Stampa pdf - Emozioni e Cibo
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AIDAP Journal Observer AIDAPJ Journal Observe AIDAPJ Journa Observe Giornale di aggiornamento scientifico dell’Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso (AIDAP) http://www.aidap.org Direttore Scientifico Dr. Riccardo Dalle Grave Dicembre 2011 Presidente AIDAP, responsabile scientifico Unità di Riabilitazione Nutrizionale, Casa di Cura Villa Garda (VR) Segretario Scientifico Dr. Lucia Camporese Psicologa psicoterapeuta, Unità Locale AIDAP Padova Direttore Responsabile Dr. Mauro Cappelletti Medico Psicoterapeuta, Segretario AIDAP, Unità Locale AIDAP Torino Hanno collaborato in questo numero: Dr. Federica Bignotti Socio Ordinario Brescia Dr. Maria Pia Bagnato Bulgarelli Uol Modena Dr. Lucia Camporese Uol Padova Dr. Sara Cappelletti Uol Torino Dr. Sergio Colombi Uol Milano 2 Dr. Francesca De Donà Uol Verona Dr. Marwan El Ghoch Casa di Cura Villa Garda Dr. Antonino Faillaci Uol Trapani Dr. Lorella Fornaro Uol Parma Dr. Adolfo Fossataro Uol La Spezia Dr. Chiara Galli Uol Milano Dr. Veronica Gobbetto Uol Treviso Dr. Giada Guidi Socio Ordinario Grosseto Dr. Manuela Marchini Uol Rimini Dr. Elisabetta Messineo Uol Reggio Calabria Dr. Lisa Reverberi Uol Reggio Emilia Dr. Stefania Rosi Uol La Spezia Dr. Maria Grazia Rubeo Uol Roma Dr. Giancarlo Sarno Uol Genova Dr. Diana Soligo Uol Padova Dr. Elisa Valdastri Socio Ordinario Sassuolo (MO) Editore Positive Press, Via Sansovino 16, 37138 Verona e-mail: [email protected] Indice DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE I fattori di rischio alla base dei disturbi dell’alimentazione: evidenza di cause multiple da uno studio prospettico durato 8 anni ................................................................................................... Il lavoro familiare nell’anoressia nervosa: uno studio qualitativo delle esperienze di coloro che si prendono cura in due metodi di intervento familiare ..................................................................... Eziologia dell’anoressia nervosa (AN): da un “modello di famiglia psicosomatica” a disturbo neuropsichiatrico? .................................................................................................................... Teorie psicosociali dei disturbi dell’alimentazione in studentesse di college: review e integrazione ........ L’ influenza di fattori psicosociali e dell’ ambiente familiare nello sviluppo dell’anoressia nervosa i risultati di uno studio di Stoccolma ........................................................................................................ Un caso di anoressia nervosa con sindrome da coagulazione intravasale disseminata ............................. Terapia focalizzata sulla motivazione (MFT) per i disturbi dell’alimentazione: un trial sequenziale della terapia Cognitivo-comportamentale potenziata (CBT-E) con e senza precedente terapia focalizzata sulla motivazione ......................................................................................................... Ecological Momentary Assessment per la bulimia nervosa: può la restrizione calorica predire le abbuffate? .................................................................................................................... La circonferenza delle cosce come predittore di massa grassa in ragazze con diagnosi di anoressia nervosa ............................................................................................................. Le caratteristiche dei tentativi di suicidio nell’anoressia e nella bulimia nervosa: uno studio caso-controllo.......................................................................................................................... Grelina e anoressia nervosa: un punto di vista psicosomatico .................................................................. OBESITÀ Predittori preoperatori della perdita di peso a seguito della chirurgia bariatrica: una rassegna sistematica ........................................................................................................................... Il paradosso dell’obesità e la perdita di peso corporeo .............................................................................. Associazione tra impulsività, risposta alla ricompensa e indice di massa corporea nei bambini .............. Programmare per ridurre l’obesità infantile .............................................................................................. Fare la dieta fa ingrassare? Uno studio sui gemelli ................................................................................... Lo stigma dell’obesità nella popolazione generale e le sue implicazioni sulla salute pubblica: una revisione sistematica .......................................................................................................................... ALTRO Prevalenza elevata del disturbo da dimorfismo corporeo nei pazienti che vogliono effettuare un intervento di rinoplastica ..................................................................................................... Concordanza diagnostica dell’EDE -intervista e della versione EDE-Q .................................................... Esposizione di bambini ed adolescenti a pubblicità occulte di cibi e bevande durante la programmazione in prima serata ............................................................................................. Effetti dell’esercizio fisico intenso e della restrizione calorica moderata sui fattori di rischio cardiovascolare e sull’infiammazione ........................................................................................ Gli effetti di una dieta portfolio a base di cibi con proprietà ipocolesterolemizzanti, somministrata a due livelli di intensità, sui livelli sierici di lipidi in pazienti con iperlipidemia ............. Discrepanze tra adulti e adolescenti dei risultati all’Eating Disorder Examination: un effetto dello stadio di sviluppo o della severità della malattia? ............................................................ Fattori associati al riconoscimento da parte dei genitori della condizione di sovrappeso nel figlio - uno studio trasversale .............................................................................................................. Sopravvalutazione di peso e forme corporee in bambini e adolescenti con perdita di controllo alimentare ........................................................................................................... 4 4 5 6 6 7 7 8 9 9 10 10 11 11 12 13 13 14 14 15 16 16 17 17 19 3 DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE I FATTORI DI RISCHIO ALLA BASE DEI DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE: EVIDENZA DI CAUSE MULTIPLE DA UNO STUDIO PROSPETTICO DURATO 8 ANNI Risk factors for onset of eating disorders: evidence of multiple risk pathways from an 8-year prospective study. Stice E, Marti CN, Durant S.Behav Res Ther. 2011 Oct;49(10):622-7. Epub 2011 Jun 28 L’obiettivo di questo lavoro è stato quello di usare alberi di classificazione (CTA: Classification Tree Analysis) come metodo di analisi per determinare in modo empirico i limiti entro cui identificare le adolescenti a rischio di sviluppare nel tempo un disturbo dell’alimentazione (DA), quelle all’inizio del disturbo, quelle che lo hanno in forma sub-clinica o parziale. Dati: studio prospettico con 496 ragazze adolescenti sottoposte ad indagini diagnostiche per un periodo di 8 anni. L’insoddisfazione corporea (IC) è risultata essere l’indice predittivo più significativo per indicare le giovani a rischio di sviluppare un DA. Infatti, le ragazze con indice di IC pari al 24% hanno mostrato un’incidenza 4 volte maggiore di sviluppare un DA. Tra le partecipanti con IC, quelle che avevano sintomi depressivi con un indice pari al 32% sono risultate avere un’incidenza 2,9 volte maggiore di insorgenza di un DA. Tra le ragazze con basso indice di IC, quelle che restringevano l’introito alimentare hanno mostrato un’incidenza di DA 3,6 volte maggiore rispetto a coloro che non restringevano l’alimentazione. Commento. Questo studio suggerisce che l’IC è il fattore di rischio che incide maggiormente sull’insorgenza di un qualunque DA e che viene ulteriormente rafforzato se sono presenti anche sintomi depressivi. Lo stesso avviene tra le ragazze che restringono la loro alimentazione pur essendo più soddisfatte del loro aspetto. Si potrebbe, pertanto, aumentare l’efficacia dei programmi di prevenzione individuando quei gruppi di persone con caratteristiche a rischio di sviluppare un DA, piuttosto che solo gli individui con un singolo fattore di rischio. Le limitazioni evidenziate da questo studio sono le seguenti: 1) gli indici di previsione esaminati sono basati su sondaggi ed interviste fatti a ragazze ado4 lescenti; 2) difficoltà di generalizzare i risultati a qualunque tipo di DA, dal momento che solo un numero molto esiguo di partecipanti (solo 6) riportava l’insorgenza di anoressia nervosa conclamata o sottosoglia; 3) i risultati identificano i fattori di rischio