il museo “cjase cocèl” di fagagna

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il museo “cjase cocèl” di fagagna
Notiziario ERSA 4/2008
Storia e tradizioni
Anna Barbarotto
ERSA - Servizio ricerca e sperimentazione
IL MUSEO “CJASE COCÈL”
DI FAGAGNA
Il paese di Fagagna, definito uno dei borghi più belli
d’Italia, è menzionato per la prima volta nel diploma del
983 d.C. con il quale l’Imperatore Ottone II concede il
Castello al Patriarca Rodoaldo.
Le testimonianze archeologiche rivelano che i più antichi insediamenti risalgono all’epoca romana quando il
luogo divenne punto di passaggio obbligato lungo il percorso da Concordia al Norico.
Come in tutti i paesi del Friuli anche qui l’economia del
passato era di tipo rurale e le testimonianze del vecchio
mondo contadino sono state raccolte in un delizioso
Museo che parla della vita campestre dal XIX alla prima
metà del XX secolo, nella fase antecedente la meccanizzazione.
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L’osteria
Il nome del museo è legato alla famiglia
Chiarvesio, soprannominata Cocèl, che abitò
a lungo nella casa seicentesca che attualmente ospita parte dell’esposizione. Data la
vastità degli oggetti esposti, è stata necessaria l’aggiunta di altri spazi.
Cjase Cocel è sede del Museo dal 1994 ma la
nascita dell’esposizione è riconducibile alla
fine degli anni Ottanta, grazie all’iniziativa
dell’Amministrazione Comunale, alla generosità degli abitanti del paese che hanno regalato parte degli oggetti e all’operosità
dell’Associazione Museo della Vita Contadina che gestisce il Museo.
Cjase Cocel è un piccolo paese vivente; appena ti inoltri alla sua scoperta vedi gli animali tipici del mondo rurale: l’asinello e le
mucche nella stalla, le caprette, le pecore, le
anatre, le galline, i tacchini e i conigli. L’atmosfera è allegra perché i simpatici amici a
quattro e due zampe ti osservano incuriositi
dai tuoi spostamenti.
Entriamo ora nelle stanze: al piano terra ci
imbattiamo nella cucina del XIX secolo, ricostruita con il pavimento in ciotoli rotondi o
pedrât e le pareti imbiancate in modo rustico, con l’intonaco distribuito direttamente
sul sasso; c’è il fogolar con il fuoco acceso e
una delle signore volontarie che prepara la
polenta in occasione della visita di una
scuola media; inoltre notiamo il tavolo per
mangiare, le sedie, la dispensa o camarin
con i salumi appesi, l’armadio, le pentole di
rame, la madia, l’acquaio o seglâr.
Al piano di sopra sono riproposte due camere da letto: quella delle famiglie benestanti e dei poveri. Nella prima il letto
matrimoniale è in legno ed il materasso è
fatto col piumino, c’è la culla, l’armadio, i
comodini, la cassapanca per il corredo e il
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Il laboratorio di merletti
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Il caseificio
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lavandino con la brocca. Ma quello che cattura il tuo sguardo è il copriletto in cotone,
due bellissime camicie da giorno e due
splendidi asciugamani, tutti rigorosamente
ricamati a mano.
Nella camera dei poveri l’atmosfera è più dimessa ma non meno emozionante: vediamo
il letto matrimoniale fatto col paion, tipico
materasso imbottito con le foglie del mais,
la culla in vimini, molto bella, realizzata
prima del 1920 dai cestai di Fagagna, la
brocca col catino, l’armadio i comodini e
l’immagine della Madonna.
Entrando in un’altra stanza scopriamo un capolavoro: il Laboratorio di Merletti. La produzione dei merletti è stata di fondamentale
importanza, perché ha fatto conoscere Fagagna oltre i confini del Friuli fino ai paesi dell’Impero Austro-Ungarico e Germanico. La
Scuola nacque nel 1892 e continuò all’incirca fino al 1960. Artefice di tutto fu la Contessa Cora Slocomb, nata a New Orleans
che, dopo il matrimonio con il Conte Detalmo Savorgnan di Brazzà, si trasferì in Italia. Il suo temperamento dinamico unito alla
grande passione per i merletti a tombolo la
spinsero ad organizzare dei corsi rivolti alle
bambine.
Un’altra donna che ha continuato l’opera
della Contessa Slocomb dando un ulteriore
grande impulso a quest’arte fu la signorina
Noemi Nigris che dal 1900 in poi divenne la
seconda direttrice della scuola.
Nell’ampia sala che si apre ai nostri occhi
appare una bellissima esposizione di merletti realizzati dalle allieve. Ci sono i merletti
per le tovaglie, i vestitini e le scarpette da
neonato, nonché le applicazioni per i vestiti
da donna, gli stemmi nobiliari e i pizzi per
gli ombrellini. Vediamo anche due rocchetti
(veste liturgica di lino che arrivava a mezza
gamba) confezionati per il Cardinale Florit
originario di Fagagna e il Sacerdote del
paese. Nella medesima stanza è inoltre ricostruito il laboratorio con i posti a sedere e le
foto delle allieve della scuola.
Spostandoci nella stanza successiva conosciamo un’altra importante forma di artigianato che ha contraddistinto Fagagna: la
produzione di giocattoli.
