Rollins,senza bis

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Rollins,senza bis
Rollins,senza bis
Perugia – Il musicista di cui più si è discusso, a Umbria Jazz 12, è Sonny Rollins.
Nessuno lo aveva previsto. Vale la pena di dedicargli l’intero spazio a disposizione,
dato lo spessore del personaggio, 82 anni a settembre – quindi uno dei pochi superstiti
illustri della stagione d’oro del “vero jazz” – che da più di mezzo secolo si fregia del titolo
di Saxophone Colossus…
Sonny Rollins spiazza il pubblico e non concede bis. Ma la potenza è quella
di sempre
Perugia – Il musicista di cui più si è discusso, a Umbria Jazz 12, è Sonny Rollins.
Nessuno lo aveva previsto. Vale la pena di dedicargli l’intero spazio a disposizione,
dato lo spessore del personaggio, 82 anni a settembre – quindi uno dei pochi superstiti
illustri della stagione d’oro del “vero jazz” – che da più di mezzo secolo si fregia del
titolo di Saxophone Colossus. E lo merita ancora per la potenza del suono, la creatività
incessante, la pulsione evidente a non finire mai il proprio assolo anche a scapito dei
comprimari, e il desiderio quasi di annullarvisi.
È accaduto che il suo concerto all’Arena Santa Giuliana di Perugia – tenuto in sestetto
con Clifton Anderson trombone (bentornato, sebbene quasi inattivo), Peter Bernstein
chitarra, Kobie Watkins batteria, Sammy Figueroa percussioni e il fedelissimo Bob
Cranshaw contrabbasso – sia durato un’ora e mezza senza soluzione di continuità, con un
paio di brani insolitamente brevi e con la negazione di un bis richiesto a gran voce da
tremila spettatori. Un fatto simile non si ricordava a memoria d’uomo. Rollins ha sempre
superato con generosità due ore di musica dal vivo; e non mancano le conferme di chi lo
ha ascoltato per tre ore di seguito. È forse giunto il momento del naturale declino, mai
neppure accennato dal Colossus malgrado il trascorrere del tempo?
Facciamo un passo indietro. Non è la prima volta che Rollins solleva discussioni e
perplessità, però di tutt’altro tipo. I musicofili di lungo corso sono pronti a testimoniare
che la reputazione di Rollins come maestro saggio, le cui parole sono ascoltate con
grande rispetto e perfino con venerazione, non è molto antica. Il maestro in passato ha
annullato concerti senza preavviso e alcuni suoi atteggiamenti sul palcoscenico
provocavano tensione. Oggi sarebbe impensabile. Quello era il Rollins con la barba e i
capelli corvini, oppure – a sorpresa – con la testa completamente rasata, sopraccigli
compresi. La saggezza è arrivata con la prima canizie. Adesso Rollins è tutto bianco. A
Perugia si è presentato con barba abbondante e con un curioso taglio dei capelli che
sembravano in levitazione .
Ma allora cos’è successo nel capoluogo umbro, davanti a un uditorio entusiasta fin dalle
prime note? Passiamo alla cronaca. Rollins entra in scena accolto da un’ovazione
clamorosa. Cammina ondeggiando con passo incerto, ma l’anca offesa non lo disturba più
del consueto. Attacca una sua composizione, Patanjali, ed è il solista torrenziale di
sempre, pieno di vigore e con la tendenza a escludere i collaboratori. Il brano è lungo e
termina soltanto quando è il caso di sostituirlo con un altro che è Once In A While, il
vecchio standard di Michael Edwards. Segue l’immancabile, romanticissima Serenade di
Ricardo Drigo, ed ecco poi il calypso Don’t Stop The Carnival che Rollins dedica a un
musicologo italiano. Qui arrivano i brani brevi e la conclusione senza il oppure i bis che
con Rollins sono di rito.
Il pubblico sfolla in un silenzio insolito e si incrociano ipotesi. Ma qualche esperto
provvisto di occhi per guardare bene il palcoscenico, oltre che di buone orecchie per
ascoltare, si è accorto che il maestro non è soddisfatto (a torto, secondo il sottoscritto) di
uno dei suoi musicisti: il chitarrista, per evitare qualsiasi dubbio a carico degli altri,
compreso il sonnolento Anderson. Rollins è severo, e chi lo apprezza da tempo non ignora
che queste cose con lui succedono. L’esperto di cui sopra viene anche a sapere che il
sestetto (ovviamente con Rollins) ha effettuato prove nel pomeriggio per un’ora e mezza
sotto un sole implacabile. Perciò non è davvero il caso di parlare di declino.
Il maestro si è scusato con la direzione artistica e si è detto disposto a ritornare l’anno
prossimo ospitando due solisti italiani. Si parla di Enrico Rava, a lui noto per gli anni che
il trombettista triestino ha trascorso in America, e di Paolo Fresu. Arrivederci dunque al
2013.
di Franco Fayenz
(18.07.2012)
www.ilsole24ore.com
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