comuni a tutti i DA, piuttosto che fattori di rischio specifici di ogni disturbo; 4) il campione analizzato è costituito solo da donne, pertanto i risultati non possono essere estesi anche agli uomini. Adolfo Fossataro, Stefania Rosi IL LAVORO FAMILIARE NELL’ANORESSIA NERVOSA: UNO STUDIO QUALITATIVO DELLE ESPERIENZE DI COLORO CHE SI PRENDONO CURA IN DUE METODI DI INTERVENTO FAMILIARE Family work in anorexia nervosa: A qualitative study of carers’ experiences of two methods of family intervention. Whitney J, Currin L, Murray J, Treasure J. Eur Eat Disord Rev. 2011 Jul 6. doi: 10.1002/erv.1077. [Epub ahead of print] I metodi qualitativi possono essere usati per migliorare la comprensione medica e possono fornire una comprensione delle realtà cliniche omesse dagli studi quantitativi. È opportuno coinvolgere i membri della famiglia nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione (DA), anche a causa degli effetti dell’anoressia nervosa (AN) su altri membri della famiglia. Questo studio ha esaminato l’efficacia del trattamento, la soddisfazione del carer e il processo di cambiamento associato ai due interventi familiari forniti a supporto della cura a pazienti in cura per AN: 1) lavoro familiare individuale (IFW); 2) gruppo di lavoro giornaliero familiare (FDW). Sono stati intervistati 23 carers; gli argomenti sono stati sviluppati utilizzando l’Analisi Fenomenologia Interpretativa (IPA).Ogni carer si è reso conto che lavorare con un’altra famiglia ha apportato un beneficio. In particolare, condividere le loro esperienze con un’altra famiglia riduceva i sentimenti di isolamento e colpa, e forniva una opportunità di imparare dalle battaglie altrui. È emersa invece insoddisfazione riguardo la mancanza di struttura percepita nel lavoro familiare individuale. La maggioranza dei carers ha sentito che l’intervento li ha aiutati a comunicare, a capire la malattia e ad acqui- sire coscienza personale e familiare. Benché ci sia stata una mancanza di consenso sulle tecniche più utili, i carers hanno sentito che le sessioni dovrebbero focalizzarsi sulle relazioni individuali e sulla guida pratica ad un comportamento impegnato. Commento. Sono necessari dati longitudinali per esaminare le esperienze dei carers e delle famiglie al fine di identificare i predittori del miglioramento del paziente ed il funzionamento della famiglia. Le famiglie di persone con DA sperimentano elevati livelli di colpa e vergogna. Interventi con famiglie multiple possono essere sia di costo ridotto che meno stigmatizzanti per le famiglie stesse. Un programma strutturato sotto forma di materiale didattico, come manuali e DVD, potrebbe essere di beneficio. I risultati preliminari di questi programmi basati sull’insegnamento di abilità sono promettenti. L’inclusione di molteplici famiglie può quindi ridurre l’isolamento e facilitare l’apprendimento di importanti abilità. Sara Cappelletti EZIOLOGIA DELL’ANORESSIA NERVOSA (AN): DA UN “MODELLO DI FAMIGLIA PSICOSOMATICA” A DISTURBO NEUROPSICHIATRICO? Aetiology of anorexia nervosa: from a “psychosomatic family model” to a neuropsychiatric disorder? Herpertz-Dahlmann B, Seitz J, Konrad K. Eur Arch Psychiatry Clin Neurosci. 2011 Nov;261 Suppl 2:17781. Epub 2011 Aug 25 Intorno alla metà degli anni ’80 furono pubblicati numerosi studi che individuavano in un atteggiamento conflittuale iperprotettivo ed evitante da parte dei genitori nei confronti del bambino, uno dei fattori di rischio familiari più importanti per lo sviluppo di AN. Gli studi successivi sulla famiglia indicano in realtà che l’AN è un disturbo notevolmente complesso dal punto di vista genetico e che durante l’infanzia si sviluppa probabilmente attraverso alcuni tratti di temperamento specifici quali inibizione perfezionismo ed evitamento del danno. Studi più recenti hanno evidenziato deficit cognitivi nelle interazioni sociali indipendenti dal peso corporeo e dalle fasi del disturbo dell’alimentazione (DA) che suggeriscono un’ulteriore componente genetica nell’eziologia dell’AN. Inoltre le alterazioni psicologiche e fisiologiche insieme all’aumento delle pressioni sociali che si determinano durante la pubertà possono scatenare l’insorgenza del disturbo. Gli stessi processi correlati alla dieta ferrea sono associati a gravi alterazioni del metabolismo centrale e periferico, del sistema neuroendocrino e di quello dei neurotrasmettitori per cui si ritiene che queste possano influenzare le funzioni cerebrali dell’adolescente durante il periodo vulnerabile della ristrutturazione neurale. Commento. Gli autori effettuano un’esaustiva revisione della letteratura esaminando criticamente un passaggio che può definirsi epocale nella storia della ricerca sull’eziologia dell’AN. Soprattutto all’inizio degli anni ’80 si creò da parte di molti ricercatori una certa enfatizzazione di taluni fattori di rischio familiari che oggi vengono considerati del tutto aspecifici e sostanzialmente privi di evidenze scientifiche. Tale enfatizzazione determinò una stigmatizzazione del ruolo dei genitori, sostenuta da un’ideologia che metteva pericolosamente in discussione l’istituzione familiare, ingenerando sensi di colpa ovviamente controproducenti per l’esito dei DA. Le ricerche più recenti improntate sull’origine multifattoriale dei DA considerano sempre l’importanza degli aspetti familiari che attualmente si concretizzano in gran parte in un’ereditarietà su base genetica. Oggi sono sempre più chiari i meccanismi che possono determinare lo sviluppo ed il corso dei DA; dai tratti di personalità che caratterizzano l’età infantile, all’influenza della pubertà, alle alterazioni che la dieta ferrea prolungata può determinare sulle funzioni cerebrali fino alle evidenze ottenute in base alle tecniche di neuroimaging, attraverso le quali sono state rilevate alterazioni che arriverebbero a coinvolgere il comportamento motivazionale. Giancarlo Sarno 5 TEORIE PSICOSOCIALI DEI DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE IN STUDENTESSE DI COLLEGE: REVIEW E INTEGRAZIONE Social psychological theories of disordered eating in college women: review and integration. FitzsimmonsCraft EE. Clin Psychol Rev. 2011 Nov;31(7):1224-37. Epub 2011 Aug 16 levanza assume la conoscenza, esplicitata in questo lavoro, della valutazione dell’incidenza delle modalità di costruzione dell’identità personale, del confronto, potremmo dire del rispecchiamento con gli altri nella percezione di sé, in particolare nella propria rappresentazione corporea. Sergio Colombi L’obiettivo di questo articolo è quello di sviluppare una prospettiva di ricerca e approfondimento esplicativo, nella direzione di un’integrazione tra alcune importanti teorie psicosociali e lo studio delle influenze di fattori ambientali potenzialmente individuati come fattori di rischio. In questo caso i college femminili sono caratterizzati da una vulnerabilità nei processi di formazione dell’identità psicologica e in particolare diventano fattori di rischio socio-ambientale per lo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione (DA), in particolare attraverso meccanismi socio-cognitivi. Questi ultimi sono processi complessi che influenzano i diversi modi con cui le persone percepiscono e interpretano se stesse nei propri contesti sociali. La rewiev in particolare si focalizza: 1. Sulle interazioni sociali che diventano più salienti all’interno dell’ambiente del college, come mezzo per ottenere opportunità sociali e supporto nei rapporti interpersonali. 2. Peso e forma corporee. 3. La comprensione del proprio corpo non è basata solo sulla visione dello stesso, ma anche su come crede che gli altri lo percepiscano. Commento. Questo lavoro ha il merito di confrontare i DA con tre teorie psicosociali dall’indubbio valore euristico. Interessante è il riferimento degli Autori al concetto di dissonanza cognitiva, ritenuta una delle principali traiettorie per i programmi di prevenzione dei DA. La dissonanza cognitiva, andando a “bersagliare” l’ideale di magrezza attraverso discussioni di gruppo e azioni che vanno a contrastare l’ideale stesso, interiorizzato, risulta un potente elemento di prevenzione. Ricordiamo il punto di vista della teoria transdiagnostica sulla psicopatologia dei DA: schema di autovalutazione disfunzionale, basato in modo predominante sul controllo dell’alimentazione, sul peso e sulle forme corporee. Pertanto, se obiettivo primario della terapia cognitiva è aiutare i pazienti a modificare la patologia del DA attraverso la modificazione dei pensieri e delle credenze disfunzionali, grande ri6 L’INFLUENZA DI FATTORI PSICOSOCIALI E DELL’ AMBIENTE FAMILIARE NELLO SVILUPPO DELL’ANORESSIA NERVOSA- I RISULTATI DI UNO STUDIO DI STOCCOLMA Psychosocial determinants and family background in anorexia nervosa-results from the Stockholm birth cohort study. Ahrén JC, Chiesa F, Af Klinteberg B, Koupil I.Int J Eat Disord. 