Anche questa attività iniziò alla fine del XIX
secolo con la realizzazione di bamboline
friulane vestite da merlettaie, sedute su sedie
impagliate. I giocattoli furono esposti alla
“Prima Esposizione agricola per le piccole
industrie” nel Castello di Brazzà nel 1891.
Sempre la Contessa Cora intuì le grandi potenzialità di questo lavoro e a casa propria
cominciò a confezionare i primi giocattoli.
Dopo un viaggio in Germania con la Sig.na
Nigris, che si rivelò proficuo per l’aquisizione di nuove idee e orizzonti, la Contessa,
nel 1904, fondò il Laboratorio dei Giocattoli
di Fagagna.
Furono realizzati orsetti, elefanti, conigli, asinelli in panno, velluto e peluche che riscossero grande successo, tanto che vennero
esposti alla mostra di Udine del 1905, all’esposizione di Milano del 1906 e alla Prima
mostra del giocattolo italiano di Udine del
1916.
L’attività proseguì fino alla Disfatta di Caporetto del 1917; purtroppo a causa degli orrori
della guerra solo pochi giocattoli si sono salvati. Nel Museo troviamo i 75 pezzi di questa collezione che ti incantano per la
dolcezza del disegno e l’abilità della lavorazione.
Nella medesima sala c’è uno spazio dedicato
alla lavorazione della canapa, lana e lino.
Agli inizi del secolo scorso e durante la
guerra le famiglie destinavano alcuni piccoli
appezzamenti a canapa, mentre il lino era
coltivato nelle zone umide; per la lana erano
allevate due o tre pecore in casa. Qui notiamo gli strumenti per lavorare queste fibre:
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Il museo dell’ape
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L’aula scolastica
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La cucina
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l’arcolaio, il telaio, i pettini e i fusi. Vediamo
anche una bella esposizione di abiti: un cappotto da bambino in piquet, la veste per la
Prima Comunione, il vestito nero di Noemi
Nigris, una Madonna con Gesù Bambino vestiti con uno stupendo abito di seta realizzato
con la stessa stoffa. C’è inoltre una seconda
bacheca che espone bavaglini, cuffiette, vestitini, scarpette per neonati e biancheria intima
femminile come la camicia da giorno, mutande, calze in cotone e pantofole.
Al secondo piano è ricostruito il granaio,
luogo destinato alla conservazione del grano
e degli altri prodotti campestri. Ci sono i graticci per i bachi, la trinciafoglie, una sgranatrice, il vaglio, cesti di varie dimensioni, una
vecchia bilancia, gabbie per uccellini e trappole per i topi.
Uscendo dall’edificio principale ci spostiamo
in un altro locale adiacente dove “rivivono”
il vecchio caseificio, l’antica osteria, l’aula
scolastica di un tempo e il Museo dell’ape.
Nella latteria ci sono le caldaie per scaldare
il latte, lo spino per tagliare la cagliata, l’elica
per mescolarla e le fascere per dare la forma
al formaggio. Durante l’iniziativa Latterie
senza confini, che si svolge in primavera, il
locale è aperto al pubblico e la gente può
vedere il duro lavoro del casaro.
Nell’aula scolastica troviamo i banchi di
legno, il calamaio, il pennino, i grembiulini
neri, la cattedra e le vecchie carte geografiche.
Il Museo dell’ape allestito in collaborazione con
l’Associazione Apicoltori, espone una serie di
vecchie arnie e una preziosa raccolta di manuali di apicoltura dal XVIII al XX secolo.
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Nell’antica osteria ammiriamo il banco di
fine Ottocento, la vetrina con i liquori, i tavoli e le sedie.
All’esterno c’è un vecchio mulino, attivo
dagli inizi del Novecento fino agli anni Settanta, proveniente da Majano. Dopo il terremoto del 1976 il mulino è stato smontato, i
pezzi sono stati trasferiti a Fagagna e qui è
stato perfettamente ricostruito.
Al termine di questo escursus a ritroso nel
tempo è giusto ricordare che l’attività del
Museo è possibile grazie ai numerosi volontari che, oltre ad accudire gli animali, effettuano le visite guidate per gli studenti e
collaborano in occasione delle iniziative collaterali.
Tra questi interessanti appuntamenti ricordiamo le Vacanze in fattoria organizzate
nella seconda settimana di luglio. Durante i
sette giorni trascorsi al Museo, i ragazzi, coadiuvati dai volontari, eseguono i tradizionali
lavori agricoli, come la mungitura delle mucche, il taglio dell’erba nei campi e la preparazione della polenta.
Molto bella è la Settimana della trebbiatura
che si svolge la seconda domenica di luglio
dove, oltre a vedere i contadini impegnanti
nella trebbiatura e battitura della segale, si
possono osservare le tessitrici, le filatrici, le
merlettaie, i cestai il mugnaio e il fabbro intenti nel loro lavoro.
Infine ricordiamo una gradevole iniziativa
autunnale: la Festa della zucca. Nel corso
della giornata i bambini si divertono a lavorare le zucche e, in base alla loro fantasia,
creano facce bizzarre o maschere di ogni
tipo.
Orari di apertura:
Il museo è aperto la domenica pomeriggio: dalle 14.30/18.00 (aprile, maggio, ottobre, novembre); dalle 15.30/19.00 (giugno, luglio,
agosto, settembre) – tel. 0432 801887 – fax. 0432 802599