Consequences", March 22, 2007.
24
D. Hevesi, “A Wilder Loan Pool Draws More Sharks”, NYT, March 24, 2002.
25
F. Norris, “A Bad Loan by Any Other Name”, New York Times, November 23, 2007.
26
D. Berenbaum, Executive Vice President of the National Community Reinvestment Coalition, Testimony before the
Senate Sub-Committee on Housing, Transportation and Community Development, on “Ending Mortgage Abuse:
Safeguarding Homebuyers”, June 26, 2007.
9
cartolarizzata aumentò dal 50 all'80 per cento del totale dei mutui subprime, e il valore dei titoli
subprime passò da 95 a 483 miliardi di dollari, cioè dal 43 al 71 per cento del totale dei titoli basati
su mutui.
La cartolarizzazione dei mutui immobiliari era stata inventata negli Stati Uniti nel 1977. Nel
1985 era stata estesa ai prestiti per l’acquisto di automobili, nel 1986 a quelli coperti dalle carte di
credito, poi ad altre attività. Il primo a realizzare la cartolarizzazione era stato Freddie Mac, insieme
con la Bank of America e con Salomon Brother, per liberarsi degli immobilizzi derivanti da mutui
acquistati che, in mancanza di uno sbocco, era obbligata a detenere in portafoglio. Questa era la
funzione per cui la società era stata creata nel 1970 da una costola di Fannie Mae, che, con lo stesso
obiettivo, era stata costituita nel 1939 come agenzia governativa. Entrambe dovevano acquistare
mutui immobiliari da coloro che erogavano i crediti, per liberarli dall’esposizione finanziaria,
fornendo la liquidità necessaria per espandere l’attività.
Fannie Mae e Freddie Mac, in concorrenza tra loro, sono - una dal 1968, l’altra dalla
fondazione nel 1970 - società per azioni quotate in borsa. Per la funzione pubblica di sostenere la
diffusione della proprietà immobiliare vengono tuttora considerate Government-Sponsored
Enterprises; nei loro consigli di amministrazione siedono persone nominate direttamente dal
Presidente degli Stati Uniti27. Entrambe - dovendo, per i mutui che si accollavano, ottenere la
garanzia di una agenzia federale - hanno per lungo tempo dettato le condizioni della loro
erogazione. Dovevano essere conforming mortgages per mutuatari che davano garanzie oggettive di
solvibilità, e che sottoponevano ad ipoteca immobili di valore sensibilmente inferiore al prestito
erogato, stipulando in certi casi assicurazioni accessorie.
Fannie Mae e Freddie Mac fino agli anni ’90 avevano in portafoglio quasi la metà del totale
dei mutui. Banche ed istituti finanziari che operavano in concorrenza adottavano standard
contrattuali non dissimili. Prima della cartolarizzazione gli utili derivavano, per tutti, dall’oculata
gestione dei flussi di cassa derivanti dai mutui acquistati sul mercato primario e detenuti in
portafoglio.
Dal sistema "originate and hold” - finanziare e tenere in portafoglio - si era passati per i mutui
‘conformi’, la grande maggioranza, al sistema “originate and sell”- finanziare e vendere sul
mercato secondario. Con l’avvento della cartolarizzazione si è andato generalizzando il sistema
“originate to distribute”, allungando i passaggi sul mercato secondario. Questo sistema si è diffuso
dopo il 1999 quando una legge statunitense ha consentito alle banche di deposito di competere con
27
In origine Fanni Mae e Freddie Mac erano solo nomignoli con cui la gente pronunciava gli acronimi delle due società
- rispettivamente FNMA (Federal National Mortgage Association) e FHLMC (Federal Home Loan Mortgage
Corporation) - ma erano tanto popolari che furono adottati ufficialmente.
10
altri istituti finanziari già liberi da controlli, ricorrendo anche ad operazioni fuori bilancio fatte
attraverso proprie collegate.