2011 Jul 29. doi: 10.1002/ eat.20953. [Epub ahead of print] Lo scopo dello studio è esaminare l’associazione tra fattori psicosociali e familiari e l’incidenza dell’anoressia nervosa (AN). Fattori di rischio psicosociali analizzati nello studio: il livello sociale è stato diviso in tre gruppi (alto, medio e basso), l’educazione dei genitori è stata classificata in due (scuola primaria e secondaria), la composizione familiare è data da genitori che vivono insieme e quelli separati e rispetto al reddito, coloro che ce l’hanno e chi non ce l’ha. Questo studio ha usufruito di studi longitudinali fatti in Danimarca (the Stockholm Metropolitan study-‘53/’85 e the Swedish work and Mortality database ‘80/’02) in cui si sono potuti raccogliere informazioni demografiche, socioeconomiche, condizioni familiari e di vita di 13, 838 persone. I risultati dimostrano che un alto livello educativo della madre sia associato allo sviluppo dell’AN, in particolare nelle femmine e appartenenti a classi sociali medie e classe operaia; problemi di insoddisfazione corporea e problemi alimentari nella madre sembrano associati allo sviluppo dei medesimi problemi nelle figlie. Sembra che figlie di madri con reddito elevato hanno un rischio maggiore per AN. Commento. Lo studio non ha un campione rappresentativo, infatti solo 22 casi di AN sono stati rintracciati in quest’area. È importante considerare che le persone con un’educazione elevata sono anche più inclini a chiedere un aiuto medico, e che sono state escluse tutte le persone decedute per questo tipo di malattia. Da non dimenticare che il livello educativo dei genitori è stato valutato dai figli tramite un questionario di auto somministrazione. È fondamentale ancora una volta sottolineare che fattori sociali, familiari e psicologici hanno un’influenza significativa sullo sviluppo di questo tipo di disturbo, quello che ritengo importante ricordare è che ci sono voluti molti anni per superare (e purtroppo ci sono ancora molti episodi) lo stereotipo eziologico della madre come causa fondamentale e ritengo che certi risultati non generalizzabili e non rappresentativi possano fuorviare e allontanare dall’idea principale cioè che lo sviluppo di questi disturbi ha un origine multifattoriale. La ricerca ha ancora un ampio spazio nel capire l’influenza sociale, ampliando le proprie aree di valutazione. Veronica Gobbetto UN CASO DI ANORESSIA NERVOSA CON SINDROME DA COAGULAZIONE INTRAVASALE DISSEMINATA A case of anorexia nervosa with disseminated intravascular coagulation syndrome. Haruta I, Asakawa A, Ogiso K, Amitani H, Amitani M, Tsai M, Hamada S and Inui A. Epub 2011 Aug 30 Questo case report tratta di una donna giapponese di 36 anni affetta da AN che fu ricoverata in seguito a severa emaciazione. La gestione clinica del caso avvenne secondo i protocolli e, come sottolineato dagli autori particolare attenzione fu posta nel prevenire la sindrome da rialimentazione. La coagulazione intravasale disseminata (DIC) con sepsi si sviluppò a distanza di tre settimane dall’ospedalizzazione; la paziente venne pertanto trattata con anticoagulanti, inibitori della proteasi, antitrombina e trasfusione di piastrine concentrate. Per trattare l’infezione batterica furono somministrati farmaci antibiotici ed immunoglobuline ed in un momento successivo fu iniziato un trattamento probiotico e prebiotico per contrastare la translocazione batterica (passaggio di batteri o loro prodotti dal lume attraverso la mucosa intestinale). Considerato il buon esito del trattamento gli autori sottolineano che accanto alla prevenzione della sindrome da rialimentazione è necessario intervenire anche sulla possibile insorgenza di sepsi che può essere determinata dalla translocazione batterica e che in questa paziente ha causato anche una sindrome DIC. Commento. Gli autori trattano un caso di cui esistono in letteratura alcuni altri reports, ovvero pazienti che hanno presentato complicazioni simili e che si ritiene abbiano sviluppato un danno intestinale conseguente a dieta ferrea di lunga data. È possibile che in questi casi la sepsi e la conseguente DIC possano appunto derivare da alterazioni della mucosa intestinale che non riesce più a svolgere la sua funzione di barriera in seguito ad atrofizzazione da prolungata dieta ferrea. In individui sani processi di translocazione batterica avvengono continuamente, ma i batteri vengono intercettati e neutralizzati dal sistema linfatico. Se invece la mucosa intestinale è danneggiata oppure alterata nella sua anatomia, l’ospite può essere sopraffato dai batteri che insieme ai loro prodotti possono traslocare dall’intestino in circolo. Sembra pertanto opportuno, considerato il buon esito delle cure, che nei pazienti defedati con grave AN, sia inserito nei protocolli di trattamento l’obiettivo di controllare i meccanismi di translocazione batterica mediante preparati probiotici e prebiotici. Giancarlo Sarno TERAPIA FOCALIZZATA SULLA MOTIVAZIONE (MFT) PER I DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE: UN TRIAL SEQUENZIALE DELLA TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE POTENZIATA (CBT-E) CON E SENZA PRECEDENTE TERAPIA FOCALIZZATA SULLA MOTIVAZIONE Motivation-focused Treatment for Eating Disorders: A Sequential Trial of Enhanced Cognitive Behaviour Therapy with and without Preceding Motivation-Focused Therapy.Allen KL, Fursland A, Raykos B, Steele A, Watson H, Byrne SM. Eur Eat Disord Rev. 2011 Jul 26. doi: 10.1002/erv.1131. [Epub ahead of print] Allo scopo di confrontare un approccio basato sulla motivazione, seguito dalla CBT-E e un approccio puro CBT non preceduto da MFT, questo gruppo australiano ha analizzato gli esiti della terapia riguardo al tasso di drop out e all’efficacia misurata 7 attraverso le modificazioni del punteggio globale all’EDE-Q, alla frequenza del binge, del purging e alla modificazione del BMI durante e dopo la terapia. La CBT-E preceduta da un intervento motivazionale (quattro sedute) non si è dimostrata superiore alla CBT pura in tutte le variabili prima esposte. Commento. Lo studio affronta un tema piuttosto sentito dagli “orfani” del modello transteoretico, i quali ancora spesso invocano la necessità di far precedere la terapia dei DA da un intervento motivazionale, ritenendo di incrementarne l’efficacia e soprattutto ridurre i drop outs. Entrambi gli obiettivi non risultarono raggiunti nella casistica esaminata, pertanto gli autori sconsigliano quest’ulteriore appesantimento della terapia. Tuttavia, è bene sottolineare alcune limitazioni di questo studio. Intanto il disegno eminentemente retrospettivo: si tratta di pazienti arruolati non in modo casuale ma sequenziale (in anni consecutivi) e non randomizzati a ricevere uno dei due trattamenti. Sembra che le sedute motivazionali siano state ad un certo punto deliberatamente interrotte ed abbiano lasciato spazio alla CBT-E pura. Inoltre un dato da sottolineare, che rimane a nostro avviso particolarmente critico, consiste nell’elevato numero di drop out in entrambi i gruppi che sfiora il 60 %. Si tratta di un dato significativamente superiore a quello riportato in altri studi e potrebbe far mettere in discussione le procedure terapeutiche adottate e la fedeltà/competenza degli operatori oltre a caratteristiche del setting terapeutico (ad esempio rimborsabilità) che non sono chiaramente esplicitate. Antonino Faillaci 8 ECOLOGICAL MOMENTARY ASSESSMENT PER LA BULIMIA NERVOSA: PUÒ LA RESTRIZIONE CALORICA PREDIRE LE ABBUFFATE? Ecological momentary assessment of bulimia nervosa: does dietary restriction predict binge eating? Zunker C, Peterson CB, Crosby RD, Cao L, Engel SG, Mitchell JE, Wonderlich SA. Behav Res Ther. 2011 Oct;49(10):714-7. Epub 2011 Jun 28 Scopo di questo studio era di esaminare la relazione tra la restrizione calorica (RC) e le abbuffate (ABB) utilizzando l’Ecological Momentary Assessment (EMA). Partecipanti: 133 donne affette da bulimia nervosa (BN) che hanno completato un protocollo EMA per 2 settimane. L’analisi con regressione logica ha valutato se la RC aumenta la probabilità di episodi di ABB. I risultati hanno rivelato che le probabilità di ABB aumentano il giorno in cui si è verificata la RC, così come pure il giorno seguente. Inoltre, sia la programmazione della RC che dell’ABB in un preciso momento della giornata, aumenta la probabilità di ABB il giorno successivo; purtroppo se la RC avviene per due giorni prima dell’episodio bulimico non vi sono sufficienti informazioni per predire l’ABB. Commento. Questi risultati supportano il modello di terapia cognitivo-comportamentale (CBT) per la bulimia nervosa (BN), suggerendo che la RC è predittiva di episodi successivi di ABB e che riducendo le RC durante il trattamento si possono ottenere dei miglioramenti nei sintomi bulimici. Sebbene i risultati di questo studio non indirizzano agli specifici meccanismi ai quali la RC è associata con successive ABB, sappiamo che la ricerca ha evidenziato fattori biologici di privazione nutrizionale, variabili cognitive di RC e conseguente disinibizione o una combinazione di fattori biologici e psicologici che possono contribuire a questa relazione. Questo studio presenta alcune limitazioni. C’è un errore inerente alla selezione dei partecipanti (campione adulto di soggetti con BN). Un’altra limitazione è che non è chiaro se i partecipanti digiunavano completamente, parzialmente o digiunavano dopo le ABB. La gravità delle RC è una considerazione importante perché il digiuno ha dimostrato di essere un fattore di rischio più forte rispetto alla dieta per prevedere la patologia BN. Risultati di questo stu- dio contribuiscono alla letteratura suggerendo che le RC autoimposte predicono le ABB. In generale, questi risultati supportano l’uso di pasti strutturati, piani e riabilitazione nutrizionale per ridurre la RC nei pazienti con BN, indipendentemente dal trattamento complessivo impiegato. la prevenzione visti i costi dell’esame per il privato o per il SSN. Pur rimanendo una buona strada e sperando possa anche essere percorsa per la prevenzione dei disturbi dell’alimentazione dovrà essere meglio studiata su campioni più vasti e dovrà essere verificata la sua fattibilità come screening di prevenzione. Lucia Camporese Maria Pia Bagnato Bulgarelli LA CIRCONFERENZA DELLE COSCE COME PREDITTORE DI MASSA GRASSA IN RAGAZZE CON DIAGNOSI DI ANORESSIA NERVOSA Thigh circumference as a useful predictor of body fat in adolescent girls with anorexia nervosa. Konstantynowicz J, Abramowicz P, Jamiolkowski J, Kadziela-Olech H, Bialokoz-Kalinowska I, Kierus-Jankowska K, Piotrowska-Jastrzebska J, Kaczmarski M. Ann Nutr Metab. 2011;58(3):181-7. Epub 2011 Jul 2 LE CARATTERISTICHE DEI TENTATIVI DI SUICIDIO NELL’ANORESSIA E NELLA BULIMIA NERVOSA: UNO STUDIO CASO-CONTROLLO Characteristics of suicide attempts in anorexia and bulimia nervosa: a case-control study. Guillaume S, Jaussent I, Olié E, Genty C, Bringer J, Courtet P, Schmidt U. PLoS One. 2011;6(8):e23578. Epub 2011 Aug 12 I ricercatori hanno voluto studiare la correlazione fra i valori rilevati dalla densitometria ossea (DEXA) e la circonferenza delle cosce in ragazze con diagnosi di Anoressia nervosa (AN). Lo studio è stato effettuato fra il 2009 e il 2010. Campione: 64 ragazze tra i 18 e i 23 anni con diagnosi di AN secondo il DSM-IV messe a confronto con un campione di 71 ragazze sane, ugualmente sottoposte a misurazioni e valutazioni diagnostiche. Le misurazioni antropometriche sono state effettuate secondo le linee guida dell’OMS. Misurazioni effettuate: peso, BMI, spessore della plica subscapolare e la circonferenza delle cosce. L’esame DXA, attraverso la scansione totale del corpo, ha rilevato la sua composizione in termini di massa grassa e massa magra. I dati quindi sono stati comparati per evidenziare le eventuali correlazioni. La massima correlazione è stata riscontrata tra la misurazione delle cosce e la massa grassa. Nessuna associazione con la massa magra. Commento. Senza dubbio le nuove tecniche e gli strumenti di indagine diagnostica hanno aperto nuovi scenari e curiose/interessanti applicazioni, sia per la diagnostica che per la prevenzione. La DXA è considerata la tecnica che presenta il miglior rapporto costi/ benefici, valutando soprattutto i costi di gestione non eccessivamente rilevanti e la variabilità analitica molto ridotta. Inoltre è senza dubbio non invasiva. Credo che sia però di non facile utilizzo come screening per L’obiettivo degli autori è di esplorare se le caratteristiche cliniche degli atti di suicidio differiscono tra i soggetti con anoressia nervosa (AN), bulimia nervosa (BM) e quelli senza un disturbo dell’alimentazione (DA). I partecipanti allo studio, identificati in un grande gruppo (N=1563) di persone sopravvissute a un tentativo di suicidio e in seguito ospedalizzate in un’unità specializzata dell’Ospedale di Montpellier, avevano tra i 18 e i 75 anni. Tra questi 1563 soggetti, 139 avevano una storia di DA: 44 con AN e 71 con BN e 24 con EDNOS. Il gruppo di controllo, senza un DA, era di 235 soggetti confrontati per età, sesso e livello di istruzione. Rispetto ai controlli i pazienti con AN avevano probabilità di aver fatto un serio tentativo di suicidio, con una più elevata aspettativa di morte e un aumentato rischio di severità clinica. I pazienti con BN non differivano dal gruppo di controllo. Gli indicatori clinici della severità del DA erano associati con la gravità del tentativo di suicidio. Commento. Nonostante i limiti di questo studio, soprattutto relativi al fatto che non si è valutato il BMI dei pazienti al tempo del loro tentativo di suicidio, emergono delle caratteristiche distintive dei tentativi di suicidio nell’AN: il più alto tasso di suicidio nell’AN può essere spiegato da un desiderio più elevato di morire di questi pazienti e dai loro tentativi più gravi e letali. Un’attenta e ripetuta valutazione del rischio suicidario da parte dei clinici potrebbe migliorare l’individuazione e il 9 trattamento del comportamento suicidario. I futuri studi dovrebbero anche focalizzarsi su una migliore comprensione dei meccanismi che incrementano il rischio di suicidio nell’AN. Lorella Fornaro, Lisa Reverberi GRELINA E ANORESSIA NERVOSA: UN PUNTO DI VISTA PSICOSOMATICO Ogiso K, Asakawa A, Amitani H, Inui A. Ghrelin and anorexia nervosa: a psychosomatic perspective. Nutrition. 2011 Oct;27(10):988-93. Epub 2011 Aug 25 In questa review, sono stati riportati i dati relativi a diversi studi che hanno esaminato il ruolo della grelina (GR) nei pazienti con anoressia nervosa (AN). In effetti nell’uomo la grelina è un’ormone importante che regola l’asse cerbero intestinale, agendo sull’intake calorico, sull’adattamento alla fame e sulla motilità gastro-intestinale. Inoltre è stato dimostrato il suo effetto positivo sull’appetito in varie malattie, tra cui insufficienza cardiaca cronica, malattia polmonare ostruttiva cronica e il cancro. In diversi studi nell’AN, sono stati riscontrati alti livelli di GR rispetto a gruppi di controllo, ma siccome la GR è associata ad aumentato senso di fame, si riscontra una maggiore assunzione di cibo e un incremento della motilità intestinale. Recentemente diversi ricercatori hanno individuato due tipi di GR plasmatica: acil-GR (acetilata forma attiva) e des-acil-GR (forma disattiva) e questa ultima risulta avere dei valori alti nei pazienti con AN, e si pensa che questi due forme di GR potrebbero avere degli effetti opposti. L’acil-GR stimola l’assunzione di cibo e la motilità intestinale, invece des-acil-GR potrebbe provocare una diminuzione significativa dell’assunzione di cibo e dello svuotamento gastrico. Per questo alcuni autori sottolineano l’importanza di dosare separatamente i valori di queste due forme della GR, e di non dare l’importanza soltanto ai valori assoluti ma anche al rapporto des-acil-GR/ acil-GR che è altrettanto importante. Commento. AN è una malattia complessa e multi-fattoriale, si suppone che nella pratica clinica l’infusione venosa dell’acil-GR potrebbe aver degli effetti positivi, inducendo cambiamenti funzionali ed organici soprattutto sul tratto gastro-intestinale. 10 Pazienti che presentano sintomi addominali come la stipsi, epigastralgia e il gonfiore potrebbero trarre dei giovamenti. Per questo può essere importante selezionare questo tipo di pazienti e valutare un eventuale trattamento con acil-GR. In conclusione gli autori sottolineano la necessità di studi nuovi che possano chiarire il ruolo, e perché no, l’impiego terapeutico della GR in questo sotto gruppo di pazienti. Marwan El Ghoch OBESITÀ PREDITTORI PREOPERATORI DELLA PERDITA DI PESO A SEGUITO DELLA CHIRURGIA BARIATRICA: UNA RASSEGNA SISTEMATICA Preoperative Predictors of Weight Loss Following Bariatric Surgery: Systematic Review. Livhits M, Mercado C, Yermilov I, Parikh JA, Dutson E, Mehran A, Ko CY, Gibbons MM. Obes Surg. 2011 Aug 11. [Epub ahead of print] La chirurgia bariatrica (CB) determina una sostanziale perdita di peso, ma nel 20-30% fallisce il raggiungimento della perdita di peso ottimale. L’obiettivo dello studio è l’identificazione dei fattori psicosociali associati al risultato. Studio: ricerca della letteratura sull’efficacia della CB che riportasse i predittori preoperatori della perdita di peso (dai database PubMed e Cochrane sono stati rivisti 1007 articoli pubblicati fra il 1988 e il 2010). Criteri di selezione: pazienti di età maggiore di 18 anni, sottoposti a CB (bypass gastrico, bendaggio gastrico, diversione biliopancreatica, gastroplastica verticale); inclusi studi di coorte, caso/ controllo, randomizzati con esclusione di studi con campioni inferiori a 10. I predittori considerati sono stati: l’IMC preoperatorio, la perdita di peso obbligatoria preintervento, i precedenti tentativi di perdita di peso, i disturbi dell’alimentazione (“binge eating”, “sweet eating”, alimentazione notturna ed emotiva, fame), i domini psichiatrici (depressione, ansia, abuso sessuale, autostima, uso ed abuso di alcool, disordini della personalità). La forza dell’evidenza per ciascuno potenziale predittore fu basata sul numero degli studi in ciascun dominio, sulla percentuale de- gli studi attestanti un risultato positivo o negativo, sull’entità della perdita di peso (positivo un calo % dell’eccesso ponderale = o > del 50%), sul recupero a 12 e 24 mesi di follow up. La meta-analisi mostra evidenze suggestive