Nel processo di cartolarizzazione dei mutui intervengono in sequenza diversi operatori, nel
mercato primario e in quello secondario, ciascuno dei quali trae utili dalla funzione che svolge. La
sequenza inizia sul mercato primario con il mediatore, il broker, che materialmente interagisce con
il mutuatario nella definizione del prestito coperto da garanzie ipotecarie. Il più delle volte lavora
per una banca o una agenzia finanziaria locale. Questa, definita originator, eroga il denaro al
mutuatario, e registra il proprio diritto - garantito da ipoteca - a riaverlo con gli interessi, secondo le
condizioni contrattuali. Cede poi il mutuo all’eventuale grossista, e questo ad un aggregator che
opera sul mercato secondario e che lo assembla insieme a tanti altri di diversa provenienza.
L’aggregator è una società o un consorzio, il più delle volte legato ad una delle grandi istituzioni
finanziarie di Wall Street, costituito per gestire queste attività fuori bilancio al riparo di
responsabilità giuridiche28, e che per questo viene definito special purpose vehicle o entity.
Con l’assemblaggio i mutui sono raccolti in pacchetti, pools, corrispondenti a titoli RMBS
(Residential Mortgage Backed Securities). Ciascun pool è suddiviso gerachicamente in più strips o
tranches, tecnicamente denominate senior, mezzanine ed equity. I flussi di cassa generati dai mutui
remunerano i titoli secondo un ordine di priorità che va dalle tranches senior - quelle con rischi più
bassi classificate 'AAA' - via via a quelle subordinate, così che le eventuali insolvenze dei mutuatari
si riflettono in ordine inverso a partire da queste ultime.
Per allargare l'offerta di titoli appetibili, le tranches mezzanine ed equity delle RMBS vengono
poi utilizzate come attività sottostanti altri titoli, le Collateralized Debt Obbligations (CDO). A loro
volta sono divise in tranches, i cui livelli di rischio sono determinati in base a formule matematiche.
Hanno avuto una diffusione enorme, spesso sono confuse con le RMBS, su cui si basano. Il
successo è dovuto all'alto rendimento, a fronte di un rischio occultato. Le RMBS mezzanine ed
equity non potrebbero essere acquistate da fondi pensione, fondazioni, assicurazioni in quanto non
hanno una valutazione 'AAA'. Vengono perciò riassemblate per costituire le CDO. Queste
presentano nuova gerarchia di tranches - senior, mezzanine ed equity - in cui le senior, pur avendo
come attività sottostanti le RMBS mezzanine ed equity, ricevono dalle agenzie di rating il grado
'AAA'29. Si tratta dunque di una colossale truffa messa in atto dalla rete delle banche di
investimento, che a fine 2006 avevano collocato 2 mila miliardi di CDO - gran parte dei quali
28
K. C. Engel, P. A. McCoy, “Turning a Blind Eye: Wall Street Finance of Predatory Lending”, Fordham Law Review,
Vol. 75, 2007, p. 127
29
"By using the same "trickle down" payment scheme, most of the mezzanine CDOs could garner 'AAA' credit rating":
R. Barnes, "The Fuel Taht Fed the Subprime Meltdown", Investopedia. com.
11
avevano le RMBS come attività sottostanti. Per produrle hanno fatto uso di procedure complesse e
difficilmente comprensibili30.