per una associazione negativa con l’IMC (37/62), la superobesità (24/33), e i disturbi della personalità (7/14); positiva con la perdita di peso imposta preintervento (7/14 studi); evidenze incerte esistono per il binge eating. Commento. Lo studio è limitato per l’etereogenicità dei dati, ma è molto interessante per il tentativo di stabilire dei fattori predittivi, importanti per sviluppare interventi mirati sulle necessità dei pazienti. È necessario stabilire criteri uniformi nel riportare i risultati della CB per poter meglio confrontare i vari studi e chiarire l’esistenza di associazioni con fattori predittivi. Inoltre personalmente ritengo l’obiettivo di calo percentuale dell’eccesso ponderale del 50% elevato, soprattutto per la superobesità; sarebbe interessante valutare, almeno in studi futuri, il raggiungimento di un peso utile al raggiungimento dei principali obiettivi terapeutici. Chiara Galli IL PARADOSSO DELL’OBESITÀ E LA PERDITA DI PESO CORPOREO The Obesity Paradox and Weight Loss. Myers J, Lata K, Chowdhury S, McAuley P, Jain N, Froelicher V. Am J Med 2011 Oct;124(10):924-30. Epub 2011 Jul 26 Il lavoro presentato è uno studio retrospettivo eseguito su una popolazione provenienti da una coorte di veterani di guerra. Dati: 3834 uomini, studiati per 7 anni valutare le modificazioni del peso corporeo (PC) e del BMI e divisi in 3 gruppi: soggetti con aumento del PC, soggetti che hanno mantenuto il PC, e soggetti che hanno perso il PC. Durante il periodo di osservazione 314 pazienti sono deceduti. L’analisi statistica eseguita dimostra che la maggior parte dei decessi si è verificata nel gruppo di pazienti che aveva registrato una perdita del PC con un rischio stimato in 1.49 (95% CI 1.17-1.89). Le cause principali di decesso sono da ricondursi a malattie cardiovascolari e neoplasie. Gli Autori concludono che la perdita di peso corporeo è associata ad un maggior tasso di mortalità. Gli stessi autori sottoli- neano che non è possibile escludere perdite di peso dovute a malattie occulte ma sottolineano la possibilità di un certo effetto protettivo dell’incremento di peso corporeo (paradosso dell’obesità). Commento. Il lavoro descritto presenta alcune limitazioni: è uno studio retrospettivo e sono stati arruolati solo maschi; inoltre i parametri presi in considerazione sono il PC ed il BMI. Per quanto sia ritenuto una misura del grado di sovrappeso od obesità, il BMI presenta delle limitazioni in quanto non valuta quanto del peso totale dell’organismo sia rappresentato da grasso o da massa magra, in quanto maschi. Infine un ulteriore limite del lavoro è dovuto all’impossibilità di escludere che la perdita di peso, osservata nel gruppo dei soggetti con minor percentuale di sopravvivenza, non sia dovuta alla presenza di malattie degenerative o neoplasie non ben investigate. Il paradosso dell’obesità è sicuramente un fenomeno che merita di essere studiato in modo prospettico e mediante l’utilizzo di parametri antropometrici che permettano di valutare meglio la distribuzione del grasso corporeo. Va comunque considerato che ampie evidenze scientifiche sostengono che una perdita di circa il 10% del peso corporeo in eccesso si associa ad un miglioramento generale delle principali complicanze mediche associate al sovrappeso e all’obesità. Giada Guidi ASSOCIAZIONE TRA IMPULSIVITÀ, RISPOSTA ALLA RICOMPENSA E INDICE DI MASSA CORPOREA NEI BAMBINI Association between impulsivity, reward responsiveness and body mass index in children.van den Berg L, Pieterse K, Malik JA, Luman M, Willems van Dijk K, Oosterlaan J, Delemarre-van de Waal HA. Int J Obes (Lond). 2011 Oct;35(10):1301-7. doi: 10.1038/ ijo.2011.116. Epub 2011 Jun 21 Lo studio esamina i poco conosciuti meccanismi che portano i bambini a mangiare in eccesso. Viene ipotizzato che potrebbero essere implicati l’impulsività come caratteristica di personalità in quanto inibizione difficile della sovralimentazione; la reattività alla ricompensa come valore gratificante del cibo. Il campione è composto da 346 bambini olandesi 11 di età compresa tra 6 e 13 anni. L’impulsività e la reattività alla ricompensa sono state misurate attraverso due questionari nella versione da somministare ai genitori: Children’s Eating Behaviour Questionnaire (CEBQ) e Sensitivity to Punishment and Sensitivity to Reward Questionnaire for Children (SPSRQ-C). Peso ed altezza di tutti i partecipanti sono stati misurati dai ricercatori. È stata eseguita l’analisi della mediazione per verificare l’ipotesi per cui la risposta alla ricompensa e l’impulsività influenzassero il BMI tramite un’alimentazione in eccesso. L’analisi ha rivelato che la risposta alla ricompensa e l’impulsività influenzano significativamente il BMI allo stesso modo ed indirettamente, attraverso il mangiare in eccesso. Commento. Il limite principale di questo interessante studio è il fatto che le informazioni sul bambino vengono raccolte in modo indiretto, tramite i questionari compilati dai genitori. Ed i genitori del campione erano in prevalenza di livello di istruzione medio-alto. Studi recenti hanno riferito che l’obesità e la dipendenza sono influenzati da fattori genetici. Se così fosse, alcuni individui potrebbero essere geneticamente a rischio di alta impulsività e reattività alla ricompensa, tendendo così a mangiare in eccesso e a diventare obesi. Viceversa l’obesità sembra disturbare i meccanismi cerebrali proprio come la droga, creando dipendenza. Quindi l’obesità potrebbe essere la causa della elevata impulsività e della reattività alla ricompensa. Sarebbe interessante approfondire il legame tra obesità, caratteristiche di personalità e comportamento alimentare; in particolare per la prevenzione e il trattamento dell’obesità nell’infanzia, ad esempio attraverso tecniche comportamentali per contrastare l’impulsività. Sara Cappelletti 12 PROGRAMMARE PER RIDURRE L’OBESITÀ INFANTILE Programming towards childhood obesity. Tounian P. Ann Nutr Metab. 2011;58 Suppl 2:30-41. Epub 2011 Aug 12 Dalla ricerca emerge il ruolo dominante della genetica come causa dell’obesità infantile e della sua predisposizione. La suscettibilità costituzionale deriverebbe da un sistema di regolazione dell’accumulo di grasso chiamato lipostato che influisce sull’andamento del BMI. Numerosi studi identificano le mutazioni genetiche come responsabili dell’obesità agendo sia sul sistema che regola il peso corporeo, sia sul controllo ipotalamico dell’appetito. La ricerca ha evidenziato alcune forme derivate da variazioni genetiche che si manifestano con più frequenza, come le mutazioni che coinvolgono il recettore dell’ormone melanocortina 3 e 4. Il contributo genetico però nella maggior parte dei casi è dovuto alla combinazione multipla e complessa di “più geni di suscettibilità” che interagiscono tra loro. Nei bambini, sembra che un ruolo importante venga rivestito dal gene FTO, la cui variante genetica porta ad alterazioni del senso di fame e di sazietà. Entrando nel mondo dell’epigenetica, sono state avanzate inoltre ipotesi riguardo possibili coinvolgimenti nella predisposizione all’obesità di determinate condizioni fetali. Commento. Le implicazioni pratiche dell’articolo riguardano le strategie di prevenzione e di terapia dell’obesità che non devono essere rivolte all’intera popolazione ma focalizzate sui soggetti a rischio e predisposti per questa patologia. In questo modo si ridurrebbe sia la discriminazione e stigmatizzazione dei bambini obesi e dei loro genitori, sia la nascita di disturbi dell’alimentazione derivati anche da interventi inadeguati. Mentre la ricerca approfondisce e chiarisce i meccanismi che stanno alla base di fattori genetici ed epigenetici, in un mondo in cui la densità calorica delle porzioni quadruplica sotto i nostri occhi, in un mondo condizionato dalla pubblicità, dai media e dalla moda, in un mondo in cui il 28% degli uomini e il 34% delle donne è inattivo (con picchi in alcuni Stati che arrivano fino al 50%), è fondamentale per noi terapeuti lavorare sui fattori ambientali che favoriscono abitudini alimentari e comportamenta- li scorrette. Riducendo le pressioni derivate da un ambiente tossico, si ridurrà anche il rischio che la predisposizione genetica si manifesti. I geni caricano la pistola, ma è l’ambiente che preme il grilletto ( Bray,1998). Francesca De Donà FARE LA DIETA FA INGRASSARE? UNO STUDIO SUI GEMELLI Does dieting make you fat? A twin study.Pietiläinen KH, Saarni SE, Kaprio J, Rissanen A.Int J Obes (Lond). 2011 Aug 9. doi: 10.1038/ijo.2011.160. [Epub ahead of print L’obiettivo è quello di indagare se il paradossale aumento di peso che segue una dieta sia correlato ad una predisposizione genetica o sia dovuto alla perdita di peso stessa. Sono stati utilizzati i dati del FinnTwin16, studio che ha osservato coppie di gemelli finlandesi nati dal 1975 al 1979, tramite la somministrazione periodica di questionari, dai 16 ai 27 anni. Il campione estratto è composto da più di 4000 soggetti, equamente suddivisi tra maschi e femmine e gemelli omozigoti ed eterozigoti. Il 38% delle femmine e il 24% dei maschi riportano un episodio di volontaria perdita di peso, mentre il 15% delle femmine e il 10% dei maschi ne riportano più di uno. La percentuale di chi ha fatto almeno una dieta è più alta nei soggetti con un BMI maggiore a 16 anni. Chi non ha mai fatto diete è aumentato meno di peso, mentre i soggetti con 5 o più episodi di dimagrimento hanno guadagnato più punti di BMI. Nel confrontare i soggetti a coppie di gemelli con lo stesso numero di diete guadagnano peso nello stesso modo, mentre ci sono significative differenze tra i due se uno ha effettuato delle diete e l’altro no. Questo sia tra gli omozigoti che tra gli eterozigoti. Commento. Ancora una volta è evidente che le perdite di peso intenzionali accelerano il recupero del peso e favoriscono il rischio di sovrappeso. Il reale motivo per cui il successo di una perdita di peso nel breve termine possa diventare un fallimento nel lungo termine non è ancora stato stabilito in modo preciso, perciò possiamo solo basarci sulle ipotesi più accreditate, come la maggior fame dopo una re- strizione calorica e l’aumento del pensiero sul cibo con successiva iperalimentazione, e la percentuale di perdita di massa magra che riduce il metabolismo basale. Quello che lo studio invece suggerisce è che il BMI all’età di 16 anni determina in modo significativo i futuri tentativi di perdita di peso, e che la genetica è responsabile solo in parte dell’aumento di peso. Essa può determinare una predisposizione all’aumento, ma sono i tentativi di dimagrimento che peggiorano la situazione. Diana Soligo LO STIGMA DELL’OBESITÀ NELLA POPOLAZIONE GENERALE E LE SUE IMPLICAZIONI SULLA SALUTE PUBBLICA: UNA REVISIONE SISTEMATICA The stigma of obesity in the general public and its implications for public health - a systematic review. Sikorski C, Luppa M, Kaiser M, Glaesmer H, Schomerus G, König HH, Riedel-Heller SG.BMC Public Health. 2011 Aug 23;11:661 Oggetto di questa revisione sistematica della letteratura sono tre ambiti in cui la stigmatizzazione delle persone obese si manifesta: 1) in che modo il pubblico percepisce le persone obese; 2) a quali cause viene attribuita l’obesità; 3) quali sono gli interventi considerati utili dai non addetti. Risultati: 1) la considerazione degli obesi evidenzia caratterizzazioni negative in almeno un quarto delle persone intervistate; 2) maggiore importanza viene attribuita a fattori causali interni; 3) maggior credito ricevono le campagne di prevenzione dell’obesità infantile Commento. Per quanto limitata nella casistica esaminata, essendo solo 7 gli studi che rispondevano ai criteri, alcune conclusioni sono degne di menzione. Intanto le attitudini stigmatizzanti sono spesso legate ad una attribuzione interna (= è colpa sua). Sebbene si riconosca che il contributo dell’ambiente alla genesi dell’obesità sia importante e venga dato un peso anche ai fattori genetici, tuttavia la maggior parte degli intervistati sono convinti che il problema sia in prevalenza determinato dal mangiare molto (per golosità) e dal muoversi poco (per pigrizia) oltre che da mancanza di volontà. A 13 ricevere maggiore supporto e approvazione sono interventi verso i più giovani, mentre minore credito viene dato a provvedimenti vessatori (tasse) e divieti o imposizioni. Ciò che sembra trasparire da un’analisi attenta degli studi esaminati in questa revisione ed in altri studi è che discriminare e stigmatizzare le persone obese attribuendo ad esse qualità negative porta considerarle, secondo l’opinione comune, persone prive di volontà e spinge a tentare di risolvere il problema semplicemente agendo sulla capacità di autocontrollo. Ciò che accade invece è esattamente l’opposto: fuga da ogni tentativo di modifica comportamentale, minore ricorso ai servizi, aumento dei rischi per la salute. Ne sono coscienti i media e gli stakeholders nostrani? tovalutazione della forma del naso, Yale-Brown Obsessive Compulsive Scale modificata per il DDC, questionario per valutare la qualità della vita e la Derriford Appearance Scale 59 per determinare l’impatto dell’apparenza nella vita quotidiana. La forma del naso veniva poi valutata da osservatori esterni. Il 33% dei pazienti esaminati presentavano sintomi moderati o severi del DDC secondo i criteri del DSM IV contro il 2% del gruppo di controllo e i sintomi si presentavano in maniera più eclatante se c’era stata una precedente rinoplastica, una storia di disturbo psichiatrico e una motivazione estetica alla chirurgia rispetto alla motivazione funzionale. I sintomi del DDC alteravano la qualità della vita e non c’era correlazione con una oggettiva deformità del naso. Antonino Faillaci ALTRO PREVALENZA ELEVATA DEL DISTURBO DA DIMORFISMO CORPOREO NEI PAZIENTI CHE VOGLIONO EFFETTUARE UN INTERVENTO DI RINOPLASTICA High prevalence of body dysmorphic disorder symptoms in patients seeking rhinoplasty.Picavet VA, Prokopakis EP, Gabriëls L, Jorissen M, Hellings PW. Plast Reconstr Surg. 2011 Aug;128(2):509-17 La rinoplastica ha una posizione particolare nel campo della chirurgia estetica, perché il naso sembra avere un ruolo essenziale per l’armonia del viso ma anche per il funzionamento psicologico. Questo studio si propone di determinare la prevalenza dei sintomi del Disturbo da Dimorfismo Corporeo (DDC) in un gruppo di 226 pazienti di 16 anni, tutti studenti, che hanno chiesto di essere sottoposti ad un intervento di rinoplastica all’Ospedale Universitario Leuven, nel centro che si occupa di malattie del naso. I pz chiedevano l’intervento di rinoplastica per motivi funzionali o estetici. Gruppo di controllo: ragazzi di 16 aa che si rivolgevano allo stesso centro per una consulenza otorinolaringoiatrica. Metodo: questionari per le caratteristiche demografiche, alla VAS (Visual Analogue Scale) che è un questionario autosomministrato per l’au14 Commento. I sintomi del DDC sono presenti nel campione che si rivolge ad un centro per effettuare la rinoplastica in misura maggiore che non nella popolazione generale (33% contro 2% del gruppo di controllo) e questo è in linea con le ricerche effettuate su questo disturbo. Gli specialisti del settore dovrebbero avere una maggiore attenzione al problema nel selezionare i pz che si sottopongono ad interventi di chirurgia estetica, per evitare di essere un fattore di mantenimento del disturbo stesso. Maria Grazia Rubeo CONCORDANZA DIAGNOSTICA DELL’EDE -INTERVISTA E DELLA VERSIONE EDE-Q Diagnostic concordance of the interview and questionnaire versions of the Eating Disorder Examination. Berg KC, Stiles-Shields EC, Swanson SA, Peterson CB, Lebow J, Le Grange D.Int J Eat Disord. 2011 Aug 8. doi: 10.1002/eat.20948. [Epub ahead of print] Lo scopo di questo studio è stato quello di verificare l’attendibilità degli strumenti diagnostici derivati dall’ Eating Disorder Examination Interview (EDE-I), fra i quali l’EDE Q, nella diagnosi dei disturbi dell’alimentazione (DA) secondo le categorie diagnostiche del DSM-IV ed inoltre di analizzare la capacità degli strumenti diagnostici suddetti di porre diagnosi degli stessi secondo i criteri DSM-V in modo concordante. I risultati consentono di verificare l’attendibilità dell’EDE-Q nella diagnosi dei DA con una concordanza sufficientemente elevata rispetto al test gold standard (EDE-I) eccetto che per il BED, nonché di attestarne l’elevata specificità e valore predittivo negativo sia per i criteri DSM-IV che DSM-V. Commento. Poter disporre di uno strumento efficace per la diagnosi di caso, come si è rivelato l’EDE-Q, vista la sostanziale assenza di falsi positivi e la semplicità di somministrazione, risulta molto utile soprattutto negli studi epidemiologici di vaste dimensioni, considerando anche il dispendio di tempo e la difficoltà di reperire professionisti sufficientemente addestrati alla somministrazione dell’Intervista Clinica. Laddove ancora quest’ultima si rivela superiore è nella migliore definizione della categoria diagnostica, per quanto con entrambi gli strumenti ed indifferentemente dai criteri utilizzati gli EDNOS risultano la diagnosi principale. Tuttavia in un’ottica transdiagnostica e relativamente alle implicazioni nella terapia, quindi avendo come riferimento il setting clinico, anche questo studio conferma il differente posizionamento temporale dei due test: fondamentale nell’inquadramento diagnostico l’EDE; utile nel follow-up l’EDE-Q. Antonino Faillaci ESPOSIZIONE DI BAMBINI ED ADOLESCENTI A PUBBLICITÀ OCCULTE DI CIBI E BEVANDE DURANTE LA PROGRAMMAZIONE IN PRIMA SERATA Child and adolescent exposure to food and beverage brand appearances during prime-time television programming. Speers SE, Harris JL, Schwartz MB. Am J Prev Med. 2011 Sep;41(3):291-6 Company ha raccolto tali dati relativamente all’anno 2008. Ne è risultato che le suddette apparizioni televisive ammontavano a 35.000 in totale ed il 60% era rappresentato da soft drinks, ristoranti ed energy/sports drinks. La sola Coca Cola ha fatto registrare 5.315 apparizioni nel solo 2008 con una percentuale del 70% di quelle visionate da bambini. La più elevata presenza di tale marchio è riscontrabile durante il programma