Ultimo elemento della catena di operatori nel sistema di cartolarizzazione è il master servicer,
solitamente delegato dall'aggregator alla raccolta delle rate di mutuo e alle procedure di esecuzione
in caso di insolvenze, nonchè alla distribuzione dei flussi di cassa ai detentori dei titoli. E' una
attività che le economie di scala rende altamente concentrata, anche se, tenendo conto della
distribuzione geografica dei mutui, viene subappaltata a diversi servicers, non di rado
contrattualmente obbligati a detenere titoli ad alto rischio “per indurli ad essere aggressivi nella
raccolta dei pagamenti”31. Valutati in rapporto alla loro efficacia, vengono spesso cambiati, così che
i mutuatari, nel corso della gestione dei mutui, restano sovente senza referenti stabili. I servicers,
d’altra parte, devono seguire le procedure incluse nella documentazione della cartolarizzazione, che
di solito limitano la possibilità di modificare i termini del contratto di mutuo. “Molti servicers non
vogliono discutere di modificarli prima che siano passati almeno tre mesi dall’insolvenza, quando
ormai tanti mutuatari sono in gravi difficoltà finanziarie; per di più non vogliono o non possono fare
cambiamenti”32.
Nell’assemblaggio dei mutui gli aggregators lavorano con una agenzia di rating, che
determina le condizioni per assegnare ai titoli quella valutazione di basso rischio che per legge
devono avere per essere detenuti in portafoglio da alcune categorie di investitori istituzionali come i
fondi pensione. Moody’s, Standard & Poor’s, e Fitch sono le agenzie di rating che dominano il
mercato delle cartolarizzazioni, anche se la loro funzione originaria riguarda la valutazione dei
rischi di impresa33. I loro introiti dipendono dalla quantità di operazioni di cartolarizzazione a cui
partecipano, in quanto è l’aggregator, che le sceglie e le paga. Considerando che per queste attività
ricevevano “commissioni circa il doppio di quelle ottenute per valutare i titoli delle imprese"34, le
agenzie di rating avevano interesse a concentrarsi "eccessivamente" sulla quantità - piuttosto che
sulla qualità - di mutui cartolarizzati35, giungendo persino a cercare di ostacolare l’approvazione di
30
Sulla 'mancanza di trasparenza' cfr. "Understanding the product", in www.creditmag.com
C. L. Peterson, Associate Professor of Law, University of Florida, Written Testimony before the U.S. Senate
Subcommittee on Securities, Insurance, and Investment on “Subprime Mortgage Market Turmoil: Examining the Role
of Securitization”, April 17, 2007.
32
V. Bajaj, “For Some Subprime Borrowers, Few Good Choices”, NYT, March 22, 2007.
33
Sulla problematica delle valutazioni cfr. J. C. Coffee Jr., “The role and impact of credit rating agencies on the
subprime credit markets”, before the Senate Banking Committee, September 26, 2007.
34
L. Randall Wray, Lessons from the Subprime Meltdown, Levy Economics Institute, Working Paper no. 522.
35
K. Eggert, Professor of Law, before the Subcommittee on Securities, Insurance, and Investments on “Subprime
Mortgage Market Turmoil: Examining the Role of Securitization”, April 17, 2007. Le autorità giudiziarie di
Connecticut, New York e Ohio stanno indagando se le tre agenzie si siano impegnate in pratiche anticompetitive e se i
ratings siano stati influenzati dalle società che li richiedevano: cfr. L. Browning, “Connecticut Investigates Major DebtRating Agencies”, NYT, October 27, 2007.
31
12
leggi statali contro le pratiche predatorie, minacciando di non operare più in quegli stati che le
avessero adottate36.
Sulla valutazione dei livelli di rischio influisce l'esistenza di strumenti cuscinetto, che hanno la
funzione di proteggere le tranches senior dai rischi. Lo strumento più importante è costituito dalla
stessa suddivisione del pool in tranches, in quanto quelle subordinate proteggono le senior.
L’agenzia di rating agisce su questa suddivisione. Altri strumenti, su cui essa può esercitare il
controllo, sono l'overcollateralization, quando nel pool viene compresa una quantità aggiuntiva di
mutui per supplire ai flussi di cassa di quelli eventualmente insolventi; il credit enhancement che fa
intervenire garanzie di tipo assicurativo; l'excess spread, dato dalla differenza tra l'ammontare
dell'interesse pagato sui mutui e l'ammontare dell'interesse trasferito ai detentori di titoli, trattenuta
per compensare le eventuali insolvenze.