American Idol (uno dei più seguiti in America), con 192 apparizioni delle 198 totali cui sono stati sottoposti minori nella fascia di età fra i 2 e gli 11 anni. Ciò nonostante la stessa Coca Cola faccia parte di un’organizzazione (la Children’s Food and Beverage Advertising Initiative – CFBAI) le cui compagnie partecipanti si impegnano a limitare la promozione dei propri prodotti attraverso programmi destinati a bambini di età inferiore a 12 anni. Commento. Nei giovani più di 200 kcal giornaliere provengono dall’assunzione di bevande gasate il cui vasto consumo contribuisce pertanto all’obesità infantile. Lo studio corrente ha dimostrato come, nonostante la Coca Cola faccia parte della CFBAI (organo teso a limitare la massiccia esposizione televisiva dei bambini a cibi nutrizionalmente poveri), tale marchio faccia la sua apparizione in programmi in prima serata, molto seguiti dai minori, con una elevatissima percentuale. La corrente analisi rivela pertanto una sostanziale carenza nella regolamentazione pubblicitaria riguardo i cibi e le bevande destinate ai bambini. Sarebbe quindi auspicabile una maggiore rigidità ed attenzione nella proposizione di prodotti alimentari scarsamente nutritivi, e potenzialmente dannosi per la salute, in programmi televisivi fruiti da un vasto numero di giovani. Elisabetta Messineo Il mercato pubblicitario di cibi e bevande è uno dei principali responsabili dell’obesità infantile. Tali messaggi sempre più frequentemente tentano di influenzare i giovani acquirenti attraverso la cosiddetta “pubblicità occulta”, in cui i prodotti non vengono apertamente pubblicizzati ma sono mostrati nel corso di programmi televisivi con alta audience. Con il presente studio si è tentato di quantificare l’esposizione a tali prodotti di marca (prevalentemente alimenti nutrizionalmente poveri) durante la programmazione TV in prima serata. La Nielsen 15 EFFETTI DELL’ESERCIZIO FISICO INTENSO E DELLA RESTRIZIONE CALORICA MODERATA SUI FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE E SULL’INFIAMMAZIONE Effects of intense exercise and moderate caloric restriction on cardiovascular risk factors and inflammation. Ahmadi N, Eshaghian S, Huizenga R, Sosnin K, Ebrahimi R, Siegel R. Am J Med. 2011 Oct;124(10):97882. Epub 2011 Jul 27 Diciassette partecipanti al programma televisivo “Biggest Losers” con obesità di grado elevato, portarono a termine un programma della durata di sette mesi basato su intensa attività fisica (3 ore al dì) e moderata restrizione calorica con valutazione dei parametri di rischio cardiovascolare e di flogosi pre e post intervento. Insulinemia, glicemia, profilo lipidico, Proteina C Reattiva hs, HbA1c, resistina, adiponectina, PAI-1, TNFR II, Lp (a), SHBG, Peso, grasso corporeo, spessore medio-intimale carotideo, distensibilità carotidea, pressione arteriosa: tutti questi parametri mostrarono miglioramenti significativi al termine del periodo considerato. Commento. Il fatto che un intervento comportamentale breve abbia condotto a risultati eclatanti non solo sui parametri classici di rischio cardiovascolare ma anche su alcuni marcatori caratteristici dell’aterosclerosi, oltre che determinare una riduzione del peso (-39%) e del grasso corporeo (-66%) paragonabili all’esito della chirurgia bariatrica, deve far riflettere. Soprattutto se questi risultati si sono ottenuti con una dieta moderatamente ipocalorica (non inferiore al 70% del metabolismo basale) e con una quota di carboidrati del 45%. Naturalmente sarebbe utile conoscere gli esiti a lungo termine sia per verificare un eventuale recupero del peso che l’insorgenza di carenze dovute alla restrizione dietetica e/o di complicanze legate a stato di malnutrizione o di eccessivo esercizio fisico. Tuttavia ci sembra che i tempi siano maturi per verificare l’applicabilità su vasta scala di questi programmi, considerato l’enorme impatto economico sulla spesa sanitaria che grava sul settore della chirurgia bariatrica e che la spesa indotta (per complicanze) è molto elevata. D’altronde con la maggior parte degli interventi chirurgici si assiste egualmente ad un recupero del peso dopo alcuni anni. Antonino Faillaci 16 GLI EFFETTI DI UNA DIETA PORTFOLIO A BASE DI CIBI CON PROPRIETÀ IPOCOLESTEROLEMIZZANTI, SOMMINISTRATA A DUE LIVELLI DI INTENSITÀ, SUI LIVELLI SIERICI DI LIPIDI IN PAZIENTI CON IPERLIPIDEMIA Effect of a dietary portfolio of cholesterol-lowering foods given at 2 levels of intensity of dietary advice on serum lipids in hyperlipidemia: a randomized controlled trial.Jenkins DJ, Jones PJ, Lamarche B, Kendall CW, Faulkner D, Cermakova L, Gigleux I, Ramprasath V, de Souza R, Ireland C, Patel D, Srichaikul K, Abdulnour S, Bashyam B, Collier C, Hoshizaki S, Josse RG, Leiter LA, Connelly PW, Frohlich J. JAMA. 2011 Aug 24;306(8):831-9 L’adesione ad una dieta con proprietà ipocolesterolemizzanti, nota come “dieta portfolio”, che comprende cibi contenti steroli vegetali, proteine della soia, fibre solubili e noci, si era già dimostrata una misura efficace per ridurre i livelli serici di colesterolo. Gli autori di questo studio hanno voluto valutare l’efficacia questo tipo dieta confrontandola con un regime alimentare a ridotto tenore di grassi saturi che comprendeva alti livelli di fibra alimentare e farine integrali, ma non i cibi contenuti nella “dieta portfolio”. Lo studio è stato condotto in Canada e ha preso in esame tre gruppi di pazienti con iperlipidemia (totale 345 partecipanti), per un periodo di 6 mesi, che hanno ricevuto consigli nutrizionali rispettivamente per un regime alimentare a ridotto tenore di grassi saturi (dieta controllo), per una dieta portfolio standard (con 2 visite mediche in tutto il periodo) o per una dieta portfolio intensiva (con 7 visite durante i 6 mesi dello studio). I risultati della ricerca hanno evidenziato che l’adesione ad una dieta portfolio, sia standard che intensiva, ha prodotto una riduzione media della colesterolemia LDL del 13.1% (-24 mg/dL) e del 13.8% (-26 mg/ dL) rispettivamente, contro il 3% (-8 mg/dL) ottenuto con l’assunzione della dieta controllo. Commento. I risultati di questo studio dimostrano che il consumo di una combinazione di alimenti con proprietà ipocolesterolemizzanti, per un periodo di almeno 6 mesi, consente una riduzione dei livelli di colesterolo LDL maggiore rispetto a quella che si ottiene seguendo una dieta che si limita a ridurre l’apporto di grassi saturi. Una limitazione di questo studio consiste nell’elevato dropout: 22.6%, anche se questa percentuale negativa è comune in studi che riguardano regimi dietetici condotti a questo livello di intensità. Inoltre, non è stato possibile attribuire a ciascun alimento consumato il suo specifico effetto ipocolesterolemizzante. Ancora, i partecipanti allo studio erano in maggior parte di razza bianca, con basso indice di rischio cardiovascolare e basso indice di massa corporea. Pertanto, non sono noti gli effetti su una popolazione con BMI e rischio cardiovascolare più elevati. Adolfo Fossataro, Stefania Rosi DISCREPANZE TRA ADULTI E ADOLESCENTI DEI RISULTATI ALL’EATING DISORDER EXAMINATION: UN EFFETTO DELLO STADIO DI SVILUPPO O DELLA SEVERITÀ DELLA MALATTIA? Adolescent-adult discrepancies on the eating disorder examination: a function of developmental stage or severity of illness? Loeb KL, Jones J, Roberto CA, Sonia Gugga S, Marcus SM, Attia E, Timothy Walsh B. Int J Eat Disord. 2011 Sep;44(6):567-72. doi: 10.1002/ eat.20882. Epub 2010 Nov 15 Lo scopo di questo studio è esaminare l’influenza dell’età, insieme ad altri indici di severità, sui risultati all’EDE (Eating Disorder Examination) in 16 adolescenti e 20 adulti con Anoressia nervosa (AN) che afferiscono allo stesso centro di ricerca nello stesso periodo di tempo. Obiettivi: 1. La manifestazione dell’AN nelle popolazioni più giovani è unica; 2. l’EDE non è uno strumento sufficientemente sensibile nella popolazione giovanile; 3. L’EDE cattura accuratamente la severità dell’AN e gli adolescenti sono meno ammalati degli adulti; 4. Gli studi sugli adolescenti sono stati effettuati in centri diversi dagli studi sugli adulti apportando un eventuale bias sui risultati. I risultati dello studio dimostrano che se fosse stato utilizzato solo l’EDE nelle adolescenti un’alta percentuale di esse non avrebbe ricevuto la diagnosi di AN. Gli adulti con AN hanno un maggior livello di gravità anche in altri indici di psicopatologia. Commento. Gli autori elencano una serie di limitazioni al loro studio (bassa numerosità del campione, la necessità di studi longitudinali, l’utilizzo delle famiglie per informazioni sono nel caso di adolescenti) ma io sono stata colpita dalle seguenti criticità: prima di tutto nel campione degli adolescenti sono state incluse pazienti dai 12 ai 17 anni ed è risaputo la grande diversità presente in questa fascia di età. In secondo luogo adulti e adolescenti, nonostante afferissero allo stesso centro, avrebbero effettuato due terapie di tipo diverso (gli adolescenti una terapia che coinvolgeva la famiglia) che senso ha effettuare una diagnosi con uno strumento di scarsa utilità alla terapia visto che non coglie le caratteristiche del disturbo presenti in quella specifica fascia di età? Gli autori lo dicono, quando si è più giovani si hanno strutture cognitive meno sviluppate e c’è maggiore tendenza all’agito. Non vedo perché debbano essere investite risorse su una popolazione più ampia di questa e non sullo sviluppo di uno screening diverso per specifiche fasce evolutive. Federica Bignotti FATTORI ASSOCIATI AL RICONOSCIMENTO DA PARTE DEI GENITORI DELLA CONDIZIONE DI SOVRAPPESO NEL FIGLIO - UNO STUDIO TRASVERSALE Factors associated with parental recognition of a child’s overweight status--a cross sectional study. Vanhala ML, Keinänen-Kiukaanniemi SM, Kaikkonen KM, Laitinen JH, Korpelainen RI.BMC Public Health. 2011 Aug 24;11:665 Lo scopo di questo studio finlandese è di valutare quali parametri siano associati al riconoscimento da parte del genitore, di uno stato di sovrappeso nel proprio figlio. È stato somministrato un questionario ai genitori di 749 bambini di sette anni, nel quale si chiedeva di valutare lo stato ponderale del figlio e le abitudini alimentari e motorie della famiglia; più alcune informazioni sui genitori stessi. Su 749, 125 bambini erano sovrappeso o obesi (BMI>85° percentile e BMI>95° percentile), pari al 17% del totale. Tuttavia solo l’8% e lo 0,3% è stato riconosciuto rispettivamente come sovrappeso e obeso dai genitori. I bambini descritti come leggermente sovrappeso avevano tutti BMI>95° percentile. I bambini con BMI tra l’85° e il 95° percentile erano visti come “normopeso”. Le femmine sovrap17 PP 15a Edizione POSITIVE PRESS Il sistema qualità di Positive Press è certificato a norma ISO 9001:2008 con riguardo alla progettazione, sviluppo ed erogazione di corsi di formazione rivolti a medici, psicologi, dietisti ed altri operatori socio-sanitari FIRST CERTIFICATE of PROFESSIONAL TRAINING in EATING DISORDERS and OBESITY MAGGIO 2012 - MARZO 2013, VERONA PREREQUISITO PER L’APERTURA DI UNA UNITÀ LOCALE AIDAP Corso annuale teorico-pratico nel trattamento dei disturbi dell’alimentazione e dell’obesità DA 15 ANNI MEDICI, BIOLOGI, PSICOLOGI E DIETISTI DA TUTTA ITALIA GIUNGONO A VERONA PER APPRENDERE LA TEORIA E LE TECNICHE PIÙ AGGIORNATE PER IL TRATTAMENTO DEI DISTURBI DELL’ALIMENTAZIONE E DELL’OBESITÀ. OBIETTIVI 1.Fornire ai partecipanti le basi teoriche e gli aspetti pratici dei modelli di trattamento dei disturbi dell’alimentazione e dell’obesità, empiricamente validati da studi scientifici controllati e randomizzati, e dall’esperienza pluriennale dei più importanti clinici e ricercatori nel campo. 2.Formare degli esperti nei disturbi dell’alimentazione e dell’obesità, che adottino modelli di trattamento sovrapponibili e riproducibili. 3.Creare una rete di esperti sull’intero territorio nazionale. DURATA DEL CORSO - Da maggio 2012 a marzo 2013. Sono previste 120 ore di training di cui 16 pratiche. Le ore teoriche saranno suddivise in due moduli alla fine dei quali i partecipanti dovranno sostenere un esame scritto per la verifica dell’apprendimento. Le lezioni si terranno, indicativamente, un week-end al mese, il venerdì dalle 10:00 alle 18:00 e il sabato dalle 9:0017:00 presso il Centro AIDAP in Via Sansovino 16, 37138 Verona. Date delle lezioni: 4-5 maggio 2012 8-9 giugno 2012 14-15 settembre 2012 12-13 ottobre 2012 9-10 novembre 2012 8-9 febbraio 2013 7-8-9 marzo 2013 NUMERO DI PARTECIPANTI - massimo 30 iscritti. QUOTA DI ISCRIZIONE Euro 3600 + IVA 20% Euro 3000 + IVA 20% per studenti È stata attivata una convenzione con UBI BANCO DI BRESCIA che consente di rateizzare l’intero importo dovuto tramite un finanziamento a tasso zero. Il finanziamento potrà essere accordato a seguito di una veloce istruttoria. Per le modalità operative si prega di contattare direttamente la segreteria organizzativa. ACCREDITAMENTO ECM - In fase di accreditamento per medici, psicologi, dietisti e biologi nutrizionisti. Nelle precedenti edizioni i crediti assegnati sono stati circa 90 per ogni figura professionale. PROGRAMMA I disturbi dell’alimentazione - I disturbi dell’alimentazione (definizione, quadro clinico, criteri diagnostici, psicopatologia, decorso, prognosi, terapie) - Teoria cognitivo comportamentale transdiagnostica multistep dei disturbi dell’alimentazione - Terapia ambulatoriale: fase di preparazione - Terapia ambulatoriale: fase 1 - Terapia ambulatoriale: fase 2, fase 3 - Terapia ambulatoriale: modulo bassa autostima nucleare, modulo perfezionismo - Terapia ambulatoriale: modulo intolleranza alle emozioni, modulo terapia della famiglia - Terapia ambulatoriale: modulo problemi interpersonali - Terapia ambulatoriale intensiva - Terapia residenziale - Terapia post-ricovero L’obesità - Obesità (epidemiologia, eziologia, complicanze mediche, complicanze psicologiche, benefici della perdita di peso) - Efficacia e limiti delle terapie (ostacoli biologici alla perdita di peso, analisi della ricaduta) - Terapia cognitivo comportamentale dell’obesità: seduta 0 - Terapia cognitivo comportamentale dell’obesità: moduli 1 e 2 - Terapia cognitivo comportamentale dell’obesità: modulo 3 - Terapia cognitivo comportamentale dell’obesità: moduli 4 e 5, modulo immagine corporea - Auto-aiuto e auto-aiuto guidato nell’obesità - Terapia residenziale dell’obesità 18 Segreteria organizzativa Positive Press: Gloria Carli - tel. 045 8103915 - e-mail: [email protected] peso sono state individuate in maggior numero rispetto ai maschi. I fattori che hanno maggiormente influenzato la valutazione dei genitori sono risultati essere: “una dieta sana”, “uno stile di vita attivo”, e “il bambino mangia troppo”. I primi due fattori erano meno presenti nei questionari dei bambini considerati sovrappeso, mentre il terzo fattore era significativamente più presente in questo gruppo. Commento. I risultati dello studio si allineano con altri fatti in precedenza. Sembra che i bambini debbano arrivare alla condizione di obesità perché i genitori si accorgano dell’eccesso ponderale. Inoltre non si può dare per scontato che una volta individuato, questo venga percepito come un problema. Spesso i genitori non se ne preoccupano se il bambino mangia molta frutta e verdura e ha uno stile di vita attivo, perché ritengono possano essere condizioni sufficienti per un buono stato di salute. Tutto questo deve essere tenuto in considerazione nel momento in cui si attuano progetti di prevenzione alla salute, perché porta ad una possibile esclusione di soggetti a cui invece l’intervento è potenzialmente diretto. Diana Soligo SOPRAVVALUTAZIONE DI PESO E FORME CORPOREE IN BAMBINI E ADOLESCENTI CON PERDITA DI CONTROLLO ALIMENTARE Overvaluation of shape and weight among overweight children and adolescents with loss of control eating. Goldschmidt A, Wilfley DE, Eddy KT, Boutelle K, Zucker N, Peterson CB, Celio-Doyle A, Le Grange D. Behav Res Ther. 2011 Oct;49(10):682-8. Epub 2011 Jul 30 almeno moderata sopravvalutazione (CON-MOD); 75 soggetti con perdita di controllo alimentare e bassa sopravvalutazione (LOC-LOW); 271 soggetti di controllo con bassa sopravvalutazione (CONLOW). I soggetti dei 4 gruppi sono stati confrontati rispetto a misure di psicopatologia alimentare e generale. Gli autori ipotizzavano che il gruppo LOC-MOD avrebbe raggiunto i più alti livelli di psicopatologia generale ed alimentare a differenza di, in ordine decrescente, gruppo LOC-LOW, CONMOD, CON-LOW. Risultati: soggetti del gruppo LOC-MOD presentavano un minore autostima rispetto ai soggetti del gruppo CON-LOW e maggiori problemi comportamentali rispetto sia ai CONMOD che ai CON-LOW. Tuttavia non presentavano differenze significative rispetto ai soggetti del gruppo LOC-LOW. Commento. Dai risultati di questa ricerca emerge che la sopravvalutazione del peso e delle forme del corpo in soggetti giovani sembra non essere un indice significativo per distinguere i soggetti con perdita di controllo alimentare in base alla gravità della patologia generale ed alimentare. Tuttavia, gli autori ritengono che prima di abbandonare la sopravvalutazione del peso e delle forme corporee come costrutto di importanza diagnostica in soggetti giovani, potrebbe essere utile effettuare un lavoro di esplorazione qualitativa della natura di tale costrutto per valutare la sua adattabilità a bambini ed adolescenti. Studi futuri, inoltre, potrebbero considerare separatamente bambini ed adolescenti per poter valutare come cambia il significato della sopravvalutazione del peso e della forma del corpo nei differenti periodi dello sviluppo. Manuela Marchini Il presente studio mira ad esplorare il significato diagnostico della sopravvalutazione del peso e delle forme corporee in bambini e adolescenti con perdita di controllo alimentare. Dati: 526 giovani in sovrappeso, 149 con perdita di controllo alimentare e 377 soggetti di controllo. I soggetti dei due gruppi sono stati ulteriormente suddivisi in base al livello di sopravvalutazione del peso e delle forme: 74 soggetti con perdita di controllo alimentare e almeno moderata sopravvalutazione (LOC-MOD); 106 soggetti di controllo con 19 20