Alla protezione dal rischio ha concorso anche, in termini generali, l’andamento positivo del
mercato delle abitazioni e la continua crescita del loro valore fino al 2004. Gli investitori potevano
alimentare il flusso di cassa dei titoli contando sia sul rifinanziamento dei debiti, sia sul recupero
dei crediti mediante l’espropriazione e la vendita degli immobili dei mutuatari insolventi.
Il sistema “originate to distribute” ha frammentato il rapporto di credito, che un tempo si
svolgeva tra due parti - il creditore e il debitore, o tre - quando interveniva anche un acquirente
esterno come Freddie Mae o Fannie Mac. Le banche che erogavano i mutui e li tenevano nel
portafoglio erano interessate a monitorare i debitori e ad evitare le insolvenze. Con la
cartolarizzazione, il monitoraggio si è spostato dalla banca alle agenzie di rating, dal singolo mutuo
ai pools di mutui, dalla solvibilità dei mutuatari al rischio degli investitori. In questa situazione le
banche che erogano i mutui “non hanno alcun interesse per la valutazione del rischio di credito, dal
momento che gli interessi e il debito principale vanno rimborsati agli acquirenti finali dei titoli”37.
Sono questi, del resto, che reggono il circuito complessivo dei mutui dal momento che a fronte
dei titoli che acquistano forniscono soldi che arrivano ai nuovi mutuatari. Nei passaggi intermedi
dai detentori dei titoli ai mutuatari e viceversa tutti gli operatori vivono di commissioni, rapportate
alle funzioni che svolgono - dai mediatori, alle agenzie locali che erogano i crediti, alle società cui i
grandi istituti finanziari hanno demandato le funzioni di assemblaggio dei mutui, ai servicers.
“I titoli subprime erano particolarmente appetiti, perchè gli alti interessi che che i mutuatari
pagavano li rendevano più remunerativi dei prime, pur tenendo conto dei maggiori rischi"38. In una
situazione di grande liquidità, la loro emissione consentiva di rastrellare sempre nuovi fondi per
36
K. Eggert, cit.
J. Kregel, Minsky’s Cushions of Safety: Systemic Risk and the Crisis in the U.S. Subprime Mortgage Markets, Public
Policy Brief Series, Levy Economics Institute, 2008, p. 11.
38
V. Bajaj, R. Nixon, “Subprime Loans Going From Boon to Housing Bane”, NYT, December 6, 2006.
37
13
accendere nuovi mutui. Il circuito era alimentato da investitori istituzionali e da hedge funds,
interessati rispettivamente soprattutto alle tranches estreme dei pools.
L’attività è stata orchestrata dalle grandi banche di Wall Street impegnate anche ad erogare
prestiti agli investitori, e ad investire esse stesse per utilizzare i titoli come attività sottostanti di altri
strumenti derivati. In particolare ne avevano fatto ampio uso per l’emissionea di carta commerciale
(asset-backed commercial paper) garantita dai titoli RMBS, mobilitando così nuovi investitori.
Carta commerciale è una lettera di riconoscimento di un debito che l’emittente contrae con
l’investitore; per il primo è uno strumento di finanziamento, per il secondo di gestione della propria
liquidità, che è particolarmente interessante sotto il profilo del rendimento di breve periodo, e che
ha un’importante ruolo nella liquidità internazionale. La durata massima della carta commerciale è
di 270 giorni, però rinnovabile. I titoli subprime certificati privi di rischi, costituivano garanzie
dell’impegno finanziario dell’emittente, e per gestire fuori bilancio anche questo circuito accessorio rispetto a quello della cartolarizzazione – le grandi banche avevano costituito altre
società, tecnicamente definite structured investment vehicles, che erano arrivate a controllare più
della metà della carta commerciale emessa negli Stati Uniti39. Con l’emissione carta commerciale
ottenevano denaro con cui compravano i titoli, che garantivano la stessa emissione. L’utile era
determinato dalla differenza tra il tasso a breve di mercato del denaro preso a prestito dando assetbacked commercial paper e il tasso a lungo più alto dei titoli40.
I circuiti di produzione di titoli cartolarizzati e di carta commerciale sono entrati in crisi
quando la rovina di milioni di mutuatari ha alterato gli attesi flussi di cassa dei titoli, facendo saltare
i cuscinetti che li proteggevano dalle insolvenze. Il sistema "ha funzionato bene finchè i titoli erano
considerati sicuri e liquidi, il che assicurava che anche la carta commerciale e gli altri titoli emessi
per finanziare i loro acquisti erano sicuri e liquidi"41. Poi c’è stato il crollo, che con un effetto
domino che ha investito altri titoli e più in generale i rapporti fiduciari tra i principali operatori
finanziari.
Il “prezzo appropriato”
La crisi dei subprime si è imposta all’attenzione dei media e della politica non per i disastri
sociali che il sistema già stava producendo, ma per la constatazione che erano venute meno le
capacità di previsione e di tolleranza dei rischi delle grandi banche di Wall Street. Prima di allora il
39
J. C. Dugan, Comptroller of the Currency, Testimony before the Committee on Financial Services of the US House of
Representatives, September 5, 2007.
40
G. Morenson, J. Anderson, “Subprime Problems Spread Into Commercial Loans”, NYT, August 15, 2007.
41
L. R. Wray, cit., p.13.
14
capitale finanziario si era garantito utili ingenti con gli esorbitanti costi fatti gravare sui mutuatari.
Chi erogava i prestiti “era incentivato a caricare tassi di interessi più alti, e oneri nel caso di
rimborsi anticipati, perché queste condizioni generavano prezzi più alti quando i mutui venivano
venduti”42. Gli investitori in titoli subprime che beneficiavano dei flussi di cassa dei mutui,
“facevano pressioni per imporre costi più alti ai mutuatari, e chi erogava i prestiti rispondeva
positivamente a queste pressioni”43.
“Anche prima della crisi dei subprime la cartolarizzazione aveva consentito che si
verificassero insolvenze e pignoramenti, che molti consideravano eccessivi e pericolosi. Però, dal
momento che coloro che assemblavano i mutui erano stati capaci di valutare e distribuire questi
rischi, e la domanda aveva fatto aumentare i tassi di interesse in maniera da giustificarli, le
insolvenze ed i pignoramenti erano stati accettati, anno dopo anno, senza che la reputazione e le
finanze delle banche venissero danneggiate"44.
Si sapeva dunque, quando si continuava a cartolarizzare, che c'erano pignoramenti ed
epropriazioni, ma questo era un problema che riguardava il mondo dei mutuatari, non quello della
finanza. La metamorfosi dei mutui in titoli tutelava dai rischi i detentori di questi ultimi attraverso
gli strumenti cuscinetto. Gli interessi che i mutuatari pagavano consentivano di sostenere i costi dei
cuscinetti, di remunerare le banche per le loro funzioni di intermediazione, di dare ai titoli una
redditività appetibile, e, alla carta commerciale garantita dai titoli, una straordinaria capacità di
circolazione.
La generalizzazione delle pratiche aveva predatorie fatto innalzare i tassi di interesse applicati
ai mutui, perchè le agenzie di rating avevano preteso una migliore protezione degli investitori45.
Circa la metà dei punti percentuali in più imposti ai mutuatari subprime rispetto ai tassi di interesse
dei mutui conformi non era però giustificato dal maggior rischio46. Su un campione di mutui
subprime 2/28, i tassi di interesse per i primi due anni erano quasi eguali a quelli dei mutui a tasso
fisso, al quarto anno il divario era di poco meno di 4 punti percentuali47. Le penalità per il rimborso
anticipato del debito erano applicate al 70 per cento dei mutui subprime contro il 2 per cento dei
mutui conformi48.
Nel sistema di apartheid finanziario, la gente già in difficoltà, segnalate dallo stigma del
credit score basso, doveva dunque sopportare costi del tutto indipendenti dal rischio teoricamente
42
K. C. Engel, P. A. McCoy, cit, , p. 122.
Ivi.
44
K. Eggert, cit.
45
K. C. Engel, P. A. McCoy, cit, , p. 119.
46
Ivi.
47
S. C. Bair, Chiarman Federal Deposit Insurance Co., on "Subprime and predatory lending", before the Subcommittee
on Financial Institutions and Consumer Credti, US House of Representatives, March 27, 2007.
48
J. Hightower, “Subprime Loans = Primetime for Vampire Lenders”, www.zmag.org.
43
15
connesso allo score, per aumentare la redditività dei titoli cartolarizzati. La cartolarizzazione, per di
più, l’aveva privata della possibilità di opporsi giudizialmente alle conseguenze delle pratiche
predatorie di cui era rimasta vittima. Le azioni legali nei confronti dei brockers o degli originators
non interrompono infatti le procedure di pignoramento e di espropriazione avviate in nome di chi ha
acquistato e detiene i titoli in buona fede49.
Nella primavera del 2005, Alan Greenspan aveva rilevato con soddisfazione che “un tempo ai
richiedenti marginali era semplicemente negato il credito, mentre ora chi lo eroga può giudicare in
maniera efficiente il rischio, e dargli un prezzo appropriato”. Col termine “prezzo appropriato” si
riferiva ai costi imposti ai mutuatari. “Questo miglioramento - aveva infatti aggiunto - ha portato
alla rapida crescita dei mutui immobiliari subprime”50.
‘Ponzification’ e ‘dispossession’
Quando il circuito della cartolarizzazione si è bloccato, e la crisi dei subprime è sprofondata
nella catastrofe finanziaria, il mondo dell’economia e della finanza ha riscoperto le tesi di Hyman
Minsky, secondo il quale nei periodi di stabilità e di liquidità l’economia diventa fragile a causa di
attività speculative che, in mancanza di regolamentazioni, arrivano a livelli incontenibili. Gli
operatori prendono a prestito più di quanto possono restituire e alimentano bolle che scoppiano
quando, nell’impossibilità di indebitarsi ulteriormente, sono costretti a passare da comportamenti
speculativi a comportamenti “Ponzi”, liquidando le proprie attività51. Le crisi finanziarie hanno
quindi, secondo Minsky, cause endogene, dovute alla generalizzazione di processi di ponzification.
Il sistema dei subprime viene considerato un “Ponzi scheme”, prodotto dalla frenesia
speculativa delle banche di Wall Street, che le ha indotte a sottovalutare le capacità dei cuscinetti
posti a copertura dei rischi legati ai titoli cartolarizzati. I cuscinetti hanno funzionato finchè
l’aumento dei prezzi delle case è stato sostenuto dalla domanda di nuovi mutui, e finchè la
moltiplicazione dei mutui e il loro rifinanziamento ha supplito alle difficoltà di quei mutuatari che
non riuscivano a far fronte ai debiti52.
Sarebbe stato possibile neutralizzare i processi dell’economia reale con un diverso approccio
al problema dei rischi finanziari? Non pochi osservatori, soprattutto quelli che attribuiscono alle
agenzie di rating le principali responsabilità, sembrano dare una risposta positiva, ma la danno
eludendo i problemi sociali connessi con l’attività speculativa.
49
Assignee Liability, Center for Responsible Lending, November 2, 2007.
Citato da C. Bloice, “We’re an ‘Emerging Market’ in Big Trouble”, www.zmag.org.
51
La posizione di Minsky è sintetizzata in P. MaCulley, “The Plankton Theory Meets Minsky”, Pimco bonds, March
2007, www. Pimco.com.
52
J. Kregel, cit., p.14, L. R. Wray, cit., pp. 23-25.
50
16
Il richiamo di Minsky a quel grande truffatore che è stato Charles Ponzi è metaforico. Ponzi è
entrato nella storia per aver pagato elevati interessi sui depositi con i soldi derivanti da sempre
nuovi depositi di gente attratta dagli alti interessi; più volte perseguito e condannato per vicende di
questo tipo, è morto in povertà53. Quel che conta per Minsky è che in un’economia non regolata la
voracità delle speculazioni finanziarie porta alla rovina. Il suo campo di interesse riguarda la
finanza, e si ferma ad essa. I truffati da Ponzi, e la gente indebitata con i mutui subprime restano
fuori.
Le attività sottostanti ai titoli finanziari hanno però la concretezza dei mutui e dei mutuatari.
Si constata allora che il sistema speculativo si blocca per l’impossibilità del capitale finanziario di
speculare indefinitamente drenando ricchezza materiale. I redditi stremati dagli interessi imposti da
Wall Street cessano di alimentare, ai livelli attesi, il flusso di cassa dei titoli cartolarizzati, e il crollo
del mercato immobiliare porta alla distruzione della ricchezza congelata nelle ipoteche.
Con Harvey54 e Arrighi55 si guarda in modo diverso al rapporto tra economia materiale e
capitale finanziario. La ricerca di condizioni di profittabilità lo porta storicamente a fissarsi dove ci
sono adeguate condizioni produttive, immediate o differite nel tempo, oppure ad appropriarsi di
risorse materiali, mediante processi di spoliazione di beni collettivi, proprietà pubbliche, capitali
nazionali. Accumulazione per spoliazione (accumulation by dispossession), scrive Harvey, "è
liberare un insieme di risorse (inclusa la forza lavoro) a costi molto bassi o nulli, così che il surplus
di capitale possa impadronirsene e utilizzarlo immediatamente a fini di profitto".
Dispossession è stato impropriamente tradotto dall’inglese con espropriazione56. Il capitale
finanziario non sta prevalentemente operando estensivamente, secondo quella logica di
accumulazione originaria che espropria le condizioni di esistenza di collettività che vivono entro
rapporti sociali precapitalistici. Sta invece agendo intensivamente su collettività che, proprio perché
inserite nello sviluppo capitalistico vengono spoliate della ricchezza sociale che qualificava le loro
condizioni di esistenza provocando conseguenze socialmente disgreganti.
“Per il capitale in cerca di flussi di reddito stabile - osserva Chesnais57 - non ci sono
investimenti migliori delle industrie di servizio pubbliche privatizzate perchè le famiglie si sono
abituate al gas, all’elettricità ecc. Sono fonti di profitti regolari e sicuri, tanto più che lo stato vi ha
fatto importanti investimenti. Analogamente, con la privatizzazione delle pensioni somme molto
elevate non sono più sottratte ai mercati finanziari." Sono esempi, tra i tanti, di modalità di
53
Cfr. M. Zuckoff, Ponzi’s Scheme: The True History of a Financial Legend, New York, Random House, 2005.
D. Harvey, La guerra perpetua. Anlisi del nuovo imperialismo, Il Saggiatore, 2006.
55
G. Arrighi, Hegemony Unravelling, 1 e 2, New Left Review, nn. 32 e 33, 2005.
56
“Accumulazione per espropriazione” è il titolo di un paragrafo del libro di Harvey, cit., p. 122.
57
F. Chesnais, La finance mondialisée, Paris, La Découverte, 2004, pp. 44-5.
54
17
accumulazione per spoliazione. Questo lavoro sui subprime vuole essere un contributo puntuale in
questa prospettiva interpretativa.
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